XIX Legislatura

Comitati Riuniti (Comitato per la legislazione della Camera dei deputati e Comitato per la legislazione del Senato della Repubblica)

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Lunedì 18 marzo 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE

Audizione del prof. Nicola Lupo, ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Lupo Nicola , ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma ... 2 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15 
Giorgis Andrea  ... 16 
Tabacci Bruno , Presidente ... 17 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 22 
Tabacci Bruno , Presidente ... 25 
Lupo Nicola , ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma ... 25 
Tabacci Bruno , Presidente ... 31

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE DELLA CAMERA BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 16.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del prof. Nicola Lupo, ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma.

  (Svolgimento e conclusione)

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Nicola Lupo, ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma, sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione.
  Il presidente Giorgis è collegato, quindi gli diamo il benvenuto.
  Ringrazio il professor Lupo per aver accettato di partecipare all'odierna audizione e lo invito a svolgere il suo intervento.

  NICOLA LUPO, ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma. Innanzitutto un grazie di cuore al presidente Tabacci, al presidente Giorgis e ai componenti dei due Comitati per la legislazione per questo invito. È un grande onore e un piacere e, se mi è consentito, esprimo anche il mio compiacimento per il formato con cui si sta svolgendo questa Pag. 3indagine conoscitiva sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione.
  Dal mio punto di vista si tratta quasi di un sogno che si avvera. Un Comitato per la legislazione finalmente operante dall'inizio di questa legislatura anche al Senato è già di per sé una gran bella notizia, per come la vedo io, e il fatto di vedere che questo Comitato neocostituito agisca non parallelamente, ma, per momenti importanti come quello che quest'oggi vi vede e ci vede impegnati, congiuntamente con quello della Camera, costituisce un segno di importante cooperazione tra le due Camere, che sta dando ottimi risultati.
  D'altro canto, linee divergenti o anche soltanto definite in totale autonomia da ciascun Comitato per la legislazione rischiano di essere debolissime e di ricevere ancora meno attenzione, mentre un'attività ben coordinata da parte di due organi monocamerali finisce per essere molto più incisiva, anche rispetto a quella di un ipotetico organo bicamerale che si occupa di questi temi, perché sono entrambi radicati nel cuore del funzionamento di Camera e Senato, quindi ci tenevo a sottolineare questo aspetto in via preliminare, anzi forse cercherò di dire qualcosa anche in seguito.
  Questo è un modello che si presta ad essere valorizzato ed esteso ed è in realtà coerente con una lettura del nostro sistema bicamerale, che la prassi ormai più che settantennale, fatta di revisioni costituzionali compiute o di revisioni costituzionali fallite, ormai è andata delineando. Si pensi soltanto agli scioglimenti contestuali dei due rami del Parlamento, dal 1953 ad oggi, alle leggi elettorali ormai pressoché identiche tra Camera e Senato, fino al fatto che l'elettorato attivo sia ormai stato equiparato tra Camera e Senato, quindi sono linee di tendenza Pag. 4secondo me importanti e significative (tornerò su questo, ovviamente, quando parleremo del monocameralismo alternato).
  Lasciatemi esprimere anche un apprezzamento sul fatto che il focus della prima indagine conoscitiva sia stato giustamente rivolto alle disfunzioni dei processi di produzione normativa, con l'obiettivo di migliorarne la qualità. È un oggetto che è chiaramente in linea con il core business dei due Comitati per la legislazione e che vale anche a segnalare come, nonostante la incessante e preziosa attività svolta dal Comitato per la legislazione della Camera dei deputati e ora anche da quello del Senato, si sia registrato però un progressivo, apparentemente inarrestabile, incremento delle disfunzioni dei processi di produzione normativa.
  Detto questo, non credo che abbia molto senso soffermarsi troppo sulla descrizione di queste disfunzioni e sulle loro cause: sono fenomeni ampiamente analizzati dalla documentazione dei servizi di Camera e Senato, spesso con lavori condotti sotto la supervisione dei Comitati per la legislazione, ci sono tanti studi svolti da costituzionalisti e politologi, e tantissimo è stato detto dagli auditi che mi hanno preceduto.
  Piuttosto che soffermarmi sull'analisi, quindi, cercherò di provare a ragionare sui rimedi, come d'altro canto l'indagine conoscitiva mi invita a fare, perché lo stato dell'arte, così com'è, a me pare davvero indifendibile.
  Certo, si potrebbe dire che il sistema istituzionale comunque sta in piedi e i meccanismi attualmente in essere sicuramente hanno tra i loro pregi quello della flessibilità e della adattabilità alle diverse circostanze. In qualche modo, la reazione al COVID-19, alle stesse conseguenze del conflitto in Ucraina, così come la predisposizione dell'ingente mole di atti normativi necessari per tener fede agli impegni in termini di riforme e di investimenti che sono stati richiesti dal PNRR dimostrano che il Pag. 5sistema è vitale, però l'effetto complessivo delle attuali modalità di produzione normativa, a mio avviso, è assolutamente deleterio per la politica, per le Istituzioni e per la qualità delle politiche pubbliche. Credo che abbia contribuito non poco alla sensibile riduzione del ruolo del Parlamento nel sistema istituzionale, che purtroppo è davanti agli occhi di tutti noi.
  In particolare (faccio queste osservazioni di taglio generale, poi provo ad affrontare i vari nodi che ci sono stati segnalati dall'indagine), credo che le attuali modalità di produzione normativa contengano una serie di incentivi a favore dell'adozione di norme contingenti frammentarie, sagomate sul caso concreto, destinate a durare poco. La modalità con cui oggi si formano le norme incoraggia e aggrava un problema che già è tipico di tutti i sistemi democratici.
  Oggi nei sistemi democratici, nel confrontarsi con regimi che democratici non sono e che sono la maggioranza su scala globale, il problema che sta emergendo è lo short-termism. In termini di efficienza del risultato e di programmazione a medio e lungo periodo, le democrazie sono messe male e soffrono di quello che viene chiamato il presentismo, lo short-termism, la veduta corta, e questo modo di produzione delle norme aggrava il fenomeno, aggrava il problema.
  Detto in altri termini, le democrazie già pagano un prezzo elevato perché dipendono da meccanismi di tipo elettorale, per cui è naturale che i processi decisionali delle democrazie risentano naturalmente (verrebbe da dire per fortuna, perché sono democrazie) delle preferenze e delle necessità di raccogliere un voto dei cittadini.
  Rispetto a questo assetto, però, bisogna mettere in essere delle politiche, dei processi di produzione normativa, degli incentivi, di modo che in questi processi democratici si guardi oltre il contingente, si sia capaci di gettare lo sguardo oltre e di Pag. 6favorire processi decisionali che incoraggino la veduta lunga, che agevolino il perseguimento di interessi di medio e lungo periodo, che spingano a superare i poteri di veto, evitando che il legislatore ne finisca vittima, che spingano verso l'inveramento e il ribilanciamento dei valori costituzionali, che è un'opera costante, che va fatta man mano che evolve la realtà sociale, la tecnologia, invece di lanciarsi all'inseguimento dell'ultimo fatto di cronaca.
