XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Mercoledì 24 aprile 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 2 
Arha Kaush , rappresentante dell' ... 2 
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Billi Simone (LEGA)  ... 3 
Bergamini Deborah (FI-PPE)  ... 4 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 4 
Formentini Paolo , Presidente ... 4 
Arha Kaush , rappresentante dell' ... 4 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Arha Kaush , rappresentante dell' ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Arha Kaush , rappresentante dell' ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 

Audizione, in videoconferenza, di Céline Pajon, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI):
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Pajon Céline , ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI) (intervento in videoconferenza) ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 12 
Billi Simone (LEGA)  ... 12 
Gardini Elisabetta (FDI)  ... 13 
Gruppioni Naike (IV-C-RE)  ... 13 
Formentini Paolo , Presidente ... 13 
Pajon Céline , ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI) (intervento in videoconferenza) ... 13 
Formentini Paolo , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell' Atlantic Council's Global China Hub .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione in videoconferenza di rappresentanti dell'Atlantic Council's Global China Hub.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita a colleghe e colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio il dottor Kaush Arha, che ringrazio soprattutto per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori nonostante la differenza di fuso orario, particolarmente disagevole per lui.
  Ricordo che l'Atlantic Council's, istituito nel 1961, è un'organizzazione apartitica, che promuove la leadership e l'impegno degli Stati Uniti nel mondo, in collaborazione con alleati e partner, per definire soluzioni alle sfide globali. Al suo interno, il Global China Hub si occupa delle problematiche connesse all'ascesa della Cina sulla scena mondiale.
  Considerati i tempi molto stretti dell'audizione, do subito la parola al dottor Kaush Arha, affinché possa svolgere il proprio intervento. Grazie.

  KAUSH ARHA, rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub (intervento in videoconferenza). Buongiorno. Per me è un grande privilegio trovarmi qui con voi e vi ringrazio sentitamente per l'opportunità. Inizierò con alcune osservazioni, dopodiché potremo intavolare un dibattito, visto che sono molto interessato ad ascoltare le Vostre riflessioni.
  Inizierei con tre punti importanti (mi esprimerò ad una velocità moderata per aiutare i nostri interpreti).
  Primo punto: a mio avviso, il ventunesimo secolo sarà probabilmente riconosciuto come il secolo della regione dell'Indo-Pacifico, una regione che si estende dall'Oceano Pacifico all'Oceano Indiano e che ospita più della metà della popolazione mondiale, più della metà del PIL mondiale e più della metà dei flussi commerciali mondiali, che passano proprio attraverso questa regione. La maggior parte delle persone che vi vivono è giovane, spesso demograficamente più giovane rispetto ad altre parti del mondo – ad eccezione forse dell'Africa. E non è soltanto una delle economie più grandi, ma anche una di quelle con il maggior ritmo di crescita. Pertanto, è legittimo sostenere che il fulcro della geopolitica, e per certi versi della geoeconomia, si è spostato dall'area transatlantica a quella dell'Indo-Pacifico.
  Secondo punto: questo spiega come mai tra i venti e i venticinque Paesi europei hanno adottato strategie per l'Indo-Pacifico, aggiungendosi agli Stati Uniti, e alcuni di essi hanno anche Inviati speciali per Pag. 3l'Indo-Pacifico. Questo non significa che i rapporti transatlantici siano sottovalutati, anzi rivestono ancora più importanza di prima, in quanto rappresentano un consolidato forum di cooperazione concentrato proprio sull'Indo-Pacifico.
  E con ciò arrivo al terzo punto. Le tendenze principali che a mio avviso saranno dominanti per i prossimi due decenni includono una maggiore integrazione dell'Indo-Pacifico con la regione Med-Atlantica. Il punto sarà, letteralmente, capire come potranno operare insieme le economie dell'Indo-Pacifico e le economie Med-Atlantiche o anche il QUAD dell'Indo-Pacifico e i Paesi della NATO. Da ciò, secondo me, dipenderà l'evolversi dei prossimi due decenni. L'Italia si trova nella posizione più vantaggiosa in questo senso, dal momento che si tratta di una nazione molto importante del Mediterraneo, che interagisce molto bene con i Paesi dell'Indo-Pacifico, in particolare l'India, anche attraverso i Paesi dell'Occidente e del Medio Oriente. Nell'ambito del G20 il Corridoio India-Medio Oriente-Europa è una questione importante e particolarmente trasformativa. Il lavoro in corso della coalizione I2U2 tra India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti porterà significativi cambiamenti. Accenno ora ad un punto di cui potremo discutere più a fondo durante il dibattito: nonostante il conflitto a Gaza, nonostante gli ultimi scambi militari tra Israele ed Iran, secondo me gli attuali fattori di cambiamento porteranno ad una convergenza tra le economie del Medio Oriente, dell'Europa e dell'India. Secondo me, questo è un orizzonte importante da sottolineare. Ancora una volta, all'interno di questo quadro l'Italia dovrebbe svolgere un ruolo di leadership, come principale via di accesso europea verso l'Indo-Pacifico. Penso ai suoi importanti porti, come Trieste e altri. C'è molto spazio per lavorare all'interno della Presidenza del G7 per fare in modo che l'Italia, in particolare, possa cementare la propria leadership in quanto Paese-ponte.
  Mi fermerei qui e passerei all'apertura del dibattito.

  PRESIDENTE. A questo proposito La informo che proprio oggi inizieremo l'esame alla Camera di una risoluzione per la nomina di un Inviato speciale italiano – così come è stato fatto in Francia – sul progetto IMEC (India-Middle East-Europe Corridor), che connetterà India, Medio Oriente e Mediterraneo, per poi – noi speriamo e lavoriamo per questo – arrivare in Italia.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SIMONE BILLI. Ringrazio il rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub per la sua disponibilità. Per quanto riguarda l'Indo-Pacifico, come Italia stiamo lavorando parecchio e stiamo incentrando l'attenzione su questa area del globo. Consideri, per esempio, che grazie al presidente Formentini, abbiamo questo Comitato che, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, si occupa nello specifico di Indo-Pacifico all'interno della Commissione esteri. Rispetto al ruolo di guida – a cui anche Lei ha accennato – che il nostro Paese potrebbe avere in questa regione del mondo, Le vorrei chiedere cosa ne pensa delle azioni che stanno portando avanti i nostri amici e vicini di casa – la Germania e la Francia – nell'Indo-Pacifico e come possiamo cercare noi europei – dal suo punto di vista e dal punto di vista degli Stati Uniti d'America – lavorare meglio insieme – tra di noi europei, quindi per esempio Italia, Germania e Francia – e lavorare meglio anche con gli Stati Uniti per cercare di mantenere innanzitutto la pace in quest'area del mondo – chiaramente mi riferisco alle problematiche legate alla Cina, a Taiwan, alla Corea del Nord, ma non solo – e inoltre per promuovere la prosperità e l'economia di questa area del globo.
  Chiaramente, per mantenere e promuovere la pace in un'area del pianeta è molto importante lavorare anche dal punto di vista economico e sociale in questa stessa area.
  Ringrazio ancora e porgo cordiali saluti.

