XIX Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Giovedì 13 giugno 2024
Bozza non corretta

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Bagnai Alberto , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EQUILIBRIO E I RISULTATI DELLE GESTIONI DEL SETTORE PREVIDENZIALE ALLARGATO, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA, ALL'EVOLUZIONE DEL MONDO DELLE PROFESSIONI, E ALLE TENDENZE DEL WELFARE INTEGRATIVO

Audizione di rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS).
Bagnai Alberto , Presidente ... 2 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 3 
Bagnai Alberto , Presidente ... 10 
Cantù Maria Cristina  ... 11 
Bagnai Alberto , Presidente ... 12 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 14 
Bagnai Alberto , Presidente ... 15 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 16 
Bagnai Alberto , Presidente ... 16 
Dondi Daniela (FDI)  ... 16 
Bagnai Alberto , Presidente ... 16 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 16 
Dondi Daniela (FDI)  ... 17 
Bagnai Alberto , Presidente ... 17 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 18 
Bagnai Alberto , Presidente ... 19 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 20 
Bagnai Alberto , Presidente ... 20 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 20 
Bagnai Alberto , Presidente ... 20 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 21 
De Pascalis Antonio Rosario , responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS ... 21 
Bagnai Alberto , Presidente ... 21 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 21 
Bagnai Alberto , Presidente ... 22 
De Pascalis Antonio Rosario , responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS ... 22 
Bagnai Alberto , Presidente ... 23 
De Pascalis Antonio Rosario , responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS ... 23 
Bagnai Alberto , Presidente ... 24 
De Pascalis Antonio Rosario , responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS ... 24 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 26 
Bagnai Alberto , Presidente ... 27 
Cesari Riccardo , consigliere di IVASS ... 28 
Bagnai Alberto , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO BAGNAI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Non ci sono obiezioni.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'equilibrio e i risultati delle gestioni del settore previdenziale allargato, con particolare riguardo alla transizione demografica, all'evoluzione del mondo delle professioni e alle tendenze del welfare integrativo.
  Ricordo che IVASS è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, che opera per garantire l'adeguata protezione degli assicurati, perseguendo la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione e la loro trasparenza e correttezza nei riguardi della clientela.
  L'Istituto opera altresì per garantire la stabilità del sistema assicurativo. Per IVASS è presente il professor Riccardo Cesari, consigliere, accompagnato dal dottor Antonio Rosario De Pascalis, che è il responsabile del Servizio Studi e Gestione Dati, e dal dottor Andrea Venturini, dell'Ufficio Segreteria di Presidenza e del Consiglio.Pag. 3
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione, do la parola al professor Cesari per lo svolgimento della relazione, per la quale è previsto l'utilizzo di slide che sono state distribuite per e-mail e sono anche disponibili su carta.
  Al termine della relazione, che raccomando di contenere in venti-trenta minuti, i commissari che lo richiedano potranno intervenire. Prego, professor Cesari.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Buongiorno a tutti. Signor presidente, ringrazio lei e gli onorevoli e senatori. È sempre un onore partecipare ai vostri lavori, oltre che un dovere istituzionale.
  Come sapete sicuramente meglio di noi, il tema oggetto della vostra Commissione è delicatissimo e importantissimo. È, chiaramente, un tema critico, perché da parecchi anni i Paesi europei – tra cui, in particolare, l'Italia – devono affrontare quella che viene definita «crisi del welfare».
  Nella slide ho indicato i quattro fattori fondamentali che sono alla base di questa crisi. Da un lato c'è l'invecchiamento della popolazione. Vedete l'evoluzione negli ultimi cento anni della probabilità di morte alle varie età: c'è stata una riduzione importantissima e significativa.
  Altro elemento fondamentale è il calo della natalità. Anche questo, nel corso degli ultimi settant'anni, è veramente impressionante. C'è, poi, il trend di decelerazione del PIL. Naturalmente, al di là dei cicli di up and down, c'è un trend di lungo periodo che vede una tendenziale riduzione della crescita reale. Infine, c'è un trend, anche questo al di là dei cicli congiunturali, che vede un tendenziale aumento del tasso di disoccupazione. Chiaramente, questi sono i fattori critici.
  I tre nodi del welfare si chiamano, ovviamente, previdenza, salute e aggiungerei anche scuola. Queste sono le percentuali di Pag. 4peso della spesa pubblica sul PIL: 16,3 la previdenza, 6,3 la salute e 4,1 la scuola.
  Interessante è il fatto che il PNRR sta cercando, come strumento fondamentale, di trovare una soluzione a queste problematiche. Qui, per esempio, vedete la lista degli interventi dedicati alla salute, che sommano a qualcosa come 16 miliardi di euro, per un peso complessivo sull'insieme dei fondi PNRR intorno all'8,7 per cento.
  Faccio presente che la salute sul totale della spesa pubblica pesa il 12 per cento. In un certo senso, c'è quasi un sottodimensionamento all'interno del quadro complessivo del PNRR.
  I due temi che vorrei focalizzare oggi sono quello della previdenza e quello della salute. Sulla previdenza non avrei moltissimo da dire, perché siamo di fronte, o almeno crediamo, a un sistema riformato a tre pilastri. C'è stata un'importante ondata di riforme tra il 1992 e il 2005. Oggi è un sistema a tre pilastri, quello pubblico, quello collettivo integrativo, direi quasi semi obbligatorio, perché c'è il famoso tema del silenzio-assenso del trattamento di fine rapporto, e infine la componente individuale, la previdenza volontaria di terzo pilastro.
