XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 13 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE DINAMICHE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E INTERESSE NAZIONALE
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 3 
Corradini D'Arienzo Regina , Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST ... 3 
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 10 
Porta Fabio (PD-IDP)  ... 10 
Loperfido Emanuele (FDI)  ... 10 
Corradini D'Arienzo Regina , Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST ... 11 
Loperfido Emanuele (FDI)  ... 11 
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 11 
Corradini D'Arienzo Regina , Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST ... 11 
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 11 
Corradini D'Arienzo Regina , Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST ... 11 
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 14 
Cantalamessa Marco  ... 14 
Di Giuseppe Andrea , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA DI GIUSEPPE

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SIMEST.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale, l'audizione di rappresentanti di SIMEST.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Regina Corradini D'Arienzo, Amministratore Delegato e Direttore Generale della SIMEST, accompagnata dall'avvocato Marco Bellocci, responsabile affari legali e societari, e dal dottor Marco Cantalamessa, responsabile strategia e innovazione sostenibile.
  Ricordo che SIMEST è la società del gruppo Cassa depositi e prestiti che dal 1991 sostiene la crescita delle imprese italiane all'estero. Azionisti sono Cassa depositi e prestiti, che la controlla al 76 per cento, e un nutrito gruppo di banche italiane e associazioni imprenditoriali. La missione di SIMEST è affiancare l'impresa in ogni fase del processo di internazionalizzazione, dalla prima valutazione di apertura verso un nuovo mercato all'espansione attraverso investimenti diretti. Opera attraverso finanziamenti per l'internazionalizzazione, il supporto del credito all'esportazione e la partecipazione al capitale delle imprese.
  Inoltre, SIMEST aderisce al network European Development Financial Institutions (EDFI) ed è partner delle principali istituzioni finanziarie mondiali.
  Fatta questa breve premessa, do subito la parola alla dottoressa Corradini D'Arienzo affinché svolga il suo intervento.

  REGINA CORRADINI D'ARIENZO, Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST. Buongiorno. Signor presidente, onorevoli, per noi è molto importante essere qua oggi, in questo momento di confronto e di dibattito sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale.
  Come diceva il presidente, SIMEST dalla sua nascita - cioè dal 1991 - si occupa di supportare le imprese nei loro processi di internazionalizzazione. È nata nel 1991 per essere partner delle imprese nel mondo, quindi per quelli che erano i processi di costituzione o di acquisizione di aziende nel mondo, come partner di capitale; poi, nel 1999, a questa attività, a questa mission, si è affiancata quella di gestore dei fondi pubblici nazionali a supporto, in termini di finanziamenti o di contributi, all'internazionalizzazione; quindi non solo espansione all'estero, ma anche per far crescere l'export delle imprese italiane e del made in Italy.
  Questa attività ha avuto un ulteriore allargamento nel 2004, quando anche tutta la nostra attività legata agli investimenti partecipativi, cioè quando entriamo nel capitalePag. 4 delle società italiane all'estero, non ha più visto solo il capitale di SIMEST, ma ha visto anche la presenza di fondi pubblici, tramite un fondo – che si chiama fondo di venture capital – che si affianca ai nostri capitali tutte le volte che supportiamo e siamo partner di un'impresa nei suoi processi di internazionalizzazione.
  Detto ciò, a livello di governance ha già detto il presidente, quindi non aggiungo, se non dire che siamo all'interno del gruppo Cassa depositi e prestiti dal marzo del 2022, perché prima del marzo 2022 eravamo, a livello di governance, insieme a SACE. Poi c'è stato un distinguo, SACE è andata direttamente all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) e invece SIMEST insieme a Cassa depositi e prestiti. Dico questo, però, anticipando già che, in ogni caso, le nostre sinergie, le nostre cooperazioni tra SACE e SIMEST, la stessa ICE e tutti gli altri attori istituzionali, abbiamo fatto di tutto per rafforzarle, e fra poco vi dirò anche degli elementi concreti del nostro lavorare insieme.
  Cosa fa SIMEST, quindi, oggi? SIMEST oggi ha due gambe, anzi direi, dal piano industriale, tre. La prima è essere partner delle aziende nel mondo. Lo facciamo a livello di capitale. Noi entriamo nel capitale delle imprese nel mondo, sempre in minoranza; la governance, la maggioranza rimane sempre degli imprenditori italiani. Siamo un socio istituzionale e nel dialogo con le imprese sempre più le imprese ci dicono che questo per loro è un valore aggiunto. Tutte le volte che loro vogliono penetrare mercati nel mondo o – perché no – vogliono acquisire aziende nel mondo, la presenza dello Stato nel capitale è un valore aggiunto direi in quasi tutte, se non tutte, le geografie nel mondo.
  Siamo un socio industriale. Noi non abbiamo finalità di breve periodo, perché vogliamo seguire tutto il processo industriale delle aziende italiane, quindi possiamo rimanere fino ad otto anni, che riteniamo essere – ma questo ce lo dicono gli imprenditori – un tempo adeguato per lo sviluppo industriale. Soprattutto, noi non chiediamo mai di avere un guadagno da questo tipo di partnership e quindi lasciamo tutto il valore aggiunto di quella che è la crescita delle imprese italiane all'estero all'imprenditore. In altre parole, noi entriamo ad una cifra e usciamo alla stessa cifra, quindi tutto il vantaggio derivante da quella operatività rimane all'impresa italiana.
