XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 33 di Mercoledì 14 febbraio 2024

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 

Audizione di Calogero Gaetano Paci, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 3 
Colosimo Chiara , Presidente ... 7 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 7 
Colosimo Chiara , Presidente ... 10 
Ascari Stefania (M5S)  ... 10 
Colosimo Chiara , Presidente ... 10 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 11 
Colosimo Chiara , Presidente ... 11 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 11 
Colosimo Chiara , Presidente ... 11 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 11 
Colosimo Chiara , Presidente ... 13 
Bicchielli Pino (NM(N-C-U-I)-M)  ... 13 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 13 
Colosimo Chiara , Presidente ... 13 
Orlando Andrea (PD-IDP)  ... 14 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 14 
Colosimo Chiara , Presidente ... 15 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 15 
Colosimo Chiara , Presidente ... 16 
Cantalamessa Gianluca  ... 16 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 16 
Colosimo Chiara , Presidente ... 17 
D'Attis Mauro (FI-PPE)  ... 17 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 18 
Potenti Manfredi  ... 18 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 19 
Colosimo Chiara , Presidente ... 19 
Pittalis Pietro (FI-PPE)  ... 19 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 20 
Colosimo Chiara , Presidente ... 21 
Rando Vincenza  ... 21 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 21 
Rando Vincenza  ... 21 
Colosimo Chiara , Presidente ... 22 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 22 
Colosimo Chiara , Presidente ... 24 
Cafiero De Raho Federico (M5S)  ... 24 
Colosimo Chiara , Presidente ... 25 
Sallemi Salvatore  ... 25 
Paci Calogero Gaetano , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia ... 25 
Colosimo Chiara , Presidente ... 27  ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO

  La seduta comincia alle 13.45.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Comunico che il Comitato I sul regime degli atti, nella seduta del 13 febbraio, ha preso atto della declassificazione di alcuni atti precedentemente acquisiti dalla Commissione riferibili alla strage di via D'Amelio, a seguito di autorizzazione della procura di Caltanissetta. Tali atti sono consultabili nell'archivio della Commissione.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Calogero Gaetano Paci, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia, dottor Calogero Gaetano Paci, che ringrazio per la sua cortesia e disponibilità.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme di audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi e in tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv.
  L'odierna audizione si inserisce nell'ambito dello specifico approfondimento che la Commissione intende svolgere relativamente alla penetrazione della criminalità organizzata e in particolare della 'ndrangheta nel centro-nord del Paese.
  Do, quindi, la parola al dottor Paci per la sua relazione illustrativa.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Signor presidente, signori commissari, deputati e senatori, ringrazio tutti voi per l'attenzione e la considerazione che, attraverso la convocazione di oggi, avete voluto manifestare all'attività del mio ufficio, che mi onoro di poter rappresentare in questa sede, nell'auspicio autentico di poter fornire un contributo ai vostri lavori.
  Il lavoro della procura della Repubblica di Reggio Emilia, come immagino sia a conoscenza vostra, è un lavoro estremamente particolare perché, pur trattandosi di una procura circondariale, che non ha competenze in materia di procedimenti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, cioè i procedimenti di criminalità organizzata di tipo mafioso, incide comunque e ha ad oggetto comunque attività di criminalità organizzata, attività di criminalità organizzata prevalentemente di carattere economico in conseguenza del fatto che il territorio del circondario, composto da quarantadue comuni, da una città capoluogo di oltre 170 mila abitanti, di un circondario di poco meno di 600 mila abitanti, presenta una serie di dinamiche di carattere economico, sociali e istituzionali davvero estremamente peculiari.Pag. 4
  Ricordavo poco prima alla presidente che, quando lavoravo a Reggio Calabria e avevo l'onore e la fortuna di lavorare con Federico Cafiero de Raho, dicevo spesso: se un giorno riterrò completo il mio percorso di conoscenza della mafia, sarà dovuto soltanto se avrò avuto la possibilità di lavorare al nord, perché è lì che tutto quello che noi facciamo e abbiamo fatto al sud ha un suo importante e significativo riflesso. Quella che era soltanto una battuta l'ho constatata e la sto constatando in questo periodo di direzione della procura di Reggio Emilia, da quando mi sono insediato, nel giugno 2022, che mi ha, in primo luogo, consentito di comprendere che si tratta di una realtà molto spesso sottovalutata perché omologata allo stereotipo della provincia ricca e laboriosa, ma sostanzialmente sonnacchiosa, priva di dinamiche conflittuali, priva di dinamiche economiche, priva di rapporti soprattutto internazionali, mentre in realtà non è così. Già la sola collocazione geografica che la mette al centro di un sistema infrastrutturale viario e ferroviario estremamente mobile e collegato non solo con tutto il nord Italia e anche con la parte del sud, che è assistita, ma anche con l'Europa, è indicativa di una sua centralità.
  Se guardiamo agli indici di carattere economico, che sono stati per me il primo punto di riferimento per comprendere questa realtà, ci rendiamo conto che, per esempio, anche durante il periodo della pandemia il PIL interno della provincia di Reggio Emilia è cresciuto in proporzione quanto quello della Cina. Non sono stime che ho fatto io, ovviamente, che sono assolutamente incapace di elaborare questo tipo di dati, ma sono stime che provengono dalla Guardia di finanza e dall'UIF, l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, che ha collocato Reggio Emilia nel contesto del nord Italia al terzo posto, dopo Milano e Brescia, come circondario con il maggior numero di imprese di interesse della criminalità organizzata.
  È qui il vero problema che secondo me bisogna in qualche modo chiarire e sfatare, e vi sono grato per avermi dato la possibilità di poterlo fare oggi. Infatti, quando noi parliamo di criminalità organizzata non possiamo più pensare alla criminalità mafiosa come l'abbiamo conosciuta, per chi come me, come Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, che abbiamo lavorato in uffici di procura del sud, Palermo, Reggio Calabria, Napoli, dove la criminalità di tipo mafioso o camorristico si manifestava attraverso l'uso sistematico della violenza al fine di conquistare segmenti di mercato. Reggio Emilia, da questo punto di vista, a mio giudizio rappresenta la frontiera più avanzata di quella che possiamo definire una dinamica evolutiva della criminalità mafiosa, che è tornata a essere criminalità organizzata tout court, vale a dire criminalità che ha necessità di occupare segmenti di mercato, che quando al suo nascere, come negli anni Sessanta e Settanta, con il traffico di droga, con il traffico di eroina, soprattutto a Palermo, gli imprenditori più ricchi erano quelli dell'edilizia, dove veniva investito questo enorme flusso di danaro proveniente dai traffici internazionali degli oppiacei, così oggi a Reggio Emilia, ma non solo a Reggio Emilia, in tutta l'Emilia e in parte anche della Romagna, troviamo una criminalità che è fondamentalmente di tipo organizzato, perché ha interesse a gestire, a sviluppare e incrementare la propria presenza nei settori di mercato, a cominciare da quelli più tradizionali, come l'edilizia, come la grande distribuzione commerciale, per poi passare a quelli più raffinati, come la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, come le energie rinnovabili, come soprattutto il settore delle scommesse, che ha una grandissima proiezione a livello internazionale, quindi inevitabilmente ha trasformato la propria modalità di agire.
  Oggi è difficile trovare in questo contesto quell'operatività tipica delle zone autoctone del sud dove la criminalità organizzata è nata e si è sviluppata. In altre parole, non assistiamo alla classica gestione delle estorsioni, non assistiamo alla classica gestione del controllo del territorio, vediamo che certi indici di delittuosità tipici di un tempo hanno ceduto il passo ad altri ben più significativi. E quali sono? Ebbene, dal mio osservatorio, che – lo ripeto – non è quello del procuratore distrettuale, ma Pag. 5del procuratore del circondario, proprio in conseguenza di questo tipo di radicamento imprenditoriale che nella provincia di Reggio Emilia, ma anche in tutte le zone circostanti, mette insieme attività economiche tradizionali, prevalentemente l'agricoltura, sia pure in forma molto industrializzata e molto avanzata, ad altre attività molto raffinate, come la meccatronica, che è considerata una punta di eccellenza del sistema economico nazionale, tant'è che lo scorso anno il Presidente Mattarella è venuto a inaugurare a Castelnuovo un'azienda che ormai ha un collegamento a livello internazionale per il tipo di attività che svolge con altre aziende di altissimo livello tecnologico, passando per tutta una serie di attività intermedie di tipo manifatturiero e che riguardano anche i servizi, per esempio la logistica, dove l'interesse principale della criminalità organizzata di tipo economico è quello di poter sfruttare, con modalità sistematiche, i grandi flussi di ricchezza che la attraversano, emerge che il meccanismo attraverso il quale questo sfruttamento avviene è quello delle frodi fiscali organizzate in modo sistemico.
  Si dirà che le frodi fiscali, da che mondo è mondo, esistono da tutte le parti. In realtà, la provincia reggiana ha una sua peculiarità, della quale personalmente non avevo contezza prima di approdarvi, ossia il fatto che il ricorso alla frode fiscale e, ovviamente, alla gestione delle società attraverso l'uso di cartiere, attraverso l'uso di fallimenti pilotati, attraverso anche l'esterovestizione, viene svolto non da singoli soggetti, ma da vere e proprie organizzazioni criminali.
  Se volete poi, magari chiedendo la segretazione della seduta, posso entrare anche nel dettaglio di alcuni procedimenti in particolare che in questo momento pendono innanzi al mio ufficio, in varie fasi, sia dibattimentali, sia di indagini preliminari, sia di chiusura, dove questo meccanismo della gestione in forma associata e sistematica della frode fiscale è rappresentato in modo assolutamente originale e raffinato. Non è soltanto il frutto di una convergenza di interessi da parte di imprenditori che hanno necessità semplicemente di eludere o di evadere il fisco, ma è una esigenza diversa della quale vi è intanto a livello nazionale – questo è quello che ho potuto constatare – una domanda fondamentale di gestione di attività economiche in nero, per cui molti imprenditori, anche noti brand nazionali, si rivolgono a queste organizzazioni di Reggio Emilia per l'acquisto di pacchetti di false fatture, per l'acquisto di pacchetti di frodi fiscali, prevalentemente di evasione all'IVA, ma anche di false compensazioni, con tutta una serie di modalità davvero molto ingegnose, con i fini più vari, quello di ripianare i bilanci e poterli prospettare alle banche in modo apparentemente esaustivo e satisfattivo, quello di poter utilizzare le false fatture per ottenere compensazioni con crediti inesistenti e, quindi, non pagare l'IVA. Tutto questo genera, di fatto, un flusso economico in nero che alimenta un circuito economico assolutamente parallelo rispetto a quello legale.
  Ripeto, posso entrare anche nel dettaglio specifico di diverse vicende processuali dove questo meccanismo è stato accertato. Addirittura è stato accertato prima ancora nel processo Aemilia, che voi sapete benissimo essere sicuramente lo zenit dell'accertamento processuale e giudiziario per quanto riguarda la penetrazione e il consolidamento delle cosche di 'ndrangheta del versante cutrese dell'Alto Jonio catanzarese in Emilia-Romagna. Ebbene, già in quel processo nella sentenza scritta dal giudice Andrea Rat, del collegio composto anche dalla presidente Beretti e presieduto da Francesco Caruso si mette chiaramente in evidenza che quel processo aveva radiografato proprio questo momento di passaggio della 'ndrangheta che da soggetto militare presente sul territorio che cerca prevalentemente di acquisire il monopolio di attività economiche illegali si era via via trasformato in soggetto che sul territorio si interessa prevalentemente di attività economiche legali.
  C'è un'intercettazione ambientale di un soggetto della Piana di Gioia Tauro, appartenente alla cosca Bellocco, di cui il procuratore Cafiero de Raho ricorderà sicuramente qualcosa, il quale, dopo avere scontatoPag. 6 la pena, anziché tornare a Rosarno, se ne va a Granarolo dell'Emilia, e a casa sua, subito dopo la sua scarcerazione, fa una riunione, convoca i figli, ai quali dice chiaramente: «Tu scendi giù» (cioè torna in Calabria) «e ti occupi di tutta la monnezza» – usa un'altra espressione, che ovviamente qui non rievoco per rispetto della sede e vostro in particolare, ma che potrete intuire benissimo – «tu invece no – rivolgendosi all'altro figlio – perché tu devi rimanere qua a fare l'imprenditore, quindi tu devi tagliare i ponti con la nostra casa madre». Questa intercettazione, tra le tantissime, è estremamente esemplificativa di come la 'ndrangheta abbia compreso, abbia percepito l'importanza strategica di quel territorio, dove tutte le attività economiche dovevano essere ovviamente gestite con criteri diversi rispetto a quelli con cui venivano gestite al sud, dove non si trattava di mettere le bombe, di far saltare in aria gli esercizi commerciali rispetto al debitore che non paga o di eliminare il concorrente andandogli a sparare alle gambe.
  Qui bisognava trovare un modo per mettersi d'accordo. E il modo per mettersi d'accordo è proprio quello della falsa fatturazione, perché la falsa fatturazione di fatto – questo lo scrive benissimo il presidente estensore della sentenza Aemilia e anche il giudice estensore della sentenza Aemilia – è il meccanismo che consente alla 'ndrangheta di far pagare allo Stato le estorsioni. In altri termini, l'estorsione non avviene più attraverso l'imposizione violenta, intimidatoria. L'intimidazione ci può essere allorquando ci si trova in presenza di qualche soggetto recalcitrante. Ma normalmente la falsa fatturazione diventa un meccanismo che consente sia all'estorto che all'estortore di trarre comunque un vantaggio, scaricando tutto sullo Stato.
  Io ho trovato questa cosa – consentitemi di usare questa espressione – assolutamente geniale da un punto di vista della sostenibilità, della necessità di continuare a mantenere una posizione di controllo e di egemonia su un dato territorio senza rendersi visibili. Ecco dove sta la grande differenza rispetto a quello che per decenni noi abbiamo visto al sud, su cui ci siamo misurati da un punto di vista dell'intervento giudiziario. Quindi, tutto questo sposta radicalmente anche la natura stessa del sistema di contrasto, che non deve più essere mirato a monitorare i collegamenti di tipo relazionale, o le affiliazioni, o il rispetto di determinati codici di appartenenza all'interno delle organizzazioni. Qui il sistema di contrasto diventa di carattere specialistico, ovverosia occorre fare quello che si definiva un tempo l'«analisi del sangue» delle imprese per comprendere a chi poi, di fatto, sono riconducibili, posto che nel 90 per cento dei casi le imprese che hanno diretto o indiretto riferimento alla criminalità organizzata sono imprese gestite da perfetti sconosciuti, da prestanome, da soggetti privi di qualunque ostensione di carattere criminale o di polizia, e che quindi per ciò stesso si rendono impermeabili.
  Tutto questo ovviamente ha dato impulso alla diffusione di società cartiere, ossia società che non svolgono alcuna attività operativa concreta, ma che hanno esclusivamente la funzione di associare a determinate operazioni economiche un mero nome. In un caso addirittura a Reggio Emilia – credo che questo l'onorevole Ascari lo sappia molto meglio di me – vennero rinvenute 166 società cartiere in un solo citofono. Ovviamente nessuna di queste aveva una sede operativa, personale, strutture o altro. Erano semplicemente dei nominativi la cui gestione era riconducibile alle stesse persone.
  Tutto questo – questa è l'ulteriore scoperta che ho fatto, perlomeno per me è stata una scoperta – non è circoscrivibile esclusivamente a soggetti di provenienza calabrese. Questo purtroppo è stato un mantra che per tanto tempo ha portato anche esponenti delle istituzioni a sottovalutare, negli anni scorsi, prima degli anni Duemila, la presenza della criminalità organizzata di tipo calabrese in Emilia, perché si diceva: «Ma tanto questi sono quattro scappati di casa, si fanno la guerra tra di loro, a noi non interessa nulla, amen». Non ci si è, invece, resi conto che questo fenomeno andava visto contestualmente allo sviluppo che la 'ndrangheta, nel suo complesso, a partire dai tradizionali territori Pag. 7della Locride, fino ad arrivare in Australia, per esempio, dove ci sono le cosche degli Alvaro e di altre blasonate famiglie di 'ndrangheta, in quegli anni stava maturando.
  Ciò che è successo in Emilia, in fondo, non è altro che una componente di un più ampio processo evolutivo che ha portato la 'ndrangheta a sganciarsi sempre di più dalle tradizionali modalità di affermazione sul territorio e a trovare in zone di grande ricchezza, che ovviamente nel nostro Paese non sono localizzate soltanto in Emilia-Romagna, ma anche in Lombardia, anche in Veneto, tantissimo in Veneto, in Liguria, in Piemonte, in aree diverse, dove sia il contrasto giudiziario sia la modalità di manifestazione poteva consentire all'organizzazione criminale di operare senza rendersi altrettanto visibile come nei territori di provenienza.
  Tutto questo ha consentito, peraltro, di guadagnare almeno un ventennio di vantaggio rispetto alla comprensione degli osservatori, non solo di quelli giudiziari e di polizia, ma anche di coloro che studiano questi fenomeni. Tant'è che si è arrivati soltanto negli anni recenti a formulare delle affermazioni, in un certo senso anche fuorvianti, per esempio quando si parla di mafia silente. La mafia non può essere silente. È una contraddizione in termini pensare che un organismo che ha un'estrema vitalità si renda silente. Semmai la mafia si è trasformata. Non è più un organismo che ha una modalità operativa di tipo militare o esclusivamente militare, salvo, poi, gestire in altre stanze di compensazione, con l'imprenditoria, quella parte di politica con cui ha sempre in qualche modo cercato di dialogare e degli altri apparati dello Stato, di trovare il proprio utile, il proprio tornaconto.
  Oggi noi dobbiamo tenere conto che la mafia si manifesta con modalità diverse. Queste modalità riguardano la gestione, appunto, delle attività economiche in territori dove la ricchezza consente, ovviamente, di diversificare gli investimenti. Questo è un elemento fondamentale. Diversificare gli investimenti. Per esempio, uno dei settori di maggiore interesse, anche a Reggio Emilia, è quello della logistica, perché è uno dei settori, oltretutto, in cui più di altri – assieme a quello dei trasporti – è possibile ricostruire l'uso anche della somministrazione illecita di manodopera, che di fatto è sempre riconducibile a persone collegate alla 'ndrangheta. Tutto ciò, però, non avviene attraverso modalità violente. Avviene attraverso modalità contrattuali. Ecco, quindi, dove sta il cambiamento, direi quasi antropologico, che oggi la criminalità organizzata nel nostro Paese ha realizzato.

