XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Martedì 21 maggio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Ogbay Sarah , rappresentante di ... 4 
Seyoum Teamirat , rappresentante di ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Mehari Desbele , rappresentante di ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Mehari Desbele , rappresentante di ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Ogbay Sarah , rappresentante di ... 10 
Mehari Desbele , rappresentante di ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Mehari Desbele , rappresentante di ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Mehari Desbele , rappresentante di ... 11 
Seyoum Teamirat , rappresentante di ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata da Seyoum Teamirat, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Eritrean Coalition for Democratic Change .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Eritrean coalition for democratic change.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Sarah Ogbay, l'Ambasciatore Haile Menkerios, il dottor Teamirat Seyoum, il dottor Fetwi Kifle, il signor Ogbazghi Debus, il signor Desbele Mehari e la signora Biricti Ghebremedhin.
  Ricordo che la Coalizione eritrea per il cambiamento democratico è una coalizione di ben undici partiti politici eritrei; ci sono anche movimenti e organizzazioni che aspirano a portare un cambiamento democratico in Eritrea, promuovendo una cultura di pacifica convivenza in grado di assicurare la sicurezza, la pace e la giustizia sociale.
  L'Eritrea è tuttora governata da un regime autoritario: il Presidente Isaias Afewerki, che guida l'Eritrea dall'indipendenza nel 1993, ha di fatto bloccato il processo di democratizzazione avviato con l'adozione della Costituzione nel 1997 ed ha intensificato le misure di repressione.
  Nel suo ultimo intervento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tenutasi il 25 ottobre 2023, il Relatore Speciale sulle situazioni dei diritti umani in Eritrea, Mohamed Abdelsalam Babiker, ha evidenziato un ulteriore deterioramento del contesto, oltre all'inasprimento della leva militare a tempo indeterminato. L'esperto dell'ONU ha documentato l'uso di pratiche coercitive, compresa l'applicazione di punizioni collettive su intere famiglie e comunità, per costringere gli individui ad arruolarsi nelle forze di difesa eritree. Sono stati registrati casi di detenzione di familiari, comprese persone vulnerabili, come genitori anziani o donne incinte, lo sfratto delle famiglie di coloro che si rifiutano di combattere e persino la distruzione delle loro case, l'uccisione del bestiame, lasciando quindi le stesse famiglie nella totale indigenza. Peraltro, Babiker ha ricordato che le Forze armate eritree, nel corso del conflitto che ha sconvolto la regione del Tigrè, in Etiopia, si sono rese responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, tra cui massacri su larga scala, violenze sessuali e di genere, saccheggi, distruzione di infrastrutture umanitarie, rapimenti e attacchi contro i rifugiati.
  Come evidenziato dal Relatore Speciale dell'ONU, lo spazio civico resta asfittico: l'Eritrea è uno Stato a partito unico, in cui Pag. 4nessun gruppo o movimento politico della società civile può organizzarsi e svolgere liberamente le proprie attività. Da oltre trent'anni non si svolgono elezioni: questo è in totale spregio delle norme basilari dello Stato di diritto, a partire dalla separazione dei poteri.
  I rapporti ONU hanno documentato abusi a carico di giornalisti, oppositori politici, renitenti alla leva, artisti e religiosi. Altrettanto drammatica è la condizione dei rifugiati e dei richiedenti asilo eritrei, che alla fine del 2022 erano circa 160 mila, secondo i dati diffusi dall'UNHCR: essi affrontano viaggi pericolosi e sono spesso soggetti a gravi violazioni dei diritti umani lungo il tragitto, con il serio rischio di rimanere invischiati nell'odioso fenomeno della tratta di esseri umani.
  Nonostante la sua appartenenza al Consiglio per i diritti umani, l'Eritrea continua la sua politica di non cooperazione con le procedure speciali del Consiglio e con altri meccanismi per i diritti umani, compresi gli organi previsti dai Trattati delle Nazioni Unite.
  Assai critico riguardo alla situazione dei diritti umani in Eritrea è anche il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America, pubblicato a novembre scorso, nel quale, oltre alle criticità già menzionate, si denunciano minacce all'indipendenza della magistratura, reclutamento illegale di bambini nei conflitti armati da parte del Governo, gravi restrizioni alla libertà di espressione e alla libertà dei media, restrizioni alla libertà religiosa e alle attività di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani, limitazioni sistematiche della libertà di associazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
  Forniti questi elementi di contesto, do quindi la parola alla dottoressa Sarah Ogbay per un suo intervento, di circa dieci minuti.

