XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Giovedì 21 marzo 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Berkofsky Axel , professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza) ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Berkofsky Axel , professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza) ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Tirelli Franco (NM(N-C-U-I)-M)  ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Berkofsky Axel , professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza) ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 9 
Berkofsky Axel , professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza) ... 9 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Berkofsky Axel , professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza) ... 10 
Formentini Paolo , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di Axel Berkofsky, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione, in videoconferenza, di Axel Berkofsky, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il professor Berkofski, che è anche co-responsabile dell'Asia Center presso l'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) e membro del comitato esecutivo del European Japan Advanced Research Network (EJARN), con sede a Stoccolma, nonché research affiliate presso l'Istituto europeo di studi giapponesi della Stockholm School of Economics.
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola al professor Berkofski affinché svolga il suo intervento.

  AXEL BERKOFSKY, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza). Buongiorno a tutti. Grazie a tutti per l'invito. L'intervento sarà in lingua inglese, perché ho avuto poco tempo per prepararmi. Prometto che la prossima volta, se mi vorrete ancora invitare, lo farò in lingua italiana.
  Un caro saluto alla mia ex collega dell'ISPI, Lia Quartapelle.
  Ciò di cui parlerò quest'oggi con voi, nella mia breve introduzione, sarà incentrato sul ruolo della Cina e l'espansionismo territoriale della Cina nell'Indo-Pacifico. Perché voglio parlare di questo argomento? Perché, secondo me, tutto quello che sta avvenendo in relazione alla costruzione di alleanze in questa regione, tutto quello che sta avvenendo in diversi Paesi, che sono proiettati a incrementare le proprie capacità militari nella regione, avviene a causa della Cina. Sono certo che abbiate parlato della Cina, del ruolo della Cina, delle politiche della Cina in questa regione. Però, vorrei proporvi un punto di vista alternativo e, comunque, aggiuntivo riguardo a come interpretare il ruolo della Cina e l'espansionismo territoriale della Cina nella regione dell'Indo-Pacifico, in generale, e nel Mar Cinese Meridionale e in quello Orientale in particolare.
  Quest'oggi – secondo me questo è molto importante – vorrei fornirvi un insieme di informazioni di base sulla Cina. Per poter comprendere come mai la Cina e Xi Jinping si stanno comportando così come stanno facendo, come mai la Cina sta attuando le politiche che sta attuando, perché sta espandendo i suoi territori o sta progettando di Pag. 4espandere i propri territori attraverso la costruzione di isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale, dobbiamo considerare brevemente, almeno per qualche minuto, la politica interna della Cina, le pressioni interne, le dinamiche interne, che poi hanno un impatto sul modo in cui la Cina si sta comportando nell'era di Xi Jinping.
  Una delle argomentazioni odierne è che vi è un rapporto diretto tra le politiche interne e il modo in cui la Cina si sta comportando nell'Indo-Pacifico, in generale, e nel Mar Cinese meridionale in particolare. Mi riferisco a due studiosi, a due colleghi: uno è Jude Blanchette, professore presso il Center for strategic and international studies (CSIS), con sede a Washington, che ha scritto di recente – posso inviarvi il testo, se volete – un ottimo articolo in cui illustra alcune delle dinamiche interne che hanno un impatto sulla politica estera cinese. La sua argomentazione – come quella di molti altri – è che la missione di Xi Jinping è di proteggere gli interessi fondamentali della Cina rispetto all'Occidente, che è rappresentato non tanto dall'Europa, quanto dagli Stati Uniti. Quando parliamo di interessi fondamentali, mi riferisco a quelli territoriali, ovvero l'integrità territoriale: la Cina che espande il proprio territorio nel Mar Cinese meridionale, sfidando l'integrità territoriale del Giappone nel Mar Cinese meridionale e minacciando Taiwan dal punto di vista militare rientra nel quadro degli «interessi fondamentali» della Cina.
  Xi Jinping è un uomo molto impaziente, è molto scontento – come afferma Jude Blanchette – dello status quo attuale, ha un'alta tolleranza per il rischio e avverte un senso di urgenza nel cercare di sfidare l'ordine attuale internazionale. Ci sono molteplici evidenze empiriche che si riferiscono al fatto che la missione di Xi Jinping è proprio quella di cambiare l'ordine globale e regionale. Che abbia successo o meno è un'altra questione, ma in ogni caso il suo progetto è quello di cambiare l'ordine vigente.
