XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 23 aprile 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
Boldrini Laura , Presidente ... 2 
Fraudatario Simona , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 4 
De Munari Silvia , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Casafina Francesca , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 6 
Fraudatario Simona , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Casafina Francesca , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Mendiola Pontón Gloria , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Orlando Andrea (PD-IDP)  ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Fraudatario Simona , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 10 
Casafina Francesca , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Fraudatario Simona , rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  A nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Silvia De Munari, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, progetto «Operazione Colomba»; la dottoressa Simona Fraudatario, della Fondazione Lelio e Lisli Basso e Rete italiana di solidarietà «Colombia vive!»; non abbiamo la dottoressa Martelli, che però ha mandato un breve messaggio; inoltre, sono qui con noi anche la dottoressa Francesca Casafina, ricercatrice dell'Università degli Studi Roma Tre, e la dottoressa Gloria Mendiola Pontón, rappresentante dell'associazione APS Migras. Tutte donne, peraltro: mi fa piacere vedere questa bella componente femminile.
  Ricordo che già nella scorsa legislatura il Comitato che ho l'onore di presiedere ha avuto modo di confrontarsi con i rappresentanti dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII nel corso di un'audizione che si svolse il 24 maggio 2021.
  In via preliminare, segnalo che l'«Operazione Colomba» nasce nel 1992 dal desiderio di alcuni volontari e obiettori di coscienza della Comunità stessa di vivere concretamente la non violenza in zone di guerra. Inizialmente, ha operato nella ex Jugoslavia, dove ha contribuito a riunire famiglie divise da diversi fronti, proteggere in maniera disarmata minoranze, creare spazi di incontro, dialogo e convivenza civile; e poi anche in altri contesti, incluso il Medio Oriente; devo dire che a me è capitato di collaborare, sia in Kosovo sia in Cisgiordania.
  In particolare, in Colombia i volontari accompagnano i membri della Comunità di Pace di San José de Apartadó nello svolgimento della loro attività quotidiana, monitorando le violazioni dei diritti umani e tutelando la loro incolumità (quindi, fate una specie di scorta).
  Per ricostruire il contesto di riferimento, mi limito a ricordare che, nonostante l'Accordo di pace del 24 novembre 2016 tra il Governo colombiano e le FARC – le forze armate rivoluzionarie della Colombia – che ufficialmente ha segnato la fine di cinquant'anni di conflitto armato, parte della popolazione civile, soprattutto nelle zone rurali, vive ancora - dal 2016, quindi - sotto la costante minaccia della violenza a causa della persistente presenza di gruppi neo-paramilitari e della guerriglia dell'esercito di liberazione nazionale. Pag. 3Nel complesso, il conflitto armato finora ha provocato più di 8 milioni di sfollati interni e circa 250 mila morti, perlopiù civili. Quindi, uno dei conflitti più sanguinari, devo dire.
  È, purtroppo, aumentata la violenza in tutte le sue declinazioni nei confronti di coloro che, in qualità di esponenti della società civile, di difensori dei diritti umani, di leader dei movimenti sociali e di ex guerriglieri delle FARC, sono pubblicamente impegnati nella costruzione effettiva della pace, attraverso percorsi comunitari ed inclusivi, mirati a tutelare i diritti umani ed ambientali.
  Nell'ultimo briefing al Consiglio di Sicurezza, che si è svolto il 9 aprile di quest'anno, il Rappresentante speciale del Segretario Generale e Capo della missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia, Carlos Ruiz Massieu, ha evidenziato che la «Commissione per la verità» ha svolto un ruolo essenziale nel chiarire la verità storica sul conflitto. Esprimendo apprezzamento per le migliaia di ex membri delle FARC che hanno deposto le armi e mantenuto gli impegni assunti in base all'Accordo di pace, Massieu ha invitato il Governo colombiano a mettere a punto gli strumenti giuridici per consentire la rapida attuazione del programma di reintegrazione dei guerriglieri nella vita civile; passaggio sempre molto difficile.
  Purtroppo, nell'ultimo rapporto della missione di verifica delle Nazioni Unite emerge che i leader sociali – così come intere comunità, in particolare indigeni e afro-colombiani – soffrono ancora l'impatto della violenza e della presenza limitata delle Istituzioni statali in varie regioni. Peraltro, nel marzo scorso il Governo di Gustavo Petro ha annunciato la sospensione del «cessate-il-fuoco» con gruppi dissidenti delle FARC, dopo gli attacchi contro le comunità indigene nel dipartimento di Cauca, accusando pubblicamente tali gruppi di non volere la pace. Quindi, un deterioramento notevole della situazione. Ricordo che la settimana scorsa è stato ucciso da un gruppo armato, nella città di Cucuta, il leader socialista Jaime Vasquez.