  Aggiungo un elemento su questo tipo di attività che, come ho anticipato prima, dal 2004 non vede solo più la presenza di SIMEST, ma anche di fondi pubblici, che ritengo molto importante oggi, visti gli attuali tassi: nel momento in cui entriamo nel capitale di una società italiana all'estero abilitiamo dei fondi europei che sono dei contributi in conto interesse per tutti quelli che sono gli investimenti fatti fuori dall'Europa. La dinamica dell'interesse delle aziende italiane su investimenti all'estero fuori dell'Europa sta crescendo a doppia cifra ormai da anni, vedendo gli Stati Uniti come il primo mercato dove le imprese italiane sono interessate a fare investimenti all'estero. Questi sono contributi molto interessanti, che fino a pochi anni fa oggettivamente in Italia noi non usavamo totalmente, e invece abbiamo fatto e stiamo facendo una grande azione di promozione per le imprese italiane affinché vengano utilizzati, perché se noi siamo nel capitale – essendo in minoranza ovviamente non possiamo dare i soldi per l'intera operazione – per l'ulteriore parte di liquidità che serve all'impresa, nel momento in cui l'impresa utilizza dei finanziamenti – bancari, di Cassa depositi e prestiti o di terzi – per il fatto che ci sia SIMEST l'impresa acquisisce un contributo in conto interessi che oggi è del 2,6 per cento – è altissimo – in virtù degli attuali tassi, e permette quindi all'impresa di abbattere in modo sostanziale i tassi che paga per finanziarsi, ovviamente per la parte dove entriamo come SIMEST.
  L'altro elemento molto importante di questo contributo – vi tedio perché credo che sia molto importante avere tra di noi una conoscenza piena di questi strumenti – è che è fisso per tutta la durata, e visto che ci aspettiamo auspicabilmente una stagione di tassi in discesa, questo potrebbe permettere all'impresa di avere praticamentePag. 5 la copertura totale, o quasi, del costo finanziario dell'operazione. Questa è una cosa molto importante che stiamo molto divulgando con le imprese italiane.
  Sempre rimanendo in questa attività di investimenti partecipativi, proprio perché i bisogni delle aziende sono cambiati – ma il quadro economico è cambiato, il quadro mondiale è cambiato, la globalizzazione non è più quella di una volta, come sappiamo, e oggi sempre più si parla di globalizzazione 2.0, dove i mercati non sono più tutti, a livello mondiale, interessanti, c'è frammentazione, ci sono barriere commerciali, quindi ci possono essere opportunità in alcuni territori o in alcuni meno – abbiamo consapevolezza chiara, anche per quadri normativi europei, che le imprese italiane per essere competitive nel mondo, sia per fare investimenti fuori dall'Italia, ma anche per incrementare il loro export, devono sempre più strutturarsi in investimenti in transizione ecologica digitale e innovazione tecnologica. Questo è fondamentale. Quindi, noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo deciso di non mettere più solo a disposizione delle imprese la finanza, quindi essere loro partner e dargli i soldi per fare queste operazioni, ma visto che SIMEST è da più di trent'anni in 125 Paesi, abbiano deciso di mettere a disposizione delle imprese la nostra conoscenza.
  Ricordo, perché non l'ho ancora detto, che il taglio delle nostre imprese è quello delle PMI. Oggi il 93 per cento dei partner di SIMEST – ne abbiamo più di 15 mila – sono PMI e il nostro focus sono le PMI, come ovviamente il quadro economico dell'Italia sono le PMI. Riuscire a sedersi al tavolo con le imprese, capire quali possono essere i settori di sbocco per loro più interessanti, capire quali sono gli investimenti giusti da fare perché loro siano più competitive in termini di export per noi è ancora più importante che dargli i soldi o dargli finanza nei vari strumenti che abbiamo.
  Abbiamo ormai la certezza che dobbiamo sempre più stimolare le piccole e medie imprese – soprattutto le piccole – a fare investimenti nel mondo ESG (Environmental, Social, Governance) e digitale. Ecco perché noi facciamo con loro dall'anno scorso, da quando abbiamo varato il nostro piano industriale, una valutazione ex ante, cioè guardiamo per ogni singola impresa qual è il loro stato attualmente su questi percorsi e insieme a Cassa depositi e prestiti facciamo una valutazione per capire come sono posizionati.
  Con loro, tutte le volte che diventano nostri partner, sia dove siamo soci, ma anche quando eroghiamo finanza agevolata, cerchiamo di condividere degli obiettivi ESG, che quindi non siano solo obiettivi in termini ambientali – che oggi sono circa il 50 per cento di quello che fanno le imprese – ma anche legati al tema di governance, di social e anche economico. Ricordo sempre a me stessa che ESG prima di tutto deve essere una sostenibilità economica, altrimenti le imprese non riescono a investire, non riescono a crescere e non riescono ad essere più competitive.
  Mi piace condividere con voi che da quando abbiamo cominciato questo percorso abbiamo sempre un numero maggiore di imprese che ci chiede di fare questo tipo di attività. Il 100 per cento di loro hanno condiviso di mettere degli obiettivi ESG nel loro percorso di partnership con SIMEST. Hanno condiviso di misurarli, di metterli a bilancio, perché ormai nei contesti internazionali se tu non riesci a dimostrare – misurando – che hai un percorso su quel mondo lì non ti scelgono come fornitore, sei proprio fuori dalla catena del valore. Su questo stiamo lavorando tantissimo.
  Ad oggi, sul mondo degli investimenti partecipativi abbiamo circa 800 milioni di operazioni, abbiamo all'incirca 700 partner. Nel mondo di SIMEST – queste operazioni ovviamente iniziano, si chiudono e poi se ne fanno altre – ne abbiamo supportate veramente tantissime, più di mille nei nostri anni di attività. Vogliamo sempre più essere al loro fianco su questa attività.
  L'altra gamba importante di SIMEST è proprio essere gestore della finanza pubblica per tutti i processi di internazionalizzazione. Lo facciamo con due misure principali. Una – uso il numero perché forse l'avrete sentito – si chiama «Fondo Pag. 6394». È un fondo di finanza - quindi sono finanziamenti che durano fino a sei anni - che esiste da moltissimi anni. Fino a qualche anno fa, fino al pre-COVID, questo fondo supportava tutte le esigenze delle imprese come primo ingresso in mercati esteri per supportare i costi delle fiere, per supportare l'e-commerce e per supportare anche i costi legati ai temporary manager, che sono questi manager che sempre più le aziende necessitano di avere, competenti sui temi di internazionalizzazione e oggi anche competenti sui temi della ESG e digitalizzazione e quindi per sostenere gli investimenti in fattori umani.
