XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 12 marzo 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Pipan Michelangelo , Presidente dell'Associazione Italia-ASEAN ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 5 
Orlandi Romeo , Vicepresidente dell'Associazione Italia-ASEAN ... 5 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Pipan Michelangelo , Presidente dell'Associazione Italia-ASEAN ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 

Audizione dell'Ambasciatore del Giappone in Italia, Satoshi Suzuki:
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Suzuki Satoshi , Ambasciatore del Giappone in Italia ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Billi Simone (LEGA)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Suzuki Satoshi , Ambasciatore del Giappone in Italia ... 12 
Formentini Paolo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Italia-ASEAN.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Italia-ASEAN, che ha l'obiettivo di rafforzare dialogo, conoscenze e scambi tra il nostro Paese e i partners del sud-est asiatico.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio i nostri ospiti per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori e, considerati i tempi stretti dell'audizione, darei subito la parola all'Ambasciatore Michelangelo Pipan affinché svolga il proprio intervento.

  MICHELANGELO PIPAN, Presidente dell'Associazione Italia-ASEAN. Grazie. Onorevole presidente, onorevoli membri del Comitato, ringrazio a nome dell'associazione e personale per l'invito. L'attenzione del Comitato è, di per sé stessa, conferma della bontà dell'intuizione che è stata all'origine della nostra associazione e remunerazione dell'impegno che abbiamo profuso in questi anni.
  Nel rispetto dei tempi, che so essere brevi, inizierò con una breve illustrazione dell'associazione, di quello che fa, dei suoi scopi e attività. Prenderà poi la parola il professor Orlandi per riferire la costante e impressionante crescita dei Paesi ASEAN, che li ha resi una delle principali economie del mondo – circostanza non pienamente apprezzata, purtroppo, in Italia – e che sta alla base dell'esistenza stessa della nostra associazione e dei rapporti economici dell'ASEAN con i principali protagonisti mondiali. In conclusione, partendo dall'evoluzione del profilo internazionale dell'ASEAN, ne sottolineerò alcuni aspetti che la rendono un interlocutore imprescindibile nell'Indo-Pacifico, tirando qualche conclusione relativamente alla proiezione italiana e dell'Unione europea in quell'area.
  Inizio dicendo qual è l'oggetto dell'associazione, perché fin dall'inizio questo fu origine di qualche malinteso. Noi ci occupiamo certamente dell'ASEAN in quanto organizzazione che, per inciso, anticipo essere – come voi, del resto, sapete bene – un'organizzazione molto diversa, più leggera, estremamente meno strutturata rispetto all'Unione europea, in cui nessuna decisione può essere presa se non per consenso. Quindi, non ci occupiamo esclusivamente dell'Associazione in quanto tale, ma soprattutto estendiamo la nostra attenzione ai dieci Stati che vengono individuati dall'esserne membri e che da questa condizione, da questa membership derivano alcuni tratti caratterizzanti, quali soprattutto quelli di appartenere ad un mercato Pag. 4comune, che li rendono particolarmente interessanti per il Sistema-Paese italiano.
  L'associazione è nata da una fondamentale considerazione, quindi, cioè la constatazione, da un lato, dell'enorme potenziale offerto da quei Paesi, dall'altro, dell'insufficienza di attenzione da parte italiana. Siamo nati nel novembre del 2015, quando, condividendo – il professor Orlandi e io stesso – tale consapevolezza con il Presidente Letta, fondammo l'associazione. Letta ne assunse la presidenza, poi gli successe il Presidente Prodi, fino al febbraio 2023, quando sono subentrato io.
  L'organizzazione naturalmente non è a fine di lucro. Abbiamo una struttura molto leggera, abbiamo peraltro un obiettivo statutario che è unico in Italia, perché ci occupiamo di un gruppo di Paesi e di un'Associazione di cui non si occupa alcuna altra associazione in Italia e neanche nell'Unione europea, salvo che in Germania, dove esiste una simile associazione. Quindi, siamo un po' un unicum.
  Abbiamo l'obiettivo di promuovere le relazioni tra l'Italia e i Paesi dell'ASEAN, tramite una migliore conoscenza reciproca, che consenta un più adeguato sfruttamento delle opportunità che si offrono. Più specificamente, la nostra associazione persegue, a norma di statuto, i suoi obiettivi attraverso iniziative che si estendono ai settori economico, culturale, formativo, scientifico, artistico; promuove studi e ricerche, favorisce l'attuazione di programmi e organizza eventi. Per la realizzazione di queste finalità l'associazione collabora con le altre organizzazioni nazionali preposte all'internazionalizzazione del sistema Paese, ad iniziare naturalmente dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – che ci ha molto sostenuti, accompagnati e sorretti fin dall'inizio – con l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane – o ITA-Italian Trade Agency – e altre organizzazioni internazionali, sia governative sia private, in modo particolare l'Unione europea, l'ASEAN stessa, ovviamente, la Banca asiatica dello sviluppo e le organizzazioni internazionali, incluse quelle finanziarie, ed è aperta a forme di collaborazione con altri soggetti interessati.
