XIX Legislatura

Commissioni Riunite (VIII e X)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 2 di Martedì 19 marzo 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rotelli Mauro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO DELL'ENERGIA NUCLEARE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA E NEL PROCESSO DI DECARBONIZZAZIONE

Audizione di Angelo Tartaglia, già professore di fisica del Politecnico di Torino.
Rotelli Mauro , Presidente ... 3 
Tartaglia Angelo , già professore di fisica del Politecnico di Torino ... 3 
Rotelli Mauro , Presidente ... 5 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 5 
Colombo Beatriz (FDI)  ... 6 
Evi Eleonora (AVS)  ... 6 
Rotelli Mauro , Presidente ... 6 
Tartaglia Angelo , già professore di fisica del Politecnico di Torino ... 6 
Rotelli Mauro , Presidente ... 7 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Angelo Tartaglia ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE MAURO ROTELLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Angelo Tartaglia, già professore di fisica del Politecnico di Torino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di Angelo Tartaglia, già professore di fisica del Politecnico di Torino, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
  Ringrazio il professor Tartaglia per la partecipazione ai nostri lavori e gli cedo la parola, pregandolo di voler sintetizzare e non dare lettura del documento eventualmente trasmesso alle Commissioni, che sarà comunque allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.

  ANGELO TARTAGLIA, già professore di fisica del Politecnico di Torino. Buongiorno. Entro direttamente nel merito e comincio con un'osservazione relativa ai tempi a disposizione per questa transizione energetica. Si tratta di evitare o di prevenire un collasso del sistema climatico e non semplicemente di contrastare una tendenza al peggioramento, in cui siamo già immersi.
  Il tempo caratteristico, in base alla dinamica dei sistemi, per un collasso di questo genere è dell'ordine della decina d'anni, per cui i provvedimenti che si assumono devono essere efficaci in tempi di questo genere.
  Riguardo al nucleare, la prima osservazione è che la realizzazione di una centrale ex novo, sulla base di dati a posteriori, non a bilancio preventivo, per quanto riguarda le centrali di taglia maggiore, è dell'ordine della quindicina d'anni, le ultime che sono state realizzate, e il costo unitario per ogni centrale è intorno ai 12 miliardi di euro. In realtà, ogni centrale fa storia a sé, quindi valori più alti e valori più bassi, ma gli ordini di grandezza sono questi.
  Per riuscire a far diventare significativo il contributo del nucleare parlando del bilancio energetico dell'Italia, ci vorrebbero qualche decina di centrali, ciascuna delle quali con questa taglia, ciascuna delle quali con questi tempi di costruzione e con questi costi complessivi.
  Ultimamente si è però parlato molto di piccoli reattori. I piccoli reattori sono una terminologia che, in realtà, si rifà a centrali e reattori che erano tipici degli anni Sessanta e Settanta. Mentre per i reattori tipici attuali si va oltre il gigawatt di potenza, i piccoli reattori sono dell'ordine del centinaio di megawatt, quindi una decina di volte più piccoli.
  La prima osservazione è che, andando a reattori piccoli, per avere un contributo significativo, si passerebbe dalle decine alle centinaia di reattori necessari, tutto sempre con riferimento al decennio entro cui realizzarli.
  Si è parlato moltissimo anche di piccolissimi reattori, in particolare di SMR (small modular reactors), piccoli reattori modulari. Anche in questo caso non è una novità, Pag. 4perché l'idea dei reattori modulari, già sviluppata da tempo, aveva la finalità di consentire di regolare l'energia ricavata dalle centrali nucleari, in quanto un reattore nucleare non consente la modularità della propria produzione in relazione all'andamento della domanda. Non è possibile, perché un reattore o si spegne o si accende. Nel caso della modularità l'idea era quella di avere tante piccole unità in maniera tale che, spegnendo o accendendo le singole unità, si ottenesse di fatto una modulazione della potenza complessiva.
  Chiaramente, scendendo a reattori di quella taglia, avremmo bisogno di migliaia di unità, se vogliamo arrivare a dare un apporto significativo al mix energetico nazionale.
  Un'altra idea che è circolata, almeno a livello giornalistico, è quella di poter comporre delle centrali sulla base delle esigenze, come fossero dei «Lego». Non funziona così, perché in una centrale non c'è soltanto il nocciolo della centrale, ma c'è tutto il resto. Il nocciolo è il luogo dove avviene la fissione nucleare. Può essere piccolo o grande, dipende, ma intorno al nocciolo ci vuole un sistema di schermatura, dispositivi di sicurezza, circuiti di raffreddamento di emergenza, circuiti di raffreddamento ordinario, circuiti tali da permettere di estrarre l'energia da convertire in energia elettrica e via dicendo. Tutto questo, che è la centrale intorno al nocciolo, non si smonta e rimonta, come qualcuno apparentemente e ingenuamente potrebbe pensare, con un'idea di piccoli moduli che vanno di qua e di là.
  Un'altra considerazione è che, se si arriva alle dimensioni di taglie piccole, quindi a numeri molto grandi di reattori, bisogna abbinare tutto ciò a un sistema di trasporto delicato, dal momento che bisogna, ovviamente, alimentare i reattori con materiale fissile fresco, facendolo venire dai luoghi in cui l'uranio viene arricchito, luoghi che non sono dovunque, in quanto l'arricchimento dell'uranio, avendo valenza strategico-militare, è fatto presso Paesi che sono «politicamente affidabili», a seconda dei campi in cui uno si ritrova. Quindi, c'è un flusso in arrivo da questi luoghi di materiali che sono in entrata debolmente radioattivi (uranio 238), con tempi di dimezzamento dell'ordine di 4,5 miliardi di anni. Quindi, vi è poca radioattività. Poi, però, c'è un flusso in uscita da questi reattori, che è quello delle cosiddette «scorie», le quali sono ad alta o altissima intensità e contengono ancora una grande quantità di materiale fissile.