  Poi c'è stato il COVID, che ha cambiato praticamente il nostro DNA. Ormai è abbastanza evidente e sappiamo bene che post-COVID ci sono state tante altre tensioni esogene che hanno coinvolto le imprese, su cui oggi non tedio perché le conosciamo tutti molto bene. Durante il COVID SIMEST è stata chiamata a supportare le imprese in quel momento di esigenza di circolante. Sapevamo che i fatturati si erano ridotti tantissimo, o addirittura azzerati. Quindi, c'era la necessità di dare a tutte queste PMI liquidità perché potessero sopravvivere a questa situazione temporanea. Abbiamo erogato tantissimi finanziamenti, migliaia di migliaia, per più di 4 miliardi, che erano legati a queste esigenze momentanee di liquidità.
  Dal 2022 – quando per fortuna abbiamo ricominciato ad avere l'apertura del commercio mondiale e la riapertura delle attività delle aziende – quello che abbiamo fatto è stato anche un momento in cui ci siamo interrogati – io ero arrivata da poco – su come far evolvere l'attività di SIMEST su questo finanziamento, perché i bisogni delle imprese, a nostro avviso, erano e sono cambiati. Rimanere fermi al passato senza fare un salto lo ritenevamo non coerente. Dovevamo essere innovativi nello strumento, e anche flessibili. Abbiamo, quindi, imparato da una misura che ha scaricato a terra SIMEST nel 2021. SIMEST nel 2021 ha scaricato a terra la prima misura di PNRR; era una misura rivolta alle imprese, perché si rafforzassero proprio sui temi di transizione ecologica, digitale e di innovazione.
  C'è stata veramente una domanda gigantesca delle PMI. La misura era di 1,2 miliardi: ci sono arrivati più di 2 miliardi di domande, più del 90 per cento di PMI. Questo per noi è stato un segnale molto importante. È stato il segnale che ci ha fatto capire che le imprese, anche le più piccole, se uno capisce i loro bisogni, le aiuta a indirizzare su quali mercati, ma anche quali investimenti fare e dà loro gli strumenti giusti, gli investimenti li fanno.
  Abbiamo supportate tutte queste imprese, anche quelle che non era possibile supportare, perché il plafond era di 1,2 miliardi. In condivisione con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) e il Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT) – i tre Ministeri di riferimento con cui noi collaboriamo – le abbiamo indirizzate sulla finanza nazionale e quindi le abbiamo indirizzate proprio sul Fondo 394 per sostenere questo tipo di attività. Vista questa grande risposta positiva delle imprese, abbiamo deciso, l'anno scorso, di innovare questo Fondo 394.
  L'anno scorso, quindi, il Fondo 394 si è allargato moltissimo in termini di finalità, diventando strategica la finalità di investimenti in transizione ecologica e digitale, cosa che prima non aveva. Quindi, ci siamo portati dietro l'eredità positiva del PNRR, perché c'è sempre più bisogno di investimenti di questo tipo. Abbiamo rafforzato anche tutta la parte degli investimenti in capitale umano, perché bisogna sempre più avere persone adeguate in azienda, competenti su questi mondi. Abbiamo fatto una cosa totalmente innovativa nel dialogo con le imprese, che è stata quella di aprire per la prima volta il Fondo 394 alle filiere.
  L'Italia è il Paese delle PMI, ma è anche il Paese delle filiere, dove oggi esportano solo il 10 per cento delle imprese italiane, ma sappiamo che anche chi non esporta, a sua volta, è un fornitore strategico di medie e grandi imprese che esportano e quindi supportare la filiera era importante, perché se tutte le aziende della filiera non Pag. 7fanno gli investimenti giusti poi è l'intera catena del valore della filiera che ne ha dei malefici, perché sappiamo che dall'anno scorso il Parlamento europeo ha – non lo dico, rimango oggettiva – deliberato una legge, il famoso «supply chain Act», che prevede la tracciabilità dell'intera filiera secondo i codici etici e di sostenibilità ambientale. Questo vuol dire che se anche l'azienda più piccola della filiera non fa quegli investimenti e non misura quegli investimenti, tutta la catena del valore è tagliata fuori. Bisognava, quindi, supportarle tutte.
  Un'altra cosa che abbiamo fatto in questa misura è aprire ad un altro tipo di attività, a nostro avviso importantissima, cioè che questi soldi potevano essere utilizzati, per l'80 per cento della domanda comprensiva in transizione ecologica e digitale, anche per il rafforzamento patrimoniale. È vero che siamo un Paese con tante piccole e medie imprese, ma di aziende piccole, micro, in Italia ce ne sono ancora tantissime. Quando oramai è evidente che il motore della crescita è l'export, l'internazionalizzazione - perché il PIL e le esportazioni sono numeri che parlano chiaro e saranno ancora di più per il prossimo futuro - dobbiamo anche aiutare le imprese in quel concetto di sostenibilità che è la sostenibilità economica, cioè a rafforzarsi. Anche questo l'abbiamo inserito in questo pacchetto. Dico anche, con trasparenza, che abbiamo per la prima volta aperto la misura alle grandi imprese, ma l'abbiamo fatto proprio perché volevamo che le grandi imprese portassero dietro tutte le aziende delle loro filiere, perché le filiere sono molto legate alle grandi imprese e quindi le grandi imprese possono utilizzare la misura se si portano dietro tutte le aziende e le proprie filiere.
  Vi do dei numeri che, a mio avviso, parlano più di qualsiasi nostra parola: in pochi mesi, su un plafond di 4 miliardi, sono arrivati 4 miliardi di domande. È la prima volta: non è mai successo che nella nostra storia di fondi pubblici tutto il plafond venisse utilizzato. La prima volta era stato il PNRR, questa è la seconda, proprio perché, forse, abbiamo mirato giusto in termini di investimenti da sostenere a livello finanziario.