  In questo il Parlamento dovrebbe avere la capacità di proporre letture aggiornate dei principi e dei valori costituzionali, anche dando il dovuto seguito ai tanti moniti che la Corte costituzionale rivolge al legislatore, anche attraverso tecniche processuali innovative (la relazione di stamani del Presidente della Corte costituzionale Barbera ha offerto una serie di spunti preziosi in questa direzione) e anche in considerazione delle esigenze che, a mio avviso, sono anch'esse pienamente costituzionali, perché discendono dall'articolo 11 della Costituzione, che emergono in sede europea, esigenze che sono segnalate sì dalle corti europee, ma non solo da loro.
  Per fare un solo esempio, non lontanissimo dalla stanza accanto rispetto a quella in cui quest'oggi siamo qui riuniti, il Rapporto annuale della Commissione europea sulla rule of law sottolinea per esempio l'urgenza di approvare una legislazione in materia di lobbying anche in Italia.
  L'attività legislativa avrebbe quindi occasioni per guardare al di là del contingente e il Parlamento in questo ha la sua chance, e la stessa esistenza dei Comitati per la legislazione si comprende meglio proprio in questa chiave, perché sono chiamati a perseguire un obiettivo di lungo periodo, perché la qualità della legislazione è evidentemente un obiettivo permanente, un obiettivo che va in direzione opposta rispetto alla logica della normetta contingente.Pag. 7
  È chiaro che è un piccolo elemento, però a mio avviso bisognerebbe concepire i rimedi piuttosto radicali, perché le sedi della rappresentanza politica e le modalità in cui questa si sviluppa sono interessate da processi di trasformazione epocale. I fenomeni di digitalizzazione hanno trasformato radicalmente l'esistenza e la rappresentanza politica. Cito il titolo di un volume in uscita di studiosi del Parlamento inglese che lo hanno ribattezzato «reimagining Parliament», quindi la necessità di riconcepire, ri-immaginare, alla luce di nuove categorie, la rappresentanza parlamentare.
  Loro hanno anche il fatto che stanno ricostruendo il palazzo del Parlamento, di Westminster, quindi hanno giocato su questo fenomeno anche architettonico che hanno davanti, ma dietro c'è anche un'esigenza di riconcepire modelli di rappresentanza politica.
  Non posso non rammaricarmi del fatto che una finestra di opportunità molto rilevante, quale quella che si è offerta all'indomani della riduzione drastica dei parlamentari, deputati e senatori, sia stata finora sostanzialmente sprecata, proprio perché non si è avuta la capacità di guardare alto e di guardare lungo, lontano, nel riformare i regolamenti di Camera e Senato.
  In questa logica e scusandomi per la lunghezza di questa considerazione forse di tipo generale, che però mi sembrava necessaria, mi permetto di andare sui rimedi relativi ai tre temi che ci sono stati segnalati, muovendo dalle tendenze recenti in materia di decretazione d'urgenza, con particolare riferimento ai fenomeni di confluenza e dell'intreccio tra decreti-legge e decreti-legge a contenuto multisettoriale, nonché al fenomeno del monocameralismo alternato.
  Come dicevo, le degenerazioni ci sono e sono sicuramente state ulteriormente aggravate in questa legislatura, non intendo in alcun modo giustificarle, ne ho più volte evidenziato la Pag. 8gravità e le conseguenze nefaste, bisogna comprendere le ragioni del successo di questi abusi.
  È chiaro che i decreti-legge costituiscono un canale di produzione normativa comodissimo per tutti: per il Governo, per i singoli ministeri, per i parlamentari in qualche misura, perché hanno la possibilità di inserire emendamenti che diventano subito legge in tempo record, per i rappresentanti degli interessi, che predispongono questi emendamenti e conoscono bene questi canali.
  Le ragioni del successo però sono legate anche al fatto che invece gli altri canali di produzione normativa sono diventati molto difficilmente praticabili. Penso – ne cito due – all'iniziativa legislativa ordinaria, che procede assai lentamente di regola non solo in Parlamento, ma ancor prima nella fase endogovernativa. Quando il Governo approva un disegno di legge, questo disegno di legge sta nelle stanze del Governo per mesi.
  Cito l'ultimo disegno di legge di semplificazione, che aveva avuto una prima delibera del Consiglio dei ministri a inizio dicembre e che credo non verrà trasmesso alle Camere prima di maggio. Nel frattempo si fanno tre decreti-legge. Evidentemente, se si vuole disincentivare il canale di produzione dei decreti-legge, bisogna rendere praticabile l'altro, altrimenti diventa un'alternativa non praticabile. A maggior ragione, secondo esempio, i regolamenti del Governo. Chiunque abbia avuto una anche rapida esperienza governativa o abbia seguito l'attuazione di qualche norma di legge che prevede un regolamento sa bene che in meno di sei mesi non c'è alcuna chance di avere completato l'iter di un regolamento del Governo. Dico sei mesi, ma deve andare tutto iperliscio, mentre basta qualche problema in Ragioneria o il Consiglio di Stato che adotta un parere interlocutorio e che si prende più tempo del necessario Pag. 9e i tempi si allungano. Pertanto, i canali di produzione alternativi al decreto-legge sono evidentemente da accelerare, da sbloccare.
  Non credo sia questa la sede per dire in che modo in dettaglio, ma posso forse rapidamente richiamare l'esperienza degli allegati al nuovo Codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, che è molto interessante, secondo me, perché di fronte a un'esigenza PNRR, che era quella di approvare il codice entro marzo 2023 e di approvare tutti gli atti attuativi di quel codice entro giugno 2023, quindi appena tre mesi dopo, consapevoli del fatto che l'iter dei regolamenti, come dicevo un attimo fa, bene che vada dura sei mesi, a questo punto il Governo che ha fatto? Il Governo ha adottato come allegati al codice larghissima parte della disciplina attuativa del codice stesso, e, per evitare un effetto di legificazione, come quello che voi giustamente come Comitati state stigmatizzando, ha stabilito con norme inserite nel codice che ciascuno di questi allegati può essere sostituito o modificato con una fonte secondaria, specificamente sagomata a seconda del tipo di allegato in questione, meccanismo non semplice.
  Forse può essere interessante vedere che tipo di attuazione avrà e se questo meccanismo potrà essere esportato o meno, però è comunque, secondo me, il segno di un tentativo di porre rimedio ai problemi che prima evidenziavo, quindi vi invito a considerarlo. Non sto dicendo che questa sia la soluzione, sto dicendo però che il nodo esiste e che bisogna immaginare strumenti per affrontarlo.
