XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Giovedì 1 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 2 
Trasatti Francesca , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Cantelli Margherita , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 4 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Arricale Michela , co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Trasatti Francesca , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia- ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Trasatti Francesca , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia- ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Trasatti Francesca , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia- ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Cantelli Margherita , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Zaniboni Eugenio , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Zaniboni Eugenio , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Zaniboni Eugenio , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Orkan Ylmaz , rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED, in particolare sulla condizione carceraria in Turchia.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, l'avvocata Michela Arricale, co-presidente del medesimo Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia, accompagnata dalla dottoressa Herta Manenti, dall'avvocata Francesca Trasatti, dalla dottoressa Margherita Cantelli, dal dottor Eugenio Zaniboni e dal dottor Ylmaz Orkan, direttore dell'Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia.
  Ricordo che il Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia è un'associazione costituita per difendere e affermare i valori della Costituzione repubblicana – il ripudio della guerra, il lavoro stabile e retribuito in modo adeguato a garantire un'esistenza dignitosa, la democrazia partecipativa, i beni comuni, la lotta al razzismo e alle discriminazioni, l'uguaglianza sostanziale, la liberazione delle donne, la difesa e la realizzazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani –, nonché dei princìpi del diritto internazionale, a partire da quello di autodeterminazione.
  Mediante il suo gruppo d'intervento giuridico internazionale, il CRED promuove ed attua missioni nel mondo a tutela dei diritti dei difensori dei diritti umani – specie avvocati e avvocate – e di osservazione democratica nei processi sia giudiziari sia elettorali, nonché dialogo e interposizione nei conflitti, anche armati.
  L'audizione di oggi sarà incentrata sulla situazione dei diritti umani in Turchia, con particolare riferimento agli esiti della missione di una delegazione di giuristi e avvocati presso alcune strutture detentive turche, anche di massima sicurezza, nel corso della quale sono stati riscontrati trattamenti degradanti e situazioni di irregolarità.
  Al riguardo, segnalo che in una risoluzione approvata il 13 settembre 2023 il Parlamento europeo ha ribadito serie preoccupazioni per le violenze eccessive inflitte ai prigionieri, sottolineando la necessità di assicurare un trattamento umano a tutti i prigionieri, in conformità ai diritti umani fondamentali.
  Più in generale, il Parlamento europeo condanna la mancanza di indipendenza della magistratura e la strumentalizzazione politica del sistema giudiziario, tanto più Pag. 3grave in quanto l'indipendenza della magistratura rappresenta una pietra miliare del sistema democratico.
  A questo punto, forniti tutti questi elementi, do la parola all'avvocata Francesca Trasatti.

