XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Martedì 16 aprile 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Péron-doise Marianne , direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza) ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Gruppioni Naike (IV-C-RE)  ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 9 
Formentini Paolo , Presidente ... 9 
Péron-doise Marianne , direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza) ... 9 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Péron-doise Marianne , direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza) ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 11.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di Marianne Péron-Doise, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione, in videoconferenza, di Marianne Péron-Doise, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-Pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS).
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Péron-Doise.
  Ricordo che l'IRIS è uno dei principali think tank europei indipendenti su questioni geopolitiche e strategiche. Al suo interno opera l'Osservatorio sull'Indo-Pacifico, diretto dalla nostra ospite, che ha ricoperto diversi incarichi di responsabilità in materia di sicurezza nell'Asia-Pacifico presso il Ministero della difesa francese.
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola alla dottoressa Péron-Doise affinché svolga il proprio intervento. Grazie.

  MARIANNE PÉRON-DOISE, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza).
  Mi scuso con gli onorevoli parlamentari per il problema tecnico. Grazie per questo invito. Sono molto onorata di avere l'occasione di potermi esprimere dinanzi a voi a nome dell'Osservatorio dell'Indo-Pacifico dell'IRIS.
  Il tema dell'Indo-Pacifico è effettivamente un tema che seguiamo da diversi anni. Questo è dovuto, tra l'altro, all'interesse globale che riveste questa regione. L'Indo-Pacifico è sempre stato tradizionalmente un punto di interesse per la Francia, che è una potenza residente, nel corso degli anni è anche diventata un centro di interesse per tutta l'Europa, che dal 2021 si è dotata di una strategia indo-pacifica, seguita da una serie di Stati membri dell'Unione europea, in particolare la Germania, i Paesi Bassi e più recentemente la Lituania, quindi uno dei Paesi baltici, e forse anche presto l'Italia, signor presidente.
  È interessante, visto dal mio Osservatorio, capire questo interesse dell'Europa soprattutto per la sicurezza nell'Indo-Pacifico, ma anche l'interesse di grandi partner dell'Europa nell'Indo-Pacifico per la sicurezza in Europa.
  Il Rappresentante per la politica estera europea, Borrell, ha spesso fatto riferimento nei suoi discorsi all'interesse per gli Europei di seguire e di essere coinvolti come attori della sicurezza regionale nella Pag. 4regione dell'Indo-Pacifico ed ha insistito sulle sfide marittime in particolare, ma anche sulla libertà di navigazione. Sempre più partner asiatici - quindi residenti nell'Indo-Pacifico, come il Giappone, la Corea del Sud o l'Australia - fanno un parallelo tra la guerra dovuta all'aggressione della Russia contro l'Ucraina e i rapporti di forza crescenti nell'Indo-Pacifico, con il riavvicinamento tra la Russia, la Cina, la Corea del Nord ed una serie di azioni con il sostegno piuttosto ambiguo della Cina rispetto alla Russia, il trasferimento di armamenti dalla Corea del Nord verso la Russia per aiutarla nella guerra in Ucraina e altre interazioni sempre più forti a cui assistiamo.
  L'Indo-Pacifico sta diventando, quindi, un tema non soltanto di riflessione, ma anche di impegno strategico sempre più rilevante per l'Europa e per gli Stati membri, e anche per l'Italia, che quest'anno presiede il G7 e ha quindi un'agenda internazionale molto intensa, con ovviamente, il tema della guerra in Ucraina in primo piano. L'Indo-Pacifico è una zona di interesse su cui è importante riflettere ed essere soprattutto ben informati sulla natura delle sfide geopolitiche e sugli spazi di intervento e cooperazione che possiamo avere con i membri della zona indo-pacifica.
  Questo spiega, quindi, l'attrattività di questa zona, che tradizionalmente era nominata «Asia-Pacifico»; nel corso di una decina d'anni si sono registrate una dozzina di strategie per l'Indo-Pacifico sia da parte degli Stati della regione - innanzitutto il Giappone e gli Stati Uniti - ma anche, come dicevo prima, da parte di organizzazioni regionali, Stati membri dell'Unione europea, l'Unione europea, ma anche l'Associazione degli Stati del sud-est asiatico, l'ASEAN. Tutti hanno integrato questa nozione di Indo-Pacifico nella loro politica estera. Si ha, quindi, l'impressione che non si parli più di Asia-Pacifico, ma piuttosto di Indo-Pacifico.