  Da ultimo, segnalo che il 12 aprile scorso è stata depositata la «mozione Orlando» – che peraltro è qui presente – n. 100274, sottoscritta anche da me e da altri colleghi e colleghe, nella quale, denunciando gli attacchi alla Comunità di Pace di San José de Apartadó, culminati il 19 marzo con l'omicidio di Nallely Sepúlveda (trent'anni) e di Edison David (quindici anni), si impegna il Governo a fare passaggi importanti: a condannare la sistematica violazione dei diritti umani in Colombia, perpetrata da gruppi armati illegali nei confronti della popolazione civile che si oppone ai grandi progetti estrattivi e allo sfruttamento della sua terra; a riconoscere la Comunità di Pace di San José de Apartadó come esempio di impegno per l'economia solidale, la pace e i diritti umani; a sostenere anche il progetto di «Paz Total» del Presidente Gustavo Petro, impegnato nelle trattative in corso con i gruppi armati che non hanno ancora aderito al processo di pace; a promuovere, attraverso l'agenzia di cooperazione allo sviluppo, programmi di cooperazione dedicati al processo di pacificazione del Paese; a valorizzare e tutelare la presenza italiana dei corpi civili di pace, come nel caso di «Operazione Colomba», quale strumento di intervento non violento per la costruzione e il mantenimento della pace.
  Forniti tutti questi elementi di contesto, do la parola ai nostri ospiti. Ognuno sarebbe tenuto a stare intorno ai cinque minuti, così da consentire anche le domande e fare delle repliche nel giro di un'ora. Grazie.

  SIMONA FRAUDATARIO, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Ringrazio il Comitato per i diritti umani nel mondo, le persone presenti e anche l'onorevole Boldrini per gli elementi di contesto che ha appena enunciato.
  Abbiamo cambiato l'ordine delle presentazioni: io sono Simona Fraudatario, della Fondazione Lelio e Lisli Basso, leggerò un messaggio da parte dell'onorevole Giovanna Martelli, che purtroppo non può essere qui con noi oggi.Pag. 4
  Il messaggio è il seguente: «La Comunità di pace è un esempio da seguire. Dimostra che è possibile costruire un altro tipo di società. È attraverso quel tipo di costruzione di società che si agisce sulle cause strutturali dei conflitti. Per queste ragioni, è importante dare voce alla Comunità di Pace di San José de Apartadó. Ringrazio il Comitato per i diritti umani della Commissione Affari esteri e comunitari per averci dato udienza oggi. È evidente che, senza un'attenzione internazionale forte, l'Accordo di pace non può procedere.
  Gli ideali della Comunità di pace sono quelli che dovrebbero essere alla base della coesistenza pacifica di tutta la Colombia. Per questo vogliamo richiamare l'attenzione e continuare tutti i giorni ad essere presenti al fianco delle nostre organizzazioni, che, come “Operazione Colomba”, compiono azioni concrete. È importante che le nostre associazioni ONG siano lì presenti con il sostegno, anche politico.
  Ringrazio i nostri parlamentari per la mozione depositata l'11 aprile. Spero si riesca ad organizzare a breve una missione politica italiana in Colombia. È bene che l'Italia faccia la sua parte per aiutare il processo di pace. Non possiamo permetterci di chiudere gli occhi su questo».
  Chiaramente, ci uniamo alle parole di Giovanna Martelli per questo invito che vi rivolgiamo e che vi rivolgo, quindi, anche a nome delle persone qui presenti.
  Lascio la parola a Silvia De Munari, per l'«Operazione Colomba».

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, per questo invito, che porteremo all'attenzione dell'Ufficio di presidenza. È vero, è una regione che, magari, negli ultimi tempi non ha avuto molta attenzione da questa Commissione, perché gli eventi bellici si sono imposti. Penso che salvaguardare questa fase molto delicata dovrebbe essere una delle nostre priorità in questa Commissione e in questo Comitato per i diritti umani. Grazie.
  Do la parola alla dottoressa Silvia De Munari. Prego.

  SILVIA DE MUNARI, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Buongiorno a tutti. Ringraziamo la presidente del Comitato, onorevole Boldrini, per questo importante spazio, che ci dà la possibilità di condividere con voi la situazione per quanto riguarda i diritti umani in Colombia e, nello specifico, la situazione dei difensori dei diritti umani appartenenti alla Comunità di Pace di San José de Apartadó.
  Lo scorso 19 marzo due persone appartenenti alla Comunità di pace, Nallely Sepúlveda, di trent'anni, e Edison David, di quattordici anni, sono state assassinate nella loro casa – proprietà Las Delicias, nel villaggio La Esperanza – per il loro impegno nella difesa dei diritti umani, della terra e dell'ambiente. Nallely era, assieme al marito, coordinatrice dello spazio umanitario della Comunità di pace. Nei giorni precedenti il crimine, «Operazione Colomba» aveva accompagnato una Commissione umanitaria della Comunità di pace nel villaggio La Esperanza per far fronte ad una situazione di emergenza per l'apertura illegale di una strada. Proprio su una parte di questo terreno, dove Nallely ed Edison sono stati assassinati, ricade una concessione mineraria per l'estrazione di carbone, come segnalato da Carlos Montoya, geografo e assessore dell'unità di implementazione dell'Accordo di pace per la regione di Antioquia.