  Un dato a mio avviso molto bello è che prima di tutto il 90 per cento delle richieste arrivano da PMI, e questo è un altro dato oggettivo: il nostro focus, che riguarda il fatto che se alle aziende piccole e medie dai gli strumenti investono, è stato confermato.
  Il 25 per cento di queste domande arrivano dal Sud, perché noi dobbiamo, a nostro avviso, anche nel dialogo con gli altri attori istituzionali, sempre di più trovare delle metodologie per sostenere le aziende del Sud, perché oggettivamente sui processi di internazionalizzazione e di export sono leggermente più indietro delle aziende del Nord. Abbiamo deciso, quindi, che questa misura avesse il 10 per cento di contributo a fondo perduto solo per le aziende del Sud, per le aziende giovanili e per le aziende femminili, altro grande tema che sulla competitività e sul PIL sappiamo essere molto importante.
  Il 25 per cento delle domande viene dal Sud, il 15 per cento viene dalle aziende femminili e giovanili, che è un altro elemento, a mio avviso, di stimolo, su cui stiamo ragionando anche per il prossimo futuro.
  Il 70 per cento delle domande sono arrivate sulla transizione ecologica e digitale. Questo conferma che le aziende sono ben coscienti che si devono rafforzare in processi per essere più competitive. Avere un finanziamento al tasso dello 0.5 – perché di questo stiamo parlando –, in un contesto come oggi, dove i tassi sono altissimi, a nostro avviso, come azione sistemica di fondi pubblici era quello che andava fatto.
  Noi tutta la finanza pubblica ce l'abbiamo come gestori in convenzione con il Ministero degli affari esteri, che ha questa delega a livello governativo, ma tutte queste misure, in termini di delibere, sia degli strumenti sia delle singole operazioni, vengono portate avanti in un Comitato del Fondo 394 che si chiama «Comitato agevolazioni», che vede la presenza di tutti e tre i Ministeri di riferimento, che sono sicuramente il MAECI, che ha la Presidenza, ma anche il MEF, ovviamente, che è Pag. 8detentore delle risorse, e il MIMIT che ha una strategia insieme al MAECI su tutto quello che è il made in Italy nel mondo.
  Sempre rimanendo nell'ambito del Fondo 394, stiamo oggi pensando ad un'ulteriore innovazione: premesso che sono arrivate tantissime domande, ma questo è un fondo rotativo che ha in legge di bilancio una dotazione annuale costante, normalmente, il 30 per cento delle pratiche che ci arrivano poi non va a buon fine, per duemila motivi. Quindi, noi rassicuriamo sempre le imprese che i fondi continuano a esserci, quindi di continuare a fare le domande, ma abbiamo deciso che all'interno di questo fondo era importante non solo allargare le finalità, ma anche cercare di indirizzare le imprese a fare degli investimenti su alcune geografie. In questa nuova globalizzazione, come ci siamo detti, non tutte le geografie del mondo sono uguali.
  Abbiamo fatto un grande studio insieme al MAECI e agli altri attori sistemici e abbiamo valutato che una delle regioni di maggiore interesse su cui poter investire sono i Balcani occidentali, che sono vicini – e non è da poco questa cosa – ma soprattutto hanno un'altra caratteristica: sono molto simili, come tessuto economico, a noi in Italia. Le PMI nella regione dei Balcani fanno il 60 per cento del valore aggiunto - quindi del PIL dei Balcani - e più del 60 per cento dell'occupazione. Quasi tutte sono familiari. Di conseguenza, c'è una somiglianza tra imprese che porta ad avere grandi opportunità. Noi ci stiamo muovendo molto in questo. Nella nostra logica di non dare solo finanza, ma anche di accompagnare le imprese con consulenza, abbiamo deciso anche di aprire filiali all'estero: abbiamo aperto a giugno dell'anno scorso proprio una filiale in Serbia, a Belgrado. Abbiamo chiuso degli accordi con il Ministro del commercio, ma anche con lo stesso Presidente Vučić, dal quale siamo andati con Cassa depositi e prestiti, che ha aperto a sua volta una sede due settimane fa e ha rafforzato un grandissimo interesse a promuovere accordi commerciali con imprese italiane. Lì i settori merceologici sono molto simili ai nostri, quindi c'è un tessuto molto positivo e stanno investendo moltissimo.
  La settimana scorsa siamo andati in Albania, altro Paese dei Balcani occidentali molto interessante. Abbiamo dialogato con Edi Rama e con tutti i suoi Ministri. Anche lì hanno un piano di investimenti incredibili su tutto quello che è un mondo dove noi siamo molto bravi. Il made in Italy italiano, riconosciuto nel mondo, non è solo quello tradizionale, ma anche tutto quello tecnologico. Quindi, su tutto il mondo energetico, digitale, dove noi siamo veramente molto bravi, hanno molti interessi ad aumentare – anche sul mondo delle infrastrutture e delle costruzioni – partnership con noi.
  Abbiamo creato un plafond per i Balcani di 200 milioni, all'interno di quella misura di 4 miliardi, che è stato totalmente utilizzato, quindi adesso lo allargheremo. Però, in virtù di questa interessante risposta delle imprese nel momento in cui dai loro un supporto per scegliere le geografie giuste, abbiamo lavorato in questi mesi – ed è stato anticipato dal Vicepremier e Ministro Tajani alla Conferenza Italia-Africa di poche settimane fa – ad una offerta specifica per l'Africa all'interno del «Piano Mattei». Questa offerta, che vede oggi il percorso normativo in corso, necessita di «x» autorizzazioni, anche parlamentari, su questo tipo di offerta. L'abbiamo ragionata, sì, tra noi attori istituzionali, ma sempre nel dialogo con le imprese. Quindi, è un plafond che sarà messo a disposizione delle imprese sia perché loro facciano investimenti in Africa ed esportino la tecnologia, il know how italiano lì, anche per far crescere le comunità africane, come la nostra Premier ha detto con molta chiarezza nella Conferenza Italia-Africa, che è stata veramente un'occasione incredibilmente positiva.
