XIX Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 21 maggio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELLA MEDICINA DELL'EMERGENZA-URGENZA E DEI PRONTO SOCCORSO IN ITALIA

Esame e approvazione del documento conclusivo.
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 
Girelli Gian Antonio (PD-IDP)  ... 3 
Quartini Andrea (M5S)  ... 4 
Ciocchetti Luciano (FDI)  ... 7 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 9  ... 10 

ALLEGATO: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO CAPPELLACCI

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica.

Esame e approvazione del documento conclusivo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame del documento conclusivo, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia.
  Ricordo che la proposta di documento conclusivo, già inviata per le vie brevi a tutti i Gruppi, è stata successivamente resa disponibile a tutti i componenti della Commissione nel testo risultante dal recepimento di alcune proposte di modifica e integrazione pervenute.
  Do quindi la parola ai deputati che intendano intervenire.

  GIAN ANTONIO GIRELLI. Signor presidente, ringrazio lei e i colleghi. Credo che il risultato di questa indagine sia di particolare significato, perché è stata fatta un'analisi completa della situazione dei pronto soccorso e dei siti di emergenza-urgenza del nostro Paese, individuando le criticità esistenti nelle varie aree territoriali, sia nelle città sia nelle aree interne e di montagna.
  È chiaro che quanto è emerso in parte lo sapevamo già, ma sentirselo dire da chi vive nel concreto l'esperienza è sempre utile, anche per aprire dei canali di colloquio e di confronto che risulteranno quanto mai importanti nel prosieguo dei nostri lavori.
  Medicina territoriale, personale, la cosiddetta «medicina difensiva», il tema della ristrutturazione dei pronto soccorso nel loro insieme, e anche dei ruoli un po' diversi che gli ospedali nel corso del tempo dovranno avere, sono le questioni che rimangono sul tavolo. È chiaro che se sull'analisi siamo tutti d'accordo, perché i bisogni evidenziati sono stati largamente condivisi, ci sarà poi da discutere su come affrontare e su come dare la risposta, perché coinvolgere tante persone per un lavoro di questo genere è sì importante per avere un'analisi di contesto, ma diventa oltremodo impegnativo nel momento in cui ci troviamo a legiferare.
  Il tema delle risorse è fondamentale e riguarda la ristrutturazione del sistema, il personale e qualsiasi campo in sanità si voglia affrontare, cominciando appunto da quelli più critici come l'emergenza-urgenza. Si tratterà davvero di capire come concretizzare questi lavori nel momento in cui ci troveremo ad affrontare la legge di bilancio. Quest'anno spetta alla Camera l'esame in prima lettura, quindi è il luogo in cui possiamo sperare o auspichiamo si possa intervenire ponendo dei correttivi o segnalando delle priorità per noi evidenti. Penso che questo sia un documento che come Commissione dovremo tenere ben presente in quella fase.
  Faccio un'ultimissima considerazione. Tra i vari temi c'è anche quello di come pensare il pronto soccorso del futuro, come riuscire a fare in modo che anche il nuovo approccio che i cittadini e le cittadine hanno verso la sanità, il nuovo modo di concepire Pag. 4anche la multidisciplinarietà in sanità possano trovare un'effettiva concretizzazione. Ciò partendo dalla considerazione che, pur dovendo fare tutto quello che dicevo prima per porre correttivi, il pronto soccorso rimarrà sempre il punto di maggior criticità nel sistema, perché lì arrivano le persone che ovviamente non sanno fare autodiagnosi e hanno semplicemente paura di cosa sta accadendo a loro o al loro caro. Questo, al di là di questa analisi, penso che ci porterà nella condizione di ripensare anche l'organizzazione nel suo insieme. Non possiamo farlo in questo momento, ma in prospettiva credo che dovrà essere uno degli impegni che il Governo – con il contributo della Commissione e del Parlamento – deve sapere assumere.

  ANDREA QUARTINI. Signor presidente, devo essere sincero, non so da che parte rifarmi. Intendo che questa relazione conclusiva su questa indagine conoscitiva, pur apprezzando tutte le considerazioni fatte in premessa – ma non poteva essere diversamente, anche perché la maggior parte delle considerazioni in premessa sono il risultato delle audizioni, quindi c'è una parte sicuramente accolta in questa logica – tuttavia rispetto a quelle che sono le considerazioni finali e le soluzioni dal nostro punto di vista manifestiamo un'insoddisfazione abbastanza importante.
  Provo a raccontare e a illustrare le motivazioni di questa insoddisfazione. Sicuramente il pronto soccorso, come detto anche nella parte delle premesse e poi ripreso prima delle considerazioni, è la punta dell'iceberg di una sofferenza del Servizio sanitario nazionale che è sotto gli occhi di tutti. Sicuramente, quindi, il pronto soccorso oggi è il soggetto che paga più di tutti un sistema sanitario nazionale che è in una condizione disperata, è al collasso; è il punto chiaro di rischio di collasso del Servizio sanitario nazionale pubblico.
  Sono state identificate in maniera corretta una serie di cause. Una di esse, che viene considerata particolarmente significativa, è quella della carenza di personale all'interno del pronto soccorso, questione che è stata ribadita anche dal Ministro Schillaci, che ha detto che mancano circa 4.500 medici e circa 10.000 infermieri.
  Poi è stato sottolineato, giustamente, che c'è un problema di sovraffollamento del pronto soccorso nonché di elevato numero di accessi impropri. È stato giustamente sottolineato che il problema è legato a una medicina di prossimità, una medicina del territorio che è largamente insufficiente, quindi il pronto soccorso diventa il primo approccio che spesso le persone hanno rispetto ai loro problemi di salute.
  È stato sottolineato giustamente che uno dei temi importanti è quello delle liste d'attesa. È stato giustamente sottolineato l'invecchiamento della popolazione, ma attenzione, non è solo un fatto di invecchiamento della popolazione, non dobbiamo rassegnarci fatalmente al fatto che la popolazione invecchia e quindi si ammala. Il problema è che invecchia in cattiva salute, perché viene fatto poco nella medicina del territorio in termini di prevenzione rispetto a fattori di rischio, che siano (come sottolineo sempre negli interventi) la povertà, l'ambiente e gli stili di vita; comunque viene fatto poco per invecchiare in buona salute. E di nuovo si ritorna a un territorio che non riesce a fare il suo lavoro in termini di educazione alla salute e in termini di prevenzione.
  Poi è stato sottolineato il fatto che c'è una disaffezione per la medicina di emergenza per i turni massacranti, turni di notte, turni festivi.
  Sono state dette anche altre cose, come l'impossibilità di «vendersi sul mercato» evidentemente. Uso questo termine rispetto al fatto che i medici non possono fare libera professione intramoenia o extramoenia. Si capisce, in medicina d'urgenza quale potrebbe essere la possibilità di mettersi a disposizione di un mercato privato?
  Le soluzioni. Noi avevamo fatto delle proposte integrative del documento. Mi sembra non ne sia stata accolta nessuna, nella sostanza. Tra queste, una cosa che noi abbiamo sottolineato riguarda la medicina territoriale. Rispetto a come è stata descritta la soluzione in questo documentoPag. 5 conclusivo, si può parlare di far funzionare bene il territorio se non rivediamo il ruolo e il contratto stesso della medicina generale? È una domanda. Non c'è nel documento una citazione sul medico di famiglia. Si sta parlando di Case della comunità e non si ha il coraggio di affrontare il problema dei medici di medicina generale. Dal mio punto di vista, è una mancanza. Non sto dicendo che vanno criticati, che bisogna pensare a una riforma, che bisognerebbe farli diventare tutti medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Ma dobbiamo almeno prendere in considerazione il fatto che i medici di medicina generale sono il pilastro della legge 23 dicembre 1978, n. 833. È attraverso loro che si fanno funzionare le Case della comunità. È attraverso loro che si dovrebbero far funzionare gli Ospedali di comunità. È attraverso loro che si dovrebbe coordinare l'attività infermieristica territoriale. Sono i grandi assenti di questo documento finale. Dal mio punto di vista, è una mancanza grave all'interno di questo percorso.
  Si sottolinea l'importanza di assolvere ai compiti della Missione 6 del PNRR, ma in realtà noi sappiamo che, ad oggi, sembrano cancellate, di fatto, 400 Case della comunità e 100 Ospedali di comunità. Ospedali di comunità, guardate bene, che nella Missione 6 non sono solo evidenziati come soggetti indispensabili e utili nella fase post acuzie, come è scritto nella relazione. Nella Missione 6 sono previsti anche come alleggerimento rispetto al ricovero stesso nell'ospedale. È a monte, quindi, che andrebbero utilizzati. Andrebbero utilizzati nel contesto della medicina territoriale, non nel contesto del post ricovero in acuzie perché non abbiamo posti letto in ospedale. È proprio una visione completamente diversa quella che viene fuori da questo documento.
  Il personale. Se nel pronto soccorso sono 10 mila infermieri, sappiamo che la stima è di 40 mila infermieri che mancano per attivare davvero la medicina territoriale. Questa parte non è quantificata, non è valutata. Come si fa a far funzionare la medicina territoriale? Si parla, giustamente, di telemedicina, perché gran parte delle cose in acuto si possono diagnosticare con la telemedicina. Basta fare un elettrocardiogramma, basta fare una spirometria, per un'insufficienza respiratoria o per un paziente cardiologico. Però, se non abbiamo gli infermieri che vanno a domicilio, se non abbiamo il medico di famiglia che coordina e che è - di nuovo - il pilastro della legge di riforma sanitaria del 1978, reputo insufficiente e insoddisfacente questo tipo di soluzione.
  Il problema del boarding è sicuramente un problema importantissimo. Viene sottolineato che noi abbiamo 3,1 posti letto ogni mille abitanti, che sono insufficienti. Non è un fatto solo di turnover dei posti letto, ma anche che i posti letto non ci sono. Giustamente viene segnalato, però non viene dato nessun tipo di indicatore. Vogliamo tornare almeno alla media europea? Vogliamo dare un'indicazione che vada in quella direzione? O ci si accontenta solo di voler rivedere il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70? È una domanda che ci dovremmo porre. La media europea è cinque e rotti posti letto ogni mille abitanti. In Germania siamo al di sopra di otto posti letto ogni mille abitanti. In Italia 3,1. In Calabria abbiamo luoghi dove ci sono meno di due posti letto per mille abitanti. All'Isola d'Elba, d'estate, abbiamo 0,29 posti letto per mille abitanti. È chiaro che va rivisto il decreto Balduzzi. È fuori discussione. Ma diamoglielo un perimetro. Proviamo a suggerirglielo un perimetro rispetto al quale dobbiamo intervenire.
  Si parla, giustamente, di liste d'attesa. Oggi stesso il Ministro Schillaci ha detto che è intollerabile e fuori dalla legge il fatto che ci siano agende chiuse rispetto alle liste d'attesa. Non condivo però che le misure per abbattere le liste d'attesa, che erano già presenti nel Piano nazionale di governo delle liste d'attesa del 2019, verranno completamente stravolte. E in questo documento, sembra che sia una cosa buona. Vi voglio ricordare che noi sostenevamo - non noi Movimento 5 Stelle, noi che vogliamo difendere il ServizioPag. 6 sanitario nazionale - che per abbattere le liste d'attesa semmai andava ridotta l'attività intramoenia, se non si rispettavano i tempi in istituzionale. Oggi viene proposto di acquistare prestazioni in intramoenia e nel privato convenzionato e accreditato: si sta svendendo il Servizio sanitario nazionale. In questa fase, tuttavia, mi pare che l'attenzione sia rivolta piuttosto all'abbattimento delle liste d'attesa e, quindi, evitare l'ingolfamento del pronto soccorso, perché le persone sono costrette ad aspettare tempi troppo lunghi per avere una prestazione diagnostica o una prestazione sanitaria in senso lato.
  Noi non siamo ostili al see and treat infermieristico, anzi. La Toscana, peraltro, è stata forse pionieristica da questo punto di vista, però va definito bene questo ambito. Non si possono sostituire gli infermieri ai medici nella diagnosi, per legge. Va fatto un ragionamento di approfondimento, non soltanto nell'ottica di soddisfare le giuste esigenze di una professione, che si è sempre più qualificata. Siamo assolutamente a disposizione su questo. Anche il fast track, che viene suggerito, funziona se il territorio funziona, se c'è complementarità tra territorio e ospedale. Per esserci complementarietà ci vuole personale che lavori in armonia.
  Invece, ad oggi, rispetto anche al discorso del finanziamento necessario per l'assunzione di personale, la narrazione è che bisogna ridurre gli sprechi. Nessuno di noi è per gli sprechi, ci mancherebbe altro. È un dato di fatto, però, che noi abbiamo un credito, come Servizio sanitario nazionale, rispetto a quello che sarebbe stato un incremento coerente negli anni – l'ho detto tante volte, non è responsabilità di questo Governo, è responsabilità di tutti i Governi degli ultimi dieci anni – di 40 miliardi di euro. Tenete presente che, rispetto a quella che dovrebbe essere la media pro capite di spesa, in coerenza con la media OCSE e del G7, probabilmente questo credito va moltiplicato per dieci. Negli ultimi vent'anni, se si fossero spesi gli stessi soldi in termini di media europea, ci mancherebbero non 40 miliardi, ma 300 miliardi di euro. Ciò vuol dire che forse di sprechi negli altri Paesi ce n'è di più, visto che la sanità almeno in alcune aree del Paese funziona a livelli decenti, o meglio, ha funzionato, visto che ora comincia a scricchiolare anche lì.
  Termino sul tema della disaffezione e della scarsa attrattività che ha la medicina d'urgenza, che dal mio punto di vista di medico è forse la medicina che può dare più soddisfazione mentre in realtà diventa l'elemento di minor attrattività. Basti pensare al numero di borse di studio non utilizzate e alla migrazione di tanti colleghi, che si trasferiscono all'estero, cambiano completamente lavoro o vanno nel privato perché retribuiti meglio.
  Io credo che non sia sufficiente pensare soltanto alla monetizzazione, che sicuramente è un elemento importante e i salari devono essere attrattivi. Io credo che ci si debba anche occupare di benessere organizzativo, che è una delle parti più significative in termini di capacità di lavoro. Benessere organizzativo significa anche avere tempo a disposizione per mettere al centro i pazienti, non avere i minuti contati per fare una diagnosi, per fare una relazione, o per svolgere attività burocratiche. Per fare questo occorre lavorare bene in équipe e per questo c'è bisogno di personale qualificato e collaborante. Questo è il benessere organizzativo. Laddove c'è la capacità di lavoro in équipe, si riduce tantissimo il contenzioso, perché ci si sente protetti l'uno nei confronti dell'altro, si riducono gli atti di violenza, perché quando hai poco tempo e ci sono pazienti o familiari agitati è difficilissimo ragionare con loro. Poi ben venga la protezione, ma è il benessere organizzativo che diventa l'elemento attrattivo più significativo.
  Da questo punto di vista la premessa e alcune cause di identificazione dei problemi rispetto al pronto soccorso sono convincenti; non sono convincenti, invece, dal nostro punto di vista, le conclusioni, rispetto alle quali avevamo fatto alcune proposte, che con nostro rammarico non vediamo accolte.