  Se immagino centinaia di reattori o, peggio ancora, migliaia di reattori, devo immaginare una rete di trasporto con trasporti di questo genere. Nel caso delle grandi centrali il trasporto c'è lo stesso, ma è eccezionale, con tutte le sicurezze e i controlli. Più ne faccio e meno il tutto riesce a essere controllato.
  Per quanto riguarda gli effetti ambientali globali, è chiaro che, durante il funzionamento, la fissione nucleare non libera gas serra, quindi non impatta sulla composizione diretta dell'atmosfera. In realtà, l'analisi dell'impatto dal punto di vista climatico va fatta – questo vale per tutte le fonti, non solo per il nucleare – secondo il ciclo di vita, ovverosia partendo dalla materia prima, realizzando l'impianto e, finito l'impianto, smantellando l'impianto. Nel caso del nucleare c'è in partenza una miniera, o più miniere, perché in generale facciamo riferimento all'uranio, quindi globalmente emissioni anche climalteranti ci sono. Chiaramente bisogna valutare caso per caso. Questo è uno dei problemi che vanno affrontati.
  L'altro aspetto, che è risaputo, è che come conseguenza collaterale all'utilizzo di questo tipo di energia c'è quella delle scorie radioattive, di cui dobbiamo sapere cosa fare. Preciso subito che il termine «scorie» va chiarito, perché a volte si sente dire che le scorie si possono ridurre o trattare. Ebbene, un conto sono i prodotti di fissione, altra cosa sono le scorie nucleari. I prodotti di fissione sono dovuti al fenomeno fisico, che è la fissione. Questi, se c'è la fissione, sono necessariamente presenti. Non esiste nessun modo possibile per non avere le scorie se si fa la fissione. Se io rompo una cosa in due, poi ho i due pezzi, punto.Pag. 5
  Le scorie di prodotto di fissione di questo genere sono svariate decine di isotopi radioattivi, ognuno con tempi di decadimento diversi. Quindi, è una miscela, quella che viene fuori, che ha una pericolosità a lunga durata. Ma questi sono soltanto i prodotti della fissione. In realtà, le scorie contengono anche tutto ciò che sta intorno al materiale fissile con cui si è realizzata una barra dentro un reattore o con cui si è composta la miscela fluida che serve come luogo in cui si produce la fissione. Tutto quello che sta intorno a sua volta è, anch'esso, radioattivo. In parte, lo era già prima, a bassa radioattività, quando si tratta di uranio 238, ma in parte lo diviene dopo, assorbendo i neutroni emessi dalla fissione. L'assorbimento dei neutroni emessi dalla fissione da parte dell'uranio 238 dà luogo a una serie rapida di trasformazioni, che finisce con il plutonio 239, che è, anch'esso, radioattivo, oltre a essere tossico, ed è, anch'esso, fissile, con un tempo di dimezzamento della radioattività dell'ordine dei 24.000 anni. Poi, ci sono gli altri materiali, il contenimento della guaina, i materiali usati all'interno del reattore per la moderazione e altre cose di questo genere. Tutto questo insieme costituisce le scorie.
  Tra le cose che si sono lette o dette trovo dichiarazioni secondo cui con i nuovi reattori in qualche modo – usando, peraltro, un termine improprio – si potranno bruciare le scorie. In sostanza, si pensa di poter abbattere la pericolosità delle scorie. Attenzione, anche questo non è reale. Se io sono in laboratorio, ho un campione davanti a me di un isotopo radioattivo ben definito e lo bombardo con un fascio di neutroni, possibilmente monocromatici, vale a dire di lunghezza d'onda uguale per tutti e di velocità uguale per tutti, scelto appositamente, io posso indurre trasformazioni, che ho previsto, e ottenere il passaggio da una emivita molto lunga a una molto più breve. Se, però, ho di fronte una miscela in cui dentro ci sono decine e decine di isotopi diversi, probabilità di assorbimento, sezioni d'urto molto diverse, ciascuno di loro è anche radioattivo, emette particelle che vengono assorbite dagli altri, che cosa succede? Io non riesco più di tanto a gestirlo. Se tutto va bene, riesco a cambiare l'unità di misura dei tempi di pericolosità dai millenni ai secoli. Quindi, il problema come tale rimane.
  Nessuno di questi problemi, ovviamente, è presente se uso fonti rinnovabili. I tempi di realizzazione di un impianto sono molto più brevi, i costi unitari sono molto più bassi e gli impatti di lunghissimo periodo non ci sono. Pertanto, se ci si vuole muovere verso la transizione energetica, bisogna tener conto di tutto questo e tener conto soprattutto del fatto che non esiste nessuna tecnologia che possa avere effetti miracolosi, se non mettiamo anche un qualche controllo e un razionale utilizzo dei flussi di energia, stabilizzandoli.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore Tartaglia, anche per i tempi.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMMA PAVANELLI. Ringrazio il professore Tartaglia. Credo che le sue parole siano state molto importanti, soprattutto nella conclusione, in quanto anche noi come Movimento 5 Stelle crediamo fortemente che la soluzione immediata in questo momento sia quella di velocizzare sulle energie rinnovabili.
  Per quanto riguarda questi piccoli impianti, la ringrazio per i dati anche tecnici che ci ha fornito, che confermano quello che avevamo pensato perché, oltre alla pericolosità di tali impianti, lei ci ha parlato di una situazione critica dal punto di vista della sicurezza dei trasporti. Personalmente partirei addirittura dagli impianti stessi, perché sono pochissimi i produttori di questi impianti piccoli, che oggi sono maggiormente rappresentati dalla Russia, che ha una sorta di monopolio sia dal punto di vista dell'estrazione, della conversione e della produzione di questi piccoli impianti a livello globale, sia dal punto di vista della gestione delle scorie. Inoltre, sappiamo anche che c'è una questione di sicurezza di questi impianti, che fa sì che chi le produce sta in loco anche per controllarle.Pag. 6
  Oggi, quindi, pensando anche alla situazione geopolitica, a cui anche lei ha accennato, credo che questo tipo di scelta non possa essere esattamente una garanzia per il nostro Paese dal punto di vista ambientale, di sicurezza nazionale e di dipendenza da Paesi esteri, al contrario, invece, delle energie rinnovabili, che ci consentono di essere molto più indipendenti.
  Grazie.

