XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari

Resoconto stenografico



Seduta n. 43 di Mercoledì 8 maggio 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morrone Jacopo , Presidente ... 3 

Audizione del comandante del Comando dei Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, Gen. B Daniel Melis, nell'ambito del filone d'inchiesta relativo alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali:
Morrone Jacopo , Presidente ... 3 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 5 
Morrone Jacopo , Presidente ... 17 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 18 
Morrone Jacopo , Presidente ... 22 
Simiani Marco (PD-IDP)  ... 22 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 24 
Morrone Jacopo , Presidente ... 26 
Giuliano Carla (M5S)  ... 26 
Morrone Jacopo , Presidente ... 28 
Iaia Dario (FDI)  ... 28 
Morrone Jacopo , Presidente ... 28 
Rando Vincenza  ... 28 
Morrone Jacopo , Presidente ... 30 
Petrucci Simona  ... 30 
Morrone Jacopo , Presidente ... 30 
Borrelli Francesco Emilio (AVS)  ... 31 
Morrone Jacopo , Presidente ... 31 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 31 
Morrone Jacopo , Presidente ... 31 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 31 
Morrone Jacopo , Presidente ... 39  ... 39 
Petrucci Simona  ... 39 
Morrone Jacopo , Presidente ... 39 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 40 
Morrone Jacopo , Presidente ... 40 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 40 
Morrone Jacopo , Presidente ... 40 
Melis Daniel , comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare ... 41 
Morrone Jacopo , Presidente ... 41 