  Non solo: noi vogliamo anche andare a supportare con questo strumento tutti gli investimenti produttivi che devono fare le imprese italiane non solo se esportano verso l'Africa, ma anche se importano dall'Africa, perché vogliamo sempre più stimolare le importazioni dall'Africa di materie strategiche molto importanti – vedasi tutte quelle Pag. 9legate alla transizione ecologica – dove oggi siamo un po' troppo legati alla Cina (tanto per fare un nome in modo molto chiaro).
  L'altro elemento su cui ci stiamo soffermando in questo tipo di offerta è di supportare finanziariamente tutte le scelte di imprese italiane di andare in Africa a formare competenze, giovani africani, in loco, perché si specializzino in «x» attività e settori – vedasi, per esempio, il settore manifatturiero italiano, così importante – e poi queste maestranze africane possano o crescere lì nei vari investimenti che le aziende italiane faranno in Africa, oppure sostenere i costi per far arrivare, con i flussi legali legati ai vari decreti governativi che annualmente vengono definiti, queste maestranze africane specializzate in Italia, perché moltissime imprese italiane hanno necessità di avere specializzazioni qui in Italia e flussi regolari e formati.
  Questo è un qualcosa che abbiamo fatto insieme alle imprese, stiamo finendo l'iter normativo e speriamo di metterlo a disposizione delle imprese quanto prima.
  Il secondo strumento di finanza agevolata che gestiamo è il Fondo 295. Anche qui, forse è un nome sentito. Questo è un fondo che va a dare strumenti di stimolo all'esportazione, quindi è legato al credito all'export. È un fondo che prima di tutto supporta le grandissime commesse strategiche legate alla cantieristica navale, alla difesa, alle infrastrutture, alle costruzioni. Quindi, i partner che vengono supportati da questo fondo sono partner importanti, tipo Fincantieri o Leonardo. Ma la cosa importante di questo fondo è che, nel momento in cui abilita a queste grandi commesse, si porta dietro tutte le aziende italiane della filiera di questi grandi operatori. In questo momento sono circa 40 mila le imprese che hanno avuto commesse, proprio perché abbiamo supportato queste grandi commesse strategiche.
  Che cosa fa SIMEST? Nel Fondo 295 SIMEST è un partner, che si affianca a SACE e al sistema bancario, perché questo permette alle imprese italiane di concedere dilazioni lunghe di pagamento, quindi anche di poter essere più competitive nel mondo, permettendo ai loro clienti di pagare in tempi lunghi; le imprese possono anticipare sul sistema bancario questi crediti, SACE garantisce questi crediti alle banche, SIMEST permette di azzerare il costo finanziario di questo credito. Quindi, è proprio un tipico caso di cooperazione sistemica, che a nostro avviso funziona molto bene, che sta crescendo in modo rilevante.
  Abbiamo due gambe: una è il credito acquirente, dove andiamo a supportare direttamente l'acquirente all'estero – qui stiamo parlando di aziende un po' più grandi –, l'altra è il credito fornitore, dove invece sono le piccole e medie imprese italiane che supportiamo direttamente.
  Su tutto questo nostro mondo, quindi sia di capitali propri e di investimenti partecipativi insieme al Fondo di Venture Capital – che è un fondo gestito dal MAECI, ovviamente con risorse MEF – sia il Fondo 394, sia il Fondo 295, oggi – vi do dei numeri – abbiamo, come anticipato prima, più di 15 mila partner, di cui il 93 per cento sono PMI, e abbiamo oggi un asset per quasi 30 miliardi. Quindi, comunque stiamo incominciando ad avere un peso specifico nel supporto alle imprese, che vogliamo sempre più aumentare.
  La crescita anno su anno è altissima e, nel momento in cui stiamo deliberando le pratiche che sono arrivate dal Fondo 394 – abbiamo l'obiettivo di elaborarle tutte entro marzo – i numeri saranno ancora più alti perché – lo ripeto – sono arrivate quattro miliardi di domande, che stiamo deliberando di volta in volta.
  In questa nostra attività c'è un ultimo nato, come lo chiamo io, perché vogliamo essere sempre più attenti e pronti a cogliere gli stimoli per innovare gli strumenti. Devo dire che sia con i nostri capitali sia, moltissimo, nel dialogo con i Ministeri – c'è grandissima cooperazione per innovare, questa è una testimonianza molto positiva dell'azione governativa, a mio avviso – è stato creato un fondo ad hoc per le start-up e le imprese innovative.
  Le start-up e le imprese innovative sono un mondo dove c'è ancora un potenziale di crescita incredibile. Cresce a tre cifre anno per anno, ma rispetto ad altri Paesi europei Pag. 10– Francia e Germania tra tutti – dobbiamo ancora crescere moltissimo. Visto che abbiamo una expertise su start-up e imprese innovative all'interno del gruppo Cassa depositi e prestiti, che è CDP Venture Capital, abbiamo ragionato con il MEF, il MAECI e il MIMIT per creare un fondo pubblico che supportasse le start-up e le imprese innovative italiane a poter iniziare processi di internazionalizzazione.
  Vi faccio un esempio: abbiamo deliberato recentemente una pratica di una società del biomedicale, una società che fa protesi per braccia e gambe di bambini. Nel mondo oggi ormai è abbastanza diffuso il mercato di protesi, ma solo per adulti. Perché no per bambini? Perché la protesi per bambini devi costantemente adeguarla alla crescita, quindi a livello economico per le imprese è meno – purtroppo, è brutto dirlo – interessante. Questa è una start-up italiana che, invece, ha deciso proprio di supportare i bambini, perché se no – ahimè – devono subire danni fisici e anche psicologici legati a questa cosa, realizzando protesi modulari, che crescono nel tempo. Quindi, l'abbiamo supportata noi con questo fondo.