  SARAH OGBAY, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Grazie, onorevole Boldrini, presidente del comitato per i diritti umani. Gentili deputati, signore e signori, desideriamo innanzitutto ringraziarvi per aver organizzato questa importante audizione. È un grande onore e piacere per me essere qui a parlare della situazione dei diritti umani in Eritrea.
  La Coalizione eritrea per il cambiamento democratico (ECDC) è un'Alleanza formata da undici organizzazioni dell'opposizione. Il suo scopo è quello di riunire tutte le forze eritree per il cambiamento democratico sotto un unico cappello, in modo da essere più efficace nel portare avanti un significativo cambiamento democratico, atteso in Eritrea da molto tempo. Mira ad una transizione inclusiva e trasformativa verso la democrazia, un Governo costituzionale, lo Stato di diritto, una pace sostenibile e il progresso sociale. Questa nostra delegazione rappresenta un'ala della Coalizione.
  Ora permettetemi di presentarvi i miei colleghi: io sono già stata presentata dalla presidente Boldrini, poi abbiamo l'Ambasciatore Haile Menkerios, consigliere per le relazioni diplomatiche e internazionali dell'ECDC; Teamirat Seyoum, membro dello European diplomacy desk dell'ECDC per il Regno Unito; il dottor Fetwi Kifle, membro dello European diplomacy desk dell'ECDC per la Svizzera; il signor Desbele Mehari, membro dello European diplomacy desk dell'ECDC per l'Italia; il signor Ogbazghi Debus, membro dello European diplomacy desk dell'ECDC per i Paesi Bassi; e la signora Biricti Ghebremedhin, membro dello European diplomacy desk dell'ECDC per l'Italia.
  Adesso vorrei chiedere al mio collega Teamirat Seyoum di farci una breve panoramica della situazione dei diritti umani in Eritrea.

  TEAMIRAT SEYOUM, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Grazie, Sarah, della splendida presentazione e grazie a voi tutti per averci dato la possibilità di intervenire in questa audizione. Vorrei farvi una breve presentazione sulla situazione dei diritti umani in Eritrea. Vorrei condividere con voi alcune diapositive che ho preparato.

  Svolgerò dunque una breve presentazione sulla situazione dei diritti umani in Eritrea per spiegarvi alcune delle tristi realtàPag. 5 che attanagliano il nostro Paese. Innanzitutto un breve quadro della situazione dell'Eritrea (slide n. 1).
  Per trent'anni l'Eritrea ha cercato l'indipendenza dall'Etiopia ed è diventata ufficialmente un Paese indipendente nel 1993, con un referendum che si tenne all'epoca. Tuttavia, le aspettative del popolo eritreo durante la guerra di liberazione e quello stesso periodo di enormi sacrifici, prevedevano che l'Eritrea indipendente diventasse un Paese democratico, dotato di un sistema della giustizia, in pace al proprio interno nonché con tutti i propri vicini e la comunità internazionale, un Paese prospero sul piano economico, un Paese rivolto ai propri cittadini. Nonostante tutte quelle aspettative, quello che noi vediamo oggi è che esiste un grande divario fra quello che noi ci aspettavamo e quello che le autorità eritree stanno realizzando. Questo si manifesta in varie forme, che cercherò brevemente di riassumere in quattro punti.
  Segnalo, innanzitutto, l'attuale continua repressione politica che si accompagna a violazioni dei diritti umani – lo spiegherò più nel dettaglio; la stagnazione economica, anzi in alcuni casi possiamo parlare proprio di una regressione economica, di un peggioramento rispetto al periodo dell'indipendenza, e poi la distruzione del tessuto sociale. Molti eritrei attualmente vivono all'estero e sempre più giovani lasciano il Paese: alcuni dei miei parenti sono in Canada, altri sono in Libia, altri in Italia. Questa, quindi, è la realtà di quasi ogni famiglia in Eritrea. Pertanto, il tessuto sociale è completamente distrutto. Si è registrato anche un isolamento diplomatico da parte della comunità internazionale. Due-tre volte sono state imposte sanzioni da parte delle Nazioni Unite e il Governo eritreo continua ad essere coinvolto in attività sovversive negli affari interni dei propri vicini, e si sono verificati conflitti armati con Etiopia, Gibuti, Sudan e altri.
  Il focus dell'audizione è la situazione sui diritti umani, quindi la mia presentazione verterà soprattutto su questo aspetto.
  Come vi dicevo, c'è repressione politica in Eritrea (slide n. 2). Vi posso dare alcune informazioni al riguardo: da quando ha avuto l'indipendenza, l'Eritrea non ha una Costituzione. Era stato avviato un processo costituente. La Costituzione è stata ratificata dall'Assemblea nazionale nel 1997, però non è mai stata attuata. Il Presidente Isaias Afewerki un giorno è andato in televisione e ci ha comunicato che quella Costituzione è morta. Non si sa bene chi l'abbia uccisa. Poi ha promesso che ci sarebbe stata una nuova Costituzione. Stiamo parlando del 2016 e da allora non esiste né una Costituzione né un processo costituente.
  Una cosa che vorrei sottolineare è che questo è un Paese privo di un quadro giuridico, dove non esiste una Costituzione; l'Eritrea è uno Stato monopartitico nel quale non si sono mai tenute elezioni politiche nazionali, e coloro che hanno guidato la rivoluzione fino all'indipendenza sono ancora quelli che governano il Paese senza aver avuto alcun mandato dal popolo. Non esiste un Parlamento. Abbiamo un'Assemblea legislativa transitoria composta per il 75 per cento da membri del partito di governo, il PFDJ (People's front for democracy and justice), e altre 75 persone elette dallo stesso partito in carica (sic!). L'ultima seduta di questo organo risale al gennaio 2002 e poi si è giunti anche all'arresto di alcuni Membri.
  Da allora non esiste la libertà di stampa. Nei primi anni successivi all'indipendenza sono fiorite alcune testate e questo è andato avanti per un po’. Poi, nel 2001, il Governo ha sospeso la libertà di stampa, ha fatto arrestare alcuni giornalisti e da allora praticamente non esiste attività libera. Esistono soltanto una stazione televisiva e una stazione radiofonica, che è di proprietà del Governo e fa solo propaganda a favore del Governo. Il popolo eritreo non ha alcun canale per far sentire la propria voce perché manca la libertà di stampa.