Pag. 7

  LUCIANO CIOCCHETTI. Signor presidente, credo che la Commissione abbia svolto un lavoro importante, ascoltando tutti gli stakeholder del settore, coinvolgendo sindacati, società scientifiche, rappresentanti che operano ogni giorno all'interno del sistema di emergenza-urgenza in Italia, un lavoro compiuto in maniera molto forte e molto significativa, che ha coinvolto vari soggetti, che hanno dato il loro importante contributo.
  L'indagine conoscitiva porta alla stesura di un documento finale relativo a questo specifico aspetto, non a tutto il sistema sanitario italiano, che chiaramente è un problema che avremo modo di affrontare successivamente. Ma l'indagine conoscitiva è finalizzata ad affrontare le questioni, le emergenze, le problematiche relative a questo settore, intraospedaliero ed extraospedaliero, chiaramente in una logica di interconnessione con altri settori del sistema sanitario nazionale, ma comunque con una visione specifica.
  Gli stimoli posti dal collega Quartini potranno essere raccolti, anche in maniera più ampia, in altri momenti. Credo, invece, che sia giusto che il documento finale e le considerazioni conclusive abbiano messo al centro le questioni che sono state poste da tutti i soggetti auditi nel merito specifico di questo tema, fermo restando che quelle problematiche sono esistenti, vere, reali, e le dobbiamo affrontare.
  Ritengo anche che un'indagine conoscitiva che ha visto la partecipazione e la collaborazione da parte di tutti, dove tutti i gruppi parlamentari, non solo di maggioranza, hanno potuto richiedere di audire soggetti competenti, sia un'indagine fatta in maniera assolutamente ampia, libera e approfondita.
  Credo che siano chiare le risultanze di questa indagine, e alle proposte contenute nel documento conclusivo, dovranno fare seguito, su impulso del Governo, parlamentare, di questa Commissione, un'altra serie di iniziative, che potranno essere, come dice il documento stesso, «anche normative», al fine di migliorare l'organizzazione del sistema, affrontando le questioni relative ai problemi più grandi che sono emersi.
  Sicuramente la prima questione è la carenza del personale di medicina d'urgenza e di anestesia d'urgenza, nonché degli infermieri del comparto. In tale ambito purtroppo si è registrato il venir meno dell'attrattività del sistema sanitario nazionale, accelerato anche dalle vicende dei due anni del Covid, ma anche dalla mancanza di programmazione negli anni passati. Non si è pensato che a un certo punto gli infermieri e i medici sarebbero andati in pensione e che bisognava prevedere un numero di percorsi formativi sufficiente ad affrontare la curva pensionistica che si sta definendo e che si completerà nei prossimi due o tre anni. Purtroppo chiunque abbia governato non ha pensato che ci saremmo trovati di fronte a questa situazione.
  L'altra questione è il tema dell'attrattività del sistema sanitario nazionale, in particolare di alcune specializzazioni, tra cui le più importanti e le più definite sono quelle legate al servizio di emergenza-urgenza, che è connessa alla questione degli stipendi, alla valorizzazione della professione, alla necessità di prevedere incentivi, che comunque questo Governo ha iniziato a introdurre, per quanto possibile, chiaramente con la progressione che sarà necessaria in rapporto alle risorse disponibili. Ma già con il «Decreto Bollette» è stata inserita una serie di opportunità, che stanno iniziando a migliorare le condizioni di lavoro del personale che opera nel sistema di emergenza-urgenza. Senza dimenticare che la stessa legge di bilancio prevede 2 miliardi e 400 milioni di euro per i rinnovi contrattuali del personale medico e del comparto. Sono segnali iniziali, certamente non sufficienti a completare la necessità di pagare meglio e di più il personale sanitario che opera all'interno delle nostre strutture sanitarie, ma è l'inizio di una modifica complessiva.
  Anche il tema di rendere più attrattive alcune specializzazioni all'interno del Servizio sanitario nazionale nel corso delle Pag. 8attività formative certamente rimane aperto e occorre lavorarci in maniera ancora più efficace e più importante. Serve, però, anche considerare il fatto che chi fa il medico o l'infermiere professionale ha una aspettativa che non è solo legata allo stipendio e alle condizioni di lavoro, ma anche alla passione. Pertanto, ritengo che siano in primo luogo le università, quindi le regioni, infine le aziende ospedaliere e sanitarie a dover favorire le condizioni affinché si sviluppi una tale concezione della professione.
  Comunque in questo momento in Italia abbiamo 45.000 medici in formazione che grazie ai provvedimenti che dal Covid in poi sono stati assunti possono essere strutturati all'interno del Servizio sanitario nazionale. Con alcuni provvedimenti che sono già stati approvati ed altri futuri ciò potrà dare una mano per risolvere il problema della carenza di personale sanitario nel settore dell'emergenza-urgenza e per la riduzione graduale nel più breve tempo possibile del fenomeno dei cosiddetti «gettonisti».
  Chiunque frequenti le strutture ospedaliere sa che, purtroppo, l'attività degli ospedali dei piccoli centri si sostengono quasi esclusivamente sui gettonisti e sulle cooperative. Se questo sostegno dovesse venire meno all'improvviso, non ci sarebbe più nessuno; ma in questo settore ereditiamo appalti e contratti dagli anni precedenti.
  Noi vogliamo assolutamente, come ha detto più volte il Ministro Schillaci, superare questa questione, come già scritto tra l'altro in una norma di legge dello Stato, ma dovrà essere fatto gradualmente, soprattutto nelle piccole e medie strutture sanitarie che hanno oggettivamente questa difficoltà.
  Voglio richiamare, e poi vado alla conclusione, anche il fatto che giustamente le considerazioni finali individuano la necessità di riorganizzazione del sistema, in particolare del sistema territoriale della sanità. Come ha detto il ministro nelle sue due audizioni, è chiaro che c'è la volontà da parte del ministero, indicazione inserita all'interno della NADEF 2024, di rivedere l'organizzazione prevista dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70 e dal decreto ministeriale 23 maggio 2022, n. 77, perché è stata pensata non in maniera interconnessa ma separata. Il tavolo di lavoro costituito presso il Ministero prevede, invece, un disegno di legge che definisca un'integrazione più forte tra territorio e ospedale, tema centrale anche in una riorganizzazione del sistema di emergenza/urgenza.
  La seconda questione riguarda la realizzazione delle Case di comunità, una ogni 50 mila abitanti, che rimangono. Dato che la polemica è ricorrente, ci tengo a ricordare che, se si vuole costruire un edificio utilizzando i finanziamenti del PNRR, bisogna fare i conti con i costi dell'edilizia. Come sanno tutti, anche il collega Quartini, negli ultimi tre anni in Italia i costi dell'edilizia, per vari motivi, sono aumentati dal 30 al 40 per cento. Questo significa che, a parità di risorse, nel 2024 si può realizzare il 40 per cento in meno degli interventi che si potevano realizzare nel 2021. Questo è un dato incontrovertibile. Non è una scelta politica l'aver tolto dal finanziamento del PNRR alcune Case di comunità e alcuni ospedali di comunità, che saranno comunque sicuramente, come più volte ribadito dal Governo e dal Ministro Fitto, rifinanziati con l'ex articolo 20, che prevede una dotazione complessiva ancora non spesa dalle regioni di circa 10 miliardi.
  Noi riteniamo che il lavoro sia stato particolarmente importante e significativo. Ci dispiace che la posizione finale che è stata raggiunta avrà – non ho capito bene se sarà così – qualche voto contrario. Credo che sarebbe importante, e faccio appello a tutti i colleghi, anche dell'opposizione, che si possa dare un voto unanime su un documento conclusivo che permetterà, in seguito, a ogni forza politica di svolgere la propria attività di proposta normativa per affrontare queste questioni, che sono centrali anche nell'ottica di una profonda riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale.

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  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, consentitemi intanto di spendere qualche parola di ringraziamento a ciascuno per il suo contributo: mi riferisco tanto a tutti i soggetti auditi, quanto ai colleghi membri della Commissione, agli uffici e a tutti coloro i quali si sono prodigati affinché questa indagine potesse svolgere il suo corso regolare e arrivare a conclusione.
  Parto dalla scelta dell'argomento. È stata, credo, una scelta assolutamente appropriata e molto qualificante, dal mio punto di vista, l'attività della Commissione. È un tema straordinariamente importante, tra quelli che costituiscono la punta degli iceberg delle criticità del sistema sanitario.
  Il fatto che il sistema sanitario viva un momento di difficoltà legato a una serie di decisioni, di mancanze, di condizioni che nascono dal passato, credo che sia evidente a tutti. È un'affermazione nella quale ci si può riconoscere a prescindere dall'appartenenza politica.
  Ricordo, sul piano generale, che l'indagine conoscitiva ha un duplice scopo: quello di costituire una base di riferimento per l'eventuale produzione legislativa successiva all'indagine e quella di migliorare la governance interna, assicurando la massima trasparenza ai processi, sia all'interno del dibattito parlamentare sia con il contributo di tutti gli stakeholder. Pertanto, e mi riferisco in particolare ad alcune critiche che sono state sollevate, credo che il risultato dell'indagine sia eccellente nel momento in cui riesce, da un lato, a mettere insieme le posizioni e i pareri di tutti gli attori del sistema – e non si può dire che non si sia fatta un'indagine veramente compiuta, analitica, approfondita, non tralasciando nessuno di coloro i quali potessero dare un contributo utile – e, dall'altro, costituisce una base di ragionamento per il successivo momento normativo. Il documento conclusivo, quindi, non deve riportare il dettaglio delle proposte normative, in quanto esse costituiscono il fulcro di un momento e di un contesto successivi. D'altra parte, faccio solo una banalissima riflessione sul piano procedurale, non è un caso che il regolamento della Camera dei deputati preveda che il documento conclusivo di un'indagine conoscitiva sia approvato a maggioranza semplice, in quanto esso ha una valenza e una portata diverse dalle deliberazioni attraverso le quali la Commissione assume un orientamento definitivo.
  Mi riferisco in particolare ad alcune affermazioni da lei fatte, onorevole Quartini. Su alcuni aspetti certamente ci sono visioni molto differenti tra maggioranza e opposizione. Mi riferisco al ruolo dei privati, per esempio. Quindi, se già è difficile conciliare una visione in sede normativa, ancor meno è il caso di evidenziarla in un documento meramente propedeutico a un intervento normativo futuro ed eventuale. E tuttavia, in ogni caso – mi perdoni – le conclusioni dell'indagine conoscitiva non contenevano alcuni dei riferimenti che lei ha fatto. Deduco che, forse, il suo era un ragionamento più generale. A maggior ragione, se il ragionamento è generale, allora è legato alla visione e alla posizione di ciascuno, che non necessariamente può trovare una sintesi all'interno di un documento di questo genere.
  Credo, in definitiva, che sia un ottimo documento. Intanto, è stata opportuna la scelta dell'argomento, poiché esso consente di individuare una serie di aspetti che sono tutti connessi all'emergenza e alla criticità, ma che poi vanno a toccare tutti gli aspetti cruciali e strategici del sistema sanitario e degli interventi che si rendono necessari.
  Sarà un lavoro importante, duro, quello che aspetta questo Parlamento. Spero che possa esserci, come è già successo in passato, anche l'opportuna convergenza delle forze politiche, ma è evidente che sono momenti che non possono essere riferiti a questa fase di indagine. Noi abbiamo fatto il nostro dovere nel momento in cui abbiamo dato un quadro, il più onesto, il più puntuale possibile; abbiamo evidenziato, parlando di soluzioni, i temi e le criticità da andare ad aggredire. Credo che, veramente, andare oltre sarebbe stato, in qualche modo, voler Pag. 10dare a un'indagine conoscitiva un senso diverso da quello che le è proprio.
  Chiudo semplicemente rinnovando a tutti il ringraziamento iniziale. Consentitemi di esprimere anche un moto d'orgoglio, perché credo che questa Commissione abbia fatto veramente un buon lavoro, quindi ringrazio tutti per il contributo così positivo e virtuoso.
  Non essendoci altre richieste di intervento, pongo in votazione la proposta di documento conclusivo (vedi allegato).

  (È approvata).

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 12.30.

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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  1. Il programma dell'indagine conoscitiva.

  Il pronto soccorso è, per sua natura, una delle aree a maggiore complessità all'interno di una struttura ospedaliera, avendo la funzione di garantire risposte e interventi tempestivi ai pazienti giunti in ospedale in modo non programmato, affrontando rapidamente le situazioni di emergenza e urgenza.
  L'esigenza di avviare un'indagine conoscitiva sulla situazione del pronto soccorso e della medicina dell'emergenza-urgenza in Italia – deliberata dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento, nella seduta del 26 luglio 2023 – nasce dalla constatazione della situazione di evidente difficoltà nella quale oggi versa tale settore nell'ambito dell'assistenza sanitaria nel nostro Paese.
  Il dato più evidente e preoccupante è quello per cui il normale funzionamento del pronto soccorso viene messo in crisi dalla sproporzione tra la domanda di assistenza sanitaria, costituita dall'eccessivo numero di pazienti in attesa e in carico, e l'insufficiente presenza delle risorse umane, tecnologiche e strutturali disponibili per soddisfarla. Il fenomeno del sovraffollamento (cosiddetto overcrowding) comporta effetti quali l'aumento dei tempi di attesa per la prima valutazione medica e dei tempi di permanenza in pronto soccorso, con la conseguente riduzione del livello di soddisfazione dei pazienti e del benessere psicofisico degli operatori. Il personale sanitario che opera presso le strutture di pronto soccorso è quello maggiormente esposto alle aggressioni, che sono purtroppo frequenti, come emerge dagli episodi di cronaca. Peraltro, si tratta di un'attività nello svolgimento della quale gli operatori sanitari sono particolarmente soggetti alle denunce per presunti errori.
  Tali elementi di valutazione, che si inseriscono nel quadro di un contesto lavorativo di per sé complicato, comportano l'allontanamento di un numero crescente di specialisti, oltre a disincentivare i neolaureati dalla scelta della specializzazione in questa branca della medicina. Una delle motivazioni alla base dell'indagine è rappresentata dal dato per cui, negli ultimi anni, solo la metà dei contratti di specializzazione banditi in Medicina d'emergenza-urgenza sono stati assegnati, come risulta dai dati del Ministero dell'Università e della ricerca. A questo dato, già di per sé poco confortante, si andrebbe poi a sommare un significativo tasso di abbandono, stimato intorno a un ulteriore 10-20 per cento.
  Al fine di fare fronte alla carenza di personale, da parte delle strutture è stato fatto spesso ricorso a lavoratori esterni, cosiddetti «gettonisti». Si tratta, tuttavia, di espedienti discutibili in quanto rischiano di produrre effetti deleteri sull'assistenza e sul clima lavorativo,Pag. 12 principalmente a causa delle competenze incerte dei lavoratori esterni, della loro mancata integrazione nel luogo di lavoro transitorio, del guadagno di gran lunga superiore rispetto a coloro che svolgono le stesse mansioni da dipendenti, che quindi tendono a demotivarsi ulteriormente.
  Il fenomeno del sovraffollamento, oltre che essere legato alla questione della carenza delle risorse, soprattutto umane, sembra essere connesso anche al fatto che vengono presi in carico bisogni non urgenti o che, comunque, potrebbero trovare una risposta differente a livello di assistenza sanitaria, distogliendo quindi il pronto soccorso dal suo ambito proprio, che è quello di assorbire prevalentemente, se non quasi esclusivamente, la domanda di emergenza e urgenza.
  L'altra manifestazione evidente della criticità del pronto soccorso, che codetermina il sovraffollamento, è costituita dal cosiddetto boarding ovvero dai tempi di attesa dei pazienti già valutati e in attesa del posto letto.
  L'indagine ha preso le mosse, quindi, dalla consapevolezza di una situazione decisamente complessa, a causa di fattori sia endogeni che esogeni rispetto al settore specifico.
  L'obiettivo perseguito attraverso l'indagine medesima è quello di individuare ed esaminare le molteplici e interconnesse cause che determinano l'attuale situazione in cui si trova la medicina di emergenza-urgenza e, in particolare, il pronto soccorso, al fine di offrire un contributo a un progetto organico di riforma dei servizi di emergenza-urgenza sanitaria che, ferme restando le competenze regionali in materia, sembra oramai improcrastinabile.
  Il termine per la conclusione dell'indagine, inizialmente fissato alla fine del mese di dicembre 2023, è stato dapprima prorogato alla fine del mese di febbraio 2024 e, successivamente, alla fine del mese di marzo 2024, con due successive deliberazioni, per consentire alla Commissione di concludere le audizioni programmate e di predisporre il documento conclusivo.