Pag. 4

  DEBORAH BERGAMINI(intervento in videoconferenza). Ringrazio il dottor Kaush Arha, al quale pongo una doppia domanda. Lei, innanzitutto, ha detto che l'Italia è il gateway ideale per rafforzare questi rapporti tra Europa e Indo-Pacifico: mi piacerebbe che potesse approfondire quali elementi Lei individua, al di là della posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, che spiegano questa particolare caratteristica.
  Lei, inoltre, ha parlato di convergenze di economie, che sono sempre un fattore chiave, anche di prospettiva. Però, è altrettanto evidente che con la fine della globalizzazione, come l'abbiamo conosciuta sin qui, sta emergendo una sempre più forte competizione tra gli Stati, competizione di natura economica, con molti effetti diversi. Vorrei chiederle come si può immaginare una convergenza tra economie nel momento in cui sta emergendo adesso, piuttosto, una contrapposizione o, comunque, una forte competizione. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento in videoconferenza). Anch'io ringrazio sentitamente il dottor Kaush Arha per la relazione e per la disponibilità a discutere. Credo che per questo Comitato – che sta lavorando a 360 gradi su questo tema, grazie alla leadership dell'onorevole Formentini, tema che l'Italia non ha ancora discusso appieno, e noi siamo il primo luogo dove si ragiona sulla strategicità dell'Indo-Pacifico – il suo intervento sia ricco di spunti.
  Condivido l'impostazione che Lei ha dato, che ricorda al nostro Paese il ruolo centrale che possiamo avere. La questione riguarda il rapporto tra Italia e India: come Lei saprà, i rapporti tra Italia e India sono stati congelati per un lungo periodo a causa della nota vicenda dei marò, dopodiché sono ripartiti con una volontà, da ambo le parti, di rafforzarli, rilanciarli, ripensarli. Oggi c'è anche una congiuntura particolarmente favorevole, che è una congiuntura più di carattere politico, legata agli ottimi rapporti tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Presidente Narendra Modi.
  Ebbene, se Lei fosse l'Italia, al netto delle dichiarazioni di principio, su che cosa punterebbe? Il nostro è un Paese che ha una grande difficoltà, in generale, ad andare oltre le dichiarazioni politiche di vicinanza, con una presenza più strutturata e strategica nel tempo. In altri termini, rischiamo che ci sia stato un selfie tra il Presidente Meloni e il Presidente Modi, che ha fatto il giro del mondo, che ci sia un'evidente simpatia tra i due, che ci sia una vicinanza di ordine politico ed ideologico, ma poi questo non si traduca in rapporti stabili tra i due Paesi. Quindi, Le chiedo se può darci qualche indicazione su possibili opportunità per sviluppare questo tipo di rapporti. Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola al dottor Kaush Arha per la replica.

