XIX Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Giovedì 18 gennaio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELLA MEDICINA DELL'EMERGENZA-URGENZA E DEI PRONTO SOCCORSO IN ITALIA

Audizione, in videoconferenza, di Francesco Lisanti, direttore del pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza; Alberto Arrighini, direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia; Gianpietro Briola, responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda.
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 3 
Lisanti Francesco , direttore del pronto soccorso dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza ... 3 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 5 
Arrighini Alberto , direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia ... 5 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 6 
Briola Gianpietro , responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda ... 6 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 9 
Briola Gianpietro , responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda ... 10 
Lisanti Francesco , direttore del pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza ... 10 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 10 
Arrighini Alberto , direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia ... 10 
Ciocchetti Luciano , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCIANO CIOCCHETTI

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di Francesco Lisanti, direttore del pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza; Alberto Arrighini, direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia; Gianpietro Briola, responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda.

  PRESIDENTE. La Commissione prosegue le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza urgenza dei pronto soccorso in Italia. Partecipano all'audizione odierna il professor Francesco Lisanti, direttore del pronto soccorso dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, il professore Alberto Arrighini direttore del Pronto Soccorso pediatrico dell'ASST Spedali Civili di Brescia, il professor Gianpietro Briola responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio ASST del Garda.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione in videoconferenza sia ai deputati che ai soggetti auditi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per Regolamento.
  Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione, ricordo che allo svolgimento di ciascuna relazione, da contenere entro dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati alle quali seguirà la replica dei soggetti auditi.
  La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione Geo Camera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do quindi la parola al professor Francesco Lisanti.

  FRANCESCO LISANTI, direttore del pronto soccorso dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza. Come sappiamo le raccomandazioni ministeriali nel 2019 hanno suddiviso le motivazioni del sovraffollamento in tre periodi. Io mi sento di dire che purtroppo c'è una centralizzazione del problema sempre sugli ospedali e ritengo però, dopo trent'anni di pronto soccorso, che il problema è prevalentemente territoriale. Le cause del sovraffollamento legate soprattutto all'input, quindi la prima fase, sono diverse, sono conosciute. Io ritengo, per la mia realtà locale, che ci sia anche un problema di cultura e di educazione sociale, perciò mi aspetto una campagna di informazione sociale, un'applicazione anche di tariffe sui ticket che siano superiori a quelle pagate dal cittadino che invece prenota regolarmente molte prestazioni per cui, invece, altri si presentano, per una ineducazione, in pronto soccorso.
  Uno dei problemi maggiori è poi la mancata presa in carico dei pazienti da parte dei medici di famiglia. C'è una grossa carenza, questo lo sappiamo, e anche un mancato filtro (soprattutto nei prefestivi e nei notturni) da parte di chi sostituisce la medicina generale e quindi i medici in continuità assistenziale.Pag. 4
  Ritengo che il convenzionamento non sia l'arma per responsabilizzare nel modo opportuno la medicina territoriale, sarebbe necessaria l'applicazione del contratto di lavoro come lo abbiamo noi ospedalieri, con dei luoghi di lavoro e degli orari stabiliti dal sistema sanitario nazionale. Lo dico con molta tranquillità: penso che un medico di pronto soccorso nel giro di un giorno e mezzo lavora le ore che lavora il medico di famiglia in una settimana. Ma soprattutto mi chiedo come mai non è possibile fare entrare in flussi ministeriali (dove ormai mettiamo di tutto) anche le richieste, spesso telefoniche, della medicina territoriale che passano in pronto soccorso. Sarebbe necessario avere una modulistica, cioè una documentazione relativa al medico che suggerisce l'accesso al pronto soccorso.