  2. Il quadro normativo di riferimento.

  Per avere una cornice normativa di riferimento nell'ambito della quale collocare la presente indagine conoscitiva, è opportuno citare l'Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza, adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, che individua le condizioni per assicurare tali attività su tutto il territorio nazionale, attraverso un complesso di servizi e prestazioni di urgenza ed emergenza, articolati a livello territoriale e ospedaliero. Il successivo Atto di intesa tra Stato e regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del predetto decreto del Presidente della Repubblica, adottato l'11 aprile del 1996, ha fornito indicazioni sui requisiti organizzativi e funzionali della rete dell'emergenza.
  È utile ricordare, inoltre, che il decreto 17 ministeriale giugno 2006 ha istituito la Scuola di specializzazione universitaria «Medicina di emergenza urgenza», collocandola nell'Area medica.
  Una tappa fondamentale è costituita dal decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, relativo alla definizione degli standard Pag. 13dell'assistenza ospedaliera: esso ha definito il pronto soccorso come la struttura organizzava ospedaliera deputata ad effettuare in emergenza-urgenza stabilizzazione clinica, procedure diagnostiche, trattamenti terapeutici, ricovero oppure trasferimento urgente al Dipartimento di emergenza e accettazione-DEA di livello superiore di cura, in continuità di assistenza, secondo specifici protocolli organizzativo-assistenziali mirati alla gestione delle diverse patologie. Il decreto stabilisce determinati elementi caratterizzanti le strutture sede di pronto soccorso e le strutture sede di DEA, prevedendo in particolare l'istituzione, in ogni ospedale sede di DEA (ospedali hub e ospedali spoke), di una struttura complessa di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza, assegnando agli stessi ospedali posti letto di osservazione breve (OBI) e posti letto di terapia subintensiva (TSI). L'attività di OBI è prevista anche negli ospedali base e di area disagiata, che non sono sede di DEA.
  Si configura così un modello organizzativo dell'assistenza che, caratterizzato da un potenziamento delle attività sul territorio e dalla realizzazione di una rete ospedaliera dedicata alle patologie complesse, preveda uno sviluppo del servizio di emergenza territoriale tecnologicamente avanzato, in grado di affrontare le emergenze con strumenti sempre più sofisticati e di condividere le procedure con l'attività del distretti e con la rete ospedaliera, garantendo in tal modo una reale continuità dell'assistenza.
  Nel 2019, sono state diramate dal Ministro della salute le «Linee di indirizzo nazionali per lo sviluppo del piano di gestione del sovraffollamento in pronto soccorso», poi recepite in sede di Conferenza Stato-Regioni il 1° agosto 2019 attraverso l'Accordo stipulato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997. Come si legge nelle premesse di tale documento, tra le cause che determinano il fenomeno in oggetto, si considerano fattori in ingresso («input»), fattori interni strutturali («troughput») e fattori di uscita («output»). Il fattore input si riferisce a un eccessivo e rilevante accesso di utenti al pronto soccorso, determinato negli ultimi anni dall'insorgenza di nuovi bisogni assistenziali derivanti dal progressivo invecchiamento della popolazione e dall'aumento del numero di pazienti complessi: una parte di tali bisogni assistenziali potrebbe trovare risposte adeguate già nell'ambito del contesto territoriale, attraverso gli strumenti della presa in carico all'interno di specifici percorsi assistenziali integrati tra territorio, ospedale e assetto domiciliare. Il fattore throughput fa riferimento a un rallentamento dei percorsi interni al pronto soccorso, in particolare delle fasi diagnostiche che necessitano della collaborazione dei servizi specialistici. Il fattore output comprende la difficoltà a ricoverare per l'indisponibilità di posto letto nelle unità operative di destinazione, il prolungamento della durata di ricovero, la difficoltà a dimettere i pazienti al termine dell'episodio di ricovero, con particolare riguardo ai pazienti in condizione di fragilità sul piano socio-sanitario. Le linee guida ministeriali prevedono che tutte le regioni formulino disposizioni volte a garantire l'adozione, da parte delle singole aziende sanitarie e ospedaliere, di piani per la gestione del sovraffollamento in pronto soccorso. Tali piani, oltre a delineare gli strumenti e gli indicatori per la misurazione dei livelli di sovraffollamento e la definizione di soglie di criticità, dovrebbero prescrivere le conseguenti strategie di risposta, distinte in base all'aspetto sul quale intervengono.Pag. 14
  Sulla base delle indicazioni ministeriali, si è assistito alla formulazione di strategie e risposte diverse in considerazione delle peculiarità dei territori.
  Più di recente, con il decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante «Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» – convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2023, n. 56 – sono state introdotte misure volte a migliorare la situazione del personale sanitario che svolge la propria attività nel settore dell'emergenza-urgenza, nonché quella del settore stesso. In particolare, allo scopo di fare fronte alla carenza di personale medico e infermieristico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri e di ridurre l'utilizzo delle esternalizzazioni, l'articolo 11 del predetto decreto-legge ha previsto per l'anno 2023, per il personale medico e infermieristico, un aumento della relativa tariffa oraria, rispettivamente fino a 100 e a 50 euro. L'applicazione di tale disposizione è stata estesa anche al personale medico e infermieristico operante nei pronto soccorso pediatrici e ginecologici afferenti ai presìdi di emergenza-urgenza e accettazione (DEA) di I e II livello del SSN.
  Si è poi disposto un incremento, a decorrere dal 1° giugno e fino al 31 dicembre 2023, delle risorse destinate alla corresponsione dell'indennità di pronto soccorso, pari a 100 milioni di euro complessivi, dei quali 30 destinati alla dirigenza medica e 70 al personale del comparto sanità.
  Sempre al fine di rispondere alle carenze di specialisti nei servizi di emergenza-urgenza, il decreto-legge (all'articolo 12) ha previsto innanzitutto un regime temporaneo per l'ammissione di tale personale, purché in possesso di determinati requisiti, ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d'emergenza-urgenza, ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione. È stato altresì riconosciuto un beneficio ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, mediante l'introduzione di un coefficiente di trasformazione pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso aziende ed enti del SSN, nel limite massimo di 24 mesi.
  Inoltre, al fine di ridurre il fenomeno dei cosiddetti gettonisti, rilevante soprattutto con riferimento al settore dell'emergenza-urgenza, il citato decreto ha disciplinato gli affidamenti a terzi dei servizi medici e infermieristici, operati – esclusivamente in caso di necessità e urgenza – dalle aziende e dagli enti del SSN per sopperire alla carenza di organico (all'articolo 10). Inoltre, è stata preclusa la ricostituzione del rapporto di lavoro con il SSN al personale sanitario che interrompa volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato che fornisce i servizi medici e infermieristici alle aziende e agli enti del SSN. Sono state altresì introdotte delle norme volte alla reinternalizzazione dei servizi sanitari, attraverso procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l'assolvimento delle funzioni precedentemente esternalizzate.
  Di rilievo, in quanto connessa all'argomento trattato, appare anche la disposizione – di cui all'articolo 16, comma 1 – che, oltre a introdurre una specifica sanzione (reclusione da 2 a 5 anni) per le Pag. 15lesioni non aggravate procurate agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni, ha previsto (al comma 1-bis dell'articolo 16) la possibilità di istituire presìdi fissi della Polizia di Stato presso le strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate dotate di un servizio di emergenza-urgenza, a tutela dell'ordine e sicurezza pubblica nonché per garantire l'incolumità del personale ivi operante. Al riguardo, si ricorda che in più occasioni è stato rilevato come la legge n. 113 del 2020 non sembri completamente attuata, soprattutto per quanto riguarda l'esigenza di istituire presìdi di polizia presso le strutture di pronto soccorso, dal momento che i medici e gli altri operatori sanitari ivi operanti, oltre ad andare incontro a condizioni di lavoro molto dure, sono anche particolarmente esposti alle aggressioni.
  Sempre per connessione con il tema dell'indagine, appare opportuno richiamare le disposizioni contenute nel decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» (commi 8-septies e 8-octies dell'articolo 4 del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 18 del 2024), ai sensi delle quali la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave prevista per la durata dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 si applica altresì ai fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale commessi fino al 31 dicembre 2024 nell'esercizio di una professione sanitaria in situazioni di grave carenza di personale sanitario. A tali fini, si tiene conto delle condizioni di lavoro dell'esercente la professione sanitaria, dell'entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato.
  Le predette novità introdotte a livello normativo, benché idonee a migliorare la situazione in cui versano le strutture e il personale medico e sanitario che opera nell'area dell'emergenza-urgenza, non vengono tuttavia considerate esaustive, essendo peraltro misure adottate in modo frammentario, in diversi contesti e permanendo, pertanto, la necessità di un intervento organico di riordino.

  3. Sintesi delle audizioni svolte.

  L'indagine si è svolta nel corso di 15 sedute della Commissione; hanno avuto luogo le audizioni dei seguenti soggetti (48 complessivamente):

   Società italiana di medicina d'emergenza-urgenza (SIMEU), Società italiana anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (SIAARTI), Cittadinanzattiva, Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani emergenza area critica (AAROI-EMAC) (seduta del 17 ottobre 2023);

   Associazione medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale (ANAAO-ASSOMED), Federazione sindacale medici dirigenti (CIMO-FESMED), Sindacato medici italiani (SMI) (seduta del 24 ottobre 2023);

   Società italiana degli infermieri di emergenza territoriale (SIIET), Società italiana di medicina di emergenza ed urgenza pediatrica Pag. 16(SIMEUP), Domenico Mantoan, direttore generale dell'Agenzia nazionale per i servizi regionali (AGENAS) (seduta del 31 ottobre 2023);

   Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO), Federsanità-Confederazione Federsanità Anci regionali, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO), Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) (seduta del 7 novembre 2023);

   Conferenza delle regioni, Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG), Società italiana di psichiatria (SIP) (seduta del 14 novembre 2023);

   Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS), Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità) (seduta del 5 dicembre 2023);

   Francesco Franceschi, direttore UOC Medicina dell'urgenza e pronto soccorso, Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma; Roberto Pieralli, medico di emergenza sanitaria territoriale 118 e presidente regionale SNAMI Emilia-Romagna; Maria Pia Ruggieri, direttore UOC Pronto soccorso, OBI e breve osservazione, Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma; Alberto Zoli, direttore generale dell'Agenzia regionale emergenza urgenza (AREU) della Lombardia (seduta antimeridiana del 13 dicembre 2023);

   Academy of emergency medicine and care (AcEMC); Coordinamento specializzandi in medicina d'emergenza-urgenza (Co-SMEU); Federazione nazionale degli Ordini della professione di ostetrica (FNOPO) (seduta pomeridiana del 13 dicembre 2023);

   Livio De Angelis, direttore della Direzione regionale soccorso pubblico e 112 N.U.E. della regione Lazio; Francesca Cortellaro, direttore della struttura complessa Integrazione percorsi di cura ospedale-territorio dell'Agenzia regionale emergenza-urgenza della regione Lombardia; Francesco Venneri, referente regione Toscana per la gestione del rischio clinico; Federazione italiana medicina emergenza-urgenza e catastrofi (FIMEUC) (seduta del 10 gennaio 2024);

   Francesco Lisanti, direttore del Pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza; Alberto Arrighini, direttore del Pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia; Gianpietro Briola, responsabile del Pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda (seduta del 18 gennaio 2024);

   Isabel Fernandez, presidente dell'Associazione EMDR Italia; Ugo Luigi Aparo, referente sanitario gruppo Medical Line Consulting (MLC); Rosario Maria Gianluca Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana; Niccolò Mancini, presidente nazionale dell'Associazione nazionale pubbliche assistenze (ANPAS); Iacopo Fiorentini, presidente dell'ANPAS Emilia-Romagna (seduta del 25 gennaio 2024);

   Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia; Piero Paolini, direttore della CentralePag. 17 remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli; Giovanni Buonocore, direttore del Pronto soccorso di Merate; Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118; rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL (seduta del 30 gennaio 2024);

   rappresentante dell'organizzazione sindacale UGL (seduta del 7 febbraio 2024);

   Ministro della salute, professor Orazio Schillaci (sedute del 20 febbraio e del 27 marzo 2024).