  Quanto alle attività che abbiamo svolto nell'arco dei quasi ormai nove anni di esistenza, e grazie – come dicevo – al prezioso sostegno sia dei soci privati, che ci aiutano a sostenere le nostre spese, sia delle istituzioni, in particolar modo il Ministero degli affari esteri e la rete delle Ambasciate, l'associazione ha svolto una gamma di attività molto vasta. Innanzitutto, un gran numero di presentazioni e convegni destinati all'informazione e sensibilizzazione degli ambienti imprenditoriali a livello nazionale ed anche territoriale, attività organizzate sia in proprio che in collaborazione con soggetti nazionali, come il Ministero degli affari esteri, l'ICE, le Camere di commercio, Confindustria, Banca d'Italia, Cassa depositi e prestiti, le associazioni di categoria, ma anche internazionali come la Commissione europea, la Banca asiatica di sviluppo, il Segretariato ASEAN, le Ambasciate dei Paesi ASEAN accreditati a Roma. A proposito di queste ultime, con piacere devo dire che nel corso degli anni siamo diventati per loro un punto di riferimento fisso. Si rivolgono, per esempio, a noi anche quando hanno delle visite di governo in Italia, come è stato per esempio per il Ministro degli esteri dell'Indonesia e di Singapore, per organizzare le uscite pubbliche di queste loro personalità in Italia.
  Abbiamo promosso e organizzato alcuni convegni internazionali piuttosto importanti: il più importante fra tutti è quello governativo, cui hanno anche partecipato UNESCO e altre organizzazioni internazionali, che era stato organizzato nel luglio 2018 insieme con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sul tema «Istruzione superiore e ricerca», tenutosi nella sala delle conferenze internazionali della Farnesina.
  All'Expo di Doha 2020 – in realtà, come sappiamo, l'esposizione si è poi tenuta nell'anno successivo –, presso il padiglione italiano abbiamo organizzato un convegno volto ad esplorare la possibilità di collaborazione a tre vertici, cioè fra l'Italia, i Paesi dell'ASEAN e gli Emirati Arabi Uniti, cui Pag. 5ha partecipato anche il Segretariato generale dell'ASEAN, che è stato un importante riconoscimento per noi.
  Recentemente abbiamo organizzato un convegno – Italia, Paesi ASEAN e Segretariato – sulla gestione sostenibile del patrimonio culturale, che ha costituito il momento conclusivo di un progetto in materia, proposto dall'associazione e finanziato sempre dal Ministero degli affari esteri.
  La nostra attività pubblica di maggiore impegno e risonanza è costituita dall'evento che si chiama «High level dialogue on ASEAN-Italy economic relations» che si tiene a rotazione, annualmente, in una capitale dell'ASEAN ed è giunto l'anno scorso alla settima edizione, di cui due furono tenute purtroppo da remoto per la pandemia. Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con The European House–Ambrosetti, mira a raccogliere per due giorni, sul modello di altre attività che fa Ambrosetti, e mettere insieme esponenti di spicco delle istituzioni, dell'imprenditoria e della finanza italiana e dei Paesi ASEAN, con l'intento di creare una crescente conoscenza reciproca, confidenza fra i vari protagonisti, fiducia reciproca che possa condurre allo sviluppo di iniziative congiunte.
  L'associazione svolge inoltre una intensa attività editoriale, in particolare pubblicando monografie, specie nell'occasione in cui si ospitano le edizioni dell'High level dialogue, ma non limitato a questo: abbiamo anche pubblicato un interessante volume, che è stato curato dal professor Orlandi, sulla relazione fra le diverse religioni e lo sviluppo economico, perché di fatto così succede nei Paesi ASEAN.
  Oltre alla pubblicazione di questi volumi, abbiamo una rassegna stampa giornaliera sui Paesi ASEAN – curata fra l'altro da un giornalista che avete avuto qui ospite qualche tempo fa, Lorenzo Lamperti – che ha il pregio di essere l'unica rassegna stampa dedicata unicamente a quei Paesi ed è diffusa ad una vasta ed importante lista di destinatari, credo anche alla Commissione Affari esteri e comunitari (se così non fosse, metteremo rimedio inserendo il vostro recapito nel nostro indirizzario).
  Abbiamo anche poi una newsletter settimanale che evidenzia i commenti ai più importanti eventi politici ed economici registratisi nell'area. Abbiamo anche offerto una borsa di studio di 5 mila euro per una tesi di laurea centrata sull'ASEAN.
  Questa è una breve presentazione dell'associazione in sé stessa. Chiederei adesso al professor Orlandi di illustrare al Comitato le ragioni principali per cui esiste questa associazione, per cui abbiamo dedicato la nostra attenzione a quest'area del mondo, emergente in una maniera così prepotente.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola al professor Orlandi, ricordo che purtroppo alle 15.15 dobbiamo interrompere, per correttezza.