  Questa è la situazione: niente elezioni, niente Costituzione, niente Parlamento, niente libertà di stampa. Potete ben immaginare che in un Paese dove non esistono tutte queste cose non ci si può aspettare il rispetto dei diritti umani, siano essi individuali, comunitari o collettivi. È estremamente plausibile pensare ad una costante violazione dei diritti umani, semplicemente Pag. 6perché non c'è nessun contesto istituzionale e giuridico che garantisca la tutela dei diritti umani.
  Vorrei ora citarvi alcuni fatti (slide n. 3): le violazioni dei diritti umani in Eritrea sono commesse sotto forma di arresti arbitrari, scomparse forzate, torture, persecuzioni, restrizioni della libertà di culto. Le uniche religioni ammesse in Eritrea sono quella islamica, quella ortodossa, la confessione cattolica della religione cristiana. La gente viene arrestata; anche gli islamici, gli ortodossi e i cattolici subiscono continue interferenze da parte del Governo. Non esiste libertà di opinione, non esiste libertà di associazione, né a livello locale né a livello nazionale; non si può esprimere la propria opinione e non si ha la possibilità di partecipare alla vita politica.
  Segnalo, infine, l'obbligo della leva militare per i giovani a tempo indeterminato. Per questo motivo molti giovani fuggono dall'Eritrea e vanno a vivere in Europa, attraverso la Libia, arrivando anche in Italia.
  Esistono numerose fonti che attestano diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani commessi dalle autorità eritree. Ecco perché l'Eritrea viene chiamata la Corea del Nord dell'Africa, perché condividiamo molte analogie, sotto molti aspetti. Abbiamo una costante, sistemica e diffusa violazione dei diritti umani.
  Il servizio di leva a tempo indeterminato ha un impatto sui giovani in termini umani, economici, sociali e culturali, e questa è una cosa che continua in modo costante. Ecco perché vediamo che molti giovani eritrei fuggono dal Paese, attraversano il Sudan e a volte non riescono ad arrivare alla loro destinazione. Penso, per esempio, alla tragedia di Lampedusa nel Mediterraneo. Alcuni di loro vengono uccisi e i loro organi sottoposti a traffici.
  L'8 agosto 2023, al termine di un'indagine indipendente sui diritti umani in Eritrea (slide n. 4), le Nazioni Unite hanno riferito che i giovani sottoposti al programma nazionale di leva militare a tempo indeterminato sono sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, inclusi abusi e violenze sessuali e di genere. Ecco perché molti eritrei scappano in Europa e nel resto del mondo; ovunque nel mondo troviate un eritreo che è fuggito dall'Eritrea ed è emigrato, scoprirete che il motivo essenziale è rappresentato dal servizio di leva a tempo indeterminato e dal trattamento disumano che viene riservato ai giovani. Quindi, fino a quando non si risolve questo problema dubito che mai cesserà questa tendenza.
  Attualmente sono migliaia le persone detenute in Eritrea. Quando si è in carcere, in Eritrea, non esiste il giusto processo e non si viene condotti in tribunale. In Eritrea si trovano più prigioni che scuole. Ti mettono in prigione e sei dimenticato. La famiglia non potrà mai venirti a visitare. Una volta che si è in prigione, si è in prigione e basta. Un esempio significativo di ciò è rappresentato dal cosiddetto gruppo G15: si tratta di alti funzionari del Governo, Ministri, Vicepresidenti e Generali dell'esercito che sono in prigione da settembre 2001 e di cui non sappiamo se sono ancora vivi o morti; sappiamo che alcuni sono morti, alcuni sono ancora vivi, ma non abbiamo alcuna certezza e le famiglie non hanno modo di poterli andare a visitare.
  Centinaia, se non addirittura migliaia di membri della chiesa pentecostale e testimoni di Geova sono stati arrestati e anche della loro sorte non sappiamo niente; una volta che vengono prelevati dalle loro case e messi in prigione non c'è modo di sapere che cosa accade loro. Lo stesso vale per alcuni leader della chiesa ortodossi e alcuni cattolici.