  Questo ha avuto un obiettivo concreto, che è stato conseguito positivamente, perché la valutazione della Commissione europea su quella rata del PNRR alla fine è stata positiva, però la partita è sicuramente importante.Pag. 10
  Vengo al tema del monocameralismo alternato, su cui giustamente sollecitate una riflessione, tema che i deputati e i senatori qui presenti o collegati conoscono meglio di chiunque altro e ne subiscono le conseguenze, perché ovviamente è sempre frustrante trovarsi ad esaminare e a votare, prendendosi la responsabilità, a favore o contro poco importa da un certo punto di vista, testi blindati, non suscettibili perciò di essere emendati.
  Lasciatemi però provare a dare anche una lettura in qualche modo in bonam partem dell'istituto (vediamo se ci riesco), che secondo me va comunque tenuta presente, perché è vero che con il monocameralismo alternato Camera e Senato in qualche modo, sia pure forzosamente e con modalità discutibili, si coordinano al fine di assicurare un contributo parlamentare unitario ed evitare inutili o comunque ritenute inutili navette, passaggi ulteriori, a maggior ragione quando gli elementi di differenziazione tra i due rami del Parlamento si sono ridotti.
  Il meccanismo con cui questo obiettivo, che secondo me non è un obiettivo disprezzabile, viene perseguito ed ottenuto, è però molto discutibile, quindi mi permetterei in questa chiave di suggerire forse la costruzione di forme di istruttoria congiunta, innanzitutto quanto al momento delle audizioni, che potrebbero essere unificate e forse anche meglio utilizzate, non tanto le audizioni di rappresentanti di interessi quanto quelle di esperti, perché a me sembra che la modalità di coinvolgimento dell'expertise tecnico-scientifica avvenga ormai quasi esclusivamente sulla base dell'affiliazione o della vicinanza politica degli auditi, che non è il modo migliore per assicurare un apporto della tecnica e della scienza alle decisioni parlamentari, ma anche il confronto sulle proposte emendative.
  In sede politica esistono delle forme di coordinamento, che mi risulti, sia pure molto informali, in particolare in seno alla Pag. 11maggioranza nel confronto con il Governo, che consentono ai parlamentari del ramo del Parlamento che esamina il testo in seconda lettura di far presente le proprie esigenze, se non di trasmettere informalmente i propri emendamenti: se questo processo si riuscisse a formalizzare maggiormente, secondo me potrebbe essere un modo per attenuare gli effetti problematici del monocameralismo alternato.
  Sarei invece decisamente più severo nella valutazione del fenomeno della confluenza dei decreti-legge nella legge di conversione di un altro decreto-legge, fenomeno purtroppo avallato anche, sia pure non in modo particolarmente esplicito, dalla Corte costituzionale, che mi pare dirompente e che sconvolge un'ordinata produzione normativa.
  Ho molto apprezzato alcuni degli ultimi pareri del Comitato per la legislazione della Camera, la raccomandazione sulla necessità di avviare una riflessione nel Parlamento e nel Governo su come evitare per il futuro questa confluenza, limitandola a circostanze eccezionali. Connetterei a questo tema i contenuti dei disegni di legge costituzionale presentati al Senato dai senatori Paroli e Tosato, all'esame della Commissione affari costituzionali del Senato, che propongono una modifica all'articolo 77 della Costituzione, al fine di aumentare a 90 giorni il termine per la conversione dei decreti-legge.
  Confesso qui che il mio primo atteggiamento, che tuttora è dominante in me, è che questa sia una sorta di avallo alle degenerazioni della prassi. Tuttavia, volendo fare lo sforzo di vedere qualche aspetto positivo, ci sarebbe perlomeno l'effetto di rendere un po' meno attrattiva la via dell'emendamento al decreto-legge, perché vi sarebbe un qualche intervallo maggiore e soprattutto questa modifica potrebbe forse consentire di codificare in compenso forme di istruttoria congiunta, magari correlativamente vietando drasticamente la confluenza di un Pag. 12decreto-legge in altre leggi di conversione, visto che 90 giorni sono comunque un tempo più congruo; magari si potrebbe anche votare la posizione della questione di fiducia su maxiemendamenti o comunque leggi di conversione eterogenee.
  Vengo al secondo punto, in modo molto più veloce, su quali misure introdurre per un ragionevole bilanciamento tra le esigenze di tempestività da parte del Governo e effettività dell'esame parlamentare, che preservi l'iniziativa legislativa e la potestà emendativa del Parlamento.
  Alcune delle cose che ho già detto possono applicarsi a questo tema, ma mi permetterei di aggiungere un altro paio di elementi. Uno ha a che fare con l'ambito di competenza delle Commissioni permanenti. Sono molto curioso di capire come va l'esperienza Senato di riduzione a dieci delle Commissioni. In ogni caso, a me sembra che soprattutto l'assetto Camera sia troppo parcellizzato rispetto a quelle che sono oggi le dimensioni delle politiche pubbliche, che sono politiche che riguardano una molteplicità di settori (pensate al Green Deal, pensate alla crisi energetica) che interessano necessariamente più Commissioni.
  Credo che questa sia una riflessione che vada fatta e che potrebbe contribuire a rafforzare significativamente il contributo delle Camere e dell'expertise parlamentare e politica che le Camere assicurano.
  Il secondo spunto ha a che fare prettamente con il potere di emendamento che veniva evocato. Qui mi pare abbastanza scontato, come diceva nell'audizione, esattamente una settimana fa, il presidente Amato, che i maxiemendamenti siano un fenomeno di assai dubbia legittimità costituzionale, quindi vietare quel fenomeno mi pare doveroso, ma mi domando se insieme a questo non si possa intervenire a limitazione del Pag. 13potere parlamentare di presentare emendamenti. Provo a spiegarmi meglio.
  I regolamenti parlamentari e anche la prassi sono fin qui intervenuti dove? Sono intervenuti nel diritto a veder votato il proprio emendamento. L'istituto della segnalazione degli emendamenti da parte dei Gruppi, che immagino conosciate molto bene, agisce sugli emendamenti già presentati, al fine di limitare il numero di votazioni che si tengono.
  Non si è avuto mai il coraggio di intervenire a monte, cioè di selezionare in partenza il numero di emendamenti presentabili, e credo che questo, invece, aiuterebbe a far sparire le accuse di ostruzionismo, di presentazione indiscriminata di emendamenti, del Parlamento come un luogo in cui non si riesce a decidere, e aiuterebbe il Parlamento stesso a identificare sin da subito, in un numero più limitato di questioni, il proprio intervento e quindi trovare quel bilanciamento tra tempestività dell'azione del Governo ed effettività dell'esame parlamentare.
  Preservando iniziativa legislativa e potestà emendativa del Parlamento, secondo me, si può provare a toccare quel tipo di fenomeno – ripeto – con l'intento di trovare punti di equilibrio più accettabili, che non siano il maxiemendamento in cui si vota tutto in blocco, ma non siano neanche le migliaia o più di emendamenti che vengono presentati indiscriminatamente su un certo progetto di legge.