  FRANCESCA TRASATTI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Grazie. Buongiorno a tutti e a tutte. La Convenzione europea contro la tortura e, in particolare, le Mandela Rules definiscono la detenzione in isolamento come trattamento inumano e degradante, qualificabile quindi come tortura. Le Mandela Rules, in particolare, riferiscono di un isolamento prolungato per più di quindici giorni qualificabile come tortura.
  La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo inquadra, invece, l'intensità dell'isolamento come parametro, quindi va a verificare l'accesso alle informazioni dall'esterno all'interno del carcere per i detenuti, le interlocuzioni che essi hanno, le interazioni che hanno con il personale penitenziario e le visite con i difensori e con i familiari.
  Questo è più o meno il quadro normativo con il quale abbiamo affrontato le numerose missioni che ha fatto il CRED in Turchia, di cui le più rilevanti, nel 2023, sono state a gennaio e a novembre.
  Nella missione di novembre, alla quale abbiamo partecipato direttamente, abbiamo avuto modo di fare dei colloqui nelle carceri di massima sicurezza di Silivri e, all'interno di questi colloqui, abbiamo avuto modo di parlare con Barkin Timtik, la sorella di Ebru Timtik, la nota avvocata morta per sciopero della fame.
  Barkin, quando siamo andati a trovarla, era a sua volta in uno sciopero della fame di quindici giorni per protestare contro la costruzione di nuove carceri di massima sicurezza, che prevedono proprio la detenzione in isolamento prolungato come strumento normale di detenzione. Era in sciopero della fame e ci parlava di queste carceri di nuova costruzione, con celle che contengono una persona al massimo – tre in alcuni casi, ma per la maggior parte una persona – video-sorvegliate ventiquattr'ore su ventiquattro.
  Timtik è anche, a sua volta, un'avvocata condannata a ventuno anni e mezzo di carcere. Abbiamo avuto modo di parlare anche con Oya Aslan, condannata a sedici anni e mezzo di carcere; entrambe facevano parte dell'Ufficio del popolo, uno studio legale specializzato nella difesa dei diritti umani e degli attivisti per lo Stato di diritto insieme a Selçuk Kozağaçlı. Oya Aslan ci ha parlato delle problematiche legate alle cure in carcere, cure che sono completamente negate; in particolare, nelle carceri femminili le detenute non hanno accesso alle condizioni minime di cura e anche quando sono gravemente ammalate – e quindi le cure a cui dovrebbero aver diritto dovrebbero essere svolte fuori dal carcere – non vengono mai rilasciate.
  Uno dei casi che queste due avvocate avevano seguito prima di essere arrestate era proprio il caso di Güler Zere, una detenuta malata di cancro che è morta perché gli è stata negata la possibilità di essere rilasciata e quindi curata.
  Un'altra delle problematiche che ci sono state segnalate è quella relativa alle persone LGBTQ+, in quanto le persone che sono in transizione dal genere femminile a quello maschile, e viceversa, vengono comunque detenute nelle carceri relative al loro genere di nascita. Quindi, in particolare nella transizione dal maschile al femminile, queste donne vengono detenute in carceri maschili e per – si dice – proteggerle dagli altri detenuti, di fatto, vengono messe in celle di isolamento singole ventiquattr'ore su ventiquattro; queste detenute, di fatto, sono in isolamento per tutto il tempo della loro detenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocata Trasatti. Adesso do la parola alla dottoressa Margherita Cantelli.

  MARGHERITA CANTELLI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Grazie, onorevole. Buongiorno a tutte e tutti. Mi ricollego a quello che stava dicendo l'avvocata Trasatti, in quanto nello stesso carcere di massimaPag. 4 sicurezza di Silivri è detenuto Can Atalay.
  Can Atalay è un avvocato dei diritti umani che si è sempre speso per difendere gli attivisti, le persone perseguitate anche dal Governo turco, che è stato incarcerato e condannato ad una pena di diciotto anni di reclusione per le proteste che ci furono a Gezi Park. L'accusa sosteneva che l'intento fosse quello di rovesciare il Governo.
  Questo caso è particolare, perché Can Atalay nelle ultime elezioni politiche ha vinto e quindi in questo momento sarebbe un deputato. Ciononostante, anche dopo una pronuncia della Corte costituzionale turca – favorevole alla scarcerazione di Can Atalay – non è stato comunque permesso il rilascio del deputato detenuto; questo perché la Corte di cassazione – quindi un livello inferiore, addirittura, alla Corte costituzionale – si è rifiutata, e anzi ha addirittura effettuato una denuncia nei confronti della Corte costituzionale proprio per questo caso qui.
  Questo è un caso lampante di strumentalizzazione politica e di persecuzione politica nei confronti di chi si batte per la difesa dei diritti umani e anche semplicemente dello Stato di diritto.
  L'ultima notizia relativa a questo caso, infatti, è che è stato tolto lo status di parlamentare al detenuto Can Atalay. Chiudo sottolineando, quindi, quello che è un po' un pattern che riguarda tutti questi processi relativi agli avvocati, ma anche semplicemente agli attivisti: ossia viene totalmente negato non solo il diritto di difesa, ma anche quello semplice di portare avanti la propria professione legale. Infatti, anche semplicemente le prove riguardano l'esplicazione dell'essere un avvocato, ossia semplicemente parlare con il proprio cliente detenuto. Questo viene utilizzato da parte dell'accusa, del pubblico ministero, eccetera, come una prova del fatto che l'avvocato o l'avvocata, in questo caso imputati, fanno parte di un'organizzazione terroristica oppure sono sostenitori di questa organizzazione terroristica. Quindi, non ci sono neanche effettivamente delle prove concrete.
  Un'altra argomentazione è quella di partecipare agli scioperi del 1° maggio oppure dell'8 marzo per le donne. È chiaro l'intento persecutorio e anche di silenziare tutto quello che si può muovere e che possa denunciare queste violazioni dei diritti umani e dei diritti fondamentali della persona.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'avvocata Arricale, prego.