  Siamo davanti a incentivi fiscali, a un valido impianto normativo, a una chiarezza delle regole e dei controlli. Mi pare sicuramente una situazione che è presa anche ad esempio da molti altri Paesi. Le assicurazioni in questo quadro hanno un triplice ruolo. In primo luogo, sono gestori dei fondi negoziali aperti di tipo previdenziale. Il ramo sesto, che è dedicato proprio a questo tipo di intervento, ha una dimensione di 4 miliardi di euro di premi nel 2022, con una crescita molto significativa del 22 per cento rispetto all'anno precedente (in assoluto la cifra non è grandissima, ma in termini dinamici è importante).Pag. 5
  Un secondo ruolo lo hanno nella gestione dei piani individuali pensionistici, che sono fondamentalmente il terzo pilastro della previdenza complementare. Sono piani utilizzati attraverso il ramo primo, che sono le gestioni separate, e il ramo terzo, che sono le cosiddette «unit linked». L'ammontare dei premi del 2023 è stato di 5,4 miliardi.
  È infine da ricordare che le assicurazioni sono i gestori delle erogazioni pensionistiche in forma di rendita, ma sono casi tutto sommato rari, ancora. Nel momento in cui il pensionato dovesse chiedere una prestazione in forma di rendita, ecco che interviene per ogni fondo previdenziale l'assicurazione che gestisce, appunto, da gestore professionale, le rendite previdenziali.
  Dal punto di vista della sanità, apparentemente sembreremmo di fronte a una situazione simile, perché sembra che ci sia un sistema a tre pilastri. Abbiamo un pilastro pubblico dato dal Sistema Sanitario Nazionale, abbiamo un pilastro integrativo, dato dai fondi sanitari, e abbiamo un pilastro individuale dato dalle assicurazioni sanitarie libere e volontarie.
  C'è, però, una prima differenza, perché in questo caso i cittadini affrontano una spesa cosiddetta «out of pocket», cioè una spesa personale, molto importante, che quindi è quasi un quarto pilastro. In aggiunta, questo parallelismo con la previdenza è solo superficiale perché, in realtà, in questo caso bisogna dire – e qui secondo me il ruolo della Commissione è cruciale – che siamo di fronte a una normativa tutto sommato poco chiara, con ruoli sfumati, con controlli e vigilanza abbastanza carenti, dati tutto sommato obsoleti, perché, per esempio, se andiamo a vedere l'anagrafe dei fondi attualmente disponibili noi abbiamo trovato l'ultimo report del 2021 con i dati del 2019. Quindi, anche da un punto di vista informativo, c'è, credo, una qualche difficoltà.Pag. 6
  Nel confronto internazionale l'Italia, come ben sapete, ha una spesa sanitaria totale intorno al 9 per cento, che la colloca nella metà bassa della graduatoria dei Paesi europei e non europei. A parte il caso degli Stati Uniti, che spicca, ma che ha delle particolarità tutte sue, vedete che Germania, Francia, Austria, Regno Unito sono su livelli decisamente superiori.
  La spesa pubblica, rispetto, per esempio, a Francia e Germania, in Italia è non solo più bassa, ma anche tendenzialmente decrescente stando alle previsioni di bilancio che abbiamo letto nei documenti ufficiali. La situazione è, quindi, chiaramente problematica.
  Ci sono due modelli fondamentalmente in questo panorama internazionale che vi ho brevemente menzionato, due modelli che potremmo chiamare quello del welfare sanitario erogato dallo Stato, in forma obbligatoria – lo si chiama anche «modello alla Beveridge» –, e quello erogato da assicurazioni e mutui, sempre di tipo obbligatorio, che potremmo chiamare «modello alla Bismarck».
  In questa situazione, chiaramente, l'Italia si colloca nel primo modello, con una spesa sanitaria pubblica intorno ai 130 miliardi di euro, una spesa sanitaria intermediata da fondi e imprese di assicurazione su livelli molto più bassi, siamo intorno a 4,7 miliardi netti, e una spesa out of pocket, quella che esce direttamente dalle tasche dei cittadini, intorno ai 37 miliardi di euro. Il totale fa 172 miliardi, quindi siamo intorno al 9 per cento del PIL.
  Per quanto riguarda i fondi sanitari e gli enti che lavorano nella spesa intermediata, abbiamo due tipologie. I fondi di tipo A, che, a quanto risulta – ma, ripeto, i dati non sono aggiornati – sono solamente dodici, sono tenuti solamente a prestazioni integrative del Servizio Sanitario Nazionale, e la loro raccolta non raggiunge i 3 milioni di euro.Pag. 7
  Gli enti e i fondi di tipo B, che dovrebbero essere circa 309, erogano prestazioni integrative almeno per il 20 per cento e hanno una raccolta molto più importante di 3 miliardi di euro. Qui c'è la deducibilità fiscale della contribuzione fino ai 3.615 euro.
  Questi enti sono fondamentalmente fatti, per l'85 per cento dei casi, da associazioni senza personalità giuridica e, per il 15 per cento dei casi, da società di mutuo soccorso. Proprio con riferimento a queste tipologie, credo vada sottolineata – non è la prima volta che lo facciamo – la sostanziale mancanza di regole di vigilanza, di sana e prudente gestione, di solvibilità, di trasparenza e, in ultima analisi, di tutela del consumatore. Lo vediamo anche dai reclami che riceviamo, che sono reclami a volte che non sanno bene a chi rivolgere. Sono i cittadini che ci scrivono, anche se purtroppo noi non abbiamo competenze e quindi ci ritroviamo a dare risposte poco concludenti.
  Il caso – ne abbiamo parlato in un'audizione precedente di qualche anno fa – dell'articolo 345 del CAP (Codice delle assicurazioni private), che riguarda le società di mutuo soccorso, è, io credo, emblematico, perché questo articolo, molto difficile, fumoso e di difficile applicazione, parla di assoggettamento alla vigilanza prudenziale da parte di quelle società di mutuo soccorso che hanno una operatività oltre la soglia, cioè prestazioni oltre i 100.000 euro.