  ROMEO ORLANDI, Vicepresidente dell'Associazione Italia-ASEAN. Signor presidente, grazie per la raccomandazione e grazie a voi di essere qui.
  Se l'ASEAN fosse un singolo Paese rappresenterebbe la quinta economia al mondo in termini di PIL – o GDP, Gross Domestic Product – e il quarto Paese esposto al commercio internazionale. L'ironia della storia vuole che non sia un Paese e la sua unione nell'Associazione dei Paesi del sud-est asiatico è molto meno cogente, come è stato detto, dell'Unione europea. L'ASEAN non legifera, non è vincolante, non impone moneta unica. Ogni Paese ha il proprio Parlamento, ovviamente, ha la propria moneta, ha il proprio ufficio statistico, e tutto questo fa dire che l'ASEAN e i dieci Paesi rappresentano il luogo forse più diversificato al mondo. In termini di forma di governo esistono monarchie e repubbliche; in termini di religioni, alcuni Paesi sono musulmani, l'Indonesia è il terzo Paese per popolazione al mondo e il primo Paese musulmano; le Filippine sono l'unico Paese cattolico dell'Estremo Oriente, tra poco potrebbe entrare anche Timor Est come undicesimo componente dell'ASEAN. Alcuni Paesi – ovviamente la parte nord dell'ASEAN, cioè Laos, Cambogia, Myanmar e Thailandia e in parte Vietnam – sono dei Paesi a religione buddista. Ci sono dei Paesi Pag. 6che sono delle democrazie consolidate, Paesi dove o non si vota o la lista è rappresentata da un partito unico. Ci sono dei Paesi ricchissimi: Singapore è uno dei Paesi col più alto reddito pro capite al mondo, la città stato alla punta dello Stretto di Malacca; il Brunei, un sultanato che galleggia sul petrolio. Dall'altra parte, invece, abbiamo Paesi che a stento sconfiggono la povertà e il sotto-sviluppo, in modo particolare l'Indonesia, il Myanmar (l'ex Birmania), la Cambogia e il Laos, Paesi che nonostante una crescita economica dirompente degli ultimi anni ancora non hanno sconfitto il nemico principale, che ancora li attaglia, che è il sotto-sviluppo.
  Tuttavia, questa estrema diversità, questo mosaico, questa frammentazione dell'ASEAN costituisce contemporaneamente e ironicamente anche una grande opportunità. Come dice proprio lo statuto e la carta fondante dell'ASEAN, «richness in diversity». Da questa diversità anche l'Italia, soprattutto dal punto di vista economico, ha tratto giovamento, perché la presenza italiana nel sud-est asiatico, nei dieci Paesi, è prevalentemente destinata all'economia. Esistono scambi commerciali, esistono investimenti, esistono missioni, e ovviamente esiste la rete istituzionale.
  L'ASEAN, con i suoi 670 milioni di cittadini e potenziali consumatori, rappresenta una destinazione per l'1,7 per cento delle merci italiane esportate all'estero. Quindi, un valore relativamente basso, ma un valore superiore a quello della media italiana verso l'Asia, che è circa l'1 per cento. Ad eccezione della Cina, la destinazione delle merci italiane in Asia è piuttosto scadente: 1 per cento in Giappone, 0,9 per cento in Corea del Sud, 0,8 per cento del totale italiano verso l'India. L'ASEAN, quindi, pur con un valore relativamente basso, costituisce una felice eccezione. Di questo 1,6 per cento, noi scontiamo una differenza – ma neanche tanto – con l'1,8 per cento della Germania, che ovviamente ha un valore in termini assoluti superiore a quello italiano, e scontiamo il fatto che lì noi non siamo mai stati storicamente presenti. Il valore, sempre percentuale, delle esportazioni francesi e del Regno Unito è decisamente più alto, e questo è dovuto sia al retaggio coloniale sia all'esportazione di materiale per la difesa.
  Quella parte del mondo è ancora relativamente lontana, seppur dando dei segnali significativi. Do un numero importante: le aziende italiane presenti nei dieci Paesi ASEAN hanno da tempo superato le 500 unità. Parlo di 500 aziende che hanno materialmente portato dei finanziamenti in quella parte del mondo per stabilire unità produttive o distributive. Ed è un numero importante se pensiamo che in India ce ne sono circa 700 e che in Cina – nella fabbrica del mondo, factory of the world – sono poco più di 1.500.
  Che cosa attrae le aziende italiane? Il fatto che la leva negoziale è migliore rispetto a giganti come la Cina e l'India; che il rule of law, il rispetto della legge in termini commerciali e di investimento, è mantenuto; che la lingua inglese è di comunicazione, conosciutissima soprattutto a livelli commerciali internazionali; che si respira un clima di apertura, cioè tutti questi Paesi, anche quelli più centralizzati, quelli che si stanno liberando lentamente dal collettivismo, in realtà hanno accettato la sfida della globalizzazione e hanno aperto i loro mercati.
  Basti pensare che anche un Paese dirigista come il Vietnam ha firmato con l'Unione europea un free trade agreement (accordo di libero scambio), che è un segnale significativo della fiducia nel proprio Paese. Altri Paesi stanno negoziando con l'Unione europea: la Malaysia e l'Indonesia un po' bloccati dalla disputa per l'olio di palma; Singapore ovviamente lo ha già firmato, perché è un Paese talmente avanzato e talmente evoluto da non costituire un pericolo per l'Unione europea. Tutto questo per dire che la crescita di quel Paese è coniugata con la stabilità, e stabilità e crescita sono un binomio che piace ai Governi e piace anche agli imprenditori. L'ASEAN cresce ad una media del PIL del 5 per cento l'anno, sia da quando è stato formato – nel 1967, quindi proprio nella temperie della guerra fredda – sia quando, trent'anni dopo, ha saputo inglobare al proprio interno, con un'operazione lungimirante, gli ex nemici Pag. 7della guerra fredda. Mi riferisco alla penisola indocinese – Vietnam, Laos e Cambogia – con l'aggiunta anche del Myanmar, della Birmania.
  Questi dieci Paesi costituiscono un blocco centrale per la stabilità nel Pacifico, dunque per l'area tendenzialmente più pericolosa o per lo meno più tesa al mondo. I Governi vengono spesso imputati di essere eccessivamente prudenti, di non prendere mai posizioni dirompenti, ma questa scelta si è rivelata positiva proprio per la stabilità di quei Paesi e proprio per gli investimenti internazionali. Tutte le grandi multinazionali ovviamente sono presenti nei Paesi dell'ASEAN. Delle 524 aziende italiane, che abbiamo censito una per una – unica associazione ad averlo fatto in Italia – ovviamente la prima scelta è Singapore per la comodità di vita, per la bellezza del posto, per il rispetto della legge e la diffusione dell'inglese, però il bulk, la maggioranza degli impianti produttivi non si trova a Singapore, ma in Malaysia, in Indonesia, nel Vietnam e in Thailandia. In questi quattro Paesi circa 100 aziende italiane hanno stabilito degli impianti produttivi.
  Credo di dover chiudere con la noia dei numeri che vi ho dato, ma servono ad inquadrare una zona del mondo relativamente poco conosciuta, ma che, per i numeri che ho detto e per le prospettive che offre, è sicuramente centrale nei nuovi equilibri. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Ancora la parola all'Ambasciatore Pipan.