  Molto brevemente volevo ritornare sul significato di questa nozione in termini geografici, per ritornare poi su una cartografia molto più strategica, quindi le sfide vere e proprie che derivano da questa nuova concezione geografica della zona, per poi concentrarmi su un elemento essenziale in termini strategici, ovvero la rivalità crescente tra le due superpotenze di riferimento della regione, Stati Uniti e Cina, per capire qual è la posizione dell'Europa rispetto a tutto questo.
  È interessante definire il quadro geografico perché ne deriva un'analisi geopolitica importante per l'Unione europea, per il Giappone, per l'India. In maniera generale, si possono distinguere due visioni geografiche dell'Indo-Pacifico: una visione molto ampia che ingloba gli Stati dell'Africa orientale, quindi la globalità dell'Oceano Indiano fino al Mar Rosso, che arriva fino alle coste americane. Questa visione comprende il Canada, gli Stati Uniti, ma anche l'America Latina, quindi una carta molto ampia.
  È una visione estremamente vasta. È importante considerare, però, l'Africa e la parte occidentale dell'Oceano Indiano, che è inclusa in questa visione, e anche la visione che ne hanno il Giappone, l'India, ma anche la Francia. È importante capire l'interesse per l'Oceano Indiano, il suo valore strategico in questa visione geografica. D'altra parte, esiste un'altra definizione geografica dell'Indo-Pacifico che invece è molto più ridotta, più ristretta, una visione sostenuta dagli Stati Uniti in primis, che inizia alla frontiera occidentale dell'India, ma che si concentra principalmente sul Pacifico occidentale, ovvero l'Asia sud-orientale e il Pacifico meridionale - l'Oceania - e settentrionale.
  Ci sono qui una serie di basi militari ed installazioni importanti per gli Stati Uniti. C'è il comando militare di Guam, ma anche il comando americano per l'Indo-Pacifico, che si trova nelle Hawaii. Questa visione travalica il quadro definito dalla seconda guerra mondiale dagli americani, quello che per noi era l'Asia-Pacifico. Questo quadro si è ampliato ed è stata attribuita maggiore importanza all'Oceano Indiano. Questa visione ampia dell'Indo-Pacifico, che insiste sull'Oceano Indiano, è stata promossa dal Giappone e da Shinzō Abe, Primo Pag. 5Ministro dell'epoca (dal 2012 al 2020), che poi è stato tragicamente assassinato.
  C'è dunque l'introduzione o la valorizzazione dell'India da parte del Giappone. C'è, poi, la volontà di riequilibrare la visione dell'Indo-Pacifico aggiungendo l'India come potenza emergente, come grande democrazia emergente, che corrisponde alla realtà contemporanea dell'Indo-Pacifico.
  Gli Stati Uniti si definiscono una potenza pacifica. La Cina si definisce una potenza asiatica. L'India sta assumendo sempre maggiore importanza nel corso degli ultimi anni e considera l'Oceano Indiano come il suo orticello e vuole mantenere la propria predominanza. Quindi, è interessante vedere questa cartografia dell'Indo-Pacifico, che alla fine cerca di riequilibrare la versione tradizionale dell'Asia-Pacifico, aggiungendo anche la parte dell'Oceano Indiano, che è fondamentale per l'Europa e soprattutto per la Francia. C'è, quindi, una nuova Asia che potremmo più giustamente definire Indo-Asia-Pacifico.
  L'accento è posto sulla circolazione tra questi due grandi spazi oceanici - l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico - con particolare attenzione alla sicurezza e all'accesso alla circolazione nei vari stretti: il Canale di Suez, l'accesso al Mar Rosso, il Canale di Hormuz, l'Oceano Indiano, lo Stretto di Malacca, lo Stretto di Taiwan.
  Lo Stretto di Taiwan permette il passaggio verso il Pacifico meridionale e settentrionale, zona di influenza americana. Questa nuova geografia molto particolare implica anche una serie di valori. Sulla base di questa definizione e di questo quadro si distinguono delle famiglie indo-pacifiche che definiscono le loro politiche estere secondo vari punti di vista.
  Secondo me, esiste una famiglia indo-pacifica molto normativa - rappresentata da Stati Uniti, Giappone e Australia -, che mette l'accento sulla proiezione del potere, sulla difesa dei valori e che sviluppa una narrativa chiara sul fatto che questi valori e queste norme sono minacciate dall'ascesa della Cina, che rifiuta il quadro normativo derivato dalla seconda guerra mondiale.