  Lui è un uomo che ha fretta. Come afferma Jude Blanchette, ci sono due motivi per cui Xi Jinping ha così tanta fretta. Innanzitutto, come ho detto prima, ha fretta perché non è più un giovanotto, governa la Cina da dieci anni e più e sta progettando di cambiare l'ordine mondiale quanto prima. Inoltre, Xi Jinping è il custode di un sistema politico leninista datato e – secondo me questo è un punto importante – nonostante egli sia il leader indiscusso della Cina e, come afferma The afferma, è il Presidente di tutto, nonostante il suo potere e le sue politiche di centralizzazione del potere politico, ha grandi difficoltà a mantenere salda la propria presa sul potere, si trova a dover affrontare sfide che provengono dall'interno, forse dall'apparato militare, dai neo-maoisti e da altri gruppi.
  Il problema è che non sappiamo. Il problema è che c'è un'enorme carenza di trasparenza che non ci consente di comprendere fino in fondo. Quindi, fino in fondo non riusciamo a capire esattamente chi minaccia e sfida la presa di Xi Jinping sul potere, ma ci sono sfide e pressioni che spingono Xi Jinping verso un'azione tempestiva. Questo ha implicazioni dirette. Avete invitato anche Stefano Pelaggi, tra l'altro, al vostro consesso e lui ha già detto che questo ha implicazioni dirette sul modo in cui la Cina si comporta nei confronti di Taiwan.
  È molto importante sottolineare, inoltre, che ci sono visioni e piani: la Cina è la seconda economia più grande del mondo, ma deve affrontare numerosi problemi economici. Adesso sta per cadere in una trappola di medio reddito e la demografia è sfavorevole. La Cina sta invecchiando molto rapidamente. In realtà, sta invecchiando prima di diventare ricca. Ci sono problemi economici immani. Il settore immobiliare, per esempio, si trova in una crisi profonda. Sappiamo che è una vera patata bollente, perché il settore immobiliare in Cina rappresenta circa il 25-30 per cento del PIL globale della Cina: ciò significa che fino al 30 per cento dell'economia della Cina si trova potenzialmente in una situazione di crisi molto grave. Se consideriamo anche altre cifre, abbiamo un'economia che vale 18 mila miliardi – che è pari a circa nove volte le dimensioni dell'economia italiana – e i problemi potenziali sono pazzeschi.Pag. 5
  Il secondo studioso che vorrei proporvi, prima di passare alle politiche nel Mar Cinese meridionale, è Ian Johnson, componente del Council on foreign relations, con sede a New York. Ian Johnson è uno studioso e un giornalista che ha trascorso moltissimo tempo in Cina. Ormai sono tanti anni che vive lì. È un giornalista del New York Times in Cina. È uno studioso che ha accesso a molte persone in Cina. Ebbene, lui afferma, in un articolo pubblicato sulla rivista Foreign Affairs, che la Cina si trova in una situazione di stasi nazionale, di stallo, «nèi juǎn», come dicono i cinesi, termine che forse neanche esiste in lingua inglese, che comunque si potrebbe tradurre con il termine «involuzione». Non evoluzione, né rivoluzione ma, al contrario, involuzione. Il termine «involuzione» viene utilizzato in Cina per descrivere il fatto che la Cina sta diventando sempre più introspettiva, si sta isolando. Questo isolamento, da tutti i punti di vista, è ordinato dall'alto. Penso a misure come la censura, per esempio, o il blocco dei siti web o degli scambi tra studiosi occidentali e cinesi.
  Questo è molto importante da sottolineare, e Stefano Pelaggi sicuramente ne ha parlato: gli scambi che riguardano gli studiosi, le università e gli istituti di ricerca cinesi, almeno nell'ambito delle scienze sociali, della storia e dell'economia – la situazione che conosco in base alla mia esperienza personale nel campo delle scienze internazionali è diversa – sono molto limitati, così come nel settore delle scienze sociali, della politica e delle relazioni internazionali. In questi ambiti gli scambi tra la Cina e l'Europa così come tra la Cina e gli Stati Uniti sono molto limitati. Esiste una politica concertata, adottata dal Governo cinese, proprio per limitare questi scambi.