(La seduta, sospesa alle 9.45, è ripresa alle 9.50) ... 41 

Sulla pubblicità dei lavori:
Morrone Jacopo , Presidente ... 41 

Comunicazioni del presidente:
Morrone Jacopo , Presidente ... 41

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
JACOPO MORRONE

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del comandante del Comando dei carabinieri per la tutela agroalimentare, Gen. B, Daniel Melis, nell'ambito del filone d'inchiesta relativo alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante del Comando dei carabinieri per la tutela agroalimentare, generale di brigata Daniel Melis, che saluto e ringrazio per aver accettato il nostro invito.
  Il generale è accompagnato dal maggiore Agostino Giannino.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione.
  Avverto inoltre il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori potranno proseguire in seduta segreta.
  Segnalo che, in tal caso, per la parte di seduta sottoposta a regime di segretezza, saranno sospesi tutti i collegamenti da remoto e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati, che saranno tempestivamente riattivati alla ripresa della seduta libera.Pag. 4
  Al fine di assicurare il miglior svolgimento dei lavori, invito inoltre il nostro ospite a destinare, se possibile, l'illustrazione di eventuali contenuti riservati alla parte finale della seduta.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito delle materie oggetto d'inchiesta ai sensi della legge istitutiva n. 53 del 10 maggio 2023, con particolare riguardo al filone di approfondimento relativo alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali, su cui la Commissione ha inteso avviare una specifica attività di indagine, secondo quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi del 28 febbraio scorso.
  Ricordo che la Commissione è chiamata a svolgere indagini atte a far luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari, anche con riguardo alla verifica di comportamenti illeciti nell'ambito della pubblica amministrazione centrale e periferica, ovvero da parte di soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti. La Commissione ha anche il compito di individuare eventuali connessioni tra tali comportamenti illeciti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti all'interno dei territori comunali e provinciali, nonché tra le diverse regioni.
  Più specificatamente, con riferimento alla tematica oggetto della seduta odierna, segnalo che, ai sensi della sopracitata legge istitutiva, la Commissione è chiamata a svolgere indagini sulle attività illecite connesse al settore agroalimentare, comprese quelle connesse a forme di crimine organizzato perpetrate mediante sofisticazione e contraffazione di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, ivi incluso il loro traffico transfrontaliero.
  A tal fine la Commissione acquisisce elementi di conoscenza utili anche ai fini dell'aggiornamento e del potenziamento della Pag. 5normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell'ambiente, nonché del contrasto del traffico illecito di prodotti con marchio made in Italy contraffatti o alterati.
  Cedo dunque la parola al generale Melis per lo svolgimento di una relazione introduttiva, al termine della quale i colleghi parlamentari potranno rivolgere eventuali domande o richieste di chiarimento.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. Grazie, signor presidente, e buongiorno a tutti.
  Porto il saluto del signor Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, generale di Corpo d'armata Teo Luzi, e del comandante di vertice del Comando carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma, generale di Corpo d'armata Andrea Rispoli. In particolare, io comando questa unità di Carabinieri per la tutela agroalimentare che dipende da quest'ultimo comando che, come tutti loro sanno, è stato creato nel 2017 a seguito dell'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nei ranghi dell'Arma dei carabinieri e tale assorbimento ha arricchito i comparti di specialità già esistenti con ulteriori capacità e abilità nel particolare settore forestale, ambientale e agroalimentare.
  Il Comando che rappresento – mi permetto di fare una brevissima introduzione – e che mi onoro di comandare è stato creato nel 1982. Era un reparto dell'Arma esistente già prima dell'assorbimento del Corpo forestale e che poi si è arricchito di alcuni loro elementi. Mi pregio e mi fa sempre molto piacere ricordare che al momento è un reparto investigativo, che espleta i suoi compiti su tutto il territorio nazionale e che si avvale di entrambe le competenze. Abbiamo circa un 70 per cento di carabinieri e un 30 per cento di carabinieri forestali. Pag. 6Siamo organizzati su cinque reparti. Siamo sotto potenziamento voluto dal Ministro Lollobrigida, per cui a breve apriremo nuove unità sul territorio nazionale, in particolare ulteriori sette, quindi arriveremo a dodici, per poi arrivare a fine progetto alla creazione di diciassette nuovi nuclei su tutto il territorio nazionale.
  Già nel 1982 ci si rese conto che l'esperienza dei nostri colleghi carabinieri del NAS, creati ben venti anni prima, nel 1962, non era sufficiente a contrastare quel particolarissimo fenomeno che riguarda la qualità dei prodotti agroalimentari, disgiunta dalla tematica e dalla problematica di tipo sanitario. Non sempre un prodotto che non risponde alle regole della qualità fa male. Ci sono dei casi in cui gli stessi prodotti da noi sequestrati, pur non essendo conformi, sono perfettamente edibili e vengono comunque, per esempio, consegnati alle ONLUS per essere in ogni caso consumati, perché pur non rispettando i criteri qualitativi sono perfettamente edibili.
  Il Comando sostanzialmente si occupa di tutto quello che viene quasi interamente delegato dal regolamento europeo n. 178 del 2002, in materia di sicurezza alimentare, dal punto di vista della tracciabilità, dell'etichettatura, delle pratiche leali di informazione e di tutto ciò che riguarda la comunicazione al consumatore da parte delle aziende produttrici. Il concetto è che il consumatore deve sempre sapere che cosa sta mangiando, che cosa sta bevendo, cosa legge in etichetta, cosa ascolta nella pubblicità e così via e quindi ci devono essere di pratiche leali di informazione, rispetto della qualità intesa come conformità e genuinità dei prodotti, rispondenze ai disciplinari di produzione quando questi sono previsti. È questo il caso delle quasi 900 indicazioni geografiche, che sono il cuore pulsante dell'eccellenza agroalimentare italiana e che fanno dell'Italia il primo Paese in Europa per numero di prodotti di eccellenza, e che Pag. 7peraltro godono di una tutela, sia amministrativa che penale, rafforzata.
  I carabinieri per la tutela agroalimentare svolgono questa importante azione a presidio della qualità agroalimentare ma, allo stesso tempo, signor presidente, svolgono un'altra importantissima funzione. Quando si parla di illeciti in agricoltura, di criminalità in agricoltura, non è soltanto il fenomeno contraffattivo – sul quale, poi, ci soffermeremo più nel particolare perché, come sarà stato evidente sicuramente a tutti quanti, c'è un po' di confusione anche su che cosa si intende esattamente per «contraffazione alimentare» – ma noi svolgiamo anche un compito importantissimo a presidio della regolarità degli scambi e dell'esercizio dell'impresa in tutto quel mondo caratterizzato dai contributi della PAC (Politica agricola comune).
  Noi effettuiamo controlli straordinari in materia di percepimento dei fondi europei in agricoltura. Come sapete, l'Europa destina all'Italia 37,5 miliardi di euro di fondi PAC nei cinque anni in cui si struttura il programma, sostanzialmente divisi nei due grandi fondi, che sono il FEAGA, ovvero il fondo europeo agricolo di garanzia, quello che va a sostenere il reddito degli agricoltori, e il FEASR (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) che è quello che va a premiare le progettualità, a livello regionale, per le aziende virtuose che intendono migliorarsi, innovare, proporre progetti di conservazione e tutela dell'ambiente, di miglioramento dell'azienda dal punto di vista tecnologico e così via.
  Questi due grandi fondi – 37.5 miliardi di euro, cioè 7.5 miliardi di euro all'anno – da soli valgono molto più della quota di PNRR destinata all'agricoltura. Potete immaginare quale tipo di appetito da parte della criminalità organizzata possa esserci in questo particolarissimo contesto. Anche perché, purtroppo, la normativa non agevola – come, magari, in altri casi – un Pag. 8controllo puntuale, soprattutto per quanto riguarda l'accesso al primo fondo, cioè al fondo di garanzia, quello che va a sostenere il reddito degli agricoltori, che viene percepito dal mondo agricolo quasi come una sorta di sussidio, quasi come una sorta di ammortizzatore sociale. È un sussidio che spesso viene elargito sulla base di documenti non sempre verificati o verificabili; con situazioni in cui addirittura vige ancora il principio dell'autocertificazione; con la possibilità, soprattutto per piccoli importi (5 mila, 6 mila, 7 mila euro), di andare quasi interamente in autocertificazione. Questo fa sì che ci sia un proliferare di malcostume o – ahimè – di illecito vero e proprio, sia amministrativo che penale, a seconda dell'entità e della gravità della condotta posta in essere. Poi, soprattutto in alcune aree del Paese, segnatamente quelle del meridione d'Italia dove esiste il fenomeno della criminalità organizzata di tipo agricolo, c'è l'antipatico fenomeno dell'accaparramento dei terreni in danno dei piccoli agricoltori, che per timore o per quel sentimento di sottomissione alle cosche o alle famiglie dominanti, cede il proprio terreno, che va ad alimentare una sorta di latifondo criminale. Per cui, i tanti piccoli appezzamenti di terreno che godono di piccoli contributi, in realtà, poi, vanno a creare una massa di denaro enorme che finisce sempre nelle stesse tasche, cioè quelle della famiglia dominante, che in qualche modo ha il controllo di quella determinata area geografica.
  Questo è successo anche di recente. Nel mese di febbraio 2024 abbiamo concluso con i nostri colleghi del ROS (Raggruppamento operativo speciale), che è il reparto di elezione dell'Arma dei carabinieri per quanto riguarda il contrasto alla criminalità organizzata, un'importante attività di indagine nella zona dei Nebrodi, in Sicilia, nel comune di Tortorici, dove abbiamo eseguito oltre 20 misure cautelari per quanto riguarda esattamente questo fenomeno, cioè l'accaparramento dei terreniPag. 9 e il controllo del bene privato, a livello comunale o intercomunale, per l'accesso ai fondi, in questo caso al FEAGA, cioè al fondo che garantisce il sostegno al reddito degli agricoltori.
  Si tratta di fenomeni difficili da combattere, sia per il problema che dicevo prima, cioè una normativa che non sempre è perfettamente aderente a quelle che possono essere le esigenze di verificare puntualmente tutta la documentazione presentata dai soggetti, sia perché la norma europea prevede un controllo a campione di un 5 per cento. Sostanzialmente, nel momento in cui il legislatore europeo richiede che siano controllati almeno il 5 per cento dei fascicoli delle aziende che chiedono i contributi, difficilmente si va oltre il 5 per cento. Se la legge dice «almeno il 5 per cento», ahimè, poi si fa il 5 per cento. Il che significa che il 95 per cento non viene controllato.
  Vi è, poi, un problema che noi riteniamo piuttosto importante. Difficilmente concludiamo un'indagine senza il coinvolgimento di un operatore o di un soggetto legato ai cosiddetti CAA. I CAA sono i centri di assistenza agricola – esattamente l'alter ego dei CAF (centri assistenza fiscale) – per le esigenze dell'imprenditoria agricola. Sono centri spesso legati – ma ce ne sono anche di indipendenti; credo siano 24 le diverse sigle dei CAA – alle grandi associazioni di categoria (Coldiretti, Confagricoltura, CAI, Copagri), ma sono anche indipendenti, gestiti da soggetti che aprono una partita IVA, ottengono l'abilitazione alla verifica dei fascicoli aziendali e alla verifica delle domande di aiuto, ai quali il piccolo, il medio o anche il grande agricoltore si rivolge per la validazione della pratica che avviene a livello periferico. Poco possono, soprattutto all'inizio di questo percorso, gli organi di controllo, sia regionale che nazionale, come AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura). Spesso si arriva all'elargizione di somme che non dovevano essere Pag. 10corrisposte e che poi ingenerano la necessità da parte, in questo caso, dell'Arma dei carabinieri, di aprire un fascicolo d'indagine, quasi sempre di natura penale, per andare a verificare come mai questi denari, che non dovevano essere elargiti, sono invece stati corrisposti.
  Il controllo che noi facciamo, normalmente parte da una verifica sulle banche dati delle forze di polizia. Innanzitutto vanno controllati tutti i precedenti e tutti i requisiti soggettivi delle persone che chiedono l'accesso a questi contributi. Evidentemente la normativa sulla carta è molto ferrea. Se si è incorsi in una misura di prevenzione patrimoniale, per esempio, non si può accedere a un fondo pubblico. Se si è incorsi in una condanna definitiva per i reati previsti dall'articolo 67 del Codice antimafia non si può accedere a contributi nazionali ed europei. Quindi, la prima verifica che viene fatta è sulle caratteristiche del soggetto. Però, come voi mi insegnate, purtroppo, il prestanome che ovviamente è quasi sempre intonso, lindo, libero da qualsiasi pendenza di tipo penale e in qualche modo riesce, con molta abilità, a creare un diversivo proprio sull'identità finale del soggetto che percepisce i fondi.
  Non sempre è così. Anche per alleggerire il discorso, e non è una battuta, purtroppo ci è capitato anche che siano stati elargiti contributi a persone che hanno firmato la domanda in carcere. Abbiamo proprio le domande con il timbro della matricola del carcere. Qualcuno ha ritenuto che fosse sufficiente raggiungere il detenuto – in parlatorio, credo, o nell'ufficio della matricola – e acquisire la sua firma per la richiesta dei contributi, che poi sono stati corrisposti.
  Quindi, si deve sicuramente innalzare il livello del controllo e intervenire. Abbiamo fatto una modifica, di intesa proprio con il Ministero e con AGEA (che è il player, la paying agency per dirla con il Regolamento europeo che l'ha istituita), la quale Pag. 11eroga materialmente questi denari e che può anche effettuare tutta una serie di controlli, ai quali noi spesso collaboriamo a seconda del livello di invasività dell'azione criminale che viene portata in essere.
  Per questo specifico tipo di attività lavoriamo in stretta connessione con la EPPO, lo European Public Prosecutor's Office, cioè la procura europea, con la quale lavoriamo benissimo. Come sapete, è competente per tutti i reati che costituiscono un danno per il bilancio dell'Unione europea. In Italia funziona particolarmente bene. Ne ho diretto riscontro dalle riunioni che spesso teniamo presso l'OLAF (Office de lutte anti-fraude ossia l'Ufficio europeo per la lotta anti frode) a Bruxelles, che effettivamente ci restituisce un dato confortante per quanto riguarda i procedimenti avviati e anche i primi risultati. La procura funziona bene da circa un anno e mezzo o due. I risultati sono eccellenti.
  Questi due ambiti, che ho cercato sinteticamente di riassumere, sono quelli principali, nel mondo agricolo, sui quali si adopera il nostro Comando: tutela della qualità agroalimentare, da un lato, e repressione degli illeciti percepimenti di contributi europei, dall'altro. Mi voglio soffermare ulteriormente sul secondo ambito. Perché è importante? Perché, come voi intuirete sicuramente, non è tanto l'erogazione del denaro fine a sé stessa. In un approccio banale si potrebbe dire: sono 37 miliardi che arrivano all'Italia e in qualche modo bisogna impiegarli. Il che è vero: bisogna impiegarli. Guai a restituire una sola lira, perché sono denari che vanno ad aiutare i nostri agricoltori e a implementare tutte le attività che possono migliorare la nostra agricoltura. Il problema è la funzione sociale che erogare denaro a chi non ne ha diritto può creare all'interno di una piccola o media o anche grande realtà produttiva. È evidente che i denari finiti nelle mani sbagliate vanno a creare un Pag. 12vantaggio competitivo in capo a soggetti, dal punto di vista proprio commerciale, che non ne hanno titolo. Il che significa, spesso e volentieri, che il vicino che ha inteso seguire le norme sarà soffocato da leggi di mercato, che diventeranno insostenibili per lui, perché il suo vicino che, invece, ha deciso di percepire illecitamente i denari, potrà contare su un abbassamento dei costi, su maggiore manodopera, su una forza contrattuale superiore e addirittura, come purtroppo capita, può arrivare ad acquistare l'azienda concorrente a prezzi, magari, di saldo, perché nel frattempo il vicino onesto è morto o comunque soffre maledettamente e quindi riesce a portargli via l'azienda a un valore molto inferiore. Questo crea tutta una serie di criticità a livello locale, che la nostra azione cerca di impedire o di contenere, quantomeno.
  Questo come quadro generale delle attività.
  Sul fronte, invece, dell'agroalimentare in senso stretto, cioè della contraffazione dei prodotti agroalimentari, dobbiamo prendere atto di una piccola confusione di termini. Non dobbiamo pensare sempre e solo alla contraffazione come alla sostituzione integrale della cosa: se io vendo una penna dichiarando che è prodotta in Italia, mentre in realtà è prodotta in Cina, è una contraffazione perché il marchio Staedtler è stato copiato integralmente. No, nei prodotti agroalimentari – come anche negli altri prodotti, ma nello specifico nei prodotti agroalimentari – la tutela della qualità non riguarda soltanto quando il prodotto viene integralmente sostituito da un altro che ne ha caratteristiche simili, ma anche quando segue logiche di produzione diverse. Può essere la stessa azienda padrona del marchio che, nel momento in cui decide di utilizzare latte bulgaro piuttosto che un grano che non proviene dalla zona dichiarata, in qualche modo diventa responsabile di un reato contraffattivo, di una frode in commercio, che viene punita Pag. 13dall'articolo 515 del Codice penale, nel caso delle frodi ordinarie, o dal 517-quater, nel caso delle indicazioni geografiche, cioè delle nostre DOP, delle nostre IGT, dei prodotti di nicchia e di eccellenza dell'agroalimentare italiano. Possono essere reati posti in essere dagli stessi produttori. Questo lo voglio sottolineare.
  Dobbiamo sempre fare attenzione quando si parla di contraffazione, di introduzione nello Stato di prodotti contraffatti. Abbiamo una contraffazione o, più che una contraffazione, un illecito agroalimentare, di natura amministrativa o penale, di natura endogena, cioè posto in essere dagli stessi produttori o dalle stesse aziende italiane; e un fenomeno, invece, contraffattivo o di violazione delle norme regolamentari esogeno, quindi prodotto da soggetti terzi, che introducono in Italia prodotti non conformi, che vengono immessi con marchio italiano, quando l'origine italiana, ovviamente, non c'è. Quindi, vanno a incidere su quella tracciabilità, su quella riconducibilità alla produzione italiana, che viene meno proprio perché il prodotto viene dall'estero.
  Chiaramente, l'approccio è diverso. Parto dal secondo caso, che è quello che ci sta più a cuore. L'introduzione di merci dall'estero è quello che ci preoccupa di più. Non a caso il Ministro Lollobrigida, quindi il Ministero, ha voluto costituire una cabina di regia sui controlli, proprio per intensificare l'azione di verifica e per coordinare tutti gli attori coinvolti nell'immane attività di controllo: Carabinieri, ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari), Agenzia delle dogane, Guardia di finanza, Capitanerie di porto e altri. L'Italia è indiscutibilmente il Paese che fa più controlli in Europa. Parliamo di norme europee, peraltro. Siamo quelli che, in assoluto, maggiormente applicano tutte le verifiche sulla filiera, che vengono eseguite Pag. 14per appurare, l'originalità, l'autenticità e la genuinità dei nostri prodotti.
  La cabina di regia è stata istituita a questo scopo: verificare le attività sul territorio delle nostre aziende, quindi di produttori, trasformatori e distributori italiani non necessariamente in maniera totale, ma anche per materia. Non dimentichiamo mai che non c'è solo la produzione. C'è anche il problema della trasformazione e della distribuzione. L'illecito agroalimentare si può commettere in una qualsiasi fase della filiera, per l'appunto. Ma soprattutto in un periodo particolarissimo come questo, prestiamo molta attenzione all'ingresso di merci dall'estero. Ci sono, purtroppo, delle sostanze, delle materie prime e anche delle materie lavorate che entrano in Italia, non sempre da Paesi extra europei, ma talvolta anche da Paesi europei – queste seconde sono ancora più insidiose perché nel momento in cui entrano da Paesi europei sono già europeizzate, quindi saltano tutta la parte del controllo doganale, in quanto già presenti in territorio comunitario –, che purtroppo – lo abbiamo verificato – non sempre rispondono ai requisiti di genuinità del prodotto stesso. Alcune materie sono più soggette di altre. L'olio sicuramente è una di queste. Il grano è una di queste.
  Il timore non è soltanto legato al fatto che, comunque, c'è una violazione di quelli che sono gli obblighi di leale informazione verso il consumatore (articolo 7 del Regolamento n. 1169 dell'Unione europea), non vi è soltanto il problema di dire al consumatore che cosa sta utilizzando, ma vi è anche il problema di verificare se siano state rispettate, per esempio, tutte le indicazioni per quanto riguarda l'impiego dei fitofarmaci. In Europa abbiamo una regolamentazione più o meno omogenea in materia di fitofarmaci, fuori dall'Europa sappiamo perfettamente che così non è. Certe produzioni monstre di Paesi Pag. 15extraeuropei si realizzano anche grazie all'impiego massiccio di fitofarmaci. È chiaro che se ci troviamo di fronte a Paesi che, nonostante il caldo, nonostante la mosca, nonostante agenti biotici di qualsiasi natura, hanno produzioni doppie rispetto all'Italia, non dobbiamo pensare che i nostri agricoltori non siano bravi. Dobbiamo pensare che forse fuori giocano con qualche regola che va volutamente a dimenticare i parametri dell'impiego dei fitofarmaci.
  Capite bene che stiamo parlando di migliaia di tonnellate di materiale che entra in Italia. Non sempre si può campionare, portare in laboratorio e fare le verifiche, perché si tratterebbe, intanto, di una spesa immane, e queste verifiche comunque non sono immediate ma ci vogliono dei giorni, talvolta delle settimane e non è possibile farle su tutti i carichi in entrata. Bisogna fare una scelta, bisogna lavorare di analisi, bisogna lavorare in stretta sinergia con l'Agenzia delle dogane, monitorare i flussi in ingresso, privilegiare le verifiche sui prodotti che provengono da quei Paesi che sappiamo già che hanno una legislazione più libertina, più permissiva dal punto di vista dell'impiego dei fitofarmaci. Lavorando di analisi e in un'ottica preventiva si va campionare i prodotti all'interno delle navi, ma anche nei camion ai valichi del nord Italia da dove entrano i mezzi che provengono dal nord Europa. Insomma, si deve campionare dove abbiamo una maggiore certezza o, comunque, una maggiore possibilità che il prodotto possa non essere conforme rispetto alle normative italiane.
  Questo per quello che riguarda la materia prima, poi però l'attenzione si pone anche su prodotti finiti che entrano senza marchio e che vengono marchiati in Italia. Anche su questo spesso eseguiamo dei sequestri. Abbiamo intercettato prosciutti, abbiamo intercettato grano, abbiamo intercettato olio – come dicevo prima – già confezionato, in attesa solo di essere Pag. 16«italianizzato», in attesa, cioè, dell'attribuzione di una provenienza italiana che, in realtà, italiana – come dicevo prima – non è.
  L'attività si svolge in maniera sinergica con tutte le altre forze sul campo. È un impegno importante. L'Italia produce tantissimo, ma importa anche tantissimo. Noi siamo i primi consumatori di olio, ma siamo anche i primi importatori di olio e i principali esportatori. Riusciamo a coprire tutte le voci proprio perché l'olio è centrale per la nostra economia. Cerchiamo in tutti i modi di coprire sia il problema di tipo endogeno, come dicevo prima, cioè aziende che, magari, seguono la via breve per massimizzare il loro profitto, sia la via esterna, e anche qui devo, purtroppo, tornare sulle nostre aziende, che decidono di acquistare all'estero il prodotto che poi viene, in qualche modo, nazionalizzato.
  Il tema forse dominante in questo momento è proprio questo: l'ingresso dei porti. Abbiamo intensificato in maniera significativa il controllo nei porti principali, in particolare nei porti pugliesi. Comunque, stiamo monitorando tutti i porti. Anche su Ancona, su Trieste, su Genova abbiamo svolto attività specifiche, di concerto con l'Agenzia delle dogane, con la Guardia di finanza e con la Capitaneria di porto, per verificare e cercare di essere quanto più effettivi nel tipo di controllo e, soprattutto, nel campionamento, che è l'unico elemento che ci può davvero consentire il sequestro. Altrimenti, il grano canadese che entra in Italia, se rispetta i parametri della presenza di glifosate o di altri agenti fitosanitari all'interno, anche se costa meno, non possiamo impedirne l'ingresso. È comunque un ingresso legittimo. Possiamo andare a verificare, poi, se il produttore di pasta è corretto nelle indicazioni in etichetta e specifica che quello non è grano italiano. Questo, però, è un problema successivo.Pag. 17
  Infatti, il grande lavoro di questi giorni, in realtà, troverà una risposta tra qualche tempo, quando il materiale che stiamo monitorando in ingresso sarà processato, cioè sarà trasformato dalle aziende. Lì scopriremo se effettivamente chi ha ricevuto quelle tonnellate di grano russo, ucraino o canadese lo dirà o non lo dirà. Sappiamo che nell'etichetta è sufficiente non dire che sia grano italiano e, in qualche modo, implicitamente si capisce che non è grano italiano. Questa sarà sicuramente un'attività di controllo utile, perché crea una sorta di deterrenza nei confronti dell'acquirente finale, il quale sa già che noi abbiamo monitorato in ingresso nella sua azienda un certo numero di tonnellate di grano. Tra un anno, quando torneremo da lui a verificare cosa ha fatto di quel grano in ingresso, dovrà necessariamente dimostrare di averlo etichettato correttamente, quindi di averlo messo in commercio secondo i canoni di correttezza e lealtà di informazione verso i consumatori.
  Per quanto riguarda le altre materie, stiamo monitorando, ovviamente, il settore delle carni.