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Grazie della possibilità di questa audizione. Buonasera a tutte e a tutti.
  Dopo il primo cappello che hanno fatto le mie colleghe, da dove già si evince uno schema di violazioni ripetuto e costante, soprattutto nei confronti di un certo tipo di detenuti, io mi occupo del caso più incredibile, che dovrebbe appartenere più al dominio della fiction piuttosto che a quello della giurisdizione, e faccio riferimento alle condizioni detentive subite nel carcere dell'isola-prigione di Imrali, nel mezzo del Mar di Marmara, dove è in questo momento detenuto il leader del popolo curdo, Abdullah Ocalan, insieme ad altri tre prigionieri.
  Vorrei soffermarmi un attimo sulla storia di questo carcere, che è stato costruito esattamente in mezzo al mare, un mare tempestosissimo, per rendere più difficoltosi i collegamenti all'interno di una base militare e per detenere un unico detenuto, che era il leader Abdullah Ocalan, che è stato rinchiuso all'interno di questo carcere dal 1999. Fino al 2008 è stato detenuto nell'isolamento più totale; soltanto dopo l'intervento del Comitato contro la tortura del Consiglio d'Europa sono stati inseriti altri tre detenuti, che però adesso condividono la stessa triste sorte di Ocalan. In particolare, mi riferisco all'assoluta negazione di ogni tipo di diritto, non solo il diritto di difesa o quello di eseguire una pena legittima, bensì quelli che riguardano il nucleo fondamentale della dignità dell'essere umano.
  Per una persona rinchiusa in totale isolamento ventiquattr'ore su ventiquattro è Pag. 5stato necessario creare un nuovo termine: quando al Comitato contro la tortura del Consiglio d'Europa si parlava dell'isolamento di Ocalan, la detenzione in isolamento non è stata considerata più sufficiente ed è stato coniato un nuovo termine; per parlare della situazione di isolamento di Ocalan si parla di «incommunicado», nessuna notizia entra, nessuna notizia esce. Non si hanno notizie da più di tre anni in questo momento.
  Ho depositato tramite e-mail – ed è già agli atti – un documento che trasforma in grafico le volte che i detenuti di Imrali hanno potuto incontrare i loro avvocati o le loro famiglie: è chiaro – e si vede immediatamente – che dal 2012 né Ocalan né gli altri detenuti hanno mai potuto incontrare i loro avvocati. Soltanto nel 2019 c'è stato un breve periodo di tempo dove ci sono state cinque visite molto ravvicinate, ma solamente perché all'interno delle carceri turche era stato iniziato un massiccio sciopero della fame, che ha costretto il Governo ad agire in qualche modo. A partire dal 2019 non si ha nessuna notizia, né i familiari né gli avvocati.
  È da sottolineare che tutti gli avvocati che hanno assunto la difesa di Ocalan sono stati a loro volta rinviati a giudizio per terrorismo. Ad oggi, l'attuale difensore di Ocalan è, anch'egli, imputato con accuse di terrorismo.
  Il Comitato contro la tortura è intervenuto numerose volte sulle carceri turche, in ultimo con una missione a sorpresa fatta nel settembre 2022, però di questa visita non si ha alcuna notizia, perché non è stato possibile pubblicare il report, o meglio, il Comitato contro la tortura ha ritenuto di non pubblicare il report stante il veto della Repubblica turca. Però noi, come esponenti della società civile, come avvocati, cerchiamo di sollecitare – e chiediamo anche a voi di farlo – il Comitato contro la tortura ad usare l'articolo 10, comma 2, della Convenzione europea per la prevenzione della tortura, che permette al Comitato di superare il veto della nazione ospite e, comunque, pubblicare le informazioni raccolte. Questo perché? Perché conoscere le condizioni di salute, la stessa esistenza in vita ancora di questi detenuti, che dal 2019 non danno alcuna notizia di sé, è fondamentale, non solo per tutto l'ordinamento, per l'Europa democratica e per chi si fa bandiera del rispetto dei diritti, ma soprattutto per il rispetto che si deve ad un essere umano, alla sua famiglia e al popolo curdo, che vede il suo leader, figura politicamente fondamentale anche per un'ipotesi futura di pace effettiva in Medio Oriente, trattato peggio del peggiore dei criminali.
  È da sottolineare che questi trattamenti detentivi non sono contrari soltanto al diritto internazionale, ma alla stessa legge turca, perché la Turchia è uno Stato di diritto, è una Repubblica che ha delle leggi, e allora bisognerebbe riuscire ad imporre anche a questi Stati il rispetto di quelle norme che pure essi volontariamente assumono. La Turchia fa parte del Consiglio d'Europa, quindi ha assunto tutte le Convenzioni relative ai diritti umani, fa parte dell'ONU ed è firmataria delle maggiori Convenzioni sui diritti umani.
  Allora, anche quando diciamo che l'ordine internazionale che vogliamo è un ordine costruito sul diritto, ci sentiamo frustrati dal fatto che non si riesce a far rispettare a tutti gli Stati, soprattutto a quelli più potenti, questo minimo principio di civiltà giuridica, che è quello di adempiere alle proprie obbligazioni e rispettare i diritti umani. Del resto, questo è quello che effettivamente distingue una democrazia da un regime autoritario, ovverosia la possibilità di difendersi dagli arbìtri del potere. Ebbene, questo in Turchia, ad una cerchia di persone, è praticamente impossibile.