  Il problema di triage telefonico. Nelle centrali operative del 118 (io parlo per esperienze locali, ho lavorato in regione Campania oltre che in regione Basilicata) c'è evidentemente un atteggiamento difensivo da parte del triage telefonico, c'è una grandissima carenza di medici per quanto riguarda gli equipaggi del 118, per cui sarebbe auspicabile che l'equipaggio, oggi composto da autisti ed infermieri, in particolar modo naturalmente di infermieri, avesse un potere decisionale e un'autonomia gestionale maggiore in contatto con la centrale operativa.
  C'è un problema, che rappresenta in questa fase di picco influenzale il fattore maggiore per il sovraffollamento, legato all'invecchiamento della popolazione, alle comorbilità, di pazienti cronici; nel Meridione, abbiamo poche strutture, pochi ospedali territoriali a bassa intensità di cura. Spesso i pazienti non possono essere gestiti a livello domiciliare per cui, senza alcun upgrade, giungono direttamente in pronto soccorso.
  Poi è evidente che ci sono delle difficoltà anche all'interno delle strutture ospedaliere. Non voglio che siano ignorate le responsabilità delle strutture ospedaliere per i problemi del sovraffollamento oppure del boarding e di tutto quello che riguarda i grandi pronto soccorso come il nostro. Suppongo che questa modalità di reperimento dei medici per il pronto soccorso, che capisco sia una necessità, cioè di medici non formati, crei ulteriori problemi. Nel senso che il medico che non ha esperienza e non ha capacità di gestione, quindi non ha una formazione adeguata per l'emergenza urgenza, crea una difficoltà sia per i ricoveri impropri che vengono eseguiti, sia, a volte, anche per dimissioni improprie.
  A noi direttori avere in équipe medici che non hanno competenze specifiche crea un ulteriore stress lavorativo; quando hai un pronto soccorso con 200 accessi al giorno e devi controllarli tutti non è una cosa molto semplice. Quindi mancano i medici di pronto soccorso, ma quelli che vengono in pronto soccorso ritengo debbano avere una formazione adeguata.
  Sappiamo che purtroppo l'Italia è il fanalino di coda a livello europeo a causa della riduzione del numero dei posti letto negli ultimi trent'anni nonostante l'età media si sia alzata e quindi, ripeto, i pazienti cronici con frequenti riacutizzazioni siano aumentati. Bisognerebbe aumentare almeno i posti letto del Geriatrico e deospitalizzare sul territorio, sempre verso quelle strutture intermedie territoriali di cui parlavo prima, molte forme di ricovero che sinceramente oggi, nel 2024, avere in ospedale per acuti secondo me è fuori luogo.
  Ci sono poi le criticità in uscita dal pronto soccorso: sempre lo stesso problema delle strutture territoriali. La Basilicata ha pochissime RSA, pochissime lungodegenze e questo crea tantissimi problemi anche ai colleghi dei reparti dove abbiamo l'emergenza ordinaria, perché dimettere pazienti che non sono più pazienti dell'ospedale (per acuti) ma nello stesso momento non sono pazienti facilmente gestibili a casa dalle famiglie – anche perché spesso i servizi territoriali non sono adeguatamente organizzati – porta a pensare che delle strutture intermedie gestite dagli stessi medici di famiglia, dai medici di continuità assistenziale, potrebbero essere d'aiuto.
  L'ultimo punto è quello legato alla scarsa qualità delle cure territoriali in alcune regioni del nostro Paese. Anche qui, io non Pag. 5mi nascondo dietro un dito; spesso la medicina territoriale è gestita da burocrati, da colleghi che in effetti non visitano, non conoscono i pazienti. Penso che una medicina territoriale che deve assistere i pazienti presso il loro domicilio vada gestita secondo procedure, percorsi e linee guida redatte dai direttori di strutture di medicina interna, di pronto soccorso e di medicina di urgenza.
  Come vedete sono stato molto sintetico e spero esaustivo.

  PRESIDENTE. Grazie dottor Lisanti, anche per la sua nettezza. Do adesso la parola al dottor Alberto Arrighini. Prego.