  PRESIDENTE. Ovviamente, se siamo interessati alla parte a cui accennava, segretata, quando finisce glielo chiediamo.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Ci sono una serie di indici – prima citavo quelli della Banca d'Italia, dell'UIF, ma anche gli indici delle varie agenzie di verifica dell'andamento delle classi economiche – che evidenziano come questo radicamento della criminalità organizzata abbia finito per occupare tanti spazi della struttura economica.
  Pensate soltanto al numero delle interdittive antimafia. Dal 2010, da quando la prefettura a Reggio Emilia era gestita da Antonella De Miro, passando, poi, per Iole Rolli, in tempi più recenti, e da ultimo con Maria Rita Cocciufa, le interdittive in provincia di Reggio Emilia, che sono state e sono tuttora al primo posto come numero, in termini quantitativi, in tutta la regione, hanno avuto degli indici di aumento pari al doppio di quelle di città ben più grandi e di regioni tradizionalmente interessate dalla criminalità organizzata, come la Calabria. Il doppio sicuramente di Reggio Calabria e di Catanzaro, addirittura il quintuplo di Palermo.
  Io ho fatto personalmente una verifica. Nel 2022 a Palermo le interdittive erano 19. A Reggio Emilia erano 136. Questo – attenzione, però, vorrei che fosse chiaro – non significa che a Palermo o a Reggio Calabria o a Catanzaro le interdittive non vengano utilizzate, non vi sia la cultura della prevenzione antimafia. Al contrario, significa che in quei territori lo strumento Pag. 8è stato da lungo tempo utilizzato, dunque vi è stata un'attività che si è protratta per diversi decenni. Cosa che non è accaduta, invece, in Emilia, a Reggio Emilia in modo particolare. Quindi, vi è ancora necessità di utilizzare questo strumento per impedire che tante imprese riconducibili a soggetti legati da una serie di reticoli parentali estremamente articolati e complessi possano avere rapporti con la pubblica amministrazione o ottenere l'ingresso nelle white list.
  Tutto questo a dimostrazione di quello che dicevo prima, cioè della necessità di recuperare il gap tra le modalità di consolidamento dell'organizzazione criminale sul territorio e il reale contrasto.
  Io ho calcolato che una sfasatura temporale di almeno vent'anni abbia fatto sì che il processo Aemilia, nel momento in cui è arrivato al suo esito definitivo... Ricorderete tutti l'inaugurazione dell'anno giudiziario, del precedente anno, del 2023, allorché il presidente Curzio disse che due erano state le grandi novità dell'anno appena passato nel nostro Paese in materia di criminalità organizzata, ossia l'arresto di Messina Denaro Matteo e la sentenza definitiva del processo Aemilia, che ha così potuto consolidare che quell'organizzazione criminale, per potersi affermare, era riuscita a fare cose che addirittura anche nei territori di provenienza, nei territori autoctoni della criminalità organizzata non erano mai state fatte o non erano mai state fatte con la stessa determinazione e anche con la stessa incisività, non solo in termini di collusioni a vario titolo, anche con appartenenti alle forze dell'ordine. Pensate, per esempio, alla preordinata gestione e orchestrazione di campagne di stampa, ai danni anche delle stesse istituzioni che stavano svolgendo il contrasto alla criminalità organizzata, e mi riferisco, in questo caso, ai danni della prefettura, soprattutto nel periodo in cui era retta da Antonella De Miro, portate avanti da giornalisti, in indagini che, prima ancora che il processo Aemilia approdasse anche alla fase cautelare, erano già state svolte dalla procura di Reggio Emilia, e ne avevano accertato i rapporti di cointeressenza.
  Dunque, quello che emerge è che sicuramente c'è stato uno spazio eccessivamente ampio in cui questo fenomeno criminale, vuoi per la sua mancanza di violenza intrinseca, vuoi per la sua maggiore capacità di adattamento a un territorio estremamente ricco e ricettivo, ha finito per incontrare anche il favore degli imprenditori locali. L'altro elemento fondamentale che emerge da Aemilia, ma che ho ritrovato anche in altre indagini – come dicevo, peraltro, anche prima – è che questo fenomeno dell'utilizzazione di attività economiche per consolidare la presenza sul territorio non è soltanto circoscritto agli imprenditori calabresi o ai consulenti calabresi o, comunque, a soggetti provenienti da quell'area, anche se di seconda o di terza generazione. No, si è allargato. Addirittura, si è allargato a buona parte dell'imprenditoria locale e anche a imprenditori fuori dalla provincia e dalla regione, perché è uno strumento che consente di abbattere i costi, di creare flussi di danaro in nero, che possono essere utilizzati in vari modi.
  Ovviamente, possono essere esportati in banche estere, dove la difficoltà di ottenere collaborazione investigativa e giudiziaria è nota in alcuni Paesi; possono essere utilizzati per attività illecite, in particolare con riferimento ai rapporti con la pubblica amministrazione, quindi come riserva per gestire anche i rapporti corruttivi e collusivi; possono essere utilizzati, sia pure solo in minima parte, anche per penetrare mercati illegali, come, per esempio, quello delle scommesse clandestine. Io consideravo Reggio Calabria il riferimento principale delle scommesse clandestine, perché la 'ndrangheta reggina aveva trovato in Malta la sede più congeniale per dare vita a tutta una serie di attività imprenditoriali in materia di scommesse online, che poi sono state oggetto di sequestro, di confisca e così via. In realtà, anche Reggio Emilia, sia pure in misura più circoscritta, conosce fenomeni di esterovestizione, che consentono di mascherare la gestione di scommesse clandestine rispetto ai reali dominus, che sono soggetti legati, direttamente o indirettamente, alla criminalità organizzata.Pag. 9
  Il fatto che tutto questo – ripeto – non avvenga con le tradizionali modalità mafiose, a mio giudizio, ma questo è un giudizio davvero molto soggettivo, può anche indurre a rivalutare lo strumento principale con cui la mafia viene e deve essere radiografata sul nostro territorio. La fattispecie dell'articolo 416-bis, come sappiamo, ha una sua forte connotazione sociologica e antropologica che attiene a un determinato territorio. La 'ndrangheta nell'articolo 416-bis è stata introdotta soltanto nel 2010. Quindi, dal 1982 sino al 2010 si sono fatti processi nei confronti della 'ndrangheta che avevano come modello di riferimento l'organizzazione criminale siciliana, cioè la mafia siciliana, cosa nostra in modo particolare, che nel frattempo ha subìto anch'essa un processo evolutivo estremamente ampio e variegato, su cui ben potrebbero parlare altri miei colleghi, ovviamente, che, rispetto a quello che ho conosciuto io quando ho lavorato alla procura della Repubblica di Palermo, so che è completamente diverso.
  Se non vogliamo considerare queste fenomenologie criminali come, in qualche modo, marginali o residue, ma vogliamo ritenerle come co-essenziali rispetto allo stato di evoluzione della criminalità organizzata, che per natura deve evolversi, non può rimanere, ovviamente, legata alle sue origini, allora, verosimilmente, anche lo strumento normativo principale deve essere adeguato rispetto a questa realtà, quindi tenere conto anche di questa realtà.
  Certo è che la ricchezza di elementi che emergono da un osservatorio, ripeto, tutto sommato di medie dimensioni, come può essere una procura circondariale, quale quella di Reggio Emilia, a mio giudizio, senza alcuna pretesa di voler creare dal particolare un modello universale, è indicativo di una linea di tendenza, di cui, secondo me, anche in sede legislativa si può tenere conto e fare una riflessione.
  Questa ritengo sia la caratteristica saliente di quest'area e anche un po' la linea di tendenza attuale della criminalità organizzata. Attenzione, questo non significa che a Reggio Emilia non ci siano fenomeni violenti. Io ho portato con me alcuni dati, che sono anche oggetto di questo studio, da cui nasce anche la mia intervista al Fatto Quotidiano Online di Paolo Bonacini; uno studio che ogni anno la CGIL emiliana fa sullo stato di evoluzione dell'economia e della società in Emilia - si chiama LAW - che verrà a breve pubblicato e che è molto più ampio. Ebbene, in questo studio sono contenuti una serie di indici che fanno riferimento alla delittuosità, anche di tipo violento, che presenta punte «di eccellenza».
  Voglio dire che in Reggio Emilia, solo negli ultimi anni, c'è stato un numero di omicidi volontari, per varie ragioni, dai femminicidi, anche particolarmente eclatanti, agli omicidi per droga, agli omicidi anche per mafia (uno, peraltro, è stato sentenziato appena la settimana scorsa; se volete, su questo vi potrò anche parlare), che, in relazione alla popolazione, sono sicuramente superiori rispetto agli indici per omicidi volontari di altre zone con maggiore vocazione criminale. Lo stesso dicasi anche per quanto riguarda la materia in questo momento all'attenzione un po' di tutti, che è quella del femminicidio, quindi dell'intervento sul Codice Rosso. Se si tiene conto che nella provincia di Reggio Emilia ci sono più di cento etnie, a livello internazionale, ci si può rendere conto del conflitto di valori che soprattutto le giovani generazioni di queste famiglie che si stabiliscono in quell'area subiscono nel momento in cui si misurano con i valori occidentali, quindi non sono più disposte a seguire in toto determinati stili di vita o determinati canoni, anche di tipo religioso.
  Il mio ufficio è pieno di procedimenti che nascono da denunce di ragazze pachistane, indiane, bengalesi. I cinesi, pur essendo una componente molto numerosa della provincia, sono assolutamente invisibili, cioè non si manifestano mai. Eppure proprio sui cinesi sono in corso una serie di attività di indagine che ne dimostrano l'estrema dinamicità di natura economica.
  Torno al discorso dei conflitti valoriali che vengono fuori in queste famiglie, anche di seconda generazione, o di famiglie che, poi, creano legami con persone del luogo, che scatenano anche una violenza molto Pag. 10diffusa. Lo stesso dicasi per quanto riguarda i traffici di droga. Solo nell'ultimo anno – ed è un dato, a mio giudizio, estremamente indicativo – sono stati sequestrati circa 150 chili di cocaina. Ciò significa, considerata anche la forte componente albanese che si occupa di traffici di stupefacenti, che Reggio Emilia non è soltanto una piazza di spaccio, ma è anche un riferimento fondamentale per l'organizzazione del traffico di stupefacenti in tutta quell'area, perché gli albanesi o, comunque, le bande che gestiscono questi traffici sanno di poter contare su una rete di organizzazioni criminali che operano sul territorio e che, ovviamente, hanno interesse a sviluppare il traffico di stupefacenti.
  Questo per dare l'idea, quindi, di una delittuosità, che si esprime anche con i tipici fenomeni della delinquenza violenta, organizzata o individuale, che non manca neppure in quel territorio.
  Sicuramente devo dirvi, però, che, almeno per come sto interpretando questa realtà, sotto il profilo sia delle conoscenze che delle risorse di cui disponiamo a livello giudiziario e investigativo, ritengo vi sia da intensificare l'attenzione all'economia criminale. Quello che apparentemente può sembrare il fenomeno meno preoccupante, proprio perché meno visibile, in realtà è il più subdolo e il più pericoloso, perché mina la democrazia economica, mina i rapporti tra le imprese e finisce anche per inquinare o cercare di inquinare anche le istituzioni. È chiaro che dove c'è il potere economico c'è anche l'interesse, poi, ad avere rapporti anche con chi svolge ruoli istituzionali.
  Se volete, io potrei anche fermarmi qui e poi rispondere alle vostre domande, se ne avete.