  Infine, terza area tematica su cui il programma dell'indagine richiede una valutazione: gli strumenti per rafforzare la coerenza, la chiarezza e la precisione dei testi normativi e l'efficacia delle disposizioni rispetto all'impatto previsto e ai risultati attesi.
  Qui mi permetto di fare riferimento a tre temi, a tre rimedi, alcuni abbastanza scontati. Vado in ordine di rilievo, dal più Pag. 14piccolo, quello che si riferisce più al drafting formale, fino ad arrivare alle questioni più di sostanza.
  Quanto al drafting formale, mi permetto di raccomandare l'aggiornamento delle circolari sul drafting. Tra l'altro, ebbi occasione di partecipare a suo tempo, in quanto consigliere della Camera, a quelle del 2001, credo che ci sia un forte bisogno di aggiornarle, come hanno fatto recentemente anche le regioni.
  La seconda gamma di rimedi consiste evidentemente nell'adozione dei Testi unici e codici di settore. Qui vedo che qualcosa si muove, per esempio riguardo alla riforma fiscale, e mi pare, nonostante la presenza di un Ministro per la semplificazione normativa, che ancora non tutto sia riconducibile a una regia unitaria, che dovrebbe esserci perlomeno quanto alle modalità di adozione di questi atti e al tipo di innovatività e di margini di intervento con i quali il legislatore delegato ha a che fare.
  Ci sono margini per intervenire ulteriormente in proposito, credo che il disegno di legge di semplificazione vada in questa direzione, ma probabilmente in Parlamento si può fare qualcosa per accentuare il grado di coordinamento di questi interventi.
  Infine, terzo ed ultimo elemento. Credo che la misurazione dell'impatto e la logica del risultato siano sempre più necessari nell'approntamento della legislazione e più in generale delle politiche pubbliche da come funziona l'Unione europea e in particolare proprio da quello che a me pare essere un nuovo metodo di governo, che il Recovery and Resilience Facility, il PNRR, ha delineato e sperimentato e che ora anche la riforma del Patto di stabilità e crescita e, in prospettiva, le politiche di coesione si accingono ad adottare.
  Se la logica è quella dei piani nazionali di performance, con risorse finanziarie che arrivano e vengono versate solo se Pag. 15vengono conseguiti obiettivi in termini di riforme e investimenti, se questo processo dà luogo a un negoziato costante bilaterale tra lo Stato membro interessato e la Commissione europea, e questo negoziato si svolge proprio sui risultati che sono stati negoziati e su come perseguirli, credo che su questo l'amministrazione degli Stati membri, ma anche i centri di produzione normativa, debbano uniformarsi e che quindi questa logica di attenzione all'impatto e al risultato sia una logica inevitabilmente destinata a prevalere.
  Ovviamente, se questi processi vengono partecipati e compresi fino in fondo dalle Camere, credo ci sia ampio margine per fare meglio.
  Concludo indicando la difficoltà di mettere a terra questi rimedi, che non solo da me, ma anche nel corso di questa indagine conoscitiva emergeranno, però credo che la strada non possa non essere quella di un'intensa attività interistituzionale, con il coinvolgimento non solo della Camera e del Senato sotto lo stimolo dei due Comitati, ma anche del Governo – qui, ovviamente, il Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, ma anche il prima citato Dipartimento per la semplificazione normativa –, della Corte costituzionale, che mi sembra aver superato qualche ritrosia che alcuni decenni addietro aveva nell'interloquire con i Comitati per la legislazione (ricordo alcune occasioni in cui la Corte era stata molto prudente nell'avviare forme di confronto, mi sembra invece dalle ultime presidenze che ci sia una volontà di instaurare tavoli e occasioni di confronto) e, ovviamente, della Presidenza della Repubblica, che in tutti questi processi è coinvolta direttamente.
  Ringrazio ancora della vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Lupo.Pag. 16
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA GIORGIS. Grazie, Presidente.
  Intanto voglio ringraziare in maniera sincera, non con un ringraziamento di rito, il professor Lupo, perché, come sempre, le sue considerazioni sono state molto interessanti e penso che saranno utili anche nel prosieguo dei nostri lavori.
  Condivido la sua proposta, il suo suggerimento di provare a imboccare la strada di istruttorie congiunte, quindi di cercare di porre un qualche rimedio a questa ormai quasi consolidata abitudine o comunque modalità di produzione del diritto, che vede una sola Camera chiamata ad esercitare di fatto una qualche forma di prerogativa parlamentare, quindi imboccare la strada di una maggiore condivisione dei lavori parlamentari, a partire dall'istruttoria, credo che sia molto saggio.
  C'è però una questione che probabilmente non ho capito io, perché il collegamento a volte non è ottimale. Mi riferisco al commento che veniva fatto dal professor Lupo in ordine a queste proposte di riforma costituzionale che tendono ad aumentare il numero dei giorni entro i quali deve essere convertito il decreto-legge da 60 a 90 (c'è anche una proposta che arriva a ipotizzare 120 giorni). Può darsi che il collegamento non funzionasse bene, anzi è molto probabile, ma mi è sembrato di intendere da parte del professor Lupo una valutazione non eccessivamente critica, non eccessivamente preoccupata del rischio di trasformare una patologia in una fisiologia, perché aumentare i giorni, a mio avviso, significherebbe alla fine rendere il ricorso alla decretazione d'urgenza una sorta di modalità non solo accettata nei fatti, ma anche formalizzata nella Costituzione. Però – ripeto – penso di non aver bene inteso questo passaggio, perché invece trovo le altre considerazioni molto condivisibili e molto preziose.

Pag. 17

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Giorgis.
  Ringrazio il professor Lupo per le cose molto apprezzabili che ha detto e anche per la considerazione per le iniziative dei Comitati per la legislazione, che abbiamo tentato di fare con un coordinamento che si dimostra via via essenziale.
  Credo che sia giusto annotare che il modello va valorizzato ed esteso.
  È stato detto che le democrazie già risentono di certe difficoltà, ma io penso che esse vadano incentivate sulla qualità della legislazione. Quello che ho potuto osservare nel corso di queste ultime legislature è che c'è una progressiva decadenza della qualità della legislazione. Al di là di come sono scritte, non è solo un problema di drafting, è un problema proprio di qualità dell'impostazione.
  Vorrei che voi notaste che in queste settimane è uscita una polemica sull'uso dei fondi di coesione, però vorrei rilevare il fatto che questa parcellizzazione nell'utilizzo di quei fondi si vede nel passaggio dalla Cassa del Mezzogiorno all'utilizzo successivo con l'ingresso delle regioni, perché la Cassa del Mezzogiorno era uno strumento che operava spingendo verso la grande progettualità, non i piccoli interventi, non la piscina comunale, ma la grande progettualità, più che intercomunale, interprovinciale e interregionale.