  KAUSH ARHA, rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub (intervento in videoconferenza). Ancora una volta vi ringrazio sentitamente per le vostre domande. Procediamo secondo l'ordine con cui sono state rivolte: il ruolo di Francia e Germania e come si inserisce l'Italia nel contesto globale e nei rapporti economici, e poi il rapporto tra Italia e India. La Francia si considera un Paese dell'Indo-Pacifico, in quanto detiene alcuni territori in quella parte del mondo e tra le nazioni europee ha mantenuto una proiezione molto avanzata, anche rispetto al Regno Unito, e ha lavorato anche sul piano militare e della sicurezza. Non scendo adesso nel dettaglio, ma probabilmente è il Paese più proiettato in avanti nell'Indo-Pacifico, tra i Paesi dell'Unione europea.
  Inoltre, la Francia gode di ottimi rapporti con l'India, con la quale condivide numerosi punti di vista in diversi settori, incluso quello militare. Anche la Germania svolge da lungo tempo un ruolo guida nelle questioni dell'Indo-Pacifico, non solo a livello governativo a Berlino, ma anche attraverso una significativa presenza di cittadini tedeschi all'interno degli uffici dell'UE che si occupano di Indo-Pacifico. Ci si può impegnare a livello economico nell'Indo-Pacifico, con una postura molto proiettata in avanti, il che potenzia la forza commercialePag. 5 dell'Unione europea. Poi esistono anche la dimensione della sicurezza o quella della cooperazione, all'interno della regione, che possono svolgersi a livello bilaterale, come accade in questo momento tra Francia e India, ma possono essere affrontate anche all'interno di un quadro più collettivo.
  È importante notare che adesso i Paesi NATO, ogni volta che organizzano un vertice tra i propri Capi di Stato, invitano anche i principali Capi di Stato asiatici, dall'Australia, dal Giappone, dalla Corea del Sud. L'India è un po’ restia in questo senso e preferisce optare per forme indirette di cooperazione. Poi funziona molto bene anche l'elemento degli scambi personali, tra cittadini, e l'Europa offre grande appoggio su questo versante. Questo è un discorso che vale per Francia, Germania e Regno Unito, che va considerato come Paese europeo e non come membro dell'Unione europea. Il Regno Unito sta svolgendo un importante ruolo guida in questo momento, anche in relazione all'accordo AUKUS (Australia, Regno Unito e Stati Uniti) sui sottomarini nucleari.
  Questo è uno degli aspetti e lo riprenderò quando parlerò della collocazione dell'Italia. Adesso mi sposterei verso la seconda domanda, su dove sia la fine della globalizzazione. Credo che espressioni come «fine della globalizzazione», «riduzione dei rischi» (derisking) e «disaccoppiamento» (decoupling) siano soltanto slogan. Se guardiamo al commercio nel mondo, esso ha ancora una dimensione mondiale, include diverse componenti e non credo che finirà mai. Piuttosto, quello che vedo adesso è una globalizzazione stratificata, nel senso che esistono diversi strati nell'economia mondiale. Sono tre le aree principali: nei settori più critici, come quello dei semiconduttori o materiali analoghi, esiste una tecnologia di punta e un forte tasso di disaccoppiamento tra avversari strategici; poi c'è un secondo livello, che riguarda non i settori critici, bensì settori importanti, nei quali non si può consentire ad un Paese di detenere il monopolio, soprattutto a Paesi che sono disposti ad utilizzare il potere di monopolio in maniera coercitiva per fini economici. Mi riferisco ai pannelli solari e alle automobili elettriche.
  Infine c'è un terzo livello, che riguarda la produzione, per esempio, di giocattoli, dove esiste un'economia globale più integrata. In questo caso quindi abbiamo un'economia globale settoriale stratificata.
  Allo stesso tempo potrebbe essere elevato il livello di accordi regionali forti, per consentire il coinvolgimento economico dei vari Paesi, soprattutto dove costa leggermente di più effettuare operazioni commerciali con partner affidabili. Ritengo che in questo quadro regionale ci siano diverse dimensioni. Nell'Indo-Pacifico è valido il CPTPP (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership) ma ci sono altri accordi economici che riguardano quest'area e che rappresentano una delle forme di impegno regionale. L'accordo regionale più promettente ritengo sia l'accordo India-Medio Oriente-Europa, il corridoio IMEC, che è interessante, perché quest'area vede Governi che seguono le aziende. Non accade il contrario, per cui sono i Governi che guidano l'economia e cercano aziende: vediamo già – mi riferisco soprattutto all'India – un'economia che entro la fine del decennio dovrebbe diventare la terza economia mondiale; un Paese che ha già sottoscritto un accordo commerciale con gli Emirati Arabi Uniti e altri partner mediorientale – mi riferisco a Israele e Arabia Saudita – e che ha appena firmato un accordo con i quattro europei – Norvegia, Svizzera, Islanda e Lichtenstein – e che sta già lavorando a negoziati commerciali con l'UE e il Regno Unito. L'economia indiana è legata in particolare all'Europa e al Medio Oriente. Poi, ci sono le economie mediorientali che hanno un grande vantaggio dagli introiti energetici, a causa delle sanzioni imposte alla Russia e in virtù dell'allontanamento europeo e transatlantico dai combustibili fossili. Nel frattempo tali economie, basate sulla loro abbondanza di risorse, dispongono di tanto denaro ma hanno anche la forte necessità di diversificarsi, passando da economie nazionali basate sulle risorse a economie basate sugli scambi commerciali. Stipulano, quindi, accordi con l'Unione europea, con Pag. 6l'Italia, con l'India. Come l'America e la Cina, l'Europa deve diversificare i propri partenariati, deve lavorare anche con altre nazioni dell'Indo-Pacifico, con l'India che al momento è il partner principale.
  Questo corridoio India-Medio Oriente-Europa è davvero un elemento molto importante. Si pensa molto, in questo momento, ad un corridoio fisico, a proposito di questa iniziativa. In realtà, è che ci sarà un aumento degli scambi commerciali ed economici tra il porto di Mumbai e quello di Dubai, Haifa, Said, auspicabilmente Trieste, il Pireo e Marsiglia. Questo commercio sta già aumentando in volume e crescerà ancora. La domanda, a questo punto, è la seguente: che cosa possono fare i Paesi e le nazioni per aiutare ulteriormente questa dinamica?
  Altro elemento importante: sono stato in India all'inizio dell'anno; c'è molto entusiasmo in India verso l'Occidente; questo entusiasmo è più rivolto verso il Medio Oriente e l'Unione europea rispetto agli Stati Uniti.
  Considero quello dell'Italia un ruolo molto importante: il Mar Mediterraneo è proprio nel cuore del corridoio che porta verso l'Indo-Pacifico. L'Italia dispone di un porto che raggiunge il cuore industriale dell'Europa molto meglio di altri porti del Mediterraneo; mi riferisco a Trieste. Questo elemento riveste molta importanza.
  Vi è, poi, un'altra parte, ed è una questione in atto in questo momento: la postura avanzata della NATO in reazione a quanto accaduto in Ucraina. Nel suo 75° anniversario sono entrati nella NATO due nuovi membri. Le forze della NATO sono molto più vicine al fronte, in questo momento, rispetto al passato. Ciò richiede da parte della NATO una maggiore capacità di mobilitazione: la NATO non può restare ferma vicino al fronte, ma deve potersi spostare più agevolmente da nord verso sud lungo l'asse che collega i tre mari interessati, il Mar Baltico, il Mar Nero e l'Adriatico.
  Ed è qui che Trieste può giocare un ruolo importante, collegando Danzica a Costanza, per esempio, e fornendo un contributo anche in termini economici e non solo di sicurezza ai tre mari. L'Italia, quindi, si trova in una posizione geografica, diplomatica e politica molto importante. Può essere veramente il perno tra l'Europa centrale ed orientale fino al Mediterraneo, e può lavorare con l'Europa ed i Paesi del Medio Oriente.
  Ovviamente, l'Italia ha altre priorità, come lo sviluppo del Mezzogiorno o la cooperazione con i Paesi africani nel quadro, per esempio, del «Piano Mattei». L'Italia davvero può svolgere un ruolo economico importante. Quindi il Corridoio India-Medio Oriente-Europa rappresenta probabilmente il motore economico più importante per dare slancio almeno alle economie africane che si affacciano sull'Oceano Indiano e sul Mediterraneo.
  Durante questa presidenza italiana del G7 avete un'ottima opportunità per garantire che il G7 si impegni a sostegno del corridoio IMEC, che nasce come iniziativa del G20 ma che al suo interno include la maggior parte dei Paesi del G7, i quali hanno già firmato per dare il proprio sostegno ad eccezione del Giappone e del Canada. Il partenariato globale per infrastrutture e investimenti è il progetto faro del G7 che aggiunge importanza a questo corridoio. Anche il Global Gateway dell'Unione Europea aggiunge importanza all'Italia e a questo corridoio Per tornare all'Italia e all'India, occorre una buona dose di attenzione e di impegno sia da parte del vostro Ambasciatore in India, Vincenzo De Luca, che da parte degli uffici dell'Ambasciata d'India in Italia per dare grande slancio a questo partenariato.
  Il Presidente del Consiglio Meloni merita un elogio in questo senso: i rapporti economici sono solidi, i rapporti militari anche. Ci sono anche rapporti personali. L'India è il maggiore acquirente di armi in tutto il mondo e cercherà di smarcarsi anche dalla Russia, cercando di diversificare il proprio sistema difensivo. Penso che l'Italia abbia un ruolo importante da svolgere, anche per diventare un hub della produzione militare. Nel settore della produzione, l'Italia e la Germania hanno un ruolo significativo da svolgere. Per esempio i rapporti che esistevano tra Milano e Wuhan Pag. 7nel settore tessile e in altri settori potranno essere replicati anche con l'India. Per il futuro, secondo me, occorre tenere presenti elementi simbolici e sostanziali di connessione tra i due due estremi del corridoio IMEC. India e Italia rappresentano i due capi di questo filo. Si potrebbe creare, ad esempio, un forum economico India-Italia/Europa, che possa svolgersi, per esempio, a ad anni alterni, a Mumbai o a Trieste, e che riunisca l'imprenditoria dei due Paesi per capire come si possano rafforzare le relazioni economiche.
  Esistono, quindi, numerose possibilità per sviluppare ulteriormente le relazioni tra i due Paesi.

  PRESIDENTE. Grazie davvero. In conclusione, vorrei farle una brevissima domanda: tutti sappiamo cosa è successo il 7 ottobre. Su qualche rivista specializzata si è detto che uno degli obiettivi di Hamas era quello di far saltare la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, normalizzazione, ovviamente, essenziale per un progetto come IMEC. Secondo Lei – passando da Hamas a quell'asse tra Russia, Cina e Iran – queste potenze, che cercano di costruire un ordine globale alternativo, come vedono la Via del cotone in alternativa alla Via della seta e che mosse potrebbero fare, a suo avviso, per contrastarla?