  Chiaramente, ci sono notevoli incertezze di applicazione, difficoltà sui criteri di applicazione, difficoltà sui criteri di individuazione delle norme oggetto di estensione, difficoltà nel fondamento e nell'estensione dei poteri dell'IVASS, nella ragionevolezza e nella funzionalità dei sistemi di controllo, nelle applicazioni alle società di mutuo soccorso delle regole di Solvency e di distribuzione, le famose regole IDD europee sulla distribuzione assicurativa, quindi requisiti patrimoniali, governoPag. 8 societario, condotta di mercato. Davvero non si sa come, quando e se applicare questo tipo di norma. Credo sia importante proprio perché, se noi avessimo un quadro anche regolatorio chiaro ne beneficerebbero innanzitutto il consumatore, poi il sistema nelle sue regole chiare e trasparenti e, in ultima analisi, l'appeal di questo tipo di copertura sanitaria.
  Chiudo con un tema che sicuramente vi è caro e ci è caro, perché abbiamo appena creato un progetto di analisi sulla non autosufficienza. Lo stiamo facendo con le università la Sapienza di Roma e Ca' Foscari di Venezia: è un progetto ambizioso, che vuole proprio andare ad analizzare la situazione sulla long term care.
  Ci sono alcuni dati fondamentali che riguardano questo tema, peraltro abbastanza noti, che vi segnalo. Da un lato, vedete il grafico alla vostra sinistra in cui c'è la situazione attuale della quota di popolazione sopra i 65 anni – siamo nel 2021 – rispetto alla popolazione totale. L'Italia spicca per livello, siamo intorno al 24 per cento. È seconda solo al Giappone. Questo sta a indicare che la quota di anziani è significativa. Non solo: se andiamo a proiettare questa quota sui prossimi venti o trent'anni, vediamo come essa è destinata a salire fino, secondo le previsioni ISTAT, al 34 per cento, quindi altri dieci punti.
  Nonostante questa situazione di allarme e di rischio, i dati strutturali della non autosufficienza indicano che l'Italia è chiaramente impreparata da questo punto di vista. Questo è il numero di letti dedicati alla long term care sulla popolazione over 65. Vedete nella comparazione internazionale come l'Italia si colloca penultima, subito prima della Polonia, così come potete vedere che il numero di lavoratori sulla popolazione over 65 è, anche in questo caso, molto basso; il numero di infermieri dedicati sulla popolazione anziana è basso, ed è basso il numero Pag. 9di assistenti. È bassa anche la qualità del lavoro – e qui abbiamo trovato un indicatore abbastanza significativo –, cioè il numero di lavoratori che hanno al massimo il diploma di scuola media inferiore. Vedete come, in questo caso, spicchiamo proprio perché abbiamo un'altissima quota, sebbene tendenzialmente decrescente, sul totale dei laboratori che sono in questa situazione.
  Questi dati segnalano una situazione di allarme a fronte di un rischio significativo. In questo grafico trovate la probabilità, per maschi e femmine, di essere colpiti da non autosufficienza nel corso della vita. Come vedete, siamo intorno al 4-5 per cento. Io l'ho chiamata, in altre occasioni, una piccola catastrofe naturale familiare, perché qualora dovesse succedere è chiaro che si è di fronte a una specie di catastrofe naturale. Il parallelo serve proprio a indicare che, forse, anche gli strumenti per andare incontro a questa tipologia di problema sono simili a quelli di cui stiamo discutendo proprio in questi giorni sulle catastrofi naturali, come le intendiamo comunemente.
  Abbiamo il tema della rilevanza – è un tema molto importante questo della non autosufficienza –, abbiamo l'impatto significativo, abbiamo l'esposizione al rischio che addirittura è, nel caso della non autosufficienza, superiore al rischio di incorrere in un terremoto, perché, obiettivamente, è più probabile per la popolazione anziana ritrovarsi in quella situazione piuttosto che ritrovarsi a fronte di una catastrofe naturale in senso stretto.
  Abbiamo il tema della sottocopertura. Come nelle catastrofi naturali, anche qui l'Italia spicca per un basso grado di copertura assicurativa. Vi ricordo – ho riportato qui i dati – che il rapporto in Italia tra premi-danni (di cui la componente accantonata è un di cui) e PIL è appena dell'1,9 per cento, contro una media dei Paesi OCSE del 4,9 per cento, quindi più Pag. 10del doppio, in media, negli altri Paesi, a indicare appunto la sottocopertura assicurativa.
  La soluzione che prospettiamo è, tutto sommato, simile a quella che si sta proponendo per le catastrofi naturali. Oggi i dati sulla long term care dicono che abbiamo una spesa pubblica intorno ai 38 miliardi, una spesa privata intorno ai 33 miliardi, e una spesa intermediata assolutamente irrilevante (qualcosa come 178 milioni di euro di polizze). L'idea – che naturalmente sarà oggetto dell'analisi (ad ora è solamente una bozza), che, appena disponibile, vi invieremo molto volentieri – è quella di vedere quale può essere il costo di una copertura universalistica per tutta la popolazione, almeno per tutta la popolazione che lavora, proprio per coprire il rischio di una non autosufficienza.
  Immaginiamo – ma siamo appunto all'inizio del lavoro – una sorta di partenariato Stato, imprese e terzo settore, in cui ciascun soggetto va a presidiare i tre obiettivi che potrebbe avere questo approccio: un obiettivo di universalità, tutti coperti, un obiettivo di efficienza e sostenibilità del sistema, e qui le compagnie di assicurazione devono presidiare questo aspetto, e un obiettivo di qualità relazionale in cui potrebbe intervenire il terzo settore, cioè quei soggetti che, proprio per mestiere, essendo fra l'altro non profit, sono capaci di creare una qualità relazionale importante, elevata, magari anche sotto un controllo opportuno, proprio perché stiamo parlando di servizi alla persona, quindi è estremamente importante che questi servizi siano di qualità.
  Naturalmente questa è una prospettiva e vi faremo avere i risultati, speriamo entro l'anno oppure agli inizi del prossimo.
  Con questo vorrei chiudere il mio intervento. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Cesari.Pag. 11
  Do la parola i colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, partendo naturalmente dai colleghi del Senato, per ragioni di impegni d'Aula. Prego, senatrice Cantù.