  Questa famiglia mette l'accento sull'interesse di disporre di una serie di strumenti e di quadri operativi per attuare la propria visione dell'Indo-Pacifico. Di qui l'importanza di un meccanismo come il QUAD, il Dialogo quadrilaterale di sicurezza, che è stato istituito tra le suddette tre potenze, a cui si aggiunge l'India. Dal 2007 il QUAD ha avuto una grossa evoluzione. Più recentemente è stato istituito il partenariato per la sicurezza, molto specifico, AUKUS, firmato nel settembre 2021 tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito.
  Poi c'è una seconda famiglia indo-pacifica, che ha una visione più cooperativa e più inclusiva dell'Indo-Pacifico, quindi una narrativa basata sull'apertura e sul dialogo, ed è rappresentata dall'ASEAN, dall'Unione europea ed è anche ripresa da alcuni Stati membri dell'ASEAN, come l'Indonesia. In Europa questa narrativa è sostenuta dalla Germania, dai Paesi Bassi e dalla Lituania nella loro strategia sull'Indo-Pacifico. Ci si basa sulla ricerca di partenariati, sull'ampliamento di una serie di iniziative per rafforzare la connettività nella regione, per promuovere delle iniziative per la costruzione di infrastrutture, per rafforzare i cavi sottomarini ad esempio.
  Poi c'è un'ultima famiglia indo-pacifica, che riunisce allo stesso tempo la proiezione della potenza con il dialogo. È un gruppo in cui inserisco l'India e la Francia, perché per questi due Paesi nell'Indo-Pacifico ci sono delle questioni strategiche fondamentali, come, per esempio, la relazione con la Cina, che naturalmente è un elemento centrale; allo stesso tempo, però, c'è il rifiuto di una logica di scontro, di blocco e quindi la volontà di essere inclusivi, di non adottare una posizione di ostilità nei confronti della Cina, ma è anche una posizione ferma sul rispetto del diritto internazionale, sul rispetto della libertà di navigazione e sulla promozione di un multilateralismo molto ampio.
  Sulla base di una definizione geografica ci sono delle posizioni e delle definizioni di strategie indo-pacifiche completamente diverse, che a volte si sovrappongono, perché - come ho detto - l'India fa parte del QUAD, ma è anche molto distante rispetto ad alcune iniziative promosse dal QUAD. La Francia è un alleato degli Stati Uniti, ma Pag. 6ha degli interessi molto specifici per i suoi territori, la sua popolazione e per i suoi interessi pacifici in questa regione. Il suo approccio è ritenuto molto strategico, ma è legato anche ad importanti partenariati per contratti di armamenti in particolare con l'India, con Singapore, con la Malesia o l'Indonesia.
  La Germania, da parte sua, ha una visione più economica dell'Indo-Pacifico, il che spiega effettivamente alcune differenze negli approcci, ma anche una forte convergenza e quindi la necessità per questi attori - Germania, Francia e Paesi Bassi - di europeizzare al massimo la loro politica indo-pacifica, comprendendo che di fronte a delle superpotenze bisogna avere una posizione unitaria, bisogna condividere i costi finanziari e gli strumenti militari e rappresentare un'opzione credibile e di peso rispetto ai partner che si affacciano sul Pacifico, che vedono la Cina come una minaccia e che cercano di preservare l'equilibrio regionale.
  Questo grande equilibrio regionale richiede, in particolare, una concentrazione sulla sicurezza marittima, perché questa cartografia così specifica della regione, basata sulla congiunzione di due grandi oceani, l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico, ha delle vie marittime importanti con l'accesso agli Stretti, la libera circolazione delle grandi compagnie marittime, dei porta-container dall'Asia verso l'Europa e dall'Asia verso il Medio Oriente, poi dal Medio Oriente verso l'Europa. Ebbene, queste vie marittime sono fondamentali. C'è poi un interesse, nato da alcuni anni, da parte dell'Unione europea ad assicurare un ruolo di attore e di difensore della sicurezza marittima nell'Indo-Pacifico, come si è visto con l'operazione contro la pirateria Atalanta nel 2008.
  Questa presenza nell'Oceano Indiano dell'Unione europea con Atalanta è ancora attiva. Abbiamo ancora una nave europea sotto comando spagnolo, dispiegata nella zona, a cui sporadicamente partecipa anche l'Italia. Più recentemente c'è stato il lancio dell'operazione Aspides, che intende proteggere le navi mercantili non contro la pirateria, ma contro gli attacchi degli Houthi.