  KAUSH ARHA, rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub (intervento in videoconferenza). Credo sia una domanda eccellente. Ovviamente, quando c'è stato l'attacco da parte di Hamas si è pensato che sia l'Iran che, in certa misura, Hamas in Palestina si fossero sentiti esclusi e avessero voluto farsi sentire per rovinare tutto. Io non sono in grado di dire se questo sia vero o meno, però è importante vedere la risposta a questo. Ci sono state due risposte molto importanti: in primo luogo, è vero che il rapporto, il riavvicinamento, la normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele è stata rallentata da questo, ma non è stata bloccata o annullata da quanto è accaduto. È importante tener conto di questo. Sicuramente ci sono Paesi che hanno espresso la propria solidarietà al popolo palestinese e hanno criticato gli attacchi terroristici, ma non c'è stato alcun ritiro di Ambasciatori. La reazione diplomatica è stata molto normale, non straordinaria. Questo – credo – è un segnale della compattezza della regione.
  Il rapporto commerciale tra Emirati Arabi Uniti e Israele continua ad esistere. Un'altra cosa da notare è che la regione si è unita anche per proteggere Israele e nella risposta agli attacchi missilistici iraniani. Credo che anche questo dia un'idea della posizione della regione nei confronti degli eventi, anche se c'è stato un considerevole sconvolgimento.
  Un altro elemento importante è che, appena l'IMEC è stato annunciato, la prima cosa che è accaduta è che la Turchia ha detto che non c'è un solo corridoio; un'altra via è attraverso l'Iran, l'Anatolia, arrivando a Berlino. È un segnale positivo il fatto che tutti vogliano svolgere un ruolo in questa convergenza tra le economie. L'Egitto avrà un ruolo con il canale di Suez. La Turchia potrà avere un ruolo. E credo che anche i Paesi del gruppo I2U2 – India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti – possano avere un ruolo importante.
  Per quanto riguarda la risposta sulla Via della seta, è importante ricordare che l'IMEC presenta tre vantaggi fondamentali rispetto alla nuova Via della seta. In primo luogo, è un'iniziativa autenticamente, sinceramente e visibilmente multilaterale. Nell'ambito del G20, otto Paesi si sono uniti in questo. Non è un rapporto bilaterale, squilibrato e asimmetrico con un Paese che domina l'accordo. Non c'è un Paese che domini l'IMEC. Tutti i Paesi lavorano per il proprio interesse. Bisogna vedere da dove vengono i finanziamenti. Una possibilità è che tutti gli otto Paesi possano pagare la propria parte nell'IMEC, senza dipendere da altri Paesi: l'India può pagare quello che le spetta, così come gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita, gli amici italiani, la Germania, l'UE e gli Stati Uniti. Si tratta di una situazione diversa da quella che si avrebbe se fosse coinvolta, ad esempio, la Banca dei Regolamenti internazionali, con un rischio di debito insostenibile. Il progetto potrebbe realizzarsi non in modo lineare, ma in Pag. 8diversi segmenti, che lavorano in modo diverso, a livello bilaterale, trilaterale o multilaterale, e potrà avanzare, sospinto da importanti aspetti politici ed economici.
  La questione è che c'è una competizione in Europa tra Trieste, Pireo, Marsiglia e altri porti. Dal punto di vista geografico e politico, voi vi trovate in una posizione molto vantaggiosa. Credo siate il Paese mediterraneo più avvantaggiato, non solo per la vostra posizione geografica, ma anche per la possibilità di collegare e connettere tra loro l'Europa orientale e meridionale da una parte e i tre mari che ho citato prima dall'altra. A livello economico, vi trovate in una situazione molto positiva. Sta alla vostra leadership avanzare su questo.

  PRESIDENTE. Grazie, anche per l'orario e l'alzataccia notturna. La ringrazio per aver sottolineato quanto l'Italia possa giocare un ruolo in un'area che sembra lontana, come l'Indio-Pacifico. Ci ha detto anche Lei, ci ha spiegato molto bene, come con il progetto IMEC addirittura fisicamente potrà essere in futuro connessa con l'Indo-Pacifico e come il porto di Trieste potrà e dovrà giocare un ruolo fondamentale.
  Grazie ancora.

  KAUSH ARHA, rappresentante dell'Atlantic Council's Global China Hub (intervento in videoconferenza). È stato un vero piacere. Buona fortuna. Che Dio vi benedica.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di Céline Pajon, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione in videoconferenza di Céline Pajon, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI).
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, la dottoressa Pajon; la ringrazio davvero perché ha avuto una pazienza enorme, questa audizione è stata spostata più volte, con cambi di orario e di giorno. Quindi grazie, in modo non formale.
  Ricordo che l'IFRI è il principale think tank francese sulle questioni internazionali, istituito nel 1979 sul modello dei think tank anglosassoni. Organizza le sue attività di ricerca sulla base di temi regionali e trasversali. Dal punto di vista regionale si individuano le seguenti aree: Europa, relazioni franco-tedesche, Russia, Eurasia, Asia, Nord America, Africa subsahariana, Turchia, Medio Oriente. Dal punto di vista trasversale, le priorità tematiche sono riconducibili ai seguenti settori: sicurezza e affari strategici, energia e clima, geopolitica delle tecnologie, politica spaziale.
  Forniti questi elementi di contesto, do subito la parola alla dottoressa Pajon, affinché possa svolgere il proprio intervento. Grazie.