  ALBERTO ARRIGHINI, direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia. Grazie presidente. Ringrazio la Commissione per l'occasione che mi è data di portare la mia esperienza che è un po' particolare, perché in questo caso io parlo di utenza pediatrica. Il pronto soccorso pediatrico di Brescia è il primo pronto soccorso per accessi della regione Lombardia, con quasi 40 mila accessi.
  Io vorrei mettere alla vostra attenzione alcuni punti. Il primo, che noi viviamo magari di striscio, è quello che in questo momento nel nostro Paese c'è una carenza di pediatri soprattutto nelle strutture periferiche. Si fa fatica a reclutare personale specialistico perché voi sapete che in Italia c'è la parallela rete, molto efficiente ed efficace ma ahimè che fa concorrenza, della pediatria di famiglia. Il personale e gli specialisti in pediatria sono per la maggior parte donne e per l'organizzazione familiare comunque rimane meno complicato lavorare sul territorio che lavorare in ospedale coi turni e le notti. Per fortuna da tre anni a questa parte il numero di accessi alla Scuola di specializzazione in pediatria è significativamente aumentato, ma credo ancora per 2-3 anni vivremo una situazione di grave carenza e mi associo alle proposte formulate dalla società scientifica. Ad esempio quella di obbligare in qualche modo i neo specialisti – che possono scegliere attualmente se stare sul territorio o rimanere in ospedale – a dedicare parte della loro attività a quella ospedaliera. Altrimenti ci continueremo a trovare per un po' di anni colleghi, più o meno della mia età, che già in posizione di apicalità (quindi da primari) devono fare otto, nove, dieci notti al mese.
  Come secondo punto, è necessario che questa rete di cui tanto si parla tra ospedali di riferimento e ospedali periferici, funzioni veramente in modo da consentire agli ospedali periferici di trasferire facilmente nell'ospedale di riferimento i bambini più complessi, i bambini in condizione di criticità, rendendo altrettanto facile rimandare alle pediatrie periferiche, questi bimbi quando hanno superato la fase di criticità. Per fare questo però è necessario che sia efficiente ed efficace un sistema di trasporto protetto.
  Voi sapete che ormai è consolidato, con ancora qualche situazione di difficoltà nel nostro Paese, il trasporto protetto del neonato. Questo non lo è altrettanto per il bambino critico perché purtroppo le risorse a questo destinate sono sempre insufficienti. Ritengo che una rete efficace di trasporto anche del bambino critico potrebbe favorire questo effettivo scambio tra ospedali periferici e ospedali di riferimento.
  Anche noi, ancor più dei pronto soccorso generali, assistiamo a una elevata inappropriatezza degli accessi. Ma possiamo immaginare il perché: il pronto Soccorso è aperto H24 sette giorni su sette e i genitori sanno che lì un medico lo trovano comunque senza dover prendere l'appuntamento. Solo che in età pediatrica questa inappropriatezza è ancora più elevata. Vi dico che al nostro pronto soccorso, la vigilia di Natale dell'anno appena finito, abbiamo avuto quasi 200 accessi. Io sono oltre vent'anni che lavoro in pronto soccorso e voi sapete che uno dei problemi all'attenzione nostra è il calo demografico. Ebbene, noi non ce ne siamo accorti, io non ho mai visto in oltre vent'anni di lavoro in pronto soccorso, tanti accessi in un solo giorno. A conferma che, in qualche modo, c'è qualcosa che ancora non funziona, la preoccupazione dei genitori è dovuta per la maggior parte da sindromi influenzali. Noi Pag. 6abbiamo avuto il picco dell'influenza un pochino prima rispetto al pronto soccorso degli adulti e i giorni di Natale sono stati giorni incredibili. Se tenete conto che a Brescia, in città, c'è un altro pronto soccorso di un ospedale privato accreditato che ha avuto anche quello quasi il nostro stesso numero di accessi, ciò vi dà l'idea di come la paura, il timore della febbre, della malattia, il bambino che possa aggravarsi, non riesce a sfuggire dai genitori di oggi.