  Esistono documenti che trattano delle torture in Eritrea. Quelli che vedete qui, evidenziati in blu, sono verificati e raccolgono le testimonianze delle persone che sono riuscite a fuggire di prigione, secondo le quali ogni notte sentivano le urla di quelli che venivano torturati in prigione. Questa è la realtà che si vive nel nostro Paese.
  A luglio 2012 il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha nominato un Relatore Speciale (slide n. 5), ovvero l'accademico sudanese Mohamed Abdelsalam Babiker, che è specializzato in diritto internazionalePag. 7 e diritti umani e che ha assunto questo ruolo.
  Nell'agosto 2020, otto anni dopo la sua nomina, il Relatore Speciale ha detto che non si è registrato alcun miglioramento della gestione dei diritti umani in Eritrea, né è stato istituito un contesto giuridico-istituzionale per tutelare il livello minimo dei diritti umani in una società democratica. Non esiste lo Stato di diritto, non esiste una Costituzione, non c'è una magistratura indipendente che garantisca l'applicazione e il rispetto dei diritti umani. Ha anche detto che esiste un'ampia impunità in merito alla violazione di questi diritti; nessuno si prende la responsabilità di quello che avviene. Ha detto, infine, che ancora oggi proseguono le violazioni dei diritti umani, con arresti arbitrari, detenzioni in isolamento, violazione del diritto al giusto processo e all'accesso alla giustizia. Continuano anche le sparizioni forzate, così come la mancanza di informazioni sulle persone scomparse. Questi sono i punti essenziali del report scritto dal Relatore Speciale: quando avete tempo, potete andare sul link per leggerlo.
  Dicevo, continua la leva militare obbligatoria, tant'è che alcuni studenti della scuola secondaria, alcuni dei quali ancora bambini, vengono presi e mandati a fare la leva militare, il che implica anche torture, violenze sessuali contro donne e ragazze e lavori forzati. Questa leva obbligatoria continua anche dopo l'accordo di pace del 2018. Prima di quella data il Governo diceva che avremmo continuato con la leva obbligatoria per la minaccia proveniente dall'Etiopia. Nel 2018 è stato firmato l'Accordo di pace, ma anche dopo quella data il Governo continua a reclutare i propri cittadini con la forza. Coloro che sono entrati a fare il servizio militare nel 1994 sono ancora lì: quindi, come ho detto nelle mie diapositive precedenti, costringere le persone a restare nell'esercito più a lungo di quanto non sia necessario ha un impatto sociale, economico e umano.
  Le restrizioni sui media continuano, la libertà di stampa in Eritrea è ancora assente (slide n. 6): sedici giornalisti che sono stati arrestati nel 2001 sono ancora in prigione e nulla si sa di loro. Uno di questi, tra l'altro, ha la cittadinanza svedese ed eritrea. Ci sono anche severe restrizioni nel campo civico, tant'è che le persone non possono esercitare la loro libertà di espressione e di opinione.
  In generale, il Presidente Afewerki ha un potere assoluto, il Governo è portato avanti da una piccola cricca e non da istituzioni legalmente riconosciute e i cittadini non possono partecipare alla vita politica del Paese. Quindi, c'è una totale violazione dei diritti umani in Eritrea.
  Ho qui evidenziato alcune delle fonti alle quali potete attingere (slide n. 7): questo è un hyperlink, per cui se cliccate su questo avrete tutta la documentazione contenuta nei rapporti scritti da varie fonti, ivi compresi quello dello United States Department del 2023, quello di Amnesty International del 2023, quello di Human Rights del 2023, lo UN Rights Experts Report, il rapporto dello United Nations Human Rights Council e il rapporto di cui vi parlavo poc'anzi a proposito dell'indagine indipendente, così come quello del Relatore Speciale. Quindi, esistono numerose fonti alle quali potete attingere, qualora vogliate studiare in modo più approfondito la questione.
  A questo punto chiariamo la nostra posizione: che cosa vogliamo? Che cosa vi chiediamo? Che cosa chiediamo al Governo italiano e al popolo italiano per aiutarci? Chiediamo pieno apprezzamento e comprensione della gravità del problema che il popolo eritreo sta affrontando. Dovete capire questa triste realtà. Questa è la vita in Eritrea e tutti devono essere consapevoli della situazione. Poi, desideriamo che il Governo e il popolo italiani possano sollevare la questione della violazione dei diritti umani in Eritrea come fonte di preoccupazione, nei contatti con le autorità eritree, avanzando richieste di cambiamento e di riforma. Sappiamo che da quando il Presidente ha fatto visita in Italia, in occasione del vertice Italia-Africa, c'è stata qualche forma di accordo: va benissimo stipulare un accordo, però, nel corso degli incontri, bisogna anche focalizzarsi sulla sofferenza del popolo eritreo e non Pag. 8semplicemente metterla da parte e pensare soltanto agli accordi economici con il Paese. Sollevate quelle questioni e chiedete un cambiamento. Vogliamo che utilizziate i vostri contatti per questo motivo.
  All'Italia, che è un attore importante nell'ambito dell'Unione europea, chiediamo di portare questa questione all'attenzione dell'Unione europea e di altri attori per capire come è possibile migliorare la situazione dei diritti umani in Eritrea, ma anche per fornire un supporto politico, diplomatico, tecnico e finanziario alle organizzazioni e ai movimenti della diaspora eritrea. Come ha detto Sarah Ogbay, noi siamo una coalizione formata da undici diverse organizzazioni, ma al di fuori dell'ECDC ci sono tanti altri con i quali cerchiamo di stabilire un contatto, in modo da creare una grande «organizzazione ombrello» a livello nazionale, e questo è il nostro attuale obiettivo. Ma nella nostra attività abbiamo bisogno di un supporto da parte vostra; per esempio, abbiamo bisogno di un supporto finanziario e tecnico per avere una stazione radiofonica, con la quale rivolgerci al popolo eritreo.
  Noi non vogliamo che i giovani eritrei vadano in Libia e in Italia, noi vogliamo che rimangano da noi, in Eritrea, e che lottino per il cambiamento all'interno del loro Paese. Noi non vogliamo la disobbedienza civile e non vogliamo che ognuno decida da solo del proprio destino. Lasciare il Paese non è una soluzione. Occorre rimanere. La soluzione è restare e fare il possibile per realizzare un cambiamento. A tal fine, abbiamo bisogno di comunicare con le persone e in Eritrea uno dei problemi che abbiamo è un accesso a internet molto limitato, per cui non riusciamo a comunicare con le persone tanto quanto vorremmo. Quindi, una stazione radio via satellite potrebbe aiutarci. Possiamo fornirvi una proposta di tipo tecnico per farvi capire di che genere di supporto abbiamo bisogno.
  È molto importante avere opportunità come quella di oggi, proprio per continuare a scambiare informazioni e a consultarci. Quindi, mi auguro che questo sia soltanto il primo di una lunga serie e non il primo e l'ultimo incontro, proprio per continuare a dare informazioni su base regolare, consultarci, valutare insieme come possiamo lavorare affinché i diritti umani del popolo eritreo siano pienamente rispettati.
  Infine, a nome dell'ECDC, del dipartimento diplomatico, delle undici organizzazioni e dei rappresentanti, vorrei ringraziarvi per averci dato questa opportunità di fare un'audizione certamente importante per parlare delle nostre istanze e per rendervi edotti della triste realtà in cui si trova a vivere il popolo eritreo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Seyoum, per la sua illustrazione molto chiara, che mette a fuoco tutte le problematiche gravi e pesanti che l'Eritrea sta affrontando.
  Chiedo se vuole intervenire qualcun altro dei membri della folta delegazione che è collegata con noi. Do la parola al signor Desbele Mehari.

