XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 40 di Lunedì 22 aprile 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Leonardi Elena , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, in videoconferenza:
Leonardi Elena , Presidente ... 3 
Di Bella Roberto , Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 4 
Leonardi Elena , Presidente ... 12 
Di Bella Roberto , Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 14 
Leonardi Elena , Presidente ... 16 
Bilotti Anna  ... 17 
Di Bella Roberto , Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania ... 17 
Leonardi Elena , Presidente ... 18 

Audizione del Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute, Massimo Lasalvia:
Leonardi Elena , Presidente ... 19 
Lasalvia Massimo , Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute ... 20 
Leonardi Elena , Presidente ... 33 
Lasalvia Massimo , Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute ... 34 
Leonardi Elena , Presidente ... 35 

Audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Giuseppe Zuccaro:
Leonardi Elena , Presidente ... 35 
Zuccaro Giuseppe , Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 36 
Leonardi Elena , Presidente ... 44 
Zuccaro Giuseppe , Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 44 
Leonardi Elena , Presidente ... 45 

Audizione del Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia, Maria Rosaria Covelli, e Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione, Giuseppina Casella:
Leonardi Elena , Presidente ... 46 
Covelli Maria Rosaria , Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia ... 47 
Leonardi Elena , Presidente ... 59 
Casella Giuseppina , Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione ... 59 
Leonardi Elena , Presidente ... 70 
Semenzato Martina (NM(N-C-U-I)-M)  ... 70 
Leonardi Elena , Presidente ... 71 
Casella Giuseppina , Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione ... 71 
Semenzato Martina (NM(N-C-U-I)-M)  ... 73 
Casella Giuseppina , Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione ... 73 
Covelli Maria Rosaria , Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia ... 74 
Semenzato Martina (NM(N-C-U-I)-M)  ... 76 
Covelli Maria Rosaria , Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia ... 77 
Casella Giuseppina , Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione ... 78 
Leonardi Elena , Presidente ... 79

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ELENA LEONARDI

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, in videoconferenza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, in videoconferenza, che saluto.
  A nome di tutti i commissari e le commissarie do il benvenuto al dottor Di Bella, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei collegati, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  L'audizione odierna è da inquadrare nel ciclo di audizioni dedicato al filone d'inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, lettera n) della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della CommissionePag. 4 parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Nel rinnovare il ringraziamento al dottor Di Bella, gli cedo la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  ROBERTO DI BELLA, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Buon pomeriggio a tutti voi. Vi ringrazio per l'invito e per questo momento importante di confronto.
  È un tema che coinvolge pienamente gli uffici giudiziari minorili del Mezzogiorno d'Italia e non solo, in particolare quello di Catania. È un problema che ha una radice culturale ancor prima che criminale. Vorrei partire dagli interventi di prevenzione per poi arrivare agli aspetti patologici che richiedono l'intervento dell'autorità giudiziaria minorile e ordinaria.
  Il nostro Paese sconta ormai un importante gap culturale. C'è una visione culturale della donna in tante aree del nostro Paese che la pone in condizione di subalternità rispetto all'uomo ed è questo che sta alla base di tutti i fenomeni di violenza di genere. Credo che sia necessario ripartire dall'inizio, cioè dalle scuole, dalla formazione dei bambini e degli adolescenti.
  È vero che è stato fatto molto dal punto di vista legislativo, però non si può lasciare un tema fondamentale come quello dell'educazione alla sessualità, al rispetto del genere, al rispetto delle diversità alle iniziative spot dei dirigenti, ma occorrono dei programmi strutturati, io direi proprio a partire dall'età prescolare, così come avviene nel nord Europa. Io credo che sia importante importare i format di programmi del Nord Europa dove la violenza di genere, se esiste, quando esiste, è legata ad altri problemi, per esempio, all'uso di alcol anziché a un problema culturale.
  Si deve ripartire dalle scuole con dei programmi che debbono essere elaborati da psicologi dell'età evolutiva. Bisogna Pag. 5coinvolgere le ASP nei singoli territori, ma soprattutto ci devono essere dei format studiati e io credo calati anche dall'alto, perché lasciare a iniziative individuali temi così delicati, cruciali, finora non ha prodotto grandi risultati.
  Questo è un primo aspetto che credo sia fondamentale.
  È necessario, inoltre, prevedere la presenza di psicologi nelle scuole, degli sportelli di psicologia. Alle nostre latitudini, purtroppo, sono situazioni molto rare. Mi riferisco a uno psicologo che sia in grado di aiutare gli insegnanti innanzitutto, ma che sia in grado di intercettare i disagi dei ragazzi a fini preventivi.
  Credo che ogni scuola dovrebbe avere uno sportello psicologico, che potrebbe essere di grande ausilio. A Catania siamo riusciti a realizzare, su iniziativa del nostro tribunale, ma grazie alla disponibilità delle ASP, delle équipe multidisciplinari, formate da specialisti delle ASP, che vanno a integrarsi con il servizio sociale dell'ente locale e sono delle strutture che si muovono al servizio esclusivo dell'autorità giudiziaria. Questa è una metodologia d'intervento, di lavoro che sta producendo enormi risultati.
  La ASP di Catania ha assunto ventidue persone per sei équipe sanitarie (assistenti sociali, neuropsichiatri e psicologi) che lavorano al servizio esclusivo dell'autorità giudiziaria. Questo ci consente di avere informazioni importanti ai fini dei nostri provvedimenti, ma anche di poter calibrare i provvedimenti sulle esigenze specifiche dei minori, che sono sex offender, ma anche dei minori che sono vittime di violenza assistita, tema purtroppo quotidianamente ricorrente nelle aule dei nostri tribunali.
  Con le équipe multidisciplinari dell'ASP abbiamo elaborato anche dei progetti di sostegno alla genitorialità che stanno funzionando abbastanza bene. Questo è un metodo di lavoro che in questo momento è lasciato alla sensibilità e alla disponibilitàPag. 6 dei dirigenti delle ASP o dei singoli tribunali che lo propongono, ma potrebbe benissimo diventare oggetto di una previsione normativa.
  Si tratta di équipe multidisciplinari che realizzano l'integrazione sociosanitaria al servizio dell'autorità giudiziaria occupandosi di minori e famiglia, ma io penso anche di questioni penali, e al servizio delle scuole. So che la Regione Siciliana sta valutando la possibilità di cristallizzare in norma con una legge questa esperienza virtuosa che abbiamo realizzato a Catania.
  Un altro aspetto fondamentale, soprattutto per le zone del Mezzogiorno d'Italia, è quello del tempo pieno. Purtroppo da Roma in giù il tempo pieno nelle scuole è un miraggio. Aprire le scuole il pomeriggio per fare delle attività finalizzate anche alla formazione della personalità, al rispetto del genere, coinvolgendo in questa attività le associazioni del settore, sarebbe auspicabile. Ci sono tante associazioni disponibili a rendere un servizio.
  Per quel che riguarda l'aspetto strettamente giudiziario, dal punto di vista penale, se ci sono dei minori che commettono reati di stalking e di violenza noi interveniamo con tutte le misure di carattere penale. Prevalentemente abbiamo minori che sono vittime di violenza di genere e vittime di violenza assistita in ambito familiare. In questi casi noi interveniamo con i nostri provvedimenti tradizionali, che sono quelli sulla responsabilità genitoriale, in certi casi disponendo la decadenza dalla responsabilità del genitore maltrattante o addirittura in alcuni casi l'allontanamento dalla casa familiare. In altre situazioni, invece, collochiamo i bambini, assieme alle mamme, in comunità protette e ci agganciamo con dei protocolli specifici a dei centri antiviolenza.
  Certamente l'allontanamento dell'intero nucleo familiare e l'inserimento in comunità è una misura a volte necessaria, ma Pag. 7traumatica. Comunque, non può essere una soluzione di lungo periodo perché è chiaro che non funzionerebbe. Bisogna pensare molto bene a questo e vedere come muoversi. Le persone che sono costrette ad andare via non possono stare troppo a lungo in una comunità, hanno bisogno di un alloggio, spesso sono donne che non hanno un lavoro, quindi di formazione professionale e inserimento nel mondo del lavoro.
  Questo è un tema molto delicato, perché proprio la dipendenza economica a volte costringe queste donne a ritornare dai mariti o dai compagni aguzzini. Se non raggiungono in tempi relativamente brevi una loro autonomia e non sono sostenute, non soltanto dal punto di vista psicologico, ma anche economico, lavorativo, relazionale e logistico, diventa molto difficile restare a lungo in una struttura comunitaria.
  La soluzione migliore è certamente quella dell'allontanamento del coniuge maltrattante dalla casa familiare. Noi lo stiamo facendo. Adesso, con la riforma Cartabia, gli ordini di protezione sono stati estesi anche all'autorità giudiziaria minorile e abbiamo iniziato a muoverci in questo senso.
  Dal punto di vista penale, potrebbe essere molto importante non dico rendere obbligatorio, ma comunque dare un carattere di priorità ad alcune misure come, ad esempio, il divieto di dimora nel comune in cui risiede il coniuge o il compagno maltrattato, con un braccialetto elettronico. Questa è la misura prevista dal sistema, però non sempre viene applicata.
  Un intervento legislativo che punti in questa direzione potrebbe eventualmente essere di ausilio. Noi abbiamo dei protocolli specifici sia con la Procura per i minorenni, sia con la Procura ordinaria, per cui ci sono denunce per stalking, maltrattamenti e violenza di genere. Quando si attiva il cosiddetto «Codice rosso» noi interveniamo parallelamente con i provvedimenti civili. Questo è un raccordo, esistente grazie all'articolo Pag. 8609-decies del codice penale e in virtù anche di protocolli attuativi specifici, che sta funzionando molto bene. Abbiamo fatto interventi anche contestualmente alle misure penali.
  Un altro tema che a me sta particolarmente a cuore, che non sempre emerge nel dibattito politico pubblico, è quello della violenza di genere nei contesti di criminalità organizzata. Io ho lavorato per tanti anni al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, da quattro anni sono qui a Catania e quello che ho visto in tutti questi anni, in quasi trent'anni di esperienza nel settore, è che la violenza di genere è un comune denominatore dei contesti di criminalità organizzata.
  In Calabria noi giudici minorili – è accaduto anche a Catania – abbiamo assistito con orrore, ad esempio, al coinvolgimento di adolescenti nell'omicidio o nel tentativo di omicidio delle loro madri. Cosa avevano fatto queste donne? Avevano osato separarsi oppure intrattenere relazioni extraconiugali quando i mariti erano in carcere o latitanti.
  Voi sapete che secondo il codice mafioso il disonore deve essere levato all'interno della famiglia e così i familiari irresponsabili hanno spinto questi ragazzi adolescenti, poco più che bambini, a compiere questi gesti terribili. Abbiamo assistito anche a donne uccise dai loro stessi mariti perché avevano osato ribellarsi al diktat culturale. Questo è un tema molto insidioso, che è comune.
  Alcune di queste donne nei contesti di mafia, che decidono di ribellarsi, non hanno apporti tali da consentire il loro inserimento nei programmi di protezione, perché puoi entrare nei programmi di protezione soltanto se denunci crimini mafiosi e di una certa rilevanza. Ci sono una serie di requisiti molto stringenti. Queste donne spesso non hanno apporti collaborativi, ma vogliono ugualmente allontanarsi da quel contesto, da quella prigionia fisica, ma soprattutto culturale.Pag. 9
  Per ovviare a un vuoto di tutela, a una lacuna del sistema, da Reggio Calabria, ma anche adesso da Catania, ci siamo rivolti all'associazione Libera di Don Ciotti e con loro abbiamo costruito una rete di accoglienza sull'intero territorio nazionale, che è diventata presto un progetto governativo, «Liberi di scegliere». Lo abbiamo chiamato così in maniera evocativa.
  Pensate che da quando abbiamo iniziato, prima in Calabria e adesso a Catania, più di trenta donne hanno deciso di andare via da contesti di mafia per loro stesse, stanche dei soprusi, delle sopraffazioni, ma anche per i loro figli, per sottrarli a un destino talvolta ineluttabile.
  Questa rete governativa si è consacrata in alcuni protocolli. L'ultimo lo abbiamo rinnovato proprio il 26 marzo ultimo scorso, alla presenza di cinque ministri: Giustizia, Interno, Pari opportunità, Istruzione e Università.
  È un protocollo che viene finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana con i fondi dell'8 per mille e adesso anche con fondi ministeriali. Questa rete di accoglienza sta alimentando speranze laddove sembrava che non potessero esservi, perché, grazie all'aiuto della CEI, di Libera e degli apparati governativi, consentiamo alle donne che vogliono andare via di trovare un appartamento, di trovare una inclusione lavorativa, sociale.
  Questa è un'esperienza che veramente sta aiutando moltissimi bambini, moltissime donne, ma nel contempo sta arrecando un colpo importante alle organizzazioni criminali, che sulla famiglia fondano la loro credibilità, la loro forza, il loro mito.
  Attualmente in Commissione parlamentare antimafia, a Palazzo San Macuto, il presidente Colosimo ha istituito un Comitato minori, che ha il compito di redigere un testo di legge per cristallizzare, in maniera definitiva, le prassi del progetto «Liberi di scegliere». Questo è un aspetto molto importante. Pag. 10Tra le idee che sono emerse vi è anche quella di garantire, per le donne che vogliono andare via da quei contesti, un assegno di inclusione fino a quando non raggiungono una loro autonomia economica, lavorativa, esistenziale.
  Questo vale per la violenza di genere nei contesti di mafia, ma potrebbe essere uno strumento utile anche per un respiro un po' più ampio, che non sia quello della criminalità organizzata.
  Ho parlato della formazione professionale. Anche questo è un aspetto importante. Molte di queste donne dipendono economicamente, culturalmente e psicologicamente dai mariti aguzzini maltrattanti. È importante, quindi, aiutarle a renderle autonome, sostenerle dal punto di vista psicologico, ma anche consentire loro l'ingresso nel mondo del lavoro.
  Per quel che riguarda i circuiti comunicativi degli uffici giudiziari, che è un tema molto importante, l'articolo 7 della legge Caivano ci consente, nei contesti di mafia, di intervenire contestualmente alle indagini. È una norma molto rilevante, perché in questo modo possiamo evitare che determinate situazioni di maltrattamento e di vessazioni a danno dei minori, ma anche a danno delle mamme di questi minori, possano arrivare a situazioni estreme.
  Grazie a questa normativa, che enuclea l'esperienza reggina e catanese, quando durante le indagini di mafia o di narcotraffico emergono situazioni di pregiudizio per i minori si attiva questo circuito comunicativo che consente agli uffici giudiziari di intervenire tempestivamente a tutela dei bambini, degli adolescenti e quindi anche delle loro madri.
  Un altro aspetto importante è la formazione specifica di tutti gli operatori, sia di quelli sociali e sanitari, ma anche dei magistrati che si occupano del tema.Pag. 11
  Dal punto di vista processuale, un altro aspetto che potrebbe essere oggetto di un intervento legislativo è quello della necessità di prevedere delle audizioni congiunte o degli incidenti probatori congiunti ad esempio di minori vittime di questo tipo di reato o di donne vittime di questo tipo di reati quando sono commessi da minorenni in concorso con maggiorenni.
  C'è un orientamento giurisprudenziale recente che è stato attivato proprio grazie al protocollo che abbiamo siglato a Reggio Calabria. Sia a Reggio Calabria che a Catania quando bisogna sentire minorenni vittime di questo tipo di reati e gli autori indagati sono maggiorenni e minorenni, si fa in modo di celebrare l'incidente probatorio e l'audizione in un unico contesto con la presenza del GIP ordinario, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario, e, contestualmente, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni.
  La necessità di concentrare in un'unica udienza questo tipo di attività è fondamentale per evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria, perché per queste donne sostenere il peso di una testimonianza ed essere costrette a ripeterla più volte può essere molto traumatico.
  Questo è un aspetto che ha già avuto di recente una consacrazione da parte della Corte di Cassazione, ma per renderlo omogeneo e strutturale servirebbe un impianto normativo.
  Un ultimo aspetto, anche questo molto importante e delicato, è quello legato alla società multietnica. Ormai abbiamo moltissimi migranti, abbiamo molte famiglie straniere che vivono in Italia e spesso hanno dei credi religiosi diversi dal nostro. Mi rendo conto che è un tema molto delicato. Ci sono alcune culture che vedono la donna in condizione di subalternità. Questo è nella realtà oggettiva dei fatti.Pag. 12
  Cosa fare in questi casi? Alcune vicende di carattere penale, anche note, che sono balzate agli onori delle cronache, sono nate in questi contesti: la ragazza che rifiuta di usare il velo, che rifiuta di sottostare al diktat del padre nella scelta del fidanzato o del marito. Abbiano avuto anche episodi di violenze sessuali che sono partite da una condizione di pregiudizio, di handicap culturale.
  Credo sia molto importante che, ad esempio, le ASP si dotino di psicologi o psichiatri transculturali, che siano in grado, sia nelle scuole, ma anche nella relazione con l'autorità giudiziaria, di fornire ausilio a chi proviene da Paesi con strutture diverse dalla nostra, di poterli avvicinare, di poterli sostenere e aiutare a elaborare una serie di situazioni legate al nuovo contesto.
  Il tema della sensibilizzazione della formazione credo sia molto importante. Abbiamo anche molti minori stranieri non accompagnati che stanno nelle strutture del sistema SAI comunitario. A Catania abbiamo siglato un protocollo con la Comunità Islamica di Sicilia e quindi mandiamo un Imam che si è formato qui da noi, che è laureato in scienze politiche, a fornire l'assistenza spirituale nelle comunità in cui ci sono i ragazzi migranti. Questo serve molto, non soltanto per fornire assistenza spirituale a questi sfortunati ragazzi, ma anche per provare a sensibilizzarli sui temi della parità di genere e altro.
  È un'attività che abbiamo iniziato da poco, ma sulla quale puntiamo moltissimo. Anche questo è un tema che potrebbe essere approfondito dalla vostra Commissione.
  Mi fermerei qui. Se ci sono delle domande, sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Prima di dare la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, inizio io ponendo due temi veloci. La ringrazio, perché è stato veramente molto Pag. 13interessante, anche per i contributi specifici che ha portato dall'esperienza siciliana.
  Mi ha colpito la questione delle donne, delle mogli che vogliono uscire dal contesto di criminalità organizzata, perché ormai non ci stupiamo più di vedere, invece, alcuni contesti in cui sono le donne che magari prendono le redini di alcune situazioni quando i mariti sono in carcere. Qui, invece, abbiamo una rete che si è costruita intorno a chi vuole lasciare quel mondo, che sicuramente è stato di sopraffazione. Mi ha interessato molto questa parentesi, anche abbastanza particolare.
  Tornando alla questione legata ai minori, volevo capire se, in base all'esperienza del tribunale, con riguardo ai ragazzi che si trovano in situazioni di violenza nei confronti delle donne – aveva citato i sex offender –, emerge una condizione di familiarità, cioè una condizione nella quale hanno assunto questo comportamento all'interno di un contesto violento nel quale vivono o se magari si tratta di una questione legata, ad esempio, al branco. È un tema che abbiamo visto, purtroppo, spesso sulle cronache. Vorremmo capire se avete dei dati rispetto a questo tipo di fenomeno.
  In merito alla normativa, ci arrivano spesso segnalazioni rispetto al fatto che i minori sono, di fatto, vittime della violenza assistita o diretta che i coniugi fanno o comunque i padri fanno nei confronti delle madri. A volte, però, troviamo una difficoltà quando, ad esempio, il padre vuole esercitare la propria potestà genitoriale e il tribunale non dialoga nel caso di procedimenti diversi. Magari abbiamo il maltrattante condannato nei confronti della madre per violenza e poi si chiede di esercitare la potestà genitoriale costringendo le donne a fare delle udienze insieme o delle visite dallo psicologo, come se questo dialogo fra procedimenti non ci fosse e, di fatto, il minore non fosse, in Pag. 14entrambi i casi, vittima anche nella situazione di violenza psicologica o fisica che ha colpito la madre.
  Su questo ci è stata sollecitata un'attenzione particolare. Le chiedo se ci sono delle considerazioni che vuole condividere con noi. Non so se sono arrivate richieste di intervento da altri commissari. Non mi sembra.
  Non essendoci altre domande, do la parola al nostro ospite per la replica.