  CÉLINE PAJON, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali (IFRI) (intervento in videoconferenza). Buongiorno a tutte e a tutti. Buongiorno, signor presidente, buongiorno, onorevoli deputati. È un grande piacere per me contribuire ai vostri lavori. Sono molto lieta di potervi presentare oggi, forse rapidamente, le linee principali della strategia per l'Indo-Pacifico della Francia. Cercherò di essere sintetica e di declinare il mio discorso su tre punti. In primis, la posta in gioco per la Francia nell'Indo-Pacifico; poi illustrerò i mezzi e gli obiettivi della Francia nella regione e in seguito vedremo i pro e i contro di questo approccio francese.
  Come ben sapete, la Francia è il primo Paese europeo ad aver adottato una strategia per l'Indo-Pacifico. Si tratta di una strategia promossa al più alto livello delle Istituzioni. Il Presidente della Repubblica Macron ha tenuto un discorso a Garden Island, in Australia, nel 2018, nel quale ha illustrato questa strategia. L'anno dopo il Ministero delle forze armate e il Ministero degli esteri hanno pubblicato ciascuno una Pag. 9loro strategia e da allora esiste una strategia interministeriale, pubblicata recentemente in versione aggiornata. La Francia ha una posizione geografica molto vasta ed ha una concezione di questa regione molto ampia che comprende i Paesi della costa orientale dell'Africa, l'Oceano Indiano e poi tutto l'Oceano Pacifico. Questa area riflette gli interessi di sovranità territoriale francese, in quanto la Francia dispone di territori nelle due zone.
  Questa visione è diversa rispetto a quella degli Stati Uniti, che contempla l'Indo-Pacifico fino alle coste occidentali dell'India, e non la parte occidentale dell'Oceano Indiano.
  L'Indo-Pacifico è diventato un nuovo centro di gravità per l'economia e la governance globale. È uno dei motori economici del mondo, rappresenta il 40 per cento del PIL mondiale. Per la Francia rappresenta il 15-20 per cento degli scambi commerciali. Ovviamente, ci sono anche delle rotte marittime, che sono assolutamente fondamentali per l'energia e per il commercio dell'Unione europea, che transitano per questa regione.
  Questa regione si trova al centro della rivalità tra Cina e Stati Uniti – approfondirò in seguito questo aspetto – e anche della ricomposizione dell'ordine internazionale con il Sud globale che sta emergendo.
  In questa regione chiave la Francia ha degli interessi di sovranità e di proiezione della potenza. Sovranità territoriale: i territori francesi, la popolazione francese dei due Oceani, Île de la Réunion, Mayotte, le Isole Sparse, la Nuova Caledonia, la Polinesia francese, Clipperton, Wallis e Futuna.
  C'è il 90 per cento della ZEE, la zona economica esclusiva francese: 9 milioni di chilometri quadrati, un'area molto vasta, 1,6 milioni di francesi che vivono in questi territori d'oltremare e 200 mila espatriati residenti nella zona. Abbiamo delle forze di sovranità nella regione, delle forze militari. Sono 7 mila i soldati permanenti, suddivisi in tre eserciti regionali. I comandi si trovano in Nuova Caledonia, Polinesia, Île de la Réunion. Abbiamo anche delle basi negli Emirati Arabi Uniti e a Gibuti.
  Oltre agli interessi di sovranità ci sono gli interessi di proiezione della potenza nella regione: la Francia è membro del Consiglio di sicurezza dell'ONU, partecipa attivamente alla stabilità strategica nelle zone di tensione, partecipa alla lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e partecipa soprattutto alle operazioni di imposizione e rispetto delle sanzioni dell'ONU nei confronti della Corea del Nord.
  La Francia tiene al rispetto dei Trattati internazionali e, soprattutto, della Convenzione ONU per il diritto del mare. Questa regione è assolutamente fondamentale, con interessi importanti per la Francia, ma in questa regione vediamo anche un degrado del contesto di sicurezza per diversi fattori, come l'aumento delle tensioni geostrategiche e inter-statali, le rivendicazioni territoriali e poi le ambizioni e l'aggressività di alcuni Paesi.
  Assistiamo poi alla rimessa in discussione del diritto internazionale, della governance internazionale: mi riferisco all'espansione marittima della Cina e alla militarizzazione di alcuni isolotti soggetti a dispute territoriali nel mare di Cina meridionale. Poi ci sono delle questioni non convenzionali, che sono dei moltiplicatori dei rischi nella zona e che sono oggi la priorità numero uno per numerosi soggetti nell'area. Mi riferisco al degrado dell'ambiente, alla pressione sulle risorse naturali – soprattutto le risorse ittiche – il cambiamento climatico e i suoi effetti e qualsiasi forma di traffico che possiamo osservare in mare.
  Infine, vorrei sottolineare l'instabilità legata alle notevoli esigenze a livello di connettività e infrastrutture e la necessità anche di lottare contro la povertà. Questa è la posta in gioco per la Francia.
  Adesso passerei agli obiettivi ed ai mezzi. La strategia per l'Indo-Pacifico francese mira, pertanto, in primis a tutelare i propri interessi sovrani: i territori, la popolazione e soprattutto questa vasta area territoriale, la zona economica esclusiva (ZEE) dell'Indo-Pacifico.
  La Francia intende ridurre i rischi di instabilità, promuovere lo sviluppo della Pag. 10regione, le norme e i princìpi liberali. Vuole anche pesare sull'equilibrio strategico, basandosi sulla nozione di autonomia strategica o potenza di equilibrio per cercare di alleviare la rivalità Cina-Stati Uniti e uscirne, dal momento che viene vista come un fattore di instabilità considerevole per la Francia.
  La Francia promuove un approccio inclusivo: intende instaurare un dialogo con tutti i partner della regione. Intende promuovere il multilateralismo a livello politico. Essa vede il multilateralismo come un fattore di stabilità nei rapporti nella regione. Ovviamente, esistono altre priorità: una di esse è la promozione dell'ordine che poggi su delle regole, le regole del diritto internazionale.
  Si tratta di una strategia unica. I responsabili francesi hanno posto l'accento sulle differenze tra l'approccio francese e quello americano, soprattutto quello dell'Amministrazione Trump, ma anche di Biden, che fa leva sull'aspetto militare ed è incentrato sulla Cina.
  Di quali mezzi dispone la Francia per agire nella regione? Noi abbiamo una strategia di difesa, una strategia interministeriale. Come ho affermato precedentemente, la dimensione militare è abbastanza strutturante a livello francese, visti i precedenti e viste le forze di sovranità territoriale presenti. La Francia è l'unico Paese a disporre di queste forze, ma la dimensione militare non è l'unica. Ci sono tre altri pilastri nella strategia per l'Indo-Pacifico della Francia: gli scambi commerciali, la sicurezza economica, la promozione delle norme internazionali, la connettività, l'aiuto allo sviluppo; è questa una dimensione molto importante promossa dall'Agenzia francese per lo sviluppo.
  Un altro pilastro è il multilateralismo, la difesa dello Stato di diritto.
  Il terzo pilastro, molto importante, che rende la prospettiva francese molto originale, è la problematica del cambiamento climatico, la biodiversità, la gestione sostenibile degli oceani. La Francia è ben posizionata su questo versante, soprattutto a seguito degli Accordi di Parigi.
  Quali sono i punti di forza e i limiti della posizione francese nell'Indo-Pacifico? La Francia ha una lunga serie di vantaggi: cominciamo dai propri territori insulari e marittimi e le forze pre-posizionate, che svolgono un ruolo importante per quanto riguarda la cooperazione regionale o sub-regionale a livello dell'Oceano Indiano e Pacifico insulare. Mi riferisco anche alla sorveglianza marittima e alle attività di high availability disaster recovery (HADR), cioè gli interventi dopo le catastrofi naturali, per esempio.
  Un altro punto di forza per la Francia è rappresentato dagli schieramenti regolari e polivalenti in quel territorio, perché la Francia ha i mezzi per poter schierare rapidamente una forza militare fino al Pacifico insulare, sia attraverso le vie marittime con la missione Jeanne d'Arc, per esempio – che è una missione che regolarmente visita la zona e che ha una capacità di anfibi –, ma anche con la portaerei Charles de Gaulle, che è stata dispiegata a Singapore nel 2019 e tornerà nel 2025 nel Mar cinese meridionale. C'è inoltre stato lo schieramento di un sottomarino nucleare da attacco, l'Émeraude, nel 2021, che è stato particolarmente importante; c'è anche lo schieramento di aerei, come il Rafale, attraverso la missione Pegaso, da una serie di anni ormai. Quest'anno arriveremo fino in Australia, dove verranno schierati dieci aerei Rafale.
  Un altro vantaggio importante per la Francia è rappresentato dai suoi numerosi partner nella zona: pensiamo all'India, al Giappone, agli Stati Uniti, all'Australia, ai Paesi dell'Asia sud orientale, una serie di partenariati basati sulla condivisione di valori, sulla condivisione di interessi comuni e anche su contratti importanti a livello di armamenti. Mi riferisco, ad esempio, ai contratti per l'acquisto di aerei Rafale da parte dell'India o al contratto con l'Australia per l'acquisto di sottomarini, un contratto che però è stato abbandonato improvvisamente dopo l'annuncio, nel dicembre 2021, del partenariato AUKUS con gli Stati Uniti.
  Quell'annuncio ha creato una crisi di fiducia tra i partner, in particolare tra la Pag. 11Francia e l'Australia. Il rapporto con l'Australia in questo momento si sta ancora ricostruendo, sebbene i rapporti si siano normalizzati con gli Stati Uniti per quanto riguarda le dinamiche di quella regione.
  Dopo l'accordo AUKUS è stato fatto uno sforzo notevole per cercare di diversificare i partenariati nella regione. Si è cominciato a firmare contratti, per esempio, recentemente anche con l'Indonesia per la vendita di aerei Rafale e per la vendita di sottomarini. Si è deciso anche di compiere uno sforzo di avvicinamento maggiore con gli Stati insulari, sia quelli collocati nell'Oceano Indiano sia quelli dell'Oceano Pacifico. Si tratta di un approccio diplomatico basato sull'autonomia strategica, particolarmente apprezzato da parte di questi Stati, che non vogliono scegliere se schierarsi con gli Stati Uniti, con la Cina o con altri. La Francia ha cercato anche di far adottare una nuova strategia per l'Indo-Pacifico dell'Unione europea. È stata una delle priorità della Presidenza del Consiglio europeo francese; è stato anche istituito un forum per l'Indo-Pacifico nel febbraio 2022, che esiste ancora.
  Al di là di tutti questi elementi, ci sono anche una serie di sfide da raccogliere, una serie di limiti che si pongono a questo approccio francese. Innanzitutto, potrei parlare del posizionamento diplomatico di potenza di equilibrio, talvolta un po’ mal compreso. Ci sono dei malintesi: talvolta questo approccio viene visto come una volontà di essere equidistanti tra Cina e Stati Uniti, ma non è così. Questo talvolta può portare a confusione da parte di alcuni dei nostri partner. Altri limiti sono rappresentati dai mezzi per intervenire in questa regione, perché questi mezzi sono sì importanti, come abbiamo detto, se li confrontiamo con quello che fanno gli altri Paesi europei, ma sono comunque insufficienti alla luce delle missioni e soprattutto delle distanze, perché le distanze in quella regione sono enormi. Sono mezzi che talvolta non corrispondono alle ambizioni della Francia.
  Le nostre forze pre-posizionate in questi territori sono delle forze ormai quasi saturate dalle tante missioni che tendono a garantire la sovranità e la cooperazione regionale, perché si tratta, innanzitutto, di sorvegliare la zona economica esclusiva e il numero delle motovedette disponibili ad oggi equivale, più o meno, a due macchine della polizia per controllare tutto il territorio francese; questo significa che sono veramente delle capacità limitatissime se si vuole sorvegliare una zona così vasta.
  Abbiamo una legge di programmazione militare per il 2024-2030 che è già stata adottata e che consentirà comunque di modernizzare e di aumentare le capacità.
  Ciò nonostante, restano comunque dei mezzi modesti rispetto a quelli di cui si avrebbe bisogno. La Francia sta comunque cercando di compensare al massimo questa carenza, cercando di sviluppare maggiormente la cooperazione e l'interoperatività con i propri partner, cercando anche di rafforzare le sue capacità e le capacità dei partner in quella regione.
  Un'altra sfida che vorrei evidenziare riguarda le tensioni legate al passato coloniale della Francia in quella regione. C'è stato chiaramente un risorgere delle spinte indipendentistiche in Nuova Caledonia e in Polinesia francese.
  La situazione in Nuova Caledonia è assai complessa, soprattutto adesso, perché stiamo portando avanti dei negoziati per quanto riguarda il futuro istituzionale dell'isola. Questo crea naturalmente delle tensioni ed implica una attenzione politica specifica su queste questioni di politica interna, benché non rimetta, a mio parere, in discussione la presenza militare della Francia e la presenza diplomatica francese nella regione.
  Infine, concluderei con un altro limite, ovvero la questione della capacità di addestramento della Francia e anche dei suoi partner europei in quella regione.
  In questi ultimi anni abbiamo visto che vari partner hanno deciso di adottare una strategia per l'Indo-Pacifico e hanno deciso di schierare una serie di mezzi navali in quella regione. Mi riferisco anche all'Italia. Talvolta ci sono delle difficoltà, quando si tratta di coordinare questi schieramenti e coordinare le diverse attività. Vediamo che c'è una convergenza di interessi e una Pag. 12convergenza di sforzi per cercare di cooperare, ma ci sono comunque sempre degli elementi di competizione, degli approcci un po’ concorrenziali, perché talvolta gli interessi nazionali di ciascuno non collimano. La Francia, tuttavia, vuole lavorare insieme all'Unione europea e collaborare con i partner europei per cercare di massimizzare al massimo la presenza nella regione.
  Per concludere la mia presentazione, vorrei dire che il coinvolgimento e l'interesse della Francia per l'Indo-Pacifico continuerà sicuramente.
  Le condizioni fondamentali non cambiano. Sebbene in questo momento ci sia la guerra in Ucraina e la crisi in Medio Oriente, gli interessi sovrani comunque rimangono quelli: l'interdipendenza economica e la sicurezza restono presenti; la rivalità tra Cina e America rimane un elemento strutturante di quella regione.
  Potremmo, forse, immaginare un riequilibrio dell'approccio francese per quanto riguarda alcune zone geografiche prioritarie, che potrebbero essere più facili da gestire. Mi riferisco, per esempio, all'ovest dell'Oceano Indiano, una zona un po’ più vicina, nella quale è più facile mobilitare le forze e lavorare con i partner europei. È comunque una regione complementare rispetto a quella di interesse degli Stati Uniti. I problemi nel Mar Rosso dimostrano, per esempio, che questa è una zona che sta assumendo sempre maggiore importanza.
  Infine, credo sia opportuno concentrarsi su modi di cooperazione che offrono un valore aggiunto maggiore. Penso, per esempio, al valore della sicurezza marittima, che rimane un valore essenziale, o alla sicurezza dell'ambiente. Una serie di elementi che sono stati sottolineati nell'ultimo viaggio del Presidente della Repubblica in alcuni Stati del Pacifico insulare, alcune isole dell'Oceano Indiano, come lo Sri Lanka.
  Spero di non essermi dilungata troppo. Resto a vostra disposizione per rispondere alle domande.