  Noi vorremmo approfittare anche di questa occasione per invitare la presidente e il Comitato per i diritti umani a partecipare ad una missione in Turchia per incontrare, per andare a vedere con i propri occhi che cosa significa essere detenuti oggi in un carcere di massima sicurezza turco.
  Chiediamo anche che siano assunte tutte le possibili strade diplomatiche, sia nei confronti del Comitato contro la tortura affinché renda pubblico il report della visita che ha fatto nel 2022, sia per agire sulla Turchia affinché rispetti quel nucleo Pag. 6minimo di diritti umani che riguardano la dignità di ogni persona. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocata Arricale. Ringrazio tutti voi per aver sollevato questa spinosissima questione del rispetto dei diritti umani nelle carceri turche.
  È molto grave il fatto che il Comitato contro la tortura del Consiglio d'Europa non abbia ritenuto di dover comunque pubblicare il report, facendo appello all'articolo 10, comma 2.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questi o formulare osservazioni, dando la precedenza, se permettete, ai colleghi e alle colleghe collegati. Poi vediamo insieme come poter procedere rispetto alle sollecitazioni che ci avete fatto.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento in videoconferenza). Ringrazio sentitamente la presidente per aver voluto organizzare questa importante audizione. Credo che in giornate come queste, in cui discutiamo, anche pubblicamente, della condizione carceraria in altri Paesi europei, non si possa non gettare uno sguardo rispetto a quanto sta succedendo in un Paese come la Turchia. Quella che ci avete descritto è una situazione drammatica, soprattutto perché riguarda le condizioni carcerarie e il diritto alla difesa di persone che sono incarcerate, di fatto, per reati di opinione o per reati politici. Anche perché finora i processi a loro carico sono stati processi o pesantemente influenzati dal potere politico o che non hanno condotto da nessuna parte. Quindi, si tratta di una cosa sicuramente degna di nota.
  Vi ringrazio di aver portato questa testimonianza, che resta agli atti e che è importante per questo Parlamento: abbiamo seguito la situazione turca in tante forme diverse in questi anni e questo punto della condizione degli oppositori politici rispetto alla loro libertà di opinione, alla loro libertà di associazione, alla loro libertà di godere dei diritti politici e civili, nonché alla parte carceraria e penale, è quello che desta più inquietudine rispetto all'involuzione del regime di Erdoǧan.
  Desidero fare alcune brevi domande, anche se ad una è già stato risposto, e cioè quali sono le notizie rispetto ad Ocalan. Inoltre, vi chiedo se potete darci qualche informazione in più rispetto alla condizione degli avvocati: avete fatto riferimento all'avvocata Ebru Timtik, che è morta a seguito di uno sciopero della fame, ma in generale sappiamo che c'è un problema di diritto alla difesa e spesso vengono incarcerati gli stessi avvocati. Quindi, questo aggiunge preoccupazione alla preoccupazione esistente.
  Con riferimento alle condizioni carcerarie delle donne, nello specifico, sappiamo che tante delle persone incarcerate sono donne, sono esponenti politici, dunque vorremmo capire se c'è una preoccupazione specifica anche riguardo a questo tema. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie all'onorevole Quartapelle Procopio. Vedo che il deputato Simone Billi è collegato, vuole intervenire? Forse mi sono sbagliata.
  Se non ci sono altri interventi, mi permetto anch'io di chiedere alcune informazioni alle nostre audite.
  Siamo di fronte ad un quadro molto preoccupante, perché riguarda essenzialmente, come diceva la collega Quartapelle Procopio, reati politici e reati di persecuzione di diritti civili, quindi vorrei capire quanti di questi processi sono stati portati a termine e con quale livello di attendibilità questi processi sono stati fatti, a cominciare dal caso Ocalan. Di che cosa era accusato? Su quali basi? Che livello di difesa ha potuto avere, ma anche gli altri detenuti e detenute politiche. In altre parole, vorrei capire se il diritto alla difesa sia stato effettivamente rispettato nei processi, oltre ai dettagli sulle minacce che i difensori ricevono, con accuse di terrorismo anche nei loro confronti. Quindi, vi chiedo se c'è un accanimento specifico rispetto agli attivisti e ai politici curdi o se lo stesso trattamento viene riservato ad oppositori non curdi, non di minoranze. Vi chiedo dettagli in più rispetto a questa situazione.
