XIX Legislatura

Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall'insularità

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Giovedì 1 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lai Silvio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INDIVIDUAZIONE DEGLI SVANTAGGI DERIVANTI DALLA CONDIZIONE D'INSULARITÀ E SULLE RELATIVE MISURE DI CONTRASTO

Audizione di rappresentanti dell'Ufficio parlamentare di bilancio, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.
Lai Silvio , Presidente ... 3 
De Bonis Valeria , Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 3 
Lai Silvio , Presidente ... 9 
Nicita Antonio  ... 9 
Lai Silvio , Presidente ... 10 
Ghirra Francesca (AVS)  ... 10 
Lai Silvio , Presidente ... 10 
De Bonis Valeria , Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 12 
Lai Silvio , Presidente ... 14 
De Bonis Valeria , Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 14 
Lai Silvio , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SILVIO LAI

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Ufficio parlamentare di bilancio, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto, l'audizione di rappresentanti dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Comunico che la Presidente Cavallari ha delegato ad intervenire all'odierna audizione la professoressa Valeria De Bonis, collegata in videoconferenza, componente del Consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Ricordo, prima di dare la parola alla nostra ospite, che ringrazio per aver accolto il nostro invito, che l'articolo 1, comma 813, lettera c), della legge 29 dicembre 2022, n. 197, istitutiva della Commissione per il contrasto degli svantaggi derivanti dall'insularità, prevede tra i compiti della Commissione quello di individuare, entro sei mesi dalla sua costituzione, avvalendosi dell'Ufficio parlamentare di bilancio, gli indicatori economici necessari a stimare i costi degli svantaggi derivanti dall'insularità nei settori individuati.
  Do, quindi, la parola ringraziandola ancora, alla professoressa Valeria De Bonis.

  VALERIA DE BONIS, Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie, Presidente, mi scuso con lei e con gli onorevoli deputati e senatori per non poter essere presente di persona, ma un piccolo infortunio mi impedisce di camminare.
  L'insularità è una specificità geografica, che consiste nella disconnessione permanente dal continente. A questo fenomeno geografico spesso si associa una situazione di periferizzazione economica e sociale.
  Per quanto riguarda le Isole maggiori italiane, nella memoria, che credo vi sia stata distribuita, alla figura 1, alle pagine 7 e 8, illustriamo, sulla base di dati Istat, alcuni dati socioeconomici per le due isole maggiori.
  Nei pannelli A e B si analizza il declino demografico di queste due regioni, che è più accentuato di quello del Paese nel suo complesso, sia in un'ottica retrospettiva, cioè guardando al periodo 2011-2021, sia in prospettiva, guardando alle proiezioni fino al 2042. Vediamo, ad esempio, che negli undici anni fra il 2011 e il 2021, a fronte di un declino dell'1,4 per cento per l'Italia, la Sardegna ha un declino quasi del 4 per cento e la Sicilia ha un declino superiore al 4 per cento, anche se in prospettiva potrebbe essere maggiore quello della Sardegna a causa del saldo naturale, che è negativo.
  Un altro indicatore importante è la quota di laureati sulla popolazione fra i 30 e i 34 Pag. 4anni, anch'essa inferiore, sia in Sardegna che in Sicilia, rispetto alla media nazionale.
  Un altro aspetto di divario particolarmente rilevante è quello che riguarda la dotazione infrastrutturale. C'è uno studio della Banca d'Italia del 2021, che guarda sia alle infrastrutture sociali sia alle infrastrutture economiche. Per quello che riguarda queste ultime, ad esempio, è particolarmente rilevante l'accesso al Servizio sanitario nazionale.
  Questo studio della Banca d'Italia riporta che l'accessibilità ai posti letto ospedalieri ha per la Sicilia un indice che è il 50 per cento di quello nazionale e per la Sardegna, addirittura, soltanto il 20 per cento.
  A questo si associano i due dati riportati nei pannelli D ed E della figura. Il pannello D fa vedere come la quota di emigrazione ospedaliera in altre regioni sia più bassa per Sardegna e Sicilia. A questo si associa una maggior quota di rinuncia alle prestazioni sanitarie, soprattutto per la Sardegna, collegato alla minore accessibilità ai posti letto. Interpretiamo questo dato, naturalmente, come una maggior difficoltà di trasferirsi presso altre regioni per le cure, dovuta, appunto, alla disconnessione geografica.
  Il pannello F dà un'idea, invece, della copertura della rete ultraveloce. La Sardegna ha una copertura inferiore di oltre 14 punti percentuali alla media nazionale. Invece, in questo caso, la Sicilia ha una quota di copertura superiore. Per quanto riguarda, invece, la quota di energia elettrica che viene ottenuta da fonti rinnovabili, il pannello G fa vedere, per le due regioni, una situazione contraria. La Sardegna è superiore alla media nazionale, mentre la Sicilia è un po' in ritardo.
  Naturalmente, per quanto riguarda l'energia elettrica, c'è una copertura in entrambe le regioni. Un problema che sussiste, che viene messo in luce dallo studio della Banca d'Italia che menzionavo prima, è la qualità dell'accesso al servizio, ovvero sia in Sicilia che in Sardegna c'è una maggior quota di momenti in cui non viene fornito il servizio per imprevisti. Ad esempio, in entrambe le regioni, in media, ci sono oltre sessanta minuti all'anno per utente in cui il servizio non viene erogato, con punte anche superiori ai novanta minuti per la Sicilia.
  Sempre rimanendo nel campo delle forniture energetiche e delle infrastrutture energetiche, un altro dato rilevante, che è riportato sempre nello studio della Banca d'Italia, è quello che riguarda la rete idrica, dove Sicilia e Sardegna si distinguono in quanto le perdite di questa rete sono superiori al 50 per cento. Questo comporta, per tutto l'anno, addirittura anche in alcuni capoluoghi di provincia di queste regioni, una interruzione dell'erogazione del servizio per alcune ore al giorno.