  DESBELE MEHARI, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Grazie. Io vivo in Italia, quindi cerco di intervenire in italiano.
  Personalmente vorrei parlare dei problemi che affrontiamo in Italia. Lei sa benissimo che gli eritrei, rifugiati o non rifugiati, residenti in Italia, come in tutto il mondo, sono costretti a pagare una tassa del 2 per cento. Penso che questa cosa sia molto grave, quindi chiediamo che si riveda questa punizione-sanzione che il Governo italiano obbliga gli eritrei in diaspora a pagare. Pur lavorando in Italia – ma lo stesso accade negli altri Paesi – sono costretti a pagare questo 2 per cento dallo stipendio, che guadagnano sudando, con la minaccia che, se non pagano, i loro parenti subiranno delle sanzioni o finiranno nelle prigioni in Eritrea.
  Un altro aspetto che voglio toccare, integrando quanto già detto da Teamirat, riguarda il fatto che alcuni rifugiati che hanno chiesto la protezione dei Paesi democratici, compresa l'Italia, continuano a sostenere il Governo eritreo; pur usufruendo della protezione dei Paesi democratici, queste persone continuano a sostenerePag. 9 il regime dittatoriale in Eritrea. Penso che questo sia un abuso del diritto che gli viene dato dai Paesi democratici, per cui su questa cosa secondo me sarebbe opportuno prendere delle misure.
  Un altro problema che voglio sollevare è che la repressione transnazionale si manifesta in modi molto sottili, quindi è difficile far capire all'esterno questa situazione. Si manifesta con iniziative, tipo festival, eventi culturali e musicali, ma si manifesta anche in altri modi molto violenti, dove si predica violenza, razzismo e odio anti-occidentale. La situazione è talmente grave che alcune volte ci sono anche giovani paramilitari che vengono addestrati, quando durante le loro ferie vanno in Eritrea, vengono addestrati in un luogo che si chiama Nacfa, e qui continuano a minacciare militarmente, anche con le violenze, la diaspora eritrea, soprattutto i giovani che si oppongono al regime. Ultimamente abbiamo assistito ad un feroce assassinio, in Israele, di due militanti che si opponevano al regime. Queste sono situazioni che testimoniano una violazione di diritti umani che l'Italia non può sopportare. Quindi, vorrei che si focalizzasse l'attenzione anche su queste situazioni.
  Arrivo all'ultimo punto che voglio sollevare: stiamo organizzando una conferenza, che si terrà nei giorni 5 e 6 luglio prossimi, dove si discuterà, con esperti di vari Paesi – Norvegia, Svezia, Inghilterra – sul tema della repressione transnazionale. Ci farebbe piacere se poteste partecipare, così da vedere che cosa fanno gli altri Paesi su questa questione e che cosa potrebbe fare l'Italia.
  Volevo dire solo queste cose. Vi ringrazio per avermene dato l'opportunità.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor Mehari. Se ci fa sapere dove avrà luogo e gli orari di questa conferenza, vediamo se riusciamo a parteciparvi; non abbiamo ricevuto nessun invito, è la prima volta che lo sentiamo. Quindi, Le chiedo cortesemente di farci avere dei dettagli in merito alla conferenza.