  C'è dunque un rinnovato interesse dell'Unione europea rispetto alla sicurezza marittima nella regione e l'Unione europea è pronta ad investire molto in termini di sicurezza e di strumenti, anche militari, in quanto queste due operazioni navali hanno, naturalmente, dei costi elevati. Bisognerà vedere sul lungo termine se potranno proseguire, perché la missione Aspides presuppone dei rischi rispetto agli attacchi con i droni, in particolare da parte degli Houthi.
  Questa dimensione marittima è molto importante ed implica degli aspetti tradizionali come la concorrenza tra le potenze, il mantenimento dell'apertura di un Indo-Pacifico libero e aperto secondo la definizione corrente, ma anche la pesca illegale, ci sono delle preoccupazioni degli Stati rivieraschi sulla salute dell'Oceano, sul riscaldamento climatico e sul fatto che sempre più Marine regionali sono coinvolte in operazioni in favore delle popolazioni in caso di catastrofi naturali. Mi riferisco, in particolare, all'impegno di molti attori marittimi in operazioni di assistenza umanitaria e soccorso alla popolazione civile (Humanitarian Assistance e Disaster Relief).
  L'aspetto marittimo apre una serie di sfide strategiche nell'Indo-Pacifico. C'è anche la questione delle infrastrutture portuali, l'interesse della Cina per la ricerca, nell'Oceano Indiano, di porti come punti d'appoggio, come ha fatto a Gibuti per la lotta contro la pirateria.
  In genere, l'economia dell'Indo-Pacifico dipende effettivamente dalla circolazione marittima. La maggior parte dei porti mondiali si trovano proprio in questa zona, con l'Asia settentrionale che è molto presente, con la Cina che conta i principali porti per i porta-container, con Singapore che è ugualmente molto importante per i container.
  Quindi è fondamentale la logica economica, alla luce dei flussi mercantili nell'Asia Pacifico. Si tratta naturalmente di una sfida importante per l'Unione europea. C'è anche la questione delle infrastrutture portuali - come dicevo - e della capacità della Cina di proporre dei progetti e delle iniziative di modernizzazione di porti per uso civile, ma forse anche per uso militare, in tutti i Paesi della regione, nell'Oceano Indiano,Pag. 7 ma anche nel Pacifico. Questo è fonte di preoccupazione per una serie di Paesi costieri, per l'India, per il Giappone, per gli Stati Uniti, con progetti di modernizzazione delle infrastrutture portuali proposte anche dagli Stati Uniti, dall'Europa nel quadro del Global Gateway, dal Giappone, con un approccio diverso in termini di trasparenza dei contratti e anche di qualità delle infrastrutture.
  Si menziona spesso il caso dello Sri Lanka, che si è molto indebitato per la modernizzazione delle sue infrastrutture, fatta dalla Cina, in particolare, del Porto di Hambantota. Tuttavia, lo Sri Lanka non è riuscito a rimborsare i prestiti cinesi, quindi ha dovuto cedere il Porto di Hambantota per novantanove anni ad una compagnia marittima cinese.
  Questa capacità della Cina di dotarsi di strumenti per l'espansione marittima - non solo civile, ma anche marittima - è fonte di preoccupazione per tutte le potenze dell'Indo-Pacifico e per tutti gli Stati che hanno una strategia in questa regione. Al di là delle flotte commerciali, c'è anche lo sviluppo delle Marine militari e l'ascesa rapida delle capacità della Marina cinese, in quanto dal 2015 la Cina ha fatto del mare e della modernizzazione della sua Marina un elemento essenziale della sua strategia nella regione.
  Ci sono state molto dichiarazioni di Xi Jinping che dimostrano che la Cina vuole essere una potenza navale e vuole dotarsi di una potenza marittima forte, ispirandosi alla US Navy, perché gli Stati Uniti in effetti sono presenti in tutti i mari del mondo, ma in particolare nell'Indo-Pacifico con undici portaerei e una sessantina di sottomarini nucleari. La US Navy, quindi gli Stati Uniti, sono il sea power di riferimento per gli strateghi cinesi, che si sono quindi lanciati anche nella costruzione di portaerei. La Cina ne ha ormai tre, probabilmente nel 2030 ne avrà quattro, e sta modernizzando la sua flotta di sottomarini.
  Si pongono degli interrogativi sul perché di questa modernizzazione, quali sono gli obiettivi di questa ascesa, visto che la Cina non fa mistero del suo desiderio di riconquistare Taiwan. Si pongono degli interrogativi sulla possibilità di un conflitto e sul livello operativo di questo nuovo strumento militare cinese - ovvero la Marina cinese - perché, con la Cina, la Marina americana ha avuto diversi conflitti di alta intensità. Ci sono stati grossi impegni operativi sul fronte Indo-Pacifico.