  Tutto questo, questa politica di esercizio di un potere statale centralizzato, di attuazione di un sistema quasi perfetto di censura, insieme alla costruzione di uno stato di polizia o di sorveglianza quasi perfetto, l'investimento di miliardi e miliardi di yuan per garantire che il Governo cinese possa controllare il popolo cinese, per vigilare su quello che fanno, su cosa dicono, su ciò di cui parlano, pubblicamente e nelle chat, è stato molto controproducente. La Cina si sta isolando e qui entra in gioco nuovamente la politica di Xi Jinping, che ancora una volta deve essere presa in considerazione.
  Tutto questo favorisce la pubblicazione, la distribuzione e la diffusione del pensiero di Xi Jinping, che è un po’ un seguito del pensiero di Mao, un follow-up. Come altri studiosi, ho cercato di capire quale sia il pensiero di Xi Jinping, il significato del pensiero di Xi Jinping, ed è veramente difficile poter afferrare il contenuto di questo pensiero.
  Questo pensiero di Xi Jinping aiuta il Governo cinese a creare la narrativa storica che solo il Partito comunista sia essenziale per la sopravvivenza della Cina, solo il Partito comunista sia in grado di realizzare il cosiddetto ringiovanimento nazionale della Cina, di rendere la Cina nuovamente potente, giovane e dinamica. Parte di questa equazione, come sappiamo, passa dalla riunificazione della terraferma cinese, della Cina continentale, con Taiwan.
  Passo adesso alla politica espansionista della Cina sul campo. Quando dico «sul campo» mi riferisco all'espansionismo territoriale della Cina nel Mar Cinese meridionale.
  La visione di Xi Jinping, almeno sulla carta, è quella di ricostruire una Cina secondo i confini della dinastia Qing. In Cina, la dinastia Qing fu l'ultima dinastia imperiale, che terminò nel 1912. Durante quest'ultima dinastia imperiale l'intero Mar Cinese meridionale apparteneva, di fatto, all'Impero cinese. L'idea è quella di ricostruire questo impero, almeno sulla carta: non so se questo sia realizzabile o possibile, questo è un punto di domanda; però, questo è il progetto.
  Il concetto di Mar Cinese meridionale che deve essere reintegrato nel territorio principale della Cina implica che il resto dell'Asia, forse ad eccezione del Giappone, viene a trovarsi alla periferia della Cina. Quindi, la Cina è il regno al centro, il resto dell'Asia – meno il Giappone – si colloca geograficamente alla periferia della Cina. Questi Paesi collocati alla periferia della Pag. 6Cina, in generale, e in particolare i Paesi del Sud-Est asiatico, vengono condannati, come è accaduto durante la dinastia Qing, a pagare un tributo all'Impero cinese. Chiaramente, non esiste un Impero cinese, non possiamo pensare che i Paesi del Sud-Est asiatico paghino un tributo a un fantomatico Impero cinese, ma questo è il progetto.
  Questa può essere una visione idealistica rispetto alla realtà, però se la raffrontiamo rispetto alle realtà concrete, sul campo, nel Mar Cinese meridionale, allora possiamo essere molto preoccupati. Perché lo dico? Perché anche le aziende di proprietà dello Stato cinese e aziende private cinesi stanno già costruendo basi militari su isole artificiali che sono collegate a isole contese nel Mar Cinese meridionale. Se non credete che la Cina stia costruendo basi militari su isole artificiali nel Mar Cinese meridionale, potete accedere a immagini satellitari – che sono disponibili dappertutto su internet – che dimostrano che la Cina sta effettivamente costruendo diverse basi militari nel Mar Cinese meridionale. Negli ultimi anni sono state costruite sette isole artificiali nel Mar Cinese meridionale, creando, dal 2013, oltre mille ettari di nuove terre secondo il CSIS – Asia Maritime Transparency Initiative (iniziativa per la trasparenza marittima in Asia). Complessivamente nel Mar Cinese meridionale sono stati costruiti venti avamposti militari, la maggior parte dei quali sono piuttosto piccoli, ma alcuni hanno anche infrastrutture energetiche, porti e anche piste di decollo per caccia. Nel 2023 la Cina aveva completamente militarizzato almeno tre isole, armate con missili antiaerei e antinavi, sistemi d'arma laser, sistemi di blocco trasmissioni e altro ancora. Chiaramente la Cina nega che si tratti di basi militari, ma ancora una volta le immagini satellitari mostrano chiaramente che si tratta, in realtà, di basi militari.