  PRESIDENTE. Facendo riferimento a quanto riportato dalla cronaca locale, anche alcuni camion che vengono fermati al Brennero hanno prodotti che provengono dall'Unione europea o dall'estero, che, però, tecnicamente, se rispettano determinati parametri, sono regolari. Bisogna capire cosa ne verrà fatto successivamente ossia la tracciabilità. Come Commissione, abbiamo un ruolo di inchiesta su determinati filoni che, insieme ai commissari, si studiano e si vedono. Anche sull'agroalimentare faremo questo. Noi vorremmo – le chiedo se ha qualche suggerimento – aprire un filone di inchiesta su quella che può essere la tracciabilità, ovvero su quella che può essere l'etichettatura, la chiarezza per il consumatore finale. Spesso e volentieri, ci sono etichette che sono delle enciclopedie. Sfido, se Pag. 18andassimo in una piazza, a individuare chi conosce la differenza tra DOP e IGP. Probabilmente nessuno.
  Quello che noi vorremmo fare – e possiamo farlo, perché in fondo siamo legislatori, quindi è anche un'attività di ricerca e studio – è una proposta di legge per fare più chiarezza possibile e per cercare di far capire al consumatore finale da dove proviene, come viene coltivato, allevato o costruito quello che consuma. Questo sarà il nostro obiettivo primario nel primo filone e cercheremo di capire se lo possiamo proporre. Anche per l'altro aspetto io so benissimo che, a seconda delle percentuali di prodotto che vengono utilizzate e della lavorazione che viene fatta, cambia anche l'etichettatura, cambia anche il marchio e cambia anche l'origine. Magari ci vuole più chiarezza. So che troveremo probabilmente anche i poteri forti da dover combattere su questo tema, perché, come diceva lei, non è detto che ci sia un'azienda che produca il 100 per cento di prodotto contraffatto. Probabilmente può avere anche l'80 per cento del prodotto reale e il 20 per cento del prodotto contraffatto. Questa è una ipotesi, naturalmente. Non abbiamo nulla per dimostrare nulla. Però, vorremmo capire qual è il suo suggerimento o se avete, non adesso, oggi, che è la prima audizione, però magari in un secondo momento, dei suggerimenti operativi sul campo che possano esserci utili per adeguare o attualizzare la norma esistente perché possa andarvi incontro.
  Faccio da portavoce della Commissione.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. È esattamente così, presidente.
  Ci sono ambiti che sono migliorabili. Tenga presente che l'etichettatura e la tracciabilità sono norme di derivazione europea, quindi vanno in qualche modo incastonate in un quadro più ampio anche perché rischieremmo di dare alle nostre aziende uno svantaggio rispetto alle aziende europee, Pag. 19perché se noi stringiamo troppo i lacci rispetto a quello che succede negli altri Paesi, il rischio è che poi le nostre aziende in qualche modo debbano anche ripiegare.
  Abbiamo visto cosa è successo a proposito del problema del cambio di etichetta. Il cambio di etichetta su tonnellate di prodotto ha un costo enorme. Per esempio nel caso del riso: un'importante azienda del nord Italia ha risolto il problema del cambio di etichettatura buttando il riso, perché non sarebbe stato conveniente etichettarlo nuovamente. Cosa avrebbe dovuto fare il produttore di riso? Avrebbe dovuto aprire le scatole una per una e dividere i chicchi di riso? Come ha sostenuto il soggetto – io seguo la teoria garantista –, è la macchina ad aver funzionato male e ha mischiato il Vialone Nano con il Carnaroli. Lo spiegherà al giudice e sono sicuro che sarà in grado di farlo. Il problema era che l'azienda avrebbe dovuto aprire le scatole e dividere i chicchi, il che chiaramente avrebbe avuto un costo enorme. Alla fine, questo riso era perfettamente edibile. C'è stato un problema di qualità o di contraffazione, ma il prodotto era perfettamente edibile e infatti, concorde il magistrato, abbiamo consegnato queste 6 tonnellate di riso a una importante ONLUS italiana, perché sarebbe stato davvero un peccato buttare 6 tonnellate di riso. Il problema dell'etichettatura è un problema serio e va ragionata in base ai prodotti. L'etichettatura del vino segue regole completamente diverse dall'etichettatura dell'olio, perché ci sono delle leggi nazionali diverse. La legge sul vino impone determinati claim, la legge sull'olio ne impone altri. Ci sono settori che non sono normati o sono normati scarsamente.
  Se mi consente, visto che ha giustamente sollevato un problema importantissimo, porto l'esempio del settore della quinta gamma. La quinta gamma attiene sostanzialmente ai prodotti di ortofrutta già cotti a vapore. Per capirci, sono le Pag. 20zuppe preconfezionate. Per sua natura, la quinta gamma è senza conservanti. La forza di questo prodotto è esattamente quella di mettere sullo scaffale un prodotto che ha una shelf life, cioè una vita, di quattro o cinque giorni. Per cui, uno lo compra, va a casa, e lo consuma. Qualcuno dice che congelandolo dura di più, ma tecnicamente quello è un prodotto che in cinque giorni scade, perché è senza conservanti. Il fatto che sia senza conservanti non è normato. Questo ha provocato che la grande distribuzione, a seconda del tipo di linea di prodotto, lo stesso tipo di prodotto lo pone sullo scaffale in alcuni casi con l'indicazione senza conservanti e in altri con nessuna indicazione, perché è una scelta commerciale. Se noi lasciamo alla GDO (Grande distribuzione organizzata) decidere cosa deve essere scritto in etichetta a seconda di quello che è il vantaggio commerciale e non l'interesse dei consumatori ad avere chiarezza, avremo il consumatore che di fronte allo scaffale ha lo stesso identico prodotto, in uno c'è scritto «senza conservanti» e nell'altro non c'è scritto nulla. È evidente che quel consumatore percepirà quello dove c'è scritto «senza conservanti» sicuramente senza conservanti, mentre penserà che l'altro i conservanti li ha. Invece, non li ha neanche l'altro. Noi dovremmo uscire da questa ambiguità. La GDO spesso scrive le etichette – duole dirlo e non dovrebbe farlo –, mentre l'etichetta dovrebbe scriverla chi produce il prodotto e non la GDO, perché l'etichetta ha una funzione specifica. Mentre per la legge europea n. 1169, articolo 7, l'etichetta ha la funzione di informare il consumatore, renderlo consapevole, renderlo edotto, in realtà per la GDO l'etichetta è marketing, e segue esattamente un filone diverso. Non è tanto importante dire al consumatore che cosa sta consumando, quanto convincerlo ad acquistare. Qui forse dovremmo essere più chiari. Le etichette devono Pag. 21rispondere a delle esigenze ben precise, che sono quelle di informare il consumatore.
  Scrivere su una bottiglia d'acqua che disseta non si può fare. È ingannevole, perché mi induce a pensare che quest'acqua che ha la scritta «disseta» sia più dissetante di un'altra dove questa scritta non c'è. Questi claim salutisti, come ad esempio «allunga la vita», sono regolamentati – a parte la dicitura «senza conservanti» nella quinta gamma dove la norma è estremamente fumosa – e in linea di principio sono documentati, come l'uso, per esempio, dei dolcificanti. Però, c'è ancora troppa libertà nello scrivere in etichetta riferimenti a presunte proprietà o a presunti ingredienti in un determinato prodotto che, in realtà, poi, sono ovvi, ossia è scontato che ci sia quel prodotto all'interno del bene. Scrivere «pane con grano» è ovvio: non sarebbe pane se non ci fosse il grano. Questo è un uso della lingua, in questo caso quella italiana, finalizzato a esigenze di marketing e dovrebbe essere regolamentato per dare al consumatore effettivamente la possibilità di leggere la verità su quel prodotto sull'etichetta. Poi, è chiaro, si può migliorare.
  L'Italia è un Paese che ha un'età media molto elevata, quindi determinate soluzioni potrebbero non essere perfettamente aderenti alle esigenze nei nostri nonni, dei nostri anziani, però è chiaro, per esempio, che un'etichetta leggibile con il cellulare, con il QR code può dare maggiori informazioni e molte aziende le hanno già introdotte di propria iniziativa. Inoltre, il ricorso alla blockchain può favorire la tracciabilità dei prodotti, cioè l'identificazione di ogni step della produzione, trasformazione e distribuzione di ogni singolo prodotto e cioè la possibilità di identificare digitalmente il percorso che fa dalla fonte sino allo scaffale.
  Ci sono sicuramente iniziative, signor presidente, che possono essere adottate. In questo senso, ovviamente, l'Arma dei Pag. 22carabinieri è a disposizione anche per un eventuale tavolo di lavoro, se questo vorrà essere istituito, perché la normativa è ampia e diversificata da prodotto a prodotto. I prodotti non hanno tutti le stesse esigenze. Ovviamente, bisogna tener conto anche delle esigenze della vendita. Capisco che, non solo la GDO ma in generale chi vende, abbia la necessità di rappresentare in un certo modo il prodotto, però è evidente che, se dobbiamo fare una scala di valori di ciò che è più importante, credo che l'interesse del consumatore venga prima di tutto. Quindi, innanzitutto si soddisfa il diritto del consumatore a sapere che cosa sta consumando, e poi, eventualmente, valutiamo anche esigenze di tipo commerciale o di marketing, ma non può essere il contrario.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Onorevole Simiani, prego.