  Come ridurre gli accessi inappropriati? Si potrebbe rinforzare il territorio, ma è un provvedimento che temo non possa essere preso dal punto di vista politico. Quindi l'unico effettivo, efficace provvedimento sarebbe quello, ahimè, di far pagare un ticket anche simbolico per dare l'idea che il pronto soccorso è una struttura preziosa e non possiamo usarlo quando non serve, altrimenti rischiamo che i bambini che ne hanno davvero bisogno perdano tempo e non vengano visitati in maniera appropriata.
  Un ulteriore punto che vorrei porre alla vostra attenzione è l'aumento esponenziale dei ragazzi – ma anche dei bambini – che arrivano in pronto soccorso con problematiche comportamentali, fino ad arrivare a vere e proprie problematiche psichiatriche. C'è un'emergenza, è stato sottolineato da più parti, e noi siamo assaliti perché il nostro pronto soccorso è anche sede di una delle poche degenze di neuropsichiatria infantile del nostro Paese. Colgo l'occasione di questo consesso importante per ribadire che mancano letti di neuropsichiatria infantile nel nostro Paese e dobbiamo provvedere rapidamente.
  Vorrei dire ancora che è un po' di anni che lavoro, quest'anno ne ho fatti 37 di lavoro in ospedale. Io quando incontro i giovani medici dico loro che invidio solo la loro giovane età perché è sempre più faticoso relazionarsi con le persone, con i pazienti, in questo caso con i genitori. Avvertiamo sempre di più un clima ostile. Per fortuna, incrocio le dita, nella nostra realtà ancora non siamo arrivati ad episodi delinquenziali o a lesioni personali ma le minacce ormai purtroppo sono all'ordine del giorno e davvero non è un bel lavorare. Questo forse è l'unico motivo per il quale dico, tra non molto, spero di riuscire ad andare in pensione.
  L'ultima cosa che volevo mettere alla vostra attenzione è questa. Vi ho detto prima che il personale medico e quello infermieristico, soprattutto nel settore pediatrico è prevalentemente composto da persone di sesso femminile. In un Paese nel quale c'è carenza di natalità sarebbe bello che persone che lavorano, hanno una posizione, uno stipendio decoroso possano fare figli. Ebbene, essere in stato di gravidanza negli ospedali pubblici è un problema perché la gravidanza ricade sul bilancio dell'azienda. Sono aziende anche quelle pubbliche ormai, per cui non è immediato che una dipendente che sta a casa in stato di gravidanza venga automaticamente sostituita, perché appunto l'onere è a carico del bilancio dell'azienda.
  Mi domando, sono anni che me lo chiedo ma finora non ha ancora risposto nessuno, se sia possibile rivedere questa cosa in modo da liberare le aziende sanitarie ospedaliere pubbliche da questo onere e consentire l'immediata sostituzione. Io so di persone che a volte rimandano la gravidanza perché si rendono conto delle condizioni nelle quali altrimenti metterebbero i colleghi di lavoro. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei dottor Arrighini. Do infine la parola Gianpietro Briola. Prego.

  GIANPIETRO BRIOLA, responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda. Buongiorno presidente. Signore e signori onorevoli grazie di questo invito.
  Entrerò nel tema sottolineando un po' quello che hanno già detto i miei colleghi e ricordando che i dipartimenti di emergenza urgenza sono un punto nodale importante ed un riferimento strategico per l'intero sistema sanitario, sia intra che extra ospedaliero. Sono un baluardo di garanzia che vale 24 ore al giorno durante tutto l'anno e offre un servizio che non è mai comprimibile in nessuna stagione anzi, in verità dovremmo trovare la maniera – in Pag. 7particolari momenti come questi – di dilatare quelle che sono le possibili prestazioni che i nostri pronto soccorso offrono ai cittadini.
  Questa è una doverosa e apparentemente scontata premessa, per dire che nel corso degli anni in verità i pronto soccorso hanno avuto poca considerazione anche da parte delle direzioni e semmai sono risultati un po' residuali rispetto ad altre specialistiche nell'organizzazione dell'ospedale. Questo in termini di risorse, di strutture e di personale e ne paghiamo le conseguenze in qualità, competenze, sensibilità e spesso anche dotazioni.