  PRESIDENTE. Ho già iscritti a parlare l'onorevole Ascari e l'onorevole Bicchielli. Poi c'è la richiesta del senatore Cantalamessa sulla parte segretata, che, senatore, se va bene, facciamo dopo la parte libera.

  STEFANIA ASCARI. Signor presidente, ringrazio il dottor Paci per il suo contributo importante in Commissione antimafia. Io sono del territorio, tra l'altro, sono nata a Correggio, quindi conosco molto bene le dinamiche che ci sono state, soprattutto il fatto di avere sempre messo, purtroppo, la testa sotto la sabbia, per arrivare, poi, al mega-processo Aemilia.
  Vorrei chiederle, proprio alla luce dell'esperienza del passato, questo aspetto. La 'ndrangheta emiliana ha agito per condizionare il voto in diversi piccoli comuni emiliani. Si stanno avvicinando le europee. Volevo chiederle se avete dei segnali in questo senso. Questa è la prima domanda.
  La seconda riguarda i collaboratori di giustizia. Vorrei chiederle quanti sono i collaboratori di giustizia della 'ndrangheta emiliana e, secondo lei, che contributo possono ancora dare.
  Per quanto riguarda, invece, i rapporti con la procura antimafia, volevo chiederle se è ancora valida la direttiva della direzione distrettuale antimafia di Bologna emanata dal procuratore Amato qualche anno fa, con cui si chiedeva alle procure ordinarie di valutare bene la contestazione dell'articolo 7 prima di inviare alla direzione distrettuale antimafia i fascicoli, in modo da non ingolfarla, quindi vorrei capire anche il rapporto che c'è.
  L'ultima domanda riguarda i processi contro il clan Grande Aracri. Come ha spiegato lei in modo veramente puntuale e chiaro, i processi contro questo clan hanno dimostrato che la fatturazione per operazioni inesistenti resta l'attività fondante dell'organizzazione nel nord Italia, anche in Emilia-Romagna. Le volevo chiedere se dopo Aemilia sono seguite, anche recentemente, come lei ha anticipato, altre indagini su fatturazioni per operazioni inesistenti, ma senza aggravante mafiosa, mi risulta, di cui all'articolo 7, nonostante ci siano personaggi legati comunque all'organizzazione. Questo è un fenomeno molto diffuso da riguardare anche imprenditori slegati dalla cosca. Su questo le chiedevo un approfondimento.

  PRESIDENTE. Faccio fare tutte le domande o preferisce rispondere di volta in volta?

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  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Come ritenete voi.

  PRESIDENTE. Siccome sono molte, forse è meglio rispondere. Prego, procuratore.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Sulla prima domanda devo chiedere la segretazione della seduta, però.

  PRESIDENTE. Allora la lasciamo alla fine.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. I collaboratori di giustizia quale contributo possono dare. Su questo penso che avrà già risposto il procuratore distrettuale. Dal mio punto di vista, posso dire che la figura del collaboratore di giustizia è una figura molto rilevante e molto temuta. Di questo posso parlare perché vorrei anche parteciparvi un dato che ho personalmente potuto constatare. È così temuta che, per esempio, nel corso di un'udienza del 14 aprile 2022 del processo Grimilde, un avvocato della difesa, ovviamente, della difesa di Oppido, che stava sentendo il collaboratore di giustizia Antonio Valerio, dopo una escalation, ovviamente, di domande legittimamente finalizzate a saggiarne l'attendibilità e anche cercare di farne crollare l'attendibilità, gli ha chiesto quale era il nome di copertura che gli era stato attribuito. Una domanda del genere, vi assicuro, in trent'anni di attività giudiziaria, anche in sedi dove si è manifestata una cosa nostra o una 'ndrangheta particolarmente violenta, in processi di corte di assise, con omicidi, con fatti di grande rilevanza, anche militare, io non l'avevo mai sentita. Chiedere a un collaboratore di giustizia qual è il suo nome di copertura e sentirsi rispondere dal collaboratore che, ovviamente, questo nome di copertura non poteva essere riferito.
  Nonostante il presidente del collegio, oltre che il pubblico ministero, avessero invitato l'avvocato a desistere da questo tema, a un certo punto l'avvocato ha detto: «Io credo di sapere qual è questo nome». Ebbene, noi abbiamo preso - io in particolare - questo verbale, abbiamo fatto un'indagine preliminare con la collega Pantani e abbiamo chiesto il rinvio a giudizio dell'avvocato, che è stato condannato, sia pure ancora solo in primo grado, per il delitto di tentativo di induzione a rendere dichiarazioni false nei confronti di un collaboratore di giustizia.
  Perché cito questo episodio, apparentemente slegato? Perché con questo si dimostra chiaramente quanto possano essere temuti i collaboratori di giustizia, ancora in quell'area dove non ci sono mai stati, se non in pochi casi. Uno di questi fu peraltro – immagino che anche questo rientri senz'altro nel vostro patrimonio conoscitivo – Paolo Bellini, nel periodo in cui commise tutta una serie di omicidi per conto della 'ndrangheta, che egli confessò, divenendo collaboratore di giustizia, e per cui fu condannato con sentenza definitiva. Il livello del patrimonio conoscitivo di cui i collaboratori di giustizia hanno avuto la disponibilità, che hanno socializzato, che hanno offerto agli investigatori, al sistema investigativo, non è mai andato al di là delle vicende propriamente militari o, comunque, di determinati traffici. Voglio dire che non ha mai consentito di andare oltre una certa soglia.
  È chiaro, quindi, che di collaboratori di giustizia in quel territorio vi è sicuramente grande necessità. Anche l'attività tecnica, per quanto oculata, per quanto mirata, che è essenziale, e mi riferisco all'attività tecnica intercettiva, non può andare a sondare ogni ambito delle conoscenze e dei rapporti che un collaboratore di giustizia, invece, può riferire. Quindi, sicuramente anche su questi meccanismi, quelli di tipo economico, le conoscenze non solo di un collaboratore di giustizia, ma direi anche di coloro che hanno avuto modo, se non di viverli direttamente, comunque di subirli o di vederne le manifestazioni sul mercato, sarebbero essenziali. Ecco perché io personalmente, in più di un'occasione in interventi pubblici, ho anche evidenziato l'assenza di denunzie o, comunque, anche soltantoPag. 12 di segnalazioni da parte degli ordini professionali.
  Io non riesco a capacitarmi ancora oggi come mai, nonostante le straordinarie evidenze di questo fenomeno, le segnalazioni, per esempio, di operazioni inesistenti da parte di professionisti, che pure sono obbligati per legge a farle, siano estremamente esigue. Si contano davvero su sulle dita di due mani, e non si va oltre. Così come non vi sono segnalazioni adeguate, pur avendo avuto occasione di stimolare i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali, ma anche dei sindacati dei lavoratori, a segnalare, senza necessariamente dover fare delle denunzie, alle autorità investigative, per esempio alla Guardia di finanza, quei fenomeni di improvviso arricchimento di un concorrente rispetto a quella che dovrebbe essere una fisiologica dinamica di gestione dei rapporti di mercato. Da questo punto di vista devo dire che il territorio non manda segnali chiari e precisi.
  Per quanto riguarda i rapporti con la procura antimafia, posso dire che, per ciò che mi consta personalmente, ho apprezzato moltissimo che il procuratore Amato, dopo qualche mese dal mio insediamento, sia venuto a trovarmi con alcuni dei componenti della direzione distrettuale antimafia per fare una riunione allargata a tutto l'ufficio e mettere insieme le reciproche risorse, con una volontà di collaborazione sicuramente ampia. Abbiamo proseguito e stiamo proseguendo in questo senso senza che vi sia alcuna limitazione nella ricostruzione dei fatti di reato. Quindi, ci sono rapporti che reputo fisiologici.
  Se mi si dovesse chiedere com'è il rapporto comparativamente tra una procura distrettuale e una circondariale del nord rispetto all'analogo rapporto che c'è al sud, direi chiaramente che è radicalmente diverso. Il procuratore Federico Cafiero de Raho sa benissimo che al sud l'approccio della procura distrettuale nei rapporti con quella circondariale è molto più ampio, se volete, anche molto più onnivoro tendenzialmente, perché ha bisogno di alimentare le indagini attraverso un continuo interscambio del flusso comunicativo, che spesso porta a utilizzare anche l'istituto dell'applicazione dei magistrati della procura circondariale, che vengono applicate alle indagini distrettuali. Lo abbiamo fatto in tantissime occasioni e so che ancora stanno continuando, come è inevitabile farlo, per esempio, con la procura di Palmi, di Locri e così via, perché inevitabilmente bisogna anche disporre delle risorse necessarie. Al nord l'approccio è diverso. Ma io ritengo che questo sia il frutto di una impostazione di carattere fondamentalmente culturale. Per il resto, è chiaro che, quando le evidenze impongono di trasmettere gli atti alla procura distrettuale, questo avviene sempre con estrema velocità e con estrema chiarezza.
  Per quanto riguarda l'ultima domanda, quella relativa all'operatività, alla vitalità, alla persistente vitalità della cosca Grande Aracri, ma io direi di tutte le cosche collegate al Grande Aracri, dal mio osservatorio, peraltro osservatorio confortato da altri procedimenti che sono seguiti ad Aemilia, mi riferisco a Perseverance, a Grimilde, e altri che sono in corso, posso senz'altro dire che questa operatività non è venuta meno e non viene meno.
  Il punto è che, in qualche modo lo colgo anche nella domanda dell'onorevole, molti degli imprenditori, legati da ragioni parentali o da ragioni di relazione o di interesse con i soggetti appartenenti alle cosche di 'ndrangheta, noi li ritroviamo all'interno di queste organizzazioni che gestiscono le frodi fiscali di cui parlavo prima. Quindi, questo significa che, a mio giudizio e secondo la mia valutazione, il livello di osmosi e, quindi, di assorbimento di queste modalità operative ormai è diventato pressoché integrale, per cui questi soggetti non hanno bisogno – anche perché non sarebbe conveniente, ovviamente – di manifestare modalità violente all'interno di questi contesti, perché sanno che la loro competenza – c'è anche una competenza in questa materia –, la loro presenza e anche la loro fama riconosciuta sul territorio costituiscono un elemento valoriale, costituiscono una risorsa di cui si avvantaggiano tutti coloro che fanno ricorso alla frode fiscale, non solo a Pag. 13livello locale, ma anche a livello ultraregionale.
  Questo lo do per certo perché, come dicevo prima, in diverse indagini, anche recenti, abbiamo verificato che pacchetti di false fatture sono state acquistate da società che hanno brand nazionali.