  La Società italiana di medicina d'emergenza-urgenza (SIMEU) ha sottolineato che, a partire dalla crisi pandemica, si è registrato un costante incremento degli accessi al pronto soccorso. Si stima che la dimensione del fenomeno sia destinata a superare i 20 milioni di accessi per anno. Tale sovraffollamento non è un dato meramente quantitativo ma comporta altresì, sotto il profilo qualitativo, una grande intensità del lavoro in termini di diagnosi, cura e assistenza.
  Fa presente che al momento la maggiore criticità è rappresentata dal fenomeno del cosiddetto boarding ovvero quell'indefinita attesa del ricovero ospedaliero una volta che il pronto soccorso abbia assolto il suo compito e concluso la fase di valutazione.
  Per la SIMEU, è necessario correggere questa situazione attraverso una profonda riforma del sistema che incida, in primo luogo, sul potenziamento della medicina del territorio, così da intercettare istanze non urgenti, che a volte si riversano in modo inappropriato sul pronto soccorso.
  In secondo luogo, ritiene necessario potenziare la capienza e anche il perimetro delle competenze cliniche degli ospedali per acuti, ma soprattutto la ricettività delle strutture territoriali, Ospedali e Case di comunità, per la ricezione dei pazienti in uscita dal pronto soccorso.
  Sul piano del personale medico, secondo la SIMEU, è necessario rinnovare il sistema partendo dalla fase preospedaliera, che preveda l'impiego dei professionisti medici e infermieri dell'emergenza-urgenza anche in tale fase. Questo al fine di superare una situazione paradossale per la quale in Italia l'emergenza-urgenza fuori dall'ospedale viene considerata spesso appannaggio della medicina generale e addirittura, in alcune regioni, agli specialisti in medicina di emergenza-urgenza non è consentito operare sui mezzi del 118.
  Nella fase del dibattito con i deputati, è stata affrontata, a seguito di una domanda posta da una deputata, la questione della disaffezione dei giovani medici verso la medicina di emergenza-urgenza, rispetto alla quale la SIMEU ritiene che sia necessaria una riforma delle scuole di specializzazione che preveda un maggior coinvolgimento degli specializzandi nell'attività lavorativa vera e propria.
  La Società italiana anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (SIAARTI) ha sottolineato come il tema dell'emergenza-urgenza nei pronto soccorso non possa essere separato da quello della gestione della medicina del territorio e dalla riorganizzazione dei servizi all'interno dell'ospedale. Rileva che nel 98 per cento degli ospedali l'emergenza intraospedaliera è affidata agli anestesisti rianimatori e, in buona parte, anche l'emergenza preospedaliera.Pag. 18
  La SIAARTI, teoricamente più «vocata» all'emergenza intraospedaliera, ritiene, in primo luogo, che l'attivazione delle Case della comunità e degli Ospedali di comunità, organizzati secondo il modello hub e spoke, sia fondamentale per risolvere e affrontare in maniera coerente e globale il problema del sovraffollamento delle strutture di pronto soccorso.
  Una seconda azione riformatrice dovrebbe riguardare l'integrazione della rete dell'emergenza-urgenza nell'ambito della rete ospedaliera in senso assoluto, attraverso la revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, al fine di ottimizzare le competenze.
  Nella fase del dibattito, con riferimento al tema della formazione, la SIAARTI ha assunto una posizione differente dalla SIMEU, facendo presente che già allo stato attuale gli specializzandi vengono impiegati a rotazione negli ospedali, restando comunque in capo all'università la funzione di garanzia della qualità della formazione.
  Cittadinanzattiva ha fatto presente innanzitutto di aver posto attenzione da anni al «luogo» pronto soccorso come elemento per comprendere criticità del mancato raccordo tra il luogo «ospedale» e il luogo «territorio». Evidenzia quindi che, sulla base dei dati di un rapporto presentato con la SIMEU del Lazio nel 2019 – riportati in un documento depositato in Commissione – circa il 68 per cento degli accessi in 24 pronto soccorso (si parla quindi di oltre 750 mila accessi su un milione circa) erano definiti come codici bianchi e codici verdi. Questo significa che il territorio non ha più la capacità di assorbire le richieste di accesso alla salute dei cittadini e che quindi il pronto soccorso rimane l'unico punto di accesso alla salute pubblica.
  Ritiene che per favorire una maggiore integrazione tra servizi sociali e sanitari si debba assicurare il coinvolgimento attivo e cooperativo degli enti locali e degli enti del Terzo settore, in quanto non si può pensare di risolvere le criticità del pronto soccorso se non si agisce sul sistema sociosanitario. Ove non si realizzasse una riforma complessiva, teme che si perpetrerebbero fenomeni a suo avviso esecrabili quali la presenza dei medici gettonisti e dei pronto soccorso a pagamento.
  L'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri emergenza area critica (AAROI-EMAC) ha criticato il fatto che l'emergenza-urgenza sia tuttora codificata con il codice MED/09, che la qualifica come una sorta di branca della medicina interna, mentre meriterebbe un'identificazione specialistica. Occorrerebbe altresì ridurre la durata del percorso formativo da cinque a quattro anni e prevedere un insegnamento progressivo della formazione specialistica post-laurea diretta ai professionisti medici che lavorano stabilmente nei pronto soccorso. Stigmatizza, quindi, il fatto che ad oggi oltre il 90 per cento degli insegnamenti della scuola di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza siano di ambito internistico, ponendo quindi tale specializzazione in una posizione subalterna, anche sul piano della formazione.
  Fa presente, inoltre, che in generale sarebbe necessario prevedere, per tutti gli specializzandi, l'assunzione automatica obbligatoria negli ultimi due anni di formazione, in modo da renderli competitivi con i medici di numerosi Paesi stranieri, evitando che restino «studenti» fino ai trent'anni di età e oltre.Pag. 19
  L'Associazione medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale (ANAAO-ASSOMED), ha evidenziato il fatto che non sia più procrastinabile l'approvazione di una legge nazionale di riforma dell'emergenza-urgenza, sulla base di elementi che rilevano l'insostenibilità della situazione attuale, quali in particolare il numero degli accessi ai pronto soccorso (21 milioni ogni anno), l'inappropriatezza degli accessi legati a problematiche minori a bassa intensità di cura, l'elevata presenza di stress lavoro-correlato e burnout, il rischio infettivologico, l'orario costituito da oltre il 50 per cento di turni notturni e festivi, la frequente presenza di turni di 12 ore, gli atti di violenza e le aggressioni, l'elevato contenzioso medico-legale, l'incremento dei carichi di lavoro per carenza di medici, il lavoro in spazi inadeguati per obsolescenza e inadeguatezza, mancato ammodernamento e sovraffollamento, aggravato quest'ultimo dal taglio di 80 mila posti letto negli ultimi dieci anni, con una media di posti letto pari a 3,5 per mille abitanti rispetto a una media europea di 5. Per ovviare a questa situazione complicata, occorre un intervento di riforma, che agisca simultaneamente su più elementi concatenati e interagenti.
  In tal senso, reputa fondamentali, da un lato, il potenziamento della medicina territoriale e, dall'altro, un'omogenea e completa applicazione dei percorsi quale il fast track per problematiche mono specialistiche. Al fine di ridurre il boarding, richiama l'importanza dell'adozione di un protocollo nazionale sulla gestione dei ricoveri e di modelli di calcolo basati sui dati storici dei ricoveri, come già sperimentato in alcune regioni.
  Per quanto riguarda la questione delle indennità economiche, fa presente che quella di pronto soccorso necessita di un'immediata integrazione e che non deve essere vincolata al rinnovo del contratto nazionale. Richiama, inoltre, l'opportunità di introdurre l'indennità di rischio biologico. Per quanto concerne la questione dei compensi per attività aggiuntive, andrebbe modificato l'articolo 11 del decreto-legge n. 34 del 2023, prevedendo che gli importi di 100 e di 50 euro l'ora – per medici e infermieri – siano considerati, in modo stabile, non un tetto massimo bensì una cifra minima. Andrebbe risolto alla radice il problema dei servizi sanitari erogati dalle cooperative, prevedendo che nel Servizio sanitario nazionale il rapporto contrattuale tra il datore di lavoro e il professionista della salute debba essere individuale. Sarebbe, tuttavia, opportuno modificare la disposizione del predetto decreto-legge che preclude l'accesso ai concorsi agli specialisti che hanno lavorato nelle cooperative, per non privare di risorse un sistema che già risente della carenza di professionisti.
  Relativamente alla questione della sicurezza, reputa necessario il riconoscimento del ruolo di pubblico ufficiale ai dirigenti del Servizio sanitario nazionale, oltre a prevedere attività di comunicazione sul ruolo e sul significato del pronto soccorso e contro le violenze sugli operatori sanitari. Inoltre, a fronte di un eccessivo contenzioso medico-legale, si pone l'esigenza di garantire lo «scudo penale» ai professionisti della salute.
  Propone, altresì, l'introduzione dell'obbligo di un'indagine annuale sul burnout e lo stress lavoro correlato in tutte le aziende sanitarie, nonché l'istituzione di tavoli di lavoro permanenti sul pronto soccorso a livello del Ministero della salute e delle regioni.Pag. 20
  La Federazione sindacale medici dirigenti (CIMO-FESMED) individua le cause che hanno portato alla situazione di criticità della medicina dell'emergenza-urgenza in tre fattori: le politiche di riduzione dell'offerta sanitaria pubblica, in particolare negli ultimi dieci anni, le politiche di contenimento della spesa per il personale e i nuovi bisogni degli utenti che afferiscono al pronto soccorso a causa del mutamento demografico-epidemiologico. Il documento depositato in Commissione contiene dati relativi al taglio delle strutture, dei posti letto e della spesa per il personale.
  La crisi del pronto soccorso, a suo avviso, non dipende tanto da un aumento del numero degli accessi quanto dal fatto che i pazienti non trovano altrove un'adeguata risposta ai loro bisogni, con tutte le conseguenze che ne derivano quali il sovraffollamento, il boarding, lo svolgimento di compiti assistenziali non propri, l'aumento dei tempi di attesa, le aggressioni fisiche, giudiziarie, i turni massacranti, il mancato aggiornamento professionale e, infine, la «fuga» dei medici.
  Per porre rimedio a tali condizioni, ritiene che sia indispensabile una riforma complessiva del Servizio sanitario nazionale, che comprenda anche l'emergenza-urgenza, e che, nell'immediato, sia necessario implementare tutti gli interventi di carattere organizzativo e normativo che sono già stati intrapresi in favore del personale sanitario che svolge la propria attività in questo settore.
  Il Sindacato medici italiani (SMI) si è soffermato sulle principali criticità del sistema di emergenza-urgenza, quali: la carenza di personale sanitario, sulla base di dati riportati in un documento presentato a corredo dell'audizione; la mancata integrazione tra ospedale e territorio, in particolare nella gestione dei pazienti cronici e fragili; la mancanza di posti letto, che crea condizioni di stress nel personale e nei pazienti.
  La situazione descritta non sembra superabile se non attraverso cospicui investimenti destinati all'intero settore dell'emergenza-urgenza, a partire dall'assistenza pre-ospedaliera, e non solo ai pronto soccorso. Per un effettivo rilancio del settore, si propone in particolare di: recuperare risorse che attualmente vengono dirottate verso le strutture private accreditate; prevedere l'incentivazione dei medici di pronto soccorso e di emergenza-urgenza, finanziandola con parte dei proventi derivanti dai pagamenti dei ticket dei codici bianchi nonché con quanto viene speso dalle aziende sanitarie per l'acquisto di beni e servizi, comprese le prestazioni sanitarie erogate dai medici gettonisti; riconoscere un'indennità di lavoro usurante ai medici dell'emergenza-urgenza, del pronto soccorso e del 118; prevedere un nuovo contratto di formazione-lavoro per gli specializzandi, con tutti i diritti e le tutele dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale; prevedere l'instaurazione di un rapporto di dipendenza nella dotazione organica dell'emergenza-urgenza dei medici del 118 attualmente operanti con convenzione a tempo determinato, dopo il conseguimento della specializzazione in medicina di emergenza-urgenza.
  La Società italiana degli infermieri di emergenza territoriale (SIIET), a fronte delle criticità che presenta il settore dell'emergenza-urgenza, ha avanzato alcune proposte. Sul piano organizzativo, ha proposto l'istituzione di un ente preposto all'omogeneizzazione dei sistemi su tutto il territorio nazionale in modo tale che, attraverso l'analisi delle Pag. 21prestazioni, si possa identificare un modello efficace di risposta alle richieste di soccorso della cittadinanza. Tale struttura, da istituire presso il Ministero della salute, avrebbe inoltre la funzione di raccordo tra il sistema preospedaliero e quello ospedaliero di emergenza-urgenza.
  Al fine del contenimento e della progressiva riduzione del fenomeno di crowding delle strutture di pronto soccorso, dovrebbe essere perseguita l'implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come «urgenze minori». Occorre, inoltre, realizzare una rapida e uniforme applicazione del Numero europeo armonizzato 116117.
  In linea con i princìpi della «Carta di Riva 2021» e del «Manifesto di Firenze 2023», la SIIET ritiene inoltre che occorra unificare le centrali operative di emergenza-urgenza (COEU) almeno a livello interprovinciale.
  Sul piano del personale, è stata evidenziata l'esigenza di disciplinare l'attività dell'infermiere in emergenza-urgenza, superando anacronistiche visioni di sussidiarietà. La valorizzazione del personale infermieristico che opera nei setting di emergenza e urgenza è considerata un requisito fondamentale per dare nuova e vitale attrattività al settore.
  La Società italiana di medicina di emergenza e urgenza pediatrica (SIMEUP) ha richiamato un'indagine condotta nel corso del 2022 – i cui esiti sono riportati nel documento fornito alla Commissione dal soggetto audito – che ha evidenziato come non sempre il pronto soccorso sia a misura di bambino. In particolare, l'indagine ha rilevato una forte disomogeneità tra le regioni del Nord e del Centro, da un lato, e quelle del Sud dall'altro, in relazione all'applicazione delle linee guida del 2019 sul triage. La non applicazione del nuovo triage da parte di alcune regioni penalizza fortemente l'età pediatrica, per il tipo di formazione che presuppone e di valutazione che deve essere effettuata.
  Un ulteriore elemento di valutazione oggetto dell'indagine è stato quello dell'osservazione breve, una modalità assistenziale irrinunciabile per il pediatra perché consente di stabilizzare e di gestire i bambini con patologie di media complessità.
  Un altro aspetto è quello dell'attivazione dei letti in terapia sub-intensiva e in terapia intensiva pediatrica: anche in questo caso si è registrata una certa disomogeneità nel Paese. Si è constatata, inoltre, una notevole difformità tra le diverse regioni e, a volte, anche tra strutture ospedaliere di una stessa regione, per quanto attiene all'età di accesso in ambito pediatrico (non tutti gli ospedali consentono l'accesso da 0 a 18 anni, alcuni si fermano a 14 anni).
  È stato segnalato, altresì, che per l'età pediatrica una criticità assoluta è rappresentata dal trasporto. Pur essendosi raggiunti livelli di eccellenza con il Servizio di trasporto emergenza neonatale (STEN) nel corso degli anni, gli stessi standard non sono stati realizzati in ambito pediatrico, data anche la carenza di risorse.
  Un altro aspetto ritenuto importante è quello della formazione in emergenza-urgenza: è stata sottolineata l'esigenza di valorizzare la figura del pediatra d'urgenza e di riconoscere la pediatria d'urgenza come area specialistica della pediatria.Pag. 22
  Il direttore generale dell'AGENAS, Domenico Mantoan, ha preliminarmente comunicato i numeri delle strutture presenti sul territorio nazionale per singole regioni, suddivise in pronto soccorso e DEA di primo e di secondo livello, fornendo anche i dati relativi al numero di accessi. In proposito, ha segnalato che circa un quarto delle strutture registra un numero di accessi al di sotto degli standard e che questo comporta in molti casi un sotto utilizzo delle stesse. Ha quindi illustrato i dati relativi ai codici di accesso per ciascuna regione nonché quelli relativi agli accessi con valutazione medica per 1.000 residenti. In proposito, esiste una forte differenziazione regionale, con una variazione che passa dagli oltre 330 accessi dell'Emilia-Romagna ai poco più di 150 in Valle d'Aosta. Sono emersi anche i dati relativi al trasferimento negli Ospedali di comunità previsti dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, in particolare nelle regioni in cui la loro realizzazione è in fase più avanzata.
  Il fatto che i codici bianchi e verdi corrispondano a quasi il 70 per cento degli accessi testimonia che esiste un bisogno di salute che non viene intercettato dall'organizzazione delle cure primarie e dei medici di medicina generale per motivi di vario genere. Per ridurre tale fenomeno, è stato sottolineato che una Casa della comunità hub, operando in un bacino di circa 50 mila persone, potrebbe assorbire annualmente circa 10 mila accessi di codici bianchi e codici verdi. Molti degli accessi al pronto soccorso, anche a causa dell'invecchiamento della popolazione, sono infatti dovuti a patologie croniche, che non necessitano di un ricovero in ospedale per acuti, bensì in strutture con meno intensità medica e più intensità infermieristica. Nel caso in cui non si riesca a procedere a una riforma della medicina territoriale, sarebbe quindi necessario potenziare i pronto soccorso, per fare fronte a un bisogno di salute ineludibile.
  È stata evidenziata anche una certa rigidità della normativa relativa al personale, in quanto non sempre è necessario l'intervento di una specialista in medicina d'urgenza. In ogni caso, l'affollamento dei pronto soccorso rappresenta sicuramente uno dei nervi scoperti del sistema sanitario italiano.
  La Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) muove dall'analisi di due fattori fondamentali: il primo è che la stragrande maggioranza delle aziende ospedaliere italiane si confronta con un patrimonio edilizio che penalizza l'intervento all'interno delle aree di emergenza e, pertanto, servirebbe un piano di intervento straordinario che garantisca migliori condizioni logistiche per i pronto soccorso in Italia. In secondo luogo, si evidenzia la necessità di maggiori posti letto, per garantire il ricovero successivo all'intervento di emergenza, e di attuare tutti gli interventi di riordino della medicina territoriale e dell'assistenza domiciliare previsti dal decreto ministeriale n. 77 del 2022.
  La FIASO ritiene che debba essere garantita una migliore retribuzione per chi opera nelle aree di emergenza-urgenza e che dovrebbe essere istituita la figura del medico unico dell'emergenza. Inoltre è stato posto l'accento sulla necessità di eliminare il tetto di spesa relativo al personale, almeno per quanto riguarda i medici dell'emergenza-urgenza, e di adottare una legislazione d'emergenza temporanea, per i prossimi 24-36 mesi, per coprire il periodo in cui non è possibile Pag. 23reperire specialisti formati, con l'obiettivo di utilizzare nelle aree di emergenza anche coloro che non sono specialisti in medicina di urgenza.
  L'audizione di Federsanità si è incentrata sulla proposta di possibili soluzioni, condividendo l'analisi delle criticità, anche strutturali, evidenziate in altre audizioni. In particolare, le proposte avanzate hanno riguardato: la riforma dei corsi di specializzazione che consenta per tutta Italia l'inserimento degli specializzandi sin dal terzo anno, come dirigenti in formazione; l'abolizione dei tetti di spesa per fare fronte alla carenza di personale sanitario; l'attivazione del numero 116117 per il coordinamento delle cure non urgenti, poiché l'affollamento del pronto soccorso è dovuto non solo alla carenza di personale, ma anche agli accessi impropri; l'aumento del numero di posti letto e la previsione di un monitoraggio a livello regionale sul loro utilizzo nelle strutture accreditate.