  Questa situazione viene riassunta, passando alla pagina 8, dal pannello H, che mostra come il PIL pro capite per queste due regioni sia inferiore alla media nazionale, contro i 30.100 euro del 2021 per la media dell'Italia, in Sardegna si ha un PIL pro capite di circa 21.700 euro e in Sicilia di 18.300 euro.
  A questo si associa un maggior tasso di occupazione rispetto alla media nazionale (il 60,1 per cento in Italia nel 2022, il 54,9 per cento in Sardegna e il 42,6 per cento in Sicilia), ma anche una minore qualità dell'occupazione. Infatti, il pannello L vi fa vedere come anche fra gli occupati la quota dei non regolari sia superiore rispetto alla media nazionale.
  Di conseguenza abbiamo, in queste due regioni, una quota di popolazione in situazione di povertà, in una situazione di grave deprivazione materiale, superiore alla media nazionale. Questi dati riguardano le Isole maggiori.
  Una situazione peculiare all'interno di quella generale dell'insularità si ha per le isole minori. La figura 2, a pagina 15, vi dà un'idea di questo problema, che peraltro già conoscete bene.
  Per le isole minori la morfologia e la popolazione ridotta rende difficile organizzare un'offerta di servizi. Gli abitanti delle isole minori spesso debbono recarsi presso altri comuni che costituiscono, come viene chiamato, un «centro di offerta servizi». Viene considerato quel comune (o gruppo di comuni) che può offrire contemporaneamentePag. 5 un ospedale con un Dipartimento di emergenza/urgenza di primo livello, un'offerta scolastica secondaria completa e una stazione ferroviaria almeno di categoria silver.
  Vediamo che, in media, gli abitanti delle isole minori devono sopportare un tempo di percorrenza per raggiungere i centri di offerta servizi superiore ai settanta minuti.
  In questo senso, quasi tutti i comuni delle isole minori vengono considerati come periferici o ultraperiferici. I periferici sono quei comuni in cui il tempo di percorrenza per raggiungere il centro di offerta servizi più vicino è fra i quaranta e i settantacinque minuti, ultraperiferici se questo tempo di percorrenza è addirittura superiore a settantacinque minuti.
  Per motivi di tempo, passo al dato riportato nella figura 6, a pagina 19, che è strettamente collegato a quello che ho appena illustrato. Questo fa vedere come, in media, la quota di abitanti dei comuni delle isole minori che si spostano quotidianamente per motivi di studio o di lavoro è circa la metà di quella nazionale, il 10,8 per cento contro il 21,4 per cento, a motivo di questo problema di connessione.
  Vedete da questa figura, come da quelle precedenti che illustrano altri dati, anche la differenza che c'è fra le diverse isole minori. Quello che vi ho fornito, del 10,8 per cento, è il dato medio.
  Naturalmente, queste situazioni di svantaggio sociale ed economico possono essere mitigate dalle politiche pubbliche. Nel tempo si è assistito a un duplice cambiamento di impostazione di queste politiche. Da un lato, mentre inizialmente la situazione delle isole veniva affrontata, ma insieme a quelle di altre realtà, ad esempio le zone montane o le aree scarsamente popolate, con il tempo si è andata affermando l'idea di una necessità di politiche specifiche per l'insularità.
  L'altro cambiamento di orientamento si ha riguardo alla tipologia delle politiche, ossia con il tempo si è iniziato a sentire la necessità di affiancare le politiche volte a mitigare gli svantaggi dell'insularità, quindi politiche di compensazione, ad esempio, per i più elevati costi di trasporto, politiche di correzione per la carenza infrastrutturale, anche con politiche volte a garantire uno sviluppo endogeno delle isole.
  Questo lo vediamo a livello di Costituzione italiana nell'introduzione, nel 2022, del comma 6 dell'articolo 119, che guarda proprio alla peculiarità delle isole. Naturalmente la Costituzione già riconosceva, con l'articolo 116, forme di autonomia particolare alle regioni Sicilia e Sardegna. Lo vediamo anche a livello europeo dove, almeno dal 1997, con il Trattato di Amsterdam, si è affermata la necessità di politiche specifiche per le isole.
  Il disegno di queste politiche è sempre stato oggetto di dibattito, soprattutto a livello europeo, a causa soprattutto di un fatto, ossia la variabilità della performance economica delle isole.
  In particolare a livello europeo, si nota che – è vero che la maggior parte delle isole è in una situazione di svantaggio rispetto al Paese di appartenenza – in alcuni casi le isole sono ancora più sviluppate rispetto alla nazione a cui appartengono.
  Per analizzare questa situazione, questa variabilità di performance, che naturalmente è utile per capire meglio quali siano i veri svantaggi dell'insularità e come affrontarli, abbiamo utilizzato i dati Eurostat, limitandoci a quelli per le isole europee che appartengono all'Europa continentale.
  Abbiamo escluso, ovviamente, perché troppo diverse, i vecchi possedimenti d'oltremare di alcuni Paesi europei e le isole ultraperiferiche.
  La definizione Eurostat di insularità è una definizione particolare, che non ha una valenza giuridica, ma che è rilevante, nel senso che non tutto quello che noi consideriamo isola viene considerato come tale da Eurostat.
  Eurostat, infatti, raccoglie dati per le isole fino al livello di disaggregazione territoriale che corrisponde al livello NUTS 3, che per l'Italia coincide con le province.
  Per Eurostat, una suddivisione geografica è un'isola soltanto se non comprende al suo interno una parte di terraferma. Devono esserci soltanto una o più isole. Questo, ad esempio, per l'Italia, esclude Pag. 6tutte quelle province che non appartengono alla Sicilia o alla Sardegna.