  Voi ci avete invitato ad andare a fare una visita come Comitato per i diritti umani: trovo molto interessante questo invito, ma vorrei capire intanto che chance può avere il Comitato italiano per i diritti umani di Pag. 7poter ottenere l'autorizzazione ad accedere in questi luoghi, perché chiaramente noi non abbiamo un mandato riconosciuto a livello internazionale per poter fare questo lavoro, ma specialmente per poter entrare. Sono stata recentemente a fare monitoraggio durante le elezioni e ho trovato la disponibilità di accedere ovunque ai seggi, che ho visitato, anche durante lo spoglio delle schede elettorali. Però, non a tutti è andata così, c'è anche chi non ha avuto questa possibilità, pur facendo la stessa attività che stavo facendo io. Quindi, vorrei capire che chance, effettivamente, si possono avere, così da capire come gestire questa ipotesi, che a mio avviso è molto interessante e che penso il Comitato dovrebbe prendere seriamente in considerazione.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Parto dalle questioni pratiche, rispondendo prima all'ultima domanda che ha posto la presidente.
  La possibilità di ingresso nelle carceri a noi è stata garantita dal fatto di essere avvocati. In Turchia la nomina degli avvocati funziona in maniera un po' diversa da come funziona da noi, nel senso che non esiste un limite al numero dei difensori, per esempio, che possono essere nominati. Tant'è vero che, durante i processi contro gli avvocati – che noi seguiamo udienza per udienza dal 2016, quindi potrò assolutamente rispondere anche all'altra domanda che Lei ha posto – noi veniamo nominati dai detenuti e questa nomina ci garantisce la possibilità di entrare in carcere. Ovviamente, le visite sono concordate, non sono a sorpresa: noi, già mentre organizziamo, sappiamo che c'è un'altissima probabilità di poter entrare. Attraverso i rapporti che abbiamo anche con i deputati di opposizione e anche con alcuni componenti del Comitato per i diritti umani del Parlamento turco, sicuramente ci sarà la possibilità di organizzare delle visite, con ingresso del personale. Anche perché rispetto a questo, a parte determinati carceri – come Imrali, per cui noi sicuramente faremo la domanda, ma al 99,9 per cento non ci verrà data l'autorizzazione – per le altre carceri di massima sicurezza c'è un'ottima probabilità di organizzare una missione concreta. Se non siamo troppo numerosi nella delegazione, riusciamo ad organizzarci.
  Rispetto alla questione del processo agli avvocati, io ho seguito il processo lungo tutte le udienze, fin dal primo grado. Ci sono diversi gruppi di processi contro gli avvocati, che tendenzialmente vengono raggruppati per associazione di appartenenza. Sono avvocati tutti progressisti, quindi tutti appartenenti a partiti o, comunque, affiliati ad ideologie dell'opposizione, che si occupano quasi esclusivamente di questioni che riguardano i diritti umani e i diritti civili e politici, ed è per questo che vengono perseguitati. Non è necessario che l'avvocato sia appartenente ad una minoranza, perché anche gli avvocati turchi, nel momento in cui, consapevoli del proprio ruolo, vogliono porsi a difesa dei diritti umani del popolo, già solo per questo vengono presi di mira. Non tutti gli avvocati, soltanto gli avvocati che si occupano di questioni che riguardano il diritto del lavoro, questioni che riguardano la libertà di manifestazione e di espressione, eccetera.
  In particolare, nel processo più importante, quello del gruppo degli avvocati progressisti – dove ormai più di diciannove avvocati stati condannati in via definitiva e condannati anche in appello a più di ventinove anni di carcere, con accuse legate al terrorismo – stanno facendo le ulteriori impugnazioni che l'ordinamento mette loro a disposizione. Tutti questi avvocati sono stati giudicati sulla base di prove segrete, nel senso che tutto l'impianto accusatorio era strutturato su una serie di documenti informatici di cui la difesa non ha potuto prendere visione, né verificare la catena di custodia. Esistono una serie di files che nessuno ha mai visto, che sono arrivati dal Belgio in Turchia, che incastrerebbero questi diciannove avvocati che, sulla base di prove come queste, sono stati poi condannati, oppure con la presenza sulla base di allegazioni portate da testimoni segreti. Un testimone segreto, un unico testimone, ha rilasciato dichiarazioni grazie alle quali sono state condannate più di duecento persone tra avvocati ed attivisti. Questo soggetto è segreto, la difesa non sa chi sia. È stato interrogato in aula soltanto dal pubblicoPag. 8 ministero, ma in teleconferenza, con la voce camuffata e il viso coperto. La difesa, quindi, non ha potuto contestare niente, perché non sapendo chi fosse, non sapendo in base a quali motivi riescono a dare queste informazioni, il diritto di difesa viene assolutamente massacrato.
  Ricordo una cosa incredibile durante un processo: alla fine della dichiarazione di uno degli imputati, che accusava comunque di corruzione la magistratura – perché il giudice era evidentemente parziale, non imparziale, perché ogni domanda prodotta dalla difesa veniva respinta. Tutte le domande portate avanti dal pubblico ministero, invece, venivano accolte – una cosa incredibile è che in questo processo, durante il primo grado, tutti questi avvocati vennero messi in custodia cautelare, in attesa della prima udienza. Eravamo presenti alla prima udienza...