  Occorre, inoltre, implementare l'assistenza domiciliare integrata. Infine, sono stati evidenziati due argomenti da affrontare: la violenza sugli operatori sanitari e la depenalizzazione per gli errori sanitari di natura colposa.
  La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ha rimarcato come i problemi nella gestione dei pronto soccorso siano l'esito dell'interazione di quattro processi. In primo luogo, la chiusura dei piccoli ospedali, di postazioni di pronto soccorso e la riduzione dei posti letto, che producono un sovraccarico per le strutture in attività. Il secondo punto è l'aumento dei tempi di attesa per prestazioni diagnostiche e specialistiche sul territorio, aggravato dalla pandemia, con conseguente domanda inevasa anche per la carenza di medici sul territorio, a causa di un ricambio generazionale mal gestito e di crisi vocazionale.
  La terza questione è la difficoltà del sistema nel suo complesso, e in particolare dell'assistenza primaria, di influenzare le decisioni autonome degli assistiti che si auto presentano in pronto soccorso come «ultima spiaggia», i codici bianchi e verdi che superano il 50 per cento degli accessi totali e sono per il 20 per cento inappropriati. Il quarto punto è la continua e costante demedicalizzazione del sistema di emergenza sanitaria territoriale.
  Il principale sintomo di questo malessere è il boarding, con la conseguente impossibilità di ricoverare i pazienti nei reparti degli ospedali per l'indisponibilità di posti letto dopo il completamento della fase di cura in pronto soccorso.
  Un ulteriore fattore di criticità è rappresentato dalla carenza di personale sanitario, in quanto si stima che nel settore dell'emergenza-urgenza manchino al momento oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri. Conseguentemente, molti pronto soccorso, per fare fronte ai propri compiti quotidiani, ricorrono a soluzioni quali cooperative o «gettonisti», elementi che devono essere oggetto di valutazione in un'ottica di migliore assistenza e clima lavorativo. Va poi riscontrato che c'è meno vocazione soprattutto nell'ambito dell'emergenza-urgenza; il numero dei contratti relativi alla specializzazione rimasti liberi è complessivamente di 6.125 su 16.165 contratti banditi.
  Quanto alle soluzioni prospettate, la Federazione ritiene che – in attesa che le Case della comunità e le Centrali operative territoriali Pag. 24diventino operative – occorra procedere al potenziamento e all'incentivazione delle risorse mediche, perseguire un sistema integrato di emergenza-urgenza evoluta, introdurre soluzioni innovative quali ad esempio il teleconsulto e il telemonitoraggio.
  Occorre, inoltre, rendere più attrattivo il sistema sanitario pubblico investendo sui professionisti, sugli organici, sulla sicurezza, sulle condizioni di lavoro e contemporaneamente far sentire protetti i medici tutelandoli nelle controversie temerarie, fermo restando il diritto del cittadino al giusto risarcimento, nonché riconoscere la qualità di lavoro usurante per l'attività svolta dai professionisti che operano nel pronto soccorso e nell'emergenza sanitaria territoriale, con la previsione di un'indennità. Una particolare attenzione va riservata al personale del 118 che gestisce l'emergenza urgenza nel territorio, assicurando che ciascuna delle professionalità coinvolte, il medico dell'emergenza sanitaria territoriale e l'infermiere opportunamente formati oltre all'autista soccorritore, sia messa in condizione di potere dare il proprio apporto.
  La Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) ha rimarcato come la riforma del sistema di emergenza-urgenza dovrà valorizzare e sistematizzare le innovazioni intercorse negli anni, da quelle professionali a quelle organizzative, anche in alcune realtà regionali. Le direttrici fondamentali di questo percorso sono evidenziate nel cosiddetto «Manifesto di Firenze per l'area dell'emergenza-urgenza», dell'aprile 2023, a completamento delle risultanze di quanto previsto dal documento noto come «Carta di Riva» del 20 settembre 2021. Da un punto di vista organizzativo, si ritiene utile l'istituzione di un Centro nazionale di coordinamento volto ad omogeneizzare i sistemi di risposta ai bisogni dei cittadini, favorendo modelli organizzativi orientati all'efficacia e all'efficienza. Tale struttura, inquadrata all'interno del Ministero della salute, avrebbe inoltre funzione di raccordo tra il sistema preospedaliero di emergenza e il sistema ospedaliero di emergenza-urgenza.
  Rispetto al fenomeno dell'overcrowding, è necessario lo sviluppo dell'assistenza territoriale attraverso l'implementazione dell'infermiere di famiglia e di comunità che mira al potenziamento e allo sviluppo della rete socio sanitaria con un'azione che si sviluppi dentro e con le comunità. In merito al boarding, si suggerisce di operare attraverso l'implementazione di modelli organizzativi, a gestione infermieristica, al fine di migliorare i percorsi in ingresso quali see and treat e fast track per codici a bassa e media complessità assistenziale.
  In merito alle dimissioni, risulta fondamentale un'integrazione sociosanitaria ospedale-territorio per la gestione della fragilità mediante lo sviluppo delle centrali operative territoriali previste dal decreto ministeriale n. 77 del 2022. La risposta, in emergenza, ai bisogni dei cittadini richiede diversi livelli di intervento a seconda della situazione e un approccio multiprofessionale. A determinare i diversi livelli di risposta sono soprattutto le competenze che i professionisti esprimono attraverso la specializzazione della singola professione, ma è soprattutto l'integrazione delle stesse competenze nel lavoro del team che consente di aumentare la capacità di risposta.
  La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazionePag. 25 e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) ricorda che, quando si parla di emergenza-urgenza, non si deve parlare dei soli pronto soccorso ma pensare ad altri presìdi territoriali. È stato richiamato l'esempio della regione Emilia-Romagna, ovvero dei centri di assistenza e urgenza territoriali che sono definiti come «strutture territoriali destinate alla gestione delle urgenze sanitarie a bassa complessità clinico-assistenziale che garantiscono, oltre alle prestazioni erogate dalla continuità assistenziale, prestazioni non complesse attualmente erogate nei punti di primo intervento e dei pronto soccorso». Sempre dal lato dell'offerta, è stato segnalato che occorre potenziare i servizi che sono erogabili attraverso le tecnologie digitali.
  Per quanto attiene al lato della domanda, è importante, sul medio-lungo periodo, investire in «alfabetizzazione», rendendo gli utenti consapevoli dei loro bisogni e, quindi, con una responsabilizzazione nei confronti dell'uso del sistema sanitario compreso il comparto per la gestione dell'emergenza-urgenza.
  Massimiliano Maselli, assessore alle politiche sociali e ai servizi della persona della regione Lazio, in rappresentanza della Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha riportato una serie di proposte contenute in un documento elaborato dalla Conferenza stessa il 9 novembre 2023, tra le quali, per quanto riguarda specificamente il personale che opera nel settore dell'emergenza territoriale: il riconoscimento di una serie di indennità e di benefici; la definizione univoca delle piante organiche di medici e infermieri nelle strutture di pronto soccorso; la riduzione delle ore settimanali e del numero delle notti; l'utilizzo dei medici con specialità a fini equipollenti nei pronto soccorso; la possibilità per gli specialisti di medicina di emergenza-urgenza di esercitare la libera professione nelle specialità equipollenti, al fine di rendere più attrattivo il settore. A tale scopo, constatato anche che il 69 per cento dei contratti di specializzazione non viene assegnato, la Conferenza ritiene utile rivedere l'iter formativo del medico di urgenza, prevedendo una più definita connotazione del programma di studio, che dovrebbe essere maggiormente incentrato sulla rotazione nei pronto soccorso, nelle unità di osservazione breve intensiva (OBI) e nelle unità di terapia subintensiva (TSI).
  Per quanto riguarda il tema del boarding nei pronto soccorso, collegato al problema degli accessi impropri, la Conferenza ricorda, anche con riferimento alle risorse derivanti dal PNRR, l'importanza della ristrutturazione e della progettazione dei pronto soccorso anche rispetto alle nuove necessità dei pazienti, il potenziamento e l'attivazione di attività infermieristiche di bed management e l'utilizzo dei medici di medicina generale. Si propone, inoltre, l'utilizzo dei medici non specializzati in medicina d'emergenza-urgenza presenti nei pronto soccorso per quanto riguarda i codici minori, per attivare dei percorsi di assistenza domiciliare integrata (ADI).
  Con riferimento alle misure per limitare gli accessi impropri ai pronto soccorso, si richiede di porre al centro dell'attenzione il tema dell'assistenza territoriale e della presa in carico, quindi l'implementazione del telemonitoraggio, in modo da intercettare le chiamate ritenute non urgenti dal 118 ed evitare così che l'utente possa recarvisi spontaneamente, orientando quel bisogno verso i servizi territoriali.Pag. 26
  La Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG) ha sottolineato che si è determinata una «mancanza di vocazione» che sta interessando i medici e gli infermieri nei confronti del servizio di emergenza territoriale. A fronte dei dati che stimano la mancanza di circa 4.500 medici e 10.000 infermieri negli organici della sola emergenza ospedaliera, viene osservato che possono essere dati sottostimati, considerato che alcune società scientifiche del settore dell'emergenza-urgenza parlano di dimissioni di circa 100 medici al mese che lasciano il servizio pubblico.
  Per quanto riguarda la possibilità di accesso alla carriera ospedaliera, i dati diffusi dal Ministero dell'università e della ricerca riportano una situazione drammatica per quanto riguarda le richieste di accesso alle scuole di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza e di anestesia-rianimazione.
  Secondo la FIMMG, la soluzione non è la drastica riduzione della figura del medico convenzionato, che anzi occorre incrementare attraverso il convenzionamento dei medici sul territorio. Occorre assolutamente rivedere le modalità formative di accesso alla medicina generale e pensare ad una maggiore tutela previdenziale e assicurativa così da rendere attrattivo il ruolo.
  La Società italiana di psichiatria (SIP) ha evidenziato che le urgenze psichiatriche rappresentano una realtà significativa per l'attività dei pronto soccorso, sia in termini di numerosità che di gravosità. I numeri aumentano ulteriormente se si considera la frequente concomitanza di una condizione psichiatrica in utenti che giungono all'osservazione per altri motivi. È stato ricordato che le strutture psichiatriche che operano all'interno degli ospedali sono i servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) che interagiscono con le strutture di pronto soccorso. Sono strutture di primo soccorso per le patologie psichiatriche in fase di acuzie e di scompenso, ricomprese nella rete che garantisce continuità e integrazione degli interventi.
  La società concorda con gli standard di risorse economiche e professionali proposti per i singoli SPDC da parte di AGENAS ma esprime perplessità sull'indicazione, proveniente dalla stessa Agenzia, di prevedere un SPDC ogni 300.000 abitanti, che appare insufficiente alla reale domanda. Si ritiene invece, sulla base delle caratteristiche del territorio, che le diverse aree geografiche dovrebbero dotarsi di un SPDC a fronte di bacini di utenza ridotti, indicativamente ogni 150.000-200.000 abitanti.
  Si pone l'accento sulla necessità di un rimodellamento dell'organizzazione funzionale dei DEA, che tenga conto dell'importanza di contatti strutturati con i professionisti della salute mentale, considerando che molti casi riguardano sintomi psichici che accompagnano patologie di origine medica generale. Tale evidenza rende non percorribile la possibilità di fast track per il paziente con «manifestazioni psichiatriche» in situazione di urgenza in quanto potenziale causa di errori e di gravi sottovalutazioni diagnostiche.
  La Società ha indicato poi, in sintesi, alcune aree da implementare, in particolare: il terzo livello di assistenza specialistica (ambito ospedaliero), garantito dagli SPDC; reparti di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza; reparti o letti tecnici per la disintossicazione da alcol o sostanze; la costruzione di percorsi differenziati basati sulle Pag. 27evidenze per fasce di utenza e per patologia; la formazione continua, intra e interdisciplinare; lo sviluppo della telemedicina, sia per le attività cliniche intra e interospedalieri che di snellimento dei collegamenti fra sistemi di cura e assistenza.
  Nell'analisi del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS), si è sottolineato che, con circa 20 milioni di accessi l'anno nelle strutture del pronto soccorso, è inevitabile parlare di accesso «improprio o evitabile». Si evidenzia come tali accessi, pur generando solo il 13 per cento di ricoveri, rappresentino indubbiamente un dato quantitativo problematico da gestire.
  Il CeRGAS ha elencato poi le pressioni sul lato della domanda, come l'invecchiamento della popolazione e l'aumento dei problemi, anche sociali, legati a quelli sanitari e sul lato dell'offerta, a partire dall'invecchiamento del personale, la carenza degli infermieri o le borse di studio in medicina d'urgenza non assegnate e il ricorso crescente al personale esterno. Dal confronto con i dati internazionali emerge comunque che il ricorso alle strutture di pronto soccorso è contenibile ma solo entro certi limiti. Ha segnalato, poi, esaminando i dati regionali, una certa variabilità interregionale: rilevando che alcune regioni, che di solito sono richiamate per essere virtuose dal punto di vista anche dell'offerta territoriale e per altri elementi dell'offerta sanitaria, si posizionano con più elevati accessi in pronto soccorso rispetto ad altre (Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna).
  Sul piano delle proposte, ha richiamato l'esperienza della Germania che ha iniziato a lavorare sull'orientamento della domanda attraverso l'implementazione del 116117 e lo sviluppo di servizi dedicati a quei pazienti che hanno bisogno di una risposta di tipo più ambulatoriale e territoriale, segnalando che in questa direzione vanno gli interventi di alcune regioni italiane.
  Ha evidenziato, in particolare, tre «traiettorie» di cambiamento: lo sviluppo di servizi per orientare la domanda, lo sviluppo di servizi alternativi (telemedicina d'urgenza e CAU) e la razionalizzazione dell'offerta attuale.
  Partendo dalla necessaria revisione della geografia dei servizi, ha segnalato alcune opportunità e alcuni rischi. Sul primo versante, si sottolinea l'opportunità di valorizzare e migliorare la gestione del personale dedicato all'emergenza-urgenza, potendo così focalizzare il personale specializzato nella medicina d'urgenza nei DEA di I e di II livello. Si suggerisce di valorizzare le guardie mediche, che sono medici di continuità assistenziale e personale infermieristico, aggregandolo nelle Case della comunità e dotandolo delle opportune strumentazioni diagnostiche. Per quanto riguarda i rischi, occorre evitare effetti moltiplicativi e distorsivi sulla domanda, cercando di non creare troppi canali.
  L'analisi del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità) ha rilevato preliminarmente la mancanza di dati quantitativi per poter procedere a un'analisi compiuta sui pronto soccorso, colpiti dal fenomeno del sovraffollamento. Dà, quindi, conto di un sondaggio effettuato insieme a FNOMCeO, dal quale risulta una forte insoddisfazione da parte dei quasi 900 medici intervistati. Le ragioni della disaffezione sono sostanzialmente due: da un lato, la retribuzione ritenuta non adeguata; dall'altro, le condizioni di lavoro particolarmentePag. 28 stressanti, soprattutto nei pronto soccorso. Tali ragioni costituiscono un disincentivo a partecipare ai bandi delle scuole di specializzazione e ad accettare di andare a lavorare presso le strutture di pronto soccorso.
  Ritiene, inoltre, che ci sia inappropriatezza negli accessi, benché difficile da quantificare. Il fatto, poi, che in Italia ci siano pochi posti letto rispetto alla media dei Paesi europei, comporta la difficoltà di far transitare il paziente che necessita di ricovero ospedaliero. Pertanto, è importante agire parallelamente su più fattori, correlati al sistema di emergenza-urgenza, a partire dal problema delle liste d'attesa, che rappresenta la fonte principale dell'inappropriatezza degli accessi.
  Segnala, altresì, come la compartecipazione potrebbe essere un altro modo di governo della domanda. In tal senso, sarebbe utile verificare se l'introduzione di ticket più elevati da parte di alcune regioni abbia prodotto l'effetto di disincentivare in qualche misura gli accessi.
  Francesco Franceschi, direttore UOC Medicina dell'urgenza e pronto soccorso, Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma, ha fatto presente innanzitutto che il maggior ricorso alle strutture di pronto soccorso è determinato dall'invecchiamento della popolazione e anche dal fatto che con il miglioramento delle terapie si assicura una maggiore sopravvivenza dei pazienti, i quali però possono avere notevoli complicanze durante il loro decorso.
  Nel segnalare che le criticità del sistema di emergenza rappresentano un fenomeno internazionale, sottolinea che i direttori delle scuole di specializzazione hanno il compito di favorire l'ingresso degli specializzandi, promuovere le attività delle scuole e trasmettere un senso di positività rispetto ad una professione che continua ad essere affascinante. Il medico di pronto soccorso andrebbe inoltre supportato con una serie di azioni, non soltanto attraverso benefits economici. Occorre, ad esempio, prevedere la possibilità per un medico che sceglie di lavorare in pronto soccorso di essere destinato ad un'altra mansione nel corso del suo sviluppo di carriera, qualora non riesca più a poter dare il suo apporto per questioni di età.
  Roberto Pieralli, medico di emergenza sanitaria territoriale 118 e presidente regionale SNAMI Emilia-Romagna, ha evidenziato che il sistema dell'emergenza rappresenta la «complessità all'interno della complessità», perché deve gestire la medicina generale dell'acuto, in situazioni non standardizzate. Per quanto concerne la parte preospedaliera, il sistema del 118 è oggi in Italia molto frammentato dal momento che ha modelli organizzativi differenti nei diversi contesti regionali.
  Per garantire l'attrattività alle posizioni professionali nell'ambito dell'emergenza occorre, accanto a incentivi economici, l'adozione di un modello maggiormente flessibile che consenta ai professionisti di lavorare stabilmente nei servizi di emergenza, ma anche di sviluppare altre possibilità formative. In ogni caso il fenomeno dell'overcrowding continua a rappresentare un imbuto che se non viene in qualche modo superato, o almeno mitigato con altre strategie, renderà invivibile il lavoro all'interno delle strutture.
  Maria Pia Ruggieri, direttore UOC Pronto soccorso, OBI e breve osservazione, Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, Pag. 29ha evidenziato che il numero degli accessi di pronto soccorso è sicuramente un dato importante, ma che occorre pensare anche a qualche altro indicatore di complessità clinica. Il calcolo dello standard del personale medico, infermieristico e OSS del team dell'emergenza-urgenza in pronto soccorso deve quindi necessariamente essere effettuato non considerando solo il numero degli accessi. Il boarding, cioè l'attesa al ricovero, rappresenta un fattore estremamente critico perché, da una parte, determina un aumento del rischio clinico per i malati (mortalità, cure inefficaci, ritardi di diagnosi, di terapia e quant'altro) ma crea anche una disaffezione dello specialista urgentista e dell'infermiere che lavorano nel settore dell'emergenza.