  Inoltre, l'isola deve avere una superficie minima, un chilometro quadrato, deve essere almeno a un chilometro di distanza dalla terraferma, deve avere più di cinquanta abitanti e non deve avere un collegamento permanente con la terraferma.
  Con questa definizione che, ripeto, ha una valenza solo statistica, le isole cosiddette «continentali» sono 34. A queste isole corrisponde una popolazione di circa 15.900.000 persone, di cui circa 6,5 milioni sono nelle province di Sicilia e Sardegna.
  Se guardiamo le figure 8 e 9, alle pagine 23 e 24, queste riportano i dati relativi al rapporto fra il PIL pro capite di queste divisioni insulari e il PIL pro capite del Paese di appartenenza.
  Riassumendo i dati illustrati in queste due figure, abbiamo che vi sono 4 divisioni insulari che hanno un PIL pro capite superiore addirittura a quello del Paese di appartenenza e 6 che lo hanno inferiore, ma comunque non inferiore al 90 per cento. Quindi, su 34 regioni insulari, 10 sono in linea con il PIL pro capite del Paese di appartenenza.
  A fronte di ciò, però, vi sono ben 16 divisioni insulari che hanno un PIL pro capite che è meno del 70 per cento di quello del Paese di appartenenza. A queste divisioni appartiene oltre il 60 per cento della popolazione.
  Le 5 province, perché sono tutte italiane e posso chiamarle «province», che hanno un rapporto PIL pro capite della divisione rispetto a quello del Paese di appartenenza più basso, sono tutte italiane e sono: per la Sardegna, il sud Sardegna, e, per la Sicilia, Agrigento, Caltanissetta, Enna e Trapani, che hanno delle quote fra il 52 e il 55 per cento.
  Esiste comunque una certa variabilità di performance e questa variabilità di performance ha stimolato sia gli studiosi sia i policy maker a chiedersi quali siano i veri fattori che caratterizzano l'insularità, anche come svantaggio.
  Nella letteratura ne sono stati evidenziati in particolare tre. Sono tre fattori che hanno anche una valenza diversa, un'intensità diversa a seconda della singola isola, e che sono tutti collegati alla specificità che dicevamo prima di disconnessione geografica dalla terraferma.
  Queste tre caratteristiche sono: la dimensione della regione che viene limitata dalla disconnessione geografica; la distanza dai principali centri economici e una particolare vulnerabilità a shock esogeni, sia di tipo ambientale sia di tipo economico.
  Non sono evidentemente caratteristiche specifiche delle isole. Dimensione, distanza, vulnerabilità possono essere fattori che incidono anche su altre realtà. Di specifico, però, c'è innanzitutto il fattore che le determina, la disconnessione dalla terraferma, e il fatto che, proprio per questo, questi fattori tendano un po' ad autorinforzarsi, come vedremo.
  Guardiamo brevemente quali sono le conseguenze che queste caratteristiche possono avere per l'economia delle isole. La dimensione limitata, intesa come dimensione economica limitata, come dimensione limitata di territorio, di popolazione, di risorse, si riflette innanzitutto sulle dimensioni del mercato interno.
  Conseguentemente, avremo, ad esempio, una domanda interna che non è di dimensione sufficiente da permettere una produzione a livello di scala minima efficiente, comportando quindi dei costi relativamente più elevati.
  Un altro effetto è lo scarso incentivo a investire in attività di ricerca e sviluppo, che potrebbero invece permettere lo sviluppo di attività con una crescita piuttosto rapida. Infine, una ulteriore criticità deriva dalla quantità limitata di risorse sia naturali, ma anche spesso di offerta di capitali interni all'isola.
  Gli esiti di questo sono innanzitutto una ridotta competitività sia verso l'esterno, cioè rispetto alle altre regioni, ma anche internamente, per il numero limitato di concorrenti, che, fra l'altro, non permette di sfruttare esternalità ed economie di agglomerazione.
  Un altro effetto, soprattutto per le isole piccole, per le isole minori, è la tendenza a specializzarsi in un'unica attività, tipicamente la pesca o il turismo.Pag. 7
  Se guardate la figura 10, a pagina 25, viene rappresentata cromaticamente la forte vocazione turistica delle isole, soprattutto minori. Questo può avere delle ripercussioni, può creare delle difficoltà, anche perché spesso il turismo ha una caratteristica molto stagionale.
  Altri problemi possono derivare dal ridotto numero di abitanti, dal punto di vista dell'attività delle imprese, per una minore offerta di manodopera qualificata all'interno. In generale, anche per quanto riguarda l'offerta dei servizi pubblici, questo può creare un maggior costo per la loro fornitura.
  Naturalmente, queste sfide saranno più forti per le isole piccole che per le isole più grandi. La dimensione ridotta non è di per sé necessariamente uno svantaggio. Ad esempio, molte di queste difficoltà che abbiamo illustrato possono essere superate attraverso l'apertura commerciale. Qui interviene, però, il secondo fattore di criticità, che è la distanza. La distanza va considerata in relazione al fatto che la disconnessione geografica implica necessariamente l'utilizzo dei servizi di trasporto, aerei o marittimi, anche per collegarsi alle reti di trasporto terrestre, della terraferma. Questo comporta maggiori tempi, maggiori costi di trasporto, anche perché, normalmente, questi servizi di trasporto non vengono offerti in condizioni di perfetta concorrenzialità.
  Questi costi sono ancora maggiori per le piccole isole e per gli arcipelaghi. Questo lo vediamo dal punto di vista dei costi più commerciali. Queste isole più piccole hanno bisogno di carichi più frammentati, di minori dimensioni, quindi più costosi. Se cercano di ovviare a questo, domandando comunque carichi maggiori, hanno maggiori costi di stoccaggio. Inoltre, rischiano di essere esclusi dalle rotte principali, rendendo il servizio più raro e meno affidabile.