  Negli ultimi anni si è notato un'inversione di questa tendenza ma di fatto il gap non risulta ancora colmato e alcuni aspetti non appaiono facilmente e rapidamente modificabili. Questo, anche perché il modello sanitario, le esigenze di percorsi clinico-assistenziali e gli accessi si sono modificati e insieme si è modificata la risposta che deve essere offerta e garantita ai nostri concittadini malati che necessitano di diagnosi e cura.
  Nei pronto soccorso si tende necessariamente ad arrivare il più presto possibile ad una diagnosi. Un tempo questo era in verità demandato al ricovero e al contrario invece oggi dobbiamo ridurre e limitare i ricoveri facendo una diagnosi più precisa. Questo implica però un allungamento dei tempi di permanenza dei pazienti all'interno dei nostri DEA, la necessità di supporto diagnostico intra ed extra servizio a carico anche dei medici del pronto soccorso e spazi adeguati ove far transitare e soggiornare i pazienti in attesa di consulenze, in corso di terapie, e in valutazioni cliniche successive. Risulta evidente quindi quanto siano poche le strutture con spazi e dotazioni sufficienti per rispondere adeguatamente a queste mutate esigenze.
  È noto peraltro come tutto ciò che accade nei nostri dipartimenti non rientri spesso nella sfera dell'emergenza urgenza e sia rappresentato da patologie e condizioni cliniche che potrebbero e dovrebbero essere valutate e gestite diversamente sul territorio. Comprendiamo però (e mi associo un po' a quello che diceva, magari un po' in controtendenza, il dottor Arrighini) – senza colpevolizzare ma condividendo ragioni e preoccupazione dei malati e dei caregiver – che coloro che hanno in carico anziani pluripatologici o pazienti in età pediatrica – le fasce deboli quindi e sensibili – non possono certo aspettare l'appuntamento per una visita ambulatoriale o programmata dopo giorni, ma necessitano spesso di una valutazione anche urgente.
  Non credo comunque che l'espansione infinita dalle nostre strutture sia la risposta, ma semmai la risposta debba essere modulata sugli accessi e sulla stratificazione delle opportunità uscendo dall'ottica ospedale centrica verso una sanità di prossimità. Questo consentirebbe di utilizzare al meglio le risorse, motivare il personale, ridurre il rischio e lo stress, le lunghe attese spesso foriere di contenziosi, aggressioni e minacce, ormai diventate insopportabili e troppo frequenti a carico del nostro personale.
  Un tema importante è rappresentato dal personale, sia medico che infermieristico, in un tempo nel quale trovare il personale è difficile e complicato per tutti i reparti e per tutte le strutture sanitarie. Per noi è ancora più difficile per una serie di motivazioni a cui già abbiamo accennato: il rischio clinico, il rischio delle denunce, lo stress, l'incertezza delle turnistiche, il burn-out, l'impossibilità a svolgere la libera professione, la pressione continua e costante dei pazienti, dei parenti, dell'organizzazione intraospedaliera che porta spesso dissapori e incomprensioni anche tra i colleghi.
  Questo deve essere però affrontato rendendo al pronto soccorso il suo ruolo di gestione e trattamento solo ed esclusivamente dall'emergenza e urgenza e non di tutto il resto. Peraltro, il ricorso ai gettonisti e alle cooperative ha ridotto la qualità e le competenze e ha imposto di avere all'interno dei pronto soccorso colleghi che non conoscono la struttura e i protocolli, poco governabili e in continuo turnover, che sfuggono al controllo di noi primari che non riusciamo a dare delle indicazioni precise, e per i quali poi non possiamo neanche rispondere con ciò che succede Pag. 8all'interno dell'ospedale e dopo. Abbiamo invece bisogno di stabilità e di modalità gestionali e organizzative governabili e che garantiscano continuità anche attraverso personale motivato, preparato e, laddove è possibile, incentivato economicamente e nei riconoscimenti di carriera. La maggior parte dei pronto soccorso in Italia non ha una struttura complessa che li governa e quindi questo rende ancora meno appetibile venire a gestire un pronto soccorso. Questo vale per gli ospedali grandi, ma vale soprattutto per gli ospedali più disagiati, perché il rischio clinico diagnostico – soprattutto legato alle insidie delle auto presentazioni – è altrettanto alto e sicuramente molto forte per chi vi lavora.