  Il fondo è di 200 milioni di euro, di cui 150 milioni sono stati inseriti all'interno di un fondo per l'internazionalizzazione che ha creato CDP Venture Capital, mentre per i restanti 50 milioni abbiamo deciso di seguire le singole pratiche, quindi viene deliberato nel Comitato CIR – che è sempre un comitato costituito da tutti e tre i Ministeri, con presidenza MAECI – dove vediamo le singole pratiche. Ad oggi ne abbiamo deliberate per 7 milioni di euro, ma abbiamo una pipeline molto ricca, che continueremo a far crescere nel prossimo futuro.
  Che cosa mi sto dimenticando, cari colleghi? Non vorrei avervi tediato. Siamo qui per ascoltarvi. Se avete domande o riflessioni, per noi è molto importante.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Corradini. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni.

  FABIO PORTA. Intervengo brevemente, visti i tempi. Intanto rivolgo un ringraziamento per la chiarezza dell'esposizione, ma soprattutto per gli ottimi risultati. Credo che in Italia sia un record riuscire ad allocare tutte le risorse di una determinata linea di finanziamento. Solo questo già vi dà un riconoscimento importante, che andrebbe divulgato come best practice.
  Ho un paio di domande molto brevi. Innanzitutto, voi vi rivolgete, giustamente, al mondo delle piccole e medie imprese e ho apprezzato anche questa attenzione al Sud Italia. Ebbene, visto che le piccole e medie imprese, a maggior ragione quelle del Sud, per propria stessa natura hanno problemi anche di accesso – anche informativo, non soltanto strutturale – a questo tipo di fondi, come vi muovete? Con che tipo di accordi, con associazioni di categoria? Fate anche presentazioni territoriali? Ritengo che questo sia molto importante.
  Inoltre, Lei ha parlato di Africa e di Balcani, ma c'è una regione del mondo che, ovviamente, a me sta molto a cuore, che è l'America Latina, il Sudamerica, il Mercosur in particolare, dove abbiamo una business community italiana molto attiva, sia per ragioni culturali e demografiche, sia per la presenza di un tessuto imprenditoriale importante in un Paese come il Brasile. Ci sono grandi imprese, come Fiat, Pirelli ed Enel, che potrebbero parlare a lungo delle potenzialità e di quanto siano lucrativi questi territori. Ovviamente, le piccole e medie imprese hanno qualche problema in più.
  Segnalo soltanto che, quest'anno, il nostro Presidente del Consiglio molto probabilmente sarà in Argentina, sarà in Brasile, ci saranno delle missioni di sistema. Immagino che sarete coinvolti in prima persona. Credo sia il momento per guardare con maggiore aggressività – non che non ci sia un'attenzione rispetto a questa regione –, perché ce lo chiedono anche le nostre collettività che lì vivono. Grazie.

  EMANUELE LOPERFIDO. Signor presidente, La ringrazio, e soprattutto ringrazio la dottoressa.
  Le faccio un esempio: quando sono entrato a lavorare per una piccola azienda Pag. 11che faceva export, è passata dal fare il 20 per cento di export al fare – non grazie a me – l'80 per cento di export, però senza avvalersi di questi strumenti. La piccola azienda, normalmente, è una piccola azienda familiare. Quando iniziai a viaggiare, soltanto il passaggio del chiedere la carta di credito aziendale è stato un trauma psicologico per l'intera famiglia, che per tre generazioni non metteva mai a disposizione di una figura esterna l'accesso al capitale. Figuriamoci ad un attore come potrebbe essere SIMEST. È proprio un problema psicologico, questo. Oltrepassando questo problema psicologico, ovvio che si aprono tante opportunità.
  Nello stesso incontro fatto a Pordenone, con Lei in videocollegamento, un'azienda disse che grazie a SIMEST, nonostante la piccola dimensione, era diventata un player mondiale, a ribadire quanto effettivamente sia fondamentale. È proprio una questione, invece, di riuscire a presentarsi in modo amichevole. Anche la parola che Lei ha usato – «cooperazione sistemica» – è veramente fondamentale; da questo punto di vista, saremo anche noi, credo, supporter di questo modo di approcciarsi.
  Soltanto una curiosità, rispetto ai Paesi: l'altro giorno in diversi eravamo in Azerbaijan. L'Italia è il principale partner dell'Azerbaijan dal punto di vista degli scambi commerciali. Sapere se lì, per esempio, avete supportato qualcuno o è stato qualcosa di autonomo; è giusto una curiosità. Lei dice che avete aperto non soltanto alle PMI, ma anche alle filiere – giustissimo – e successivamente anche alle grandi aziende; ma il plafond viene comunque suddiviso mantenendo la porzione per le PMI, la porzione per la filiera?...

  REGINA CORRADINI D'ARIENZO, Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST. Sì [intervento fuori microfono]

  EMANUELE LOPERFIDO. Perfetto, grazie.

  PRESIDENTE. Altri interventi o domande? Prima di darle la parola, dottoressa, ne faccio una io: quando noi qui, in Commissione esteri, parliamo di «sistema Paese» parliamo proprio di mettere assieme una serie di players istituzionali, di cui una delle principali è proprio SIMEST. Abbiamo visto un cambio di passo – questo ve lo dico non da parlamentare, ma da industriale – molto importante negli ultimi quindici mesi.
  L'unica cosa – non so se sia stata già toccata – che io farei, all'interno di un perimetro di controlli sui finanziamenti, è di essere sicuri che questi soldi, che a vario titolo vengono elargiti alle nostre imprese, vengano elargiti per l'internazionalizzazione e non per la delocalizzazione. Vale a dire, se io apro un'azienda in Brasile o negli Stati Uniti e ho un'azienda identica in Italia - e lo faccio per ovvie ragioni, che possono essere il costo della manodopera piuttosto che altre cose – e la chiudo in Italia, stiamo finanziando la nostra cassa integrazione, stiamo finanziando un'uscita... Altro conto è se un'azienda internazionalizza senza delocalizzare.
  Sono cose molto importanti. Da quello che mi ricordo – ma posso sbagliare – non c'è un controllo, da questo punto di vista, in termini generici...