  Ha segnalato che non tutte le regioni italiane hanno ancora effettuato il passaggio dal sistema a quattro codici a quello cinque codici e ha quindi sottolineato che occorre incentivare l'ingresso del personale con un contratto a tempo indeterminato e non con contratti atipici, ritenendo che le cooperative stanno diventando il vero competitor del Servizio sanitario nazionale dell'emergenza-urgenza.
  Alberto Zoli, direttore generale dell'Agenzia regionale emergenza urgenza (AREU) della Lombardia, ha rilevato che l'esodo dei professionisti dai pronto soccorso non è un segno di disaffezione professionale, ma rappresenta una «resa» sofferta in relazione a due situazioni particolarmente critiche: la disfunzione del sistema ospedaliero e l'inadeguatezza dell'offerta di cure intermedie e della rete territoriale, in particolare nel caso di pazienti fragili.
  Sul piano delle soluzioni tecniche individuate è stata tra l'altro segnalata l'esigenza di prevedere l'apertura di admission room diffuse in aree di degenza o centralizzate con spazi e organico infermieristico non di pronto soccorso, o, in alternativa, la gestione di «Boarding AREA» da parte di specialisti in aree ben definite delle strutture di pronto soccorso. È stato suggerito di estendere da 8 a 12 ore settimanali l'orario relativo ai contratti libero-professionali per gli specializzandi.
  L'Academy of emergency medicine and care (AcEMC) ha precisato, con riferimento alla scarsa attrattività dei contratti di specializzazione, che il numero assoluto di giovani medici che afferiscono alla scuola di specializzazione è in riduzione, ma non in maniera così marcata come mostrano i numeri relativi, che evidenziano come i giovani medici scelgano specialità meno «impegnative» e in prospettiva più remunerative.
  Si ricorda inoltre che gli specializzandi possono entrare nel mondo del lavoro, in base alla legge n. 145 del 2018, due anni prima del completamento della formazione e più recentemente, a seguito di quanto previsto con il cosiddetto «decreto Bollette», anche svolgere attività professionale durante la loro formazione, con un numero di ore settimanali ridotto. Tutto questo ha incrementato la «fuga» dalla medicina d'urgenza, che è legata alle condizioni di lavoro e alla carenza di personale e che determina un circolo vizioso che in qualche modo deve essere interrotto.
  Altri fattori di criticità sono, come noto, il sovraffollamento e il conseguente boarding. Il sovraffollamento potrebbe essere ridotto drasticamente, attraverso la revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, disponendo l'adeguamento della rete di emergenza-urgenza ospedaliera per livelli di intensità di presa in carico e di specificità dei Pag. 30bisogni e adottando le opportune modifiche sulla base delle disposizioni del decreto ministeriale n. 77 del 2022, nel quadro di una strategia per un sistema integrato di emergenza-urgenza evoluto che si rapporta anche con la continuità assistenziale e la medicina territoriale. Occorre portare il rapporto del numero posti letto per 1.000 abitanti almeno sopra a 4, considerando che l'attuale rapporto è decisamente inferiore alla media europea. Il tema della depenalizzazione dell'atto medico è un argomento che si correla al boarding e dovrebbe essere preso in considerazione.
  Il Coordinamento specializzandi in medicina d'emergenza-urgenza (CoSMEU) ha esposto i risultati di una survey che ha visto coinvolti 421 specializzandi in tutte le regioni italiane. Sono state evidenziate tre problematiche principali: la figura del medico specialista in medicina di emergenza-urgenza non è ancora completamente riconosciuta in Italia; la formazione rimane troppo eterogenea a seconda della sede, sono soprattutto le condizioni lavorative post specialità che «spaventano» nella scelta di questa disciplina.
  In ambito universitario, si chiede di uniformare i percorsi formativi, di incentivare la cultura della medicina di emergenza-urgenza, attraverso la ricerca di qualità, di investire su simulazione e scambi anche con l'estero, dove questa specializzazione è prevista da molti anni, nel mondo anglosassone in primis.
  Sul piano legislativo, si auspica la creazione di un settore scientifico disciplinare di medicina di emergenza-urgenza che possa essere svincolato da medicina interna, sia per avere docenti di medicina di emergenza-urgenza che siano specialisti in quest'ambito sia come possibile sbocco lavorativo per i neospecialisti.
  Nel contesto lavorativo, si richiede il riconoscimento della specificità del ruolo, anche attraverso incentivi economici.
  La Federazione nazionale degli Ordini della professione di ostetrica (FNOPO) ha evidenziato che l'ostetrica è la professionista competente nell'ambito del triage ostetrico, ginecologico e neonatale. Tale dato è confermato dalle linee guida del Ministero della salute, nelle quali è stata ridefinita l'organizzazione dei modelli di triage.
  Si ricorda in particolare che la costituzione del triage ostetrico fa sì che venga sgravato il pronto soccorso generale dalle donne, che accedono al pronto soccorso per una necessità ostetrica o ginecologica. Pertanto un corretto reindirizzo al pronto soccorso ostetrico o al triage ostetrico permetterebbe una riduzione dei volumi di carico del pronto soccorso generico.
  La FNOPO ricorda che l'assistenza ostetrica è tempo-dipendente, in quanto gli interventi devono essere appropriati nel tempo in cui vengono prestati: si propone pertanto l'introduzione della professione ostetrica nella rete di emergenza e urgenza territoriale. Questo aspetto, che è stato implementato e riorganizzato soprattutto in alcuni territori che hanno visto la chiusura di piccoli punti nascita, risulta doveroso.
  Livio De Angelis, direttore della Direzione regionale soccorso pubblico e 112 N.U.E. della regione Lazio, ha posto l'accento principalmente sulla criticità relative al Numero unico dell'emergenza, evidenziando, in primo luogo, la mancata implementazione del 112 NUE in modo omogeneo sul territorio nazionale e, in secondo luogo, i complessi rapporti di gestione tra i servizi del 112 e del 118. Ha quindi Pag. 31precisato, anche alla luce degli ottimi risultati raggiunti dall'attivazione del NUE 112 nella regione Lazio e dei grandi vantaggi che questo ha portato in termini di capacità di accoglienza delle richieste dell'utenza, di capacità di filtro delle chiamate improprie – oltre il 50 per cento – e di coordinamento tra i sistemi 118 e gli altri enti che partecipano e concorrono alle attività di soccorso, l'esigenza di rendere omogenea a livello nazionale la costruzione della «porta di accesso» ai servizi di emergenza, completando l'attivazione del NUE 112 in tutte le regioni italiane e aumentando il coordinamento tra 112 e 118, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali di nuova attivazione.
  Si è poi soffermato sull'opportunità di riconsiderare i modelli organizzativi dei sistemi di emergenza extraospedaliera, soprattutto nel senso di coinvolgere nella gestione del servizio alcune figure professionali che allo stato attuale non sono completamente valorizzate. A suo avviso, occorre rivedere «chi fa cosa» in un'ottica di revisione dei percorsi di accesso alle prestazioni sanitarie in emergenza, identificando le attività di assoluta pertinenza del personale sanitario altamente specializzato, allo scopo di ottimizzare l'efficienza dei sistemi di emergenza valorizzando le diverse professionalità.
  Ritiene, sulla base dell'esperienza, che l'utilizzo di strumenti informatici sempre più performanti e di programmi di intelligenza artificiale «man controlled» possa determinare un efficientamento dei sistemi, la velocizzazione dell'operatività e un abbattimento delle spese, con risultati più efficaci per la salute del cittadino.
  Francesca Cortellaro, direttore della struttura complessa Integrazione percorsi di cura ospedale-territorio dell'Agenzia regionale emergenza-urgenza della regione Lombardia, ha posto l'accento sulla necessità di utilizzare in modo razionale e appropriato le risorse, agendo su alcune leve. Innanzitutto, sulla base della propria esperienza professionale, occorre orientare la domanda di salute dei cittadini, in modo tale da evitare gli accessi impropri al pronto soccorso. Ciò potrebbe avvenire attraverso l'attività svolta dalle centrali operative 112-118, che trasferiscono le chiamate non di emergenza ad una centrale di telemedicina e attivando, ove necessario, un team di risposta rapida domiciliare che entro poche ore si reca presso il domicilio del paziente, in particolare se è un soggetto fragile.
  Per coloro che si presentano al pronto soccorso, è necessario attivare percorsi per la gestione dell'urgenza minore o non urgenza (codici 4-5). L'obiettivo è assicurare un appropriato utilizzo del setting di cura, in modo da garantire dimissioni precoci dal pronto soccorso. Reputa altrettanto necessario agire sulla leva della motivazione professionale, prevedendo meccanismi di rotazione del personale che opera presso le strutture di pronto soccorso e di medicina d'emergenza-urgenza e valorizzando l'attività dell'infermiere professionale. Fondamentale, inoltre, è il monitoraggio costante della qualità dell'appropriatezza clinica e organizzativa dei pronto soccorso.
  Francesco Venneri, referente regione Toscana per la gestione del rischio clinico, partendo dalla constatazione di una sorta di «disaffezione» da parte dei giovani specializzandi verso la medicina di emergenza-urgenza, si è soffermato in particolare sul tema della formazione, ipotizzando la rivisitazione dei percorsi formativi, che dovrebbero essere orientati a integrare la parte teorica con la parte tecnico-pratica, Pag. 32attraverso meccanismi come la metodologia didattica della simulazione.
  Centrale è altresì, ad avviso del soggetto audito, una buona pianificazione dell'educazione sanitaria della popolazione, che dovrebbe avvenire partendo dalle scuole inferiori e poi con successivi programmi di formazione, in modo da far comprendere l'importanza del corretto utilizzo dei sistemi sanitari e dei sistemi di emergenza-urgenza.
  Ritiene che la soluzione ai problemi della medicina di emergenza-urgenza non sia semplice né immediata e che, comunque, sia fondamentale inquadrarla nell'ambito di una riforma complessiva della medicina del territorio.
  La Federazione italiana medicina emergenza-urgenza e catastrofi (FIMEUC) ha ricordato preliminarmente che FIMEUC si è costituita con l'obiettivo di adottare su tutto il territorio nazionale un modello che integri l'emergenza preospedaliera con il pronto soccorso e di garantire la tutela e la specificità del lavoro dei medici, degli infermieri e dei soccorritori che lavorano in quest'ambito.
  Tra le criticità più rilevanti del sistema di emergenza-urgenza, sono state sottolineate quelle riguardanti il sovraffollamento, legato alla carenza di servizi di medicina territoriale, soprattutto con riferimento alla gestione della cronicità delle malattie, e la fase delle dimissioni dal pronto soccorso, quando il paziente necessita di un ricovero, a causa della carenza di posti letto che – ricorda – sono 3,18 ogni mille abitanti contro una media europea di 5,2, secondo i dati Eurostat.
  Si sofferma, quindi, sulle cause che allontanano i medici dall'emergenza-urgenza – tanto che la metà circa dei contratti di specializzazione non viene assegnata e che numerosi sono gli abbandoni –, quali i compensi inadeguati, una maggiore esposizione agli atti di aggressione e l'elevato rischio di contenziosi medico-legali, più che in altri settori.
  La FIMEUC ritiene necessaria e indifferibile una riforma del sistema di emergenza-urgenza, anche in considerazione del fatto che la normativa di riferimento risale ad oltre 30 anni fa, che si inquadri nell'ambito di una riforma complessiva del sistema sanitario, in modo da affiancarlo ai tre macrolivelli di assistenza: la prevenzione, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera.
  Francesco Lisanti, direttore del Pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, facendo riferimento alla realtà territoriale in cui svolge la propria professione, ha posto l'accento sulle principali cause esterne del sovraffollamento nei pronto soccorso, individuandole nelle seguenti: a) scarsa conoscenza, da parte del cittadino, dei diversi livelli di assistenza forniti dal Servizio sanitario nazionale; b) mancata presa in carico dei pazienti da parte dei medici di famiglia e mancato filtro da parte dei medici in continuità assistenziale; c) triage telefonico del 118 spesso condizionato da un atteggiamento difensivo, con scarso potere gestionale, con la conseguenza di un'eccessiva centralizzazione, anche nei confronti di pazienti bisognosi di cure a bassa intensità; d) invecchiamento della popolazione, con necessità di gestione della cronicità.
  Segnala, inoltre, come la riduzione dei posti letto rappresenti un problema, soprattutto in un contesto come quello italiano in cui l'età media si è alzata e, quindi, sono aumentati i pazienti cronici con Pag. 33frequenti riacutizzazioni. Occorrerebbe, pertanto, incrementare i posti letto per acuti e deospedalizzare molte attività, rivolgendole presso strutture territoriali a media intensità di cura. Al riguardo, sottolinea la necessità di riorganizzare la medicina del territorio.
  Alberto Arrighini, direttore del Pronto soccorso pediatrico dell'ASST Ospedali civili di Brescia, con riferimento al tema dell'inappropriatezza degli accessi al pronto soccorso, rileva come ciò sia vero particolarmente per quello pediatrico, come attesta il numero degli accessi, soprattutto nei periodi festivi e in concomitanza con il picco influenzale. È evidente come ciò avvenga in quanto il pronto soccorso è aperto ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, e i genitori sono consapevoli del fatto che così facendo avranno accesso a un medico senza dover prendere appuntamenti.
  Sicuramente la soluzione è costituita dal rafforzamento della medicina del territorio ma, fino a quando tale riforma non viene completamente attuata, si potrebbe a suo avviso far pagare un ticket, anche simbolico, che consenta di valutare il pronto soccorso come una struttura preziosa, che non va utilizzata se non è necessario.
  Un altro problema rappresentato nel corso dell'audizione è l'aumento esponenziale dei ragazzi – ma anche dei bambini – che arrivano in pronto soccorso con problematiche comportamentali, fino ad arrivare a vere e proprie problematiche psichiatriche.
  Gianpietro Briola, responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda, ha sottolineato come – occorra restituire al pronto soccorso il suo ruolo di gestione e trattamento esclusivamente dall'emergenza e urgenza, se si vuole superare l'attuale fase di allontanamento da questa branca della medicina da parte del personale sanitario. Al fine di migliorare gli aspetti organizzativi, è necessario che la struttura abbia una certa stabilità, attualmente minata dal fenomeno delle cooperative, il cui personale risulta spesso poco gestibile ed è in continuo turnover.
  Segnala quindi l'esigenza di potenziare e standardizzare alcune esperienze già in atto, a partire dal fast track, che consente di organizzare percorsi e accessi diretti e alternativi per le patologie cosiddette minori o mono specialistiche, senza sovraffollare i pronto soccorso.
  Inoltre, andrebbe incentivato, a suo avviso, il percorso della presa in carico anticipata, con la possibilità per gli infermieri di richiedere esami diagnostici. Ritiene, infatti, utile intervenire legislativamente per indicare i limiti e le possibilità per il personale infermieristico di chiedere almeno determinati esami radiologici di base in autonomia, rinviando pertanto la valutazione medica, con riduzione dei tempi di diagnosi e di dimissione o verso il domicilio o verso il ricovero.
  Richiamando la realtà in cui esercita la propria attività lavorativa, caratterizzata, come tante altre, dalla scarsità di personale e da un numero elevatissimo di accessi, ritiene che elementi migliorativi della situazione attuale potranno derivare dall'apporto della telemedicina, dalle Case e dagli Ospedali di comunità, dall'educazione sanitaria, affinché si riacquisti fiducia nel sistema e nei professionisti della salute, con la corretta percezione della necessità.
  Isabel Fernandez, presidente dell'Associazione EMDR Italia, ha rappresentato che la società di cui è presidente si occupa, in particolare,Pag. 34 di fornire supporto psicologico specialistico in situazioni acute di stress e in situazioni traumatiche. Per questa ragione, l'Associazione EMDR ha svolto attività di collaborazione presso gli ospedali, con gli operatori sanitari che lavorano in condizioni di emergenza, in modo da ridurre i rischi per la loro salute psico-fisica in relazione all'attività svolta. Fa presente che l'EMDR è un metodo evidence-based, raccomandato dall'Organizzazione mondiale della salute, idoneo a diminuire, anche in modo significativo, i costi per la cura del personale.
  L'attività degli psicologi che lavorano per l'associazione in contesti sanitari consiste non soltanto nell'assistere i pazienti e gli operatori, offrendo loro supporto psicologico dopo eventi critici, che purtroppo sono frequenti, soprattutto in pronto soccorso, quali aggressioni al personale, decessi inattesi, esposizione a denunce per presunti errori, ma anche nel mediare tra gli uni e gli altri, individuando gli elementi che producono disagi e tensioni.
  Ugo Luigi Aparo, referente sanitario gruppo Medical Line Consulting (MLC), con riferimento alla grave carenza di medici e di infermieri nel settore dell'emergenza-urgenza a livello nazionale, ha evidenziato il ruolo svolto da soggetti come MLC, che forniscono personale alle strutture sanitarie in difficoltà. Al riguardo, ha osservato come alcuni reparti, soprattutto di pronto soccorso, non avrebbero potuto continuare a svolgere la propria attività se non avessero fatto ricorso alle esternalizzazioni. Ritiene, pertanto, che l'apporto del privato al Servizio sanitario nazionale sia fondamentale, come dimostrato anche nel periodo dell'emergenza epidemiologica da Covid19, e che non si debbano assumere al riguardo posizioni pregiudizialmente contrarie.
  Al fine di garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e l'erogazione di prestazioni sanitarie di elevata qualità, reputa utile perseguire modelli di partnership tra pubblico e privato, anche innovativi, definendo precise linee guida per l'affidamento e la gestione, che impediscano la partecipazione alle gare pubbliche ai soggetti che non siano in possesso di tutti i requisiti richiesti. A titolo di esempio, ha citato esperienze in cui al privato sono stati affidati, per un periodo di tempo limitato, alcuni servizi, tra cui il pronto soccorso.
  Rosario Maria Gianluca Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana, ha ricordato che, con una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale, la Croce rossa italiana garantisce un importante presidio in moltissime comunità, laddove da diverso tempo i cittadini si rivolgono alle organizzazioni del Terzo settore per ricevere risposte a bisogni che i servizi sanitari locali in alcune circostanze non riescono a soddisfare nella loro interezza.
  Ha quindi illustrato alcune iniziative in fase sperimentale, promosse dalla Croce rossa italiana, che possono rappresentare un modello virtuoso di collaborazione fra il mondo del volontariato e le istituzioni, e possibilmente uno spunto di riflessione per il legislatore nazionale e regionale.
  In relazione al fenomeno delle aggressioni nei confronti del personale sanitario, ha ricordato alcune attività della Croce Rossa, che nel dicembre 2018 ha lanciato la campagna nazionale Non sono un bersaglio e istituito un osservatorio sulle aggressioni agli operatori. Dopo una prima valutazione dei dati raccolti dall'Osservatorio, si sono sviluppate ulteriori attività che riguardano la corretta informazione Pag. 35degli operatori, la realizzazione di un percorso formativo ad hoc sul tema della violenza contro gli operatori sanitari e la promozione di collaborazione e partenariati con soggetti terzi, pubblici e privati, per la promozione di una campagna di informazione. L'obiettivo è quello di salvaguardare in ogni modo l'assistenza sanitaria, la protezione e il rispetto del personale, le strutture e mezzi sanitari. In tale contesto, la Croce Rossa ha offerto il suo contributo durante la scorsa legislatura nel corso dell'iter parlamentare della legge n. 113 del 2020, recante disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie nell'esercizio delle loro funzioni, sottolineando come l'intervento del legislatore dovesse includere anche la sensibilizzazione e l'educazione della popolazione, oltre che inasprire le sanzioni per prevenire le condotte violente.