  Attualmente, varie famiglie della Comunità di pace, a seguito del duplice omicidio, sono state costrette ad un nuovo sfollamento forzato, mentre altre hanno coraggiosamente scelto di non abbandonare la propria terra, nonostante le continue minacce di morte, secondo quanto riportato nell'ultimo comunicato pubblicato dalla stessa Comunità. Come si legge nel comunicato pubblicato il 30 marzo dalla Comunità di pace, questo crimine avvenuto lo scorso 19 marzo aumenta il numero di esecuzioni extragiudiziali e contro la Comunità di pace, così come il numero di atti classificati dal diritto internazionale come «crimini contro l'umanità», che superano il migliaio e mezzo, denunciati davanti a diversi tribunali internazionali.Pag. 5
  Secondo il documento emanato lo scorso 23 luglio dalla Defensoría del Pueblo, ente incaricato di difendere, promuovere, proteggere e diffondere i diritti umani in Colombia, «il 14 dicembre 2020 la Defensoría ha emesso un documento di avvertenza per la giurisdizione di San José de Apartadó, a causa del rischio di violazioni ai diritti umani e al diritto internazionale umanitario, che suppone il dominio egemonico e l'espansione territoriale del gruppo illegale auto-denominato Autodefensas Gaitanistas de Colombia. Lo scenario di rischio descritto dall'alerta temprana si mantiene per quanto riguarda il controllo egemonico dell'Autodefensas Gaitanistas de Colombia e l'impatto umanitario che questo comporta per la popolazione civile».
  Risulta importante sottolineare il rischio che soffre la Comunità di pace: essa, attraverso il suo processo di resistenza civile campesina e la difesa del territorio, continua a ricevere minacce, segnalazioni, stigmatizzazioni per la sua ferrea postura di dare visibilità e denunciare pubblicamente la presenza e il controllo sociale e territoriale che esercitano le Autodefensas Gaitanistas de Colombia nella zona.
  Ricordiamo che la Comunità di pace, come soggetto collettivo, gode di protezione speciale dichiarata tanto dall'onorevole Corte costituzionale come dalla Corte interamericana dei diritti umani.
  Lo stesso Presidente Petro, in data 20 marzo, afferma: «Forze oscure vogliono riedificare il paramilitarismo nel nord-ovest del Paese». Respingiamo con forza la violenza subita dalla Comunità di pace e ci uniamo, da un lato, alle parole di Papa Francesco, con cui nell'Angelus della domenica delle Palme ha espresso vicinanza alla Comunità di pace, premiata nel 2018 come esempio di impegno per l'economia solidale, la pace e i diritti umani; dall'altro, alle parole di condanna per l'atroce crimine e alla richiesta che non rimanga impunito, provenienti da varie rappresentanze diplomatiche in Colombia, tra cui quella dell'Ambasciatore dell'Unione europea in loco, nonché della Relatrice speciale delle Nazioni unite sulle persone difensori dei diritti umani.
  Il 27 marzo Castañeda, direttore dei diritti umani del Ministero dell'interno, assieme ad altre entità del Governo nazionale, ha visitato il villaggio La Esperanza, dove è avvenuto il duplice omicidio, per sostenere un dialogo con la Comunità di pace. Come risultato dell'accordo, il Ministero dell'interno, assieme all'unità di implementazione dell'Accordo di pace, si è impegnato a istituire un tavolo interistituzionale per analizzare tutte le sentenze, le petizioni della Comunità e le situazioni di rischio, con l'obiettivo di pianificare azioni che possano garantire i diritti della Comunità di pace a permanere sul proprio territorio.
  La Commissione interamericana per i diritti umani è stata dal 15 al 19 aprile scorso in visita in Colombia, dialogando e ricevendo informazioni dalle altre autorità nazionali, regionali e municipali, nonché dai rappresentanti della società civile. La Commissione si è riunita anche con la Comunità di Pace di San José de Apartadó. Durante la conferenza stampa di fine visita, la Commissione sottolinea che la Comunità è protetta da misure cautelari, recentemente ampliate, emanate dalla Commissione per la situazione di violenza che soffre la Comunità. La Commissione trasmette la preoccupazione per la situazione di violenza sofferta dai membri della Comunità di pace ed esorta le autorità dello Stato a proteggere questa Comunità, che è vittima di gruppi armati che la stanno perseguitando. La Commissione interamericana trasmette che seguirà con attenzione l'adozione delle misure di protezione da parte dello Stato verso la Comunità di pace.
  Grazie per questo spazio, che vuole alzare l'attenzione non solo sulla drammatica situazione che vive la Comunità di Pace di San José de Apartadó, ma anche sulla Colombia intera, Paese che necessita dell'accompagnamento e del sostegno internazionale per il raggiungimento di una vera pace, basata sulla giustizia sociale e lo smantellamento dei gruppi paramilitari e di altri gruppi armati illegali.
  Riconosciamo e diamo risalto al grande e prezioso lavoro che realizza la Comunità Pag. 6di Pace di San José de Apartadó. È di fondamentale importanza che sia rispettato il suo diritto e che siano date le dovute garanzie per lo svolgimento delle proprie attività. Invitiamo le Istituzioni italiane a continuare a condannare le sistematiche violazioni dei diritti umani di cui è vittima la Comunità di pace e a risaltare l'esperienza di costruzione della pace e difesa dei diritti umani e del territorio che la Comunità da ventisette anni ha intrapreso. Un processo di resistenza pacifica alla guerra che, sebbene continui a costare vite umane, è emblema per il mondo intero di non-violenza attiva, soprattutto in questo tempo così oscuro a livello mondiale.