  Al di là della Marina, è anche vero che la Cina ha una flotta di guardia-coste molto attiva e molto aggressiva, in particolare nel Mar Cinese meridionale, dove i guardia-coste cinesi fanno missioni di polizia, ma anche di difesa delle frontiere marittime; sappiamo che la Cina ha ambizioni particolari, rivendica frontiere marittime molto ampie, in particolare le Isole Spratly e Paracelso, e anche nei confronti delle Filippine i guardia-coste cinesi sono sempre più aggressivi, come dimostrato da casi molto recenti.
  Questa sicurezza marittima e queste sfide geopolitiche concentrate sul mare pongono la questione della rivalità crescente tra gli Stati Uniti e la Cina, in particolare attraverso lo strumento militare, la Marina. Ci si chiede, quindi, fino a che punto arriverà questo scontro, questa concorrenza, che ha un impatto sulle dinamiche strategiche di tutta la regione, con spese militari in rialzo e una corsa agli armamenti regionale in cui le portaerei e i sottomarini hanno una parte preponderante. Si parla spesso della modernizzazione della Marina cinese, ma naturalmente ci sono anche dei Paesi rivieraschi che mettono l'accento sullo sviluppo della loro Marina, come il Giappone, l'Australia, l'India.
  C'è un ambiente competitivo molto forte attraverso lo strumento navale per dissuadere qualsiasi crisi, anche nella prospettiva di avere strumenti disponibili ed efficaci in caso di crisi.
  In questo ambiente così teso e così concorrenziale, l'Unione europea, da parte sua, invia regolarmente attraverso i suoi Stati membri delle navi da guerra, assicura delle operazioni di pattugliamento, effettua degli scali e delle esercitazioni con dei Paesi partner. C'è, quindi, la necessità di avere una presenza che sia rassicurante, che permetta di riequilibrare le tensioni attualmente in corso, ma c'è anche una certa Pag. 8preoccupazione da parte dell'Unione europea rispetto al riavvicinamento tra la Cina, la Russia e la Corea del Nord, perché, al di là di queste sfide per la sicurezza marittima, che interessano lo spazio dell'Indo-Pacifico, ci sono anche delle questioni di sicurezza molto più pressanti alle porte dell'Europa in cui Russia e Corea del Nord hanno un evidente ruolo aggressivo, come nel caso della Russia, e perturbatore, come nel caso della Corea del Nord. C'è una interazione tra l'Indo-Pacifico, la sicurezza di questa regione e la sicurezza dell'Europa; di conseguenza, in prospettiva l'Unione europea dovrebbe coinvolgersi maggiormente nella sicurezza nell'Indo-Pacifico.
  Effettivamente, c'è un interesse molto forte da parte dell'Unione europea a mantenere ed ampliare i partenariati con le potenze della regione, a dialogare all'interno delle organizzazioni regionali, in particolare l'ASEAN, ma c'è anche un interesse per l'Unione europea a rafforzare il dialogo con altre organizzazioni regionali dello spazio Indo-Pacifico, che sono molto importanti.
  Mi riferisco alla Commissione per l'Oceano Indiano che non rappresenta tutto l'Oceano Indiano, ma è in grado di garantire la sicurezza - o si impegna per farlo -, grazie a una serie di progetti promossi dall'Unione europea, tra cui il progetto CRIMARIO (Critical Maritime Routes Indo-Pacific), per il rafforzamento delle capacità marittime, con altre iniziative, come l'iniziativa Atalanta, all'organizzazione IORA (Indian Ocean Rim Association); anche questa organizzazione lavora su una serie di questioni di sicurezza, attraverso gruppi di lavoro tematici, un gruppo sull'economia blu, uno sulla connettività, un altro sulla sicurezza economica.
  Poi c'è il Forum delle Isole del Pacifico, che è l'organizzazione regionale di riferimento per il Pacifico meridionale, per il quale la sicurezza ha un ruolo importante. È essenziale, quindi, non solo per la regione, ma anche per l'Unione europea e tutta la comunità internazionale, perché le sfide per la sicurezza dello spazio del Pacifico meridionale riguardano anche le questioni climatiche e quelle della sicurezza ambientale. Quindi, è necessario adottare delle iniziative in questo campo per rafforzare la resilienza di questi Paesi.
  Mi fermerei qui, avendo forse già abusato del vostro tempo. Sono pronta a rispondere alle vostre domande su quegli aspetti su cui forse non sono stata sufficientemente chiara nella mia presentazione.