  MICHELANGELO PIPAN, Presidente dell'Associazione Italia-ASEAN. Capisco che i tempi sono molto brevi, quindi cercherò di riassumere al massimo quello che ho da dire.
  A proposito di investimenti comunque italiani in quella parte del mondo, c'è da salutare – recentissimo sulla stampa – un investimento di 50 milioni di euro da parte di Brembo – l'azienda produttrice dei freni – fatto in Thailandia, dove, tra l'altro, c'è anche Ducati, dai tempi in cui ero Ambasciatore.
  Volevo dire sinteticamente che l'ASEAN è stata fondata nel 1967; era una piccola organizzazione, abbastanza sottotraccia, era soprattutto un modo per quei Paesi di cercare di tenersi al di fuori delle interferenze internazionali. È progredita progressivamente, forse al di là degli stessi intenti iniziali, fino a quando è diventata – facendo molto breve una storia piuttosto lunga – un'associazione che è centrale rispetto agli equilibri di tutta l'area dell'Indo-Pacifico. Ma non è questa centralità un modo di dire, è proprio una dottrina, quella della centralità dell'ASEAN, che viene ripetuta e accettata in ogni occasione di incontro internazionale.
  Quando c'è stato un incontro – una o due settimane fa – con l'Australia, con l'India, fra questi due grandi Paesi e l'ASEAN, è stata ribadita e confermata la centralità dell'ASEAN, che viene quindi ritenuta da tutti in quell'area, per i motivi cui si accennava prima – cioè per il fatto che sono restii alle interferenze dall'esterno e a loro volta non ne esercitano nei confronti degli altri, quindi sono estremamente indipendenti, estremamente restii ad essere terreno di scontri altrui – un grosso bulk, un grosso centro di stabilità per tutta l'area. In quanto sostenitori del multilateralismo, della non interferenza, di rapporti non conflittuali, di libero scambio internazionale, quindi, sono tutti equidistanti rispetto alle grandi potenze, questi sono tutti elementi che ne fanno presidio di stabilità.
  Con queste premesse, concludendo, l'interesse italiano, che vorrei rappresentare dal piccolo osservatorio della nostra associazione, ci sembra che risieda, da un lato, nel fatto che il ruolo dell'ASEAN continui e si consolidi, perché apporta tutta questa stabilità; dall'altro, nel rafforzamento delle nostre relazioni bilaterali con questi Paesi, soprattutto nel settore economico-finanziario, perché le prospettive sono assolutamente brillanti. Peraltro, essi desiderano allargare quanto più possibile la cerchia dei propri partner, il che ovviamente ha anche un risvolto politico.
  Nell'Ottocento la Thailandia, che era l'unico Paese indipendente di quell'area e aveva paura dell'Inghilterra e della Francia, si rivolgeva a chi? All'Italia e alla Russia. Vennero alla fine dell'Ottocento e Pag. 8stabilirono relazioni di amicizia con i Reali italiani proprio perché volevano avere dei Paesi importanti che fungessero da contraltare. Per questo la Thailandia è piena di edifici edificati da architetti e da costruttori italiani. Quindi, loro ci accolgono con molto interesse e molto piacere e il nostro primo interesse sarebbe quello di andare in quella direzione.
  Del resto, sono due gli strumenti di carattere politico per fare questo: uno, il Ministero degli affari esteri ha iniziato e nel 2020 ha formalizzato la politica di avvicinamento all'ASEAN con un accordo di partenariato allo sviluppo, che avanza con diversi progetti, dei quali uno lo abbiamo addirittura eseguito noi. Quindi, c'è la via bilaterale tramite questo accordo. Due, c'è sicuramente l'Unione europea che ha una politica, che ha formalizzato addirittura nella strategia per l'Indo-Pacifico, quindi è utile cercare di inserirsi e anche di orientare questa politica europea in modo che vada più in direzione dei nostri interessi e comunque della stabilità dell'area, grazie all'importanza dell'Unione europea, che da quei Paesi è molto apprezzata in quanto servirebbe appunto da contraltare rispetto alle varie potenze che hanno interessi nell'area e che li esercitano.
  Trovandomi poi in questa augusta sede, concludo dicendo che dei rapporti più intensi a livello parlamentare – come del resto succede un po' in tutti gli agoni internazionali – certamente beneficerebbero agli interessi italiani in relazione a questi Paesi.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Ambasciatore. Ringrazio anche il professor Orlandi.
  Tra pochissimi minuti inizia l'audizione dell'Ambasciatore del Giappone. Non essendovi interventi dei colleghi, davvero ringrazio i nostri ospiti, mi scuso ancora per i ritardi d'Aula e dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione dell'Ambasciatore del Giappone in Italia, Satoshi Suzuki.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, sempre nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-pacifico, l'audizione dell'Ambasciatore del Giappone in Italia, Satoshi Suzuki.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori l'Ambasciatore Suzuki, accompagnato dalla Dottoressa Haruka Kobayashi, Terzo Segretario d'Ambasciata, e gli do subito la parola affinché svolga il suo intervento.
  Prego, Ambasciatore.