  La gestione del paziente acuto è un'attività che richiede sicuramente esperienza e grande professionalità, però in queste condizioni non si riesce a trovare giovani medici che vogliono fare la specializzazione in medicina di emergenza e urgenza, quindi anche quelli che si sono iscritti dopo sei mesi o un anno, viste e valutate le condizioni, fuggono dai nostri pronto soccorso.
  Per far fronte alle difficoltà servirebbe sicuramente potenziare e standardizzare alcuni percorsi di esperienze già in atto, quali ad esempio il fast track. Questo consente di organizzare percorsi e accessi diretti e alternativi per le patologie cosiddette minori o mono specialistiche, senza sovraffollare i pronto soccorso. Inoltre è iniziato e va incentivato il percorso della presa in carico anticipata, con la possibilità per gli infermieri di richiedere esami diagnostici e valutare oltre alla fase del triage; è un buon sostegno che riduce i tempi della presa in carico e della valutazione del medico con un supporto diagnostico già avviato. A questo proposito sarebbe secondo noi utile intervenire legislativamente per indicare i limiti e le possibilità per il personale infermieristico di chiedere almeno determinati esami radiologici di base in autonomia. Penso ad esempio all'RX addome e torace, all'RX del femore in caso di trauma da caduta degli anziani ed alcune altre eccezioni, rinviando pertanto la valutazione medica con riduzione dei tempi di diagnosi e di dimissione o verso il domicilio o verso il ricovero.
  Ci sono altri due temi che sono stati già accennati dal collega prima e che complicano il nostro percorso. Uno, quello più importante, è il boarding, quindi la riduzione di posti letto, soprattutto in questi tempi in cui gli accessi sono rappresentati dai grandi anziani pluripatologici e che spesso hanno dei disagi sociali e non possono essere dimessi perché a casa nessuno li può seguire, non c'è l'infermiere di struttura. Da questo punto di vista andrebbero trovate e incentivate delle possibilità di ricovero in strutture per post-acuti e riabilitative, che siano a sostegno delle famiglie e a gestione degli anziani che spesso sono significativamente soli.
  Il secondo tema è quello delle liste d'attesa e l'impossibilità spesso di trovare rapida o ragionevole risposta presso le strutture pubbliche o accreditate o si trova a pagamento, a volte, ma risulta incompleta. Perché se un soggetto va fare un RX per una sospetta frattura a pagamento, poi deve essere valutato dall'ortopedico e quindi deve tornare, oppure rifare il giro un'altra volta con dei tempi che non finiscono più. Questa difficoltà induce i pazienti a rivolgersi ai pronto soccorso o i medici di medicina generale a indirizzarli, direttamente o indirettamente, al DEA per le valutazioni e gli esami.
  Il nostro pronto soccorso fa 50 mila prestazioni all'anno circa. Avremmo 11 medici in organico, in verità ne abbiamo sei che sono strutturati. Di questi però due sono dottoresse che sono gravide e quindi siamo rimasti in quattro, con il supporto di liberi professionisti e con dei turni che dobbiamo andare a cercare (in attività incentivata) tra i medici degli altri reparti e i medici del pronto soccorso che in qualche modo si fanno pagare i turni in più. Ma questa è una grossa difficoltà anche perché molti liberi professionisti (almeno tre di quelli che abbiamo) sono ragazzi neolaureati che quindi vanno seguiti, vanno aiutati, devono imparare il lavoro, devono capire come funziona, non possono fare le notti e devono essere costantemente affiancati. A ciò si aggiunge che non solo il Pag. 9personale medico ma anche il personale infermieristico è molto stressato in questo periodo che ha conosciuto un grande turnover, e parimenti ai medici i nuovi infermieri che entrano (quelli appena laureati) non sono ancora in grado di gestire tutte le mansioni più complesse. Penso per esempio al triage, alle uscite col 118, alla presa in carico anticipata e quindi sono ancora gli anziani che si devono prendere carico di tutte queste attività. Questo porta comunque un sovraccarico che difficilmente è gestibile per il futuro, sperando che non vadano tutti in pensione presto.