  Dalla loro sopravvivenza dipenderà anche la nostra. «Sapremo anche oggi trasformare tanto dolore in speranza»: sono state queste le parole pronunciate da uno dei leader della Comunità di pace pochi giorni dopo l'assassinio di Nallely e Edison. Non una parola d'odio. Senza sete di vendetta, la Comunità di pace chiama la comunità internazionale a sostenere la loro lotta in difesa dei diritti umani e dell'ambiente e perché sia fatta verità e giustizia.
  Come «Operazione Colomba», corpo non violento di pace dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, continueremo la nostra presenza al fianco della Comunità di Pace di San José de Apartadó. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, per questa relazione. Do la parola alla dottoressa Francesca Casafina, dell'Università Roma Tre.

  FRANCESCA CASAFINA, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Buongiorno a tutti. Mi unisco ai ringraziamenti all'onorevole Boldrini e a tutti i presenti per questo spazio così importante.
  In realtà, se è possibile, preferirei passare la parola alla collega, dottoressa Simona Fraudatario, perché ci siamo organizzate per permettere di dare un quadro il più possibile chiaro. Grazie.

  SIMONA FRAUDATARIO, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Grazie di nuovo. Silvia De Munari ha ricostruito lo scenario di rischio in cui si trova in questo momento la Comunità di Pace di San José de Apartadó. Io ho fatto parte di una delegazione internazionale, che è stata in Colombia proprio di recente, in coincidenza con i fatti di cui Silvia ha parlato, in particolare con il duplice omicidio di Nallely Sepúlveda e di Edison David. La delegazione internazionale era composta da diverse associazioni europee e anche da Istituzioni locali, tra cui, per esempio, la vicesindaca del comune di Narni, che da lungo tempo ha portato avanti come comune questo gemellaggio con la Comunità di pace di San José de Apartadò e aveva come obiettivo quello di continuare a garantire presenza sul territorio, attenzione internazionale e dialogo con le Istituzioni sia locali - quindi del territorio di Apartadó - sia del Governo centrale.
  Vorrei ricapitolare velocemente perché la Comunità di pace di San José de Apartadó deve essere considerata un caso emblematico. È un caso emblematico perché dimostra perfettamente la distanza tra il discorso di pace e la realtà. In secondo luogo, dimostra perfettamente quali sono i rischi e le modalità di riconfigurazione territoriale del conflitto.
  Come spiega la «Commissione della verità», i diversi gruppi della dissidenza, i gruppi armati e i gruppi illegali, tra cui paramilitari e gruppi di narcotrafficanti, hanno abbandonato l'aspirazione ad esercitare un controllo su scala nazionale e si stanno ripiegando su un tipo di controllo che si esercita su scala territoriale. La comunità lo esprime in maniera molto evidente.
  L'altro punto essenziale è proprio la dimostrazione di questo caso, ovvero quanto questo caso riesce a dimostrare lo scollamento che c'è tra la volontà istituzionale del Governo centrale e le resistenze delle Istituzioni locali.
  Abbiamo incontrato il sindaco di Apartadó, la Polizia di Urabá, la Brigata XVII dell'Ejército de Colombia e ci siamo rese conto, proprio nel corso di questi incontri, del livello di resistenza anche rispetto al Pag. 7riconoscimento della presenza paramilitare sul territorio e del ruolo che i paramilitari stanno esercitando in questo momento sul controllo della popolazione e delle organizzazioni contadine.
  Dall'altro lato, in ultimo, è un caso emblematico perché rappresenta ancora oggi uno scenario di pace possibile, un luogo di pace e un luogo di protezione ambientale ed è un muro etico contro lo sviluppo forzato, i tentativi di sviluppo forzato e di controllo territoriale.
  Vorrei invitare a considerare i diversi punti che come delegazione internazionale abbiamo concordato nella riunione facilitata dall'unità di implementazione dell'Accordo di pace, ovvero da parte di Gloria Cuartas, ex sindaca di Apartadó e in questo momento direttrice di questa unità, chiaramente una grande conoscitrice del contesto territoriale di cui stiamo parlando adesso.
  Lei ci ha aiutato ad organizzare una riunione e un tavolo di lavoro con diversi rappresentanti del Ministero e del Governo colombiano e li cito: erano presenti il Ministerio de minas y energía, il Ministero della difesa, il Ministero dell'interno, il Ministero dell'ambiente, i rappresentanti dell'Unità di restituzione delle terre, l'Agenzia nazionale delle terre, la Direzione dei diritti umani del Governo e l'ufficio delle Nazioni Unite di Bogotà. Con loro abbiamo costruito insieme i punti per una pacificazione territoriale e ve li elenco.
  Il primo punto dovrebbe essere – o almeno speriamo che sia – la chiarezza sulle concessioni minerarie, verificare se queste coincidono con i territori dichiarati di protezione ambientale e con i territori della Comunità di pace. Da un punto di vista di difesa, garantire un tipo di sicurezza che sia contro la logica della militarizzazione del territorio e che sia più nella logica di una sicurezza umana, di una protezione dei civili; dall'altro lato, cercare di verificare in che termini si spiega e si articola la presenza paramilitare nel territorio e anche le infiltrazioni nelle Istituzioni locali.