  SATOSHI SUZUKI, Ambasciatore del Giappone in Italia. Grazie, signor presidente. Buongiorno. Vi chiedo la gentilezza di lasciarmi esprimere in lingua inglese.

  Onorevole vicepresidente della Commissione Affari esteri, illustri membri del Comitato sulla politica estera per l'Indo-Pacifico, vorrei innanzitutto affermare che sono molto onorato di trovarmi qui oggi e, nell'interesse del tempo che abbiamo a disposizione, inizierei subito. Vorrei ringraziarvi per avermi dato l'opportunità di parlare dinanzi a questo autorevole Comitato.

  Sono lieto di constatare la crescente attenzione del Parlamento italiano per la regione dell'Indo-Pacifico. Sarei davvero lieto se le mie opinioni potessero essere di aiuto per una migliore comprensione della situazione regionale.

  Vorrei iniziare condividendo con voi l'apprensione del Giappone per l'attuale situazione internazionale. A nostro avviso, la comunità internazionale si trova ad un punto di svolta critico e storico. Stiamo assistendo a cambiamenti senza precedenti, come ad esempio il numero crescente di sfide contro l'ordine internazionale esistente attuate con la forza; lo spostamento dell'equilibrio di potere, in atto dal periodo successivo alla guerra fredda; le crescenti rivalità geopolitiche tra gli Stati; l'ascesa di economie emergenti assertive e dei Paesi in via di sviluppo.

  I paradigmi fondamentali alla base dell'ordine internazionale, quali il rispetto della Pag. 9sovranità e dell'integrità territoriale, il divieto di qualsiasi tentativo di modificare lo status quo con la forza e l'osservanza dei princìpi della Carta delle Nazioni Unite ora sono in pericolo. Di fronte alle divisioni e agli scontri all'interno della comunità internazionale è di fondamentale importanza mantenere e rafforzare un ordine internazionale libero e aperto, basato sulle regole, e condurlo fino alla pace e alla stabilità nel mondo.