  ROBERTO DI BELLA, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. È chiaro che la prospettiva di un Tribunale per i minorenni in sede civile è un po' diversa da quella penale.
  Quella penale cristallizza un certo tipo di situazione, noi guardiamo anche il divenire. Io ho portato l'esperienza catanese. Noi abbiamo una stretta interlocuzione con le Procure ordinarie. Acquisiamo sempre le ordinanze e i provvedimenti. Addirittura a volte interveniamo contestualmente all'esecuzione delle misure cautelari e teniamo in grande considerazione gli esiti delle vicende penali. Anzi, vengono utilizzati proprio per motivare i nostri provvedimenti. Questo è un rischio, quantomeno qui, molto contenuto. Credo che la relazione tra autorità giudiziarie che hanno finalità diverse, ma complementari, sia fondamentale.
  Questo può essere realizzato attraverso dei protocolli, ma certamente la legislazione su questo aspetto può ancora essere più incisiva. Sono stati fatti tanti passi avanti, ma si può sempre migliorare.
  Per quanto riguarda la violenza sulle donne, a volte il branco ha un effetto condizionante anche su ragazzi di buona famiglia. Abbiamo avuto esempi di violenza, di atti di bullismo realizzati in ambito di chat, anche da parte di ragazzi della borghesia catanese. Il branco può avere una sua influenza su chi è più debole. Anche qui spesso è mancata un'adeguata educazione Pag. 15scolastica, un'adeguata formazione su questi temi. Molti ragazzi non sanno neanche che alcune parole, alcuni atteggiamenti possono integrare un reato, possono creare nelle vittime delle condizioni di forte turbamento psicologico.
  Noi chiaramente interveniamo con le misure di carattere penale o civile, ma bisognerebbe fare una prevenzione prima. Dobbiamo impedire che si arrivi agli interventi di prevenzione secondaria, che sono quelli nella disponibilità dei tribunali.
  In molte situazioni, purtroppo, la violenza di genere è un problema culturale che si eredita in famiglia. Magari i ragazzi hanno visto i genitori comportarsi in una determinata maniera e quindi assorbono un certo tipo di cultura.
  A Catania, ad esempio, c'è un fenomeno che è terribile, che stiamo cercando di contrastare in tutti i modi. Ci sono moltissime ragazzine nei quartieri degradati che hanno bambini a 14-15 anni, non vanno a scuola, non lavorano e sono succubi anche dal punto di vista economico dei loro compagni. Anche lì ci sono episodi di violenza fisica o psicologica molto importanti. A queste ragazze viene vietato di andare a scuola, viene vietata la possibilità di lavorare, ma quello è un problema culturale che va contrastato con interventi specifici, e noi lo facciamo, ma anche con interventi di prevenzione della dispersione scolastica, che è un tema che nel Mezzogiorno d'Italia purtroppo è molto ricorrente.
  Stiamo cercando di riportare in tutti i modi i bambini e gli adolescenti a scuola. A Catania, secondo una recente indagine ISTAT, Openpolis, abbiamo una dispersione scolastica al 25,2 per cento. Questo significa che in certi quartieri un ragazzo su quattro non va a scuola. Ecco che lì si creano le condizioni che poi portano agli episodi di violenza, violenza di genere e di devianza in generale.Pag. 16
  Per quel che riguarda l'aspetto dell'attività organizzata, ripeto, abbiamo questo protocollo molto importante. Io spero che possa presto diventare legge. Più di trenta donne sono andate via dalla Calabria e dalla Sicilia. Vi posso dire che nei contesti di mafia si vive male. Se queste donne hanno la possibilità di avere un'interlocuzione sincera con il giudice, ma anche con i servizi sociali, sanitari, psicologici e di supporto, ho visto che molte di loro sono riuscite a superare sentimenti di rassegnazione e vincoli apparentemente insormontabili. È vero, alcune donne sono vestali, riproducono il sistema criminale e addirittura mantengono le redini della famiglia quando i mariti sono in carcere, ma vi posso assicurare che tante altre sono stanche di quel tipo di vita, sono stanche delle vessazioni e sono stanche per loro stesse, ma anche per i loro figli.
  Io stesso ho raccolto tante grida di lamento, di sofferenze. Ad esempio, in Calabria la moglie di un boss importante, che è al 41-bis, un boss temutissimo, una signora ancora giovane, che ha dei figli, mi ha detto: «Giudice, nel mio paese, nel mio quartiere sono trasparente, non ho un'identità sessuale. Nessuno mi guarda perché sono la moglie di un boss. La mia famiglia non mi consente di avere neanche relazioni di amicizia. Io voglio andare via per i miei figli, perché non voglio che crescano in questo contesto, ma soprattutto per me stessa, per coltivare una speranza di riscatto».
  Questo è un tema che è legato a quello che voi trattate, il tema della prigionia culturale, della violenza di genere, che nei contesti di criminalità organizzata è molto ricorrente.
  Chissà che non possa esserci anche su questo aspetto specifico uno studio integrato tra voi e il lavoro che sta svolgendo in questo momento la Commissione parlamentare antimafia.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Di Bella.Pag. 17
  Nel frattempo ci è giunta la richiesta di intervento da parte dell'onorevole Bilotti.

  ANNA BILOTTI. Buonasera a tutti. Ringrazio il dottor Di Bella per il contributo.
  In realtà, volevo chiedere semplicemente se avete già strutturato qualche documento organico utile a sviscerare il lavoro coordinato su una precisa base statistica. Mi riferisco a dei dati che possano aiutare il legislatore ad applicare eventuali correttivi in corso d'opera alla riforma Cartabia, delle relazioni utili a comprendere se tutti gli interlocutori della filiera siano valorizzati al massimo.
  Grazie.

  ROBERTO DI BELLA, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Per quel che riguarda i dati, noi, ad esempio, sulla violenza di genere e la violenza nei contesti di criminalità organizzata abbiamo già elaborato dei dati che abbiamo messo a disposizione della Commissione parlamentare antimafia ed anche dei cinque ministeri che hanno siglato il protocollo «Liberi di scegliere» il 26 marzo ultimo scorso. Sulla violenza di genere non abbiamo dei dati statistici precisi, però il problema è importante. Noi facciamo veramente tanti interventi a tutela dei minori, vittime di violenza assistita.
  In merito alla riforma Cartabia, la stiamo applicando da poco. È una riforma che per certi aspetti prevede delle cose interessanti, anche in termini di ordini di protezione. Prevede anche degli interventi con il coordinamento dei servizi sociali e sanitari.
  Lo stiamo facendo grazie a questo protocollo che ha istituito le équipe multidisciplinari integrate. Io credo che questo sia un tema molto importante, perché l'autorità giudiziaria può adottare tutti i provvedimenti che vuole, ma se non ha strutture di Pag. 18supporto che attuino quello che il tribunale stabilisce il rischio è che i provvedimenti restino lettera morta o non abbiano l'efficacia o la tempestività che richiedono certe situazioni.
  Un passaggio che il legislatore potrebbe fare è quello di rendere questa metodologia che abbiamo sperimentato a Catania vincolante da un punto di vista normativo. Serve un lavoro in équipe e servono dei professionisti che siano specializzati destinati esclusivamente alla relazione con l'autorità giudiziaria e poi anche a supporto delle scuole. Questo potrebbe veramente far fare un salto di qualità enorme.
  A Catania da circa un anno e mezzo ci sono queste équipe integrate. Stiamo avendo dei risultati molto importanti. Queste équipe non soltanto acquisiscono le informazioni, valutano le competenze genitoriali e le condizioni dei minori, ma elaborano anche dei programmi di supporto alla genitorialità, di recupero delle competenze genitoriali, di supporto vero e proprio. Vengono coinvolti in questi lavori anche gli avvocati che sono tutori o curatori dei minori, così come prevede la riforma Cartabia.
  Alla fine il progetto educativo, il progetto di sostegno, di recupero delle competenze genitoriali, deficitarie, viene fatto con l'apporto di più professionisti del settore.
  La pluralità di sguardi specializzati sul tema riduce anche il rischio di provvedimenti sproporzionati, non adatti, non funzionali da parte dell'autorità giudiziaria.
  Migliorare le reti di supporto ai provvedimenti, sia nella fase dell'acquisizione delle informazioni, ma anche nella fase esecutiva dei provvedimenti, potrebbe consentire al sistema un salto di qualità importante.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Di Bella per l'importante contributo fornito alla Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  (La seduta, sospesa alle 15.40, è ripresa alle 15.45)

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Audizione del Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute, Massimo Lasalvia

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute, Massimo Lasalvia.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo inoltre che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei colleghi, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  A nome di tutti i commissari e le commissarie, do il benvenuto al presidente Lasalvia, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere.
  L'audizione odierna è da inquadrare nel ciclo di audizioni dedicato al filone d'inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere.
  Nel rinnovare il ringraziamento al presidente Lasalvia, gli cedo la parola, anticipando che fornirà a tutta la Commissione un contributo scritto dell'intervento odierno.