  Se io devo fare il risanamento del lago di Garda, devo mettere attorno a un tavolo almeno tre regioni, la Lombardia, il Veneto e il Trentino. Parlo di un'opera che nel periodo in cui mi occupavo di questo fu fatta con questa azione.
  Il richiamo alla programmazione è quindi un richiamo alla qualità della legislazione nel suo complesso. Se noi ci occupiamo del bacino idrico del Po, non possiamo non mettere attorno a un tavolo tutte le regioni che sono bagnate da questo fiume, quindi le conseguenze sul terreno dello sfruttamento del Pag. 18fiume, dello sfruttamento delle acque, del bacino idrografico, diventano un fatto strutturale che si tiene insieme.
  Qualcosa sta venendo meno, secondo me, accanto a questo eccesso di legislazione d'urgenza, la cui urgenza non è sempre dimostrabile. E questo è un elemento negativo, perché, se la prassi è che ogni Consiglio dei ministri deve concludersi con l'annuncio di un decreto-legge, c'è qualcosa che non funziona, perché non è vero che nell'attesa complessiva del Paese si aspetta che arrivi un decreto-legge, si aspetta piuttosto che attorno ai grandi temi, che sono macrosettoriali, ci sia un dibattito coinvolgente, serio, profondo. Allora succede che, se noi questi temi li mettiamo uno accanto all'altro, il monocameralismo alternato, il voto di fiducia con il maxiemendamento, che nega tra l'altro l'articolo 72, che impone il voto articolo per articolo, tutti insieme fanno cadere le prerogative dei parlamentari. Possono essere di maggioranza o di minoranza, se c'è passione parlamentare io cerco di difendere quelli che sono le ragioni del mio ruolo, non ho un problema perché sono di minoranza oggi o perché sono stato in maggioranza ieri, non cambia. La sostanza è che invece c'è la parcellizzazione delle iniziative legislative.
  Nei prossimi giorni ci occuperemo di un'operazione che tende a definire un elenco di teatri storici dichiarati per legge monumento nazionale. Siccome sono pratico di queste cose, credo che quell'elenco diventerà interminabile, e la conseguenza pratica mi sembra che sia la stessa che si è avuta con la «licealizzazione» dell'università. Siccome ho fatto una battaglia nella mia provincia contro l'Università a Mantova, a suo tempo, perché ritenevo che l'Università non potesse essere in ogni città, semplicemente questo, una cosa molto semplice, non complessa, so che il risultato pratico di questo fenomeno, se noi guardiamo indietro alla storia delle Università nel nostro Paese Pag. 19e le guardiamo oggi, vediamo che i centri di eccellenza si sono ridotti, perché attorno non c'è l'eccellenza e quando guardiamo le graduatorie internazionali vediamo che i nostri centri di eccellenza si sono ridotti all'osso.
  Il problema è di investire sui centri di eccellenza, ma per questo bisogna evitare che ci sia la parcellizzazione. Vorrò vedere quindi se qualche teatro resterà fuori, perché saranno tutti considerati monumenti storici. Siccome non ci credo, perché non è così, se si fa questo vuol dire che noi stiamo facendo una legislazione in negativo, non in positivo. Il Regio di Parma è il Regio di Parma, ma non è in ogni città, perché Verdi è nato solo lì. Poi ci saranno altre città, però bisogna andare alla sostanza della questione. Non sono di Parma, ho solo studiato a Parma, ma so che il loggione era già un monumento nazionale, quando si andava là i cantanti che facevano lirica dovevano stare molto attenti, perché il giudizio sarebbe stato immediato.
  Sulla questione dell'aumento da 60 a 90 giorni del termine di conversione dei decreti-legge io sono molto critico e penso che si corra il rischio di legittimare una procedura che diventa normale, per cui non solo si supererà l'urgenza, ma si definirà che quello è il modo normale con cui si procede, e questo è sbagliato.
  Concordo con il professore a proposito dell'ambito di competenza delle Commissioni permanenti, e anche qui c'è un elemento negativo. Abbiamo dato vita in questa legislatura, ma anche nelle ultime due, ad una serie di Commissioni di inchiesta che gridano vendetta. Il problema è che non solo bisognerebbe far funzionare quelle ordinarie, ma bisognerebbe anche andare verso una ridefinizione delle competenze, cioè bilancio e finanze si fa fatica a vedere che possono essere due Commissioni che operano, e si può fare la verifica su ognuna di queste, e si Pag. 20vedrà quante hanno bisogno di essere accorpate per dar vita a quell'idea di programmazione, tant'è che quando si facevano le Commissioni speciali all'inizio della legislatura, perché c'era un problema di coordinamento che si imponeva sul resto, già si vedeva qual era la materia che andava affrontata.
  C'è poi un altro elemento che fa parte della mia esperienza parlamentare, che è la semplificazione della legislazione in materia di interventi di ricostruzione del territorio.
  Di fronte all'emergenza dei terremoti, delle alluvioni, delle frane, del dissesto idrogeologico, cosa è intervenuto nel frattempo? Che c'è una legislazione che opera con decreti in deroga, quindi la funzione commissariale o quella delle regioni di volta in volta o anche quella del Governo centrale opera non sulla base dell'esperienza. Si dice che l'Italia è uno dei Paesi che hanno la protezione civile tra le più avanzate, ma anche sulla ricostruzione c'è già una serie di esperienze che dicono che dovremmo fare delle leggi quadro in materia di ricostruzione.
  Dopodiché, se c'è un'eccezione da fare, si può fare anche una cosa in deroga, ma non è che non siamo in condizione di fare un'operazione che faccia tesoro delle esperienze dei terremoti, del dissesto idrogeologico, delle alluvioni, delle frane: si può fare.
  Il richiamo è ad un salto di qualità. Se il Governo vuol fare solo decreti-legge, vuol dire che non si vuole occupare di un'attività programmatoria, perché basterebbe dar vita ad un disegno di legge, e che, a proposito del coordinamento tra Camera e Senato, nella revisione dei regolamenti si metta la data certa. Se vuoi che la cosa vada in porto, deve andare in porto secondo una procedura parlamentare normale, non deve essere accentuata dalla finta radicalità dell'urgenza.
  Questo è il problema che vediamo e convivere con questo è diventato sempre più difficile, quindi serve una regia unitaria, Pag. 21circolari sul drafting. Poi si possono fare, come ha detto il professore, anche delle istruttorie congiunte, però occorre un cambio di mentalità radicale, perché oggi il congiunto è dovuto al fatto che ogni singolo partito cerca di far parlare i senatori con i deputati, ma non può funzionare così, cioè è una cosa lasciata alla capacità organizzativa dei singoli soggetti, i quali non sono più dei fenomeni, perché questi partiti sembrano il participio passato di partire.
  I partiti che abbiamo conosciuto nella Prima Repubblica erano partiti insediati dentro la dimensione popolare, al punto che avevamo tra gli 8 e i 10 milioni iscritti, numeri che ora ci sogniamo.