  PRESIDENTE. Che anno era? [intervento fuori microfono]

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Il processo era nel 2018, i fatti risalgono al 2016, il periodo del golpe non riuscito in Turchia; in seguito a questo golpe, tutte le questioni relative alla sicurezza si sono ovviamente inasprite e anche la repressione nei confronti degli oppositori politici.
  Dicevamo, tutti gli avvocati sono stati trattenuti in custodia cautelare; alla prima udienza il giudice aveva rilevato che non sussistevano le prove per mantenere la custodia cautelare e aveva liberato tutti, il venerdì mattina; l'ordine di rilascio non viene eseguito fino alla mattina successiva, sabato mattina; sabato alle 10 vengono rilasciati e sabato a mezzogiorno c'è un provvedimento del tribunale che sostituisce il giudice, mette un nuovo giudice – più amico, più asservito probabilmente alle richieste del sistema –, il quale emette ordinanza di custodia cautelare di nuovo per tutti, sulla base delle stesse prove: non è che sono state portate nuove prove, per cui è stata rimessa in discussione l'ordinanza che era stata emessa, semplicemente il giudice li ha rilasciati, questo giudice è stato sostituito con un altro e poi sono stati tutti, di nuovo, sottoposti a misure cautelari.
  Il processo è andato avanti così. Ogni udienza era una cosa incredibile: a un certo punto, durante un'udienza – per fortuna, i colleghi turchi sono molto combattivi – il giudice ha preteso che tutti gli avvocati abbandonassero l'aula, perché uno degli avvocati aveva fatto un'osservazione contestando la questione delle prove; il giudice si era risentito e quindi ha cacciato tutti gli avvocati e ha preteso che il processo continuasse così, alla sola presenza degli imputati. Addirittura il pubblico ministero a quel punto si è impaurito e ha detto: «No, signor giudice, non possiamo continuare in questo modo» e quindi ha preso tempo. Nel frattempo, gli avvocati, chiusi fuori, per poter esercitare il diritto di difesa hanno dovuto sfondare a spallate la porta per raggiungere i loro banchi di fronte al giudice. Così ad ogni udienza. Dopo ogni udienza tornavamo sconvolti, perché queste violazioni avvengono comunque in uno Stato che si autodefinisce uno Stato di diritto, che però abusa degli strumenti giuridici per perseguitare i propri oppositori.
  Il diritto – a differenza del diritto democratico, per come noi lo intendiamo – non serve più al popolo e agli individui per difendersi o per far valere le proprie richieste, ma diventa arma, strumento di mantenimento del potere.
  Potrei continuare per ore, ma vorrei che anche le colleghe rispondessero alle altre domande, su cui veramente ci sarebbe da parlare tanto.