  Vorrei sottolineare che la sicurezza in Europa e la sicurezza nell'Indo-Pacifico sono inscindibili. Non dobbiamo dimenticare che le questioni in Ucraina, Medio Oriente e Asia orientale sono interconnesse. Con nostro rammarico esistono Paesi che guardano al mondo da una prospettiva a somma zero. Dobbiamo riconoscere che i vuoti di potere o la mancanza di attenzione provocherebbero nuove intrusioni o interventi in qualsiasi parte del mondo.

  Detto questo, vorrei concentrarmi adesso sull'Indo-Pacifico. Un solo Paese, da solo, non può rispondere a questa situazione globale senza precedenti, che vede cambiamenti nel nostro ambiente di sicurezza. Nella regione dell'Indo-Pacifico non esiste un quadro o un'architettura inclusiva come quella dell'UE o della NATO in Europa. Pertanto, è necessario affrontare le sfide insieme, con partner affini, che condividono valori comuni.

  Il Giappone, sostenendo la sua visione di un Indo-Pacifico libero e aperto, ha creato il quadro del cosiddetto «QUAD», il «Dialogo quadrilaterale sulla sicurezza» insieme a Stati Uniti, Australia e India, e ha assunto iniziative in diversi settori, come il miglioramento della connettività regionale e il potenziamento della sicurezza e della protezione marittime. L'India, che è il Paese più popoloso del mondo e con una crescita economica costante, condivide valori fondamentali come democrazia, Stato di diritto, economia di mercato, e condivide con il Giappone interessi comuni in materia di sicurezza. L'India sta emergendo come leader del cosiddetto «Sud globale» e sta aumentando la propria presenza e influenza nel mondo. Il Giappone attribuisce grande importanza alla stretta collaborazione con l'India, per affrontare le varie questioni regionali e globali in quanto partners strategici.

  Nella regione Indo-Pacifico esistono diverse sfide per la sicurezza, come la minaccia di cambiare unilateralmente lo status quo con la forza o la coercizione militare; la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori; l'infiltrazione del terrorismo e l'aumento dei disastri naturali causati dal riscaldamento globale.

  Vorrei ora soffermarmi sulla Cina, come esempio. La Cina è la seconda economia più grande al mondo e sta aumentando la propria influenza economica a livello globale. Allo stesso tempo, in particolare nell'ultimo decennio, la Cina ha aumentato costantemente le spese per la difesa e ha potenziato le proprie capacità militari in modo esteso e rapido, senza sufficiente trasparenza. Le sue spese per la difesa sono più che raddoppiate nell'ultimo decennio.

  La Cina non esita ad ostentare la propria potenza militare e a continuare, o addirittura intensificare, i tentativi unilaterali di cambiare lo status quo con la forza nel Mar Cinese orientale, che comprende le Isole Senkaku e Taiwan, e nel Mar Cinese meridionale, dove ha dispute e questioni territoriali con Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei e Indonesia.

  Il Giappone considera questa come una sfida strategica senza precedenti e intende rispondere alla situazione in collaborazione con i suoi stessi Paesi alleati e i Paesi affini, al fine di fortificare l'ordine internazionale liberale, basato sulle regole, nella regione.

  Per essere più precisi, la Cina ha cercato di militarizzare le aree marine adiacenti alle Isole Senkaku, che sono storicamente territorio giapponese, dispiegando continuamente navi militari e mobilitando un maggior numero di navi della Guardia costiera. Pag. 10Nel corso degli anni le unità navali della Guardia costiera cinese inviate nell'area sono cresciute per dimensioni e quantità di armi di cui dispongono e invadono ripetutamente le nostre acque territoriali per periodi di tempo più lunghi. Esse hanno anche intensificato i fastidi o le intimidazioni contro i pescherecci giapponesi, urtandoli e inseguendoli intenzionalmente.

  La Cina intensifica anche le proprie attività militari nelle vicinanze di Taiwan: dall'agosto 2022, quando la Presidente della Camera dei Rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, visitò Taiwan, i caccia dell'aeronautica cinese hanno iniziato ad attraversare la linea mediana tra Taiwan e Cina. Le unità navali della Guardia costiera cinese navigano continuamente nei pressi della linea mediana dello Stretto di Taiwan. Sono state effettuate anche diverse esercitazioni militari, vicino a Taiwan.

  La Cina insiste sul fatto che quella di Taiwan è una questione interna e nazionale, ma il Giappone ritiene che la pace e la stabilità dello Stretto di Taiwan siano molto importanti non solo per la regione, ma anche per la stabilità dell'intera comunità internazionale. Pertanto, ci auguriamo che la questione di Taiwan venga risolta in modo pacifico, attraverso il dialogo.