  PRESIDENTE. Grazie per il contributo, davvero chiarissimo. Ci ha fatto un quadro molto preciso degli interessi francesi, che potranno essere interessi comuni europei; al momento, non lo sono. Ci ha descritto quella che lei ha definito «rivalità sino-americana». Purtroppo, io sono convinto che non sia solo una rivalità sino-americana. Lei stessa lo ha detto: dobbiamo difendere la libertà di navigazione, la sicurezza marittima, dobbiamo difendere le regole del commercio internazionale, il sistema multilaterale.
  La mia domanda – l'avevo già fatta ad una sua collega, sempre di un think tank francese – è come facciamo, che suggerimenti ci può dare per armonizzare in primis gli interessi nazionali – italiani e francesi – nell'area e poi a livello europeo e, ancora, per tenere unite le due sponde dell'Atlantico in una nuova strategia globale, che è quanto mai necessaria, viste le sfide poste dalla Cina.
  Da un lato apprezzo, ma dall'altro fatico a capire l'approccio francese, distinto da quello statunitense, là dove si parla dei partenariati, della cooperazione. Questo tentativo strenuo di un dialogo con la Cina. La Cina, però, colpisce la sovranità francese, le acque economiche esclusive dell'Indo-Pacifico e addirittura si immischia negli affari interni, quando in Nuova Caledonia usa le rivendicazioni della minoranza indigena Kanak per spingere la Nuova Caledonia verso l'indipendenza. Le chiedevo qualche parola in più su questi concetti.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento in videoconferenza). Signor presidente, ho una domanda molto semplice. Ho sentito parlare di aiuto allo sviluppo come strumento di strategia francese verso l'Indo-Pacifico. Vorrei una quantificazione dell'aiuto allo sviluppo, in termini assoluti, ma anche in termini relativi. Grazie.