  Naturalmente, come abbiamo visto anche prima guardando i dati per le isole minori, c'è una forte dipendenza dei residenti dal trasporto aereo e marittimo per recarsi sul luogo di lavoro o di studio o di cura. Questo tipo di difficoltà chiama, ovviamente, delle politiche che rafforzino il trasporto pubblico o delle politiche compensative per i servizi di trasporto privati.
  La disconnessione non riguarda solo i trasporti. Riguarda anche il collegamento alle reti energetiche. Abbiamo visto prima il problema della copertura della fibra ultraveloce e, in qualche caso, anche le reti energetiche.
  Il terzo fattore che definisce l'insularità è la maggiore vulnerabilità agli shock, sia ambientali, e infatti le isole, in qualche modo, risentono più di altri territori del cambiamento climatico, a causa dell'innalzamento del livello del mare, dell'erosione delle coste, della maggiore frequenza e intensità di burrasche, sia economici. C'è una maggiore dipendenza dalle importazioni per la specializzazione in alcune attività produttive. Questo comporta la vulnerabilità, shock che colpiscono i mercati di importazione. Per le isole che addirittura si specializzano quasi completamente in un'attività è chiaro che shock che colpiscano questo mercato avranno profondi impatti sull'economia dell'isola stessa.
  Il ruolo di questi fattori si ritrova anche in studi che non guardano specificatamente all'insularità, ma ai fattori che facilitano o rendono più difficile gli scambi commerciali, quindi lo sviluppo del Paese. Mi riferisco a degli studi, che sono brevemente illustrati nella memoria, che appartengono al filone che comprende i modelli gravitazionali, che danno importanza a fattori quali la distanza dai centri economici principali e la dimensione delle regioni, per spiegare i flussi commerciali, i modelli della nuova economia geografica, che guardano alla centralità di una regione all'interno delle reti commerciali come determinante della scelta di imprenditori e operatori economici di stabilirvisi, dando particolare rilevanza ai costi di trasporto e all'esternalità che si generano dall'agglomerazione, fattori che sono stati particolarmente studiati nei modelli della New Trade Theory.
  A parte i modelli teorici, sia questi modelli più generali del commercio internazionale sia la situazione insulare hanno provocato anche diversi studi empirici. Per quanto riguarda l'Italia, guardando, ad esempio,Pag. 8 all'elemento «costi di trasporto e accesso alle infrastrutture di trasporto», lo studio citato prima, della Banca d'Italia, mostra anche come le regioni insulari italiane abbiano limitate possibilità di accesso ai mercati. Possiamo guardare anche i dati a livello europeo. Ad esempio, il Joint Research Centre della Commissione europea ha costruito una banca dati regionale sui costi di trasporto, che guarda ai costi di trasporto medio di ciascuna regione verso tutte le altre regioni europee. Da qui si vede come la Regione Siciliana e la regione Sardegna siano particolarmente svantaggiate rispetto ai propri concorrenti.
  Sulla base di questi costi di trasporto, nella figura 13, a pagina 35, nel pannello in basso, abbiamo messo in evidenza la correlazione che esiste in Italia tra i costi di trasporto delle diverse regioni e il loro PIL pro capite. Vediamo come vi sia una correlazione negativa: maggiori costi di trasporto, minore PIL pro capite. La Sicilia e la Sardegna sono evidenziati in arancione. Come vedete, sono in una zona che corrisponde a un PIL pro capite più basso e costi di trasporto più elevati.
  Il pannello di sinistra, invece, fa riferimento alla correlazione tra PIL pro capite e un indice che non guarda soltanto ai costi di trasporto e alle infrastrutture di trasporto, ma a un insieme più ampio di infrastrutture. È sempre un indice europeo, l'indice di competitività regionale, che fa riferimento alle dotazioni infrastrutturali di tipo economico, di tipo sociale, al grado di innovazione, alle dimensioni della regione, per valutare, in qualche modo, le potenzialità di sviluppo di un territorio. Anche qui, guardando alle regioni italiane, vediamo ovviamente, invece, una correlazione positiva e una situazione di svantaggio per la Sicilia e la Sardegna.
  Nella figura 12, a pagina 34, c'è il dato che mostra la correlazione con questo indice anche a livello europeo. Sulla base, in particolare, della distanza e dei costi di trasporto, sono stati svolti studi empirici che riguardano in maniera specifica la Sicilia e la Sardegna. Questi studi empirici seguono due diversi approcci. Uno è quello di valutare direttamente gli effetti della distanza dalla terraferma sul PIL delle regioni, sia sul PIL sia sul PIL pro capite, naturalmente controllando una serie di variabili, alcune delle quali riguardano dati che abbiamo illustrato: la copertura delle infrastrutture di trasporto, il grado di istruzione e così via.
  Un altro approccio più elaborato, più sofisticato, che, però, per ora è stato applicato solo alla Regione Sicilia, guarda, invece, agli effetti dei costi di trasporto sul PIL attraverso un modello econometrico multisettoriale. In particolare, valuta gli effetti di una riduzione dei costi di trasporto sul PIL pro capite. Quindi, è un esercizio in cui si mostra come una riduzione del 23 per cento dei costi di trasporto, attraverso un'adeguata politica di intervento pubblico, porti in sette anni a un aumento del PIL regionale del 6,8 per cento.
  Nella memoria diamo un prospetto delle politiche nazionali a favore delle isole in generale e delle isole minori in particolare. Avete lì i diversi dati, se ci sono domande, posso intervenire di nuovo. Il messaggio è che sono politiche volte soprattutto a colmare i divari infrastrutturali. In alcuni casi, come ad esempio nel caso del progetto SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne), per la parte che riguarda le isole, si vede il tentativo di associare politiche che guardino allo sviluppo insieme al superamento, ad esempio, dei divari infrastrutturali. Interventi per le isole minori sono anche all'interno del PNRR.