  BEATRIZ COLOMBO. Buongiorno e grazie, professor Tartaglia. Leggo qui che lei è stato docente di fisica al Politecnico di Torino. In questa sua audizione ho avuto modo di sentire come il nucleare crei solo problemi, stando a quello che lei ha appena enunciato. Ebbene, la domanda che mi facevo, visto che io non sono un'esperta come lei, è questa: gli altri Paesi dell'Unione europea che utilizzano il nucleare come si comportano nella gestione delle scorie, visto che anche loro hanno a che fare con la transizione ecologica come noi?

  ELEONORA EVI. Buonasera, professore Tartaglia. Grazie per il suo contributo.
  Anch'io, come la collega Pavanelli, sottolineo il tema – e vorrei che lei ce lo sottolineasse a sua volta – dell'autonomia energetica e dell'indipendenza energetica, che un modello nucleare evidentemente non può portare con sé, dal momento che rimarremmo dipendenti dalle importazioni di materia prima.
  La domanda che vorrei farle riguarda, in particolare, l'uso della risorsa idrica. In altri Paesi, penso alla Francia, tanti reattori nucleari sono stati fermati proprio a causa della siccità, dal momento che in mancanza d'acqua risultava impossibile procedere a un corretto raffreddamento dell'impianto. Davanti a una crisi climatica che avanza, nel nostro Paese in particolare con il tema della siccità sempre più forte, le chiedo come questo si possa conciliare con una scelta rispetto all'utilizzo del nucleare.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi, do la parola al professor Tartaglia per la replica.