  REGINA CORRADINI D'ARIENZO, Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST. Non c'era...[intervento fuori microfono]

  PRESIDENTE. Ecco, non c'era. Stavo dicendo quello. Questo è veramente importante per avere un «sistema Paese» sano, altrimenti non ce l'abbiamo. Grazie.

  REGINA CORRADINI D'ARIENZO, Amministratore Delegato e Direttore Generale di SIMEST. Partirei con l'onorevole Mura, che ringrazio tanto...Scusate, onorevole Porta. Mi scuserà l'onorevole Porta, ho provato a studiare i nomi e i visi stanotte, ma non ci sono riuscita. Mi farò perdonare, onorevole Porta.
  La sua prima riflessione/domanda è fondamentale. Io sono arrivata in SIMEST meno di venti mesi fa, dopo tanti anni di dialogo con le imprese in un altro ruolo. La prima cosa che ho guardato era che i fondi Pag. 12non è vero che non ce ne erano; fondi ce ne erano, è esattamente quello che ha detto Lei, onorevole Porta: è che spesso e volentieri non si riusciva a farli utilizzare.
  Un numero tra tutti: prima del COVID SIMEST aveva circa mille operazioni l'anno; il 2023 chiude a 10 mila operazioni. È cambiato in modo rilevante.
  Sicuramente abbiamo innovato i prodotti, era necessario, ma non sarebbe stato sufficiente, perché quello che giustamente dice Lei è veramente vitale, cioè dovevamo anche trovare il modo – io mi permetto sempre di usare due parole – di informare e formare; prima di tutto di informare, perché se c'è anche solo un'impresa italiana che con quegli strumenti potrebbe fare gli investimenti e non lo fa perché non lo sa, credo che noi siamo mancati nel nostro ruolo. Quindi, ci siamo immediatamente interrogati su come fare per divulgare. Abbiamo lavorato tantissimo alla logica di rafforzare le partnership di cooperazione sistemica, con le varie associazioni di categoria, a tutti i livelli, di tutti i tipi, anche con altri attori che fino a quel momento non erano presi in considerazione, cioè le banche. Le banche – e io arrivo da lì, quindi le conosco bene – per tanti anni non si sono più occupate di finanza pubblica, di finanza agevolata, non ne avevano interesse, avevano altri stimoli o comunque non c'era una focalizzazione piena. Però, non c'è impresa italiana che non ha un conto in una banca. Fino al COVID, al PNRR, le pratiche che arrivavano a SIMEST arrivavano o perché era l'impresa che direttamente faceva la domanda o perché c'erano alcuni consulenti – che noi abbiamo in un albo che controlliamo e ricontrolliamo – che li supportava in questa domanda.
  Abbiamo parlato con le banche e abbiamo detto: perché non fate anche voi la stessa cosa che fanno gli altri consulenti? Sicuramente conoscete l'impresa, sicuramente avete un accesso nel dialogo con le imprese – perché le imprese italiane se devono fare un investimento il primo attore da cui vanno sono le banche, questo è un dato ormai evidente – quindi promuovete la finanza agevolata. Hanno condiviso: abbiamo siglato un protocollo a livello ABI e poi abbiamo siglato, ad oggi, forse più di dieci accordi con ogni singola banca sistemica, perché loro facessero da promotori della finanza agevolata. Questa è una cosa molto importante. In più, abbiamo fatto tanti roadshow. Siamo partiti dal Sud, siamo andati in tutte le regioni del Sud, ma in più province del Sud, perché anche qui non basta andare in un comune, in una provincia, ma siamo una rete di piccole e medie imprese e quindi siamo molto locali, bisogna andare da loro, molto vicini. Ne abbiamo fatti tantissimi. Abbiamo fatto tantissimi webinar con le associazioni di categoria e abbiamo anche firmato tanti accordi.
  Abbiamo fatto anche noi dei roadshow diretti. Stiamo firmando accordi anche con le regioni, ne abbiamo firmato uno in Lombardia, ne firmiamo uno il prossimo mese con la Sicilia, ne abbiamo già uno in programmazione con la Puglia, proprio per andare dalle regioni alle province, per rafforzare una rete rilevante. Abbiamo anche firmato un accordo con ICE, perché nella cooperazione sistemica io credo che dobbiamo facilitare la vita alle imprese; con il presidente Matteo Zoppas ci troviamo molto d'accordo su questa cosa. Abbiamo fatto un protocollo dove, per esempio, in tutti i loro canali comunicativi informano degli strumenti SIMEST e noi in tutti i nostri canali comunicativi informiamo degli strumenti ICE. Così stiamo facendo anche con SACE, proprio perché l'impresa, in qualsiasi accesso arrivi, non vede solo quello che fa SIMEST, quello che fa ICE, quello che fa SACE, ma vede quello che fanno i vari attori sistemici. Sta avendo i suoi frutti e continueremo ad allargare sempre di più. Poi ci siamo molto mossi su social, radio, TV...Insomma, la divulgazione – ha ragione, onorevole Porta – è molto importante.
  Brasile: assolutamente sì. Noi nel piano abbiamo alcune geografie strategiche nostre di riferimento. Come vi ho detto, abbiamo aperto a Belgrado, a marzo apriamo al Cairo un'altra sede SIMEST, perché l'Africa è fondamentale. Entro giugno-settembre apriremo in Vietnam: perché l'altro Pag. 13importante territorio per l'hub asiatico diventa trovare delle geografie che possano essere in affiancamento alla Cina per gli imprenditori italiani. Il Vietnam sta facendo un grandissimo lavoro di investimenti e si candida a diventare l'hub manufatturiero dell'Asia. Quindi, apriremo in Vietnam. Sempre nel 2024 apriremo in Sudamerica: quasi sicuramente apriremo in Brasile. Ovviamente, tutte le missioni ci vedono coinvolti. Lei ha totalmente ragione: non solo c'è una comunità imprenditoriale importante, ma sono tutti settori e crescite in quel Paese molto sinergici con il made in Italy e con il Piano di sviluppo. Quindi, assolutamente sì. Abbiamo in mente anche di fare dei plafond ad hoc. Spero di averle risposto, onorevole Porta.