  Come ultimo punto, specifico per la Comunità di pace, formalizzare le terre della comunità, ovvero riconoscere i titoli di proprietà in maniera che la comunità possa contare su una protezione giuridica del proprio territorio.
  Abbiamo inoltre incontrato diverse Ambasciate dei Paesi europei – grazie al supporto e al coordinamento dell'Ambasciata austriaca – tra cui la Spagna, e ce n'erano veramente tante. Con loro abbiamo richiesto una maggiore presenza e anche una missione in loco da parte delle Ambasciate, una missione nel territorio della comunità, ed esse sono state assolutamente concordi rispetto a questa necessità, quindi di amplificare la voce anche della presenza internazionale.
  L'unico punto di criticità da parte nostra è stata, purtroppo, l'assenza dell'Ambasciata italiana, che io ho incontrato personalmente, ma che non ha voluto partecipare all'incontro coordinato dall'Ambasciatore austriaco, né tanto meno si è pronunciata, nonostante la nostra sollecitazione, contro il duplice omicidio di cui Silvia ha parlato.
  La nostra richiesta è anche quella di una partecipazione a una missione in loco da parte delle Istituzioni italiane e di appoggiare in questo modo i diversi punti che ho elencato - concordati con l'unità di implementazione dell'Accordo di pace e con gli altri Ministeri del Governo centrale - per la pacificazione territoriale dell'Urabá antioqueño e per la protezione della Comunità di pace di San José de Apartadò.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ci ha dato un'informazione sulla quale chiaramente noi chiederemo spiegazioni, perché non si capisce come mai non si possa esprimere condanna verso un duplice omicidio di questa portata e tanto più non partecipare – senza neanche un delegato, se l'Ambasciatore avesse avuto degli impegni – all'incontro con tutte le Ambasciate. Chiederemo spiegazioni su questo.
  Nell'ordine, che è stato cambiato, do la parola alla dottoressa Casafina, dell'Università di Roma Tre.

  FRANCESCA CASAFINA, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni Pag. 8XXIII. Di nuovo grazie all'onorevole Boldrini e a tutti presenti per questo spazio importante. Chiedo scusa per il cambio di ordine, però ci tenevamo, insieme alle colleghe, a dare un quadro il più possibile dettagliato – nei pochi minuti a nostra disposizione – dei motivi per cui siamo qui oggi a raccontarvi della Colombia. Ci tenevamo molto a parlarvi anche di un altro caso emblematico – se così possiamo definirlo – della violenza colombiana, che è quello della città-porto di Buenaventura, e ora spiegherò brevemente perché la chiamo «città-porto».
  Siamo ritornati sabato scorso da una missione in loco promossa dalla Fondazione RUT – di cui l'onorevole Giovanna Martelli attualmente è Segretaria – nella città di Buenaventura, che si trova nella regione del Pacifico colombiano. Abbiamo avuto molti incontri con il vescovo di Buenaventura, con varie associazioni e collettivi di donne del territorio.
  La città di Buenaventura è stata scelta dal Presidente Petro, e non a caso, come laboratorio del suo progetto di paz total in Colombia, perché Buenaventura si è configurata, perlomeno a partire dagli anni Novanta, come uno dei luoghi dove tutte le contraddizioni e le violenze che il conflitto armato ha promosso si sono espresse nella loro più inimmaginabile brutalità.
  Ci sono chiaramente varie ragioni, ma Buenaventura è il principale porto colombiano, è il principale porto d'imbarcazione delle merci colombiane, e credo non occorra aggiungere altro. È un territorio costantemente sotto il controllo di bande armate formate in gran parte anche da minori, sia ragazzi sia ragazze, che vengono reclutati per consentire il passaggio di merci attraverso i quartieri della città, perché queste possano giungere tranquillamente al porto ed essere imbarcate.
  Questo ovviamente crea nella città una situazione di violenza e di attacco permanente. Il vescovo di Buenaventura, con il quale abbiamo avuto il piacere e l'onore di riunirci il giorno prima di ripartire, ci ha raccontato di un progetto che lo vede attualmente impegnato di sottrazione di questi minori al reclutamento forzato da parte di queste bande armate, che al momento è uno dei problemi che affligge maggiormente la Colombia, che probabilmente non solo non è diminuito con la firma degli accordi, ma forse è anche peggiorato dopo la firma degli accordi.
  Il paramilitarismo – anche se non si chiama più «paramilitarismo», perché ufficialmente in Colombia non esiste più da anni dai primi anni Duemila – in realtà rivive, come hanno detto le mie colleghe, in altre forme e in altre maniere. Una di queste sono le cosiddette «BACRIM», cioè le bande armate molto attive nei territori, dove reclutano minori e sono alla base di una serie di reazioni a catena, di violenze che riguardano molto, purtroppo – rubo un minuto solamente per dire questo, però è importante –, le donne.