  PRESIDENTE. È stato chiarissimo. Do la parola all'onorevole Bicchielli.

  PINO BICCHIELLI. Grazie, presidente. Dottor Paci, in primo luogo la ringrazio per la sua relazione, certamente preziosa e molto articolata. Tra l'altro, condivido alcuni passaggi sull'impostazione culturale, che chiaramente crea anche un rapporto diverso tra magistratura e criminalità.
  Lei ha dichiarato che il processo Aemilia è lo zenit di tutte le inchieste. C'è una cosa, però, che onestamente mi preoccupa molto e sono le dichiarazioni del dottor Pennisi. Gliele voglio leggere così come sono, proprio per non fare errori. A una precisa domanda: «C'erano elementi per indagare davvero su veri alleati della 'ndrangheta in Emilia?» lui risponde: «Certo che c'erano, ma è stato scelto di non farlo, forse per motivi di opportunità». Poi continua: «Agli atti c'era un'informativa dei servizi segreti, che ci era stata trasmessa dai carabinieri, e di spunti ce n'erano tanti, con nomi e cognomi. Se si fosse deciso, come io chiedevo, di aprire uno stralcio d'inchiesta sul rapporto tra 'ndrangheta e politica, quelli sarebbero stati i primi nomi su cui avrei iniziato a indagare». Poi chiaramente continua in questa analisi. È chiaro che in chi legge queste cose si ingenera una situazione di grande imbarazzo, perché non provengono da un avvocato, ma provengono da un magistrato antimafia. Tra l'altro, da quello che ci risulta, c'è una relazione che lui ha preparato a tal riguardo.
  Noi non abbiamo l'informativa dei servizi segreti, però, per capire, visto che lei ha detto che la situazione in Emilia rimane abbastanza confusa, le chiedo se rispetto a questa informativa dei servizi segreti e alla relazione del dottor Pennisi ci sono ancora strascichi e se si sta analizzando quello che lui ha dichiarato pochi mesi fa.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Io, ovviamente, ho avuto modo di leggere dalla stampa fondamentalmente, non da altro, gli interventi del dottore Pennisi e anche di altri che sono stati chiamati a dare le loro valutazioni su questa indagine, ma chiaramente, non essendo un'indagine del mio ufficio e, peraltro, essendo un'indagine, oltre che funzionalmente, di competenza della DDA, ma che si è svolta in un periodo storico di gran lunga antecedente al mio arrivo, io sul merito non posso dire nulla doverosamente, perché appunto non me ne sono occupato.
  Ciò che posso dire è che, per le attività che, invece, l'ufficio della procura di Reggio Emilia ha svolto negli ultimi anni, sono state fatte delle indagini e sono in corso dei processi che riguardano soggetti che avevano e ancora hanno in qualche caso dei ruoli all'interno delle amministrazioni locali, nonché soggetti a loro vicini per varie ragioni. Parlo di indagini che immagino siano conosciute un po' da tutti. Una è particolarmente nota, ed è quella che riguarda il sistema delle adozioni dei minori da parte dei comuni del Consorzio dei comuni Bassa Val d'Enza, il cosiddetto processo «Angeli e Demoni», collegato ai fatti di Bibbiano, per intenderci. Mediaticamente vengono conosciuti in questo modo. L'altra è l'indagine sui bandi del comune di Reggio Emilia, in cui sono stati indagati, con esiti ovviamente diversi, come è fisiologico che siano sempre, soggetti appartenenti a qualsiasi area politica, solo perché coinvolti in determinati fatti oggetto di accertamento.
  Da questo punto di vista non ho verificato lacune particolari tali da evidenziare un preoccupante fenomeno di unidirezionalità delle indagini. Questo è un dato oggettivo. Chiaramente, da quando sono io il procuratore della Repubblica, la mia cura è quella di svolgere le indagini a 360 gradi, senza guardare minimamente né al colore politico né all'appartenenza.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Do la parola all'onorevole Orlando.

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  ANDREA ORLANDO. La ringrazio, dottor Paci, del quadro che ha tratteggiato e delle informazioni che ci ha offerto.
  Lei ha sottolineato come la vicenda non abbia provocato una reazione strutturale del territorio o, almeno, non abbia creato forme di denuncia dei fenomeni o, comunque, di narrazione dei fenomeni, se non di denuncia dal punto di vista formale. Ebbene, vorrei chiederle, approfondendo questo punto, se è stato fatto, nell'ottica anche di un'attività di prevenzione della procura, da parte degli organi di polizia un lavoro di sensibilizzazione di tutti i soggetti che in qualche modo possono svolgere questo tipo di attività. Lo dico perché è evidente che una presenza così pervasiva non è possibile che si realizzi senza la collaborazione di parte del ceto professionale o, comunque, la distrazione dei soggetti della rappresentanza sociale. Questo dato andrebbe analizzato anche alla luce delle capacità effettive di reazione che si possono venire a determinare e se c'è stato uno stimolo da parte vostra in questo senso, sempre nell'ottica dell'attività generale di prevenzione, che è posta in capo alla procura stessa.
  Vengo a un secondo aspetto e a una domanda più di carattere generale. Vediamo che questa capacità di marcare il territorio e realizzare grandi proventi in province ricche è strettamente legata al controllo del traffico degli stupefacenti. Adesso non vorrei parlare degli stupefacenti come fatturato, bensì degli stupefacenti come vettore, nel senso che gli stupefacenti, che non sono acquistati normalmente o, comunque, nella loro totalità da poveri disgraziati, ma spesso hanno come mercato una parte anche delle classi dirigenti, sono anche un veicolo attraverso il quale spesso la criminalità organizzata viene in contatto con soggetti, che poi diventano ricattabili e sono magari in grado di restituire servizi durante lo sviluppo. Le chiedo, dunque, se questo fenomeno si è conclamato e in che termini.
  Ultima considerazione. La presenza dei Grande Aracri la considera con epicentro Reggio Emilia o ritiene che la rete sia più articolata e diffusa? Questo è un tema connesso ad alcuni giudicati che ci sono stati rispetto a contatti che si sono realizzati anche con altri soggetti e in altri territori. Grazie.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Onorevole Orlando, la ringrazio per le sue domande perché, almeno le prime due, mi consentono di mettere meglio a fuoco alcuni passaggi richiamati in precedenza.
  A proposito dell'opera di sensibilizzazione e di quello che dopo il processo Aemilia è accaduto, ho potuto constatare che a un certo punto la definizione del processo è stata vissuta come un momento di grande sollievo da parte della comunità, perché si è ritenuto che, una volta chiusi questi conti con il passato più o meno recente, del fenomeno mafioso non si dovesse più parlare e la comunità nel suo insieme non dovesse più occuparsi di queste situazioni e soprattutto ritrovarsi a convivere con componenti della propria popolazione che operano secondo determinate logiche.
  Questa attesa, questa aspettativa sappiamo benissimo che è stata delusa dalle indagini successive che sono state fatte, che hanno continuato a evidenziare l'operatività delle cosche di 'ndrangheta. Citavo i processi della distrettuale Perseverance e Grimilde, qualcuno di questi nel frattempo definiti anche con sentenze passate in giudicato, che hanno avuto come focus sempre la cosca Grande Aracri, non solo tutti coloro che nominativamente è possibile ricomprendere dentro questo nome, ma anche tutti i vari collegamenti e i vari addentellati.
  Diciamo che non c'è stata quella cesura rispetto al processo Aemilia che molti verosimilmente si aspettavano, per cui essere in qualche modo associati alla 'ndrangheta o, comunque, alla criminalità organizzata capisco bene che è una cosa che non fa piacere, per tante ragioni, non solo perché si ha qualcosa da nascondere, ma anche – faccio un esempio – sotto il profilo dell'appetibilità del territorio, della sua vivibilità, della qualità della vita e così via, tutte considerazioni che, ovviamente, voi potete fare molto meglio di me.Pag. 15
  Il punto, però, è che il fenomeno, come ho cercato di dire prima, via via si è andato sempre di più depurando da quella componente violenta che ha avuto nel passato. Del resto, bisogna considerare che in Emilia la fase cruenta ha sostanzialmente abbracciato pochi anni, che si fermano grosso modo proprio con gli omicidi per mano di Paolo Bellini nel 1992. Parlo chiaramente di omicidi di 'ndrangheta, perché Paolo Bellini ha una storia molto complessa e molto particolare, sulla quale non entro. Ebbene, via via questa componente violenta è venuta meno, dunque il fenomeno si è reso «più sostenibile» e, a maggior ragione, meno avvertibile in termini di urgenza. E qui vengo proprio alla sua domanda. Lei parla di opera di sensibilizzazione, ma l'opera di sensibilizzazione, a parte quella svolta da diversi interpreti del territorio, giornalisti ce ne sono tanti che hanno narrato, hanno scritto e hanno continuato a scrivere, non solo sul processo Aemilia, ma anche su quello che è avvenuto dopo e su quello che sta avvenendo, sia pure per la piccola parte che ho avuto da un anno e sette mesi ad oggi anch'io ho cercato, negli incontri istituzionali o nei convegni delle organizzazioni dei professionisti, di far presente questa cosa, ma mi sono reso conto che qualche volta sono stato anche visto male, come uno che in qualche modo pretendeva o aveva l'arroganza di evidenziare qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, si doveva ritenere chiusa, perché comunque i processi si erano fatti e si erano celebrati.
  Purtroppo – questo, ripeto, lo posso solo accennare, se volete posso entrare nei dettagli in seduta segreta – le evidenze delle indagini e anche dei processi sono di segno nettamente contrario, ossia ci dicono che si continua a operare in questo modo, e il rischio è che questo finisca per generare, se non adeguatamente conosciuto e contrastato, quel ritardo culturale di cui, in fondo, anche il processo Aemilia è espressione, perché arriva a distanza di molti anni rispetto a quando i fatti poi sono emersi.
  Con riferimento alla questione degli stupefacenti, anche su tale questione in parte devo chiedere la segretezza della seduta, perché proprio evidenze recenti dimostrano quello che dicevo prima, vale a dire che Reggio Emilia non è soltanto una piazza di spaccio, come sono bene o male tutte le città italiane, in tutte le regioni, in tutti i luoghi, perché la diffusione degli stupefacenti – lo sappiamo bene – è sostanzialmente interclassista, attraversa tutte le classi sociali, anche se ovviamente si gradua in relazione al tipo di utente e al tipo di disponibilità economica.
  Noi abbiamo i piccoli traffici legati a soggetti marginali, della marginalità sociale, spesso extracomunitari, ma, come dicevo prima, i grandi traffici, che sono sicuramente appannaggio di organizzazioni criminali, non sono soltanto di passaggio da Reggio Emilia, ma hanno in Reggio Emilia un punto di riferimento per quanto riguarda le intese, lo stoccaggio, la distribuzione sul territorio, che fa leva proprio su quella rete di rapporti di tipo criminale che le organizzazioni che da tempo vi sono operanti ormai assicurano. Però, nel dettaglio potrei anche citare qualche caso particolare.
  Sui Grande Aracri in parte ho risposto dicendo che, al di là di quello che è accaduto con il tentativo di Nicolino Grande Aracri di dare vita ad una collaborazione con lo Stato, che in realtà era soltanto strumentale e di carattere esclusivamente difensivo, ma che in realtà giustamente non è stata considerata una collaborazione a tutti gli effetti, ancora oggi ritroviamo in tante di quelle indagini di competenza del mio ufficio, dove si mettono a fuoco questi meccanismi di criminalità economica, tanti soggetti che, o per ragioni parentali, o per ragioni di affiliazione, hanno ancora un ruolo attivo. Questo lo posso dire con certezza.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Paci. Prenda fiato, perché ho ancora sei interventi.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Non vorrei dimenticare quelle per le quali ho chiesto di parlare in seduta segreta. Magari me le segno.