  Ha sottolineato, altresì, come una riorganizzazione della rete di emergenza-urgenza non possa prescindere da un potenziamento delle strutture sanitarie locali, da una gestione efficiente delle liste di attesa e da un più generale sviluppo di politiche sanitarie locali che pongano al centro la persona.
  Per garantire la massima e puntuale assistenza a una popolazione anziana, con patologie croniche e non autosufficienti, occorre a suo avviso sviluppare e potenziare i servizi di prestazioni assistenziali a domicilio, utilizzando le potenzialità degli strumenti tecnologici, della telemedicina, grazie ai quali è possibile monitorare a distanza le condizioni di salute delle persone e, ove necessario, coinvolgere le strutture di emergenza.
  Durante l'audizione di Niccolò Mancini, presidente nazionale dell'Associazione nazionale pubbliche assistenze (ANPAS), e Iacopo Fiorentini, presidente dell'ANPAS Emilia-Romagna, è stato ricordato preliminarmente che l'ANPAS è una rete nazionale di volontariato che aggrega circa 950 associazioni territoriali che operano da oltre centocinquant'anni nell'ambito del soccorso sanitario, dell'emergenza-urgenza, del soccorso e, in genere, dell'assistenza sanitaria, sociale, sociosanitaria.
  Le osservazioni e le proposte formulate in ordine alla situazione della medicina di emergenza-urgenza e dei pronto soccorso prendono spunto dall'evidenza per cui, in una situazione di ampia criticità, il mondo del volontariato organizzato e formato può continuare a offrire un contributo fondamentale. Rispetto alla questione della carenza del personale sanitario, il volontariato, nei limiti delle proprie competenze, può offrire, in termini numerici e qualitativi, un supporto sussidiario ai professionisti che operano nel sistema di emergenza-urgenza, negli ambiti del soccorso e dell'assistenza extra ospedaliera, anche con riferimento alla gestione organizzativa dei percorsi. Occorre quindi incentivare questo tipo di partecipazione, anche attraverso il riconoscimento delle competenze maturate dai volontari, e supportare fin dalla scuola l'inserimento di percorsi di volontariato. Si richiama l'attenzione sulla necessità del riconoscimento delle reti nazionali di volontariato e dei soccorritori, quali parte integrante del sistema di risposta pubblica ai bisogni sanitari.
  Si fa presente, poi, come anche i soccorritori volontari che operano sul territorio siano vittime di inaccettabili eventi di aggressione, analogamente a quanto avviene nei confronti del personale sanitario. Oltre Pag. 36alle azioni focalizzate sulla sicurezza fisica degli ambienti e sul rafforzamento delle pene connesse a questo tipo di reati, viene ritenuta necessaria un'azione culturale, che educhi il cittadino alla comprensione del percorso di assistenza e delle problematiche e difficoltà a esso connesse. Per quanto riguarda la questione dell'appropriatezza degli accessi al pronto soccorso, si fa riferimento a due ambiti principali di potenziale miglioramento: la consapevolezza dei percorsi, da un lato, e l'effettiva risposta del sistema, dall'altro.
  Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia, ha enucleato le criticità principali, derivanti dal sovraffollamento dei pronto soccorso, dalla carenza di personale medico e infermieristico e dal conseguente ricorso a professionisti sanitari esterni, oltre che dagli spazi spesso non idonei a fronte di un carico di richieste elevato.
  Ha segnalato come nel tempo sia notevolmente cambiato il rapporto tra il paziente e il personale delle ambulanze e dei pronto soccorso, per cui purtroppo sempre più spesso si verificano casi di violenza.
  Ritiene, inoltre, che sia fondamentale investire sul tema della formazione del soccorritore, nonché una diversa organizzazione delle centrali operative 118, che per la fase di valutazione, nella quale si può svolgere una fondamentale funzione di «filtro», dovrebbero essere dotate di strumenti maggiori.
  Piero Paolini, direttore della Centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli, ha sottolineato come il «Sistema 118 Italia» rappresenti la prima interfaccia nel complesso mondo dell'emergenza-urgenza. Pertanto, un suo buon funzionamento ha un impatto fondamentale nella gestione complessiva dell'emergenza-urgenza, con riflessi positivi anche sul pronto soccorso, sul corretto e tempestivo accesso alle cure da parte del cittadino in base al bisogno manifestato, ed è la base per la tenuta del sistema sanitario di fronte all'evolvere della situazione sociosanitaria del Paese.
  Al riguardo, fa presente che fin dal momento della ricezione della chiamata di soccorso le centrali operative 118 – che ad oggi sono oltre 60 in Italia – effettuano un primo filtro, evadendo la richiesta senza inviare un mezzo di soccorso nel 25 per cento dei casi, a cui si devono poi aggiungere i casi dei pazienti trattati sul posto e che, quindi, non vengono trasportati in pronto soccorso.
  L'audito ha segnalato che il sistema 118 deve rispondere, oltre che a criteri di appropriatezza, efficienza ed efficacia, anche alla crescente carenza di risorse, in particolare di personale medico, prevedendo l'utilizzo di altre figure professionali quali gli infermieri, che sono in grado di applicare procedure e protocolli specifici per il trattamento di alcune patologie. Pertanto, grazie anche alla disponibilità di nuove tecnologie, è possibile spostare competenze e funzioni presso la centrale operativa 118, che dovrà assumere un ruolo sempre più clinico nell'ambito dei percorsi assistenziali.
  Inoltre, particolare attenzione dovrà essere dedicata al monitoraggio di indicatori preventivamente concordati, compresi gli esiti dei percorsi, al fine di garantire elevati livelli di prestazioni in particolare per quanto riguarda gli interventi tempo dipendenti e una corretta gestione del rischio clinico.Pag. 37
  Giovanni Buonocore, direttore del Pronto soccorso di Merate, ha avanzato alcune proposte tese a superare la situazione di crisi che attraversa oggi il pronto soccorso e, in particolare, la disaffezione dei giovani medici. Infatti, a causa della mancata programmazione, questi si trovano attualmente nella condizione di scegliere e, quindi, spesso rifuggono da un'attività lavorativa complessa quale è quella richiesta in pronto soccorso.
  Suggerisce, pertanto, alcune linee d'azione, che nel breve termine prevedono la valorizzazione del ruolo del pronto soccorso, attraverso: una definizione degli aspetti essenziali del lavoro; ambiti di attività «qualificanti», in modo da corrispondere alle aspettative dei giovani; un riconoscimento economico significativo, in modo tale da rendere questo lavoro più attrattivo. Nel medio-lungo termine, invece, il focus si sposta sulla progettazione di soluzioni di contenimento degli accessi, sia attraverso l'ampliamento dell'offerta territoriale sia con il miglioramento dell'assistenza domiciliare, e di programmi di formazione sulla corretta valutazione di quando recarsi in pronto soccorso.
  Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118, ha avanzato alcune proposte specifiche per una riforma del sistema di emergenza territoriale 118 quali: il mantenimento dell'accesso diretto della cittadinanza al sistema di emergenza territoriale 118, che a suo avviso dovrebbe essere affiancato ma non sostituito dal 112; la scelta di un modello organizzativo dipartimentale provinciale del territorio con centrale operativa 118, quale centro regolatore primario di indirizzamento e coordinamento del flusso di richieste di soccorso per situazioni di emergenza; un determinato standard di soccorso sanitario avanzato, con un medico e un infermiere ogni 60.000 abitanti; la possibilità per i medici convenzionati, su base facoltativa, di passare al rapporto di dipendenza dopo cinque anni, conservando l'anzianità e continuando a rimanere nel sistema 118; la previsione di un'indennità di rischio ambientale e biologico per medici, infermieri, autisti-soccorritori; l'istituzione del profilo professionale dell'autista-soccorritore; la realizzazione di un «Sistema 118 Connesso», con l'impiego di telemedicina e intelligenza artificiale, a supporto del momento diagnostico e terapeutico tempo dipendente.
  Il rappresentante della CGIL, nel suo intervento, ha sottolineato che, se è certamente vero che uno dei problemi che attualmente affliggono la medicina di emergenza-urgenza è ravvisabile nella carenza di personale, occorre individuare le cause reali di tale carenza, a partire dal gap salariale rispetto ai Paesi europei di riferimento, pari a quasi il 30 per cento per quanto riguarda sia la dirigenza medica che il comparto sanitario. Ciò è dovuto, a suo avviso, dal finanziamento non adeguato del Servizio sanitario nazionale, in quanto il superamento dei tetti di spesa non può rappresentare una soluzione se non si prevede al tempo stesso lo stanziamento di risorse aggiuntive.
  Si è soffermato, quindi, sul problema del boarding, ritenendo che, con riferimento al numero dei posti letto, il confronto tra l'Italia e gli altri Paesi europei è impietoso. Al riguardo, rileva criticamente che alla riforma dell'assistenza ospedaliera non si è affiancata una riforma dell'assistenza territoriale, ora prevista dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, senza tuttavia che siano state stanziate risorse per darvi attuazione attraverso il reclutamento del personale.Pag. 38
  Pur apprezzando l'intervento contenuto nel decreto-legge n. 34 del 2023, al fine di porre un freno al fenomeno dei cosiddetti gettonisti, ritiene tuttavia che sarebbe necessario realizzare un certo coordinamento tra le varie regioni, che tengono comportamenti del tutto disallineati.
  Non condivide, inoltre, la disposizione contenuta nello stesso decreto-legge n. 34 sull'istituzione di presìdi della Polizia di Stato presso i pronto soccorso, ritenendo che sarebbe molto più appropriato ed efficace un rafforzamento dell'organico all'interno del sistema di emergenza, lasciando le forze dell'ordine al servizio della sicurezza del territorio.
  Il rappresentante della CISL, pur esprimendo un giudizio positivo sugli interventi normativi di carattere economico volti a sostenere la permanenza dei professionisti nei servizi di emergenza-urgenza, ha tuttavia rappresentato la difficoltà di erogazione di parte delle risorse, in quanto legate ad accordi da raggiungere a livello regionale rispetto ai quali si registra un certo ritardo. Ritiene, inoltre, che la platea dei beneficiari del meccanismo previdenziale previsto all'articolo 12, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2023, cosiddetto decreto bollette, sia estremamente ridotta, auspicandone pertanto un ampliamento.
  Per quanto riguarda il problema del personale, la CISL ritiene che vada affrontato in maniera più radicale, superando il limite dei tetti di spesa. Paradossalmente, nonostante le assunzioni di nuovo personale siano penalizzate, ciò non contribuisce a generare risparmio, stante il ricorso all'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati.
  Ravvisa, inoltre, l'utilità di effettuare una rilevazione dei posti letto per comprenderne la reale disponibilità, essendosi riscontrato che spesso la dotazione effettivamente disponibile non corrisponde a quanto stabilito negli atti di programmazione.
  Relativamente alla questione degli accessi al pronto soccorso, ritiene che i ritardi accumulati negli anni rispetto alla riforma della medicina territoriale – che auspica siano recuperati attraverso gli interventi previsti nella Missione 6 del PNRR – hanno fortemente indebolito la capacità di risposta facendo sì che i cittadini si rivolgano ai pronto soccorso anche per situazioni di bassa criticità, che dovrebbero essere gestiti mediante altri percorsi. Fa presente che oltre il 65 per cento degli accessi risulta improprio. È necessario, quindi, ricostituire la rete territoriale, ridefinendo in tale ambito il rapporto con i medici di medicina generale, per la presa in carico delle situazioni a bassa complessità, ciò che potrebbe aiutare sensibilmente a non gravare eccessivamente sui pronto soccorso.
  Il rappresentante della UIL ha rilevato come il pronto soccorso rappresenti il sintomo principale e più evidente di una situazione critica in cui si trova da tempo il sistema sanitario nel suo complesso, a partire dalla spending review del 2012. Ritiene, pertanto, che il problema sia più generale e che non si possa pensare di risolverlo senza una reale revisione della medicina territoriale, attraverso la realizzazione delle Case della comunità e degli Ospedali di comunità.
  Dopo aver osservato che, sempre al fine di evitare la congestione dei pronto soccorso, è fondamentale intervenire anche sulla telemedicina, considera in ogni caso preminente agire sul versante della carenza Pag. 39di personale, ricordando che il tetto di spesa è anacronisticamente ancorato al 2004.
  Mostra preoccupazione, inoltre, verso il fenomeno dei gettonisti, che rischiano di compromettere la stessa qualità della risposta sanitaria, trattandosi di lavoratori esterni, nei confronti dei quali è difficile esercitare un reale controllo.
  Il rappresentante dell'UGL, nella sua audizione, si è soffermato principalmente sulla carenza di personale, chiedendo un'attenzione particolare per alcune tipologie (personale amministrativo e assistenti sociali). Ha poi sottolineato un'altra problematica importante che investe la capacità del sistema sanitario: quella dell'ammodernamento delle strutture, nonché di tutte le apparecchiature e i macchinari a disposizione. Al riguardo, ha ricordato che c'è un forte investimento tramite il PNRR, in particolare la Missione 6 (Salute), che va correttamente interfacciata con la Missione 5 (Coesione e inclusione) relativamente alle politiche sociali. Infine, ha avanzato la proposta di promuovere «corsi di educazione» all'accesso ai pronto soccorso, in particolare rivolti alle figure più fragili.
  Il Ministro della salute, professor Orazio Schillaci, ha fatto presente innanzitutto che presso il Ministero della salute è costituito un apposito tavolo di studio sui più volte ricordati decreto ministeriale n. 70 del 2015 e decreto ministeriale n. 77 del 2022, che a breve ultimerà il proprio lavoro di ricognizione delle criticità riscontrate. Inoltre, tra i disegni di legge collegati alla manovra 2024 sono stati inseriti due importanti disegni di legge concernenti, rispettivamente, il potenziamento dell'assistenza territoriale e ospedaliera e la riforma delle professioni sanitarie.
  Con riferimento ai temi trattati dall'indagine conoscitiva, sottolinea che l'attività del Ministero si sta incentrando su alcuni punti nodali: il primo è la forte carenza di personale sanitario. In proposito rileva che, soprattutto con riguardo ai servizi sanitari caratterizzati da condizioni di lavoro disagiate, turni, alta frequenza di lavoro notturno e durante le festività, sempre meno professionisti sono disposti a legarsi a un'organizzazione con il classico contratto di lavoro a tempo indeterminato, preferendo forme di ingaggio atipiche o scegliendo di operare nel settore privato, anche in ragione delle remunerazioni proporzionalmente più elevate. Secondo la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero, si stima che manchino 4.500 medici e circa 10.000 infermieri a livello nazionale nel settore dell'emergenza-urgenza, situazione che ha portato al ricorso ai medici «gettonisti», con effetti deleteri sul sistema. Con riferimento al tema della carenza di personale, richiama il dato della scarsa attrattività dei contratti di specializzazione in questo settore, dovuta alle condizioni di lavoro stressanti e anche pericolose.
  Un secondo punto oggetto di attenzione da parte del Ministero riguarda il sovraffollamento e i tempi di attesa nel pronto soccorso, dovuti a uno squilibrio tra la domanda di assistenza in pronto soccorso e le risorse strutturali disponibili per fronteggiarla. L'aumento della domanda, al netto degli accessi inappropriati, essendo il pronto soccorso dedicato alle condizioni di emergenza-urgenza, è imputabile sia a mutamenti epidemiologici sia a soluzioni organizzative ancora immature e a problematiche come le liste d'attesa, oltre che a dinamiche Pag. 40interne ai servizi di emergenza-urgenza e consuetudini consolidate nell'utenza. D'altro canto, dal lato dell'offerta, rimane critica la definizione dei percorsi di presa in carico, ovvero delle interfacce su cui il pronto soccorso può contare in uscita. Pone, quindi, in rilievo come elementi critici la disponibilità di posti letto e il turnover di questi ultimi per i pazienti destinati a un ricovero in uscita dal pronto soccorso.
  Per quanto concerne i rimedi normativi approntati per far fronte alle carenze di personale, ricorda che nel 2023 tali interventi hanno mirato a ridurre l'utilizzo delle esternalizzazioni, ricorrendo anche alle prestazioni aggiuntive per il personale medico e infermieristico, ad incrementare l'indennità del pronto soccorso per medici e infermieri, a rivedere le modalità di ammissione in servizio del personale e a riconoscere un beneficio ai fini dell'accesso alla pensione.
  Oltre alle disposizioni per sanzionare le aggressioni al personale sanitario e per istituire presìdi della Polizia di Stato presso i pronto soccorso, richiama in particolare, al fine di arginare il fenomeno dei cosiddetti «medici a gettone», la previsione della possibilità di ricorrere all'esternalizzazione dei servizi medico-sanitari con la stipula di contratti in un'unica soluzione nei soli casi di necessità e urgenza, laddove non sia possibile sopperire altrimenti alla carenza del personale sanitario.
  Inoltre, nell'ottica di disincentivare un uso distorto dei rapporti di lavoro libero-professionali, con conseguenti cessazioni anticipate dei rapporti professionali, volti a conseguire maggiori profitti, è stata prevista nelle medesime disposizioni l'impossibilità di essere successivamente riammessi in servizio. Anche su questo specifico punto, presso il Ministero della salute è stato costituito un apposito gruppo di lavoro, costituito da rappresentanti del Ministero stesso, dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e del Ministero dell'economia e delle finanze, per meglio definire uno schema di linee guida volto a dare attuazione alle disposizioni menzionate.
  Il Ministro ha precisato che il fenomeno del ricorso ai gettonisti, riconducibile temporalmente all'emergenza epidemiologica da Covid-19 per i medici e al periodo pre-pandemico per gli infermieri, sembra diminuire nel 2022, anche se questo dato non deve far pensare a una sua cessazione in quanto risente molto verosimilmente dell'avvio di accordi quadro negli anni precedenti.
  Per arginare in modo sostanziale il ricorso a prestazioni lavorative esterne in sanità è necessario agire sui limiti alla spesa per il personale, direzione verso la quale il Ministero della salute si sta muovendo in modo significativo.
  Con riferimento al tema del sovraffollamento e dei tempi di attesa in pronto soccorso, il Ministro ha fatto presente come dall'osservazione empirica dei dati più recenti emerga che il 40 per cento degli accessi è evitabile e che la dimissione a domicilio rappresenta la quota preponderante degli esiti di tutti gli accessi, arrivando a toccare oltre il 70 per cento dei casi. Il ricovero in degenza raggiunge il 12 per cento del totale. Tra i punti critici, in relazione ai fattori di ingresso, fattori interni e fattori di uscita nella gestione degli accessi in urgenza all'assistenza ospedaliera, sono stati evidenziati il coinvolgimento e la responsabilizzazione dell'assistenza extraospedaliera nella gestione degliPag. 41 accessi evitabili, il miglioramento dei processi di osservazione e ricovero da pronto soccorso, compresi l'efficientamento del turnover e la gestione delle dimissioni.