  Un aspetto che può diventare importante, soprattutto con l'attuazione del federalismo fiscale, è proprio quello del divario infrastrutturale. La legge delega del 2009 - ripresa, più recentemente, nel 2021 - aveva chiesto una ricognizione della situazione delle infrastrutture nei vari territori, al fine di di progettare interventi di perequazione. Era stato anche istituito un fondo di perequazione comunale, la cui dotazione, però, ultimamente è stata molto ridotta. Sarebbe, invece, importante procedere a questa ricognizione, per poter valutare interventi di perequazione. La dotazione strutturale ha anche dei riflessi sul costo della fornitura dei servizi pubblici.Pag. 9
  Un altro aspetto collegato a questo, che può diventare rilevante, è quello che potrebbe essere un maggiore coinvolgimento dei comuni delle regioni della Sicilia e della Sardegna nella distribuzione, con criteri perequativi, del Fondo di solidarietà comunale, che è cominciata per quanto riguarda l'incremento di questo fondo per le funzioni fondamentali dei comuni.
  Il problema è che il modello econometrico di stima dei fabbisogni standard è stato costruito partendo da dati che riguardano soltanto le regioni a statuto ordinario. Quindi, ci si può chiedere se con l'entrata dei comuni delle due isole maggiori non sia necessario procedere a qualche affinamento metodologico. Naturalmente, questo non è facile. Sia SOSE sia la Commissione tecnica per i fabbisogni standard stanno già lavorando su questo, sono molto più competenti di noi. Non è un compito facile. Da un lato, per la differenza, che abbiamo già visto, tra le Isole maggiori e le isole minori. Per le isole minori ci si può chiedere fino a che punto la logica degli standard sia adeguata a tener conto delle loro specificità. Per i comuni delle Isole maggiori c'è il problema che queste appartengono soltanto a due specifiche regioni. Una variabile che tenesse conto specificatamente di esse potrebbe tirare con sé anche aspetti che non hanno a che fare con le necessità specifiche di fabbisogno dei comuni.
  Sto cercando di darvi un po' un filo di quella che è la nostra analisi. Non ho detto tutto per motivi di tempo, ma, se ci sono domande, sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa. Secondo me ce ne saranno di sicuro. Vedo che il senatore Antonio Nicita ha chiesto la parola. I ringraziamenti li facciamo dopo. Il lavoro che avete fatto è sicuramente molto importante e cogente anche rispetto al mandato che ha la Commissione. Non è un caso che nella legge istitutiva, sulla quale abbiamo lavorato, vi abbiamo citato esplicitamente, poiché consideriamo l'Ufficio parlamentare di bilancio un soggetto tecnico garante dei dati e delle valutazioni sulle politiche di bilancio che si fanno in questo Paese. Quindi per noi è molto importante la relazione con voi. Questa sarà soltanto la prima di una serie di altre occasioni che dovremo costruire.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO NICITA. Grazie, Presidente, intanto mi associo ai suoi ringraziamenti.
  Questa è un'ottima relazione che, anche rispetto a quello che noi avevamo in qualche modo già acquisito, sistematizza tutta una serie di questioni e depone anche sotto il profilo della ricerca, delle politiche e anche dei dati europei. Quindi, ringrazio veramente. Per noi è fondamentale avere questo quadro, anche aggiornato.
  Una delle due questioni che emergono, che sono molto importanti, è proprio quella del differenziale, dello sviluppo delle prestazioni essenziali dentro le isole e fuori dalle isole, considerando le stesse unità statistiche, quindi le province e così via. Quello che, in effetti, si vede in modo molto chiaro è che il tema su cui abbiamo insistito a caratterizzare questo tipo di riflessione non è semplicemente la distanza, la discontinuità territoriale, che è un fatto, una condizione, ma come questo si riverbera, poi, sui tempi di accesso, quindi anche sulla qualità dell'accesso a prestazioni essenziali.
  Il punto da cui siete partiti mi sembra un tema che si aggiunge. Mi pare ci sia un suggerimento. Su questo, forse, potremmo fare passi successivi. Si aggiunge un elemento dinamico, di analisi dinamica. Non soltanto noi abbiamo tutte queste condizioni, che hanno evidentemente una cornice statistica purtroppo solida, nel senso che fa vedere gli elementi strutturali, in particolare per le isole più grandi, ma a maggior ragione per le isole più piccole. Nelle isole più piccole, evidentemente, ci sono condizioni che sono comunque insuperabili. In quelle più grandi si potrebbe lavorare su sviluppo endogeno, economie di scala e di densità interne.
  Il punto da cui siete partiti – stavo dicendo – è molto interessante, perché fa vedere la dinamica anche rispetto alla popolazione. Nel momento stesso in cui abbiamo degli elementi di difficoltà strutturale su una serie di prestazioni essenziali, Pag. 10al tempo stesso abbiamo che la continua riduzione strutturale della popolazione, da una parte, ma anche l'emigrazione, per il soddisfacimento di alcuni servizi essenziali e prestazioni essenziali, fa sì che anche il costo incrementale di erogazione di certi servizi sia destinato a crescere. Questo è il motivo per cui, in qualche modo, il nuovo articolo 119 evidenzia la questione degli svantaggi dell'insularità e la necessità – mi fa piacere che abbiate citato la Commissione tecnica per i fabbisogni standard – di ridefinire le peculiarità dell'insularità rispetto a quelli che sono i fabbisogni standard, che sono tarati su una dimensione provinciale.