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  PRESIDENTE. Esatto, me le segno anch'io. Do la parola al senatore Cantalamessa.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Signor presidente, ringrazio il signor procuratore per l'esposizione molto approfondita.
  Vi descrivo subito la sensazione che provo quando si parla della criminalità organizzata in Emilia: è come se mi mancasse un pezzo. Mi spiego. Io sono napoletano e, se vedo la criminalità organizzata in Sicilia, in Campania, in Calabria, so che si sviluppa con la famosa zona grigia e che intesse relazioni con le istituzioni e il mondo della politica. Mi sembra che sia sulla stessa lunghezza d'onda di quello che diceva il collega Orlando. Qui vedo dichiarazioni di uomini e donne dello Stato che lasciano intendere che c'è stato qualche problema da questo punto di vista, dalla dottoressa De Miro, che parla di relazioni della criminalità organizzata con il mondo politico e istituzionale, al dottor Pennisi, che ha rilasciato precise dichiarazioni, al dottor Grandinetti, che ha lasciato intendere un dubbio quando ha inviato le relazioni alla procura e al dottor D'Alfonso, relazione, quella, ivi inclusa la relazione ai carabinieri, che non ha avuto seguito. Inoltre, vado anche a considerare il peso del fatturato della criminalità organizzata in Emilia-Romagna che è rilevante. Allora, mi chiedo: com'è possibile che tutto questo non abbia una sponda negli aspetti istituzionali e politici? Non so se mi riesco a spiegare.
  Se ci sono alcune persone dello Stato, il dottor Pennisi, la dottoressa De Miro, che dicono che ci sono delle relazioni, che si dovrebbe indagare un po' più in alcune cose, che i numeri lo giustificherebbero, perché vuol dire che sono entrati, considerato che quando entrano in Campania, quando entrano in Calabria o quando entrano in Sicilia ad un certo punto vengono fuori determinate relazioni, le chiedo: secondo lei è possibile che si stia sviluppando in maniera che non ci siano proprio queste relazioni, dal momento che a distanza di anni – e non è che non si sia indagato – non sono venute fuori delle cose? Varie persone che lottano in difesa dello Stato hanno paventato dei dubbi, dei rischi, però poi non è mai successo nulla, non ci sono nomi. In Campania e in Calabria ci sono stati consiglieri regionali, parlamentari, persone delle amministrazioni. Quindi, non parlo solo dell'aspetto politico e non è un discorso di colore. Vorrei capire se le criminalità organizzate, dal suo punto di vista, si stanno insediando in determinate zone d'Italia, raggiungendo anche fatturati più che ragguardevoli, omettendo la relazione di questa zona grigia, perché poi tutte le persone che abbiamo audito sul discorso dell'Emilia-Romagna, quando si parla di società civile, si fermano nelle audizioni a dire che ci sono degli imprenditori locali che hanno un interesse. È un po' come al sud, dove viene usata la criminalità organizzata come welfare alternativo, con l'usura, eccetera. È chiaro che in zone più ricche, oltre a fenomeni come l'usura, nei confronti della società civile e delle imprese, magari danno anche altri tipi di servizi, quali la consulenza. Chiaramente è ironico il mio tono. Penso alle fatturazioni false e quant'altro.
  Manca, secondo me, tutta un'altra parte. Questo perché si stanno sviluppando in maniera diversa, perché effettivamente non ci sono queste relazioni o perché riescono a trovare altri sistemi? La domanda, secondo lei, è priva di senso? Nel caso, me lo può anche dire.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. È una domanda che molti osservatori si sono posti e si pongono ed è molto pregna di senso. Posso dire che la zona grigia che in Emilia-Romagna c'è, di cui hanno dato conto le sentenze dei processi che si sono celebrati, ovviamente fa capo in primo luogo all'universo imprenditoriale e professionale di tutti coloro che hanno ideato, agevolato, condiviso, ricercato il meccanismo economico che ho cercato di descrivere, senza i quali, ovviamente, non può essere portato avanti.
  Anche, per esempio, l'ultima relazione della DIA, indirizzata al Ministro dell'interno affinché venga veicolata al Parlamento, parla di questa zona grigia come di un nervo ancora tutto da indagare. Come Pag. 17dicevo prima, le evidenze che sino ad oggi sono state acquisite fanno chiarezza sugli imprenditori. Emerge meno il riferimento alle figure dei professionisti, degli avvocati, dei commercialisti, notai e così via.
  Sul punto devo dire che le evidenze dell'ultimo anno, raccolte dal mio ufficio, consentono di evidenziare che si tratta di una presenza ineliminabile e fondamentale.
  Se estendiamo il concetto della zona grigia anche alla politica, perché mi pare che sia questo il tema, o alle istituzioni, le dico che il processo Aemilia, ma anche altre indagini e altri processi hanno evidenziato collusioni e corruzioni – anche il mio ufficio le ha rilevate – con appartenenti alle forze dell'ordine, senza alcuna diversificazione tra Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza. Anche il mio ufficio l'anno scorso ha fatto un'indagine per corruzione nei confronti di un appartenente alla Guardia di finanza da anni a libro paga di alcuni imprenditori non direttamente titolari di posizioni mafiose, ma sicuramente inseriti sempre nel contesto della falsa fatturazione.
  Ho notato, anche studiando gli atti processuali della direzione distrettuale antimafia, del tribunale di Reggio Emilia, dove poi in massima parte questi processi si sono celebrati o si stanno celebrando, che sono stati alcuni esponenti politici a chiedere e a cercare presso gli imprenditori di ottenere il voto elettorale. Questo è certo. Quello che un tempo era un rapporto che si svolgeva per iniziativa della criminalità organizzata, oggi in qualche modo vede capovolti i termini del rapporto di forza tra alcuni esponenti politici e la criminalità organizzata. Questo è quello che sicuramente alcune sentenze, alcuni processi hanno messo in evidenza.
  Faccio una considerazione finale su questo tema. È chiaro che laddove c'è tanta ricchezza, soprattutto in questo momento storico, grazie anche al flusso che proviene dal PNRR, che in Emilia-Romagna sta avendo un fortissimo impatto – ancora le stime di qualche settimana fa della Guardia di finanza, solo con riferimento alla provincia di Reggio Emilia, parlano di oltre un miliardo di euro che sono stati destinati, programmati – l'interesse della criminalità organizzata è quello di arrivare alla gestione di questi fondi nel modo più indolore possibile, facendo meno rumore possibile. È il caso, ad esempio, di un'indagine che, seppure su un altro versante, in qualche modo è affine a quello del PNRR, che il mio ufficio ha ereditato dalla procura di Brescia, che ha riguardato un soggetto proveniente da una cosca di 'ndrangheta, Todaro per intenderci, che aveva finito per assumere un ruolo di collettore di tangenti, a danno di tanti imprenditori che dovevano realizzare attività edilizie per quanto riguarda la ricostruzione post terremoto.
  Questo, anche se non rientra nel tema PNRR, è un meccanismo analogo che consente di comprendere le modalità operative. Alla fine, per una serie di ragioni, in quel caso, non sono stati accertati reati di mafia, però è stato accertato l'uso dello strumento corruttivo, dello strumento anche concussivo, quindi anche dell'intimidazione.

  PRESIDENTE. Ho iscritti il vicepresidente D'Attis, il senatore Potenti, l'onorevole Pittalis, la senatrice Rando e il vicepresidente de Raho.