  MARCO SIMIANI. Grazie presidente.
  Ringrazio il nostro ospite. È stato molto puntuale ed esaustivo nell'ambito della sua relazione su molti punti, specialmente l'ultimo, quello del normare le etichette, perché la conoscenza e soprattutto il fatto che si possa dare un messaggio diverso da quello che poi è il reale prodotto è fondamentale.
  Lei pensa effettivamente che oggi, in base anche ai quattro punti cardine della nuova PAC, ci possa essere, da parte del Governo, in questo caso del Parlamento, la possibilità di modificare il paradigma? Abbiamo visto un grande flusso di denaro verso i nostri agricoltori da parte dell'Unione europea. Questi denari per lo più sono andati ai progetti di filiera, ma anche e soprattutto in una logica di quello che era il set-aside, dove, come diceva lei, si dà il contributo all'agricoltore, che poi magari non fa neanche agricoltura ma la documentazione è Pag. 23perfetta; così come noi più volte non abbiamo verificato come sono state impiegate le risorse che sono andate ai progetti di filiera per la trasformazione dei prodotti. Lo dico perché il paradigma, secondo me, va modificato proprio in questo, e qui sta il senso della domanda, sempre nell'ottica di una maggiore valorizzazione del prodotto.
  Il regolamento delle DOP e delle IGP è un passo importante, secondo me, che va assolutamente in linea con quello che lei diceva, ma soprattutto nell'interpretazione di questo messaggio da parte di tutta l'Europa. Noi possiamo fare il nostro, ma se questo messaggio non riesce a essere elemento di coesione nell'ambito dell'Unione europea, credo sia una battaglia impari, perché il prezzo poi fa la soluzione.
  La valorizzazione del prodotto è l'altro aspetto, che guarda non solo alla produzione, ma anche alla commercializzazione. Lei faceva l'esempio del grano. È un esempio vero.
  Credo, in base alla sua audizione, che noi possiamo assolutamente verificare e implementare i controlli che riguardano questi aspetti che lei sicuramente diceva. Tuttavia, secondo me, c'è bisogno di uno strumento ulteriore di carattere legislativo che possa garantire i processi di valorizzazione del prodotto con un sistema di controllo e, soprattutto, di incentivo in cui non si va a premiare l'agricoltore, ma a valorizzare la produzione e la multifunzionalità di un'impresa agricola.
  Sappiamo benissimo che oggi molte di quelle risorse vanno all'agricoltore, ma non si sa effettivamente con quelle risorse che cosa ci faccia. Se noi, invece, le indirizziamo in base anche allo stesso PAL (Profilo azienda laboratorio) dell'azienda in cui si delineano gli investimenti, soprattutto sul piano energetico ma anche sul piano della trasformazione del prodotto, delle attrezzature che in un certo senso seguono questo elemento di Pag. 24miglioramento dell'agricoltura, credo che questo possa essere un passo importante per le cose che diceva lei.
  Grazie.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. Sì, onorevole, è condivisibilissimo ciò che lei dice. In realtà, nello spirito della legge è già così. I denari dovrebbero essere elargiti esattamente seguendo queste sue riflessioni. Il punto è esattamente quello che diceva: i controlli, che vanno intensificati. Parlo soprattutto della PAC, ma in generale nel mondo agroalimentare. L'intensificazione dei controlli non può risolversi in un aggravio di quella che è l'attività dell'onesto lavoratore, dell'onesto agricoltore, anche perché, purtroppo, noi abbiamo già tanti organi che lavorano. Infatti, la cabina di regia va proprio nel senso di armonizzare ed evitare, per esempio, le duplicazioni dei controlli. Lei comprenderà lo stato d'animo di un agricoltore che oggi riceve la visita dei carabinieri, domani della Guardia di finanza, poi della ASL. È questo un ambito su cui il Ministro Lollobrigida ha avuto immediatamente la sensibilità di dire che dobbiamo organizzarci perché non può essere che il singolo venga assalito.
  Questo è stato un motivo di riflessione importante, su cui noi già lavoravamo e abbiamo intensificato gli sforzi in particolare con AGEA, che sta per lanciare un importantissimo strumento analitico, perché l'analisi è fondamentale. Noi dobbiamo lavorare prima del controllo, individuare i fattori di rischio che sono in capo a una determinata azienda o a un determinato operatore commerciale, e agire con il controllo sul campo, cioè andando a disturbare questo operatore – ricordiamoci sempre che la regola fondamentale è che si è innocenti fino a prova contraria –, però ci andiamo quando abbiamo già un buon quadro che ci porta a ritenere che il soggetto ragionevolmente ha truffato lo Stato o l'Unione europea. In questo modo noi Pag. 25miglioriamo la qualità del controllo, diminuiamo probabilmente il numero dei controlli, perché non è che i controlli devono per forza aumentare. I controlli vanno migliorati, vanno razionalizzati e bisogna andare ad agire in maniera chirurgica su chi, ripeto, in base allo studio analitico, con degli strumenti di analisi che sono molto avanzati, ci dà una certa idea, una certa sicurezza che probabilmente ha sbagliato e che quindi va perseguito.
  Noi dobbiamo muoverci in questo senso, anche perché, come ricordavo prima, e come lei giustamente ha sottolineato, dobbiamo convincere anche gli altri, perché altrimenti finisce che in Italia facciamo i controlli, massacriamo, perdonatemi il termine, i nostri agricoltori, ma gli altri Stati non lo fanno.
  Ci sono dei Paesi in Europa, vi prego di non chiedermi quali, ma sapete perfettamente a chi mi riferisco, che non hanno neanche un'agenzia che fa i controlli, che non si sognano nemmeno minimamente di avere una forza di polizia come l'Arma dei carabinieri deputata a fare i controlli, una forza di polizia a competenza generale, che indaga sulla criminalità in agricoltura. Noi siamo molto avanzati. Abbiamo tantissimi organi che intervengono, abbiamo strumenti di analisi e di indagine potentissimi, facciamo veramente un controllo accurato.
  Quello che dobbiamo far capire agli altri – e in questo senso il Ministero sta lavorando tantissimo – che la qualità del prodotto agroalimentare è tale anche grazie ai controlli che facciamo. Dobbiamo legare indissolubilmente l'efficacia del controllo – mirato per non aggravare troppo il contribuente onesto, l'agricoltore onesto – all'idea che quel controllo è una sorta di certificazione sul prodotto italiano. Il prodotto italiano è sano, è conforme, è qualitativamente valido. Abbiamo circa 890 DOP perché noi facciamo i controlli, perché i nostri Pag. 26prodotti sono di qualità, sono frutto di storia, lavoro, tradizione, cultura di un popolo, di una località, di un comune, ma che viene poi certificato e controllato a tutti i livelli, financo da una forza di polizia.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per questa audizione in generale, però alla prossima audizione vogliamo sapere i nomi dei Paesi. Noi siamo comunque una Commissione di inchiesta e abbiamo bisogno di sapere i dati. Siamo qui per questo. Va bene parlare in generale, però non è che lei non ci deve dire i Paesi. Se noi le faremo delle domande specifiche su determinate aziende, se avete i dati, dovete darceli. Noi siamo una Commissione d'inchiesta.
  Prego onorevole Giuliano.