  Se devo coordinare delle cose sulla base del volontarismo, non funziona, invece c'è l'esigenza che la Camera o il Senato, di fronte al monocameralismo alternato, siano ugualmente coinvolti nell'esame di testi di così rilevante importanza. Questo oggi non avviene, ed è avvenuto addirittura con l'ultima legge di bilancio la lettura conclusiva è arrivata il 27 dicembre, e questo non va bene. Non è un problema di chi c'è oggi al Governo, è un problema di: «se lo avete fatto voi, lo facciamo anche noi» e viceversa, ma è un discorso che porta a chiudere il Parlamento. Siccome viviamo una fase anche difficile, per cui, come ha detto anche il professore, le democrazie non godono di grande salute e devono misurarsi con le autocrazie, con l'88 per cento, con l'esercito che va a prendere le persone e le recluta, ed entra in cabina, ed è chiaro che questi non si possono considerare esempi, dobbiamo fare attenzione.
  Sono grato a lei, professore, e ai suoi colleghi che sono intervenuti. Io mi sono impegnato molto in questa indagine, perché mi è venuto in mente che quando, nel 2001, ho fatto il presidente della Commissione attività produttive, ho portato a termine, con l'entusiasmo della Commissione, tre indagini conoscitivePag. 22 che erano strutturali. Una era sull'energia, l'altra su FIAT e automotive, la terza sul rapporto tra banca e impresa, tant'è che poi è venuto fuori addirittura il caso di Fazio nell'estate successiva, perché avevamo messo nel mirino queste banche e questi signori che credevano di dare il gioco delle carte, con l'idea che la politica arrivasse dopo l'economia. No, la politica deve arrivare prima, e anche questi signori devono sedersi al tavolo sapendo stare al tavolo.
  Si poteva fare con una Commissione ordinaria, non era una cosa impossibile, solo che era animata da un sentimento positivo. Io non potrò concludere questa indagine perché il mio mandato scadrà prima, però, secondo me, abbiamo innescato un processo che sta attirando l'attenzione della stampa e potranno scrivere, ancora di più nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, per cui questo problema diventa centrale per lo sviluppo della democrazia italiana. Se ci piace è così, se non ci piace vuol dire che non vogliamo bene al nostro Paese e andiamo incontro a giorni molto brutti.
  Do la parola al collega Colucci.

  ALFONSO COLUCCI. Grazie, Presidente.
  Desidero innanzitutto ringraziare il professor Lupo per la sua illustrazione assolutamente limpida e chiara.
  Indubbiamente oggi sembra che il decisionismo prevalga sulla qualità delle decisioni, e questo probabilmente si accompagna all'idea che l'offerta politica sia l'offerta di un prodotto, più che l'offerta di una visione, non vorrei dire ideologica, ma quantomeno strategica del futuro di un Paese.
  Questo trova la sua dimostrazione nell'assoluta volatilità del voto, che ci dice esattamente, a mio avviso, come prevalga l'emozione del momento, la vendita commerciale di uno o più slogan rispetto a una vera e propria ideologia. Questo non può che tradursi nella qualità della produzione normativa, che non Pag. 23è solo qualità di contenuto, ma anche qualità delle forme con cui viene posta in essere.
  Questo è forse il vero nucleo costituzionale, che studiosi come lei, come noi sperano di poter risolvere con interventi normativi sulla Costituzione o sui regolamenti parlamentari, ma che probabilmente hanno un nucleo ancora più profondo, che è un nucleo culturale, per non dire ancor prima che culturale, etico.
  Mi consenta, professore, non per esercitare alcuna funzione critica sul suo intervento, ma proprio come advocatus diaboli, di sottoporre in un dibattito che vuole essere assolutamente franco e rispettoso alcune delle sue osservazioni ad un giudizio critico, per consentirle di rafforzare queste sue osservazioni.
  Io sono dubbioso, professore, sul fatto che norme regolamentari possano costituire, sia pure nella forma di allegato, un elemento o parte integrante di un testo normativo, e questo sia per un problema di fonti del diritto (credo che anche la purezza e il rispetto delle fonti abbia un suo significato, noi crediamo che la forma sia sostanza, soprattutto quando si tratta di produzione normativa), sia anche perché questo irrigidisce il testo normativo e contrasta con l'obiettivo progressivo di delegificazione, sul quale il Parlamento ma anche i giuristi discutono ormai da tantissimi anni, e probabilmente impedisce controlli e verifiche da parte degli organismi come il Consiglio di Stato, che spesso sono chiamati ad intervenire sugli atti regolamentari, ma che non esprimono un parere sui decreti-legge o sugli atti normativi diretti. Volevo chiederle quindi un approfondimento critico su questo.
  Sul tema dell'audizione congiunta lei giustamente dice che si potrebbe pensare che la fase istruttoria possa essere congiunta, ma prima di tutto le audizioni che vengono impiegate in un ramo del Parlamento non sono necessariamente utilizzabili Pag. 24nell'altro, perché il testo viene modificato e di conseguenza, se dobbiamo fare un esame approfondito, come è doveroso, credo che su un testo modificato le audizioni debbano essere riviste, riesperite, proprio perché le modifiche al testo normativo possono comportare un quadro, non necessariamente sono modifiche di dettaglio.
  D'altra parte, qualora noi escludessimo che il secondo ramo del Parlamento facesse un'istruttoria approfondita sul testo quale viene trasmesso dal primo, attueremmo un vero e proprio monocameralismo. Sarei perplesso su una revisione costituzionale piena, che a questo punto riveda assolutamente il bicameralismo.
  La soluzione potrebbe essere – è una domanda, professore – pensare che su determinati provvedimenti si possa davvero deliberare in seduta comune, anche se questa soluzione poi comporta un problema di rappresentatività del Senato, che verrebbe ad essere inevitabilmente alleggerita, annacquata rispetto alla rappresentatività della Camera.
  Sul prolungamento (su questo mi riporto alle osservazioni fatte dal presidente Tabacci) a 90 giorni dei tempi di efficacia del decreto-legge prima della sua decadenza in caso di mancata conversione, mi sembrerebbe davvero di dare una licenza di commettere il reato, e probabilmente verrebbe ad amplificare il contenuto e le caratteristiche del problema piuttosto che a risolverlo.
  Né ravviso, professore, nella mole degli emendamenti, il problema davvero consustanziale e la difficoltà di deliberare da parte delle Camere, e le faccio l'esempio del decreto-legge che abbiamo esaminato proprio prima di questa audizione nel Comitato per la legislazione. Il presidente senatore Giorgis lo conosce bene, perché ha impegnato lungamente non solo la 1° Pag. 25Commissione del Senato, di cui lui fa parte, ma anche l'Aula. Parlo del decreto cosiddetto «Elezioni».