  MAURO D'ATTIS(intervento da remoto). Buongiorno, dottore. Grazie per averci dato la possibilità di audirla.
  Ieri abbiamo già accennato ad alcuni fatti che stiamo ripetendo anche oggi, perché, ovviamente, con il dottor Amato si sono tracciate anche questioni che riguardano gli argomenti che stiamo trattando oggi. Faccio a lei più o meno la stessa domanda che ho fatto ieri al procuratore Amato, che è in linea con quello che hanno detto prima i colleghi, in particolare con le considerazioni che ha fatto prima il collega Cantalamessa. È stato pure già accennato negli interventi.
  Vorrei da lei il punto di vista, se fosse possibile, più chiaro, perché ieri non mi è sembrato, come diceva il collega Cantalamessa, che ci fosse chiarezza su questo. Il sostituto procuratore nazionale antimafia Roberto Pennisi a un certo punto dichiara, Pag. 18quindi io riprendo semplicemente quello che è stato dichiarato, che è stato sostanzialmente impedito nella sua attività di indagine da parte del magistrato Mescolini; un'indagine che avrebbe riguardato o poteva riguardare esponenti politici del centrosinistra collegati con la mafia, in particolare quella calabrese, quindi con la 'ndrangheta. Queste sono le dichiarazioni. Vorrei capire se queste dichiarazioni sono state oggetto di approfondimento, se si ritiene di doverle chiarire definitivamente, altrimenti ne parlano solo i giornali perché ormai è diventato un dibattito giornalistico.
  A tal proposito, mi sono fatto un'idea, anche, ripeto, per le considerazioni che sono state fatte dai colleghi, che la Commissione parlamentare antimafia, signora presidente, debba acquisire a questo punto tutti gli atti che riguardano Reggio Emilia e Bologna per la direzione antimafia e in particolare verificare anche, con la collaborazione ovviamente degli auditi, che sono fondamentali e preziosissimi, che tipo di valore hanno queste dichiarazioni.
  Se un sostituto procuratore nazionale antimafia come Pennisi dice delle cose così, e le dice in maniera anche chiara, pubblica, non segreta, vuol dire che non possiamo stare fermi. Però, vorrei sapere dalla procura di Reggio Emilia qual è il punto di vista su questo.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Rispondo in qualche modo ricalcando una mia precedente risposta. È chiaro che su queste dichiarazioni chi può dare anche alla Commissione parlamentare antimafia, come ritengo avrà fatto, anche rispetto agli organi inquirenti, i chiarimenti più adeguati non può che essere lo stesso interessato, cioè il dottor Pennisi, che ormai mi pare, se non ricordo male, non sia più in servizio.
  Per quanto riguarda la verifica che io ho potuto fare in ufficio di eventuali attività di indagine che non abbiano avuto quel necessario approfondimento o che abbiano sofferto di parzialità o di unidirezionalità, chiamiamole così, io, come dicevo prima, sul versante che attiene ai rapporti con amministratori locali e comunque con esponenti della politica del territorio non ho trovato alcuna lacuna. Anzi, ho trovato il giusto approfondimento, tenendo peraltro conto che alcune di queste indagini – qualche altra è ancora in corso – sono iniziate prima che il dottore Mescolini fosse nominato procuratore della Repubblica, perché, se non ricordo male, è stato nominato nella seconda metà del 2018. Queste attività erano già in corso e sono proseguite. Poi, ci sono stati contrasti tra il dottore Mescolini e alcuni colleghi dell'ufficio su attività di indagine, ma le attività sono state fatte. Erano iniziate con il massimo dell'approfondimento e sono approdate a giudizio con lo stesso approfondimento. Ripeto, se mi fossero risultate situazioni di questo genere sarebbe stato oltretutto mio preciso dovere evidenziarle agli organi di competenza, perché non potrei tenermi cose che sono il frutto di una qualche parzialità, messe da canto l'inadeguatezza e l'incomprensione di determinati fenomeni. Però, se avessi avuto sentore di indagini non condotte in modo completo, perché si voleva salvaguardare Tizio, Caio o Sempronio, avrei e ho l'obbligo di legge di denunziare queste cose alle autorità competenti. Non me le posso tenere.

  MANFREDI POTENTI. Ringrazio il procuratore. In parte ha già risposto alla domanda che volevo porre su quanto è stato richiesto dal collega senatore Cantalamessa.
  Anche per mettere una chiosa alle numerose domande che hanno riguardato il possibile o il mancato legame con la parte politica, vorrei aggiungere anche l'eccezionalità di questa trasformazione genetica del fenomeno mafioso nelle aree del centro-nord, similmente a qualunque virus che muta geneticamente la sua esistenza. È un fenomeno biologico anche questo. Come diceva il dottor Falcone, è un fenomeno umano. Credo che più o meno a livello macroscopico possa aver utilizzato la stessa naturale mutevolezza.
  Vorrei aggiungere a questa eccezionalità quella per cui il fenomeno mafioso riteneva scarsamente rilevante un apporto o un aiuto da parte del sistema politico, diversamente da quello che, da tutte le parti del Paese, Pag. 19storicamente, soprattutto al sud, forse per un contesto anche di funzionamento dell'economia ben diverso, dove la primaria fonte di speculazione e investimento nasce dal denaro pubblico e non da quello privato, come al nord, volevo capire se, ritenendo corretto quello che ci ha riferito, che non posso certamente mettere in dubbio, ma altrettanto abbiamo visto quanto risulta da dichiarazioni pubbliche rese sia dal dottor Pennisi, ma anche da illustri ex imputati poi assolti come il nostro dottor Bernini, che in realtà poi ci possa essere il sospetto.
  Tuttavia, a quanto lei ci riferisce, l'eccezionalità di questa metodologia operativa nelle aree del centro-nord, oltre ad aver dismesso i panni della coppola e della lupara e aver adottato dei sistemi naturalmente adeguati alla tecnologia con la quale abbiamo tutti i giorni ormai dimestichezza, ha pure dismesso quelle storiche necessità di connubio con la politica. Grazie.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Quello che dice lei è sicuramente vero. Io ne sono sempre stato estremamente convinto: il sud, tradizionalmente, ha sempre vissuto di spesa pubblica. Quanto più la spesa pubblica negli anni è stata particolarmente affluente, tanto più forte diventava la necessità di creare un collegamento organico con gli esponenti della parte politica disponibili, ovviamente, a scendere a patti, perché questo rientra perfettamente nel paradigma non solo penalistico, ma anche storico del rapporto di scambio, del voto di scambio politico mafioso, che, d'altra parte, è anche richiamato espressamente nel 416-bis, quando fa riferimento alla necessità di controllare l'esercizio del diritto di voto proprio per orientare la spesa pubblica.
  In un contesto, invece – mi fa piacere che lei lo abbia premesso, perché lo condivido anche io – in cui la criminalità organizzata ha dovuto adeguare a un diverso ambiente economico, sociale e istituzionale il proprio operato, in cui l'affluenza non è più quella pubblica o almeno, pur essendoci un livello di sovrastrutture, di servizi pubblici altissimo in Emilia-Romagna, come è a tutti noto, dalla sanità, ai trasporti, alle infrastrutture viarie, ai collegamenti, a tutti i servizi per i cittadini, è sicuramente più rilevante il sistema privato, nel senso che le ricchezze che gestisce ovviamente rendono più appetibili i vari segmenti di mercato in cui operano.
  Da questo punto di vista la trasformazione, l'adeguamento a questo nuovo ambiente è stato agevolato senz'altro dal fatto che chi ha per primo voluto utilizzare, all'interno – questo risulta pure dalle sentenze – degli stessi operatori di provenienza calabrese il meccanismo dell'estorsione travestita dalla falsa fatturazione, poi l'ha trovato conveniente ed è stato accolto anche dagli imprenditori autoctoni o addirittura – adesso lo verifichiamo anche meglio – da imprenditori fuori dalla regione.
  La necessità di instaurare un collegamento con il politico non era altrettanto funzionale se si fosse trattato di acquisire in modo illecito risorse pubbliche. Questo non vuol dire, però, che questo metodo non possa essere utilizzato o che non sia stato intanto utilizzato, perché lo è stato.
  Sempre in Emilia, nell'ambito del processo Aemilia, ci sono stati esponenti politici che sono stati condannati anche a pene particolarmente considerevoli, come l'ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, che è stato condannato ad una pena altissima per rapporti con la 'ndrangheta. Esponenti del mondo dell'informazione, che organizzavano le famose campagne di stampa contro gli organi istituzionali, sono stati condannati a pene considerevoli.
  È soprattutto un tema da coltivare in questo momento storico in cui i fondi del PNRR chiaramente costituiscono motivo di grande attenzione anche da parte della criminalità organizzata.

  PRESIDENTE. Richiamo i commissari al rispetto dei tempi. Vi ricordo che alle ore 16 dobbiamo tornare tutti in Aula e dobbiamo fare una piccola parte secretata.

  PIETRO PITTALIS. La ringrazio, signor procuratore della Repubblica, per il contributo fornito a questa Commissione.
  È chiaro che ci sono aspetti, come hanno rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, Pag. 20che sicuramente potrà chiarire meglio il dottor Roberto Pennisi, però ritengo che una sua valutazione possa essere utile per i lavori di questa Commissione in relazione a un aspetto che a me appare emblematico, di una carenza o comunque di una sottovalutazione investigativa di fronte anche a delle immagini di ex sindaci della città di Reggio Emilia, appartenenti al Partito Democratico, che stringono la mano al boss Nicolino Grande Aracri quando fecero una visita di cortesia a Cutro, feudo della famiglia che spadroneggiava – non so se ancora spadroneggia – nel reggiano.
  Si tratta quantomeno di elementi fattuali che avrebbero dovuto, non solo potuto, costituire oggetto di una attenzione, se si considera poi quello che abbiamo visto, purtroppo, in senso unidirezionale nei confronti di esponenti di altri partiti, penso a Forza Italia, e penso all'avvocato Giovanni Paolo Bernini, a Giuseppe Pagliani, che poi sono stati anche assolti dai fatti loro contestati.
  Le chiedo una sua valutazione su come questo sia stato possibile e come possa essere possibile quando addirittura procure non certo dell'Emilia-Romagna, ma di qualche altra regione, penso a quella di Firenze che su una supposta foto mai venuta a galla, non solo la stampa, ma la stessa procura, con meticolosità cerca di trovare i riscontri probatori per attività delittuose di esponenti politici.
  Questo rappresenta, dal mio punto di vista, un vulnus per la magistratura. Per chi crede nella giustizia, chi ritiene, come me, che la stragrande maggioranza della magistratura sia seria, questo è sicuramente un vulnus da parte probabilmente di una minoranza che, però, in questo rischia di esporre il resto della magistratura, soprattutto quella inquirente.
  Le chiedo una valutazione da parte sua, signor procuratore, perché questa Commissione ha necessità di capire perché si sono verificate alcune iniziative giuste e altre che avrebbero potuto essere portate ugualmente avanti, e questo non è stato possibile.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Come ho esordito all'inizio, sono onorato di poter dare un piccolo contributo ai lavori della Commissione. Non ho da nascondere nulla, salve le forme che in qualche caso possono essere quelle della segretazione della seduta, perché ritengo sia un preciso dovere istituzionale mettere a conoscenza tutti i dati di cui si dispone per consentire ad una Commissione d'inchiesta, che oltretutto, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, ha gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, di utilizzare questi dati per le iniziative legislative di competenza. Non ho davvero alcun tipo di remora a offrire ogni sorta di contributo.
  Tuttavia, lei comprende bene che io non posso esprimere una valutazione su qualcosa che è accaduto in un momento storico in cui io operavo in altro contesto per fatti di cui non mi sono occupato, che peraltro pertengono, e lì rischierei anche di essere scorretto, alla competenza di un altro ufficio, che è la procura distrettuale, non è la procura della Repubblica.
  Le posso dire che è stata mia cura – quando sono stato nominato procuratore della Repubblica e sono arrivato a Reggio Emilia sapevo di tutte queste situazioni che a livello giornalistico o comunque mediatico erano state evidenziate – arrivare in un ufficio ed evitare che venisse minimamente messa in discussione la imparzialità non solo mia, ma di tutti i magistrati e di ogni operatore, non solo interno, ma anche esterno.
  In questo i vari responsabili delle forze dell'ordine potrebbero dirvi quanto sia stata, in questo anno e mezzo, particolarmente stringente l'attenzione sulla necessità di far sì che anche appartenenti alla polizia giudiziaria minimamente chiacchierati, minimamente discussi, oltre che nei casi in cui lo abbiamo accettato, citavo prima il caso del finanziere, colti in flagranza di reato, con la mazzetta in mano, per intenderci, venissero allontanati dalle strutture investigative, proprio perché io pretendo, esigo non solo, ovviamente, da me stesso e da tutti i miei collaboratori, ma anche dalle forze dell'ordine il massimo della correttezza, della trasparenza, della trasmissione all'esterno di quella fiducia che il cittadino Pag. 21necessariamente deve avere verso gli operatori della polizia giudiziaria, perché rappresentano lo Stato sul territorio.
  Io, nell'attività di indagine e nell'attività processuale dell'ufficio, non ho verificato situazioni di unidirezionalità, sia essa una direzionalità non intenzionalmente dolosa, sia essa una direzionalità, a maggior ragione, di tipo doloso, perché le avrei, nei casi previsti, denunziate, segnalate a chi di competenza.
  Le considerazioni che faceva lei, ma anche altri suoi colleghi, sulla necessità per l'organizzazione criminale di avere riferimenti politici sono considerazioni più che plausibili, che valgono per qualsiasi organizzazione criminale che vuole avere sul territorio un ruolo attivo, però dobbiamo calarle nel contesto specifico in cui questo accade. Il contesto emiliano si caratterizza per quelle cose che ho detto prima, dove anche i rapporti con i politici, come sono stati accertati e riscontrati dalle sentenze passate in giudicato di coloro che sono stati condannati, perché ci sono stati coloro che sono stati condannati, sono stati rapporti ricercati spesso dagli stessi esponenti politici, che hanno chiesto il voto elettorale a soggetti che facevano parte di determinate organizzazioni criminali e verso i quali poi hanno reso, a loro volta, delle condotte di favore, nell'ottica di uno scambio do ut des. Tutto questo rientra in una fisiologia tipica dell'operare della criminalità organizzata. Quella emiliana si caratterizza, però, per una sua fortissima vocazione economica, che richiede sicuramente di scandagliare quella zona grigia di cui avete parlato, di cui parla la DIA, di cui tutti siamo consapevoli, che ancora oggi non è pienamente affiorata, anche perché è necessario che gli operatori ne prendano consapevolezza.
  Sicuramente posso garantire che, da parte del mio ufficio, vi sarà, come vi è stato sino ad ora, il massimo dell'attenzione verso tutti questi fenomeni.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Do la parola alla senatrice Rando.