  Intanto ringrazio, perché adesso dobbiamo studiarci questo tipo di sistematizzazione, molto utile per noi, che avete fatto. Faccio due domande. La prima riguarda i suggerimenti rispetto alla relazione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Nella nostra norma istitutiva della Commissione abbiamo citato l'UPB, nel senso che ci avvaliamo anche della vostra conoscenza, ma sappiamo che quella Commissione tecnica lavora specificatamente su questo. Un suggerimento da parte vostra anche su modalità che possono essere suggerite proprio per definire, sia in senso statico che dinamico, quelli che sono i fabbisogni specifici per le isole. Quindi, mi spiego anche le politiche. Non devono essere semplicemente politiche di risorse e di accesso per colmare deficit strutturali, ma evidentemente qualcosa che abbia a che fare con una dinamica di rientro rispetto all'emigrazione della popolazione. In secondo luogo, dal punto di vista, invece, delle politiche europee, una riflessione, che non deve essere fatta necessariamente oggi, una sorta di recap su tutto il tema di come la specificità dell'insularità possa eventualmente ricadere anche su tutta la questione della definizione dei Fondi europei, mi riferisco in particolare ai Fondi di sviluppo e di coesione, e anche la capacità di tener conto di quanto voi avete evidenziato.

  PRESIDENTE. Se lei è d'accordo, raccogliamo delle altre domande e poi risponde alla fine.

  FRANCESCA GHIRRA. Buongiorno. Anch'io ringrazio per questa relazione accurata e approfondita, molto utile e interessante, che purtroppo conferma dei dati che sono a nostra conoscenza.
  Faccio parte della Commissione Trasporti e il tema dell'insularità nei trasporti purtroppo lo abbiamo esaminato in diverse occasioni. Su questo, quindi, non mi soffermo.
  Le volevo chiedere di un dato che mi ha particolarmente colpito sul raffronto con altre isole, il cui PIL è addirittura maggiore degli Stati e delle regioni a cui appartengono territorialmente. Volevo chiederle di raccontarci più nel dettaglio, se avete i dati, quali siano le caratteristiche che determinano questa maggiore ricchezza rispetto al resto dei territori o anche quali siano specificamente queste isole, per comprendere come si possa intervenire da un punto di vista politico per incrementare anche il PIL delle nostre Isole maggiori e minori. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Le faccio io, se posso, un paio di domande.
  Intanto, una considerazione. Da tutte le cartine che voi ci avete rappresentato viene fuori che le isole del nord Europa, compresa l'Irlanda, hanno un PIL pro capite molto elevato e quelle che stanno nel Mezzogiorno, anzi nel Mediterraneo – salvo le isole spagnole, sulle quali evidentemente ci sono anche delle politiche molto rafforzate, immagino che la maggiore parte del PIL sia costituita dal turismo – le isole greche, Cipro e le isole italiane, stanno al di sotto del PIL medio. In qualche modo queste vivono una sofferenza maggiore.
  Questo tema, geograficamente, ci dice che probabilmente le politiche che sono in qualche modo messe in campo nei Paesi in cui le isole hanno più difficoltà evidentemente hanno delle carenze, oppure che le politiche poste in essere negli altri Paesi hanno potuto generare una sorta di sviluppo endogeno e hanno la capacità di superare gli ostacoli e i limiti, come lei ci ha in qualche modo rappresentato.
  C'era, però, una cosa che volevo in qualche modo capire, se è possibile trovare dei dati in cui il PIL pro capite sia al netto dei Pag. 11trasferimenti pubblici. Perché a me, per esempio, colpisce la Corsica.
  La Corsica, che dovrebbe essere una regione che ha una capacità imprenditoriale di sviluppo economico molto più bassa anche di Sicilia e Sardegna, in realtà, si trova in uno scalino più alto. Questo mi ha fatto venire in mente che, probabilmente, ci sono trasferimenti pubblici che garantiscono un PIL pro capite più alto e quindi il dato PIL pro capite potrebbe non essere esattamente indicativo del valore della capacità produttiva, oppure potrebbe essere un indicatore dell'unico modo con cui si può pensare a uno sviluppo delle isole: o si aumentano i trasferimenti pubblici in maniera significativa oppure le isole non sono in grado di garantire, almeno nella dimensione del XXI secolo, uno sviluppo adeguato, perché probabilmente nell'Ottocento o nel Settecento la dimensione economica non aveva il tema delle distanze, come ci sono adesso, e quindi di una competizione che va oltre la dimensione regionale, come invece avviene. Il declino delle isole, in qualche modo, corrisponde alla globalizzazione, corrisponde a una fase di trasformazione sociale più elevata.
  Mi colpisce anche il dato che lei ci ha fornito sullo studio che riguarda la potenzialità di sviluppo del PIL del 6,8 per cento in sette anni, se fossero annullati gli effetti di trasporto. Se ho capito bene, questo è il dato che sarebbe applicato alla Sicilia.
  Queste erano delle considerazioni. Le faccio ora alcune domande. A questa Commissione è stato dato dal legislatore il compito di provare a individuare quali sono le politiche che dovrebbero essere messe in campo per tentare di contrastare il declino delle isole, perché di questo stiamo parlando.
  Su questo ci sono, da una parte, delle dimensioni di politiche italiane che dovrebbero essere messe in campo, dall'altra di politiche europee.
  Sulle politiche italiane, naturalmente, noi aneliamo – lei ci ha un po' trattenuto o ridotto gli entusiasmi – all'ipotesi che possa essere determinato un valore, per esempio, sui costi dei livelli essenziali delle prestazioni.
  I livelli essenziali delle prestazioni in una regione come la Sardegna o in una regione come la Sicilia, dovrebbero avere un valore che considera il tema della connessione come un tema di un costo maggiore, ovvero il tema dei vincoli che possono essere posti in termini di rapporto tra servizi, persone impegnate nei servizi, persone anche impegnate rispetto alla densità della popolazione, diverse dal resto delle regioni italiane.
  Per esempio, nella legge che in questo momento è in discussione alla Camera sulla proroga dei termini ci sono emendamenti che provano ad applicare delle riduzioni del 30 per cento rispetto alle norme che riguardano la razionalizzazione degli istituti scolastici.
  In qualche modo, è una modalità per provare ad accettare parametri differenti, a individuare parametri differenti rispetto alla necessità di contrastare il declino demografico e di garantire, anche in luoghi con popolazione scarsa oppure con popolazione in difficoltà, dei servizi pubblici adeguati.