  Abbiamo poi, come altre strutture, una difficoltà legata alla logistica perché abbiamo un pronto soccorso che è stato costruito vent'anni fa sulla base di una previsione di 25 mila accessi perché allora c'era un ospedale a 10 chilometri che poi è stato chiuso, è stato unificato. Siamo arrivati a 50 mila accessi con una struttura che era pensata e immaginata in tempi assolutamente diversi e non è più in grado di far fronte alle richieste attuali. Di fatto però era stato costruito in un modo, come avviene spesso all'interno delle strutture ospedaliere, da non permettere spazi di allargamento e c'è quindi una difficoltà seria nel gestire e mantenere tutti i pazienti in attesa di ricovero o di dimissione.
  Quella che ho raccontato credo che sia la fotografia di molti dipartimenti sul territorio nazionale, non certo impietosa ma da cui partire per una strategia che ripensi e ridisegni il ruolo, i tempi e la mission di questi presidi, che rimarranno riferimenti determinanti anche per il futuro. Come ho già detto dovremmo lavorare sugli accessi e anche sui percorsi interni agli ospedali nel rapporto con il territorio, ossia i medici di medicina generale, il 118 e Guardia medica dividendo peraltro il ruolo Hub e Spoke degli ospedali facilitando le comunicazioni e anche l'invio dei pazienti per patologia. La telemedicina, nel rapporto tra noi Spoke e gli Hub, dovrebbe essere implementata per la valutazione dell'immagine e l'utilizzo delle tele-visite e dei tele-consulti al fine di avere supporto e indicazioni che facilitino e favoriscano la gestione del paziente in emergenza o in urgenza, che possa essere in qualche maniera differito.
  Vanno poi strutturate, secondo me, le case di comunità e gli ospedali di comunità, affinché diventino strutture e presidi di riferimento organizzati anche per la diagnostica e diano risposte di qualità a richieste gestibili a livello ambulatoriale. Vi si possono integrare i medici di medicina generale e dedicare figure infermieristiche ben formate e le guardie mediche che possono offrire la garanzia di un primo e sicuro screening di valutazione clinica. Bisogna educare poi a evitare il fai da te, anche attraverso esami inappropriati o senza indicazione fatti spesso in farmacia, che creano allarme ed ansia nei nostri pazienti.
  La prevenzione e l'educazione sanitaria devono riportare fiducia nel sistema e nei professionisti della salute riportando il senso della necessità, affinché l'ansia e l'apprensione non degenerino in false aspettative che sfociano in pretese.
  In conclusione abbiamo finora dimostrato grande impegno e dedizione, usciamo certo da un periodo complesso del quale nostro malgrado siamo stati vittime e protagonisti (soprattutto nella questa zona dove io opero) ma vogliamo continuare a difendere il nostro lavoro e la dignità di chi si impegna, e insieme il sistema sanitario nella sua natura universalistica e solidaristica, a partire dal tema prioritario inequivocabile dell'emergenza urgenza.
  Non dobbiamo però rimanere soli ma sentirci parte di un sistema consapevole e collaborativo e credo che questa iniziativa vada nella direzione auspicata. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. La Commissione ha voluto fare questa indagine conoscitiva proprio per molti dei motivi che voi avete sollevato anche oggi.