  Sarò lieta di rispondere. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Non ho voluto interromperla, anche se abbiamo occupato molto tempo, per l'enorme interesse dell'intervento.
  Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei da subito chiederle anch'io qualcosa. È rimasto un po' sullo sfondo del suo intervento il ruolo che direttamente può e deve giocare la Francia, e il rapporto bilaterale Francia-Cina. Proprio su questo Le chiederei di dirci qualcosa, tenuto presente che se è vero che la Francia cerca in ogni modo di non urtare la Cina – e faccio riferimento alla posizione francese sull'apertura del liaison office della NATO a Tokyo –, non è altrettanto vero quando si voglia considerare l'atteggiamento della Cina nei confronti della Francia, perché non possiamo dimenticare che è stata la Cina a cercare di usare la popolazione indigena dei kanak contro la Francia per spingere e soffiare sull'indipendenza della Nuova Caledonia quando, qualche anno fa, c'è stato l'ultimo referendum.
  Non possiamo nemmeno ignorare l'interesse cinese sui depositi di nichel della Nuova Caledonia. Cosa può fare la Francia? Quanto è preoccupata dalla crescente aggressività cinese? Cosa possono fare – questa è la domanda a cui tengo di più – Francia e Italia insieme nell'Indo-Pacifico? Grazie.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NAIKE GRUPPIONI. Vorrei ringraziare la dottoressa per la relazione che oggi ha portato nel nostro Comitato. Il contributo che ha dato al nostro lavoro è veramente Pag. 9molto importante. Vorrei farle i complimenti, dottoressa, per la completezza. Inoltre, ha saputo trasferire, in modo molto preciso e puntuale, l'importanza di quest'area per il futuro di tutti noi.
  Volevo fare anch'io una domanda, a completamento di quella del presidente: condivido pienamente la volontà e la necessità di mettere l'Europa al centro di questo progetto non solo economico, ma politico e sociale. Ecco, da dove partirebbe Lei, come Europa, per portare un contributo concreto? La ringrazio.

  SIMONE BILLI. Ringrazio anch'io per l'intervento molto esaustivo, che ci ha dato ottimi spunti di riflessione.
  Dottoressa, ho un paio di brevi osservazioni. Innanzitutto, la Francia, il suo Paese, è l'unico Stato membro dell'Unione europea con territori nell'Indo-Pacifico. Mi riferisco, ad esempio, a Réunion, a Mayotte, alla Nuova Caledonia, come ha già accennato Lei, con una zona economica esclusiva tra le più grandi al mondo. Quasi due milioni di francesi vivono nell'Indo-Pacifico. Ricordo che il Presidente Macron è stato in Nuova Caledonia l'anno scorso. C'è grande interesse e grande lavoro della Francia in questa zona del mondo. La Francia ha ottimi rapporti con l'India. Anche il nostro Paese ha ottimi rapporti con molti dei Paesi nell'Indo-Pacifico. Stiamo intensificando la nostra attività in questa regione. Questo mi pare chiaro. Tuttavia, l'Occidente fa fatica a mantenere il passo, soprattutto – come accennava anche Lei – con la Cina.
  La Cina ha una disponibilità finanziaria maggiore rispetto a quella dei Paesi europei. Noi abbiamo sostanzialmente due guerre in corso, che ci vedono coinvolti più o meno direttamente, la guerra in Ucraina e quella di Israele. Abbiamo – come Paesi europei, ma soprattutto negli Stati Uniti – le elezioni, questo è l'anno elettorale. Anche questo, quindi, impatta sulle politiche estere, che vengono rallentate.
  In Cina, invece, non ci sono elezioni da decine di anni. In Cina c'è una stabilità politica, nel bene e nel male, che permette di fare programmi a lungo termine, in grado di portare soluzioni con un approccio solution-based: grandi opere, porti, autostrade, ovvero quello che accennava Lei durante il suo intervento.
  Le preoccupazioni sul riavvicinamento della Cina, ma anche della Russia e della Corea del Nord sono grandi anche nel nostro Paese, anche in Italia. A mio parere, noi europei, noi Paesi dell'Unione europea dovremmo muoverci in modo sempre più forte e compatto.
  Aspides, come accennava anche Lei, è un ottimo esempio di coordinamento tra i vari Paesi europei. Auspico, però, che si possa lavorare insieme, come Unione europea, in modo sempre migliore e in modo sempre più incisivo.