  Richiamo il tema di genere, che poi completerà la collega Gloria Mendiola, non solo per sottolineare il protagonismo delle donne nella promozione della pace prima, durante e dopo la firma degli Accordi nel 2016, ma mi arrischio a dire che, probabilmente, senza il lavoro capillare, coraggioso e ininterrotto di molti collettivi locali, regionali e nazionali in Colombia molto lavoro di denuncia, compreso quello della «Commissione della verità», probabilmente non sarebbe stato possibile. Prima che arrivassero le università e le Istituzioni c'erano questi collettivi, da sempre attivi sul territorio, a raccogliere informazioni sui vari dispositivi di violenza, primi fra tutti, purtroppo, quelli contro le donne, che vengono colpite – come nel caso della lideresa nella Comunità di pace di San José de Apartadó o come nel caso di Buenaventura – principalmente per il loro ruolo di difesa della terra, dei diritti umani, dei diritti sociali e delle loro comunità. Vengono colpite non in maniera casuale e non in maniera sadica, anche se molto spesso c'è anche questa componente qui, vengono colpite per uno scopo politico, c'è una strategia dietro.
  Vengono colpite perché molto spesso incarnano o rappresentano il senso di appartenenza comunitaria. Questo senso di appartenenza comunitaria, di legame con il territorio, è ciò che esattamente vogliono Pag. 9spezzare in Colombia, ciò che vogliono distruggere e ciò che è costantemente attaccato in Colombia dalle bande paramilitari. Questo purtroppo pone le donne – io parlo di donne, ma potrei dire ragazze, bambine o donne anche molto giovani – come obiettivi strategici per gli attori armati nei territori, in virtù proprio di questo loro protagonismo nel processo di pace prima e nell'implementazione degli accordi poi. San José de Apartadó e Buenaventura sono scenari strategici da questo punto di vista.
  Chiudo qui, ma ci tenevamo che fosse presente anche questo caso di Buenaventura, perché ci racconta molto di quello che sta accadendo in Colombia oggi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Do la parola alla dottoressa Gloria Mendiola Pontón, rappresentante dell'associazione di promozione sociale APS Migras.

  GLORIA MENDIOLA PONTÓN, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Grazie, onorevole Boldrini, per questo spazio e grazie all'onorevole Orlando per la mozione che ha depositato in favore della Colombia, in particolare sulla Comunità di pace San José de Apartadó. Già le colleghe hanno illustrato un contesto abbastanza completo. Io, però, da colombiana, vorrei chiedervi di non abbandonare la Colombia in questo momento.
  I colombiani che sono all'estero sono molto preoccupati. Attualmente siamo un milione di colombiani in esilio e abbiamo forse il bisogno e la necessità di ritornare. Di questo milione di persone il 52 per cento sono donne. Siamo veramente molto preoccupati pensando anche ad un possibile cambio di Governo, perché dopo questo lavoro che è stato fatto dalla «Commissione per la verità» in Colombia, per quattro anni, raccogliendo testimonianze intorno al mondo o ascoltando le storie dei colombiani in esilio – che poi sono quelli che raccontano in realtà la situazione del Paese – siamo tutti allo scoperto. Chi magari non aveva mai reso una testimonianza oppure rimaneva nascosto per le condizioni di pericolo o di sicurezza, adesso è scoperto e ben in vista. Quindi, siamo molto preoccupati non solo per tutte le cose che continuano ad accadere, come avete ben ascoltato, ma perché questo Accordo di pace non è stato implementato – se non per il 30 per cento, forse anche meno – e per queste negoziazioni che non ci danno molta speranza.
  A nome dei colombiani vorrei ringraziare sempre tutte le organizzazioni italiane che sono presenti con noi, così come altre organizzazioni internazionali.
  Vorrei chiedervi per favore di mantenere l'attenzione sulla Colombia. Tutto qua. Grazie infinite.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Certamente faremo la nostra parte.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA ORLANDO. Vorrei fare una domanda brevissima per capire un elemento di contesto in più rispetto alle cose che sono state dette e per le quali ringrazio. Vorrei capire qual è la matrice dei gruppi paramilitari che insistono nella regione interessata e se hanno in qualche modo relazioni con le forze politiche rappresentate a livello parlamentare. Sono interessato a capire questo aspetto anche per comprendere come si relazionano con il processo di paz total che è stato promosso e qual è stata la loro posizione rispetto a questo processo che è rivolto, per quello che ho capito, a trecentosessanta gradi, che ha proposto un coinvolgimento di tutte le parti che erano state prodotte dalla diaspora dei gruppi militari e paramilitari della guerriglia tradizionale.

  PRESIDENTE. Anche io vorrei avere qualche delucidazione in più rispetto al fatto che se l'Accordo di pace è implementato solo al 30 per cento, vuol dire che ci sono anche molti rischi che questo Accordo di pace naufraghi. Vorrei avere qualche informazione su quali sono i territori più ostili all'Accordo di pace, quelli dove i gruppi paramilitari, anche se ufficialmente non ci sono più, sono più presenti. Vorrei Pag. 10sapere chi c'è dietro, chi finanzia questi gruppi, come arrivano le armi.
  Dopo quello che è successo a Buenaventura - che ci avete raccontato - è chiaro che c'è un arrivo di merci, di armi, di sostegno economico. Vorrei sapere se voi avete informazioni rispetto a chi c'è dietro e come si può anche dare una mano al processo di pace. Chi è l'interlocutore che potrebbe dare nuovo slancio al processo di pace a livello internazionale?