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  MASSIMO LASALVIA, Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute. Anch'io saluto e ringrazio la presidente e gli onorevoli componenti della Commissione parlamentare d'inchiesta per l'odierna audizione nell'ambito di una più ampia riflessione sul tema della stesura di un testo unico sulla materia.
  Il Ministero della salute è da sempre fortemente impegnato nelle attività per il contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica. Per quanto di competenza, è noto, infatti, che il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi nel territorio, servizi ospedalieri, ambulatori, sociosanitari, socioassistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.
  Come ha avuto modo di ricordare il Ministro della salute in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, l'Organizzazione mondiale della sanità considera la violenza contro le donne uno dei principali problemi di salute pubblica. Si calcola che nel mondo una donna su tre abbia subìto un episodio di violenza sessuale o fisica nel corso della propria vita e anche in Italia si calcola in una percentuale del 31,3 per cento la platea delle donne tra i 16 e i 70 anni che abbiano in qualche modo sperimentato sulla propria pelle una qualche forma di violenza.
  Uno dei luoghi in cui è più frequente intercettare le vittime di violenza è il pronto soccorso. È qui che le persone che hanno subìto violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento di carattere sanitario.
  In Italia le donne che arrivano in pronto soccorso dopo aver subito violenza possono trovare un percorso protetto che garantisce cura, assistenza, sicurezza e orientamento ai servizi Pag. 21antiviolenza per sé stesse e per i figli minori. Si stima, in proposito, che circa l'8,6 per cento delle donne vittime di violenza che si rivolge al pronto soccorso, in qualche modo, vi accede più di una volta.
  Occorre ricordare che il nostro Paese, dal momento in cui ha ratificato, con la nota legge n. 77 del 2013, la cosiddetta «Convenzione di Istanbul», cioè la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, si è impegnato ad adottare una serie di attività, come tutti i Paesi aderenti, proprio sul solco delle linee guida tracciate dalla Convenzione, che costituiscono il faro di riferimento anche per quel che riguarda i provvedimenti di competenza del Ministero della salute.
  In particolare, l'articolo 20 della convenzione ha previsto che i Paesi aderenti adottino le misure legislative e di altro tipo necessarie per garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi destinati a facilitare il loro recupero; servizi che includeranno consulenze legali, sostegno psicologico, assistenza finanziaria, alloggio, istruzione, formazione e assistenza, ma soprattutto garantiscano alle vittime l'accesso ai servizi sanitari e sociali e che tali servizi dispongano di risorse adeguate e di figure professionali adeguatamente formate.
  Il Governo, come è noto, poi, ha emanato il decreto-legge n. 93 del 2013. Ometto di ricordare – è materia a tutti nota – che anch'esso si inserisce sul solco dell'attuazione delle misure già raccomandate dalla Convenzione di Istanbul. In questo quadro, nell'ambito della previsione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, di carattere triennale, nel periodo 2017-2020, è stato messo a punto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 24 novembre 2017, che adotta le linee guida nazionali per le Pag. 22aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria alle donne vittime di violenza.
  Queste linee guida, in realtà, fanno seguito a esperienze di carattere regionale e di aziende sanitarie, anche locali. Cito, ad esempio, l'azienda della Toscana ASL 9 di Grosseto, che già nel 2010 aveva iniziato una sperimentazione sul cosiddetto «codice rosa». Esperienze che tendono a creare un percorso di accesso al pronto soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, per la loro tempestiva e adeguata presa in carico, con il collegamento attraverso un'unica rete dei vari attori a livello istituzionale, incluse le istituzioni locali, le procure, le forze dell'ordine e i centri antiviolenza.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017 prevede, in proposito, linee guida nazionali dirette a tutte le aziende sanitarie e a tutte le aziende ospedaliere che abbiano al loro interno un pronto soccorso. In realtà, quindi, quasi tutte. Le linee guida si rivolgono in primo luogo alle operatrici e agli operatori sociosanitari, ma coinvolgono anche altri attori pubblici che, a diverso titolo, operano per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne (forze dell'ordine, uffici giudiziari, enti locali, centri antiviolenza, case rifugio) e forniscono indirizzi in tema di intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute delle donne.
  Il percorso per le donne che subiscono violenza in esse delineato è volto a garantire una tempestiva e adeguata presa in carico delle donne, a partire dal triage, fino al loro accompagnamento e orientamento, se consenzienti, ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento, al fine di elaborare con le stesse un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dall'esperienza di violenza subita.Pag. 23
  Destinatarie di questo percorso sono le donne che subiscono violenza. Con il termine «donne», ai sensi della Convenzione di Istanbul, si intendono anche le ragazze al di sotto dei 18 anni che abbiano subìto – italiane o straniere – una qualunque forma di violenza. Nel percorso delineato sono coinvolti anche gli eventuali figli minori della donna, testimoni, vittime di violenza, tenuto conto della normativa riguardante i minori e delle vigenti procedure di presa in carico sociosanitaria delle persone minorenni.
  Vado, ora, a esporre rapidamente i punti delle linee guida.
  Il primo punto riguarda la fase di accesso al pronto soccorso. Come viene regolata la fase di accesso al pronto soccorso? Nella maniera più ampia possibile. La donna può accedere al pronto soccorso o spontaneamente, quindi da sola, anche accompagnata da prole, o accompagnata dal 118, con o senza l'intervento delle forze dell'ordine, o accompagnata dalle forze dell'ordine o accompagnata da operatrici del centro antiviolenza o altri servizi pubblici o privati o addirittura accompagnata da persone da identificare o, paradossalmente, anche dall'autore della violenza. Dico «paradossalmente» perché talvolta, poi, questo comporta una resipiscenza, evidentemente, quindi un qualche ravvedimento.
  Il personale infermieristico addetto al triage, che deve essere fornito di adeguata formazione professionale, procede al tempestivo riconoscimento di ogni segnale di violenza, anche quando non dichiarata, e a tal fine può avvalersi anche di informazioni relative a eventuali precedenti accessi al pronto soccorso. In questo caso si ha, quindi, la presa in carico, alla quale occorre accompagnare una codificazione, un codice di presa in carico. Laddove non si tratti di codice rosso, deve essere un codice di relativa urgenza, cioè tale da garantire una visita medica tempestiva, di solito entro un tempo massimo di venti minuti, Pag. 24e attivare immediatamente il percorso anche per ridurre al minimo il rischio di ripensamenti. Quindi, il tutto deve essere molto rapido.
  Alla presa in carico dovrà seguire il triage vero e proprio, con un identificativo di percorso, cui segue il trattamento diagnostico-terapeutico, che la donna presa in carico ha diritto sia svolto tutto in un'area separata e dedicata, nell'ambito della quale potranno essere raccolte anche le dichiarazioni, si potrà procedere alla repertazione, oltre che, ovviamente, al referto vero e proprio, quindi all'elaborazione di un piano terapeutico. Il tutto con l'assistenza di operatori e operatrici qualificati, che dovranno utilizzare una corretta comunicazione, pertanto un linguaggio semplice, comprensibile e accessibile anche per donne affette da disabilità sensoriale, cognitivo, relazionale; garantire un ascolto e un approccio empatico e non giudicante; instaurare con le donne un rapporto basato sulla fiducia, così da agevolare anche le fasi successive; attivare per le donne straniere, ove necessario, anche la presenza di mediatori e mediatrici culturali; attivare per le donne affette da disabilità, ove necessario, la presenza di figure di supporto; informare nel dettaglio la donna delle varie fasi del percorso; acquisire il consenso libero e informato per ogni fase del percorso.
  Specifiche indicazioni riguarderanno l'eventuale raccolta di prove e la curata stesura di un referto, anche per poter consentire l'ulteriore prosieguo ai fini giudiziari.
  Al termine si avranno le dimissioni dal pronto soccorso, ma al momento delle dimissioni l'operatore sanitario dovrà utilizzare uno strumento di rilevazione del rischio, Brief Risk Assessment for the Emergency Department, approntato dal Ministero della salute, per consentire di rilevare il livello di rischio medio-basso o medio-alto legato alla condizione e alla possibilità di eventuale reiterazione, informando la donna della Pag. 25possibilità di rivolgersi a centri antiviolenza, servizi pubblici o privati, ovvero, qualora la donna acconsenta, in caso grave, di attivare immediatamente la rete antiviolenza. Ci sarà la possibilità, nelle more, da parte del responsabile della presa in carico, di prevedere un ulteriore trattenimento in una fase che si chiama «OBI» (Osservazione breve intensiva) in ambito ospedaliero, prima di dimetterla. È una fase anche di protezione ulteriore, che può essere attivata fino a oltre 72 ore.
  Altro aspetto importante, fondamentale per l'accompagnamento nel percorso, è la formazione degli operatori sanitari, punto sul quale insiste l'articolo 15 della Convenzione di Istanbul, ma che ha visto nel nostro Paese l'attivazione di uno specifico protocollo, il progetto «Strategie di prevenzione della violenza contro le donne e minori» attraverso la formazione di operatrici e operatori di area sanitaria e sociosanitaria, un progetto che si chiama «CCM 2021 Ipazia», che l'8 maggio prossimo venturo terrà il suo evento conclusivo del triennio presso l'Istituto superiore di sanità. Progetto avviato nel novembre del 2021 a seguito dell'accordo di collaborazione tra il Ministero della salute, l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP), oltre a cinque regioni in rappresentanza di tutto il contesto nazionale.
  Il progetto Ipazia intende mettere a punto e sperimentare un modello formativo basato sulla metodologia del Problem-based learning competency-oriented, articolato in un percorso di base, con un corso di formazione a distanza, rivolto a operatori e operatrici dei servizi sanitari e sociosanitari territoriali che si occupano di violenza contro le donne e contro i minori, negli ambiti territoriali delle unità operative coinvolte nel progetto, e poi di un percorso specifico per la formazione di formatori Pag. 26individuati dalle singole ASL partecipanti, i quali, poi, potranno trasmettere in maniera capillare le competenze acquisite al personale sociosanitario dei territori di competenza.
  Le finalità del progetto Ipazia sono di favorire l'applicazione sistematica dei corretti protocolli affinché a ciascuna vittima venga fornita la medesima opportunità di essere accompagnata in percorsi di fuoriuscita dal circuito della violenza, anche nei casi di discriminazioni, e di facilitare lo scambio di buone prassi, creando una comunità capace di aggregare le conoscenze e le competenze di operatrici e operatori dell'area sanitaria e sociosanitaria dei servizi territoriali.
  Voglio un attimo soffermarmi su un punto che di recente il Ministero della salute ha deciso di fare proprio sullo stato di attuazione e di implementazione delle linee guida del 2017. A distanza di cinque anni dall'approvazione delle linee guida è stato costituito, all'interno del Ministero della salute, un gruppo di lavoro, coordinato dalla delegata del Ministro della salute presso l'Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, composto dai rappresentanti dell'Ufficio 9 della Direzione generale della prevenzione sanitaria, dell'Ufficio 3 della Direzione generale della programmazione sanitaria e dell'Ufficio 3 della Direzione generale del sistema informativo sanitario e della statistica del ministero, con le finalità di conoscere presso tutte le strutture sanitarie con DEA di primo e secondo livello, quindi Dipartimenti di emergenza e accettazione, comunemente «pronto soccorso» (pronto soccorso sia normale che pediatrico), lo stato di implementazione delle linee guida e rilevare eventuali criticità ai fini di predisposizione, modifiche e aggiornamento delle linee guida.
  Preme anche evidenziare che all'interno di questo gruppo di lavoro, in particolare la dirigente, quindi la rappresentante Pag. 27dell'Ufficio 9, all'interno della Direzione – ora dipartimento – prevenzione sanitaria, si occupa specificamente di tutela della salute della donna e dei soggetti vulnerabili e di contrasto alle disuguaglianze. In questo ambito, l'Ufficio 9 della Direzione della prevenzione del Ministero della salute provvede, sulla base e in attuazione della legge n. 7 del 9 gennaio 2006, al trasferimento alle regioni del fondo previsto, per realizzare attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione di donne e bambine sottoposte a pratiche di mutilazione genitale femminile. Questo in ossequio a quanto previsto dalla legge del 2006. L'utilizzo di tali fondi da parte di regioni e province autonome relativi all'ultimo quinquennio è, poi, oggetto di monitoraggio da parte dell'ufficio, che sta completando il monitoraggio proprio in questi mesi.
  Tornando alle attività del gruppo di lavoro, quindi l'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e di implementazione delle linee guida, esso si è avvalso anche della rete dei referenti regionali per le violenze di genere. Tale rete ha un valore per le comuni attività di formazione capillare sul territorio nazionale condotte negli anni scorsi e per l'opportunità di innestare esperienze e attività a livello locale coinvolgendo le istituzioni, anche regionali. L'indagine conoscitiva ha coinvolto, inoltre, le Direzioni generali dei dipartimenti della salute di regioni e province autonome. Essa si è strutturata attraverso la somministrazione di un questionario di 74 quesiti a risposta multipla, articolati in una prima fase anagrafica e poi nelle varie fasi riguardanti le tematiche afferenti alle linee guida, dall'accesso al pronto soccorso al trattamento diagnostico-terapeutico, la fase delle dimissioni e le ulteriori fasi di accompagnamento, la formazione, la multidisciplinarietà e la multiculturalità.
  In occasione della Giornata internazionale contro la violenza delle donne, il 20 novembre 2023, il Ministro della salute ha Pag. 28illustrato i risultati dell'indagine conoscitiva. L'indagine conoscitiva è stata un successo, perché ha risposto oltre l'80 per cento delle strutture interpellate. Non c'era mai stato un così ampio panel di informazioni, come quello di cui abbiamo potuto disporre in questo caso: 497 pronto soccorso su 616 attesi hanno risposto al questionario, articolato in varie tematiche. L'analisi delle risposte all'indagine – abbiamo anche delle slide, ma ve le sintetizzo; se è necessario, ve le fornisco – ha mostrato che il 77 per cento delle strutture ha in uso i protocolli attuativi del percorso per le donne che subiscono violenza; l'83 per cento dei pronto soccorso assicura comunque procedure diversificate e modalità di dimissione protetta nel caso di valutazione di rischio alto; presso il 79 per cento delle strutture è individuato un referente del percorso; il 59 per cento delle strutture assicura la presenza di una équipe multidisciplinare dedicata al percorso per le donne che subiscono violenza; nel 79 per cento dei pronto soccorso sono presenti attività e percorsi di formazione e aggiornamento per gli operatori sanitari; nel 98 per cento delle strutture la donna viene informata della presenza nei territori dei centri antiviolenza e nel 99,6 per cento è garantita una puntuale informazione sulla possibilità di denunciare, sporgere querela, anche contattando direttamente le forze dell'ordine; il 79 per cento dei pronto soccorso assicura il supporto di mediatrici linguistico-culturali per via telefonica, mentre per quanto riguarda la presenza vis-à-vis il 44 per cento, sensibilmente inferiore; il 94 per cento delle strutture garantisce, in presenza di figli minori, la possibilità che possano restare con la madre e siano coinvolti nel suo stesso percorso.
  Pur nel complessivo quadro assai positivo che emerge dall'indagine, soprattutto in termini di risposta – come abbiamo detto – all'indagine stessa, non mancano, seppur limitati, aspetti di problematicità, criticità che potrebbero richiedere implementazioniPag. 29 o modifiche di punti specifici delle linee guida. Ne segnalo due delle più significative. Al momento di fornire tutto il supporto necessario alla vittima, anche per consentirle di denunziare il fatto e l'autore, l'operatore o operatrice del triage non sempre dispone di informazioni su precedenti accessi della donna in altri pronto soccorso del territorio nazionale. Quindi, si pone un problema di interoperabilità dei sistemi. Al momento delle dimissioni – questo, forse, è più significativo ancora – è emerso che gran parte delle strutture propone alla vittima un ulteriore periodo di trattenimento in pronto soccorso (quel prolungamento di cui abbiamo parlato, in fase protetta) o in ambiente ospedaliero, per un tempo tra le 36 e le 72 ore, al fine di garantire la protezione e la messa in sicurezza.
  Ciò che appare, purtroppo, carente è la specifica previsione di un sistema di accompagnamento delle donne e degli eventuali figli a una struttura protetta esterna. In pratica, pur essendo informata e pur essendo pienamente resa edotta della possibilità di accedere a servizi di rete sociale, in realtà, in molte delle strutture manca questo anello di collegamento diretto, proprio un sistema di accompagnamento fisico alle case famiglia o alle case rifugio. Aspetti, quindi, che necessitano di implementazione, tra l'altro anche riguardanti solo un 39 per cento di figure di supporto per le donne con disabilità (la presenza in situ).
  Un'altra cosa importante da sottolineare è l'attivazione del sistema cosiddetto «EMUR», il sistema emergenza-urgenza. In realtà, si tratta di un sistema informativo che nasce per conoscere e per consentire di mappare, già dal 17 dicembre 2008, le prestazioni erogate nell'ambito dell'emergenza-urgenza. Quindi, è un sistema che si rivolge alle prestazioni da pronto soccorso. Però l'evoluzione del sistema, che si sta implementando, ha consentito, con una collaborazione tra il Ministero della salute Pag. 30e l'ISTAT, di estrarre dati più specificamente di interesse per la diagnosi principale o secondaria, riconducibili alla violenza, a partire da una selezione di diagnosi codificate attraverso la classificazione ICD-9-CM, individuando schematismi di accessi al pronto soccorso.
  In buona sostanza, con il codice di presa in carico si vanno, poi, a isolare quelli che possono portare a una diagnosi, principale o secondaria, di violenza. Questo serve, sostanzialmente, per avviare una base statistica. Base statistica che ha consentito, ad oggi, di individuare un incremento del fenomeno. In realtà, una importante implementazione del sistema EMUR si ha per gli accessi Covid. In periodo Covid c'è stata, a fronte di 6 milioni di accessi al pronto soccorso di donne, una indicazione di diagnosi di violenza per 5.500 casi. Notiamo che nel 2022, invece, gli accessi per analoghi casi sono 14.448, quindi un incremento molto sensibile sia rispetto al 2020 sia rispetto al 2021, un aumento del 13 per cento. È, quindi, fondamentale garantire percorsi di assistenza adeguati e appropriata formazione degli operatori sanitari perché probabilmente anche la riconoscibilità di questo tipo di diagnosi specifica consente di mappare e una parte di questo incremento forse deriva proprio dalla maggiore riconoscibilità, quindi da una maggiore specializzazione degli operatori dedicati in pronto soccorso.
  Anche se il sistema EMUR non nasce con il precipuo obiettivo di rilevare i dati e le informazioni relative alla violenza contro le donne, bensì di rilevare e monitorare le prestazioni erogate nell'ambito dell'emergenza-urgenza, i dati nello stesso raccolti consentono l'effettuazione di un'analisi approfondita, evidenziando i fattori concomitanti con diagnosi e accessi ripetuti nel tempo, che aiutano a rilevare i casi di violenza sulle donne.Pag. 31
  A tal proposito, è stata di recente approvata la legge 5 maggio 2022, n. 53, recante «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», che all'articolo 4 prevede per tutte le strutture sanitarie pubbliche e, in particolare, per le unità operative di pronto soccorso l'obbligo di fornire dati e informazioni relative alla violenza contro le donne. Il predetto articolo dispone che ciò sia fatto attraverso il flusso informativo EMUR pronto soccorso, integrato con informazioni utili e necessarie per la rilevazione della violenza di genere contro le donne, assicurando l'individuazione della relazione tra autore e vittima e rilevando ulteriori data set di informazioni quali la tipologia di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica esercitata sulle vittime, se la violenza è commessa in presenza di figli degli autori o delle vittime o se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori, gli indicatori di rischio di revittimizzazione previsti nell'Allegato B del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017, facendo salva la garanzia di anonimato delle vittime.
  La parte conclusiva la dedicherei agli episodi di violenza sul posto di lavoro, che coinvolgono i professionisti sanitari. Anche questo è un fenomeno in emergenza, un fenomeno in incremento. Le donne, purtroppo, più degli uomini, sono vittime di aggressioni anche nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Conosciamo i fatti di cronaca, che ultimamente hanno visto omicidi di medici, di dottoresse di guardia medica e di pronto soccorso.
  «Contro le aggressioni a medici, infermieri e a tutto il resto del personale sanitario c'è l'impegno nostro non solo ad aumentare le pene, come abbiamo fatto lo scorso anno, ma soprattutto a cambiare il paradigma, a far capire quanto sia importante il lavoro di chi tutti i giorni si sacrifica per l'altro» ha dichiarato il Ministro della salute Schillaci rispondendo ai Pag. 32giornalisti a margine delle celebrazioni per il centenario del Policlinico San Martino di Genova nello scorso mese di marzo. «Le aggressioni sono un problema gravissimo, che abbiamo affrontato lo scorso anno all'interno del decreto-legge n. 34. La cosa più brutta è che il 70 per cento delle aggressioni avviene sulle donne, soprattutto infermiere. È un problema non solo di pene, che abbiamo aumentato, ma credo che serva soprattutto un cambio culturale. Quando una persona si rivolge a una struttura sanitaria e trova davanti una persona con il camice bianco deve capire che quella persona sta lì per prendersi cura di lui. Trovo veramente assurdo che gli operatori sanitari siano vittime di aggressioni». Questo ha dichiarato il Ministro.
  Infatti, un aggravamento delle pene, che era già stato previsto proprio con l'inserimento specifico nell'articolo 583-quater del Codice penale del personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria, dalla legge n. 113/2020, ha visto un ulteriore incremento con l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 34/2023, convertito nella legge n. 56/2023, decreto che abbiamo curato noi come legislativo della salute, che ha modificato il 583-quater, introducendo una specifica sanzione, aumentata con reclusione da due a cinque anni, anche per le lesioni semplici, non solo per le lesioni gravi.
  In buona sostanza, nei confronti degli operatori sanitari – sintetizzo – e sociosanitari, anche un'aggressione da cui derivano lesioni semplici, quindi non gravi, determina la procedibilità d'ufficio del reato. Ecco perché sappiamo che le condizioni nelle quali avvengono le aggressioni sono spesso accompagnate o seguite da minacce e intimidazioni, che rendono difficile all'operatore sanitario la prosecuzione dell'azione in maniera autonoma. Procedibilità d'ufficio a cui si accompagna anche un incremento previsto dall'articolo 16, comma 1-bis, poi introdotto in sede parlamentare, dei presìdi fissi della Polizia di Pag. 33Stato presso le strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate dotate di servizi di emergenza-urgenza a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nonché per garantire l'incolumità del personale ivi operante, in particolare sulla base di quei nosocomi che secondo l'Osservatorio nazionale della sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie risultano le strutture più a rischio, dove si verificano con maggior frequenza i casi di aggressione, potenziando i presìdi di polizia nelle strutture ospedaliere, che già da oggi sono attivati su richiesta delle amministrazioni per ragioni di sicurezza e di opportunità, debitamente motivate, che richiedono un maggiore apporto di risorse sia in termini di personale che strumentali.
  Io concluderei qui. Se ci sono osservazioni o richieste di chiarimento, sono a vostra disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Lasalvia.
  Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, le pongo io un paio di domande.
  Il primo tema riguarda le criticità che ha esposto, in particolare quella di poter avere le informazioni relative a eventuali precedenti accessi nel pronto soccorso della stessa struttura o di altra struttura e capire come si può in questo senso intervenire, se una spinta sulla cartella sanitaria elettronica può essere utile in questi termini. Sicuramente i dati che ci sono stati forniti – lo dico anche da membro della Commissione sanità – rispetto alle criticità che stanno vivendo negli ultimi anni i nostri pronto soccorso sono rassicuranti rispetto a un'attenzione che c'è al fenomeno, nonostante le difficoltà che impegnano il personale nel dare le risposte all'emergenza. Comunque, dalla grande affluenza di risposte mi sembra che vi sia una sensibilità sicuramente maturata nel personale sanitario rispetto al fenomeno, della quale dobbiamo essere grati e positivi. Occorre certamente compiere quel passetto in più, Pag. 34come su tutte le cose, per cercare di evitare l'insorgenza di questo fenomeno.
  Studieremo il report che ci ha illustrato al fine di tracciare, dopo questi anni, alcune progettualità e ricavare indicazioni per contribuire ulteriormente a migliorare la normativa e le buone prassi, che comunque mi sembra già stiano emergendo, almeno come sensibilità.
  Do la parola al dottor Lasalvia per la replica.