  ANGELO TARTAGLIA, già professore di fisica del Politecnico di Torino. Dico subito, riguardo al problema delle scorie, che dagli anni in cui è stato costruito il primo reattore ad oggi non è stata ancora trovata, in nessun luogo, una soluzione realmente definitiva. Formalmente ci sono due depositi al mondo denominati «definitivi», uno in Finlandia e uno in Francia, quello in Finlandia entrerà in funzione quest'anno, quello in Francia non è ancora entrato in funzione. Questo perché è difficilissimo riuscire a trovare un luogo in cui uno possa affermare che per i prossimi millenni non arriverà l'acqua a portare in giro sostanze radioattive e tale per cui non ci sia il rischio che altri esseri umani, magari un po' fuori di testa o semplicemente ignoranti, tra cinque secoli non arrivino a infilarsi lì.
  Oggi le centrali nucleari sono il luogo a fianco al quale si trovano le scorie che sono state sviluppate durante la produzione dell'energia elettrica. Mi spiego. Di solito c'è una grande vasca in cui si immettono gli elementi esauriti, che sono molto radioattivi e liberano calore. Questi elementi – questo sarebbe previsto comunque – dovrebbero stazionare lì per mesi, massimo un anno, ma poi finiscono per rimanerci molto più a lungo. Ovviamente, trovandosi presso delle centrali, sono luoghi controllati e sorvegliati. Ma uno non può immaginare di avere questa soluzione come una soluzione reale che duri secoli, soprattutto se sono sulla superficie della terra. Tra l'altro, se pensiamo alla centrale di Zaporizhzhia, in Ucraina, con la guerra in corso uno dei problemi potrebbe essere quello che a qualcuno fuori di testa venga in mente di bombardare il deposito di scorie presso la centrale. Comunque, al di là di quest'ultimo aspetto, oggi chi ha le centrali in casa fa questo.
  Sono successe anche cose peggiori di queste. In Svizzera ci sono alcune centrali nucleari e loro fanno esattamente quello che vi ho detto. Tuttavia, in passato avevano cercato sul loro territorio un luogo adatto e non trovandolo per un po' di Pag. 7tempo hanno cominciato a fare dei contratti con sistemi di trasporto, con tutti i crismi, che arrivavano fino all'Atlantico, dove c'erano delle navi su cui si caricava il materiale, con imprese che si occupavano di tutto e che dicevano «ci pensiamo noi». Ovviamente quel «ci pensiamo noi» poteva anche significare che arrivavano a metà dell'Atlantico e affondavano il materiale, con i risultati che vi lascio immaginare. Noi adesso, quando mangiamo pesce, mangiamo plastica, ma anche isotopi diversi, derivanti da quello e da altri incidenti che ci sono stati.
  La risposta, quindi, è che gli altri non hanno trovato nessuna soluzione. Noi abbiamo le scorie in casa delle centrali che hanno funzionato da noi. Infatti, c'è questa telenovela che non finisce mai: dove andiamo a fare il deposito? Abbiamo fatto delle ricerche geologiche, ci sono siti più adatti di altri, ma noi siamo un Paese densamente abitato e, per di più, con problemi di terremoti e cose del genere, per cui è veramente difficile trovare un sito, che dobbiamo trovare, e lo dobbiamo a chi viene dopo di noi. Questa è la situazione.
  Per quanto riguarda il problema dell'acqua, questo è un tema molto importante, perché una centrale nucleare, anche quando la si spegne, o per manutenzione o per qualunque motivo, continua a produrre calore nel nocciolo, proprio perché c'è una radioattività molto alta, assorbita da quello che c'è intorno. Pertanto, si deve essere in grado di assicurare un raffreddamento per evitare che succeda quello che è successo a Cernobyl (per intenderci) anche quando la centrale viene spenta. Questo vuol dire avere a disposizione grandi quantità di acqua. Infatti, le grandi centrali si trovano generalmente su corsi d'acqua o sul mare. Poi, bisogna vedere in che modo si usano quei flussi d'acqua perché non portino via radioattività (leggermente sì, ma non troppo), ma l'acqua ci deve essere.
  Ricordo che un paio d'anni fa la Francia, in una fase di siccità ricorrente, si è trovata in condizione di dover spegnere alcuni reattori, proprio perché non c'era abbastanza acqua per garantirne il raffreddamento. Tornando alla guerra in Ucraina, uno dei problemi della centrale di Zaporizhzhia è il rischio che in tutte queste vicende si smettesse, per qualche motivo, di raffreddarla e che, quindi, questa esplodesse. L'incidente che è successo a Fukushima è derivato dal fatto che a un certo punto, dopo l'ondata e tutti i guai, si è bloccato il sistema di raffreddamento.
  L'acqua, quindi, diventa vitale. Se uno non ha l'acqua e pensa di fare i reattori, ha sbagliato tutto, perché non se lo può permettere.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio l'ospite intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Angelo Tartaglia (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.

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ALLEGATO

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