  La Francia nell'Indo-Pacifico può svolgere un ruolo determinante nell'aiutare l'Unione europea ad instradarsi verso strategie che possano innanzitutto promuovere opportunità di investimento e scambi commerciali, però anche – come accennava Lei – per promuovere la pace, la stabilità e la prosperità in quest'area, perché sono cose direttamente collegate anche alla pace, alla stabilità e alla prosperità del nostro continente e del mondo intero.
  Le vorrei chiedere invece un po' più di dettagli e il suo punto di vista sulla situazione in particolare di Taiwan e anche sulla situazione che c'è nel Mar Rosso con gli Houthi. Ne ha già accennato brevemente. Avrei, però, piacere di sapere, dal punto di vista francese e dal suo punto di vista, qualche dettaglio in più, come vi state muovendo e come vedete la situazione.
  Grazie mille.

  PRESIDENTE. Mi rendo conto che abbiamo chiesto molto. Do la parola alla dottoressa Péron-Doise per la replica.

  MARIANNE PÉRON-DOISE, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza).
  Grazie. Ci sono state molte domande, ma alcune si sovrappongono.
  Parto dalla relazione Cina-Francia: so che l'atteggiamento francese, in particolare i discorsi del nostro Presidente quando Pag. 10parla di una politica di equilibrio rispetto alla Cina, sono spesso fraintesi. Nei fatti, però, la Francia si dimostra molto realistica. Pur mantenendo un dialogo che mette l'accento sulla cooperazione, la Francia dispone di uno strumento militare dispiegato nell'Indo-Pacifico. Partecipa ad esercitazioni anche con i colleghi del QUAD, anche se non ne fa parte. Questo dialogo per la sicurezza, quindi, si traduce anche in molte esercitazioni con le Marine australiane, indiane, giapponesi e statunitensi. La Francia spesso fa scalo in questa regione. La Francia attraversa con le proprie navi lo Stretto di Taiwan, quindi c'è molto realismo nella posizione della Francia.
  C'è un discorso diplomatico, visite ufficiali in Cina, una grande cooperazione, ma c'è anche un discorso molto trasparente su alcuni limiti che non possono essere superati. Il Presidente Macron è stato anche molto chiaro su questo tema, anche se la nozione di potenza di equilibrio non è sempre ben compresa. Però, non penso che la Francia voglia presentarsi come un interlocutore privilegiato o favorito, che possa mantenere il raccordo tra gli Stati Uniti e la Cina.
  La Francia, basandosi sull'Unione europea e su altri partner, vuole essere un'opzione aggiuntiva. Vuole sfuggire a quella polarizzazione che vedrebbe l'Indo-Pacifico costretto ad allinearsi su un partenariato rafforzato con gli Stati Uniti, oppure ad aderire alla visione cinese della Via della seta e di altre iniziative cinesi e quindi ad accettare l'espansione territoriale della Cina nel Mar Cinese meridionale o abbandonare Taiwan alle rivendicazioni sempre più aggressive della Cina.
  Far forza sul diritto e utilizzare gli strumenti diplomatici è comunque importante per far sentire la differenza. Al di là di questi esempi visibili, ci sono anche delle guerre di influenza. C'è molta disinformazione, che è uno strumento che la Cina e la Russia utilizzano ampiamente per manipolare le opinioni pubbliche. È importante, quindi, per la Francia - che è presente a Mayotte, a Réunion, in Nuova Caledonia, nella Polinesia francese - potersi basare su una rete diplomatica dei partner, di consolati americani, europei, giapponesi ed australiani, per evitare che la Cina, con gli strumenti di cui dispone – gli istituti Confucio, i consolati e le Ambasciate cinesi –, sotto copertura di relazioni culturali o di concessione di borse di studio agli studenti dei Paesi rivieraschi, eserciti una forza di attrazione e finisca per rappresentare l'unica possibilità per alcune popolazioni; quindi, occorre essere presenti, offrire delle opportunità, avere un dialogo, adattato e adeguato, con tutti i partner dell'Indo-Pacifico, che sono molto diversi. Forse gli Stati Uniti hanno avuto troppo la tendenza ad interessarsi solo al sud-est asiatico e dimenticare il Pacifico meridionale, in cui la Francia ha un grosso interesse.