  L'onorevole Loperfido giustamente ritornava sul tema della cooperazione sistemica. Sì, tutte le volte che noi siamo stati chiamati o veniamo chiamati in momenti, in eventi, lo facciamo, anche con i media, onestamente, ma sempre più vogliamo firmare accordi con le varie associazioni. Ne abbiamo firmati con Assocamerestero. Ne firmiamo in continuazione. A parte firmarli – che va bene – noi vogliamo essere al fianco delle varie associazioni in tutti i momenti di contatto con le imprese. Siamo un team che sta crescendo: lo facciamo fisicamente, lo facciamo in webinar, su questo, quindi, lo vogliamo sempre più rafforzare. In questo ci aiuta anche il gruppo Cassa depositi e prestiti, che condivide molto il tema della cooperazione sistemica.
  Azerbaijan: chiedo ai colleghi...ne abbiamo? Poche, ma ne abbiamo. Allora lascio rispondere loro. Sicuramente, se è un territorio che ha delle potenzialità, ben venga parlarne per andare a promuovere in tutto questo affiancamento che facciamo alle imprese, prima ancora che decidano di investire, per scegliere il Paese giusto. Ne cito un altro, che non è un Paese, ma un'area: sicuramente tutta l'area dei Paesi del Golfo è molto importante, perché stanno facendo tantissimi investimenti infrastrutturali ed energetici e amano molto il nostro valore, la nostra qualità. Quindi, anche su questo stiamo pensando a dei plafond per supportare gli investimenti infrastrutturali nei Paesi del Golfo.
  È vero che abbiamo aperto alle grandi imprese, ma ricordo che il Fondo 394 ha un vincolo per noi sacrosanto ed inamovibile, cioè che almeno il 70 per cento è obbligatoriamente per le PMI. Il bello è che la domanda è molto più alta di questo 70 per cento. Vuol dire che aver aperto alle grandi e poi alle filiere ha ulteriormente aumentato il numero delle PMI che hanno saputo della misura e l'hanno utilizzata. Ma il plafond ha un minimo di 70 per cento per le PMI.
  L'onorevole Di Giuseppe giustamente ci diceva «internazionalizzazione e non delocalizzazione»: assolutamente sì. Non l'ho detto prima: il Fondo 394, che abbiamo innovato quest'anno, ha per la prima volta sostenuto anche gli investimenti che si fanno in Italia da parte delle imprese italiane per la transizione ecologica e digitale, proprio perché possano essere più competitive nei mercati internazionali. Come ci siamo detti prima, se non fai quegli investimenti non vieni scelto, e noi non vogliamo che vengano chiuse le aziende in Italia e si facciano quegli investimenti all'estero. Vogliamo che si rafforzi l'imprenditoria in Italia. Quindi, per questi investimenti le aziende italiane hanno fatto domanda e li faranno in Italia, sempre, ovviamente, con la finalità di aumentare l'export.
  Per quanto riguarda, invece, il nostro affiancamento come partner in investimenti partecipativi, oggi la delocalizzazione è proprio una cosa non possibile. Noi, quando supportiamo un'impresa italiana in una acquisizione o in un primo inserimento green field all'estero, abbiamo sempre come co-obbligato l'azienda italiana. Questo per noi è fondamentale, perché comunque vogliamo che la governance si rafforzi in Italia, anche con varie antenne nel mondo. È provato: le aziende italiane che, oltre ad essere forti in Italia, hanno antenne nel mondo, a livello di export e di crescita e valore aggiunto sono più profittevoli e sono più solide. Questi numeri lo dicono in modo chiaro. Ma non è possibile che noi sosteniamo un'impresa che chiuda in Italia, proprio perché lo Pag. 14mettiamo contrattualmente nella co-obbligazione del soggetto italiano.
  Aggiungo un'altra cosa, che credo di aver letto anche noi vostri interventi: questo non è un momento particolarmente florido dell'economia, non solo italiana, ma anche europea e mondiale. Anzi, alcuni Paesi europei stanno decisamente peggio di noi, come sappiamo, vedasi la Germania. Dall'altra parte, sappiamo che, conseguentemente, le imprese italiane, per duemila motivi di shock esogeni, a livello di bilanci stanno soffrendo in termini di esposizione finanziaria e in termini di riduzione dell'EBITDA (Earnings before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization); conseguentemente, anche la loro capacità di accesso al credito non viene aumentata. È oggettivo, per tanti motivi.
  Noi, allora, in questi strumenti, dove dobbiamo in ogni caso un minimo chiedere alle imprese di avere dati di bilancio sostenibili – diversamente andiamo a dirottare la finanza pubblica su imprese che, invece, non hanno possibilità o per qualche motivo non sono neanche così serie – abbiamo aumentato a dismisura le segnalazioni di operazioni sospette, perché abbiamo rafforzato in SIMEST i controlli, proprio perché questi fondi non andassero a soggetti non sani, ma andassero a soggetti che magari oggi non stanno benissimo, ma che con questi investimenti possono essere più competitivi. Inoltre, abbiamo ridotto la parte di nostre richieste di garanzie rispetto a quelle che erano le richieste di garanzie di SIMEST pre-COVID, perché riteniamo che come attore istituzionale dobbiamo supportare anche le imprese che oggi non hanno bilanci perfetti, ma che necessitano di fare quegli investimenti per essere più competitive. Spero di aver risposto.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Corradini.

  MARCO CANTALAMESSA. Responsabile strategia e innovazione sostenibile di SIMEST. Abbiamo tredici operazioni di finanza agevolata in Azerbaijan.

  PRESIDENTE. Grazie. Quindi, possiamo crescere in maniera devastante.
  Non essendovi ulteriori richieste di intervento, ringrazio la SIMEST nella persona della dottoressa Corradini. Ci auguriamo che questo sia un primo passo per poter lavorare in maniera sempre più sinergica per il sistema Italia, altrimenti il braccio destro non sa quello che fa il braccio sinistro. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle ore 14.