  Per quanto riguarda le strutture, ci sono arsenali di missili, hangar per velivoli, sistemi radar e altre infrastrutture militari. La Cina può dispiegare caccia e bombardieri da tutte queste strutture. Qualsiasi aereo militare o civile che voli sopra il mare conteso, vale a dire il Mar Cinese Meridionale, in caso di conflitto, potrebbe ritrovarsi facilmente nella gittata dei missili cinesi lanciati da queste isole artificiali.
  Questo è lo status quo: la Cina sta costruendo queste infrastrutture. Se collochiamo tutto questo in un contesto e ci chiediamo perché la Cina fa questo, perché la Cina vuole militarizzare il Mar Cinese meridionale, è facile immaginare che lo faccia perché si tratta, come sapete, di una zona marittima molto importante per il trasporto delle merci dall'Europa e dal Medio Oriente; parliamo di greggio, soprattutto dal Medio Oriente verso l'Asia orientale, il Sud-Est asiatico e l'Asia meridionale.
  Se collochiamo tutto questo all'interno di un contesto volto a spiegare l'importanza del Mar Cinese meridionale come linea di comunicazione marittima, circa 5 mila miliardi di dollari è il valore delle merci che vengono trasportate attraverso il Mar Cinese meridionale ogni anno. Se lo collochiamo in una prospettiva, 5 mila miliardi di dollari rappresentano più o meno le dimensioni dell'economia tedesca, che è pari a circa 4.600 miliardi di dollari, e quello che viene trasportato attraverso il Mar Cinese meridionale in termini di merci corrisponde a 5 mila miliardi di dollari.
  L'ultimo argomento che vorrei citare riguarda l'espansionismo territoriale cinese: le ambizioni della Cina non si limitano al Mar Cinese meridionale, ma si rivolgono anche al Mar Cinese orientale. Infatti, è proprio nel Mar Cinese Orientale che la Cina, negli ultimi dieci-quindici anni – a volte più, a volte meno frequentemente – sta sfidando l'integrità territoriale del Giappone intorno alle isole Senkaku, controllate dal Giappone, che de facto appartengono al territorio giapponese dal 1895, da quando, nella prima guerra sino-giapponese, il Giappone vinse contro la Cina. La Cina non sta mandando la Marina militare o la Guardia costiera per contestare o sfidare l'integrità territoriale giapponese nel Mar Cinese orientale, però invia, per esempio, milizie di pescherecci; quindi non Guardia costiera, non Marina militare, ma pescherecci, inviati nelle acque controllate Pag. 7dal Giappone nel Mar Cinese orientale, vicino alle suddette isole Senkaku.
  Infine – ne abbiamo parlato e immagino che ne abbiate parlato anche quando avete invitato Stefano Pelaggi – la Cina – anche questo fa parte della sicurezza nell'Indo-Pacifico – sempre di più sta concentrando la propria pressione militare nei confronti di Taiwan; sappiamo che la Cina l'anno scorso ha violato migliaia di volte lo spazio aereo controllato de facto da Taiwan, continua a farlo regolarmente, molto frequentemente, generando grande instabilità, creando enormi sollecitazioni nei confronti dei sistemi di difesa aerea di Taiwan e, quindi, aumentando la possibilità di malintesi.
  Mi fermo qua. Non vedo l'ora di ascoltare le vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie, professore Berkofsky.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento in videoconferenza). Grazie mille, Axel. È un piacere rivederti.
  Ti rivolgo una domanda secca: visto che hai una visione più europea su questi temi, considerato che stiamo facendo un lavoro piuttosto approfondito per arrivare a disegnare una strategia italiana per l'Indo-Pacifico, rispetto alle cose che ci hai detto sul Mar Cinese meridionale e sulle vicende interne della Cina, a quali Paesi possiamo ispirarci per definire alcune linee di una strategia italiana per l'Indo-Pacifico? Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al professore Berkofsky per la replica.

  AXEL BERKOFSKY, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza). Grazie, Lia. Se mi permettete, anche questa volta intervengo in lingua inglese.