  4. Considerazioni conclusive.

  Attraverso le audizioni svolte e i dati acquisiti nell'ambito dell'indagine conoscitiva che ha interessato la XII Commissione della Camera dei deputati nell'arco di alcuni mesi, sono emersi elementi che, in generale, hanno suffragato il presupposto iniziale dal quale l'indagine stessa aveva preso le mosse ovvero che la difficile situazione in cui si trova la medicina di emergenza-urgenza oggi in Italia rappresenta la «punta dell'iceberg» e la conseguenza di problemi complessi, spesso inveterati, connessi gli uni con gli altri. Pur con sfumature diverse, derivanti anche dal ruolo svolto dai numerosi soggetti che sono stati ascoltati in audizione – soggetti istituzionali, rappresentanti degli Ordini delle professioni sanitarie, società scientifiche, associazioni, sindacati, professionisti sanitari – si è registrata, complessivamente, una certa omogeneità di vedute con riferimento agli aspetti più problematici della medicina di emergenza-urgenza, a partire dal sovraffollamento delle strutture di pronto soccorso (overcrowding), e alle relative cause. Tra le cause sono state indicate, prevalentemente:

   la carenza di personale medico e infermieristico: si stima che, allo stato attuale, nel settore dell'emergenza-urgenza manchino oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri;

   i tempi di attesa per il ricovero (boarding), stante la carenza di posti letto disponibili nei reparti di degenza causata dalla difficoltà a garantire un turnover adeguato. Gli accessi al pronto soccorso hanno raggiunto numeri elevatissimi, che secondo alcune stime dovrebbero superare i 20 milioni l'anno, con un incremento in determinati periodi, legato alla stagionalità di fattori epidemiologici e alla mobilità della popolazione (periodo influenzale e periodi di vacanza e turismo). Il boarding si accentua nel fine settimana e nei giorni festivi, quando la disponibilità di posti letto è ridotta e vi è la difficoltà di dimettere gli anziani e i pazienti più fragili verso il domicilio o le residenze sanitarie assistite. Il problema è strettamente connesso alla grave carenza di posti letto per acuti in Italia, di cui il boarding è una conseguenza diretta. Il progressivo taglio di posti letto in vent'anni – come è stato osservato da parte di numerosi soggetti intervenuti in audizione – ha portato l'Italia a un numero di posti letto ospedalieri, pari a 3,1 per 1.000 abitanti, inferiore al dato medio europeo;

   l'elevato numero di accessi impropri: numerosi sono gli assistiti che si auto presentano al pronto soccorso; il numero di «codici verdi» e di «codici bianchi» supera abbondantemente il 50 per cento degli accessi totali. Tale fenomeno – stando alle spiegazioni fornite dai soggetti intervenuti in audizione – è dovuto principalmente al fatto che spesso il pronto soccorso è percepito come il punto di accesso più immediato e diretto alla salute pubblica. I tempi lunghi nello scorrimento delle liste d'attesa per poter accedere a prestazioni diagnostiche e specialistiche indurrebbero, in molti casi, i pazienti a rivolgersi al pronto soccorso, pur trattandosi di prestazioni ordinarie, non emergenziali.Pag. 42 Il pronto soccorso diventa così un modo di ottenere il contatto con il personale medico e sanitario nei tempi ritenuti adeguati alla situazione reale o percepita, perdendo la sua vera funzione che dovrebbe essere riservata alla gestione dei casi di reale emergenza sanitaria. L'accesso improprio ai pronto soccorso determina un intasamento dei percorsi assistenziali in emergenza a discapito dell'armonia lavorativa e della stessa efficacia delle prestazioni sanitarie. Il fenomeno degli accessi impropri ai pronto soccorso è del resto comprovato dall'altissima percentuale di dimissioni entro le primissime ore dall'accesso al triage. L'aumento dei tempi di attesa, aggravato durante la recente pandemia di Covid-19, è uno degli esiti delle politiche di contenimento dei costi in sanità, intraprese oltre un decennio fa, e contribuisce a determinare la situazione di particolare criticità della medicina di emergenza-urgenza. Il progressivo invecchiamento della popolazione è un'altra delle cause del fenomeno dell'overcrowding, avendo determinato un aumento di pazienti affetti da malattie croniche e, di conseguenza, un maggior numero di accessi al pronto soccorso a seguito della riacutizzazione delle stesse. Si deve peraltro considerare che il numero di riacutizzazioni nell'ambito del decorso di una patologia cronica è in stretta correlazione con la sua gestione e quindi con la qualità e la continuità delle cure;

   la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza, anche – ma non solo – da parte dei giovani medici, che sono sempre meno indotti a scegliere una specialità faticosa e con impatto negativo sulla qualità di vita, mal remunerata, anche a causa dell'impossibilità di svolgere attività privata intra o extra moenia, gravata da un altissimo rischio di denunce e, comunque, con il peggior rapporto tra gratificazioni e frustrazioni. Il dato emblematico, che non può essere trascurato, è che nel 2023 il 69 per cento delle borse a disposizione non è stato assegnato. Numerosi sono anche gli abbandoni, sia durante la frequenza delle scuole di specializzazione sia da parte del personale in servizio: al riguardo, si stima che nel nostro Paese si stia verificando una fuga di circa 100 medici al mese dai pronto soccorso verso posti di lavoro che garantiscano una migliore qualità di vita personale, lavorativa ed economica. La «fuga» dalla medicina d'emergenza-urgenza sembra essere connessa alle condizioni di lavoro (turni massacranti, alta frequenza di lavoro notturno e durante le festività). L'impossibilità oggettiva di svolgere la libera professione, poi, rende nettamente meno allettante il lavoro in pronto soccorso, restando il solo salario l'unico reddito di tanta fatica. L'aggiornamento professionale, infine, risulta difficile a causa del protrarsi dell'attività lavorativa per tante ore e tante notti.

  L'obiettivo dell'indagine era quello di provare a individuare delle soluzioni sostenibili a fronte della difficile situazione delineata, una volta messe a fuoco le cause principali, grazie al contributo degli esperti nei vari settori, intervenuti in audizione, con i quali i deputati della Commissione Affari sociali hanno avuto modo di interagire, ponendo loro delle domande e confrontando con essi il proprio punto di vista. Per quanto riguarda le possibili soluzioni, da perseguire anche attraversoPag. 43 iniziative normative, all'esito dell'indagine svolta è possibile enucleare le seguenti:

   1) Potenziamento della medicina del territorio. A conclusione dell'indagine, sembra non esserci dubbio sul fatto che, se si vuole provare a risolvere la situazione problematica in cui versa attualmente la medicina di emergenza-urgenza, sia fondamentale realizzare una vera e propria riforma del sistema nel suo complesso, potenziando la medicina territoriale. Solo agendo in questa direzione si potrebbero intercettare le richieste di salute non connotate da effettiva urgenza, che attualmente si concentrano impropriamente sul pronto soccorso, con gravi conseguenze sul piano del sovraffollamento. Imprescindibile sembra dunque il riordino della medicina territoriale e dell'assistenza domiciliare, dando attuazione agli interventi previsti dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR) e dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, per fare fronte a un bisogno di salute ineludibile, rispetto al quale si ricorre al pronto soccorso, troppo spesso in maniera non corretta. Uno degli obiettivi principali del PNRR, alla Missione 6 (Salute), è la realizzazione degli Ospedali di comunità e delle Case della comunità, insieme al rafforzamento dell'assistenza domiciliare. In tale contesto, uno dei punti sottolineati più frequentemente riguarda la necessità di riorganizzare e potenziare il numero di posti letto di cure intermedie per gestire in modo appropriato la fase post acuzie, successiva alle dimissioni ospedaliere. Con riferimento alle dimissioni, è ritenuta di fondamentale importanza l'integrazione sociosanitaria ospedale-territorio per la gestione dei pazienti in condizioni di maggiore fragilità mediante lo sviluppo delle centrali operative territoriali previste dal richiamato decreto ministeriale n. 77 del 2022. È stata altresì sottolineata l'importanza di valorizzare la figura dell'infermiere di famiglia e di comunità. Un altro pilastro della riforma della medicina territoriale è considerata l'attivazione, in maniera uniforme e omogenea su tutto il territorio nazionale, del Numero europeo armonizzato 116117, che ha il compito di fornire ascolto e di dare una risposta ai bisogni di salute per eventi non emergenziali che oggi ricadono interamente sul sistema di emergenza, spesso attraverso le sale operative del 112 e del 118, che risultano stabilmente sovraccaricate, a discapito della rapida e corretta gestione degli eventi di reale emergenza. Si tratta, quindi, di assicurare lo sviluppo di un servizio volto ad orientare meglio la domanda di quei pazienti che necessitano di una risposta di tipo più ambulatoriale e territoriale. Un'ulteriore risposta in termini di rafforzamento dell'assistenza sanitaria e, parallelamente, di decongestionamento dei pronto soccorso, è rappresentata dagli investimenti nella telemedicina, in particolare dalla realizzazione di sistemi di telemonitoraggio sanitario dei pazienti con patologia cronica.

   2) Maggiore disponibilità di posti letto. Dalla riorganizzazione della medicina del territorio, dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità, dalla maggiore integrazione ospedale-territorio, dovrebbe derivare una maggiore disponibilità di posti letto ospedalieri e il turnover di questi ultimi. Occorre, infatti, decongestionare il pronto soccorso sia in entrata che in uscita, attraverso l'allocazione appropriata delle basse priorità, da un lato, e assicurando le cure a elevata intensità ai pazienti che ne necessitano, dall'altro. L'approccio corretto al problema, dunque, passa sia attraverso l'erogazionePag. 44 di risorse che mediante la rimodulazione dei modelli organizzativi.

   3) Riduzione delle liste di attesa. Come è stato osservato da parte di più soggetti intervenuti in audizione, il problema delle liste d'attesa rappresenta una delle cause principali del sovraffollamento dei pronto soccorso. Occorre, dunque, individuare una soluzione volta ad affrontare il problema in modo organico. In tal senso, oltre alle disposizioni recate dalla legge di bilancio per il 2024, che prevedono l'incremento delle tariffe orarie per tutte le prestazioni aggiuntive espletate dal personale medico e del comparto sanità, dal 2024 al 2026 (articolo 1, commi 218-221, della legge n. 213 del 2023) nonché la previsione per cui le regioni possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2024 per il recupero delle liste di attesa (comma 232 della medesima legge), presso il Ministero della salute è stato istituito il Tavolo tecnico per l'elaborazione e l'operatività del Piano nazionale di Governo delle liste d'attesa 2024-26, con l'obiettivo principale di innovare radicalmente gli strumenti di monitoraggio dei tempi di attesa al fine di renderli sempre più tempestivi e precisi, e prontamente disponibili per la programmazione. Nell'ottica di un intervento innovativo, si dovrebbe puntare soprattutto su un'effettiva unificazione delle agende delle prenotazioni effettuate presso il soggetto pubblico e il privato accreditato. Altra esigenza è quella di realizzare un reale monitoraggio dei tempi delle singole aziende ospedaliere, in modo da erogare alle regioni finanziamenti mirati, non «a pioggia». Un altro capitolo connesso riguarda il controllo sulle prescrizioni, che deve essere volto a contenere quelle concernenti prestazioni non realmente necessarie, che contribuiscono ad allungare le liste d'attesa.

   4) Riorganizzazione del sistema dell'emergenza-urgenza. Come è emerso dall'indagine svolta, oltre che attraverso gli investimenti in sanità, occorre agire anche sul piano dei modelli organizzativi, in modo da rendere più efficiente il sistema dell'emergenza. Da più parti è stata sollevata, inoltre, l'esigenza di procedere alla revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, in modo da realizzare compiutamente l'integrazione della rete dell'emergenza-urgenza nella rete ospedaliera. Tra le misure non procrastinabili, è stata individuata l'implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come «urgenze minori», quali i percorsi a gestione infermieristica «see and treat» e i percorsi di presa in carico precoce «fast track», attivabili per codici a bassa e media complessità assistenziale. Di primaria importanza appare anche l'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale del Numero unico per le emergenze 112, nel quale viene convogliato, tra gli altri, il numero 118. I casi in cui il paziente raggiunto da un'ambulanza viene trattato sul posto, senza necessità di effettuare il trasporto verso il pronto soccorso, sono da attribuire probabilmente a richieste improprie da parte dell'utente, ad una valutazione preventiva non sempre corretta e, comunque, riguardano pazienti che non avrebbero dovuto essere gestiti dal sistema di emergenza sanitaria 118 ma da un diverso livello di assistenza sanitaria territoriale. L'intervento sanitario in emergenza con mezzo di soccorso dovrebbe essere riservato, parimenti a quanto detto per Pag. 45l'accesso in pronto soccorso, ad eventi realmente emergenziali. Il corretto triage e la conseguente corretta assegnazione delle missioni di soccorso consente di riservare ed assicurare tempestivamente le risorse ai casi di reale emergenza e di consentire un dimensionamento delle risorse ordinato e sostenibile. Dall'indagine è emersa una certa disomogeneità tra una regione e l'altra con riferimento al funzionamento del sistema. All'interno del pronto soccorso, particolare attenzione va assicurata al triage, che rappresenta lo snodo decisionale rispetto all'avvio dei pazienti verso il corretto percorso, alla distribuzione interna delle risorse (umane, strumentali, diagnostiche) e alla definizione delle interfacce in uscita (osservazione breve intensiva, ricovero ordinario, percorsi di presa in carico ambulatoriale, rete dei servizi territoriali). Al fine di provvedere alla copertura dei turni, stante la carenza di personale, è stata altresì avanzata la proposta di prevedere meccanismi di rotazione programmata di dirigenti aventi la specializzazione equipollente alla medicina di emergenza-urgenza, da preporre esclusivamente alla gestione dei codici 3-4-5, riservando ai medici specialisti in medicina d'emergenza-urgenza del pronto soccorso la gestione dei codici 1-2.

   5) Potenziamento del personale. Numerosi sono stati, nel corso dell'indagine, gli appelli alla necessità di predisporre misure volte a fare fronte alla carenza di medici ed infermieri. Non c'è soluzione indicata che non passi dal superamento dei tetti di spesa per consentire il reclutamento di nuovo personale sanitario. Per quanto concerne specificamente la medicina di emergenza-urgenza, il problema sembra essere legato anche alla scarsa attrattività del settore, per le ragioni che sono state più volte evidenziate. Uno degli strumenti ritenuti idonei ad attrarre il personale sanitario verso questo settore è la previsione di incentivi, non solo economici. Al riguardo, pur essendo stato espresso un generale apprezzamento per le misure recentemente introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2023 (cosiddetto «decreto bollette»), richiamate nel programma dell'indagine, da parte di diversi soggetti partecipanti alle audizioni è stata tuttavia sollevata l'esigenza di rendere permanente l'incremento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive, ivi previsto, oltre che di aumentarne ulteriormente l'importo. Si è proposto anche di riconoscere al personale che svolge la propria attività in questo settore le indennità e i benefici previsti per i lavori usuranti. Ad ogni modo, si ritiene che dovrebbe essere assicurata un'adeguata tutela assicurativa e previdenziale. Dalla quasi totalità dei soggetti auditi – con un'unica eccezione – è emersa l'esigenza di abolire il fenomeno del ricorso alle cooperative per sopperire alla carenza – di personale, ritenendosi che nel Servizio sanitario nazionale il rapporto tra datore di lavoro e professionista della salute debba essere individuale. La presenza dei cosiddetti «medici a gettone», inoltre, non contribuisce a mantenere un clima lavorativo sereno, stante soprattutto la differenza di trattamento economico tra costoro e i professionisti dipendenti dal Servizio sanitario nazionale. È stata altresì rappresentata l'esigenza di normare la figura infermieristica in emergenza-urgenza nonché quella di istituire i profili di competenze per il personale che opera nei setting di emergenza-urgenza.

   6) Tutela del personale sanitario. È stata sollevata da più parti, da un lato, l'esigenza di tutelare il personale sanitario che opera Pag. 46nell'ambito della medicina dell'emergenza-urgenza contro le aggressioni fisiche e verbali, che colpiscono in modo particolare questa categoria di professionisti della sanità. La tutela passa dalla messa in sicurezza degli ambiti lavorativi, ad esempio attraverso la presenza di personale di polizia, ma soprattutto dalla formazione del personale sanitario sulle adeguate modalità di comunicazione con i pazienti e i loro parenti, nonché dal rafforzamento delle pene per chi aggredisce il personale o danneggia luoghi e attrezzature. Dall'altro lato, a fronte di un eccessivo contenzioso medicolegale, che costituisce un deterrente per lo svolgimento delle professioni sanitarie, soprattutto nell'ambito dell'emergenza-urgenza, è stata rappresentata più volte l'esigenza di depenalizzare l'atto medico.

   7) Promozione della diffusione di corrette informazioni presso la popolazione. Un aspetto del problema è considerato la mancanza di una cultura sanitaria, per cui accade che i cittadini non riescano a valutare i propri bisogni, soprattutto per quanto riguarda l'accesso al sistema dell'emergenza, non riuscendo a distinguere un bisogno di assistenza sanitaria urgente da un sintomo che può essere affrontato in sede di medicina generale. A tal fine, occorrerebbero investimenti in tecnologia, affinché gli strumenti tecnologici possano essere considerati come la prima porta d'accesso al sistema sanitario. Lo scopo è quello di orientare la domanda di salute, di aumentare la consapevolezza dei cittadini, fornendo strumenti idonei e, al contempo, evitando di creare troppi canali, per scongiurare eventuali effetti distorsivi. È necessario che i cittadini siano responsabilizzati nelle loro richieste e che comprendano le difficoltà connesse al percorso assistenziale, facendosi carico anch'essi della funzionalità e della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Questo potrà avvenire solo se il cittadino riuscirà ad ottenere accesso ai livelli assistenziali necessari in relazione ai suoi bisogni e alle sue aspettative di salute.

  In conclusione, il tema dell'emergenza-urgenza non può essere separato da quello della riforma complessiva del sistema. Sembra assodato che, volendo continuare a garantirne la sostenibilità, si debba intervenire non su un solo fattore ma su più aspetti interconnessi, alcuni interni, altri esterni al sistema dell'emergenza-urgenza. Se, da un lato, occorrono maggiori investimenti, dall'altro sembra necessario agire sul piano dei modelli organizzativi.
  Le azioni devono essere finalizzate, da un lato, a orientare meglio la domanda di salute, in modo da ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso, dall'altro, a rendere più snelle e veloci le fasi all'interno del sistema di emergenza-urgenza, al fine di garantire al paziente un percorso di cura e di ricovero efficace e tempestivo.