  MASSIMO LASALVIA, Consigliere del Ministro per gli affari giuridici e Responsabile dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute. In realtà, presidente, lei ha colto un aspetto molto importante. Molto di quello che si potrà ulteriormente fare per implementare il sistema deriva anche dalla messa a punto – noi sappiamo che questa è una milestone della Missione 6 del PNRR – del fascicolo sanitario elettronico. In altre parole, laddove avremo la possibilità, ma non soltanto noi in sede centrale, possibilità legata alla cartella clinica del paziente preso in carico, di conoscere esattamente tutta la sua storia, che sarà condensata, appunto, nel fascicolo sanitario elettronico, sarà molto più facile per tutti conoscere le vicende dei ricoveri, le motivazioni, le cause e le terapie, di conseguenza sarà molto più agevole arrivare a quella interoperabilità tra sistemi che ci siamo prefigurati e che sarebbe utile, ma che probabilmente, se affidiamo esclusivamente alle infrastrutture della sanità regionale, laddove non vi siano queste importanti investimenti che ci sono e sono previsti dal PNRR proprio per il fascicolo sanitario elettronico, potrebbe essere molto più difficile conseguire.
  Sicuramente questa è un'evoluzione che non solo ci aspettiamo e auspichiamo, ma che sarà legata alla realizzazione della Missione 6 Salute del PNRR.

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  PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Lasalvia. Trasmetteremo ai colleghi parlamentari, come nelle altre occasioni, il materiale che ci fornirà.
  Nel rinnovare il ringraziamento al dottor Lasalvia per il suo contributo, dichiaro conclusa l'audizione.

  (La seduta, sospesa alle 16.20, è ripresa alle 16.30)

Audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Giuseppe Zuccaro.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei collegati, sospendendosi in tal caso la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione del Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvocato Giuseppe Zuccaro.
  A nome di tutti i commissari e le commissarie do il benvenuto al dottor Zuccaro, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  L'audizione odierna è da inquadrare nel ciclo di audizioni dedicato al filone di inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, Pag. 36lettera n), della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Nel rinnovare il ringraziamento al dottor Zuccaro, gli do quindi la parola.

  GIUSEPPE ZUCCARO, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Grazie per l'invito. Rivolgo un saluto a tutti i componenti della Commissione.
  Le politiche e le iniziative normative promosse o condivise dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di contrasto alla violenza sulle donne muovono dal convincimento che le azioni finalizzate al reinserimento lavorativo e, comunque, a garantire l'indipendenza economica delle vittime di violenza, per un verso, sono utili a prevenire quei fattori di rischio che sono alla base dell'assoggettamento femminile e dell'agire violento e, per altro verso, sono essenziali per accompagnare in modo efficace la donna verso un percorso di affrancamento da una relazione violenta nella quale si trovi coinvolta, contrastando il ricatto del disagio economico al quale sovente è esposta.
  È noto, infatti, che l'endemica e perdurante disparità uomo-donna sul piano socioeconomico favorisce il perpetuarsi della violenza sulle donne, anche nelle forme più estreme, e che la violenza economica spesso si accompagna alla violenza fisica, psicologica e sessuale, e comunque costituisce di per sé una forma esecrabile di vessazione, fonte di intollerabili patimenti e disuguaglianze.
  La nozione di violenza economica è stata elaborata di recente rispetto ad altre forme di violenza. Essa risale, come è noto, alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta nei confronti della violenza contro le donne e la violenza domestica, la cosiddetta «Convenzione di Istanbul» Pag. 37del 2011. All'articolo 18, comma 3, della Convenzione si prevede quale obbligo generale per tutti gli Stati aderenti l'adozione di misure che mirino ad accrescere l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne vittime di violenza.
  Dal primo report del GREVIO (Group of experts on action against violence against women and domestic violence), gruppo di esperti istituito presso il Consiglio d'Europa, riguardante la situazione italiana emerge che le disuguaglianze persistenti sono particolarmente evidenti nell'ambito dei diritti economici. Secondo i dati di Bankitalia, le donne in Italia possiedono in media il 25 per cento in meno di risorse economiche rispetto agli uomini e questo divario sale al 50 per cento nelle coppie; il 40 per cento delle donne sposate è disoccupato e le donne che lavorano guadagnano meno e continuano a essere discriminate sul posto di lavoro.
  Se questo è il contesto, non deve stupire il dato riferito in un report dell'aprile 2020, realizzato da Episteme, per cui solo il 37,8 per cento delle donne è completamente indipendente sul piano economico, mentre solo il 67,2 per cento delle donne gestisce in autonomia un conto corrente.
  Da questo punto di vista il legame della violenza economica con la mancata attuazione dei diritti al lavoro, alla proprietà e alla parità in famiglia è più evidente rispetto a fenomeni di violenza sessuale, psicologica e fisica. Per questo, la violenza economica è specchio fedele, nell'ambito patrimoniale della vittima di abusi, di quello che accade nell'ipotesi delle altre forme di violenza, a cui spesso la violenza economica si accompagna.
  Come segnalato nel rapporto Ombra della rete DiRe (Donne in rete contro la violenza), inviato alla Commissione GREVIO, dal monitoraggio dei centri della regione Emilia-Romagna risultaPag. 38 che il 41,5 per cento delle donne che si rivolgono ai centri subisce violenza economica.
  L'accento posto sulla violenza economica non è meramente speculativo, perché per la donna costretta a subire la violenza domestica, perpetrata anche mediante la leva economica, è più difficile uscirne, per ragioni legate alla subalternità economica al partner e alla sua precarietà in ambito lavorativo, che conduce le vittime di violenza, da un lato, a dipendere dal reddito familiare e, dall'altro, a un maggiore isolamento sociale, che rende le vittime più vulnerabili e sfiduciate. Più della violenza fisica e sessuale e forse di quella psicologica, la violenza economica ha una valenza diacronica marcata, proiettando la sua ombra sulle concrete possibilità di uscita della donna dalla relazione violenta.
  I dati normativi e di contesto soprariportati hanno stimolato un'avvertita riflessione circa l'ineludibile e pressante necessità di irrobustire strumenti extrapenali di contrasto alla violenza contro le donne e, segnatamente, di sfruttare misure attinte dal diritto del lavoro e previdenziali.
  La Convenzione di Istanbul si connota, infatti, per una sua strutturazione sulla strategia di contrasto alla violenza di genere nelle cosiddette «quattro P»: prevenzione, persecuzione, protezione e politiche integrate. In quest'ottica appaiono di rilevante importanza gli strumenti per l'orientamento al lavoro, il reinserimento nel mondo del lavoro, il sostegno economico, fintantoché la donna vittima di violenza non riesca a diventare o tornare autonoma.
  Per queste ragioni, dietro impulso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono numerose le misure a sostegno dell'inserimento lavorativo femminile e dell'indipendenza economica delle donne che devono essere menzionate nell'ambito di una ricognizione della normativa nazionale in tema di Pag. 39contrasto alla violenza. Muoverò da quelle più prossime in ordine temporale e riconducibili, quindi, alla volontà politica di questo Governo, per poi offrire un quadro più generale e completo delle norme esistenti in materia, estendendo la ricognizione anche a quelle norme intese a migliorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici.
  La misura forse attualmente più nota in tema di violenza di genere, specificamente indirizzata a liberare dal bisogno la donna vittima di violenza maschile in ambito familiare e volta a favorire l'inizio di un percorso che possa rendere la vittima indipendente, è il cosiddetto «reddito di libertà», istituito con l'articolo 105-bis del decreto-legge n. 34/2020, reddito di libertà, come tra l'altro la fonte normativa ci ricorda, sorto sull'onda dei devastanti effetti economici della pandemia sulle donne in condizioni di maggiore vulnerabilità, al fine di favorire percorsi di autonomia ed emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in una situazione di povertà. Esso consiste nell'erogazione di 400 euro mensili, per dodici mensilità, a vittime di violenza che autocertifichino di aver intrapreso il percorso di emancipazione e autonomia presso un centro antiviolenza riconosciuto dalle regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza. La misura è cumulabile con altri sussidi economici.
  Con la legge di bilancio 2024, questo Governo ha stanziato nuove e importanti risorse finanziarie per incrementare la misura del reddito di libertà, al fine di garantire l'effettiva indipendenza economica e l'emancipazione delle donne vittime di violenza in condizioni di povertà (articolo 1, comma 173, della legge n. 213/2023). Ad oggi sono 2.772 le donne vittime di maltrattamenti ad aver beneficiato di questa misura volta, come detto, a favorire l'autonomia abitativa e personale nel percorso assistito di uscita dalla violenza. Nel dettaglio, le domande Pag. 40inviate all'INPS sono circa 6.000 da quando è stata istituita, sin dal 2020, l'anzidetta misura, quelle finora accolte sono, per l'appunto, come ricordavo poc'anzi, 2.772, dato confermato anche da un recente studio pubblicato sul Sole 24 Ore in data 8 aprile ultimo scorso.
  Altra misura prevista, anch'essa, dalla legge di bilancio del 2024 e volta a favorire il percorso di uscita delle donne dalla violenza attraverso l'inserimento nel mercato del lavoro, è quella che prevede l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi all'INAIL, nella misura del 100 per cento, nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui, riparametrato e applicato su base mensile ai datori di lavoro privati che nel triennio 2024-2026 assumano donne disoccupate vittime di violenza beneficiarie della misura di cui all'articolo 105-bis del decreto-legge n. 34/2020. Tale esonero via via è prolungato nel tempo se l'assunzione è effettuata con contratto di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione, ovvero se il contratto viene trasformato a tempo indeterminato, oppure se l'assunzione avviene con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Più nello specifico, l'esonero contributivo dura dodici mesi per le assunzioni a tempo determinato, diciotto mesi nel caso di stabilizzazione di un contratto a termine, quindi nel passaggio da determinato a indeterminato, ma decorrenti dalla prima assunzione a tempo determinato, o ventiquattro mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato. I fondi stanziati fino al 2028 per questa misura di incentivo sono pari a 12,5 milioni di euro.
  Meritano pure di essere evidenziate fra le misure a sostegno dell'indipendenza economica della donna vittima di violenza e di genere quelle previste nell'ambito della disciplina dell'assegno di inclusione (ADI). Si tratta, in particolare, dell'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 48/2023, relativo al percorso Pag. 41personalizzato di inclusione sociale e lavorativa, e dell'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto ministeriale n. 154/2023, relativo ai beneficiari dell'ADI e, in particolare, all'individuazione delle categorie di soggetti ritenuti in condizioni di svantaggio, tra cui rientrano, appunto, le donne vittime di violenza e di genere.
  Per offrire un quadro più completo e riepilogativo degli assetti normativi di settore di competenza del ministero, indicherò anche, come avevo prima accennato, le ulteriori disposizioni normative che sono da ricondurre alla sfera di competenza del Ministero del lavoro nell'ambito delle azioni di contrasto alla violenza sulle donne e alla discriminazione di genere.
  Primo fra tutti è da ricordare l'articolo 24 del decreto legislativo n. 80/2015, che prevede che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato e le lavoratrici con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere possono avvalersi di un'astensione dal lavoro per un periodo massimo di tre mesi nell'arco temporale di tre anni. La previsione normativa introduce il congedo indennizzato, solo a carico dell'INPS, per le donne vittime di violenza e di genere. Trattasi di un congedo retribuito che può essere utilizzato esclusivamente dalle lavoratrici inserite nei percorsi di protezione certificati ed è fruibile, come detto, per un periodo massimo di tre mesi nell'arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione. Per le giornate di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennità giornaliera pari al 100 per cento dell'ultima retribuzione e ne possono fruire sia le dipendenti subordinate, pubbliche o private, sia le lavoratrici autonome, per effetto della legge, che ha esteso questa misura, 11 dicembre 2016, n. 232.Pag. 42
  Le lavoratrici con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sono contemplate solo ai fini del riconoscimento di un diritto alla sospensione del rapporto di collaborazione, a cui non corrisponde, però, un diritto all'indennità. Il congedo può essere fruito su base giornaliera od oraria, a seconda di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La modalità oraria consente alla lavoratrice di astenersi dall'attività lavorativa per un numero di ore pari alla metà dell'orario medio giornaliero. Infine, è prevista la facoltà per la lavoratrice dipendente di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove l'organico lo consenta, nonché di riconvertire il rapporto di lavoro a tempo parziale in lavoro a tempo pieno.
  Meritano, altresì, di essere ricordate le seguenti norme. La legge 11 dicembre 2016, n. 232, che ricordavo poc'anzi, che estende il congedo alle lavoratrici autonome. La legge n. 205/2017 (legge di bilancio per l'anno 2018) che ha esteso il congedo alle lavoratrici del settore domestico con decorrenza da gennaio 2018 e che, inoltre, all'articolo 1, comma 218, ha introdotto la modifica del codice delle pari opportunità, al fine di rafforzare la tutela delle vittime di molestie sui luoghi di lavoro rendendo nulli tutti gli atti o comportamenti ritorsivi del datore di lavoro. Infine, la legge n. 4/2018, che è una norma recante una serie di disposizioni a favore degli orfani per crimini domestici. In particolare, è stata estesa anche ai figli orfani di un genitore vittima di un crimine domestico la quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici o privati prevista dall'articolo 18, comma 2, della legge n. 68/1999.
  L'intervento normativo è volto a integrare la già prevista caducazione del diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, Pag. 43ovvero all'indennità una tantum per familiari superstiti che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per i delitti di cui agli articoli 575, 584 e 586 del codice penale in danno dell'iscritto o del pensionato.
  Segnalo, infine, l'iniziativa normativa concernente «Disposizioni per la tutela della dignità e della libertà della persona contro le molestie e le molestie sessuali, con particolare riferimento al mondo del lavoro», attualmente all'esame del Parlamento. È l'atto Senato n. 671, che dà una delega al Governo per il contrasto delle molestie sul lavoro e per il riordino degli organismi e dei comitati di parità e di pari opportunità, iniziativa parlamentare della senatrice Paola Mancini.
  In conclusione, dopo aver esaminato questi atti di interesse del Ministero del lavoro, non posso che affermare che la previsione e il rafforzamento di strumenti normativi di sostegno economico delle donne vittime di abusi e violenza di genere costituiscono uno dei più importanti elementi di contrasto a tali forme di violenza, anche perché rappresentano un ausilio fondamentale, come abbiamo visto, volto proprio ad affrancare le vittime dallo stato di soggezione in cui versano.
  La violenza maschile sulle donne è spesso favorita da una mancanza o da una carenza educativa rispetto alla parità e alla diversità, che dovrebbe iniziare fin dall'infanzia e coinvolgere tutti i livelli della società. È per tali ragioni che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali manifesta costantemente la propria disponibilità a iniziative, non solo normative, congiunte con il Ministero dell'istruzione e del merito volte all'educazione e formazione nelle scuole per la diffusione in misura sempre maggiore della cultura della parità di genere, nella consapevolezza che solo attraverso il ricorso ad adeguati modelli culturali si potranno mettere in campo effettive ed efficaci misure di contrasto alla violenza sulle donne.