  Certamente abbiamo visto un maggiore interesse europeo, a volte in modo simbolico e a volte in modo concreto, a dare un contributo per cercare di contenere le rivendicazioni territoriali cinesi nel Mar Cinese meridionale. Esiste una strategia olandese per l'Indo-Pacifico, così come esiste una strategia per l'Indo-Pacifico dell'Unione europea, nella quale si parla di una presenza navale significativa, che ovviamente va definita meglio. Poi, abbiamo una seconda missione tedesca, che prevede l'invio di una nave da guerra nella regione. Infine, i francesi sono presenti nella regione in via permanente – la Francia è una potenza residente – e anche i britannici sono presenti nella regione in modo permanente.
  Io non so se la Marina militare italiana abbia intenzione di far parte delle operazioni per la libertà di navigazione(Freedom of Navigation operations), non so se la Marina militare italiana voglia in qualche modo unirsi a questa operazione di pattugliamento delle acque contese nel Mar Cinese meridionale.
  L'Italia, come la Germania e la Francia, è una potenza intermedia in Europa, non è una superpotenza, quindi l'Italia e la sua Marina militare hanno certamente la capacità di far qualcosa, di essere più attivi nel contribuire al contenimento di questa contesa, ma chiaramente la Marina militare italiana – ma neanche quella tedesca – non può impedire la costruzione delle basi militari da parte dei cinesi. Tuttavia, se le Forze armate italiane insieme a quelle di altri Paesi europei volessero dare un contributo dispiegando la Marina militare e rispondendo all'invito dell'Unione Europea di fornire una presenza militare significativa, questa potrebbe essere un'idea.
  Non voglio certo dire che auspico uno scontro militare, assolutamente no; ma sappiamo che l'Italia, per varie ragioni, finora ha avuto una certa reticenza a entrare a far parte di operazioni militari congiunte o comunque di pattugliamento delle acque contese nel Mar Cinese meridionale.
  L'Italia, la Germania e altri Paesi europei hanno forti interessi economici nella regione, quindi esiste alcun motivo per cui l'Italia non possa dare un contributo più attivo nella regione in termini di presenza Pag. 8militare, analogamente ad altri Paesi europei.

  PRESIDENTE. Grazie, professore Berkofsky. Do la parola all'onorevole Tirelli.

  FRANCO TIRELLI. Due domande secche: la guerra tra Russia e Ucraina ha fatto danni all'economia cinese o no? Che cosa pensa il Presidente Xi Jinping di questa guerra? Grazie.

  PRESIDENTE. Professore Berkofsky, aggiungo una domanda anch'io, così poi risponde ad entrambe. Lei ha accennato non tanto ad un ruolo della NATO, quanto ad una presenza delle democrazie occidentali nell'Indo-Pacifico per difendere un sistema di regole e la libertà di navigazione, e anche ad una certa riluttanza, se ho ben capito, dell'Italia. In realtà, noi abbiamo già avuto la missione di diplomazia navale della nave Morosini, che ha toccato diversi Stati dell'area, e quest'anno dovremmo avere la nostra portaerei Cavour che parteciperà ad una missione, anche con esercitazioni congiunte con il Giappone, nelle acque giapponese. Quindi, qualcosa si sta muovendo.
  Anch'io sostengo l'importanza che l'Italia sia parte di una coalizione basata sulla difesa di valori e soprattutto sulla difesa di un sistema di commercio a livello globale, che è fortemente messo in pericolo – dal Mar Rosso al Mar Cinese meridionale – in questi ultimi tempi. Le chiedo se può dirci qualcosa sulla proposta, non realizzata, della creazione del liaison office della NATO a Tokyo, come la vede e come si spiega la riluttanza francese.
  Do la parola al professore Berkofsky per la replica.

  AXEL BERKOFSKY, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza). Grazie mille. Grazie per il chiarimento, Presidente. Ora sono cosciente della missione della portaerei Cavour e della missione diplomatica che ha richiamato.
  Rispetto alla prima domanda, faccio presente che nel 2022 la Cina e la Russia hanno dichiarato di essere legate da un'amicizia senza limiti, tuttavia vi sono dei limiti a questa amicizia. Ora, andando al di là della retorica politica, di questo approccio congiunto di Russia e Cina per contenere l'Occidente, per impedire questo dominio occidentale, vi invito a considerare ciò che succede sul campo. La Cina ha annullato una serie di investimenti significativi in Russia a seguito dell'invasione dell'Ucraina, e alcuni di questi investimenti sono stati annullati perché la Cina si preoccupa molto delle sanzioni secondarie, delle sanzioni statunitensi, sanzioni a cui poi dovrebbero sottostare le imprese cinesi che operano in Russia determinando effetti negli Stati Uniti.