  In ogni caso, la politica di base del Giappone nei confronti della Cina punta a cercare di costruire una relazione costruttiva e sostenibile. A tal fine, ora più che mai è importante stabilire un dialogo diretto a livello di leader. Il Giappone non intende alienare o isolare la Cina, bensì intende utilizzare il dialogo per trasmettere direttamente le nostre preoccupazioni in merito a questioni come la libertà di navigazione, i diritti umani, le pratiche economiche non di mercato e la coercizione economica, e per esortare la Cina ad agire come membro responsabile della comunità internazionale. Allo stesso tempo, intendiamo cooperare con la Cina su questioni comuni come il riscaldamento globale e la gestione dei disastri.

  Un'altra sfida di sicurezza nell'Indo-Pacifico è lo sviluppo e la proliferazione di armi di distruzione di massa e dei relativi vettori da parte della Corea del Nord. L'anno scorso la Corea del Nord ha effettuato lanci di prova di venticinque missili balistici. Tra questi, ha lanciato cinque volte missili balistici di classe ICBM (intercontinental ballistic missile). Ovviamente, l'intera Europa è inclusa nella gittata dei missili balistici intercontinentali nord-coreani. Di recente ha anche reiterato il lancio di un veicolo spaziale per dispiegare in orbita un proprio satellite militare.

  Il Giappone è seriamente preoccupato per la possibilità che la Corea del Nord fornisca missili balistici a corto raggio alla Russia: si tratterebbe di una chiara violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Inoltre, se venissero utilizzate dalla Russia contro l'Ucraina, si creerebbe una situazione molto grave. Personalmente temo che stia già accadendo.

  La Corea del Nord rappresenta per noi una minaccia invisibile, ma seria, anche in campo informatico. Solo nel 2022 gruppi di hacker nord-coreani hanno rubato circa 1,4 miliardi di euro e l'importo in criptovaluta sottratto è raddoppiato dal 2018. Tra gli obiettivi delle loro attività di cyber hacking figurano aziende private, giochi e casinò on line, in Corea del Sud, Giappone, Vietnam e Stati Uniti. Si ritiene che questo denaro sia destinato allo sviluppo nucleare e missilistico della Corea del Nord.

  A causa dei limiti di tempo oggi non entrerò nei dettagli, ma la regione dell'Indo-Pacifico deve affrontare anche un'altra sfida, quella dell'infiltrazione del radicalismo islamico in Paesi come Filippine, Indonesia, Malaysia, Bangladesh, India e Pakistan.

  Vorrei ora soffermarmi sull'impegno dell'Italia nell'Indo-Pacifico. Il Mediterraneo allargato, che ritengo essere la sfera di maggiore interesse per l'Italia, nel suo lembo orientale si sovrappone all'estremità occidentale della regione dell'Indo-Pacifico, ovvero il Mar Rosso al largo della costa della Somalia, il Golfo di Aden, il Mar Arabico. È uno spazio strategico importante per l'Italia. Si tratta una regione di collegamentoPag. 11 tra l'Indo-Pacifico e il Mediterraneo allargato.

  Il precedente Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano ha annunciato, nel febbraio 2022, il contributo italiano alla strategia dell'UE per l'Indo-Pacifico. Il Giappone accoglie con favore questo crescente interesse dell'Italia per la regione dell'Indo-Pacifico.

  Nel febbraio di quest'anno il Presidente del Consiglio Meloni ha visitato Tokyo e, durante una riunione a livello di leader, ha menzionato la necessità di aumentare la presenza dei Paesi G7 nell'Indo-Pacifico. In questo contesto, il Giappone ha accolto con favore la visita nel proprio territorio della fregata navale italiana Francesco Morosini e dei caccia F-35 dell'Aeronautica militare, avvenuta lo scorso anno. So che per quest'anno sono previste in Giappone le visite della portaerei Cavour e del veliero Vespucci. Accogliamo con favore l'impegno e la presenza dell'Italia nella regione dell'Indo-Pacifico.

  Prima di concludere, vorrei soffermarmi brevemente sulla nostra cooperazione in corso. Il GCAP (Global Combat Air Programme) sta avanzando ed è il progetto per la difesa più importante tra Giappone, Italia e Regno Unito. Questo progetto non solo rafforza le nostre capacità di difesa, ma crea una ricaduta non solo sui settori della difesa, ma anche su altri comparti industriali civili ad alta tecnologia dei Paesi partecipanti. Questo innalzerà in modo significativo il livello delle tecnologie avanzate in Italia e in Giappone.

  Naturalmente, ci sono molte altre nuove aree promettenti per la collaborazione e gli investimenti tra Giappone e Italia, in ambiti come i semiconduttori, lo spazio, i nuovi materiali e la il settore farmaceutico.

  Quest'anno, con l'assunzione della presidenza del G7 da parte dell'Italia, ci aspettiamo molte interazioni ad alto livello tra Giappone e Italia. Noi vorremmo pertanto sfruttare appieno queste opportunità per far progredire ulteriormente la nostra cooperazione bilaterale.