  CARLA GIULIANO. (In videocollegamento). Buongiorno a tutti. Saluto il generale Melis a cui farò alcune domande.
  Lei parlava in primis di una percentuale di controlli, per così dire, normativamente fissata di circa il 5 per cento e della difficoltà di andare oltre quella percentuale. Le chiedo, quindi, se lei ritiene corretto, compatibilmente con quello che realmente può essere controllato, aumentare questa percentuale.
  L'altra domanda riguarda i terreni agricoli. Io vengo da una regione, la Puglia, in particolare dalla provincia di Foggia, che è territorio a fortissima vocazione agricola. Abbiamo notizia, per quanto mi consta anche dalle testate giornalistiche ma le chiedo conferma, di terreni agricoli che spesso risultano essere anche difficilmente riconducibili giuridicamente, in quanto negli anni Quaranta e Cinquanta venivano trasferiti oralmente da un proprietario all'altro e quindi, se si va a fare la verifica catastale, risultano ancora di proprietari magari deceduti. Questi terreni sono, di fatto, nelle mani di imprenditori o di imprese agricole molto vicine alla criminalità organizzata. Ci sono Pag. 27terreni agricoli che alcune volte sono effettivamente abbandonati a loro stessi, ma i proprietari ricevono comunque finanziamenti PAC e alcuni addirittura ricevono finanziamenti – potrei non essere precisa perché mi è stato riferito – per la produzione di colture pregiate, quando invece sono dei terreni assolutamente abbandonati. Le chiedo se è a conoscenza di fenomeni di questo tipo, ovviamente non solo in Puglia.
  Il nostro è un territorio dove negli anni passati ci sono stati anche grandi inchieste sulle cosiddette «adulterazioni». Ricordo che fece scandalo il caso in cui per rendere più verde l'olio si utilizzò la clorofilla. Oppure, c'è il problema, per quanto riguarda il grano, del glifosato, perché il grano italiano spesso viene unito con quello canadese. A livello normativo, vista la poca chiarezza di cui lei parlava nell'ambito dell'etichettatura, le chiedo se anche su questo lei ritiene che noi, come Commissione e come Parlamento, possiamo intervenire per rendere più facile il vostro lavoro.
  L'ultima domanda riguarda i CAA. È abbastanza logico il fatto che le grandi truffe in agricoltura abbiano come anello e come ponte i CAA. Le chiedo – ammetto la mia ignoranza – se c'è, a livello normativo, qualcosa che colleghi il reiterarsi di irregolarità da parte dei CAA con la perdita dei requisiti per continuare ad esercitare. Non so se sono stata chiara. C'è un limite normativo superato il quale i CAA, che non si comportano correttamente, possono perdere i requisiti per continuare a fare la loro funzione di intermediazione?
  Grazie.
  Approfitto per chiedere al presidente se, magari, visti gli spunti davvero interessanti che ci ha fornito il generale Melis, la Commissione ritiene di risentirlo in modo che il generale Melis possa fornire a noi una serie di dati.