  Grazie. Do la parola alle nostre ospiti per la replica.

  SIMONA FRAUDATARIO, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Comincio a fornire qualche risposta e poi le mie colleghe possono completare.
  Nel territorio in questione – stiamo parlando della regione Antioquia – Apartadó è un comune di una regione più grande che si chiama Antioquia San José de Apartadó.
  La comunità di San José de Apartadó è una piccola frazione del comune di Apartadó di cui fanno parte trentadue località, ma questa è una questione più localistica. La cosa molto importante da comprendere è che Antioquia fa parte di una regione molto più estesa, che si chiama Grande Urabá, che è stata tradizionalmente occupata dalla presenza paramilitare.
  I paramilitari si consolidano e nascono negli anni Novanta, proprio nel momento in cui si consolida la Brigata XVII dell'Esercito. Grazie, o a causa, della visione dell'ex presidente Uribe, che a quell'epoca era governatore di Antioquia, si consolida un progetto di controllo territoriale su base paramilitare, d'accordo con le Istituzioni locali e soprattutto con l'esercito. Questo è un tipo di relazione, di convivenza, di sistema che si è mantenuto nel tempo, che si è riarticolato, come spiegava perfettamente la mia collega, perché c'è stato anche un processo di smobilitazione del paramilitarismo, però la logica di controllo territoriale è la stessa. Chi sono i gruppi? Come si chiamano in questo momento nel territorio di Antioquia? Hanno prevalentemente due nomi e sono quelli dichiarati dalla Defensoría del Pueblo negli ultimi rapporti: sono l'Autodefensas Gaitanistas de Colombia e il Clan del Golfo. Come si differenziano è di difficile comprensione, nel senso che l'Autodefensas Gaitanistas de Colombia raggruppa oggi sia ex paramilitari o ex membri del vecchio paramilitarismo e anche la dissidenza delle FARC. Questo spiega anche la loro grande capacità di penetrare le organizzazioni locali, o meglio le organizzazioni contadine, perché una delle cose che spiegava perfettamente Silvia è la grande capacità di questi gruppi di riuscire ad interferire nelle decisioni delle organizzazioni e dei movimenti sociali.
  Il controllo territoriale si esercita, quindi, non solo rispetto alle infiltrazioni di tipo storico e già consolidate delle Istituzioni locali, ma anche, purtroppo, rispetto alla capacità di infiltrare le organizzazioni e i movimenti contadini e di metterli l'uno contro l'altro. Chi finanzia? È una grande domanda, importantissima, di difficile risposta. È chiaro che se facciamo riferimento agli studi e anche a quanto ha documentato la «Commissione verità», il principale motore finanziario è quello del narcotraffico ed è quello della minería ilegal, ovvero progetti di sfruttamento territoriale che agiscono su scala illegale e che contribuiscono a finanziare tutti questi gruppi che stanno esercitando controllo territoriale in diverse parti della Colombia. Abbiamo parlato dell'Urabá, abbiamo parlato di Antioquia, del Chocò, di Córdoba, ma c'è anche il Cauca, Nariño, Caquetá - dove ha perso la vita Mario Paciolla -, la stessa Guajira, Arauca eccetera. Sono tutti i territori dove si esercita ancora, con dinamiche anche diverse tra di loro, questa forma di frammentazione del conflitto in questo momento in Colombia. Non so se ho risposto a tutto o se c'erano altre domande.

  FRANCESCA CASAFINA, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Se posso, vorrei aggiungere rapidamente a quanto già detto dalla mia collega che per quanto riguarda il tema del paramilitarismo di fatto esso, come dicevamo, non esiste più formalmente dai primi anni Duemila.Pag. 11
  Purtroppo, quando si guarda al conflitto colombiano – che è stato un molto lungo, durato più di mezzo secolo – è un conflitto molto marcato territorialmente. Questo, ovviamente, ha portato al consolidamento di gruppi di potere territoriali molto forti, che non è facile spazzare via semplicemente firmando degli accordi di pace a livello nazionale.
  Oltretutto, è un conflitto che ha visto una profonda degradazione nella violenza, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, in virtù del narcotraffico come elemento di novità all'interno della violenza colombiana ed è un conflitto contrassegnato da profonde zone grigie. Non è sempre semplice distinguere chi sono i paramilitari, chi sono le BACRIM, qual è il Clan del Golfo perché, purtroppo, ad esempio, ci è stato raccontato da diversi attori e attrici locali con i quali abbiamo parlato e sui quali ovviamente mantengo l'anonimato, che molti esponenti di gruppi dissidenti delle FARC sono entrati a far parte delle bande armate.
  Non è sempre facile avere una distinzione netta sulle appartenenze ai paramilitari piuttosto che alle bande armate. C'è un'enorme zona grigia di violenza dove l'elemento determinante e scatenante della violenza è quello che diceva la mia collega, di controllo armato del territorio. Tutto è fatto affinché venga garantito il controllo armato del territorio per proteggere la miniera illegale, per fare in modo che le merci vengano esportate dal porto di Buenaventura, solo per rimanere ai due casi che abbiamo che abbiamo presentato di San José e della città-porto di Buenaventura, che non a caso è stata così chiamata da un importante rapporto pubblicato nel 2018 dal titolo emblematico «Buenaventura: un porto senza comunità», perché la comunità non fu assolutamente interpellata quando venne deciso di privatizzare il porto dando inizio a questa escalation di violenza che a tutt'oggi, purtroppo, ancora non è cessata.