  DESBELE MEHARI, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Senz'altro. Vi manderemo gli inviti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Non so se ci sono altri rappresentanti della delegazione che vogliono intervenire, ma credo di no, anche perché abbiamo tempi limitati.
  Prendo la parola intanto per ringraziare l'Eritrean coalition for democratic change, perché svolge un lavoro estremamente importante, un lavoro di informazione e di sensibilizzazione, un lavoro per far conoscere ad altri Paesi la condizione in cui versa oggi la popolazione eritrea, quindi le limitazioni dei propri diritti e la totale mancanza di prospettiva futura per le giovani generazioni. Quindi, è un lavoro di denuncia estremamente importante. Di questo vi ringrazio.
  Vorrei fare, inoltre, alcune domande. In particolare, vorrei sapere dal signor Mehari se avete avuto dei contatti direttamente con il Governo, se ci sono state occasioni di incontro presso il Ministero degli affari esteri per illustrare la situazione in Eritrea e segnalare ciò che oggi avete detto in questo Comitato.
  Vorrei capire, infine, se in Eritrea ci sono ancora investimenti di imprenditori italiani e, se ci sono, che tipo di investimenti.
  In ultimo, vorrei sapere che tipo di presenza c'è in Eritrea delle Agenzie delle Nazioni Unite e delle ONG, se oggi ci sono ONG e se sono operative, incluse quelle italiane.
  Le chiedo tutto questo per riuscire a rappresentare in maniera adeguata il quadro, perché sicuramente c'è un isolamento del Paese, ma noi vorremmo capire fino a che punto c'è questo isolamento, anche rispetto alla presenza internazionale. Dico questo perché voi sapete anche che il Presidente del Consiglio Meloni ha già annunciato che vuole rilanciare i rapporti con l'Eritrea, intendendo con questo, credo, i rapporti con il Presidente Afewerki ed il suo entourage. Chiaramente, se avvenisse questa cosa, dovrebbe essere condizionata a quello che voi dite, ovvero a prendere atto che ci sono enormi problemi di violazione dei diritti umani, sollevare preoccupazioni in merito a tale situazione e cercare di non Pag. 10dare ampia credibilità al regime. Quindi, vorrei sapere cosa pensate rispetto a questa anticipazione che è stata fatta, che il Governo italiano manderà ulteriori Ministri – già ne ha mandati un paio, ma ne manderà altri – per avviare degli scambi – non so bene adesso, in quanto non ne siamo al corrente – e per riallacciare dei rapporti interrotti. Vorrei capire che cosa ne pensate come Eritrean coalition for democratic change; ed anche qual è lo stato degli investimenti italiani.
  Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  SARAH OGBAY, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Grazie, signora presidente. Sì, accade che denaro eritreo, proveniente da aziende eritree, sia riciclato in Italia dal governo eritreo. Si tratta di riciclaggio di denaro. Lo so a proposito di alcune aziende minerarie in Eritrea, e anche il Governo svolge proprie attività. Per il Governo eritreo l'Italia è uno degli operatori europei più importanti, pertanto noi, come Coalizione Eritrea per il Cambiamento Democratico, auspichiamo che il Governo italiano sia molto vigile quando rilascia visti agli eritrei perché, come ha detto il mio collega, in Eritrea nessuno, se non chi serve il Governo, riceve un passaporto o un visto per l'estero, per cui chiunque venga dall'Eritrea, e non sia un funzionario del Governo con un visto per l'Italia, ha una missione contro i rifugiati eritrei o contro le organizzazioni o i partiti dell'opposizione eritrea. Questo vale per l'Italia e per la Turchia, ma adesso l'Italia è il punto di riferimento per molte questioni, per molti piani e progetti di repressione transnazionale contro tutti i rifugiati in Europa.
  Noi auspichiamo, quindi, che il Ministero che si occupa di investimenti e affari esteri italiani eserciti pressioni sul Governo eritreo prima di investire in Eritrea. Noi vorremmo assicurarci che le imprese minerarie in Eritrea non ricorrano alla manodopera gratuitamente, perché ciò equivarrebbe a una forma di schiavismo. Queste sono le cose su cui vorremmo che il Governo italiano ponesse attenzione.
  Auspichiamo anche che il Governo italiano faccia un'indagine sulle forme di repressione transnazionale esercitata contro i rifugiati eritrei in Italia, come ha detto poc'anzi il mio amico Desbele Mehari.