Pag. 28

  PRESIDENTE. Questo può essere giusto, anche perché non abbiamo molto tempo. Noi potremmo formulare delle domande scritte su questi dati tecnici, perché, probabilmente, sulle caratteristiche è sufficiente anche qualcosa di scritto e poi dopo magari ci confrontiamo.
  Do la parola all'onorevole Iaia.

  DARIO IAIA. Grazie generale per la sua presenza e grazie per l'attività che l'Arma dei Carabinieri svolge anche in questo campo in maniera egregia.
  Ho due domande flash. La prima riguarda lo stato della collaborazione con i consorzi di tutela sia nell'ambito vinicolo che nell'ambito dell'olio. Qual è lo stato? C'è una collaborazione? C'è un riscontro? C'è una attività proficua che svolgete insieme ai consorzi di tutela?
  La seconda domanda attiene all'introduzione delle fascette di Stato, soprattutto per quanto riguarda i vini. Ritiene che sia una misura idonea a contrastare la contraffazione? Le chiedo se questa può essere una misura che i consorzi possano portare avanti in maniera proficua e se possa essere utile nei confronti dei consumatori.

  PRESIDENTE. Senatrice Rando.

  VINCENZA RANDO. Grazie generale della relazione esaustiva.
  Lei parlava dei controlli e delle esperienze, e si riferiva all'operazione Nebrodi. Lei sa bene che l'operazione Nebrodi aveva già alle spalle una sentenza sulle truffe ai contributi agricoli. C'è un dato sul recupero dei contributi illecitamente elargiti oppure il recupero avviene solo quando c'è il processo penale, ci sono le condanne e vengono sequestrati i contributi illecitamente erogati?Pag. 29
  Lei diceva, sul tema del controllo, di non appesantire i controlli, perché appesantire i controlli non è una qualità della democrazia. Però, preventivamente, in altri ambiti c'è. È possibile, per esempio, la creazione, se non c'è già, di una banca dati di chi ha ricevuto i contributi ed è sempre stato corretto? Magari ci potrebbe essere una cultura premiale rispetto a loro. C'è la possibilità di ipotizzare la creazione di una white list o di una black list? La criminalità organizzata fa di tutto per il recupero illecito dei terreni o per dichiarare le falsità. Le famiglie che hanno fatto questo, non solo per le indagini che sono state fatte, si conoscono. Questi soggetti, però, spesso lo abbiamo visto in alcuni processi, continuano a fare richieste di contributi che magari poi vengono loro elargiti. Una banca dati per il controllo potrebbe avere un senso rispetto anche alle modalità di elargizione dei contributi europei. Questo è il tema. Si ragiona sempre con una cultura repressiva, che ci deve essere perché poi voi fate questo, ma le chiedo se, invece, ci possono essere le condizioni per fare un ragionamento preventivo: sei dentro la black list, quindi faccio il controllo.
  I centri di assistenza – lo diceva prima la collega – hanno una funzione meramente compilativa? Oppure hanno anche una funzione di controllo rispetto a quello che si dichiara? Lei faceva l'esempio di quel soggetto che ha fatto la richiesta di contributo in carcere. Quando chi fa l'assistenza ha una funzione semplicemente compilativa non deve controllare. Invece, se è ha funzione anche di tipo notarile, nel senso che svolge un controllo, potrebbe essere anche connivente nell'aver fatto una pratica illecita.
  Quindi, ci possono essere queste cose e visto che noi non siamo solo una Commissione d'inchiesta, come diceva il presidente, ma siamo anche legislatori e si potrebbe anche ipotizzare Pag. 30che se c'è una lacuna serve il nostro intervento, oppure, secondo lei, in questo caso non serve?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Senatrice Petrucci.

  SIMONA PETRUCCI. Ringrazio il generale Melis per la relazione.
  Io, invece, chiedo i numeri. Io ho bisogno di sapere, prima di tutto, quali sono le zone dove è maggiore la presenza degli illeciti e quali sono le regioni dove i controlli hanno prodotto quantità di illeciti maggiori? Che tipo di illeciti sono stati rilevati e quali sono i prodotti, dal punto di vista alimentare, più colpiti? Parliamo sempre di olio e vino, però vi sono altri settori colpiti, penso al formaggio e al miele, che sono grandi eccellenze italiane, che, però, vengono sempre tenute un po' più nascoste, ma in realtà sono quelle nelle quali i rispettivi consorzi hanno lamentato una carenza di controlli e, quindi, una maggiore presenza di prodotto contraffatto nel nostro territorio. Poi, quante sono le persone coinvolte? Che tipo di società hanno prodotto maggiori illeciti e, sempre, quale tipo di illeciti è stato commesso?
  Faccio, infine, una battuta sulle vessazioni nei confronti dei nostri agricoltori. In realtà, gli illeciti di pochi stanno colpendo il grande lavoro fatto dalla maggior parte dei produttori e dei coltivatori italiani, che si trovano ad avere migliaia di controlli nel corso della loro attività ventennale, trentennale o quarantennale, e poi devono dedicare metà del loro tempo a fare carte invece che a produrre.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Borrelli.

Pag. 31

  FRANCESCO EMILIO BORRELLI(In videocollegamento). Grazie presidente, sarò telegrafico, dal momento che i colleghi hanno fatto molte delle domande che avrei voluto fare io.
  Senza fare riferimento a un Paese europeo in particolare, vorrei sapere rispetto agli altri Paesi europei quant'è l'indice di controlli che fa l'Italia? È il Paese che svolge maggiori attività di controllo, si trova in una posizione intermedia o è quello che ne fa di meno?
  Inoltre, rispetto ai controlli che vengono svolti, vorrei sapere una seconda cosa: quant'è la percentuale di situazioni che si trovano non corrispondenti alle leggi: l'1 per cento, il 10 per cento, il 20 per cento, il 50 per cento, lo zero per cento?
  Mi interesserebbe sapere se si possano avere questi dati. Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento da parte dei colleghi parlamentari, do la parola al nostro ospite per la replica. Per il resto chiederei, a parte che non abbiamo ancora letto la relazione, e probabilmente molti dati sono già presenti nella relazione...

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. I dati numerici sì.