  Questo decreto Elezioni è stato approvato dal Governo il 29 gennaio 2024, ha avuto la sua trattazione in Senato, che l'ha trasmesso alla Camera – pensi, professore – il 15 marzo, venerdì scorso. Oggi, lunedì, primo giorno utile, alle ore 19.00, in Commissione affari costituzionali della Camera faremo la discussione generale, e domattina alle 9.30, caro professore, questi emendamenti – li ho appena ritirati dall'ufficio tipografico, un fascicoletto con una quarantina di emendamenti – verranno discussi e questo provvedimento andrà in Aula già domani pomeriggio per la discussione generale.
  Qui il problema davvero è che è evidente che la nostra è una ratifica esclusivamente formale del provvedimento. Dai miei calcoli, professore, io mi sono chiesto se il Governo apporrà la mozione di fiducia su questo decreto-legge, probabilmente no, ma sa perché? Perché apporre la questione di fiducia potrebbe voler dire far slittare l'esame del provvedimento e con questo di tanti altri provvedimenti che hanno pari urgenza. Di conseguenza, paradossalmente, sarà forse preferibile per la maggioranza non apporre la questione di fiducia.
  Nel ringraziarla davvero di cuore per le sue chiarissime notazioni, professore, la pregherei di rafforzare le sue argomentazioni, visto il mio tentativo, forse maldestro e atecnico, di conferire argomenti a contrariis. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola al professor Lupo per alcune considerazioni conclusive.

  NICOLA LUPO, ordinario di diritto delle Assemblee elettive dell'Università LUISS di Roma. Grazie, presidente, e grazie davvero di cuore per le domande. Sono molto onorato, ovviamente,Pag. 26 di poterne parlare, ancorché sinteticamente, quest'oggi, ma sono sicuro che non mancheranno altre occasioni per parlarne in modo anche più approfondito e mi riservo di rifinire la mia memoria, in modo da provare a tener conto di qualcuna delle tante cose che sono state dette.
  Comincio dal presidente Giorgis, che ha toccato il tema che poi è stato oggetto anche di obiezione da parte del presidente Tabacci e dell'onorevole Colucci, e provo a spiegarmi meglio, perché effettivamente sono stato rapido e contraddittorio nell'esposizione iniziale sulla revisione dell'articolo 77 della Costituzione.
  Mi esprimo chiaramente nel senso di dire che concordo assolutamente con le obiezioni che avevo attribuito al presidente Amato, ma che avete argomentato tutti e tre in proposito: è una legittimazione dell'esistente, quindi il mio approccio non può che essere contrario da studioso alla legittimazione di una prassi che mi pare essere in contrasto non solo con la lettera dell'articolo 77, ma con il sistema nel suo complesso.
  Tuttavia, provavo a trovare del buono in qualche misura e a ragionare sul fatto che, se a un moderato allungamento dei tempi come quello lì previsto si abbinassero, nel corpo della medesima revisione costituzionale, misure volte a impedire la posizione della questione di fiducia su un maxiemendamento in sede di conversione dei decreti-legge, e con norma costituzionale si può fare con molta facilità un'istruttoria congiunta dei disegni di legge di conversione presso i due rami del Parlamento, forse a quel punto quel tentativo di razionalizzazione del procedimento, prendendo atto di una prassi indubbiamente non in linea con il dettato originale dell'articolo 77 oggi vigente, poteva forse essere uno strumento di intervento.
  Questo era il mio tipo di ragionamento, abbozzato, contraddittorio al suo interno (lo sto riconoscendo anch'io), ma volto in Pag. 27qualche misura a dire che se bisogna prendere atto di una prassi che è andata in quella direzione, lo si faccia però allora non solo con un allungamento del termine, che in quanto tale mi pare poco sostenibile, ma con un ripensamento della procedura di conversione.
  Provo a rispondere al cenno che faceva l'onorevole Colucci alla prassi di oggi del decreto-legge. È chiaro che è un assetto non soddisfacente quello che ci ha appena descritto, ma se deve restare il fatto che la seconda lettura deve essere blindata, cosa discutibile, lasciandola come tale, allora prevediamo che in quei 45 giorni che il Senato si è preso per esaminare il decreto-legge, ci sia anche un intervento della Camera, che poi dovrà ratificarne a valle la conversione con modifiche cospicue, quali quelle che sono state inserite in Senato in questo decreto-legge.
  Anche sul tema delle audizioni, è vero, il testo cambia, ma allora perché non avviarle insieme e non avvalersi dell'expertise in corso di provvedimento? Cercherei di costruire il procedimento in modo diverso rispetto all'assetto attuale, che mi sembra essere effettivamente poco soddisfacente.
  Sempre rispetto all'onorevole Colucci, che ha sollevato temi grossi, sul Codice degli appalti e in particolare sul sistema delle fonti, sono pienamente d'accordo sul fatto che vadano preservati i principi, e mi ponevo il problema in questa logica. Ho dedicato parecchi studi al fenomeno della delegificazione, e il fenomeno della delegificazione che ho condiviso era volto a dire: facciamo le cose con una fonte più flessibile, delegifichiamo in favore di regolamenti che si possono modificare più semplicemente.
  Oggi questo assunto non tiene più, perché i regolamenti si modificano decisamente con maggiori difficoltà di quanto non si modifichi una legge, quindi troviamo una way out, una soluzione, o acceleriamo il procedimento parlamentare stabilendoPag. 28 che il procedimento di formazione dei regolamenti deve esprimersi in 15 giorni tassativamente, o qualcosa di questo genere (se non sono 15, altri 10, quindi 25), e anche il sistema delle Conferenze mentre con il decreto-legge prende atto normalmente a valle di quello che succede, quando è un disegno di legge lo può tenere parecchio tempo al proprio esame.
  C'è un'esigenza di far corrispondere i nomi alle cose, e indubbiamente quello che citavo del Codice appalti è uno stratagemma, che ha conseguito il suo obiettivo essenziale, quello di attuare il PNRR tempestivamente. Quello che invitavo a fare, anche da studioso, anche la mia categoria, è di guardare con attenzione, anche sul piano del sistema delle fonti, a questo fenomeno, vederne lati positivi e lati negativi, al fine di valutare se estenderlo, magari con i dovuti correttivi.
  Per citare un elemento che ho cercato di mettere in rilievo quando ho avuto un minimo di voce in capitolo, è evidente che la prima volta che si modifica l'allegato al Codice degli appalti con DPCM, DPR o con Regolamento, va integralmente sostituito, e non si può esattamente farlo con interventi frammentari, perché altrimenti la natura di quell'atto diventerà incerta. Sono molto curioso di vedere se questo viene rispettato, spero di sì, perché altrimenti andiamo incontro a complicazioni ulteriori.
  Se così avvenisse, dovremmo prendere atto che quel tipo di tecnica di legislazione è un po' come è accaduto per i famigerati testi unici misti, che si adottavano con regolamento e poi con testo unico misto che conteneva le disposizioni con la L e con la R, è una tecnica che non funziona o che ha più svantaggi di quanti vantaggi possa comportare.