  MARIA CRISTINA CANTÙ. Buongiorno a tutti. Ringrazio il professore e anche i tecnici che sappiamo l'hanno coadiuvato. Non ho nessuna domanda specifica, presidente, considerata la chiarezza logico-descrittiva di quanto esposto e la significatività dei contributi di sintesi conclusiva prospettati, che sono perfettamente in linea con gli obiettivi di questa indagine conoscitiva, che ci sta particolarmente a cuore, e che potranno tradursi in una coerente iniziativa legislativa per rendere sostenibile, accessibile ed equo, in chiave universalistica, il sistema sanitario e socio-sanitario, partendo dalla prevenzione, per dare di più costando di meno.
  Dovremmo cercare di superare, approfondendo molto bene anche la dinamica sin qui storicizzata – e quindi gli approfondimenti che avete prospettato saranno utilissimi –, il concetto del cosiddetto «consumismo sanitario» in sanità. Un consumismo estremo, a volte, che come è intuibile è indotto da una pluralità di concause, tra cui la medicina difensiva, il suo concetto surrettizio tale per cui farne ricorso è percepito dai più come benessere. Ora, forse lo può essere psicologicamente, ma sostanzialmente è senz'altro rischio di nocumento, a cominciare da un tema anche di natura psicologica per l'ansia indotta che è correlata. Da un punto di vista sistemico è inoltre generatrice di costi che il sistema non può permettersi, soprattutto in presenza, come è stato ben evidenziato, della sanità complementare, perché restituisce il 50 per cento di quanto costa complessivamente. Penso in particolare a quei pacchetti inglobati nelle polizze sanità che costano oltre 10 miliardi all'anno in detrazioni fiscali, restituendo prestazioni per meno Pag. 12della metà; prestazioni, come è stato molto ben sottolineato, fuori controllo, mancando a tutt'oggi meccanismi di valutazione di appropriatezza, secondo indicatori oggettivi e misurabili.
  Io sono certa che potremo valorizzare una sinergia collaborativa con l'Istituto per la messa a punto di modelli innovativi, che, in un patto interistituzionale – come è stato molto bene evocato, a mio modo di vedere – fra Stato, imprese e terzo settore, fondato su principi di universalità, solidarietà, sussidiarietà, qualità e appropriatezza, possano aiutare a finanziare la sostenibilità di lungo termine del nostro sistema di welfare. Questo nella sua globalità e nell'accezione che è stata in premessa molto puntualmente evidenziata da lei, professore. Grazie davvero.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Cantù. Se non ci sono altri interventi, avrei piacere io di porre alcune domande. Innanzitutto vi ringrazio per aver sollevato il tema dell'impatto della decrescita del PIL sulla sostenibilità del sistema. È un tema che viene sistematicamente messo in secondo piano. Dal punto di vista della rappresentazione che avete dato, che è sostanzialmente quella di interpolare con una tendenza deterministica il tasso di crescita del PIL, la sensazione che si trae è quella di un fenomeno che, al netto degli evidenti scostamenti causati dalla crisi pandemica, si sia sviluppato in modo uniforme nel corso del tempo.
  In realtà – al netto di tutte le considerazioni di carattere statistico-matematico che possiamo fare sulla validità di questa interpolazione, che comunque ha un senso descrittivo molto chiaro –, se noi effettuiamo un'operazione analoga, anziché sui tassi di crescita, sui livelli del PIL, osserviamo una situazione un po' diversa, nel senso che la decrescita pressoché costante del tasso di crescita dell'economia reale corrisponde a una crescita lineare del PIL e dunque corrisponde, in qualche modo, a quello Pag. 13che un normale modello macroeconomico neoclassico di crescita ci dice, cioè che c'è una diminuzione del tasso di crescita proporzionale, percentuale, quando ci si avvicina allo steady state.
  Il problema che si osserva è che la tendenza storica dal 1950 al 2007, a prima della grande crisi finanziaria, si sovrappone ai dati pressoché perfettamente. Dopodiché, abbiamo una stasi, che corrisponde, nel vostro grafico, al periodo in cui i tassi di crescita diventano negativi o sono comunque vicini allo zero. Questo è un problema di sostenibilità. Innanzitutto, questo è un problema molto evidente, anche se ci poniamo su una prospettiva secolare, perché si vede molto bene, in una prospettiva secolare del PIL, che quello che sta succedendo negli ultimi vent'anni è un fenomeno piuttosto vistoso; più vistoso, per esempio, della Seconda guerra mondiale (ora, qui ci sarebbe da discutere, perché effettivamente sarebbe più appropriata una scala logaritmica; sicuramente, è un fenomeno molto protratto).
  Noi adesso abbiamo una chiave interpretativa di questo fenomeno, che ovviamente si è riflesso su tutta una serie di cose, per esempio sul gettito contributivo. Questo, ovviamente, non riguarda tanto il tema IVASS, ma riguarda il tema della sostenibilità del sistema pensionistico in generale; fermo restando, però, che, siano contributi obbligatori oppure volontari – cioè ricadenti in forme assicurative di carattere privatistico –, affinché i cittadini, i clienti, gli assicurati possano versare dei contributi, prima devono avere dei soldi in tasca. È evidente che, comunque, la macroeconomia ha un riflesso.
  Noi abbiamo un'interpretazione di queste dinamiche, che è stata data dal presidente Draghi in un discorso del 16 aprile scorso al Forum sociale europeo. Sostanzialmente, egli imputa questo tipo di dinamiche, in particolare dinamiche che hanno - come egli dice - compromesso il nostro modello sociale, al Pag. 14fatto che è stata attuata, per recuperare competitività, una strategia deliberata di abbattimento dei salari di uno Stato membro rispetto all'altro, combinandola con una politica fiscale prociclica in condizioni di austerità, quindi con tagli degli investimenti. L'effetto netto sarebbe stato quello di indebolire la nostra domanda e di compromettere il nostro modello sociale.
  In altre parole, mentre nella vostra slide si vede un fenomeno lento e inesorabile, se ci si riferisce, anziché al tasso di crescita, ai livelli, si vede qualcosa di più simile al ragionamento che fa il presidente Draghi, cioè che un certo tipo di stasi del PIL, quindi di aggravio della sostenibilità dei sistemi è dovuto a politiche deliberate. A me interesserebbe, intanto, una valutazione su questo, perché il fenomeno - ahimè - è macroscopico. Lo si vede in queste slide che ho presentato al Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'INPS. Lì, ovviamente, i temi erano laterali rispetto a quelli di oggi. Poi entrerei un attimo anche nel merito di altri. Intanto, mi interessava una vostra considerazione: questo tipo di valutazione l'avete presente? Ritenete che le considerazioni del presidente Draghi siano fondate? Ovviamente, non sta a voi pronunciarvi sulle politiche macroeconomiche, avete ben altro ruolo, voi, come noi, le subìte, però volevo capire se stiamo guardando gli stessi dati.
  Mi interessava una prima valutazione su questo.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Il dato che illustravo è quello, molto descrittivo e banale, senza voler dare interpretazioni particolarmente spinte, di una tendenziale decrescita - come si diceva prima - del tasso di crescita, che è frutto probabilmente di una serie di situazioni, di politiche. La maggior parte delle considerazioni che si leggono - io non sono un esperto in materia - si riferisce a una caduta del tasso di produttività del sistema italiano, quindi un problema proprio di Pag. 15produttività, e lo si è visto anche dal punto di vista dell'innovazione tecnologica.
  Se andiamo a vedere la produttività non solo del lavoro, ma anche quella del capitale – purtroppo non ho con me il dato –, l'ISTAT calcola sia la produttività totale dei fattori che la produttività del lavoro e del capitale, e si nota che la produttività del lavoro tutto sommato ha retto negli ultimi decenni, mentre la produttività del capitale è scesa drammaticamente nel corso degli ultimi trent'anni, a indicare un deficit di innovazione che, poi, si è riflesso nei risultati complessivi.
  Non è facile trovare le determinanti di questo andamento, però credo che tutti i fattori produttivi debbano essere analizzati e che, forse, il tasso di innovazione del nostro sistema sia da tenere sott'occhio. In un certo senso, questo si collega al discorso iniziale che facevo sul tema della scuola (che, naturalmente, non è oggetto delle vostre attenzioni dirette). Il basso investimento, che tutt'oggi e in passato abbiamo osservato nel campo scolastico e dell'istruzione in generale, potrebbe essere il nòcciolo fondamentale che spiega tante cose del nostro presente e del nostro futuro. Come diceva qualcuno: «se chiudi una centrale elettrica è buio subito, se riduci l'investimento scolastico è buio dopo vent'anni».