  PRESIDENTE. Quindi, i dati numerici sono presenti. Ad ogni modo, vi girerò via mail la relazione che il comandante Melis ha fornito questa mattina.
  Risponda a quello che può rispondere, dopodiché ci aggiorniamo. Abbiamo più o meno dieci minuti ancora. Prego.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. Ovviamente, sono a disposizione per qualsiasi integrazione, Paesi europei compresi, signor presidente.Pag. 32
  Percentuale del 5 per cento. La percentuale indicata in una norma europea riguarda le richieste di aiuto o sussidio di fondi europei. La legge dice che ogni Stato membro dovrà effettuare almeno il 5 per cento dei controlli sulle aziende. Ovviamente questo controllo rimane confinato più o meno al 5 per cento. Peraltro, durante il Covid era stato ridotto al 3 per cento. Il dato è assolutamente insufficiente: lo capiamo perfettamente. Non sarebbe male innalzarlo, ma teniamo presente che è una norma europea.
  Provincia di Foggia. Assolutamente sì, succede tutto quello che l'onorevole Carla Giuliano ha segnalato, ma non succede solo nella provincia di Foggia. Sicuramente la provincia di Foggia su alcuni prodotti, segnatamente il vino, le uve da tavola che vengono vinificate illegalmente – perché voi sapete che c'è il divieto di vinificazione in Puglia delle uve da tavola – registra sicuramente un'enorme produzione, perché è una provincia fortunata dal punto di vista della produzione. Non a caso, la provincia di Foggia era soprannominata il «granaio d'Italia». Tuttavia, spesso questa sovrapproduzione prende la via di altri territori italiani e viene utilizzato – nel caso del vino – uvaggio foggiano che nulla ha a che vedere con i territori di Manduria o del Prosecco. In generale, sono uvaggi che escono dalla provincia di Foggia e che vanno a contaminare produzioni che dovrebbero essere, invece, caratterizzate localmente.
  I terreni impiegati per ricorsi e sussidi sono ovunque. Non c'è una caratterizzazione geografica. In linea di principio possiamo dire che al nord privilegiano la truffa verso il FEASR, ovvero lo sviluppo rurale, e al sud più verso il sostegno al reddito, parlando di numeri complessivi. Per valore, le truffe al nord sono molto più cospicue, mentre quelle al sud sono più fastidiose perché spesso, per non dire sempre, in qualche modo vedono coinvolte la criminalità organizzata, peraltro non assentePag. 33 al nord. Se dobbiamo tracciare una linea, abbiamo i terreni demaniali e i terreni già confiscati. Ci sono stati casi clamorosi: contributi ricevuti su terreni dichiarati, che poi – nessuno aveva controllato le particelle – coincidevano con l'aeroporto di Fiumicino. Sono state inserite in fascicolo aziendale particelle che bastava una visura catastale per capire che non potevano essere un terreno agricolo.
  C'è l'enorme problema degli usi civici, in particolare in Abruzzo. Si parla di «mafia dei pascoli». Il termine è fuorviante. Non è una mafia intesa in senso di criminalità organizzata, è una mafia in senso di malaffare, che vuole l'impiego di questi usi civici, che dovrebbero essere dati agli agricoltori residenti nella regione Abruzzo secondo determinate caratteristiche, e che, invece, attraverso il solito giro dei prestanome, vengono concessi in uso a soggetti che abruzzesi non sono, ma soprattutto che non coltivano o non allevano – parliamo anche di allevatori – quello che dichiarano di coltivare o allevare.
  Perdita dei requisiti. I CAA che sbagliano perdono i requisiti, assolutamente. Vengono revocate le credenziali e il CAA sostanzialmente viene chiuso, oppure viene revocata la credenziale all'operatore CAA laddove la struttura sia ritenuta esente da responsabilità e, quindi, sia stata una mancanza del singolo. Vengono revocate password e userID di accesso al Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), che è il sistema all'interno del quale troviamo tutte le informazioni che riguardano anche i contributi europei.
  Collaborazione con i consorzi di tutela. Assolutamente, è per noi una cifra distintiva. Abbiamo interlocuzioni continue e quotidiane con i consorzi di tutela e con gli agenti vigilatori, laddove i consorzi se ne siano dotati. Purtroppo non tutti sono consorziati. Voi sapete che su circa 890 denominazioni di origine soltanto poco meno di trecento si sono consorziate, Pag. 34quindi non abbiamo un consorzio di tutela per tutte le DOP e le IGP italiane. Ma i consorzi esistenti li stiamo contattando, stiamo tuttora parlando con alcuni di loro, perché le informazioni più importanti ci provengono proprio da essi, dal momento che sono la prima sentinella sul territorio di quello che accade in danno del prodotto tutelato. D'altronde, nessuno meglio del produttore, che fa parte, ovviamente, del board del consorzio di tutela, sa che cosa sta succedendo all'interno del consorzio medesimo. Noi abbiamo una interlocuzione piuttosto importante e anche molto avanzata con alcuni di loro, sullo sviluppo di algoritmi di ricerca che vadano a scandagliare il web, perché il problema del commercio on-line sotto il profilo della contraffazione è un problema molto sentito. Soprattutto all'estero ci sono prodotti con nomi italiani che vengono venduti in maniera incontrollata. Grazie ai consorzi di tutela noi stiamo agendo anche in collaborazione con polizie estere.
  Le fascette di Stato sarebbero una soluzione utilissima. Andrebbe portato avanti tutto ciò che va sia a creare un'identità digitale del prodotto, quindi richiamo anche la blockchain, sia a rendere sempre più difficile la contraffazione del prodotto stesso. Quindi l'introduzione della fascetta sarebbe certamente ben accetta. Capisco che possa rivelarsi un costo, perché chiaramente sono interventi e accorgimenti che vanno a gravare alla fine sul consumatore, dato che l'azienda anticipa, ma poi in qualche modo scarica il costo sul prezzo finale del prodotto. Ma sono accorgimenti che sui prodotti, soprattutto su quelli più pregiati e, di conseguenza, maggiormente esposti alla contraffazione, noi riteniamo siano utilissimi. Abbiamo accolto con grande favore queste iniziative.
  Recupero dei contributi illeciti. Sì, purtroppo non nelle percentuali che si sperava. Non sempre arriviamo a sequestrare i conti correnti senza che i destinatari del sequestro abbiano già Pag. 35ricevuto un avviso di garanzia o un provvedimento, quindi questo fa sì che loro svuotino i conti prima. Comunque, mi sento di dire – considerato che l'abbiamo riscontrato più volte – che chi commette questi reati sa già che non deve lasciare soldi nel conto corrente. Questo è il problema. Quindi, l'aggressione del liquido in fase esecutiva dell'indagine ci porta sempre ad un recupero del 10 per cento, quando va bene, della somma. Però, devo dire che ci rifacciamo sul fronte delle confische, quindi sequestri preventivi e poi confische, perché trattandosi di aziende ci sono dei beni da aggredire: ci sono dei fabbricati, ci sono dei trattori, ci sono dei macchinari. Quindi, volendo azzardare una percentuale, potrei dire che siamo nell'ordine di un 40 per cento di recupero di quanto truffato inizialmente.
  Controlli preventivi e banca dati, black list e white list. Assolutamente sì. È quello che stiamo facendo. Forse prima sono stato sfuggente sul tema. Con AGEA abbiamo in atto un progetto molto importante. Io dislocherò all'interno di AGEA alcuni miei carabinieri, che costituiranno un nucleo ispettivo che, insieme ai suoi ispettori, farà esattamente questo lavoro: realizzeranno – in realtà, stanno già realizzando, sono già operativi – le white list e le black list determinate dall'incrocio di tutti i dati. La banca dati che lei citava esiste, è SIAN, dal quale questo software di nuova generazione ai limiti dell'intelligenza artificiale – non è intelligenza artificiale, ma ci va vicino, perché sviluppa gli algoritmi di calcolo degli indicatori di rischio – mette insieme oltre cento indicatori, per esempio l'età, i precedenti, la zona geografica, la coltura, l'importo, la somma richiesta, e li elabora al fine di tracciare una white list, dove inserisce i nominativi dei soggetti che ritiene tranquilli, per i quali non ci sono motivi di ritenere che abbiano truffato. Magari qualcuno può essere scappato all'intelligenza artificiale Pag. 36o all'algoritmo di turno. Però, ci dà un importante percorso da seguire, che è quello della black list, perché a quel punto noi concentriamo gli sforzi sugli indicatori maggiormente sensibili, su quelli dove il sistema ci dice che un soggetto su cento indicatori ne ha quaranta, e allora quello è un soggetto sicuramente da controllare. Questo va anche incontro all'esigenza di controllare solo chi sbaglia o, comunque, di cercare di limitare il controllo a chi probabilmente non ha nulla da nascondere. Nello stesso tempo bisogna anche dire, perché il tema delle forze sul campo è sempre un tema delicato, che ci aiuta a razionalizzare i controlli, dal momento che siamo un piccolo comparto. Non siamo tantissimi, anche se facciamo solo questo, quindi abbiamo l'esigenza che ogni attività che si inizia si porti a termine in maniera concreta.
  Per questo le dico che su 16 milioni di euro di contributi verificati l'anno scorso, 8 milioni sono risultati illegittimi, che è una percentuale elevatissima, ma inganna, perché è frutto quell'attività di analisi che le dicevo, che ci aiuta a capire e che ci porta a dire che in un caso su due ci prendiamo, che è altissimo come risultato. Questo perché è frutto di un'attività di analisi. Quando io sono arrivato al comando, due anni fa, era uno su tre, mentre adesso è uno su due. Stiamo restringendo il campo, grazie a queste attività di analisi, in modo da ridurre sempre di più il controllo sui contributi legittimi – non puntiamo all'uno su uno, sarebbe miracoloso – e ad aumentare la quota di illecito recuperato rispetto al controllato.
  Funzioni del CAA. La funzione del centro di assistenza agricola è complessa, perché l'operatore CAA è di fatto un incaricato di pubblico servizio, ma in realtà non lo è, nel senso che la legge ancora non lo prevede, sebbene lo preveda una sentenza del Consiglio di Stato, nella quale si dice che, trattando denaro pubblico, la loro figura è riconducibile a quella degli Pag. 37incaricati di pubblico servizio. Però sappiamo anche che le sentenze hanno una funzione di orientamento e che non costituiscono vincolo per chi decide successivamente. Tuttavia, non sarebbe male che anche l'operatore CAA formalmente venga incaricato di un pubblico servizio, perché questo ci consentirebbe di agire con la normativa specifica a loro dedicata. Devo dire, però, che fino ad oggi la giurisprudenza è stata sostanzialmente concorde nel ritenerli tali.
  Il CAA vidima la pratica? Sì, in qualche modo dà l'okay. Non è soltanto una mera ricezione di atti. Il CAA appone una sorta di timbro di regolarità della pratica istruita, che fa fede. Per cui, se nessun altro va a controllare, quella si ritiene passata e il soggetto otterrà il denaro. Se non ricade poi nel 5 per cento famoso, il soggetto l'ha scampata. I CAA, come sapete, sono nei piccoli comuni; adesso non voglio dire che si conoscono tutti, però è un piccolo ufficio che è incaricato di un'importantissima azione, che è quella di regolare il flusso del denaro pubblico in un comune, in una provincia, in una regione. Normalmente i CAA operano a livello comunale e difficilmente hanno competenze su più comuni. Quindi il problema dei rapporti di parentela e dei rapporti amicali ha un'incidenza importante. Quasi sempre, quando abbiamo trovato un operatore CAA infedele, o era in organico a una cosca, o era un parente, un amico o un compagno di scuola del soggetto che ha compiuto l'illecito. Il problema del livello locale di conoscenza chiaramente agevola il cosiddetto «pactum sceleris», ovvero l'accordo criminale tra i soggetti.
  Zone di illecito nel settore agroalimentare. Sostanzialmente le zone di illecito rispecchiano le caratteristiche produttive del territorio. Evidentemente se parliamo di riso sono Piemonte e Veneto; se parliamo di ortofrutta è prevalentemente il Lazio, soprattutto la zona di Latina, ma anche la Sicilia; se parliamo Pag. 38di lattiero-caseario è tendenzialmente il nord. Chiaramente è difficile poter dire dove si commette di più, perché dovremmo fare un'analisi – se è gradita alla Commissione, ovviamente mi adopererò per prepararla – sulla base dell'impatto che ogni singola filiera di produzione ha su quello specifico territorio dove viene prodotta. Chiaramente la ciliegia di Marostica, la lenticchia di Onano o il Parmigiano Reggiano, che sono fortemente caratterizzati dal punto di vista locale, ma ci sono delle produzioni, come il Parmigiano Reggiano (non come la ciliegia di Marostica) che sono molto importanti e hanno dei numeri che vanno a falsare un po' il senso della percentuale, dal momento che essa si calcola su numeri di produzione enormi rispetto a quelli che può essere la produzione nel resto d'Italia. La statistica inganna. Per esempio, nessuno probabilmente direbbe mai che il formaggio italiano più esportato all'estero è il Pecorino Romano DOP. Ma perché è la percentuale di produzione del Pecorino Romano DOP che viene esportata maggiormente all'estero, più del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano. Il 70 per cento del Pecorino Romano DOP viene portato fuori dai confini nazionali. Quindi, la statistica va adattata al singolo territorio perché – lo ripeto – soprattutto le più grandi produzioni nazionali sono concentrate localmente.
  Ci sono regioni che sono virtuose sotto tanti aspetti, cito la Lombardia, che per esempio ha avuto, purtroppo, problemi con il riso dal punto di vista della produzione del biologico. Nel momento in cui si apre l'acqua e le risaie vengono inondate con acqua proveniente spesso dai consorzi di bonifica, arrivano anche tanti agenti biotici che, non essendoci più le mondine come negli anni passati, evidentemente devono essere estirpati con l'uso dei fertilizzanti. Ma l'uso dei fertilizzanti, che è contrario al concetto del biologico, va misurato. Quindi, va capito fino a che punto in determinate colture si può parlare Pag. 39seriamente di biologico. Questo fa sì che alcune regioni rispetto ad altre possano essere più o meno caratterizzate. Per farvi un esempio di sofferenze a livello regionale: per il vino soffriamo molto in Puglia, così come per l'olio. Vi è un problema di rispetto dei disciplinari. Esistono 527 DOP italiane di vino e ogni DOP ha un suo disciplinare. Nel disciplinare è sicuramente contenuta un'indicazione, che è sempre presente in tutti, ossia che l'uva deve venire da quella determinata area geografica. Viene identificata comune per comune, spesso addirittura a livello infra-comunale. È evidente che una produzione come quella pugliese non soddisfa perfettamente la richiesta del mercato. Ci sono vini che stanno prendendo molto piede, c'è anche un po' la moda di alcuni vini, per cui la produzione viene aiutata spesso con il ricorso a uvaggi non consentiti dal disciplinare.