Pag. 44

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Zuccaro.
  Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, avanzerei io un quesito. Proprio sulla violenza economica la Commissione ha iniziato un focus specifico e lei ci ha illustrato una serie di misure importanti che sono state messe in campo per contrastare il fenomeno e aiutare le donne a uscire da questa forma di violenza, che spesso si somma a quelle di altra natura, fisica o psicologica. Ebbene, vorrei sapere se, rispetto al reddito di libertà o ad altre misure anche recenti, come gli esoneri contributivi e tutto quello che ci ha illustrato, avete già una disponibilità di dati in grado di dirci se una misura ha avuto maggiori risultati rispetto ad altre o se l'applicazione di tali misure ha effettivamente prodotto esiti positivi sulle donne, aiutandole e accompagnandole sia a uscire da una certa condizione anche di pericolo, sia a iniziare un proprio percorso per riacquistare la libertà e l'autonomia, obiettivo verso cui tendiamo tutti con il nostro lavoro.
  Do la parola al dottor Zuccaro per la replica.

  GIUSEPPE ZUCCARO, Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È una serie di misure, un ventaglio di disposizioni che hanno come obiettivo primario quello di affrancare sul piano economico le vittime di violenza rispetto al contesto in cui si trovano, nella consapevolezza che questo tipo di ausilio è decisivo e fondamentale per avviare quel percorso di uscita dalle situazioni di violenza.
  Nella relazione ho richiamato uno studio, pubblicato di recente dal Sole 24 Ore, che dà la misura dell'importanza e dell'efficacia delle misure che il Ministero sta mettendo in campo. In particolare, il report dà evidenza del riscontro del reddito di libertà: a fronte di più di 6.000 domande, che sono ancorate a presupposti ben precisi e ben determinati, sono ben 2.772 le domande accolte e, quindi, le donne vittime di maltrattamentiPag. 45 che dal 2020, anno in cui è stata istituita la misura, beneficiano di questo strumento. A mio giudizio, questo è un dato significativo per varie ragioni. Intanto il numero di domande sta a testimoniare che è sempre più diffusa una sensibilità anche attraverso le vittime, al di là di quelli che possono essere i presupposti normativi, che possiamo sempre più riperimetrare e alla bisogna allargare, nei limiti chiaramente dei vincoli di finanza, che sapete devono accompagnare l'estensione di queste misure. Però anche sul piano culturale secondo me questi dati sono molto confortanti, perché testimoniano che c'è una resistenza delle stesse vittime ad accettare, evidentemente, percorsi di questo tipo. Muovono da un periodo sicuramente molto particolare, quello post pandemico. Oggi – non c'è dubbio – sono sempre più i soggetti, le donne che decidono di affidarsi a questo percorso. Il legislatore, da questo punto di vista, è confortato nel fatto che la previsione di questi strumenti coadiuva le vittime di violenze e le aiuta sul piano psicologico e anche culturale, direi, ad accettare aiuti esterni per uscire da queste situazioni.
  Al di là della misura specifica, lo sforzo comune è quello di approntare sempre più misure, che vanno, poi, a completare il paniere degli strumenti di contrasto e di ausilio (di contrasto alla violenza e di ausilio per le vittime), perché sempre più ci sia una rete di protezione strutturata che possa essere attivata dalle vittime. Questa, secondo me, è la conquista più importante.
  Come tutti sappiamo, il primo ostacolo da abbattere è quello culturale, per consentire a questi soggetti di poter chiedere e ottenere in modo efficace un ausilio anche da parte dell'ordinamento.

  PRESIDENTE. Non vedo altre richieste di intervento.Pag. 46
  Ringrazio il dottor Zuccaro per il contributo importante. Forniremo il materiale che ci girerà ai commissari.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  (La seduta, sospesa alle 17, è ripresa alle 17.30)

Audizione del Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia, Maria Rosaria Covelli, e Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione, Giuseppina Casella

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta degli auditi che dei collegati, sospendendosi, in tal caso, la partecipazione da remoto e la trasmissione sulla web-tv.
  L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione del Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia, Maria Rosaria Covelli, e del Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione, Giuseppina Casella.
  A nome di tutti i commissari e le commissarie, do il benvenuto alla presidente Covelli e alla dottoressa Casella, che Pag. 47ringrazio per la disponibilità a contribuire ai lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  L'audizione odierna è da inquadrare nel ciclo di audizioni dedicato al filone di inchiesta incentrato sulla stesura di un testo unico sulla materia, in linea con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 9 febbraio 2023, n. 12, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
  Nel rinnovare il ringraziamento alla dottoressa Covelli e alla dottoressa Casella, do loro la parola.