  DESBELE MEHARI, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Vorrei rispondere alla domanda relativa agli incontri che ci sono stati con il Ministro degli affari esteri o il Governo: ultimamente non ce ne sono stati, ma tanti anni fa abbiamo fatto degli incontri con il Viceministro degli affari esteri, durante il Governo Berlusconi. Inoltre, abbiamo mandato alcune lettere per chiedere di fermare alcune iniziative che si facevano in Italia, però non abbiamo avuto nessuna risposta.
  L'altra domanda a cui vorrei rispondere è quella relativa alla presenza delle organizzazioni non governative in Eritrea: le organizzazioni non governative sono state espulse intorno al 2003-2004, dopo che si era proceduto all'arresto del gruppo G15. Se si ricorda, onorevole...

  PRESIDENTE. Sì, mi ricordo, ma volevo la conferma che fosse ancora così, dal momento che sono passati molti anni da allora. Mi ricordo di quel momento.

  DESBELE MEHARI, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Sì, è ancora così. Magari ci possono essere alcune organizzazioni non governative che sono legate in qualche modo al Governo, ma quelle indipendenti sono state espulse e non ce ne sono.
  Ricorderà anche che ultimamente – credo un anno fa – sono stati chiusi tutti i centri sanitari della Chiesa cattolica, che facevano un servizio enorme alla popolazione civile. Quindi, questi centri sanitari sono chiusi e non sono più operanti. Non li usa neanche il Governo. Prendendoli, almeno li poteva utilizzare, ma non l'ha fatto. Ripeto, queste organizzazioni facevano un Pag. 11bel lavoro sulla sanità, ma questi centri tuttora sono chiusi. Questa è la situazione.
  Per quanto riguarda gli incontri, verso la fine di giugno pensiamo di organizzare una delegazione per poter avere un'audizione con il Ministro degli affari esteri o con altre istituzioni interessate. Cercheremo di fare qualcosa per poterci presentare e dire la nostra sulla situazione in Eritrea. Grazie.