  PRESIDENTE. Io ho finito il tempo. Stanno per iniziare i lavori d'Aula, per cui dobbiamo purtroppo terminare. Abbiamo anche l'ufficio di presidenza. Però, visto che ritengo molto interessante questa materia, che fra l'altro è nuova per questa Commissione, direi di inviarle un report scritto con alcune domande specifiche e particolareggiate e poi di risentirci, non nell'immediato, ma magari prima dell'inizio dell'estate, per avere un altro confronto. In questo modo anche noi potremmo avere le idee più chiare su quelle che sono le prime cose che vogliamo affrontare, ma che dobbiamo discutere. Direi di fare così.

  PRESIDENTE. Senatrice Petrucci.

  SIMONA PETRUCCI. Soprattutto dobbiamo analizzare il filone di ciò che arriva in Italia dall'estero.

  PRESIDENTE. Sì. Noi dobbiamo secondo me fare alcune domande, mandiamo uno speech con quello a cui siamo più Pag. 40interessati e magari fare un'audizione specifica su quello che è un interesse particolare. Volevamo aprire un filone di inchiesta per capire cosa arriva nei mercati dell'ortofrutta, a Torino a Milano a Bologna; da dove vengono i prodotti, quali possono diventare contraffatti, quali invece quelli su cui non c'è un controllo (spesso e volentieri ci è stato riferito da alcune procure che, per esempio, fare i controlli nei container è come trovare un ago in un pagliaio) e dove a volte, probabilmente per mancanza di uomini e di risorse, non si riesce a fare un lavoro così capillare. Quindi noi avremmo bisogno più nello specifico di numeri e dettagli di questo tipo, che però giustamente non si potevano avere oggi alla prima audizione.
  Le faremo avere qualcosa di scritto, dopodiché, se lei ci dà la disponibilità, noi la incontriamo molto volentieri.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. Do tutta la disponibilità. Se la Commissione lo riterrà, posso anche far intervenire insieme a me i singoli ufficiali che si occupano dei vari comparti, anche per avere un quadro dello specifico.

  PRESIDENTE. A noi dovrebbero arrivare, se non sbaglio, due ufficiali di collegamento.

  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. Sì. Il maggiore Giannino, che è un mio diretto collaboratore, che oggi ha avuto un problema all'ultimo minuto: è stato convocato dall'autorità giudiziaria.

  PRESIDENTE. Saranno uno a tempo pieno e uno a tempo parziale. Per le questioni agroalimentari, credo, a tempo pieno e per i rifiuti a tempo parziale, quindi sarà a disposizione della Commissione.

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  DANIEL MELIS, comandante del Comando carabinieri per la tutela agroalimentare. No, mi perdoni, ci siamo capiti male. Di questo non so. Oggi era previsto con me un ulteriore ufficiale.

  PRESIDENTE. Noi avremo due ufficiali dell'Arma. In particolare: uno a tempo pieno sull'agroalimentare e uno a tempo parziale per quanto riguarda i rifiuti.
  La ringrazio e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 9.45, è ripresa alle 9.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, ha convenuto, nella riunione odierna, nell'ambito del filone di inchiesta già avviato dalla Commissione, riguardante il sistema complessivo di gestione dei rifiuti della regione Lazio e di Roma Capitale, con particolare riferimento alla discarica di Malagrotta, anche alla luce delle audizioni fin qui condotte e degli approfondimenti effettuati, di fare richiesta: al commissario unico del Governo, cui è stato attribuito il compito di realizzare tutti gli interventi necessari all'adeguamento alla vigente normativa della discarica di Malagrotta, di una breve relazione inerente l'impiego dei finanziamenti stanziati per il sito in questione, nonché la gestione delle relative procedure di appalto; ad ARPA Lazio, a seguito dell'esame dei documenti già acquisiti dalla Commissione,Pag. 42 di alcuni chiarimenti in merito ai controlli ambientali effettuati presso il sito di Malagrotta.
  Nell'ambito del medesimo filone di inchiesta, l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha inoltre convenuto che la Commissione proceda ad audire il presidente dell'associazione Assoambiente, che rappresenta a livello nazionale e comunitario le imprese, soprattutto private, che gestiscono servizi ambientali e le imprese dell'economia circolare. Tale associazione avrebbe infatti rappresentato, secondo notizie di stampa, diverse criticità inerenti la gestione degli impianti di Malagrotta.
  Comunico, infine, che sono giunte le autorizzazioni per le collaborazioni con la Commissione a tempo pieno e a titolo gratuito, del capitano di fregata del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, Roberto Cubeddu, nonché per le collaborazioni, a tempo parziale e a titolo gratuito, della dottoressa Maria Di Mauro, magistrato, della dott.ssa Luigia Spinelli, magistrato, e del dottor Stefano d'Aprile, esperto giuridico.
  Nessuno chiedendo di intervenire, dichiaro quindi concluse le comunicazioni in titolo.
  Grazie. Dichiaro chiusa la Commissione.

  La seduta termina alle 9.55.