  MARIA ROSARIA COVELLI, Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia. Buonasera a tutti.
  Ringrazio la vicepresidente Leonardi e gli onorevoli parlamentari, commissarie e commissari, per l'invito a partecipare a questa audizione, di cui sono davvero onorata, segno importante e tangibile dell'atteggiamento più opportuno e – direi – necessario di collaborazione interistituzionale per affrontare un fenomeno tra i più drammatici e complessi, tenuto anche conto della estrema difficoltà della rilevazione e della ricostruzione delle situazioni di violenza.
  Il Ministero della giustizia, alla luce dell'aumento esponenziale degli omicidi di genere, violenze sessuali, atti persecutori e maltrattamenti, è fortemente impegnato nel sensibilizzare i soggetti a vario titolo coinvolti, con l'obiettivo di promuovere un intervento sinergico e incisivo.
  A tal fine, tra le altre iniziative, il Ministro della giustizia ha istituito nell'ottobre del 2022 l'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, Pag. 48nella convinzione che il grado di efficacia delle norme dipende strettamente dalla loro attuazione e che la violenza di genere è il fenomeno che, coinvolgendo piani eterogenei (culturale, sociologico, psicologico, giudiziario, assistenziale e sanitario), va contrastato, oltre che con la repressione, prima di essa, mediante misure che assicurino corretta e completa informazione, adeguata formazione degli operatori e prevenzione, questa essendo la funzione primaria e la più importante da perseguire e da mettere in campo.
  Affrontare il tema della violenza di genere da varie prospettive significa avvicinarsi con differenti sensibilità e con differenti competenze professionali e scientifiche. È costante e assai proficuo il dialogo dell'Osservatorio con il Consiglio superiore della magistratura, che ha già dato luogo a comuni e assai importanti iniziative al riguardo. L'approccio metodologico è quello di un lavoro di rete, che punta anche a sensibilizzare l'opinione pubblica in termini di conoscenza, comprensione del fenomeno e trasformazione di schemi e atteggiamenti culturali, che finora hanno gravemente nuociuto agli equilibri della società civile.
  Di qui la partecipazione all'Osservatorio, oltre che di giudici e avvocati, anche di docenti universitari, componenti del direttivo della Scuola superiore della magistratura e di giornaliste. È un Osservatorio che intende dialogare con gli uffici giudiziari, allo scopo innanzitutto di conoscere che cosa accade nella prassi, di individuare le problematiche nell'ambito dell'attività organizzativa giudiziaria, di valutare la effettività dei presìdi di cui il nostro ordinamento si è ampiamente dotato (è uno degli apparati migliori non solo dell'Europa, ma del mondo), a partire dai risultati dell'applicazione del Codice rosso, con un'attenzione all'applicazione delle più recenti normative (legge Roccella-Piantedosi-Nordio, DL Caivano) e, in particolare, alle Pag. 49misure che possono potenziare la prevenzione. Il fine è anche di far emergere criticità eventuali ed esigenze degli uffici a tale riguardo, tali da necessitare proposte e azioni mirate, e di rilevare le buone prassi.
  Le best practices realizzate e sviluppate dall'impatto delle discipline normative a livello territoriale possono manifestare un indice di adeguatezza della risposta offerta dagli uffici giudiziari, in un'ottica di prioritaria sicurezza delle vittime e delle persone in pericolo. È stata, così, realizzata ed è costantemente implementata una raccolta delle buone prassi, che attualmente è pubblicata sul sito web dell'Ispettorato generale presso il Ministero della giustizia, con un particolare focus su quelle poste in essere dall'applicazione della normativa in tema di violenza di genere e domestica (è un focus alimentato attraverso lo specifico mandato agli ispettori di rilevare le buone prassi durante le ispezioni presso gli uffici giudiziari), nonché con i risultati derivanti da specifici questionari inviati alle procure. Se poi sarà di interesse, potrò illustrare questa raccolta.
  Nelle premesse del decreto istitutivo dell'Osservatorio si richiamano, a fianco alle fonti di diritto di matrice europea e internazionale, le normative nazionali, dalla Convenzione di Istanbul 2011 alla riforma Cartabia, che hanno interessato anche il settore cruciale della giustizia civile, rafforzandone operatività ed efficacia.
  L'Osservatorio, articolato in gruppi di lavoro, si occupa, oltre che di rilevazione e promozione delle prassi organizzative, di raccolta ed elaborazione analisi dei dati giudiziari e statistici, in materia civile e penale, di attività di interlocuzione interistituzionale, anche in ambito comunitario, finalizzata a promuovere l'elaborazione di progetti con enti e istituzioni europee attivi nel settore, un focus sui minori, con la raccolta e l'analisi dei dati Pag. 50relativi alla violenza che coinvolge i minori, e l'esame dell'adeguatezza della normativa civile e penale vigente ed eventuali proposte.
  Infine, l'Osservatorio si occupa anche di linguaggio nella giurisdizione penale, civile, minorile, utilizzato nel dibattimento penale, caratterizzato da interazione verbale, nei provvedimenti giudiziari, con particolare riguardo a quelli già oggetto di dibattito pubblico, nonché nei comunicati e articoli di stampa relativi a fatti di violenza di genere. Ciò in ragione sia dell'incidenza del linguaggio sulla formazione culturale in tema di contrasto a questa forma di violenza sia della sua potenziale idoneità a instaurare situazioni di vittimizzazione secondaria.
  Solo con un utilizzo consapevole del linguaggio, le parole – lungi dal costituire strumento di ulteriore pregiudizio – possono esprimere tutela delle posizioni soggettive. Lo stretto legame tra linguaggio e attuazione dei diritti è stato autorevolmente affermato dalla Corte EDU, che – come è noto – ha condannato l'Italia per la vittimizzazione secondaria indotta da un uso inappropriato delle parole nelle sentenze.
  Il linguaggio esprime una visione della società cui i consociati partecipano, ma che, in un certo qual modo, anche subiscono. Ciò è evidente in una società dominata dalla comunicazione via web e via social. Di qui la necessità della messa in campo di una formazione ad hoc, che potrebbe coinvolgere anche i vari professionisti e, comunque, tutti i protagonisti.
  L'Osservatorio ha, inoltre, programmato la realizzazione di un vademecum di linee guida nell'uso del linguaggio giudiziario, proprio con il fine di elevare il livello di consapevolezza degli operatori giuridici chiamati a occuparsi in vari ambiti di violenza di genere, sempre nel rispetto dei princìpi di indipendenza e autonomia della magistratura.Pag. 51
  Ulteriore step dell'Osservatorio sarà la creazione di un focus sulla violenza economica. Se volete, poi approfondiamo anche questa programmazione.
  Una delle azioni concrete a oggi realizzate dall'Osservatorio è rappresentata dall'avvenuta elaborazione, in coordinamento con il CSM, di un questionario, che è stato somministrato a tutti gli uffici requirenti d'Italia, a tutte le procure ordinarie, sia procure della Repubblica che procure minorili, in materia di organizzazione, ai fini dell'efficace attuazione della strumentazione normativa. Seguiranno, poi, anche questionari agli uffici giudicanti.
  L'attività di ricognizione è stata svolta con la fondamentale collaborazione dei procuratori, dei capi degli uffici, che sono principale e diretta fonte di conoscenza delle specifiche realtà. Il questionario è volto proprio a rilevare modelli organizzativi, in questo settore di tutela delle vittime di violenza di genere e domestica, che abbiano quale obiettivo la specializzazione e la formazione permanente dei magistrati; l'aggiornamento legislativo e giurisprudenziale dei magistrati, togati e onorari, che trattano questa delicata materia; la problematica delle assegnazioni in caso di plurime iscrizioni a carico del medesimo indagato; la personalizzazione del procedimento, anche nei vari gradi di giudizio, mediante raccordi organizzativi; la perequazione dei carichi di ruolo dei magistrati; la tempestività dell'azione giudiziaria nella materia, con particolare riferimento all'ascolto della persona offesa; la pronta valutazione del rischio, per assicurare efficaci misure di protezione della vittima; la correttezza informativa nei rapporti con la stampa, con attenzione al linguaggio utilizzato; il coordinamento necessario e la cooperazione tra più uffici giudiziari (la procura, il tribunale ordinario, il tribunale dei minori); la valutazione della pericolosità dell'indagato; l'attuazione del monitoraggio su numeroPag. 52 e tipologia delle misure coercitive applicate. Hanno risposto tutte le 140 procure del Paese. Gli elementi acquisiti saranno oggetto di analisi e potranno costituire la base per ogni necessario e opportuno intervento da parte del Ministero della giustizia e del CSM, per supportare gli uffici, e ogni altro intervento, anche parlamentare o governativo.
  Altro risultato concreto – e qui veniamo in media res per l'audizione di oggi – è rappresentato dalla realizzazione di una raccolta normativa. Il complesso susseguirsi degli interventi normativi che restituiscono alle donne offese dalla violenza una prioritaria dimensione di tutela ha imposto, tra i primi obiettivi perseguiti da questo Osservatorio, una ricognizione delle fonti normative dedicate, attraverso una accurata ricostruzione degli strumenti e delle misure, procedurali e sostanziali, che il nostro ordinamento ha finora adottato, anche in risposta agli obblighi sovranazionali di prevenzione, protezione e punizione (mi riferisco alla Convenzione di Istanbul del 2011) e al fine di affrancare la vittima dalla reiterazione di condotte violente ed emanciparla da dinamiche relazionali disfunzionali.
  L'opera realizzata dall'Osservatorio non ha la pretesa di essere esaustiva di tutte le tematiche che intercettano il fenomeno della violenza esercitata contro le donne, ma rappresenta certamente un lavoro qualificato che, anche grazie alla mappatura di innovativi abstract che accompagnano il susseguirsi dei corpi normativi sistematicamente articolati e grazie anche a collegamenti ipertestuali, si propone come uno strumento di grande utilità nella consultazione da parte di giuristi, di tutti gli operatori coinvolti, della collettività stessa, per favorire conoscenza e lettura comparata delle varie fonti e una conoscenza completa, aggiornata, multidisciplinare della materia.
  La ricognizione è stata ideata e realizzata dal gruppo di lavoro coordinato dalla consigliera Pina Casella, che ne preciseràPag. 53 il contenuto. Vi hanno contribuito addetti all'ufficio legislativo del Ministero, del gabinetto e analisti dell'organizzazione.
  Di fronte a una legislazione composita, cronologicamente eterogenea dal punto di vista delle fonti di riferimento, si è tentata una riconduzione a sistema. È una mole di norme complessa sotto il profilo delle coordinate temporali e sotto il profilo contenutistico. Vi è stata, dunque, una suddivisione per macro-temi. La raccolta, innanzitutto, richiama la trama costituzionale, che si dipana dall'articolo 3 sull'uguaglianza effettiva di tutti i cittadini, uomini e donne, e riguarda le fonti internazionali e sovranazionali, distinte tra quelle di diretta applicazione (come, ad esempio, la CEDAW del 1979 e la Convenzione di Istanbul del 2011) e quelle di non diretta applicazione (risoluzioni del Consiglio d'Europa e raccomandazioni).
  La raccolta si occupa, quindi, del quadro nazionale, in particolare tutto ciò che è stato introdotto nel settore penale (disposizioni sostanziali e procedurali e misure di prevenzione), in un crescendo di sviluppo e di attenzione da parte del nostro legislatore. Si pensi all'apparato sanzionatorio, sempre più articolato e oggetto di continue rivisitazioni, anche per l'adeguamento agli obblighi internazionali e sovranazionali.
  La raccolta comprende anche le norme relative al settore della giustizia civile, anche qui, sotto il profilo sostanziale e processuale. Si pensi agli ordini di protezione in caso di abusi familiari, quando sussiste un'accertata situazione di tensione e non necessariamente un reato; al procedimento unitario in materia di persone, minorenni e famiglie, con potenziamento della tutela processuale; al coordinamento tra autorità giudiziarie, civili e penali, e forze dell'ordine; all'istituzione del tribunale per persone, minorenni e famiglie per evitare frammentazionePag. 54 di procedure e limitare la vittimizzazione secondaria; alle disposizioni intese a considerare, in sede di affidamento della prole, le eventuali condotte violente dei genitori, per rendere effettiva la previsione al riguardo contenuta nella Convenzione di Istanbul.
  La raccolta, inoltre, comprende anche norme sull'ordinamento penitenziario, sull'esecuzione delle misure privative della libertà, sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, sulle misure pubbliche di sostegno, sulle spese di giustizia, perché la tutela giudiziaria delle vittime di violenza di genere passa anche attraverso l'erogazione di un'assistenza legale ad hoc, pertinente e adeguata, con estensione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato alle vittime di crimini domestici, anche in deroga ai limiti di reddito previsti dalla vigente normativa, estesa anche ai figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, rimasti orfani a seguito di crimine domestico.
  La raccolta riguarda anche strumenti finalizzati a una sempre più corretta informazione. Inoltre, si occupa della normativa in tema di analisi statistica, nonché di reti di soccorso sociosanitario. Insomma, a tutto campo, una raccolta completa.
  Abbiamo guardato anche alle norme ordinamentali che indirizzano l'attività dei dirigenti, degli uffici e dei magistrati, come, ad esempio, quelle relative ai criteri di priorità nella trattazione di questi procedimenti.
  Naturalmente, è un testo soggetto a continuo aggiornamento e integrazione e può avere un'utilità anche per ulteriori passi normativi, per la conoscenza di ogni istituto o strumento a tutela e garanzia, per compulsare l'attuazione effettiva di norme, purtroppo, tuttora inattuate, magari anche non conosciute, per ogni operatore, per gli adulti, per i giovani, per le scuole, per le Pag. 55università, per vittime di violenza, persone che soffrono in queste situazioni. Scorrendo un testo di agevole consultazione, può rendersi conto di quali sono i suoi diritti, di quali sono i suoi strumenti a tutela.
  Con riguardo alla prospettiva della stesura di un testo unico riepilogativo della materia, questa potrà certamente giovarsi dello strumento conoscitivo rappresentato da questa raccolta. La Commissione è il luogo in cui le diverse posizioni politiche trovano un importante incontro valoriale, di iniziativa propositiva. Proporre la realizzazione di un testo unico riepilogativo in questo settore, in attuazione dei compiti indicati all'articolo 2, lettera n), della legge n. 12/2023, al fine di migliorare la coerenza e la completezza della regolamentazione, sollecitando il Governo al riguardo, è davvero una iniziativa di grandissima rilevanza, che risponde a un'esigenza di semplificazione, di sistematicità, di organicità, di certezza del diritto. È fortemente sentita dagli operatori del settore e avrà un impatto estremamente positivo, quale strumento di conoscenza, di informazione e anche di acquisizione di consapevolezza.
  Anche da parte dei giudici è stata rimarcata questa esigenza. La Corte di cassazione a sezioni unite, in una sentenza del 2016, la n. 10959, in sede di questione interpretativa dell'articolo 408 del Codice di procedura penale, ha avuto modo di rilevare l'esistenza in questo settore di una assai complessa combinazione, sovrapposizione, stratificazione di strumenti penalistici, civilistici, amministrativi e numerosi interventi settoriali, anche, a volte, con reinterventi, mediante lo strumento del decreto-legge e successivi adattamenti, sugli stessi istituti. Quindi, un quadro di riferimento molto frammentario, molto complesso.
  Di qui, effettivamente, la necessità della realizzazione di un momento che ricomponga questo a unità. I testi unici sono uno strumento tipicamente italiano. In un unico corpo vengono Pag. 56inserite e raccolte norme sparpagliate. Mentre nel caso di testo unico innovativo – lo sappiamo – si ha una rivisitazione che innova, razionalizza ed è necessaria una legge delega da Parlamento a Governo, nel caso di testo unico compilativo si ha una mera ricognizione. È un'opera di selezione e raccolta. Il procedimento è quello descritto dall'articolo 17-bis della legge n. 400/1988, che detta anche dei criteri e una specifica procedura: lo schema del testo unico è deliberato dal Consiglio dei ministri, valutato il parere del Consiglio di Stato, che deve esprimere entro 45 giorni dalla richiesta, ed è, poi, emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei ministri stesso.
  Vi sono, naturalmente, delle questioni che, abbiamo visto, sono state anche poste e affrontate in precedenti audizioni. In presenza di un testo meramente ricognitivo, che è poi quello che si propone la Commissione e che è auspicabile, potrebbe non porsi una questione di cosiddetta «riserva di codice», di cui all'articolo 3-bis del Codice penale, né di inserimento delle norme sovranazionali. Possono essere elencate le leggi di ratifica dei trattati, i regolamenti, le norme di recepimento. La mera compilazione, effettivamente, lascia inalterate le fonti originarie. È un testo riproduttivo delle fonti, che vengono semplicemente richiamate. Non abroga e non modifica. In realtà, è uno strumento ricognitivo, comprensivo di ogni norma utile, sia primaria che secondaria, tant'è che si parla di testo unico compilativo misto.
  Per dirla in sintesi, è uno strumento di più esatta e migliore conoscenza di tutta la normativa di settore. Questa è utile non solo ai giudici, ma anche agli avvocati. Un testo unico di questo tipo tutelerebbe senz'altro anche il diritto di difesa, la sua Pag. 57completa e importante esplicazione. Dunque, uno strumento di più esatta e migliore conoscenza.
  Altra questione affrontata è quella di un eventuale inserimento delle normative regionali. Anche qui, si potrebbe pensare, certamente sarebbe molto interessante, sarebbe sfidante, una soluzione nuova. Le normative regionali noi non le abbiamo assolutamente toccate, ma naturalmente sono rilevanti, importantissime. Tutte le regioni, ormai, hanno adottato normative antiviolenza. Si pensi a tutto il settore della programmazione, dei centri antiviolenza, delle case rifugio. Quindi, sarebbe una soluzione nuova, molto interessante.
  Bisognerebbe trovare un momento di interlocuzione con le regioni. Si potrebbe passare, magari, attraverso la Conferenza permanente Stato-regioni. Si potrebbe pensare a un passaggio preventivo proprio in questa Conferenza permanente, magari da parte del ministero o dei ministeri che si potrebbero occupare della redazione di questo testo unico, ai fini di un parere della Conferenza Stato-regioni circa l'inserimento anche delle leggi regionali in un testo unico compilativo. Si potrebbe pensare, dunque, a un procedimento integrato, fondato e ispirato a un pluralismo istituzionale, in un settore di grandissima attualità e rilevanza. Un gruppo di lavoro che potrebbe vedere anche la partecipazione di rappresentanti delle regioni e degli stessi tecnici regionali, insieme ai redattori, a livello di ministeri.
  Altra questione è quella di un possibile inserimento, in questo testo unico, anche di documentazione rappresentativa della cosiddetta «soft law». Noi non ci abbiamo pensato. Abbiamo, come vi ho detto, limitato alle normative primarie e secondarie, ma anche la soft law, tutto ciò che è documentazione non prescrittiva, potrebbe essere utile inserirla. Sono le Pag. 58linee guida, le direttive ministeriali, tutta la documentazione promanante dall'Unione europea (si pensi ai Libri verdi).
  Tutto ciò potrebbe essere molto interessante, perché rappresenterebbe davvero un modello nuovo, un modello sfidante, un modello che potrebbe instaurare una grande partecipazione e una circolarità virtuosa.
  Oltre alla raccolta normativa, il Ministro della giustizia Nordio ha voluto, poi, realizzare – e questo mi fa piacere riferirlo – un opuscolo informativo di ampia divulgazione, che ho consegnato alla vicepresidente Leonardi, che il ministro pensa di far stampare anche nelle tipografie di case circondariali. Tale opuscolo ha una funzione del tutto complementare rispetto a questa formale raccolta normativa. È un opuscolo che punta su immagini, su un linguaggio di facile e diretta comprensione, fa riferimento ai segnali di allarme, alla patologia di alcune situazioni e condotte, all'importanza dell'indipendenza economica, la cui privazione può diventare strumento per calpestare la dignità. In questo opuscolo si spiega quali sono i soggetti ai quali la donna che soffre e ha subìto una situazione di violenza può rivolgersi. È un opuscolo che enumera anche questi soggetti: i numeri antiviolenza, i numeri per lo stalking, i centri antiviolenza, i consultori familiari, le Forze dell'ordine. Fa anche riferimento alle conseguenze per l'uomo derivanti da comportamenti aggressivi posti in essere.
  Il Ministero ha voluto agire su questi nuovi fronti, fronti complementari. Questo opuscolo è stato fatto anche nella convinzione della importanza della educazione affettiva, della conoscenza dei presidi e più in generale del rispetto della dignità; dignità che, come ci insegnano i costituzionalisti, è il diritto dei diritti.Pag. 59
  Vi ringrazio molto per questa occasione. È un'occasione funzionale a un fondamentale lavoro di rete. Vi ringrazio per l'attenzione.
  Auspico che Ministero della giustizia e l'Osservatorio possano davvero contribuire ai lavori di questa Commissione. Siamo a disposizione per l'instaurazione di canali di collegamento costanti e proficui. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Covelli.
  Lascio ora la parola alla dottoressa Casella.