  PRESIDENTE. Grazie. Un'ultima cosa, gli avvocati sono in detenzione?

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Sì.

  PRESIDENTE. Tutti?

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. La maggior parte è ancora in detenzione, con pene definitive. Stiamo aspettando il terzo grado di giudizio prima di poter andare alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Pene di che livello?

  MICHELA ARRICALE, co-presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Ventinove anni, ventotto, diciotto, sedici...Altissime. Guardato attraverso lo sguardo di un operatore del diritto italiano, è un processo senza prove. È una barzelletta, un mero teatrino, dove c'è un attore che fa il giudice e che recita un copione già scritto.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla dottoressa Trasatti.

  FRANCESCA TRASATTI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Intervengo molto velocemente ad integrazione di questo aspetto, perché nell'ultima missione a cui abbiamo partecipato, in cui abbiamo fatto l'incontro in carcere, abbiamo assistito ad un altro processo, a Gülhan Kaya, un'avvocata anche lei. Durante questo processo – che era un processo per la misura cautelare, di fatto – è successo esattamente quello che è successo per gli altri due filoni di processo, uno iniziato nel 2013 e uno iniziato nel 2017, che vedono imputati nella loro totalità trentaquattro avvocati. Gülhan, di fatto, viene arrestata per la sola testimonianza di un testimone segreto, uno di quelli a cui faceva riferimento la collega. Un testimone segreto che altro non è che un suo assistito che viene arrestato, dopodiché collabora con le forze dell'ordine per essere scarcerato e fa il nome dell'avvocata.
  Le viene contestato, ad esempio, che aveva visto questo suo cliente cinque giorni prima dell'arresto. Quando è stato arrestato il suo cliente ha iniziato uno sciopero della fame: uno dei capi di accusa è che lei gli ha suggerito di fare lo sciopero della fame una volta arrestato. Un'altra delle prove a carico è che lei gli avrebbe suggerito di rimanere in silenzio durante l'interrogatorio, che è un suo diritto, anche in base al diritto turco. Vengono esaminati i tabulati telefonici e si dice che lei ha avuto contatto con una serie di terroristi, ma erano semplicemente clienti. Quindi, questo per dire che proprio l'impianto accusatorio è ricalcato sul fatto di avere esercitato quello che è il mandato difensivo che ciascuna di noi porta avanti nel suo lavoro quotidiano.
  Le pene a cui vanno incontro sono altissime e, di fatto, anche la situazione del mancato riconoscimento di un mandato da parlamentare liberamente eletto, di cui abbiamo avuto notizia in questi giorni, segnala una gravità che ci impone di fare qualcosa.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Penso che sarebbe interessante anche visitare il collega deputato.