  VINCENZA RANDO. Signor procuratore, la ringrazio. Lei ha fatto un quadro completo e puntuale su come quella che chiamiamo mafia economica si è sviluppata al nord, in particolare a Reggio Emilia, dopodiché ha risposto a svariate domande, per cui mi limiterò a porle alcune questioni.
  Vorrei chiederle, innanzitutto, quanto l'imprenditoria, che è stata molto interessata, è stata prima vittima e poi complice, dove si colloca questa linea di demarcazione tra essere prima vittima e poi complice di interessi. Lei lo ha già accennato, però vorrei che ribadisse quanto è questo e che cosa succede.
  Inoltre, per quanto riguarda il tema degli strumenti, lei ha parlato di interdittive e di numero di interdittive, ma mi pare, da quello che abbiamo letto – non so se a lei consti questo dato –, che tutte le interdittive fatte a Reggio Emilia, seppur ricorsi negli organismi giurisdizionali, abbiano tenuto. Quindi, le chiedo quanto questi strumenti siano ancora attuali rispetto al quadro della mafia economica da lei descritto.
  Infine, per quanto riguarda i collaboratori, lei prima ha parlato di un episodio che ha visto coinvolto un avvocato, ebbene io ero presente quel giorno quando è successo che un avvocato ha intimidito un collaboratore, l'avvocato Piccolo, poi denunciato.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. E condannato in primo grado.

  VINCENZA RANDO. In primo grado, naturalmente, ma lei l'ha già detto.
  È ancora importante, quindi, lo strumento della collaborazione. Lo stesso processo Aemilia ci dice quanto sia stato importante.
  Ancora, qui più volte è stata sollecitata la questione dell'area grigia e della parte politica che è stata interessata. Lei lo ha detto in tutti i modi, alcuni politici sono stati condannati, alcuni sono stati prosciolti, ma per prescrizione, non per assoluzione. Non ne sono a conoscenza, almeno da quello che mi consta – un po' il processo lo conosco –, ma più volte un collega ha parlato di una foto. Io credo che questa Commissione cercherà di fare chiarezza e Pag. 22verità su tutto, quindi avremo sicuramente la presidente disponibile a trovare tutti gli elementi per potere fugare ogni possibile dubbio.
  Si parla, inoltre, di questa dichiarazione del dottor Pennisi. Lei prima ha risposto dicendo che in quel momento non ricopriva quell'incarico, ma è arrivato dopo. A lei consta, sempre se ne è a conoscenza, che dopo queste dichiarazioni del dottor Pennisi è stato fatto un procedimento contro il dottor Mescolini ad Ancona e che c'è stata un'archiviazione? Altrimenti, diventa un dato, un elemento che voglio consegnare a questa Commissione, proprio perché c'è stato un approfondimento su questo tema, un approfondimento giusto, però i pezzi devono essere composti.
  Parlando di strumenti, oltre che delle interdittive, si parlava anche delle misure di prevenzione in generale e del tema del sequestro e delle confische. È vero che riguarda più la direzione distrettuale antimafia, però lei a Reggio Emilia ha un'attenzione particolare anche rispetto alle mafie economiche e, quindi, a questi strumenti che si possono adottare.
  Un'ultima cosa, e chiudo, presidente. Visto che abbiamo il dottor Paci, che è uno dei magistrati che ha seguito dall'inizio il progetto «Liberi di scegliere», mi preme sottolineare che c'è la volontà, vi è anche un'attenzione importante della presidente su questo tema, di partire e arrivare con una legge che tuteli i minori che si vogliono allontanare dalla criminalità organizzata. Prima lei parlava di etnie, e il caso di Saman è importante. Lì parliamo di indottrinamento mafioso, qui parliamo di altri tipi di indottrinamento. Lei, comunque, conosce gli strumenti e le procedure attivate per il progetto «Liberi di scegliere». A suo parere, proprio perché è un elemento importante, tutta la procedura, tutte le fasi per aiutare questi minori ad uscire da questo contesto e rientrare in un contesto di legalità potrebbero essere adattate? Visto che l'abbiamo qua, colgo l'occasione per chiederle se, nel momento in cui saremo portati a definire un quadro legislativo per poter aiutare questi minori, il progetto «Liberi di scegliere», che lei conosce bene in quanto è nato anche un po' con lei, potrebbe essere adattato?
  Un'ultimissima cosa. Con riferimento alla mafia economica, prima diceva che spesso gli imprenditori del luogo, non gli imprenditori del sud, utilizzano le mafie come società di servizi. E lo abbiamo visto anche nel processo Aemilia. Ebbene, questo fenomeno è ancora forte e compreso? Prima diceva che le professioni non alzano la voce rispetto a questo fenomeno, ma forse non hanno capito l'entità del danno, magari soltanto perché non si vede. Però, altre tipologie di associazioni, per esempio le associazioni sindacali o le associazioni culturali, in questo territorio sono presenti? Lo fanno emergere? Sono attente? In effetti, dopo il processo Aemilia, come da sua analisi, è come se ci fossimo pacificati. Abbiamo cercato di dare una risposta a questo territorio, ora siamo pacificati, seppur a quel processo siano seguite le indagini Perseverance e Grimilde. C'è un'attenzione da parte di alcuni, anche di una certa informazione? Grazie.

  PRESIDENTE. Procuratore Paci, le lascio la parola.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Grazie. Rispondo molto volentieri e in estrema sintesi.
  Per quanto riguarda il ruolo, se l'imprenditoria sia vittima o complice, o se prima sia stata vittima e poi complice, quello che posso dire è che c'è una generale condivisione da parte di coloro che ritengono conveniente, perché questo è l'unico elemento di valutazione che si può esprimere con riferimento ai rapporti con queste organizzazioni criminali, accedere ad un servizio. È un servizio che pagano, facendo sì che l'imprenditore che rende il servizio delle false fatturazioni possa invocare anche l'utilizzo dell'IVA che l'imprenditore che richiede il servizio avrebbe potuto riscuotere, alla quale rinunzia, ed è un servizio che pagano perché evidentemente hanno necessità di utilizzare queste false fatture, o di utilizzare l'interposizione fittizia nella gestione delle attività di impresa, Pag. 23o di utilizzare la esterovestizione dei capitali attraverso tutta una serie di passaggi di danaro contante, che ovviamente non può essere giustificato attraverso meccanismi legali. Allora, il denaro contante diventa uno strumento se si accede intanto alla falsa fatturazione.
  Io, quindi, non parlerei più di vittima. All'origine – questo è stato accertato anche dal processo Aemilia – nei rapporti tra soggetti di provenienza calabrese il meccanismo veniva utilizzato per nascondere l'attività estorsiva, ma poi il fenomeno si è diffuso e ha avuto, e ha tuttora, questa peculiare connotazione.
  La ringrazio per la domanda che mi fa sugli strumenti legislativi, perché ci tenevo a evidenziare quelle che, a mio giudizio, sono due esigenze che, sul versante prevenzionale e dei sequestri e delle confische, gli uffici giudiziari hanno, ma anche le procure circondariali. Le misure di prevenzione, infatti, non vengono gestite soltanto dal procuratore distrettuale. Il procuratore distrettuale gestisce le misure di prevenzione antimafia per i fenomeni di pericolosità qualificata, ma il procuratore circondariale gestisce le misure di prevenzione nei confronti dei cosiddetti «pericolosi semplici», che hanno anche rilevanza economica.
  Nel sistema previsto dal decreto legislativo n. 159/2011 – vedo qui la dottoressa Merola, che sicuramente lo conosce molto bene anche per aver presieduto la Sezione misure di prevenzione di Milano, ottima collega – a mio giudizio c'è una lacuna, perché manca un riferimento alla criminalità economica, che, al contrario, è basato esclusivamente sul vetusto richiamo al vivere utilizzando sostanzialmente traffici illeciti. Invece, così come si è fatto con le recenti modifiche e l'introduzione delle lettere h) e i), andrebbe inserito un riferimento a quello che nella giurisprudenza ordinaria dei nostri tribunali viene definito il contribuente fiscalmente pericoloso o, comunque, il bancarottiere socialmente pericoloso, cioè quegli operatori che utilizzano il metodo illecito come gestione sistematica delle attività di impresa, anche attraverso il riferimento all'articolo 416 semplice, non 416-bis.
  A mio giudizio, quindi, anche per dare forza e stabilizzazione ad un orientamento giurisprudenziale, che è iniziato a livello di tribunali di merito, ma che via via è arrivato anche in Corte di cassazione, ritengo che una modifica dell'articolo 4, richiamando espressamente questo tipo di fenomenologia criminale, sarebbe più che opportuna.
  L'altra modifica che apporterei riguarda, invece, la responsabilità degli enti giuridici, prevista in particolare dalla legge n. 231/2001, laddove per i reati tributari, come è noto, è prevista tutta una serie di penalità per coloro che gestiscono imprese che si rendono responsabili di questo tipo di reati, però la normativa, in particolare l'articolo 25-quinquiesdecies, se non ricordo male, non prevede la possibilità di adottare misure interdittive nei confronti dell'impresa che sistematicamente ha posto in essere attività di elusione o di evasione fiscale, o altre condotte economicamente rilevanti da un punto di vista penale. Anche in quel caso la normativa prevede un richiamo soltanto ad alcune misure, ma non anche a quelle interdittive, per cui a mio giudizio andrebbe fatta una specifica integrazione.
  Poi, se la presidente vorrà, vi manderò un documento che evidenzi meglio di come ho descritto queste due lacune che a mio giudizio andrebbero colmate.
  «Liberi di scegliere» è un progetto bellissimo, un'utopia, se volete. Si trattava, e si tratta, di dare un sostegno a tutti coloro che provengono da famiglie di 'ndrangheta o, comunque, da contesti di criminalità organizzata, che non possono, ovviamente, fornire alcun tipo di contributo per accedere alla normativa protezionistica a favore dei collaboratori di giustizia o dei testimoni di giustizia, perché non hanno neanche dei saperi da poter riferire all'autorità giudiziaria ed essere utilizzati in sede di indagine, ma per sradicarli dal contesto familiare, relazionale di provenienza ed evitare che da grandi, poi, possano iniziare a delinquere, cioè possano seguire le orme dei loro familiari. Ricordo lo sforzo di Pag. 24Libera, ma voglio ricordare anche lo sforzo della CEI, della Chiesa cattolica, che ha finanziato molti dei progetti che Libera ha portato avanti negli anni. Ricorderà anche il procuratore Cafiero de Raho, quando il 2 febbraio 2018, nei locali della DNA, venne siglato il primo protocollo nazionale, che prevedeva anche l'inserimento dei Ministeri dell'istruzione, dell'interno e poi anche della giustizia, soprattutto per la parte della giustizia minorile, al fine di creare una rete di rapporti per consentire a questi giovani di non seguire le orme dei loro familiari. A Reggio Calabria ne abbiamo trattati tanti di casi di questo genere. Alcuni sono andati bene, nel senso che questi ragazzi hanno trovato occasione di lavoro e di riscatto lontano dalle loro terre; altri, al contrario, sono ricaduti nel delitto, sono tornati a delinquere. Abbiamo avuto anche esempi clamorosi. Ricordo quello di Roccuccio Molè, trovato, poi, con 500 chili di cocaina. Questo, però, è il rischio che si corre intraprendendo delle possibilità di affrancamento dai contesti familiari, ma che vale la pena correre, altrimenti il rischio è che queste persone non abbiano alcun tipo di alternativa, come il più delle volte accade. Più volte, in varie sedi, abbiamo parlato di questo progetto, di questa iniziativa perché diventasse una legge dello Stato e non fosse più rimesso alla generosità, allo spontaneismo, anche, della CEI, che lo ha finanziato, e utilizzato come strumento non alternativo rispetto a quello che, ovviamente, mira a proteggere i testimoni e i collaboratori di giustizia, ma come uno strumento complementare, in grado, cioè, di offrire occasioni di tutela a situazioni che – ripeto – sia pure in quei pochi casi in cui lo strumento ha avuto successo, hanno consentito a persone che venivano da contesti che li votavano irrimediabilmente a emulare le scelte di vita dei genitori o dei familiari di allontanarsene. Comunque, per la società è un successo nella misura in cui si evita la caduta nel delitto delle giovani generazioni.
  Anche su questo io sono molto disponibile, eventualmente, anche per il futuro.