  GIUSEPPINA CASELLA, Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione. Rivolgo un buonasera cordiale alla vicepresidente Leonardi e a tutte le commissarie e ai commissari presenti e un ringraziamento sentito alla presidente Semenzato per l'invito. Un invito che ho colto sotto una duplice declinazione, come componente dell'Osservatorio permanente istituito presso il Ministero della giustizia e in particolare come coordinatrice di un gruppo di lavoro individuato proprio come analisi e proposte normative, che è stato quello che ha elaborato, unitamente all'intero Osservatorio e alla presidente Covelli, la ricognizione normativa di cui già la presidente Covelli ha parlato, e la seconda declinazione come magistrato dell'ufficio della Procura generale della Cassazione.
  Partirei da questo aspetto innanzitutto per portarvi i saluti sentiti del Procuratore generale Luigi Salvato e per rappresentare che la Procura generale della Cassazione è da sempre, ma io direi da alcuni anni in particolare a questa parte, molto attenta al tema della violenza di genere.
  All'interno della Procura generale è stato costituito un gruppo di lavoro sulla violenza di genere, che ho l'onore di coordinare e che mi fa piacere ricordare è stato istituito grazie a una iniziativa di collaborazione della Commissione femminicidioPag. 60 all'epoca presieduta dalla senatrice Valente, che è stata una collaborazione di tipo inizialmente informativo, di scambio di informazioni, ma che ci ha consentito di mettere a fuoco la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc.
  Che cosa ha fatto questo gruppo di lavoro? Questo gruppo di lavoro intanto ha redatto degli orientamenti e delle linee guida che io intendo depositare formalmente, che, tenendo conto dell'attività di tutte le Procure del Paese, ha tracciato un bilancio dopo alcuni anni, dopo un triennio di operatività del codice rosso.
  Quel bilancio ha riguardato delle criticità normative a cui la relazione illustrativa Roccella-Nordio-Piantedosi fa riferimento, perché a leggere quella relazione illustrativa ci sono degli spunti di ragionamento che vengono da quegli orientamenti. Noi, ad esempio, ci ponevamo il problema del perché non fosse individuato un termine per i giudici, ma si parlasse ripetutamente, in tutte le occasioni, solo e soltanto dell'attività delle procure.
  Questo gruppo di lavoro, unitamente a una serie di colleghi dell'ufficio, ha redatto delle linee guida. Cosa sono questi orientamenti e queste linee guida? Sono linee rivolte a tutte le Procure del Paese, perché la Procura generale ha, nella complessità delle sue competenze, una competenza peculiare, che è quella individuata dall'articolo 6 della legge n. 106 del 2006, e che si declina in una attività di vigilanza su tutte le Procure generali e, attraverso le Procure generali, con le Procure della Repubblica.
  Oggi pomeriggio – io l'ho dovuto lasciare con un po' di anticipo – è in corso presso la Procura generale un incontro con tutti i procuratori generali d'Italia e con tutti i procuratori della Repubblica sul tema della violenza di genere, perché è Pag. 61evidente che la nuova legge e le nuove disposizioni pongono delle novità e anche delle problematiche.
  Perché è importante questa attività di vigilanza della Procura generale? Perché le buone prassi, che sono un'esperienza che normalmente si matura negli uffici più avveduti su determinati temi, non devono essere patrimonio di quell'ufficio, ma devono essere portate ed esportate. Quindi, gli orientamenti che vi produrrò attestano proprio questo: abbiamo valutato una serie di buone prassi, le abbiamo esaminate e diffuse perché le buone prassi di alcuni uffici diventino patrimonio comune.
  Questo, ovviamente, favorisce anche la prevedibilità dell'azione delle procure della Repubblica. È chiaro che questi orientamenti hanno anche il compito di far venir meno le criticità provenienti dall'Europa, perché tra il 2022 e il 2023 ci sono state cinque condanne della Corte europea dei diritti umani, che cinque volte ha condannato l'Italia, ad esempio, per l'inerzia o per il ritardo nell'azione della magistratura.
  Con questi obiettivi, esportare le buone prassi e trovare delle modalità che possano evitare per il futuro condanne consistenti all'Italia, e su questi binari si è mossa la Procura generale.
  La collaborazione istituzionale, che ha dato la stura alla costituzione del gruppo di lavoro, con la Commissione all'epoca non bicamerale sul femminicidio, per noi è stata molto importante. Quindi, rappresento, ovviamente, la piena disponibilità della Procura generale a proseguire questa collaborazione istituzionale, ovviamente nei limiti di quello che è il perimetro della competenza della Procura generale, ma potrebbe essere utile sicuramente uno scambio di dati che la Procura generale potrebbe acquisire con maggiore facilità, uno scambio di informazioni e, perché no, potrebbe essere utile una collaborazione anche su temi di indagine finora inesplorati, quale, ad esempio, quello della violenza economica.Pag. 62
  Il tema della violenza economica non è il tema di questa audizione. So, però, che sta molto a cuore a questa Commissione bicamerale e sta a cuore anche all'Osservatorio permanente. Quindi, mi permetto soltanto due flash sul tema della violenza economica. La violenza economica è sottostimata sotto i tre profili che normalmente sono quelli che decliniamo con riferimento alla violenza economica: il controllo economico, lo sfruttamento economico, il sabotaggio economico. È un tema inesplorato forse perché si parte dall'idea che la violenza di genere sia un fenomeno trasversale, il che è certamente vero, perché non ha distinzioni di ceto, non ha distinzioni di fasce sociali. Però, se guardiamo alcuni dati statistici dell'ISTAT, con particolare riferimento alle donne che intraprendono un percorso di fuoriuscita dalla violenza anche attraverso i centri sociali, vediamo che la maggior percentuale di queste donne attiene a donne prive di reddito.
  D'altronde, l'articolo 18 della Convenzione di Istanbul impone proprio, tra gli obblighi generali in materia di protezione, l'adozione di misure che mirino ad accrescere l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne vittime di violenza.
  L'indipendenza, quindi, è proprio uno dei presupposti essenziali, se non esclusivo, della stessa possibilità di uscire dal circuito della violenza.
  C'è una disponibilità del gruppo di lavoro della Procura generale ad esplorare questo tema sinora inesplorato, rispetto al quale, secondo me, la priorità che si pone è quella di una definizione condivisa del concetto di violenza economica. Se si riesce ad individuare una definizione condivisa, forse è più facile capire come esplorare il fenomeno anche a livello giudiziario.
  Vengo al tema specifico dell'audizione, ovvero l'elaborazione di un testo unico in materia. Esprimo il mio entusiasmo e la mia Pag. 63condivisione piena e totale per questa idea. D'altronde, l'Osservatorio si è mosso in questa direzione. È nata questa idea di una ricognizione normativa che, allo stato, è una ricognizione, ovviamente, non ho difficoltà a dirlo, non ha l'ambizione certamente di un testo unico. Non ha l'ambizione anche per quelle che sono le connotazioni dell'Osservatorio permanente, che è permanente. Quindi, questa prima ricognizione normativa, che, ad esempio, esclude le leggi regionali, che non contiene, lo ha detto la presidente Covelli, gli strumenti di soft law, è una prima ricognizione alla quale l'attività permanente dell'Osservatorio può dare ulteriore seguito.
  Ci siamo mossi in questo solco di una ricognizione normativa e quindi, personalmente, come componente dell'Osservatorio e come magistrato che si interessa di questi temi, non posso che esprimere una piena condivisione all'idea di un testo unico compilativo.
  Questa piena condivisione scaturisce dal fatto che l'idea da cui è nata la ricognizione normativa dell'Osservatorio è la necessità di mettere a sistema una serie di disposizioni assolutamente disorganiche. Se non si conoscono tutte queste disposizioni, è difficile capire quali sono i punti di forza del sistema italiano e quali sono i punti di debolezza.
  Siamo soliti dire che un punto di forza del sistema italiano è lo strumento punitivo. Io credo che dal punto di vista della punizione e della repressione siamo di fronte ad un ordinamento assai robusto, molto robusto, irrobustito ancor più dalle recenti normative, oltre il Codice rosso, quelle più recenti, che è assolutamente adeguato.
  Il tema di fondo e la domanda che ci si deve porre è come mai di fronte ad un sistema repressivo così adeguato, il numero dei femminicidi non è debellato, non decresce.Pag. 64
  Sono solita fare l'esempio di questa disparità numerica che è di per sé assai eloquente. Nel 1991 in Italia c'erano 1.916 omicidi, nel 2023 ne abbiamo 282. Questi omicidi erano in gran parte omicidi di criminalità organizzata. L'Italia ha fatto uno sforzo enorme sul tema della cultura antimafia.
  Credo – la dico in breve, perché il tempo è tiranno – sia necessario fare il medesimo sforzo sul tema della cultura del rispetto e della parità, perché è evidente che se noi andiamo ad esaminare i 282 omicidi del 2023 vediamo che 102 sono le donne uccise, che sono il più 4 per cento rispetto all'anno precedente. Insomma, il trend è quello. Da dieci anni il trend è quello e nonostante una robusta legislazione italiana dal punto di vista repressivo, il fenomeno non è debellato.
  Vuol dire che occorre fare leva. Da qui l'importanza, secondo me, di un testo unico che deve avere – mi permetto di esprimere la mia idea – una peculiare declinazione non solo contenutistica, ma anche nell'organizzazione, ovvero l'importanza del tema della prevenzione.
  Prevenzione, infatti, significa educazione ed educazione, ovviamente, al rispetto della parità e al rispetto del genere femminile, che è un tema su cui dobbiamo, come Paese, interrogarci e fare leva perché non solo il numero dei femminicidi rimane invariato, ma i reati spia aumentano, e aumentano in maniera esponenziale, in maniera molto seria.
  Abbiamo, ad esempio, il 48 per cento in più degli atti persecutori nel corso del decennio. Abbiamo il 105 per cento nel corso di dieci anni, 2013-2022, dei maltrattamenti contro familiari. Abbiamo un altro elemento peculiare, che è quello dei giovani adulti, poco più che maggiorenni, che si macchiano di violenze sessuali. Anche quello è un fenomeno in crescita.
  Quindi è fondamentale mettere a sistema per creare uno strumento di conoscenza per i magistrati, per gli avvocati e le Pag. 65avvocate, per le università, ma in genere per il Paese e per tutti, anche per le istituzioni educative e didattiche.
  Questa è l'idea che ci ha mosso, quindi l'idea del testo unico compilativo ex articolo 17-bis della legge n. 400 del 1988 è una idea da portare celermente a compimento.
  Come ci siamo mossi come Osservatorio e come gruppo di lavoro di analisi normativa che ha elaborato questa ricognizione normativa? Lo dico subito, siamo partiti dalla Costituzione e mi permetto di dire che qualunque testo, qualunque raccolta di norme non può che partire dalla Costituzione, precisamente dall'articolo 3, che fissa l'uguaglianza senza distinzione di sesso, non solo a livello formale, ma anche sostanziale, in quanto ci dice che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli per favorire la parità di genere. Questo articolo irradia l'intera Costituzione perché da esso promana una forza propulsiva in tutti gli ambiti, che sono la famiglia, il lavoro, le garanzie della donna lavoratrice, i diritti politici, l'accesso alle cariche pubbliche in condizione di parità: tutto quanto serva a ricostruire i rapporti tra generi su basi nuove.
  Le costituenti e i costituenti hanno avuto questa intuizione formidabile di innovare il rapporto tra il genere, che prima della Costituzione era un rapporto dispari e che con la Costituzione deve diventare pari, anche nella impostazione contenutistica del testo unico.
  Ovviamente, non può sfuggire che la organizzazione dei contenuti non è neutra. Io credo, personalmente, e noi questo abbiamo fatto, che sia necessario partire dalla Costituzione.
  Dopo lo sguardo alla Costituzione, abbiamo messo a raccolta le fonti internazionali e sovranazionali. Siamo partiti dalle fonti internazionali perché sono quelle che hanno, anche a livello europeo, ma a livello sovranazionale e internazionale in genere, facilitato e sensibilizzato l'ordinamento dei Paesi.Pag. 66
  Una delle cose, secondo me, interessanti della ricognizione normativa fatta è che è preceduta da brevi abstract e ha dei link ipertestuali. Questo, quindi, facilita in tutte le sedi la lettura.
  La Convenzione di Istanbul l'abbiamo definita una pietra miliare, perché ha sensibilizzato oltre che le coscienze dei singoli, anche gli ordinamenti dei Paesi. Siamo partiti, ovviamente, da queste fonti sovranazionali.
  Mi rendo conto che nel testo unico non è possibile inserire i testi delle norme sovranazionali, però – il suggerimento veniva già dalla presidente Covelli – verosimilmente è possibile inserirvi le leggi di recepimento.
  Ci siamo poi mossi lungo il solco dell'intero quadro normativo nazionale, escludendo le leggi regionali, ma – ho detto che sarebbe stato verosimilmente un successivo step e, tra l'altro, abbiamo elaborato come Osservatorio un'elencazione, sommaria, non definitiva, di queste leggi regionali, che, volendo, possiamo anche mettere a disposizione della Commissione, se la Commissione lo ritiene –, siccome ci si muove nell'ambito del 17-bis che fa riferimento agli atti aventi forza di legge, sono pari grado alle leggi statali.
  È vero certamente quello che ha detto la presidente Covelli, che forse è la prima volta che un testo unico metterebbe insieme leggi statali e leggi regionali, ma perché non cogliere questa opportunità, perché non innovare? Certo attraverso un metodo di lavoro concertato, perché la presidente Covelli ha detto che verosimilmente per fare questo è opportuna, se non addirittura doverosa, un'interlocuzione con le regioni, anche a fini di selezione, perché se io guardo alle leggi regionali a partire dal Piemonte finendo alla Calabria, ci sono tantissime leggi regionali che sono parigrado.
  Abbiamo dato un particolare rilievo in questa ricognizione al tema delle spese di giustizia. Il perché è di tutta evidenza. La Pag. 67tutela giudiziaria delle vittime di violenza passa anche attraverso un'assistenza giudiziaria. Abbiamo dato spazio a tutte le misure pubbliche di sostegno: il reddito di libertà, l'istituzione dei fondi di solidarietà, le disposizioni in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. Lo abbiamo fatto seguendo un ordine cronologico e trovandoci di fronte ad una costellazione di interventi.
  L'ordine più semplice che ci siamo dati è stato quello, ovviamente, cronologico. Poi abbiamo coniato – lo offro all'attenzione della Commissione – la categoria degli strumenti funzionali al sistema, dove abbiamo inserito una serie di norme eterogenee di fonti, anche di provenienza diversa, che però ci sono parse tutte funzionali alla tutela delle donne vittime di violenza. Abbiamo inserito, quindi, in questa categoria così coniata, strumenti funzionali al sistema, tutte le disposizioni di legge che riguardano, ad esempio, le iniziative di formazione e quindi di tutti gli operatori che, a diverso titolo, entrano in contatto con le donne vittime.
  Abbiamo inserito norme che non hanno forza primaria di legge. Abbiamo inserito, ad esempio, le linee guida nazionali per le aziende sanitarie ed ospedaliere. Spurio rispetto al tema della formazione, ma lo abbiamo ritenuto uno strumento funzionale al sistema guardando alla realtà quotidiana, cioè che il primo impatto della donna vittima di violenza è proprio con il pronto soccorso. Queste linee guida nazionali ci sono parse assai importanti. Abbiamo ovviamente inserito la legge sulla statistica di genere, che è una legge molto importante, che andrebbe finalmente messa in campo nel quotidiano dell'attività giudiziaria. Questa legge per ora è lì, ma bisogna farla vivere, occorre farla vivere.
  Partendo da quell'esperienza che abbiamo fatto come Osservatorio e venendo al contenuto di questo testo unico compilativo,Pag. 68 mi pare di essere stata già sufficientemente chiara. Io esprimo l'idea di un contenuto ampio che consenta l'inserimento anche delle leggi regionali. Certo, è un lavoro non indifferente che consentirebbe di fare qualcosa di nuovo e di utile, perché le leggi regionali sono quelle più prossime alle vittime di violenza.
  Non ci dimentichiamo che la legislazione sovranazionale punta molto – non vorrei sbagliare l'articolo –, attraverso l'articolo 19 della Convenzione di Istanbul, sulla giustizia di prossimità e sulla sua importanza.
  Non escluderei tutte quelle norme di rango secondario, quali sono per eccellenza i decreti e i regolamenti governativi. In vista di questa audizione ho ascoltato alcune audizioni, anche quella della consigliera Tudino, che ad esempio faceva riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2020, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra aziende con una serie di collegamenti in particolare con l'ABI, con gli istituti bancari. Ce ne sono anche altri. L'Osservatorio, ad esempio, ha inserito il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, proprio relativo a quelle linee guida indirizzate alle aziende sanitarie.
  Credo, quindi, che valga la pena di fare uno sforzo di raccolta, perché il lavoro è sicuramente complesso per come mi sto permettendo di prospettarlo, ma avrebbe una valenza assai significativa.
  Mi permetto di fare due ultime considerazioni sotto il profilo contenutistico, una in scia con quanto ha già detto la presidente Covelli, con riferimento al tema della riserva di codice. Però, se siamo di fronte ad un testo unico meramente compilativo, forse la trasfusione tout-court in generale delle norme codicistiche, che sono quelle che sono state ovviamente magna pars della Pag. 69ricognizione normativa che noi abbiamo fatto, potrebbe essere possibile.
  Quale potrebbe essere l'alternativa? L'alternativa dovrebbe essere una relazione di accompagnamento con una serie di allegati, perché occorre dare conto del percorso che il legislatore italiano ha fatto a livello codicistico, anche dal punto di vista del codice civile e di procedura civile dove è stato inserito nel codice civile il concetto di violenza, che non esisteva e dove si è posta in evidenza la necessità di un raccordo tra il giudice civile e giudice penale. Occorre dare conto, però, anche del percorso culturale che il legislatore penale ha fatto, che è un percorso culturale che oggi pone al centro dell'ordinamento penale la vittima. Questo non è più un codice penale reo centrico, come abbiamo scritto nella ricognizione normativa, ma è un codice che pone al centro la persona offesa e pone al centro la vittima.
  Un testo unico non può, a mio avviso, non dare conto o attraverso la trasposizione tout-court delle norme o attraverso una relazione di accompagnamento con allegati, di questo percorso culturale e legislativo del legislatore italiano.
  Il secondo spunto contenutistico, come ho detto, è quello legato alla Costituzione e quindi non mi ripeto.
  Faccio un'ultimissima considerazione su come ordinare un materiale così complesso, ribadendo che questa operazione di raccolta ordinata non ha carattere neutro e anzi rappresenterà un parametro importante di valutazione di questo lavoro. Mi pare che questa sia la scia su cui la Commissione si sta muovendo, tenendo conto delle quattro P della Convenzione di Istanbul, la protezione delle donne, la prevenzione, la punizione, le politiche integrate. Insisto, però, e chiedo scusa per l'insistenza, sul fatto di partire dalla Costituzione, stilando un itinerario ideale che prendendo proprio l'avvio dalle politiche Pag. 70educative, dalle politiche formative passi attraverso la prevenzione, attraverso la tutela, attraverso la punizione e attraverso la rieducazione.
  Deve essere chiaro – questa sarebbe la mia idea se fossi impegnata in uno sforzo di tal fatta – che la prima risposta alla violenza di genere deve essere rappresentata dalla prevenzione e quindi dal ruolo chiave del sistema educativo come veicolo di trasmissione del rispetto dei diritti in genere, ma della parità di genere in particolare.
  La repressione penale anche nel testo unico sicuramente è importantissima, quindi non meno importante, però deve essere rappresentata per quella che è, cioè l'extrema ratio, quindi quando tutti gli altri rimedi non hanno dato esito.
  Con questo auspicio concludo. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Covelli e la dottoressa Casella per il contributo importantissimo che hanno dato a questa Commissione e gli spunti che ci hanno offerto in questa audizione.
  Sicuramente il lavoro fatto dall'Osservatorio sarà prezioso per questa Commissione, perché pone una base di lavoro già strutturata e importante per quello che ci siamo prefissati come obiettivo.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARTINA SEMENZATO. Grazie, vicepresidente.
  Approfitto della presenza della dottoressa Casella per fare una domanda che forse esula da questa narrazione molto puntuale, che viene da un lavoro che le ha viste impegnate. Le chiedo se pensa ci possano essere degli strumenti di potenziamento a disposizione delle Procure. Vorrei una sua riflessione.
  L'altra domanda riguarda il lavoro sulla legislazione che coinvolge le regioni, ma anche gli enti locali, in tema di violenza Pag. 71di genere. Vorrei sapere se si ha in testa uno strumento ricognitivo e con quali modalità – mi pare di capire che sia uno step successivo di questo Osservatorio – oppure se si è già cominciato ad improntare il lavoro su una ricognizione molto puntuale, penso neanche facile, perché da come esploriamo la materia spesse volte quello che vale per un comune non vale per il comune a un chilometro di distanza in tema di violenza di genere, lasciando stare adesso i grandi interventi regionali.
  Vorrei capire, quindi, visto che nel corso della sua narrazione ha fatto riferimento all'eventualità di inserire all'interno di questo testo unico la legislazione regionale in tema di violenza di genere, quale possa essere una metodologia ricognitiva.
  Volendo concludere con una domanda, le chiedo quale possa essere, anche se abbiamo già in testa la risposta, l'utilità pratica di questo testo unico non solo per quelli che noi identifichiamo come gli addetti, posso pensare ad avvocati e magistrati, ma anche per gli operatori sociosanitari e per le forze dell'ordine. Lo vedo, inoltre, come strumento idoneo a spiegare – lo dico usando questa interpretazione verbale – la soggettività della violenza di genere con l'oggettività delle norme, magari anche attraverso i sistemi scolastici. Però, vorrei una vostra visione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, do la parola ai nostri auditi per la replica.