  PRESIDENTE. La ringrazio. Nel 2015, infatti, il Presidente Draghi aveva parlato di produttività e nel 2024 ha parlato di tagli dei salari.
  A questo proposito, ho una domanda che credo rientri un po' di più nelle vostre competenze specifiche. Quando voi entrate nella descrizione delle dinamiche demografiche, c'è un fenomeno abbastanza evidente: il tasso di natalità, dopo una fase di stasi, che va circa dalla metà degli anni Ottanta alla grande crisi finanziaria, dove si rimane su un livello di 10 nati ogni 1000 persone, inizia una discesa molto marcata, molto Pag. 16visibile. Esiste una qualche razionalizzazione del perché il tasso di natalità inizia a scendere, sostanzialmente, dopo il 2008, dopo la crisi dei subprime?

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Credo sia un problema proprio di crescita economica, tornando al caso di cui parlavamo un attimo fa, perché tra le determinanti delle decisioni di fare figli credo ci sia la prospettiva economica delle famiglie. Non a caso, quell'inizio di discesa va a coincidere con la crisi mondiale di cui il Paese ha subìto gli effetti in maniera drammatica.
  Mi sentirei di dire, quindi, senza aver fatto analisi specifiche, che dietro questa ulteriore discesa ci sia la crisi economica del reddito delle famiglie.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Vedo una domanda dall'esterno. Collega Dondi, le do la precedenza per motivi di galanteria e anche di praticità.

  DANIELA DONDI. Signor presidente, mi ero prenotata perché volevo fare questa domanda, che più che una domanda è un consiglio. Parlo di casse di previdenza, che ogni anno erogano circa 500 milioni di valore in prestazioni di welfare ai professionisti. Questo intervento delle casse di previdenza potrebbe essere più efficace? Ci potrebbero essere ulteriori accorgimenti che le casse di previdenza potrebbero mettere in campo, tenuto conto del calo demografico e del progressivo invecchiamento dei professionisti, che comunque sono iscritti alle casse?

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dondi.
  Restituisco la parola al professor Cesari.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Provo a rispondere. Naturalmente non sono soggetti vigilati dall'Istituto per la Pag. 17vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), quindi non abbiamo una conoscenza diretta. Credo che in alcuni casi ci sia proprio un problema di contribuzione, di sostenibilità complessiva del sistema delle casse, per cui forse una revisione della contribuzione potrebbe essere necessaria. Ma lo dico senza avere fatto specifici approfondimenti. Forse un riallineamento tra contribuzione e prestazioni, in alcuni casi perlomeno, sarebbe da tener presente.

  DANIELA DONDI. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie collega. Nell'attesa di eventuali altre richieste dall'esterno, mi interesserebbe proseguire con qualche piccolo approfondimento. Per esempio, qua vedo che viene evidenziato il trend del tasso di disoccupazione, ma mi chiedo se non sarebbe più conferente rispetto al tema della sostenibilità analizzare il tasso di occupazione, ovvero il numero di persone occupate sulla popolazione attiva, anziché il numero di persone in cerca di lavoro sulle forze di lavoro. Il quadro, come sappiamo, sarebbe molto diverso. Se ci poniamo su questo trend, su questo sample, dal 1977 al 2022-2024 oggi siamo a un massimo storico.
  C'è un'altra cosa che mi ha colpito sempre dal punto di vista della descrizione dei dati. È molto interessante e molto ben fatta la parte sulla long term care. Effettivamente, se considerate una prospettiva statica, essa è piuttosto allarmante per la situazione del nostro Paese, dal momento che l'Italia ha una situazione di letti disponibili per cento persone sopra i sessantacinque anni piuttosto preoccupante. Fra l'altro, alla fine di questa legislatura avrò sessantacinque anni, quindi capite che si entra in cose che hanno anche un interesse diretto per chi parla.
  C'è però un dato che mi ha colpito: paradossalmente l'Italia ha una dinamica positiva, seppure lievemente accennata, per Pag. 18cui il numero dei letti sta aumentando, mentre in tutti gli altri Paesi, tranne la Germania, che mi sembra pressoché stazionaria, ma in Paesi come la Norvegia e la Danimarca, per riferirci a quei modelli di stato sociale che tendenzialmente riteniamo più avanzati del nostro, effettivamente con fondamento, la Svezia, l'Olanda, la Francia, il trend di letti è decrescente. E questa cosa si vede anche da altre parti, anche su altre dinamiche, seppure in modo molto sfocato. Sui lavoratori no. Ci stiamo venendo incontro. Ovviamente si deve fare di più. Abbiamo un commento su questo? Perché all'estero li stanno riducendo? Invecchiano di meno? Stanno optando per altre soluzioni? Per esempio, in Olanda sappiamo che è molto avanzato il dibattito sull'eutanasia, per dirne una. Adesso non credo che venga proposta come soluzione, anche se devo dire che dal punto di vista culturale questa è un'evoluzione che deve essere comunque seguita.
  Mi interesserebbe capire perché tutte queste dinamiche decrescenti nel resto del mondo, visto che avete giustamente messo questo fenomeno in una sana chiave comparativa.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. È giustissima la sua osservazione sul tasso di disoccupazione. Ha perfettamente ragione: è sicuramente più diretto il rapporto tra occupati e forze di lavoro. Ma ho l'impressione che, al di là degli aspetti ciclici, forse il messaggio non sarebbe molto diverso. Comunque, grazie del suggerimento.
  Per quanto riguarda l'andamento annuale all'interno di ciascun Paese, effettivamente è verissimo che c'è una quasi omogenea tendenza alla riduzione dei posti letto. È pur vero, tuttavia, che ridurre la situazione su livelli alti è un'altra cosa. Noi addirittura stiamo leggermente aumentando, anche se le distanze sono ancora macroscopiche: su questi trend ci vorranno anni per avere una situazione comparabile. Si potrebbe Pag. 19pensare che tutti gli altri Paesi abbiano avvertito anch'essi – tenete presente che questi dati vanno dal 2010 – l'impatto della crisi complessiva del sistema pubblico, che i tagli si siano distribuiti anche in altri Paesi. In ogni caso, guardando al livello assoluto siamo ancora molto, molto distanti.