  PRESIDENTE. Grazie. La senatrice Rando che coordina il comitato sui minori sicuramente avrà modo di chiederle di più, immagino.
  Ho gli ultimi due interventi e poi dovrei far dare quelle risposte sulla parte segretata, quindi cerchiamo di essere il più possibile brevi.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO. Sarò brevissimo. Grazie, procuratore. Ha dato un'immagine molto chiara, credo, a tutti di quanto le mafie abbiano cambiato il loro modo di agire, soprattutto al nord, di quanto le attività economiche sviluppate vengano, poi, realizzate, in genere, senza una vera intimidazione che non sia quella ereditata dal clan o dalla cosca di origine.
  Faccio solo qualche piccola domanda, proprio sulla base di quello che lei ha detto, in primo luogo con riferimento ai sindacati. Quello che mi colpì molto in Emilia fu il fatto che le iscrizioni ai sindacati si fossero notevolmente ridotte da quando la 'ndrangheta aveva iniziato a espletare un vero e proprio controllo sulle attività economiche, quindi sulle società e sulle imprese.
  In relazione alle situazioni riguardanti la crisi d'impresa, quindi fallimenti, c'è una specifica attenzione con riferimento a quei soggetti economici che sono incorsi in dichiarazioni fallimentari, in cui lo stato passivo è limitato esclusivamente a oneri previdenziali e fiscali. Chiedo se su questo vi sia una proiezione anche collaborativa con la direzione distrettuale di Bologna.
  Lei ha fatto riferimento ai cinesi. Nell'ambito degli accertamenti che erano stati fatti in passato, la dogana rilevò in aeroporto cinesi che in un caso avevano in una valigia circa 1,8 milioni di euro in contanti e in un altro caso 300 mila euro, e via via in tante altre occasioni, che stavano per partire e tornare in Cina con queste consistentissime somme di denaro. Proprio su queste attività economiche, gli accertamenti hanno mai consentito di rilevare dei connubi con altri soggetti non cinesi? Sono stati instaurati i procedimenti penali per organizzazioni finalizzate anche al riciclaggio?
  Volevo chiederle, ancora: in relazione proprio al riciclaggio, avete mai accertato il coinvolgimento di supermercati o, comunque,Pag. 25 di attività che lavorano soprattutto con il contante? Avete mai potuto rilevare casi di questo tipo?
  Ultima domanda. Nell'ambito delle transazioni, lei, giustamente, ha detto che le false fatturazioni costituiscono uno degli strumenti attraverso i quali la 'ndrangheta, con le sue imprese, aggrega le imprese sane, quindi finisce per dare convenienza nel rapporto. Quello che le chiedo è questo: con riferimento alle fatturazioni che, di volta in volta, nel giro di queste fatture false, sono comparse, vi sono anche fatture emesse per coprire l'acquisto di danaro, l'accettazione di danaro contante in mancanza di corrispettivo, cioè di merci? Una delle possibili modalità potrebbe essere anche questa: si emette la fattura senza dare nulla; prendere danaro e farlo entrare. Anche in quel modo, quindi, si finisce per coprire. Lei ha ricordato che Reggio Emilia addirittura ha il PIL della Cina, riportato, naturalmente, al territorio ridotto che c'è. Vi sono stati rilevamenti di questo caso proprio a Reggio Emilia? Essendo uno dei centri più produttivi, dal punto di vista economico, è anche la sede nella quale più facilmente il danaro, la ricchezza possono entrare ed essere, poi, coperti e sparire nell'ambito di queste imprese proprio costituite da 'ndrangheta, da camorra, da mafia.
  Grazie ancora, procuratore, e complimenti.

  PRESIDENTE. Faccio intervenire anche il senatore Sallemi, che ha promesso di essere brevissimo.

  SALVATORE SALLEMI. Signor presidente, manterrò la promessa, sarò brevissimo.
  Grazie, procuratore. La mia è una riflessione che scaturisce da ciò che lei ha detto e si riaggancia un po' al tema sulla zona grigia. Io non sono un amante dell'istituto, anche perché, secondo me, merita delle correzioni da un punto di vista tecnico – mi riferisco all'articolo 143 del TUEL – però mi sorge una riflessione. Dal 1991 al 2023 sono stati sciolti 379 comuni in Italia, mai un comune dell'Emilia-Romagna, o forse uno solo, comunque, siamo vicini quasi allo zero. La riflessione che faccio io, procuratore, è questa. Magari non è un tema specifico per la sua funzione, ma più indirizzato alla direzione distrettuale antimafia. Nel 2015 inizia l'operazione Aemilia, che porta all'arresto di 250 persone. Inizia il maxiprocesso più grande e importante del nord Italia. Leonardo Sciascia diceva che la mafia segue la linea della palma. È evidente, quindi, che qualcosa si sposta da sud verso nord.
  Credo che quest'area grigia dovrebbe essere attenzionata in maniera maggiore. Anche in virtù di alcune sue dichiarazioni, sono stati arrestati rappresentanti della politica anche in Emilia-Romagna, un presidente del consiglio comunale di Piacenza. Anche il processo Aemilia ha snocciolato alcune situazioni che potrebbero meritare interesse. In virtù del PNRR, di quello che arriverà, ritiene si debba, magari, correggere il tiro su un certo tipo di indagine per capire meglio dove questo anello di congiunzione non ha funzionato? In base ai numeri che ci sono, in base al PIL. Il 4,4 per cento nel 2022 rappresenta il PIL, in proporzione, più importante, a livello di regione, del mondo in Emilia-Romagna. C'è qualcosa che, evidentemente, non funziona.
  La mia, quindi, era più che altro una riflessione per capire se questo dato sullo scioglimento dei comuni – che merita un correttivo, attenzione – non possa essere indicativo di qualcosa che deve essere corretto.

  CALOGERO GAETANO PACI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia. Rispondo, intanto, alle domande del vice presidente de Raho. La prima era sul ruolo dei sindacati, in particolare sulla verifica della riduzione del numero di iscrizioni ai sindacati. Quello che posso dire in termini generici – lo avevo in qualche modo già anticipato anche prima – è che diverse indagini che stiamo facendo in ufficio evidenziano sicuramente un ricorso all'istituto della somministrazione illecita della manodopera.
  È chiaro che, in una condizione sia pure di piena occupazione, quale quella che c'è in territorio emiliano rispetto ad altre parti Pag. 26del territorio nazionale, sicuramente rispetto al sud, questo ricorso massiccio alla intermediazione illecita e alla somministrazione illecita ha come contraltare la caduta del rapporto tra il lavoratore e il sindacato, perché la gestione del rapporto viene accentrata in capo a chi gestisce queste agenzie interinali di somministrazione di lavoro, che, ovviamente, orienta la forza lavoro in base alle esigenze.
  Dunque, viene meno quel radicamento che storicamente si è sempre creato tra il lavoratore e l'azienda, quindi il sindacato che opera all'interno di una determinata azienda e che conosce l'azienda, quindi è in grado di difendere e supportare le esigenze e tutelare i diritti dei lavoratori. Tutto questo, ovviamente, favorisce la perdita della sindacalizzazione come elemento di tutela e favorisce la contrattazione individuale, che finisce per essere, poi, l'anticamera della perdita della tutela dei diritti. Questo è un fenomeno estremamente preoccupante, secondo me. In questo fenomeno sicuramente il ruolo di maggiore rilievo è proprio offerto da chi ha organizzato e organizza questo tipo di somministrazioni, che sono molto diffuse, soprattutto nel settore della logistica e dei trasporti, dove in particolar modo i lavoratori di fatto subordinati vengono rivestiti anche di qualifiche particolarmente altisonanti, come se fossero lavoratori autonomi, quindi non bisognosi di quella tutela che il lavoratore subordinato avrebbe, quando, in realtà, così non è, perché è semplicemente un meccanismo fittizio.
  Per quanto riguarda le crisi d'impresa, dopo la riforma dell'estate del 2022, che coincide, praticamente, con il momento in cui mi insedio a Reggio Emilia, io ho avviato subito le interlocuzioni necessarie, da un lato, con l'Agenzia delle entrate, per monitorare tutte le situazioni di lettura sistematica delle informative, perché avevo riscontrato che l'Agenzia delle entrate era solita segnalare le violazioni finanziarie, che poi possono essere prodromiche anche alla dichiarazione di fallimento, quindi di prefallimento, in modo frammentario, per ovvie ragioni legate alla gestione delle attività di accertamento dell'Agenzia delle entrate. Facendo queste informazioni per ogni annualità, si perdeva la possibilità di valutare in modo sistematico e globale l'operatività di un determinato imprenditore. Quindi, siamo arrivati a stilare un protocollo d'intesa che metta la procura della Repubblica e anche la Guardia di finanza, che ne è compartecipe, nella condizione di avere dei dati aggregati, quindi cercare di prevenire – così come è nello spirito del Codice della crisi d'impresa – i fenomeni di pre-insolvenza, che devono consentire o, meglio, obbligano il pubblico ministero ad attivare determinati poteri di accertamento ed evitare, quindi, la spoliazione di aziende e, soprattutto, che la crisi d'impresa vada a incidere sulle tutele e sulle aspettative dei lavoratori, che sono coloro che per primi fanno sempre le spese di situazioni di dissesto economico, non certo le banche, non certo i creditori economicamente forti, che magari ottengono prima e con modalità sotterranee la liquidazione delle loro spettanze.
  Tutto questo sta già cominciando a dare i suoi frutti, nel senso che almeno non soffriamo più di una visione parcellizzata e frammentaria di queste comunicazioni, che sono essenziali per radiografare il comportamento di un'azienda. Per quanto riguarda, per esempio, l'assolvimento degli oneri contributivi, anche le altre agenzie, come gli Ispettorati del lavoro, l'INAIL e l'INPS, forniscono dati aggregati che, quindi, ci consentono di avere una visione più ampia.
  L'altra domanda che il senatore mi aveva posto era quella del riciclaggio, in particolar modo della falsa fatturazione come strumento per acquisire danaro contante. Forse non mi sono soffermato molto, ma tra le varie causali della falsa fatturazione c'è quella di ripianare i bilanci per avere un'apparenza da esibire a enti di certificazione, da esibire alle banche, da esibire a enti di controllo, anche per le società quotate in borsa. Considerate che Reggio Emilia è al secondo posto, dopo Bologna, per il numero di società quotate in borsa a livello nazionale, società di seconda e di terza fascia. Quindi, presenta una platea di imprenditori particolarmente florida.Pag. 27
  Vi è, poi, l'esigenza di acquisire danaro contante. Danaro contante che, ovviamente, viene gestito attraverso meccanismi di esterovestizione. Quindi, in prima battuta viene canalizzato su conti esteri, dove rimane per un certo periodo di tempo, e poi fatto rientrare in Italia per compiere altre operazioni, sempre in nero, di gestione economica di attività di aziende. Questo è sicuramente uno dei fini principali, degli obiettivi principali a cui tende la falsa fatturazione.
  L'altra domanda riguardava sempre la falsa fatturazione. Non mi pare ci fosse un altro approfondimento.
  Per quanto riguarda la domanda posta dall'onorevole Sallemi, sullo scioglimento dei comuni, è un tema che si sposa a quello su cui avevo chiesto la segretazione della seduta.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
  (Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore Paci e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.