  Mi chiedo, è possibile, secondo lei, che anche l'Ufficio parlamentare di bilancio provi a ragionare con noi? Il 21 febbraio incontreremo la Commissione tecnica, ma non vorremmo arrivare con degli elementi che dicono che in media in Italia questo è il costo del singolo LEP, però non c'è un dato che possa aiutarci a individuare qual è il valore aggiuntivo che deve essere garantito o in termini di parametri differenti o in termini di valori economici differenti.
  A livello europeo – passo al secondo tema – ci sono politiche specifiche per ciò che riguarda le regioni ultraperiferiche. Alle regioni ultraperiferiche è consentito di superare le norme sulla concorrenza, ad esempio. Per le isole questa cosa non esiste, cioè non esistono politiche specifiche per le isole. Ci sono dei documenti recenti, che iniziano a introdurre il tema. Lei, giustamente, ha notato che, mentre prima si mettevano insieme isole e zone montane, adesso si inizia a ragionare in maniera differente, ma questo è il frutto dell'iniziativa dell'Italia.Pag. 12
  In Europa questo tema non era mai stato posto, sino a quando non è stata fatta la «Brexit». Coincide stranamente con questo dato dell'uscita dall'Europa della Gran Bretagna.
  Il tema, però, è se è possibile costruire nel nostro Paese, attraverso la nostra Commissione, con il vostro supporto, e poi con il Governo, una serie di elementi che consentano di dimostrare che sulle isole il tema delle regole deve essere considerato in maniera differente. È il tema della concorrenza. Questo tema lo conosciamo in particolare in Sardegna, dove l'applicazione della continuità territoriale aerea è subordinata a una serie di norme, nelle quali il diritto individuale alla mobilità viene contrapposto al diritto alla concorrenza.
  C'è questa caratteristica per cui rotte che sono a fallimento di mercato possono essere gestite in esclusiva da compagnie aeree che accettano l'onere di servizio, cioè l'obbligo di viaggiare tutto l'anno per un certo numero di voli, però l'onere di servizio si applica soltanto, per esempio, sui residenti nell'isola, ma non può essere applicato a coloro che non sono residenti e che vogliano in qualche modo arrivare nell'isola.
  Ovviamente, sul piano economico si genera un monopolio della compagnia aerea che ha quella rotta, perché quella rotta non può essere utilizzata da altri. Quindi, quel monopolio consente, per esempio, di aumentare il valore del volo per chi non è residente. Dall'altra parte, però, si nega che la partecipazione, che dovrebbe essere un diritto alla vita sociale ed economica dello Stato, sia un diritto dei residenti dell'isola verso l'esterno, ma non sia un diritto dei cittadini italiani verso quell'isola.
  Uno degli obiettivi di questa Commissione dovrebbe essere provare, in qualche modo, a costruire una serie di elementi oggettivi che consentano di dire che le politiche che si fanno sulle regioni ultraperiferiche devono essere viste con un'analoga attenzione per le isole, perché servono delle regole, che non possono essere quelle del resto del sistema della terraferma.
  Le chiedo se è possibile, secondo lei, provare a ragionare sulla dimensione economica, che possa dimostrare che le isole, man mano che cambiano le economie e si vedono gli effetti della globalizzazione, sono regioni effettivamente, anche con quella variabilità che lei ha dimostrato, che richiedono anche l'applicazione delle regole, non soltanto aiuti economici, ma anche applicazione di regole differenti, per poter compensare il ritardo di sviluppo e poter rallentare il declino, che mi sembra quasi una condanna che può essere soltanto attenuata, non evitata, temo.

  VALERIA DE BONIS, Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Sono tutte considerazioni e domande molto rilevanti, molto importanti e molto centrali nel dibattito.
  Cerco di dare una primissima risposta, anche cercando di pensare a cosa possiamo fare noi, come Ufficio parlamentare di bilancio, che non siamo né SOSE né Commissione tecnica né Autorità per la concorrenza.
  Il senatore Nicita ha certamente messo in luce degli aspetti molto rilevanti. Rispondo contemporaneamente a un tema che è stato sollevato anche dal Presidente. È vero che le politiche europee, pur dichiarando la necessità di un'attenzione specifica per le isole, normalmente, quasi sempre, nell'ambito delle politiche di coesione, l'affrontano insieme ad altre realtà. Molto spesso è demandato al programma dello Stato nazionale utilizzare determinati fondi per le isole. Probabilmente, uno spazio per una maggiore considerazione c'è, visto che lo stesso Trattato di Amsterdam prevede politiche volte specificatamente alle isole.
  È vero, come lei ha detto, che non è soltanto un problema di discontinuità territoriale, che c'è tutto un problema di effetti che si sono stratificati nel tempo e di analisi dinamica. Anche noi nella memoria mettiamo in risalto la necessità di avere analisi più specifiche, dati più specifici, anche per quelli che sono aspetti ormai riconosciuti, come quello dei maggiori costi di trasporto.
  Una cosa che, secondo me, emerge, anche in vista di queste politiche di sviluppo, Pag. 13è che sia necessario tagliare gli interventi sulle specificità territoriali, per fare qualcosa che anche in prospettiva dinamica abbia un senso.
  Quello che penso potremmo fare con un po' di tempo è, ad esempio, andare a vedere per le imprese della Sardegna e della Sicilia, in particolare per quelle che hanno la residenza in Sicilia e in Sardegna e svolgono lì la loro attività, un'analisi dei costi di produzione confrontata con quella di imprese che operano in realtà diverse, per avere una migliore idea di come l'insularità possa costituire una barriera rispetto all'integrazione regionale e allo sviluppo.