  PRESIDENTE. Quindi, abbiamo molta strada da fare. Qui naturalmente entra il tema di chi deve farla, ovvero se debba farla il pubblico o il privato.
  Mi dovete scusare, ma purtroppo anche in circostanze che non ci portano nei telegiornali delle ore 20 qui il lavoro da fare è tanto. Ieri c'è stato anche l'intermezzo del telegiornale, quindi la mia lettura è stata un po' superficiale. C'è una cosa che non capisco. Voi giustamente mettete in evidenza in modo molto efficace la differenza fra i sistemi beveridgiano e bismarckiano. Il nostro è un sistema di welfare sanitario a trazione pubblica, almeno in teoria; cosa che, se non capisco male, suscita una vostra attenzione, nel senso che forse sarebbe opportuno favorire anche l'ingresso di operatori privati, almeno nella vostra valutazione. È chiaro che voi siete un organismo tecnico, però ciò che dite ha risvolti politici, quindi noi dobbiamo riuscire a interpretarli. Però, nella slide precedente si vede che la spesa sanitaria pubblica in Italia è sensibilmente più bassa (due punti di PIL abbondanti, anche tre) rispetto a quella della Francia e soprattutto a quella della Germania. In Germania sono bismarckiani per ovvi motivi: è roba loro. Questo mi sembra quasi paradossale: come mai loro, che hanno un sistema bismarckiano, fanno più spesa di noi?
  C'è poi anche questo tema, se la spesa sia crescente o decrescente, che ultimamente è molto all'attenzione. Infatti, abbiamo visto che l'avvento di un Governo conservatore ha avuto fra i meriti indiretti quello di far emergere il fatto che in Italia il sistema sanitario potrebbe essere migliore, senza alcuna Pag. 20riflessione, però, su perché è come è: tutto potrebbe essere migliore. Qua vedo che la spesa è bassa e decrescente. Intanto non ci sono le traiettorie di Germania e Francia dopo lo spike della pandemia, perché lì chiaramente il rapporto al PIL è stato drogato dal calo del PIL e poi la spesa è aumentata perché in condizioni di emergenza ovviamente i soldi si trovano. Il dato del 2024, poniamo, quello che a occhio è intorno al 6,3 per cento, è esattamente quello che era previsto dal Governo Draghi nella sua NADEF. Il problema è che, però, il PIL che abbiamo nel 2024 è superiore a quello che il Governo Draghi aveva previsto nella sua NADEF. Di fatto, siamo dagli 8 ai 9 miliardi di euro in valore assoluto sopra quella spesa pubblica. Io sono d'accordo che i rapporti sul PIL siano importanti, però questo della spesa pubblica in sanità decrescente è sempre un tema un po' scivoloso, perché effettivamente adesso si stanno spendendo più soldi.
  Allora, visto che stiamo parlando di dinamiche assicurative, l'IVASS rileva i premi pagati per le polizze malattia, sia quelle individuali che quelle collettive, attraverso le segnalazioni periodiche. Fra l'altro, mi colpisce questa osservazione sull'anagrafe dei fondi: voi sostenete che riporta dati obsoleti. Ma questa anagrafe chi deve tenerla?

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Il Ministero della salute.

  PRESIDENTE. Quindi, il Ministero della salute attualmente ci fornisce un quadro...

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Un po' obsoleto.

  PRESIDENTE. Un po' obsoleto, si può dire: noi siamo una Repubblica parlamentare e in Parlamento possiamo dirci le cose come stanno. Poi ci si ragiona. Tenete presente che tutte Pag. 21le pubbliche amministrazioni vivono anche momenti di sofferenza, a parte alcune authority, perché sono state depauperate di risorse.
  Questo è interessante, perché forse potrebbe promuovere l'interesse di questa Commissione a chiamare in audizione, che credo fosse già nell'animo della collega Cantù, il Ministero della salute.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Anche la vigilanza.

  ANTONIO ROSARIO DE PASCALIS, responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS. Le società di mutuo soccorso, invece, sono vigilate, ma solo per l'ingresso nel registro, dal Ministero delle imprese e del made in Italy.

  PRESIDENTE. È normale che il Ministero della salute stia alle assicurazioni sanitarie come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta alle pensioni. Scusate, ma purtroppo io, come avrete capito, sono un macroeconomista e non conosco tutto sull'ordinamento. Per esempio, con riferimento ai sei rami, qua vediamo evocato il primo, il terzo e il sesto, mi mancano il secondo, il quarto e il quinto. Ma adesso non voglio entrare in questo. Magari me lo studio da me, perché sicuramente da qualche parte è scritto.
  Mi interessa una cosa. Qual è stato il trend dei premi del ramo malattia raccolti dalle compagnie assicurative italiane? È stato crescente? Qual è stato il suo rapporto con il complesso della spesa sanitaria intermediata? Forse i numeri ci sono, ma non li ho visti.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Non li abbiamo messi. Sicuramente è stato crescente. In particolare, il ramo malattia e infortuni è in crescita. Non le so dire al volo Pag. 22l'ammontare perché non me lo ricordo, ma ho memoria di un ramo in crescita. All'interno della raccolta danni, non è il ramo più importante. Come dicevo un attimo fa, in Italia tutta la raccolta danni soffre di livelli bassissimi, soprattutto in termini comparativi rispetto agli altri Paesi. Al di là della RC auto, che è uno dei rami più importanti, ma semplicemente perché dietro vi è l'obbligatorietà della copertura, gli altri sono rami che nel confronto con gli altri Paesi soffrono di una strutturale sottorappresentazione.
  Abbiamo il dato al volo?