  SIMONE BILLI. Anch'io ringrazio la nostra ospite. Sono d'accordo, dal mio punto di vista vedo un Occidente, dei Paesi occidentali che fanno fatica a mantenere il passo nella regione. Soprattutto mi riferisco al discorso della Cina.
  Come diceva anche la nostra ospite, abbiamo degli interessi comuni europei che non sempre viaggiano nella stessa Pag. 13direzione. Abbiamo anche due guerre in cui siamo indirettamente coinvolti, l'Ucraina e Israele, la Striscia di Gaza. Siamo nell'anno elettorale, come anche gli Stati Uniti. Devo dire che, invece, in Cina il Partito comunista è al Governo da decine di anni, almeno da quarant'anni. Questo permette una stabilità politica a quel Paese, con la possibilità di fare programmi a lungo termine, molto forti, in grado di portare soluzioni concrete, con un approccio – si può dire – solution-based (grandi opere, porti), quello che vediamo sia nell'Indo-Pacifico sia in altre aree del globo.
  Sono sostanzialmente d'accordo con quello che diceva anche il presidente Formentini: bisognerebbe lavorare di più, più uniti, come Paesi occidentali, per contrastare – da un punto di vista economico, ma anche sociale – le spinte che vanno in altre direzioni in questi Paesi.
  Mi chiedevo, dal suo punto di vista, come vede l'operato della Cina e come pensa si possa sviluppare a breve e medio termine il lavoro della Cina in questa regione, considerando il grosso punto di domanda e la grossa crisi con Taiwan e considerando anche l'economia cinese, un'economia che punta tutto sull'export, mentre la crescita interna sembra languire. Chiaramente, il Partito comunista cinese ha qualche problema internamente, mentre all'esterno, con il suo export, mette in atto una politica, una strategia commerciale molto d'impatto, che pesa tantissimo anche sulle nostre industrie e sul nostro sistema produttivo. Grazie.

  ELISABETTA GARDINI. Signor presidente, ringrazio anch'io l'ospite. Vorrei fare una domanda relativa ad un articolo che ho letto qualche mese fa, di analisi su rapporti e relazioni della Francia con l'Indo-Pacifico. Mi sembrava abbastanza interessante, anche alla luce di quanto è stato detto fin qui. Questo articolo, fatto da un istituto che si occupa di temi di geopolitica, analizzava che la Francia – tutti quanti noi le riconosciamo una postura ben diversa, per esempio, dall'Italia, più autonoma, più autorevole, si è sempre mossa con autorevolezza in molte regioni del mondo – si trova, a questo punto, in difficoltà. Questa forza nella regione oramai si è modificata. Soprattutto, analizzava questa postura, che adesso ha, di equidistanza tra Stati Uniti e Cina, però la vedeva quasi come una equidistanza strategica, quasi dettata dalla necessità.
  Alla luce di questo, penso e spero sia arrivato veramente il momento di trovare una maggiore unità tra Paesi europei, che ci siano meno nazionalismi in questo senso. Credo che, di fronte a colossi come Stati Uniti e Cina, la strada è muoversi insieme. In qualche modo, anche il discorso della commessa dei sottomarini, in quell'accordo fatto tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, dà il segno del cambiamento delle cose. Volevo capire se la Francia in questo senso sta superando questa strategia di equidistanza per, magari, pensare di diventare più Unione europea e di collaborare di più con i Paesi.
  Io sono stata per tanti anni parlamentare dell'Unione europea: devo dire che spesso con i colleghi francesi vi era proprio la difficoltà di trovare un terreno comune – come del resto anche con altri, per esempio i tedeschi – perché c'era ancora – noi lo capiamo, ma credo sia il momento di superarla – una visione nazionale sulle cose.

  NAIKE GRUPPIONI. Signor presidente, ringrazio la nostra ospite per il contributo. Mi collego all'intervento della mia collega, onorevole Gardini, perché vorrei integrare la sua domanda.
  In realtà, la strategia odierna della Francia è molto chiara e molto ben spiegata dalla nostra ospite, ma mi interesserebbe molto approfondire come e dove la Francia vede l'Europa nello sviluppo di una strategia commerciale comunitaria.
  Inoltre, vorrei capire anche qual è oggi la priorità della politica francese, quindi gli obiettivi a lungo termine, e quali sono le preoccupazioni legate agli obiettivi che vorrebbero perseguire. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Pajon per la replica.