  PRESIDENTE. Grazie. A livello internazionale c'è una mobilitazione, un interesse particolare per evitare che naufraghi il processo di pace?
  C'è, secondo voi, da quello che avete potuto evidenziare, un'attenzione internazionale, almeno nella regione, affinché si riesca ad arginare questa deriva di controllo territoriale? Se passa tutto come qualcosa di fisiologico al sistema colombiano, si rischia che poi si arrivi troppo tardi. C'è la dovuta attenzione, secondo voi?

  SIMONA FRAUDATARIO, rappresentante dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Il problema è proprio questo. A livello internazionale l'attenzione è radicalmente calata, già nella fase immediatamente successiva alla firma dell'Accordo, che è stato considerato un punto di arrivo e quindi quasi la soluzione dei problemi colombiani, che si sono rivolti ad una esclusiva gestione interna dell'implementazione, quando invece l'implementazione ha bisogno di un accompagnamento e di un monitoraggio anche internazionale.
  Quello che io personalmente ho verificato, perché oltre alla missione realizzata nella comunità di San José de Apartadó ho avuto la possibilità di parlare con tutta una serie di attori sociali che si muovono sul territorio colombiano e anche con rappresentanti che hanno lavorato per la «Commissione verità», c'è un tentativo da parte delle forze, anche politiche, più conservatrici della Colombia di distogliere l'attenzione internazionale, anche delle Istituzioni che sono state per lungo tempo a fianco della Colombia e dei movimenti sociali.
  Cito un'Istituzione come esempio rappresentativo: la Commissione e la Corte interamericana dei diritti umani, che hanno lavorato per lungo tempo sulle responsabilità statali dello Stato nelle violazioni dei diritti umani. Negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi da parte delle Istituzioni stesse di invitare la Commissione e la Corte interamericana a distogliere l'attenzione dalla Colombia e a dedicarsi su altri casi anche a livello latinoamericano.
  Una questione sicuramente che è stata particolarmente grave come segnale internazionale è la comunicazione della Corte penale internazionale – comunicazione tra l'altro recente, che anche la Fondazione Basso ha ricevuto – di aver chiuso il caso colombiano: pace avvenuta, pace firmata, Pag. 12pace negoziata. La Corte penale internazionale non ha più nessun tipo di interesse a continuare a monitorare la situazione, perché il caso era uno dei casi aperti dal procuratore della Corte penale ed è stato sotto l'attenzione della Corte penale internazionale per lungo tempo.
  Questi sono tutti elementi che chiaramente contribuiscono ad allentare l'attenzione sulla Colombia anche da parte di istituzioni e di realtà che sono state per lungo tempo accanto alla Colombia e che hanno seguito, in particolare, tutta la fase dei negoziati.
  Il nostro tentativo è quello di richiamare l'attenzione sulla Colombia per riattivare quantomeno questa forma di attenzione delle Istituzioni internazionali affinché la fase dell'implementazione degli accordi possa avere un monitoraggio.
  Vorrei aggiungere una cosa sulla situazione dei diversi negoziati: è vero che Petro ha proposto un progetto di paz total che prevedeva un approccio olistico, ovvero coordinato tra i diversi attori armati, tra le dissidenze e gli attori illegali, ma il problema è assolutamente interno, perché i primi ostacoli sono stati verificati e si sono manifestati da parte della Corte costituzionale e da parte del Congresso, che ha obbligato Petro a frammentare i negoziati. Questo, chiaramente, implica ostacoli maggiori per poter raggiungere negoziati anche con tutti gli altri attori in causa.

  PRESIDENTE. Grazie. Penso che noi dobbiamo chiudere questa audizione con degli impegni. Qui abbiamo anche il presidente Tremonti, l'onorevole Orlando che ha presentato la mozione e il capogruppo del PD Amendola. Penso che la cosa più ovvia da fare sia calendarizzare questa mozione, se il presidente lo riterrà, perché credo che si debba procedere, vista la situazione assolutamente drammatica e molto pericolosa per il Paese, ma anche per la stabilità regionale.
  Da parte nostra, ci impegniamo a portare avanti la mozione. Valuteremo poi in Ufficio di presidenza l'ipotesi di fare una visita per dare anche la nostra voce a servizio del processo di pace. Credo che si debba anche sollevare questa situazione a livello europeo, perché l'attenzione è calata e questo va a tutto vantaggio, chiaramente, della disgregazione del processo di pace.
  Possiamo parlare anche con i nostri colleghi al Parlamento europeo per vedere se anche al Parlamento europeo c'è la possibilità di trattare il tema. Sapete bene che adesso siamo in fase di campagna elettorale, ma riproporremo la questione al Parlamento europeo non appena riprenderà a pieno, nella nuova legislatura, la propria funzione.
  Vi ringrazio. Ci terremo aggiornati.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.40.