  Auguro a tutti voi un ottimo esito del vertice G7 che si terrà in Puglia e attendo con impazienza un approfondito dibattito sull'Indo-Pacifico durante il vertice, secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio Meloni.

  Vi ringrazio sentitamente per la vostra cortese attenzione.

  PRESIDENTE. Proprio a proposito del GCAP, passerei subito la parola per una brevissima domanda al collega Billi che, in missione a Londra, è intervenuto all'Università di Oxford proprio ad un convegno sull'Indo-Pacifico. Invitandolo ad essere molto breve, gli passo la parola.

  SIMONE BILLI (intervento in videoconferenza). Signor presidente, ringrazio l'Ambasciatore per la sua disponibilità. Ambasciatore, viste le tempistiche, sarò molto breve: vorrei sapere, dal suo punto di vista, come l'Italia può supportare la pace e il benessere nell'Indo-Pacifico, supportando dal punto di vista commerciale e anche sociale tutti gli attori e tutti i Paesi in campo in questa regione molto importante del mondo.
  Grazie mille.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Quartapelle, vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Rispetto al G7, quali sono le priorità che il Giappone vorrebbe discutere nella presidenza del G7, tenendo conto di quanto l'Ambasciatore Suzuki ci ha appena detto?

  PRESIDENTE. L'onorevole Candiani rinuncia ad intervenire. Ambasciatore, La ringrazio, prima di passarle nuovamente la parola. L'auspicio è che si continui, Italia e Giappone, a rafforzare sempre più le nostre relazioni e a lavorare insieme, come diceva anche l'onorevole Billi, ad una stabilità e ad una prosperità economica di tutta l'area. Ben sappiamo a quante minaccePag. 12 in questo momento è sottoposto il Giappone: dai missili della Nord Corea alle continue incursioni cinesi, che Lei ha citato, nelle Isole Senkaku, e a nord c'è la Russia. È sicuramente un'area che deciderà – e anche questo Lei ce l'ha detto – il futuro del mondo e delle nostre democrazie. È un'area alla quale l'Italia dovrà prestare sempre più attenzione e questo è proprio lo scopo del Comitato.
  Il GCAP è sicuramente qualcosa di molto, molto significativo, ma in ogni campo – dall'aerospazio ai semiconduttori, e ci ha detto anche la farmaceutica – possiamo incrementare le nostre relazioni commerciali e industriali, nell'auspicio che davvero si riesca a continuare a garantire quel sistema di valori che oggi ci permette di commerciare, di lavorare per la prosperità delle nostre nazioni e di garantire anche la libertà di navigazione che, come vediamo, non è messa in crisi solo nel Mar Cinese meridionale o alle Isole Senkaku, ma anche, purtroppo, nel Mar Rosso e in altre aree del mondo.
  Do la parola all'Ambasciatore per la replica.

  SATOSHI SUZUKI, Ambasciatore del Giappone in Italia. Molte grazie per queste domande. Per quanto riguarda la prima domanda, su come l'Italia possa contribuire alla pace e al benessere della regione, esistono molti ambiti di azione. Come ho detto, la stessa presenza dell'Italia porta con sé un messaggio molto significativo per la regione. Poi, come ha detto il Presidente, nel settore farmaceutico o della salute globale l'Italia svolge un ruolo guida ai fini del miglioramento della situazione sanitaria nell'Indo-Pacifico. Spero quindi che Italia e Giappone possano collaborare in questo ambito.

  Un altro modo in cui l'Italia può contribuire è inviando un messaggio dal quale emerga che il commercio libero ed equo è essenziale. Il Giappone ha già un Accordo di partenariato economico (EPA) con l'Unione europea e abbiamo ottime interazioni nel settore del commercio e dei servizi. Credo che l'Italia possa far sentire la propria voce ribadendo che è necessario sostenere il sistema di commercio libero ed equo che già esiste. Questo per quanto riguarda la prima domanda.

  Per quanto riguarda la seconda domanda, sulle priorità del Giappone per il G7, credo che il Presidente Meloni abbia già parlato delle sue priorità. In primo luogo, garantire l'ordine internazionale basato sulle regole, al quale avevo già fatto accenno prima. Noi condividiamo pienamente l'importanza di questo obiettivo, alla luce di situazioni come quelle di Ucraina, Gaza, o Taiwan nella nostra stessa regione. Ci sono molte questioni che sono fondamentali per la pace e la stabilità del mondo.

  Sull'Africa: la Presidente Meloni ha esposto la sua visione citando il "Piano Mattei" per l'Africa. Il Giappone lavora insieme a Paesi africani da più di trent'anni con proprie iniziative per cui anche questa è un'area nella quale l'Italia e il Giappone possono collaborare per migliorare la situazione sociale, economica e politica in Africa. Molte grazie.

  PRESIDENTE. Grazie ancora, Ambasciatore. Grazie anche per la pazienza per i ritardi d'Aula. La ringrazio per il suo contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.