  La Cina si è avvicinata alle Isole Salomone. La Cina ha anche sviluppato una politica di influenza grazie ai media, alle proprie capacità di influenza presso alcuni Governi che ormai possono fare una scelta. Con il Global Gateway bisognerebbe, attraverso gli investimenti dell'Unione europea e dei vari Stati membri, offrire altre opportunità. È una diplomazia basata sulla sicurezza ambientale, sulla difesa della biodiversità, su impegni che possiamo condividere tutti, su cui possiamo coordinarci nel corso delle grandi conferenze sull'oceano o sul clima. Nel 2025 Francia ospiterà il vertice sugli oceani e per quell'epoca dovrebbe essere stato ratificato il Trattato sulla biodiversità e la difesa dei fondali sottomarini e potrebbe essere presentato un trattato sulla plastica. Ci sono una serie di azioni che possiamo intraprendere per la sicurezza ambientale dell'Indo-Pacifico, che riguardano tutti i Paesi che sono sottoposti agli impatti più negativi del cambiamento climatico e che ritengono che non ci impegniamo abbastanza. Ci sono, quindi, degli spazi per fare la differenza.
  Sarebbe opportuno che un'istituzione come il G7 riflettesse sull'Indo-Pacifico, sull'impatto destabilizzante della Cina, della Russia e della Corea del Nord, su alcune sfide che ci riguardano da vicino e in particolar modo sulla guerra in Ucraina.
  Penso che abbiamo delle opzioni. La Francia auspica che l'Unione europea e alcuni partner possano proporre delle opzioniPag. 11 credibili per fare in modo che la regione non abbia la sensazione di doversi allineare sistematicamente su un sistema di alleanze americane che sembra dominante nella regione e che fornisce una sorta di stabilità, ma che possa essere rivisto al ribasso rispetto al risultato delle elezioni americane di fine anno.
  Occorre, a mio avviso, una certa coerenza. Insisto sul rafforzare i forum di dialogo e prestare attenzione alle organizzazioni regionali che non sono forse abbastanza valorizzate, al di là dell'ASEAN, che offre un certo numero di occasioni di dialogo con l'insieme dei partner dell'Indo-Pacifico. È importante rafforzare gli strumenti della Commissione dell'Oceano Indiano, di IORA e anche del Forum delle isole del Pacifico, rafforzare questi dialoghi a livello regionale, fornire un aiuto per mettere in connessione queste regioni, che sono molto ampie, lontane le une dalle altre, e proporre delle opzioni alternative.
  Al di là di questo triangolo destabilizzante rappresentato dalla Cina, dalla Russia e dalla Corea del Nord, c'è anche un insieme di Paesi che si interrogano sul doppio standard degli occidentali, sulle prese di posizione che abbiamo preso o non abbiamo preso. C'è una sorta di frattura a livello internazionale fra il Sud globale e alcuni Paesi che sono identificati, ad esempio, attraverso il G7.
  Vediamo che alcune istituzioni, destinate a gestire le crisi, come il Consiglio di Sicurezza, sono bloccate, per queste disfunzioni e queste diffidenze. Avere una politica realistica, presentarsi come un partner efficace, coordinare i mezzi che abbiamo a disposizione a livello europeo, a livello dei partenariati bilaterali che la Francia e l'Italia possono avere, sono degli elementi, a mio avviso, molto importanti.
  Fornire il nostro sostegno alla democrazia di Taiwan, inviare delle delegazioni parlamentari e cercare di aprire degli uffici di cooperazione – lo ha fatto la Lituania e la Cina ha risposto con una politica commerciale molto aggressiva – potrebbe essere un esempio. La Francia ha un ufficio per i rapporti culturali a Taiwan. Sono tutti elementi, a mio avviso, che non pongono dei limiti e delle linee rosse, ma stimolano la Cina a riflettere su delle strategie diverse nei confronti di quei Paesi che non condividono la sua visione, che possono essere attratti da altri Paesi e che non vogliono trovarsi costretti a scegliere obbligatoriamente tra l'opzione americana, da un lato, o quella cinese, dall'altro.
  Il Presidente Macron ha ripetuto varie volte che siamo alleati degli Stati Uniti e, in caso di crisi, saremo al suo fianco, beninteso.

  PRESIDENTE. La ringrazio davvero. Speriamo di restare in contatto e lavorare insieme su quest'area, che sarà fondamentale, non solo dal punto di vista economico, per il futuro del mondo intero.

  MARIANNE PÉRON-DOISE, direttrice dell'Osservatorio geopolitico dell'Indo-pacifico dell'Istituto delle Relazioni Internazionali e Strategiche-IRIS (intervento in videoconferenza). Grazie, signor presidente. È stato un onore per me condividere le mie opinioni con voi. Grazie.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.15.

Gli interventi in lingua straniera sono tradotti a cura degli interpreti.