  CÉLINE PAJON, ricercatrice dell'Istituto francese delle relazioni internazionali Pag. 14(IFRI) (intervento in videoconferenza). Vi ringrazio sentitamente per i vostri quesiti, che, devo dire, non sono semplici. Farò del mio meglio per trovare una risposta.
  Inizierei dal fattore Cina. Vedo che è riemerso diverse volte nelle vostre domande. Capisco che il fattore Cina svolga un ruolo importante nella genesi della strategia per l'Indo-pacifico francese e nella sua applicazione ma che non sia sempre chiaro, perché si leggono segnali politici contraddittori. Questi segnali vengono inviati dal Presidente della Repubblica, che vuole mantenere l'autonomia strategica. Questo provoca ambiguità e conduce anche a molta confusione. Ritengo, però, che gli aspetti fondamentali dell'approccio francese nei confronti della Cina restino chiari e non siano cambiati. La Francia deve dialogare con il numero massimo di partner. Questo discorso è valido anche per la Cina, finché non minaccia i nostri interessi e i nostri valori. Questa posizione è chiara. C'è un riconoscimento del fatto che la Cina ha un modello politico diverso.
  Detto questo, i francesi, ovviamente, aderiscono all'approccio europeo che vede la Cina partner su alcuni versanti: lotta al cambiamento climatico, per esempio, finanziamento allo sviluppo, finanziamento climatico. È difficile prescindere dalla Cina su questi punti. La Cina, però, è anche un concorrente dal punto di vista commerciale. La Francia, in questo senso, si inserisce nella scia e nel contesto europeo per quanto attiene alle misure assunte riguardo alla protezione dei settori strategici e alla necessità di avere delle regole del gioco, che siano applicate e rispettate da tutti i soggetti.
  Terzo pilastro: la Cina è anche un rivale strategico. È abbastanza chiaro. È un aspetto rilevante nell'approccio francese riguardo l'Indo-Pacifico. Il fattore Cina svolge un ruolo di peso in tal senso. Se analizziamo i documenti di revisione della politica di difesa e sicurezza nazionale a partire dal 2007, vediamo che sottolineano il rischio posto dall'ambizione cinese, dal suo rafforzamento militare e dalle sfide cinesi all'ordine basato sulle regole. La strategia francese dal 2022 si proietta in avanti, definisce la Cina un «rivale strategico» e vede con preoccupazione un ravvicinamento tra Russia e Cina. Questo è un altro elemento assai rilevante. Il Presidente Macron ha anche ricordato – diverse volte, soprattutto durante le sue visite nei territori francesi nell'Indo-Pacifico – le rivendicazioni abbastanza predatorie della Cina nella regione, soprattutto per quanto riguarda le risorse ittiche, le risorse energetiche, i minerali ed anche l'influenza politica in vari territori.
  Ricordo anche che la Cina ha stabilito una base a Gibuti nel 2017: questo è stato uno shock per la comunità strategica francese e ha veramente pesato nella formulazione di una strategia per l'Indo-Pacifico. C'è questo elemento, ma anche lo sviluppo delle rotte della Via della seta. Questo ha consentito di contribuire a suscitare l'interesse di altri Ministeri, come quello dell'economia e delle finanze, che si è reso conto che sarebbe interessante attuare una strategia per l'Indo-Pacifico, perché esistono rischi legati a questa grande strategia cinese della Via della seta, che non riguarda soltanto il finanziamento delle infrastrutture, ma va oltre e mette in discussione le regole in diversi ambiti.
  La Francia è chiaramente favorevole ad un posizionamento diverso rispetto agli Stati Uniti: gli USA oggi definiscono la Cina non solo come un «rivale sistemico», bensì anche come una «minaccia vitale», ossia una priorità fondamentale per gli Stati Uniti è mantenere il predominio sulla Cina. La Francia non si pone proprio così e forse anche gli europei dovrebbero assumere questa postura. Questo posizionamento di autonomia strategica della Francia, promossa dal Presidente francese, non è una postura equidistante tra Cina e Stati Uniti. Penso che il Presidente Macron riconosca chiaramente che abbiamo un'alleanza a lungo termine con gli Stati Uniti. Abbiamo una comunità di valori molto solida. Condividiamo interessi e princìpi.
  Detto questo, oggi, in questo contesto di rivalità con la Cina, la Francia e l'Europa subiscono la pressione degli Stati Uniti su alcuni punti, soprattutto sulle problematiche legate alla catena del valore industriale. Ritengo sia importante per il PresidentePag. 15 Macron che l'Unione europea e la Francia possano restare un soggetto e non un oggetto nell'ordine internazionale futuro.
  Per questo, dobbiamo dotarci di misure e mezzi per ridurre la nostra dipendenza sia nei confronti della Cina, perché ci sono dei rischi sistemici notevoli, sia nei confronti degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono un alleato assolutamente fondamentale, ma – come vediamo – ci sono anche delle problematiche di politica interna che variano e delle velleità verso un ritorno ad una politica più unilaterale, più centrata su se stessi, che definisce gli interessi statunitensi in maniera restrittiva. Con questa postura gli Stati Uniti cercano di imporre la propria visione attraverso un approccio transazionale. Questo è il mio punto di vista su queste problematiche.
  Che cosa farà la Cina? Questa è una domanda ostica. Si tratta di un interrogativo fondamentale, al quale cerchiamo di rispondere all'interno dei nostri centri di ricerca. Cerchiamo di analizzare la situazione economica di oggi, che è assai complessa in Cina; vi è, poi, la tendenza demografica che vede un invecchiamento della popolazione. Quindi, viene meno un fondamento dell'economia, quello demografico, che può mettere la Cina in difficoltà e creare un inasprimento della postura internazionale del Paese, soprattutto nei confronti di Taiwan. Potremmo assistere a un aumento dell'aggressività nei confronti di Taiwan. Ci sono ampi dibattiti su un eventuale intervento a Taiwan. Ci sono anche altri conflitti aperti. Ci sono attacchi cibernetici e un aumento delle modalità ibride di intervento.
  Questione relativa al coordinamento all'interno dell'Europa: credo che, effettivamente, ci sia una dinamica molto positiva. Vediamo molti Paesi europei posizionarsi in quest'area del mondo. È molto difficile trovare un allineamento sulla stessa direzione. Esistono interessi divergenti, eterogenei, Paese per Paese. Ritengo importante attribuire una grande priorità ad alcune zone geografiche all'interno dell'Indo-Pacifico e ad alcune tematiche, ad alcuni princìpi chiave, sui quali la maggioranza degli europei potrebbero convergere e lavorare insieme, in maniera più specifica e più efficace.
  Abbiamo una strategia europea per l'Indo-Pacifico abbastanza vasta, che poggia principalmente sulle questioni relative agli scambi commerciali, all'aiuto allo sviluppo con il progetto Global Gateway. Penso che la maggioranza dei Paesi europei si ritrovi all'interno di questa strategia. Sarebbe interessante organizzare dei gruppi, dei core groups, di Paesi interessati nello specifico, che siano disposti – e abbiano i mezzi – a lavorare in alcune zone geografiche e su alcuni versanti specifici, in modo da rendere più operativo questo approccio europeo nella regione.
  I dispiegamenti navali rivestono molta importanza. Sono molto visibili e permettono di inviare un segnale strategico molto forte. La capacità di organizzare degli scali comuni, dei pattugliamenti comuni nella regione sarebbe già un messaggio molto forte per quanto attiene il coordinamento europeo.
  È stata posta un'altra domanda sull'aiuto allo sviluppo: circa il 25 per cento degli aiuti allo sviluppo totali è destinato alla zona indo-pacifica, ovvero 2,95 miliardi di euro. La parte più cospicua è riservata all'India, seguita dal Bangladesh e dal Kenya, su cui ci concentriamo soprattutto per quanto riguarda la conservazione della biodiversità, la lotta contro il cambiamento climatico e le infrastrutture.

  PRESIDENTE. Grazie di cuore per la pazienza, dottoressa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.50.