  Credo che il tema ci sia e quindi che i Comitati per la legislazione facciano bene a riflettere su questo.Pag. 29
  Per quanto riguarda l'istruttoria legislativa non è che avessi idee ben precise e forti in proposito, d'altro canto audizioni congiunte si fanno sul DEF, sul DDL di bilancio, quindi ci sono buoni precedenti da sviluppare.
  Mi avvicino alle ultime sollecitazioni che il presidente Tabacci mi faceva e lo ringrazio di cuore delle tante osservazioni che ha fatto, che condivido nella loro totalità.
  Ben ricordo le sue indagini conoscitive da presidente della Commissione attività produttive, perché ero in veste di consigliere qui alla Camera, quindi erano un modello che cercavamo di seguire anche in altre Commissioni, ne percepivamo la rilevanza.
  Effettivamente il rischio è quello che ho chiamato, con formula un po' forte, «dell'inseguimento del peggior precedente», e questo nelle sessioni di bilancio emerge abbastanza chiaramente: tu hai fatto così, allora io faccio così e ci aggiungo qualcosina, giacché ci sono. Invece bisogna provare a mettere antidoti che consentano di impedire questa degenerazione della prassi, che diventa poi inarrestabile.
  In questo il meccanismo delle istruttorie congiunte affidate ai partiti su base volontaria non funziona, emergono anche i limiti del sistema partitico, in cui nella mancanza di strategia, che evidenziavate, c'è anche una mancanza di intermediazione con la Cassa per il Mezzogiorno, per riprendere l'esempio del presidente Tabacci, cioè la capacità della classe politica di avere sedi in cui si definisce la strategia. Se invece la classe politica non ha queste sedi, finisce per essere schiacciata sull'interesse contingente, che chiede questa o quella misura, rispetto alla quale non si ha neanche la forza di dire sì o no, perché non c'è il quadro complessivo.
  L'ultima cosa che mi permetto di dire, dopo aver perfettamente sottoscritto quanto detto sui maxiemendamenti dal presidentePag. 30 Tabacci, è sulla moltiplicazione delle Commissioni d'inchiesta, che è un'altra dimostrazione di come le stesse strutture parlamentari siano viste per esigenze contingenti di collocazione e moltiplicazione degli incarichi politici, anziché ragionare sul fatto che ci possano essere Commissioni d'inchiesta che possono essere paradossalmente composte da un parlamentare per Gruppo, magari con voto ponderato, invece si sovraccaricano soprattutto i senatori di molteplicità di sedi. Vedo senatori che sono in 8-9 organi collegiali contemporaneamente, mi domando con quale possibilità di intervento effettivo da parte del singolo, ma anche come concezione del loro ruolo, cioè il senatore in una legislatura può fare tre o quattro cose fatte bene, come missioni di fondo, se ne deve fare cinquanta rischia di non essere neanche identificabile come soggetto attivo su certe tematiche. Quindi sottoscrivo tutto questo.
  Concluderei sull'esigenza di programmazione che, secondo me, con questo nuovo metodo di Governo che in sede europea si sta affermando, è agevolata, perché abbiamo strumenti di medio termine, di medio periodo, il PNRR, i nuovi piani di rientro per la finanza pubblica, che appunto si chiamano piani di medio termine non a caso. Tuttavia, qui devo raccontare anche una mia disillusione, cioè di quando, studiato il PNRR, visto che il PNRR parlava spesso di deleghe legislative, di leggi annuali, ho valutato che a questo punto, visto che Camera, Senato e anche il Governo hanno un orizzonte di cinque anni per programmare l'attività legislativa, dovrebbero diminuire i decreti-legge, perché non sono esigenze straordinarie di necessità ed urgenza, sappiamo già che il Codice degli appalti andava fatto dopo due anni, sappiamo già che la normativa sulle guide turistiche va fatta entro giugno 2024, se non sbaglio, e così via.
  La prassi invece ci ha detto il contrario, cioè la prassi ci ha detto che gran parte degli obiettivi PNRR, accanto ad alcune Pag. 31leggi delega, sono stati conseguiti attraverso decreti PNRR contenenti – come sapete bene perché avete espresso parere da poco su questo decreto-legge – norme variegate, concordate e negoziate con la Commissione, per giunta assestate in sede di conversione, quindi lo strumento si è prestato molto bene a questo tipo di logica.
  Bisogna fare uno sforzo aggiuntivo, non basta neanche avere un programma, bisogna avere la capacità di metterlo in piedi per la parte nazionale e di mettere in piedi strumentazione che non sia troppo orientata al contingente, altrimenti le prassi finiscono per confermarsi o persino per peggiorare.
  Vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Grazie, professore.
  Fra l'altro, i due Comitati sono arrivati ad impostare, d'accordo con il presidente Giorgis, questi lavori al lunedì, perché ci sia lo spazio per discutere. Ma secondo lei nelle altre Commissioni ordinarie si fanno operazioni di questa natura? No. Si dice «lei ha cinque minuti di tempo per illustrare la cosa». È vero, si fa fatica a venire di lunedì, però è inutile girare il can per l'aia, questa indagine conoscitiva sta raggiungendo qualche risultato perché ci sono dei signori che sono venuti qui, si sono resi disponibili e hanno fatto dei discorsi complessi, perché la materia è complessa, non si può fare in una curva stretta.
  Se andate a vedere le relazioni, questa di oggi del professor Lupo è in continuità con una linea che viene fin dalla prima audizione. Abbiamo sentito argomentazioni anche di natura diversa, ma le questioni sono venute fuori con tutta la loro forza, quindi c'è bisogno anche di un metodo di lavoro, non si può pensare che su questi argomenti si vada via con una curva stretta, sono cose molto delicate, su cui si gioca la qualità del Parlamento, la qualità del lavoro parlamentare e la qualità della Pag. 32nostra democrazia. È inutile che ci giriamo troppo attorno, le cose stanno così.
  Sono grato al professor Lupo, gli chiedo di mettere «in pulito» anche le osservazioni che erano contenute nella prima relazione, integrandole con quelle della sua replica, alla luce anche delle osservazioni che sono venute, perché penso che questi documenti, alla fine, saranno uno strumento molto importante per arrivare al documento conclusivo.
  Il documento conclusivo, secondo me, può contenere delle proposte anche organizzative rispetto ai due Comitati che congiuntamente possono diventare la Commissione bicamerale per la semplificazione. Anche quello dovrebbe essere un organismo non sulla base delle maggioranze o delle minoranze, ma di garanzia, perché la qualità della legislazione è un problema di garanzia.
  Se facciamo delle leggi negative non curiamo l'interesse del Paese, poi possiamo inventarci tutte le cose che vogliamo, ma è così.
  Grazie ancora, professor Lupo, e grazie al presidente Giorgis e ai colleghi che sono intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.50.