  PRESIDENTE. Signor Mehari, riagganciandomi a quanto diceva poc'anzi, le chiedo: le Agenzie delle Nazioni Unite sono oggi presenti in Eritrea o neanche loro sono presenti?

  DESBELE MEHARI, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Credo che le Nazioni Uniti abbiano qualche ufficio in Eritrea. Di questo, però, non sono molto sicuro. Certamente ci sono alcuni enti finanziari legati alle Nazioni Unite, che fanno anche qualche lavoro con il Governo eritreo, ma in maniera molto limitata. Il problema è che il Governo ha alcune limitazioni sulle iniziative libere di questi enti. Quindi, qualche ente esiste ancora.

  TEAMIRAT SEYOUM, rappresentante di Eritrean Coalition for Democratic Change (intervento in videoconferenza). Grazie, presidente. Vorrei sottolineare quanto detto dai colleghi circa l'oppressione transnazionale. Ieri ho ricevuto un report, scritto dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che risale a settembre 2021 e pone in evidenza la gravità del problema della repressione transnazionale quale minaccia crescente per i diritti umani e lo Stato di diritto. Questo report indica come questa repressione transnazionale sia posta in essere dai Governi di Russia, Bielorussia, Azerbaijan e Turchia, che arrivano ad inviare proprie spie nel Regno Unito e in altri Paesi europei, per uccidere i loro oppositori. Quindi, questo report, redatto a livello europeo, pone in evidenza la gravità della situazione. Ma questi sono gli stessi problemi che abbiamo oggi con le autorità eritree; soltanto la settimana scorsa hanno ucciso uno dei nostri colleghi in Israele e continuano a minacciare famiglie e persone che si oppongono al Governo. Alcune di queste spie, che lavorano per il regime, ottengono il visto dall'Ambasciata italiana ad Asmara, arrivano in Italia e poi si spostano ovunque in Europa, e ci spiano, inviano informazioni che ci riguardano, ci minacciano e compiono cose orribili ai danni delle persone che lottano.
  Io credo che voi possiate fare molto al riguardo. Potete supportarci, potete almeno mettere in evidenza – come per la Russia e l'Azerbaijan, ma non solo – il problema dell'Eritrea e dell'oppressione transnazionale sia al Parlamento italiano sia a livello europeo, questione che dovrebbe essere oggetto del livello di attenzione che merita.
  Come dicevo nel mio precedente intervento, gli eritrei sono sparsi ovunque nel mondo; un terzo della popolazione vive fuori dall'Eritrea. Gli eritrei che vivono nel Sudan o nei Paesi vicini sono sotto minaccia costante nella regione. Quelli che si trovano nella regione del Tigrè, nel nord dell'Etiopia, sono rapiti. Insomma, a queste persone succede di tutto. Quindi, la sofferenza di questi rifugiati va evidenziata. Abbiamo bisogno del vostro intervento umanitario per dare loro assistenza e cercare di trovare un modo per farli rientrare nel Paese.

  Ci sono tantissime cose sulle quali possiamo lavorare insieme. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Questo Comitato continuerà a seguire con attenzione gli sviluppi della situazione dei diritti umani in Eritrea. Posso anticiparvi che faremo una interrogazione parlamentare su quanto abbiamo ascoltato oggi e chiederemo al Governo italiano come intende affrontare i rapporti con il Governo eritreo, quale tipo di garanzie vorrà portare avanti per fare in modo che questo tema dei diritti umani non venga in alcun modo tralasciato e non messo al centro di eventuali rapporti che potranno essere rilanciati, dal momento che questo è un tema assolutamente dirimente.Pag. 12
  Cercheremo, contestualmente, di sollevare la questione di questi visti. Avendo lavorato quindici anni alle Nazioni Unite e all'UNHCR, capisco molto bene quando afferma che all'estero i rifugiati non si sentono sicuri quando viene dato il visto a persone dell'apparato del regime, che poi mettono in atto una sorta di persecuzione, rappresentando anche una minaccia per il Paese che ha dato asilo a questi rifugiati. Quindi, cercheremo di sollecitare la massima attenzione in merito a tale questione, per garantire la sicurezza di chi oggi gode di protezione internazionale e si sente, invece, minacciato da agenti statali del proprio Paese che hanno come obiettivo quello di arrivare a colpire le persone che sono scappate all'estero.
  Daremo seguito alla questione con questo impegno parlamentare e vi terremo informati su come procederemo. Qualsiasi cosa poi voi riteniate utile che questo Comitato possa fare, noi siamo a disposizione.
  Nel rinnovare il ringraziamento agli ospiti intervenuti, anche per la documentazione, che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.30.

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ALLEGATO

Presentazione informatica illustrata da Seyoum Teamirat

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