  PRESIDENTE. Interviene il dottor De Pascalis che ci fornisce i dati.

  ANTONIO ROSARIO DE PASCALIS, responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS. Sì.
  I premi assicurativi contabilizzati sono pari a 3,5 miliardi di euro, circa il 10 per cento dei premi del complesso dei rami danni. Sono aumentati del 12,6 per cento rispetto al 2021. Le prime cinque imprese raccolgono il 61 per cento: quindi, c'è una certa concentrazione.
  Le polizze malattia sono molto diffuse: un italiano su tre è assicurato in forma individuale o collettiva. Tuttavia, il premio medio è molto basso: 171 euro. Quindi, rispetto a chi ha magari una copertura piena ci sarà qualcuno che ha 10 euro sul conto corrente o 5 euro, che magari non ti assicura nulla, o comunque solamente in caso di grande intervento chirurgico. La frequenza sinistri è del 50,3 per cento, ovvero la metà delle polizze subisce un sinistro in un anno. Il costo medio è di 258 euro.
  Nel 2021 c'è stata una perdita economica da parte delle compagnie di assicurazione dal punto di vista tecnico, che invece, nel 2022, ricominciano a guadagnare dal punto di vista del saldo tecnico. Il risultato del conto tecnico al netto delle Pag. 23assicurazioni è pari a 112 milioni di euro. Questo significa che le compagnie di assicurazione hanno guadagnato, nel 2022, 112 milioni di euro. Nel 2021 avevano perso 188 milioni.
  Se mi è consentito, faccio solo una battuta in risposta alla senatrice, che ha detto tante cose interessanti nella sua sintesi, ma mi concentro su una cosa su cui stiamo tanto lavorando.

  PRESIDENTE. Assolutamente sì, prego dottor De Pascalis.

  ANTONIO ROSARIO DE PASCALIS, responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS. La senatrice ha detto una parola magica, che indirettamente fa crescere i costi nella sanità, quando ha parlato di medicina difensiva.
  Noi tanto stiamo lavorando per cercare di attenuare il ricorso alla medicina difensiva. Abbiamo lavorato alle tabelle per la definizione dei danni macropermanenti da qualche anno. Forse è in dirittura d'arrivo, è andato in Consiglio di Stato il decreto. C'è stata un'interlocuzione e forse verrà licenziato dal Ministero del made in Italy, finalmente.
  Dopo anni di gestazione, finalmente vede la luce. Questo contribuirà in qualche modo anche alla certezza del risarcimento. Ma soprattutto stiamo lavorando tanto, da qualche anno, a un altro aspetto. Abbiamo visto che la legge n. 24, la cosiddetta legge Gelli Bianco, non ha prodotto esattamente gli obiettivi che si era prefissa quando è stata concepita. Stiamo lavorando per cercare di capire quali sono le ragioni del mancato sviluppo del comparto assicurativo sulla RC sanitaria.
  Impropriamente uno pensa che le assicurazioni non si sviluppino, ma in auto-ritenzione del rischio, quando le strutture sanitarie sono in auto-ritenzione del rischio... Il discorso è lungo. Adesso rischiamo di scantonare sulla RC sanitaria, che non è l'oggetto. Però, assolutamente stiamo esaminando questa questione, è alla nostra attenzione, perché sappiamo che la medicina difensiva è uno dei mali della nostra sanità.

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  PRESIDENTE. Grazie. Questo mi sembra un altro tema meritevole di approfondimento, ma d'altra parte la competenza in materia della collega Cantù è riconosciuta.
  C'erano due cose che mi hanno incuriosito. Ultimamente si assiste a forme di assistenza sanitaria che riconoscono le prestazioni mediante polizze di durata piuttosto breve, addirittura annuale o biennale. Questo mi sembra che ponga un tema, perché poi se subentra una patologia di qualche tipo la persona rimane appesa – scusate se sono poco tecnico –, rimane priva di copertura e questo non è un grande incentivo, secondo me, ad ampliare il ruolo del privato, perché le persone forse temono di affidarsi, di vedersi negare delle prestazioni, per buoni o cattivi motivi, ovviamente. Secondo voi, sarebbe opportuno normare in qualche modo, quindi mettere delle durate minime?
  Di converso, voi avete evidenziato che siete oggetto di reclami. C'è poca evidenza per il consumatore riguardo a chi debba effettivamente rivolgersi. Mentre sulle controversie finanziarie abbiamo visto che in circostanze più vicino ai miei interessi della legislatura precedente, l'arbitro per le controversie finanziarie era riuscito a snellire una serie di dinamiche che riguardano la vostra istituzione cugina, la Banca d'Italia, credo che fosse in gestazione un arbitro assicurativo. A che punto siamo? Può essere utile un sostegno parlamentare di questa iniziativa? Come possiamo aiutare? Potrebbe essere utile? Se è utile, come possiamo procedere?
  Sono due le cose. Una è fonte di possibili controversie, e mi riferisco a questi contratti brevi, l'altra, invece, è un aiuto per la risoluzione.