  GIUSEPPINA CASELLA, Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione. Parto dalle procure. Dicevo prima, onorevole Semenzato, che oggi è in corso, proprio presso la Procura generale, una riunione di tutti i procuratori generali sul tema della violenza di genere, perché anche le nuove norme Pag. 72richiedono meditazione e presentano qualche problematica applicativa. Io credo che l'apparato normativo offerto alle procure sia più che sufficiente.
  Mi permetto di dire che veniva anche da alcuni procuratori generali la rappresentazione di un'esigenza: le procure devono operare su questo tema con tranquillità. I numerosi adempimenti di cui le procure sono destinatarie dal punto di vista normativo non devono togliere tranquillità ai sostituti e alle sostitute che si interessano di questo tema, perché oggi in molte procure non ci sono vocazioni per comporre i gruppi di lavoro sulla violenza di genere e addirittura si ricorre ad assegnazioni d'ufficio all'interno delle procure, dal momento che questi temi sono scottanti, sono difficili da maneggiare, e si corre il rischio di un'escalation soggettiva del singolo denunciato che può portare al femminicidio.
  Io, quindi, alla domanda su che cosa si può fare per favorire il lavoro delle procure, rispondo che dal punto di vista normativo non si può fare pressoché nulla. Ciò che si può fare – mi permetto di dire come sta facendo la procura generale – è operare individuando buone prassi sulla formazione, sulla specializzazione, sulla valutazione dei fattori di rischio. Negli orientamenti che io deposito abbiamo molto insistito sui fattori di rischio, che sono uno dei punti su cui i sostituti addetti ai settori devono essere preparati, in quanto devono essere in grado di capire se c'è la possibilità di un'escalation violenta.
  Io credo, quindi, che le procure debbano, adesso, mettere a sistema quello che dopo il «Codice rosso» hanno elaborato in termini di buone prassi, perché il «Codice rosso» ha fatto sì che su questo tema la sensibilizzazione degli operatori della procura sia estrema. Ogni due o tre mesi come procura generale, forti di quella vigilanza, facciamo incontri ad hoc.Pag. 73
  Per quanto riguarda le leggi regionali, onorevole Semenzato, l'Osservatorio ha una caratteristica positiva: è permanente, quindi ha tempo per fare le cose. Noi abbiamo fatto questa prima ricognizione e abbiamo anche raccolto una serie di leggi regionali, ma come elencazione. Non siamo andati oltre perché volevamo esplorare anche altri temi e, in verità, anche altri ordinamenti, in particolare quello spagnolo, che è un ordinamento su cui è opportuno fare qualche riflessione. Quindi, per ora ci siamo fermati. Poi, la presidente Covelli, che presiede l'Osservatorio, valuterà se in un'ottica di collaborazione istituzionale è opportuno un contributo dell'Osservatorio presso il Ministero della giustizia. Però, per ora al di là di un'elencazione delle leggi regionali che abbiamo individuato, magari in maniera forse un po' sommaria, non abbiamo fatto.
  Ho dimenticato la terza domanda, me ne dolgo.

  MARTINA SEMENZATO. La ricaduta pratica di questo testo unico non solo per gli addetti, quindi avvocati e magistrati, ma anche, nella trasversalità, per gli operatori sociosanitari e le forze dell'ordine.

  GIUSEPPINA CASELLA, Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione. Ma anche nelle scuole. Ecco perché secondo me è importante quell'organizzazione contenutistica, in quanto se si parte dalla prevenzione e, quindi, dall'importanza educativa questo testo unico diventa estremamente importante a tutti i livelli scolastici, a finire all'università, ma partendo dai primi step.
  Chiaramente questo testo unico, che immagino sarà non poco voluminoso, non leggero dal punto di vista del contenuto, potrà anche essere oggetto di abstract, e dove lo si ritenga alcuni abstract potranno essere diffusi presso istituzioni educative e formative anche meno qualificate o, comunque, destinate a Pag. 74soggetti meno qualificati, penso ad esempio ai minorenni, negli istituti carcerari, dove ci sono tante opportunità di formazione. Può essere anche uno strumento di lettura e di formazione degli uomini maltrattanti, perché il tema della rieducazione ovviamente è fondamentale. Quindi, io credo che questo testo unico avrà un'importanza fondamentale per gli operatori, ma in genere per il Paese Italia sotto il profilo della formazione educativa e del rispetto dei diritti.

  MARIA ROSARIA COVELLI, Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia. Di nuovo grazie per questa opportunità.
  Prima dicevo che il problema è quello dell'attuazione di questo apparato normativo di cui si è dotato il Paese, tant'è che lei, onorevole Semenzato, chiedeva delle procure. Difatti, l'Osservatorio vuole rilevare l'efficacia delle norme sul campo, perché è sul campo che si riesce a comprendere se la norma ha trovato attuazione e con quali modalità.
  Le modalità organizzative delle procure sono estremamente importanti e anche nel panorama nazionale alcune procure sono particolarmente organizzate, altre meno, ma certamente per fattori esterni, quali i problemi di scoperture, di organico, di mancanza di personale amministrativo e via elencando. Tant'è che per rilevare questi dati e, quindi, capire se occorrono o meno, come lei chiedeva, strumenti di potenziamento alle procure abbiamo realizzato un questionario. Lo ha predisposto un gruppo di lavoro, coordinato da Maria Monteleone, lo abbiamo inviato a tutte le procure d'Italia. Hanno risposto tutti i 140 procuratori, ora stiamo analizzando i dati, proprio al fine di verificare quali sono le eventuali criticità, le esigenze delle Pag. 75procure, i modelli organizzativi e soprattutto quello che riguarda le buone prassi.
  Inoltre, in relazione alle buone prassi, come dicevo prima, abbiamo anche realizzato – questo è a vostra disposizione – una raccolta di tutte le buone prassi organizzative delle procure e degli uffici giudiziari italiani, che è pubblicata sul sito dell'Ispettorato generale, perché il fine è quello di rilevarle, di diffonderle, di veicolarle, proprio per migliorare questi modelli organizzativi a fini non soltanto repressivi, ma anche preventivi e formativi. Quindi, si pensi a tutti i protocolli che fanno le procure al fine di formare le forze dell'ordine, di instaurare relazioni e convenzioni con il territorio e via dicendo. Adesso dobbiamo analizzare questi dati e, una volta elaborati, certamente potremo metterli a disposizione di questa Commissione, perché sarà molto interessante verificare qual è lo stato dell'arte, vale a dire che cosa accade nella prassi e quali sono, ad oggi, le criticità, le esigenze e i modelli organizzativi attuativi di questa normativa, sempre nell'ottica, su cui siamo tutti d'accordo, della finalità di prevenzione, ovverosia di intercettare le situazioni.
  A questo scopo manderemo i questionari anche agli uffici giudicanti, ai tribunali civili, dal momento che è in sede civile che soprattutto si possono intercettare situazioni conflittuali di questo tipo, che possono evolvere in situazioni più drammatiche. Oggi il giudice civile è davvero stato dotato di strumenti che potenziano la sua attività e la sua operatività. Questo è molto importante. Così come è stata normativamente stigmatizzata la necessità di una circolazione di informazioni tra giudice civile e giudice penale.
  Per quanto riguarda l'inserimento delle leggi regionali, dicevo prima che a questo punto, se si vuole affrontare tale questione, sarà importante un'iniziativa propulsiva proprio da Pag. 76parte di questa Commissione. D'altronde, se l'idea è quella di un testo unico che comprenda anche le leggi regionali, probabilmente sarebbe opportuno un procedimento integrato con le regioni, un passaggio in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, al fine anche di avere un parere preventivo circa l'inserimento di questo testo. D'altra parte, potrebbe essere veramente un momento importante di partecipazione e collaborazione su una materia così delicata. Quindi, sarebbe importante che anche i rappresentanti delle regioni possano partecipare al gruppo di redazione. Adesso non so quale potrebbe essere il ministero che si possa occupare di questo. Dipenderà dalle vostre dinamiche. Ma, ripeto, sarebbe certamente opportuno questo tipo di raccordo, che si potrebbe realizzare attraverso la Conferenza Stato-regioni.

  MARTINA SEMENZATO. Presidente, approfitto per dare un indirizzo di lavoro sull'analisi della violenza economica, visto che voi state predisponendo un lavoro di «richiesta di dati» da parte di una serie di soggetti attraverso l'uso dei questionari, quindi tenendo conto della compilazione di percorsi che possano andare a scavare quella che è la violenza economica, genesi, modalità, maltrattante e vittima, in modo che si possa dar seguito anche a uno degli altri punti su cui questa Commissione indirizza molta parte del suo lavoro, assieme a quello della vittimizzazione secondaria.
  Voi sapete che questa Commissione si è data tredici punti di lavoro, seguendo un ordine prioritario, in modo da permettere a tutta la Commissione di seguire tutti i lavori, violenza economica, testo unico e vittimizzazione secondaria. Quindi, nelle pieghe del vostro lavoro sarebbe utile un suggerimento per capire quale può essere l'attività metodologica più adatta per l'Osservatorio al fine di indirizzare il proprio lavoro anche su questa tematica, di cui abbiamo poca rilevanza numerica ma Pag. 77anche qualitativa e quantitativa (se si possono usare questi due termini).

  MARIA ROSARIA COVELLI, Capo dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia e Presidente dell'Osservatorio permanente sull'efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica, istituito presso il Ministero della giustizia. Al riguardo, ad esempio, nel questionario che abbiamo mandato alle procure abbiamo chiesto in relazione a quali reati può emergere la violenza economica, perché sappiamo che non vi è un reato ad hoc, ma si fa riferimento all'articolo 572 del codice penale sui maltrattamenti in famiglia. Tant'è che la Corte di cassazione ha inquadrato la violenza economica nell'ambito dei maltrattamenti in famiglia. Così come la violazione degli obblighi di assistenza familiare anche in caso di separazione o scioglimento del matrimonio. Quindi, parliamo degli articoli 570, 570-bis e 572 del codice penale, tutti procedibili d'ufficio.
  Abbiamo fatto questa richiesta alle procure proprio per vedere la possibilità di estrarre dei dati relativi a tali reati, da cui possono emergere situazioni di violenza economica. Così come lo faremo per quanto riguarda i tribunali, in particolare i tribunali civili, per tentare di far emergere il dato, che è la cosa assolutamente più difficile per quanto riguarda questo tipo di violenza, che poi si consuma nell'ombra.
  D'altra parte, anche in questo settore il problema è l'attuazione della normativa, perché nel penale vengono eseguiti sequestri conservativi dei beni nei confronti dell'uomo maltrattante, nel civile ci sono ordini di protezione ma – diciamo le cose come stanno – i tribunali civili e le sezioni diritto di famiglia denunciano situazioni in cui, in esito a separazioni e divorzi, il marito maltrattante, piuttosto che adempiere agli obblighi di mantenimento, si licenzia, comincia a lavorare in nero, lasciando in difficoltà la coniuge, magari anche con prole Pag. 78minore. Quindi, bisognerebbe agire adottando politiche del lavoro maggiormente tutelanti la donna sotto questo profilo di violenza economica, proprio per preservare una sua indipendenza. Noi questo lo facciamo e stiamo organizzando questo tavolo di lavoro. Quindi, sicuramente tutto ciò che emerge si convertirà in dati, che vi potremo dare, perché saranno dati rilevati proprio sul campo.

  GIUSEPPINA CASELLA, Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione. Solo in scia a quello che diceva la presidente Covelli, aggiungo che bisogna conoscere i dati perché adesso abbiamo qualcosa in più che sensazioni rispetto al tema della violenza economica. La difficoltà che adesso dobbiamo superare è l'acquisizione dei dati sul tema.
  Per acquisire questi dati, questo gruppo violenza economica, istituito presso l'Osservatorio, potrebbe avere una grande utilità, perché potrebbe interloquire con gli uffici giudiziari, considerato che il Ministero della giustizia ha questa capacità e questo deve fare, se non con tutti gli uffici, anche con uffici pilota, individuando la disponibilità da parte di alcuni dirigenti. Ma questo non è facile, perché non ci sono sistemi informatici che consentono l'acquisizione dei dati sul tema della violenza economica. Quindi, si tratta di iniziare un lavoro di raccolta di dati verosimilmente individuando uffici pilota o uffici disponibili, con dirigenti illuminati, i quali mettono a disposizione, anche attraverso una consultazione cartacea, una serie di dati. Sarebbe importante capire, per quanto riguarda le procure, come si individuano i fattori di rischio, quindi quando c'è una denuncia si chiede subito se l'uomo è tossicodipendente, se ha precedenti, se possiede una pistola, ad esempio, quindi capire anche l'assetto economico di quel nucleo familiare. Questo è importante. Non si è mai fatto, ma potrebbe essere importante questa attività di indagine presso le procure.Pag. 79
  Sul versante civile, invece, bisogna capire ciò che emerge dalle cause di separazione o di affidamento dei figli, attività non semplice da svolgere dato che è molto complessa l'estrazione dei dati. Uno dei temi emersi in questa riunione di cui ho più volte parlato è che le procure hanno difficoltà a estrarre dati informatici, perché questo significa mettere a fuoco dei sistemi e innovarli.
  Del resto, se cambiano le norme, devono cambiare anche i sistemi di acquisizione dei dati. Quindi, l'idea di alcuni uffici pilota potrebbe essere importante. A meno che il ministero non decida di farlo su larga scala attraverso moral suasion. Si vedrà, però questo potrebbe essere un inizio significativo.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Covelli e la dottoressa Casella per l'importante contributo che hanno dato alla Commissione. Sicuramente questo sarà un primo passaggio di una collaborazione che abbiamo instaurato con questa audizione.
  Nel rinnovare il ringraziamento ai nostri auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.55.