  Sto parlando di cose che, dati gli strumenti che abbiamo, possiamo fare in tempi non troppo lunghi. Questo, forse, potrebbe avere anche qualche esito per quello che diceva lei, Presidente. In base a questo, possiamo dire qualcosa anche sull'applicazione delle regole per la concorrenza. Sinceramente, non è il tema su cui noi siamo chiamati direttamente ad esprimerci, però qualche dato di natura economica, che può servirvi di supporto, possiamo provare a tirarlo fuori.
  Sulla specificità delle isole in termini di LEP, non diciamo che non sia opportuno valutare l'introduzione di qualche affinamento metodologico. È vero che, ad esempio, per i fabbisogni standard i modelli che ci sono, anche se in parte sono stati applicati ai dati specifici, ad esempio della Sicilia, proprio come modello, sono nati soltanto con i dati delle regioni a statuto ordinario. Anche lì c'erano già dei comuni insulari, ma molto piccoli, quindi non significativi a livello statistico. La cosa potrebbe cambiare introducendo nelle varie dimensioni i comuni, invece, più grandi, più numerosi della Sicilia e della Sardegna. Il problema è come farlo. Non volevo dire che non si debba prendere in considerazione la loro specificità. Il problema è trovare il modo di farlo, anche - ripeto - tenendo presente la situazione particolare delle isole minori, per le quali addirittura non sappiamo se l'approccio dello standard possa mai essere adeguato.
  Non volevamo dire che non c'è una specificità da valutare. Bisogna tecnicamente vedere quale sia il modo migliore. Era questo che volevamo dire.
  All'onorevole Ghirra ha già risposto il Presidente, in parte, notando la diversa collocazione geografica delle isole più sviluppate rispetto alle altre e anche mettendo in evidenza l'importanza delle politiche nello sviluppo delle isole. Non a caso il Presidente ha citato quelle due regioni irlandesi molto sviluppate. L'Irlanda è uno Stato insulare. Quindi, l'approccio, in un certo senso, verso l'insularità è più pervasivo rispetto a quello di altri Paesi. Sicuramente, l'approccio delle politiche è stato - immagino - determinante nello sviluppo di queste isole, anche se, debbo dire, non abbiamo svolto un'analisi specifica di quello che è successo nelle Isole Aland finlandesi, piuttosto che in quelle dell'Islanda.
  Sicuramente, la situazione di insularità è un qualcosa che dipende anche dalle politiche che sono state nel tempo messe in atto. Anche per questo motivo, è un qualcosa che non dipende semplicemente dalla discontinuità. Ci sono fattori storici istituzionali che nel tempo hanno svolto e continuano ad avere un effetto, tanto che addirittura parte della letteratura, rispetto alla situazione di insularità, dice che, paradossalmente, anche eliminare la discontinuità con un collegamento permanente non sarebbe risolutivo, se non accompagnato continuamente da politiche che guardino all'evoluzione dinamica di questi territori. Quindi, certamente, senatore Nicita, sono nella linea che lei aveva detto.
  Sicuramente, nell'ambito delle nostre competenze, siamo disponibili a una collaborazione. Vi ho detto qual è una cosa - se può essere utile - che potremmo fare, con un po' di tempo, ossia andare a vedere i divari di costo tra le diverse imprese, tra le diverse aziende. Se c'è spazio su qualche altro di questi aspetti specifici che abbiamo detto, possiamo parlarne anche con lei, Presidente, e vedere con calma, in base ai tempi (oggi stesso abbiamo un'altra audizione sui LEP, che lei ha appena nominato), quali sono le cose che concretamente possiamo fare, con qualche dato specifico.Pag. 14
  Forse non ho risposto a tutto. Ad alcune cose si può rispondere solo raccogliendo più dati e vedendo in quale senso indirizzare la nostra attività.

  PRESIDENTE. Professoressa, lei ha dato già un grande contributo. Raccoglieremo, intanto, l'idea per questa analisi sulle differenze che riguardano le imprese. Sono sicuro che con i colleghi individueremo anche altre cose che possono essere di vostra competenza, sulle quali approfondire. Penso sia davvero utile tra di noi un'interazione, per la quale anche voi ci potete suggerire linee di ricerca che siano utili rispetto a questo obiettivo generale che abbiamo: da una parte, valutare quantitativamente le differenze e, dall'altra, provare anche a individuare delle politiche differenti, non solo economiche, ma regolatorie, che possano essere, a livello italiano ed europeo, quelle più utili per provare a compensare le differenze.
  Commentavo il fatto che l'Irlanda è un'isola di 5,5 milioni di abitanti, che ha un PIL pro capite dimensionalmente straordinariamente differente da quello della Sicilia, che pure ha 4,9 milioni di abitanti. Non esiste, lì, una differenza di mercato interno. Paradossalmente, vi è una diversità di politiche e forse anche il fatto che da una parte abbiamo uno Stato e dall'altra una regione. Non lo sappiamo, però mentre in un'isola di un milione abitanti ci può essere un fallimento nella dimensione di mercato, Irlanda e Sicilia rappresentano un caso straordinariamente utile per confrontare la diversità delle politiche fatte negli ultimi cinquant'anni. Anche perché l'Irlanda partiva da una dimensione economica persino peggiore rispetto a quella della Sicilia. Perché? Cosa è successo? Come mai? Abbiamo dei quesiti che ci dobbiamo porre, che poi possono essere ribaltati sulle politiche italiane e sulle politiche europee per le isole, ma influenza molto il dato italiano.
  La ringraziamo davvero per l'esauriente relazione, per la disponibilità e per le risposte che ci ha dato. Ci terremo in contatto, già nei prossimi giorni, per individuare quali percorsi possiamo approfondire insieme. Contiamo davvero sul vostro aiuto. Grazie davvero, professoressa.

  VALERIA DE BONIS, Consigliere dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie a voi.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione. Ringrazio i colleghi che sono collegati e quelli presenti.

  La seduta termina alle 9.50.

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ALLEGATO

Relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio.

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