  ANTONIO ROSARIO DE PASCALIS, responsabile del Servizio studi e gestione dati di IVASS. Sull'arbitro risponde il Pag. 25consigliere, che sta seguendo intensamente e attentamente da tempo la questione.
  Lei ha colto, presidente, un tema importantissimo. È logico, se il privato si prende il rischio, quello «bello», e poi appena il cliente ha un infarto, piuttosto che altre patologie, il rischio tarato ritorna alla sanità pubblica, aggraveremmo solamente i costi, perché la sanità pubblica avrebbe soltanto rischi tarati. Diventerebbe una bad company. Assolutamente no, è proprio questo che temiamo.
  Lei parlava di una legge in cui imporre. È già regolato il diritto di recesso, che è molto limitato. Tuttavia, imponendo qualcosa alle compagnie di assicurazione ci potremmo trovare, poi, alla morte del mercato, perché le compagnie non sono obbligate ad offrire, non offrirebbero e sparirebbero. Bisogna, quindi, come lei mi insegna, trovare un equilibrio.
  Un equilibrio potrebbe essere - ci stiamo riflettendo anche nell'ambito della ricerca sulla LTC - offrire una deducibilità, la possibilità, quindi, al cittadino di dedurre, a condizione, però, che la polizza abbia alcune caratteristiche. Se la polizza ha quelle caratteristiche (in tema di rinuncia, eccetera) c'è l'appeal per il consumatore, che decide di prendere quella polizza, perché deducibile, alla compagnia di assicurazione... Si può sviluppare, si può innescare un circuito virtuoso, proprio spingendo con la deducibilità fiscale, alla quale poi mi riallaccio.
  Per lo strano sistema distonico fiscale e normativo in generale, che è stato rappresentato brevemente dal professor Cesari, se si aderisce a un fondo sanitario c'è la deducibilità del contributo; se si acquista direttamente una polizza assicurativa, questa non è deducibile né detraibile a eccezione della parte di premio LTC. Questo è distonico. Che succede, allora? Succede che tutti aderiscono a un fondo sanitario, il quale, poi, si assicura presso una compagnia di assicurazione.Pag. 26
  Quando non è soddisfatto, il cliente, che vede il rapporto con la compagnia di assicurazione, fa reclamo a noi, ma il cliente è un aderente al fondo, non può reclamare. Può reclamare solamente il contraente. Se noi scriviamo alla compagnia di assicurazione ci risponde che non lo conosce. Il cliente non può nemmeno rivolgersi alla compagnia di assicurazione, perché deve interloquire con il fondo sanitario, che è il contraente della polizza. Era quello il problema, il nostro imbarazzo rispetto a reclami a cui dobbiamo rispondere. Questo non giova all'istituzione, laddove si dice «le solite cose, nessuno è responsabile». Certe volte l'intermediazione del fondo non è tanto percepita dal consumatore, perché vede il rapporto con la compagnia che interloquisce. Questo è un problema fortissimo.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Presidente, tocca un nervo delicatissimo. Noi abbiamo dedicato a questo tema dell'arbitro assicurativo qualcosa come cinque anni di lavoro, abbiamo prodotto regolamenti, e quant'altro. Dopo rimbalzi vari - perché, naturalmente, gli interlocutori erano tantissimi, Ministero della giustizia, MIMIT, Ministero della Salute - forse abbiamo finalmente trovato il modo di convergere su un testo definitivo. Il Ministero della giustizia in particolare ha fatto al Ministero delle imprese delle considerazioni. C'è un gruppo di lavoro che proprio in questi giorni sta mettendo a punto il testo, noi speriamo definitivo.
  Tenga presente che la legge che istituiva questo arbitro aveva anche dato una importante previsione di risorse umane (45 persone) che noi immediatamente cominciammo a inserire. Stiamo parlando di tre anni fa. Abbiamo cominciato con un primo gruppo di 15 soggetti - ovviamente, nel tempo saremmo arrivati ai 45 previsti - i quali, però, hanno dovuto aspettare, e sono ancora in attesa, perché i rimpalli – devo dire sinceramente che potevano essere evitati – che si sono creati hanno Pag. 27fatto sì che tutt'oggi, nonostante che il nostro presidente nelle ultime due relazioni abbia detto «stiamo arrivando, siamo pronti», non abbiamo ancora il regolamento – che naturalmente non deve essere di IVASS ma del MIMIT –, che istituisce l'arbitro assicurativo.
  Quindi, ci imbarazza molto. Noi siamo pronti, abbiamo addirittura anche le risorse, giovani bravi, in gamba, pronti per affrontare e per venire incontro alle esigenze dei consumatori, perché questo chiaramente è un servizio fondamentale per gli utenti. Purtroppo, devo dirle che la parola fine è in vista, ma non c'è ancora.

  PRESIDENTE. Si allarga lo spettro dei ministeri che forse vorremmo poter audire per avere un quadro chiaro e organico della situazione. Vedo che sono iniziati i lavori d'Aula, ma per il momento non c'è bisogno dell'apporto della forza bruta, mia in particolare, quindi vorrei fare un'altra domanda.
  Con un sincero ringraziamento per aver finalmente portato l'attenzione di questa Commissione sul tema sanitario, che era rimasto un po' indietro rispetto ad altri temi, ma perché ovviamente questa è una Commissione che ha uno spettro di indagine molto ampio, vorrei tornare un attimo sul tema più strettamente previdenziale.
  Le assicurazioni svolgono anche un ruolo fondamentale nel secondo e terzo pilastro nel tema dell'erogazione della rendita, dove si registra – anche lì – una specie di disallineamento temporale. Anche lì, infatti, le assicurazioni stabiliscono con i fondi delle convenzioni che hanno durata poniamo quinquennale, mentre il periodo contributivo generalmente e auspicabilmente è molto più lungo. Questo disallineamento genera qualche problematica.
  Rispetto a questo, per esempio – come succede con la RITA (rendita integrativa temporanea anticipata), sapendo che a Pag. 28scadenza si può optare per il capitale, per la rendita a seconda dei livelli di contribuzione, eccetera –, sarebbe un'ipotesi praticabile quella che sia il fondo a gestire dei pagamenti scadenzati senza rivolgersi all'industria assicurativa? Che tipo di impatti avrebbe? Quali sono le posizioni degli stakeholder? Voi come la vedete? Sarebbe interessante, perché questo è un tema che ogni tanto emerge.
  Poi vi lascio andare, altrimenti questo diventa un interrogatorio.

  RICCARDO CESARI, consigliere di IVASS. Per noi è un piacere. Naturalmente – poi non so se il dottor De Pascalis vorrà aggiungere qualcosa – sulla carta è possibile che sia il fondo stesso a gestire le rendite, però in questo caso credo che debba dotarsi di tutti i presìdi, di tutte le caratteristiche necessarie per svolgere quella che è un'attività professionale molto precisa, con degli impegni importanti e significativi. Pertanto – però parlo senza avere chiesto nulla ai membri del direttorio, parlo come mia impressione – non vedo nessuna difficoltà, se non appunto il fatto che debba rispettare regole precise, caratteristiche precise sia della sua struttura interna che delle regole di solvibilità che deve rispettare, per cui naturalmente i fondi grandi – perché un fondo piccolo credo che non possa neanche porsi il problema – potrebbero benissimo in qualche modo internalizzare questo tipo di attività.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Cesari.
  Nel ringraziare tutti gli intervenuti di IVASS, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.