  Sulla carta vediamo un forte impegno da parte della Cina per quanto riguarda la neutralità e la volontà di sostenere la Russia in questo presunto contrasto all'espansionismo occidentale, ma nella realtà la Cina è rimasta sempre molto cauta. Non dobbiamo dimenticare che la Russia ha un'economia piuttosto piccola. L'economia della Russia ammonta a circa 1.600 miliardi, quindi è più piccola di quella italiana e ha all'incirca la stessa portata dell'economia spagnola. Quindi, le aziende cinesi sono molto più interessate all'interdipendenza economica con i mercati americani ed europei.
  La Cina è il più grande partner commerciale della Russia, ma al contrario la Russia non è tra i primi partner commerciali della Cina, quindi la Cina è cauta. Dichiara la propria neutralità, anche se chiaramente questo non è vero, tant'è che la Cina ha fornito alla Russia quanto meno armi di piccolo calibro. E questo è fuor di dubbio. Però, se guardiamo al quadro nel suo insieme, esistono diverse preoccupazioni in Cina riguardo alla posizione della Russia come grande potenza, perché alla luce della portata della sua economia e delle sanzioni occidentali, quella posizione non è sostenibile. Quindi, forse la Cina ha messo troppe uova nel paniere della Russia.
  Ad ogni modo, i grandi mercati e i grandi interscambi commerciali avvengono tra la Cina e l'Occidente, come dicevo prima, non tra la Cina e la Russia, quindi la Cina Pag. 9ha assunto questo atteggiamento di grande cautela, anche perché la Russia non sta ancora vincendo la guerra in Ucraina (almeno questo è quello che mi auguro).
  Con riferimento alla domanda sul liaison office della NATO a Tokyo, non saprei. Voglio essere molto schietto e onesto, come ho già detto in altre occasioni. Non vi è nulla che impedisca alla NATO di aprire questo liaison office. Però, qual è il vero problema? In fondo, il Giappone da decenni è un partner nel dialogo con la NATO e, come sapete, da decenni fornisce contributi concreti a favore della sicurezza europea. Negli anni Novanta, nei Balcani occidentali il Giappone è stato un Paese contributore molto attivo.
  Quindi, qual è il problema? Credo al riguardo che sia il Presidente francese Macron – e questo mi dispiace – a porsi all'avanguardia di questo dibattito. Per fare scalpore e richiamare l'attenzione dei media – adesso non voglio sembrarvi un giornalista, non voglio sembrarvi polemico o populista – però in sostanza non c'è motivo per cui la NATO non debba aprire un liaison office. Quale sarebbe stato il problema? Dal punto di vista francese sarebbe stata una grande provocazione nei confronti della Cina, quindi la Cina si sarebbe sentita provocata da questa presenza de facto della NATO in Giappone. Ma io credo che non dovremmo preoccuparci di offendere il Governo cinese. Dal punto di vista operativo a me piacerebbe vedere un liaison office. Il fatto che il Presidente francese Emmanuel Macron sia contrario a questa apertura è controproducente, secondo me. In termini di Realpolitik questa decisione è un segno di debolezza, è un segno di mancanza di determinazione, è un segno di mancata risolutezza a voler difendere e proteggere i valori europei e occidentali nell'Indo-Pacifico. La questione in questo caso non è che la NATO abbia aperto una base militare in Giappone o che stia cercando di farlo, ma la presenza fisica della NATO in Giappone come raccordo tra la NATO stessa e i Paesi partner del dialogo.
  Al momento, quindi, mi dispiace che questo ufficio non sia stato aperto. Forse accadrà in futuro. Grazie.

  PRESIDENTE. Professor Berkofsky, mi permetta di farle un'ultimissima domanda. Siccome è stato davvero molto interessante quello che ci ha detto, perché è stato uno dei pochi auditi a cercare di spiegare le ragioni per cui la Cina si comporta così nell'Indo-Pacifico, ci ha dato vari ordini di ragioni, varie interpretazioni, Le chiedo: davvero la Cina non percepisce che, comportandosi così, si aliena le simpatie degli Stati dell'area?