  Io volevo fare soltanto una domanda riferita al tema della presa in carico dei pazienti, perché giustamente avete tutti e tre detto che il vostro compito è quello di fare emergenza e urgenza e quindi non di trasformare il pronto soccorso in un reparto ospedaliero, vista la difficoltà del boarding nei reparti dove il paziente dovrebbe arrivare.Pag. 10
  Non pensate che un'organizzazione in cui fatta la stabilizzazione del paziente, definito il percorso e il reparto dove dovrebbe andare, poi lo debba prendere in carico – anche se rimane nell'area dell'emergenza urgenza e non c'è ancora posto all'interno del reparto di riferimento – il personale sanitario di quel reparto.

  GIANPIETRO BRIOLA, responsabile del pronto soccorso dell'Ospedale di Manerbio – ASST del Garda. Io credo che possa essere una tematica da tenere in considerazione. Noi spesso facciamo anche l'osservazione breve intensiva nei reparti. Il problema vero è che abbiamo carenza di personale, i reparti altrettanto. Di notte per esempio le nostre Medicine, che hanno molti pazienti complicati, hanno due infermieri e se hanno i pazienti allocati in un altro reparto difficilmente riescono a gestirli o a rispondergli.
  Facciamo anche i ricoveri cosiddetti in appoggio, quindi per esempio pazienti della medicina in Ortopedia o in Otorino, soprattutto nel week-end quando sono un po' più scarichi di ricoveri programmati. Però questo, di fatto, crea un problema per l'assistenza di questi pazienti perché anche la preparazione del personale infermieristico, oltre al numero, spesso non è adeguata a questa attività.
  Sicuramente è un percorso che può essere preso in considerazione tenendo anche conto che di notte, per esempio, la guardia attiva in medicina o il medico presente è uno che deve gestire il reparto, il pronto soccorso e, se ha pazienti e letti in altri reparti, fa sicuramente ancora più fatica. Andrebbe comunque risolto il problema del personale e aumentata la disponibilità di chi opera, soprattutto negli orari più complessi come la notte o i cambi turno e i fine turno. Questo è un metodo che comunque già in qualche maniera applichiamo.

  FRANCESCO LISANTI, direttore del pronto soccorso dell'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza. Qui al San Carlo di Potenza noi siamo relativamente fortunati nel senso che il pronto soccorso, che ha intorno a 55 mila accessi l'anno, ha 16 posti letto tra la semi intensiva (quindi un'area critica di medicina d'urgenza) e l'osservazione breve intensiva. Quindi riusciamo a fare il lavoro a cui lei fa riferimento presidente, ma ciò significa semplicemente spostare un attimo il problema temporalmente in avanti. Perché una volta che hai stabilizzato il paziente dopo due o tre giorni, quel paziente deve essere ricoverato perché dobbiamo avere un turnover elevato per prendere gli altri pazienti dal pronto soccorso.
  Quindi in questo modo si sposta solo temporalmente il problema. La verità è che la popolazione è anziana e ci vogliono più posti internistici per questa tipologia di pazienti.

  PRESIDENTE. Vuole dire qualcosa anche lei dottor Arrighini? Dal punto di vista di un pediatra.

  ALBERTO ARRIGHINI, direttore del pronto soccorso pediatrico dell'ASST Spedali civili di Brescia. Appunto io sono un po' a margine. Anche noi abbiamo spesso il problema dei posti letto. Cerchiamo di risolverlo anche noi con l'osservazione breve e spesso comunque ci assumiamo delle responsabilità, li rimandiamo a domicilio con il rischio che ritornino.
  Direi che però il setting che si adatta proprio alla sua domanda è soprattutto quello dei pazienti di età un po' più avanzata, quella alla quale mi sto avvicinando.

  PRESIDENTE. Grazie. Chiedo ai colleghi se qualcuno vuole fare qualche domanda, mi pare di no. Le vostre relazioni sono state molte chiare e abbiamo tutta la documentazione anche scritta.
  Quindi vi ringrazio ancora per la vostra disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione odierna.

  La seduta termina alle 14.35.