  AXEL BERKOFSKY, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza). Questa è davvero un'ottima domanda, Presidente. In realtà, non lo so. Ciò che sappiamo è questo: avete sentito parlare della «diplomazia del lupo guerriero» (wolf warrior diplomacy), del fatto che i diplomatici cinesi sono molto aggressivi su Twitter e su altri social media e diffondono disinformazione, misinformazione, teorie del complotto attraverso i social media. Quindi, sui social abbiamo questo tipo di diplomazia del lupo guerriero. Però, devo dire che questa forma di diplomazia ha generato grandi preoccupazioni e sospetti in Europa per quanto riguarda la Cina, che potrebbe in qualche modo imitare la Russia e diffondere disinformazione.
  Vediamo la situazione a distanza di due anni, quindi oggi: questo tipo di diplomazia della comunicazione ormai è venuta meno, perché credo che la Cina, i suoi politici e i suoi diplomatici abbiano capito, o inizino a capire, che questo comportamento, il voler diffondere disinformazione, promuovere politiche aggressive, dipingere gli Stati Uniti e l'Occidente come aggressori è stato controproducente.
  Non riesco a credere che, costruendo basi militari nel Mar Cinese orientale, la Cina non si renda conto che per noi queste sono azioni aggressive e vengono percepite come tali. Certamente la Cina è un Paese molto grande e molto forte in termini economici, malgrado tutte le problematiche, e anche dal punto di vista militare ha un assetto molto forte, perciò, in termini di realpolitik, fa quello che fanno i Paesi grandi, ovvero provocano e fanno ciò che vogliono. Come vi dicevo, il Presidente Xi Jinping è Pag. 10una persona che sembra tollerare molto bene il rischio politico, quindi va avanti. Forse sta tastando il terreno per capire fino a che punto può arrivare. Poi, può sempre ritirarsi, tornare indietro. Però, se vuole andare avanti e costruire queste basi nel Mar Cinese orientale lo fa. È una sorta di prova, sta tastando il terreno per vedere quanta pressione può esercitare nei confronti dei Paesi del sud dell'Asia e nei confronti di Taiwan prima di vedere una reazione da parte nostra. Però, poi che cosa faremo, eventualmente? E concludo su questo punto: che cosa dobbiamo fare?
  Possiamo dispiegare le nostre Marine militari nella regione e magari prendere parte a esercitazioni congiunte, collaborare con la marina giapponese e forse ad un certo punto anche partecipare alle operazioni per la libertà della navigazione. Ma poi cos'altro possiamo fare? Inoltre, quale impatto può avere sulla determinazione della Cina nel voler continuare a costruire queste basi militari? Noi mostriamo la nostra presenza militare navale e la Cina sta continuando, comunque, a costruire queste basi militari. Anzi, ogni volta che c'è stata una missione navale occidentale, la Cina ha sempre scelto di accelerare la costruzione di queste basi militari.
  La domanda che, quindi, rimane, domanda alla quale non ho una risposta, è la seguente: che cosa possiamo fare di più? Certo, c'è sempre lo strumento della diplomazia. Ovviamente, abbiamo una diplomazia italiana, tedesca, europea verso la Cina. Però, le realtà sul posto, le basi militari, la pressione militare su altri Paesi, tutto questo rimane, anche se ci sono missioni congiunte, e ne sono molto contento. Attenzione, non sto promuovendo, non sto facendo pubblicità a favore di un conflitto militare. Però, alla fine la Cina non sta cambiando il proprio atteggiamento.

  PRESIDENTE. Grazie davvero, professore Berkofsky, per l'interessantissima audizione e per il contributo.

  AXEL BERKOFSKY, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Pavia (intervento in videoconferenza). Grazie a voi. Grazie mille per la vostra presenza, per le domande e soprattutto per l'invito a partecipare a questa audizione. È stato un grande piacere e un grande onore per uno studioso tedesco-italiano essere stato invitato, per la prima volta, tra l'altro, a dare una testimonianza.

  PRESIDENTE. Nel rinnovare il nostro ringraziamento al professor Berkofsky, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.

Gli interventi in lingua straniera sono tradotti a cura degli interpreti.