  FRANCESCA TRASATTI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Noi lo abbiamo visitato.

  PRESIDENTE. Penso che noi, come Comitato diritti umani della Camera, potremmo avere questo legame magari più diretto verso gli avvocati, ma anche verso il deputato che si trova in detenzione, senza che siano state provate le accuse a suo carico. Non volevo interromperla.

  FRANCESCA TRASATTI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Avevo praticamente finito. L'ultimo elemento che volevo sottolineare è quello a cui faceva riferimento la collega prima, ovvero l'esercizio della professione forense.
  Abbiamo parlato con una nostra collega, a latere delle attività, e ci diceva che la normalità è che vengono fatte queste manifestazioni di piazza – anche manifestazioni semplicemente dimostrative, come si diceva prima, come può essere quella dell'8 marzo o del 1° maggio –, vengono arrestate un quantitativo enorme di persone, un centinaio di giovani, ragazzi e ragazze, portati tutti in carcere; si trovano all'incirca un centinaio di difensori davanti alla centrale di polizia e non li fanno parlare con i loro assistiti. La norma è che anche per avere un accesso all'interno dei luoghi in cui sono anche detenuti provvisoriamente e fermati i clienti ci sono queste scelte arbitrarie. Per Pag. 10cui magari ci si potrà parlare, ma non quel giorno.
  In questi casi in cui ci sono tantissimi arresti, di fatto, per poter avere un accesso e parlare con gli imputati, che poi a volte vengono anche picchiati e ci sono anche problematiche legate alla tortura, fanno gli scontri...Di fatto, ci sono scontri tra polizia e avvocati per poter avere accesso al colloquio difensivo e ad un primo incontro con questi giovani arrestati.

  PRESIDENTE. La dottoressa Cantelli voleva precisare un punto sulle donne.

  MARGHERITA CANTELLI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Volevo parlare delle condizioni delle detenute. Prima di tutto, mi preme sottolineare che anche queste avvocatesse si trovano in uno stato di isolamento, in quanto sono rinchiuse in celle da due/tre persone.
  È negato, o comunque pesantemente ostacolato, l'accesso alla salute e alle cure; è anche semplicemente violato il diritto alla privacy: le detenute vengono portate a fare le visite e rimangono ammanettate durante tutta la visita; in più, durante la visita possono presenziare – e sono presenti la maggior parte delle volte – guardie carcerarie, soldati, militari, lavoratori del centro di detenzione di sesso maschile, nonostante la detenuta sia donna.
  Inoltre, la legge turca prevede che vengano assicurate, anche in stato di isolamento, dieci ore a settimana per parlare e stare assieme con almeno altre dieci detenute. Questo, però, nel carcere di Silivri non viene assolutamente garantito: dalle ultime notizie che abbiamo, vengono permesse semplicemente due ore a settimana di questi momenti in cui le detenute possono un attimo parlare e stare assieme anche con altre persone.
  Ritorno sul diritto all'accesso alle cure: l'esempio che ci hanno riportato è del caso di Oya Aslan, avvocatessa anche lei, che da mesi aveva fatto richiesta per un macchinario TENS, in quanto aveva un forte dolore al braccio. Nonostante questa richiesta, questo macchinario sembrava fosse sparito nel nulla, non veniva assolutamente trovato. Il caso ha voluto che si trovasse dopo che la delegazione internazionale avesse fatto visita al carcere e ad Oya e quindi avesse comunque fatto pressione e sottolineato questa sua esigenza. Sottolineo questo anche per far capire l'utilità, l'efficacia e la necessità di queste missioni e del nostro ruolo come portavoce, per denunciare queste condizioni. Questo è quello che effettivamente possiamo fare.
  Un altro caso lampante di accesso alle cure negato è stato proprio quello di una cliente di Oya Aslan, Güler Zere, che è morta di cancro, purtroppo, a cui è stato totalmente negato lo spostamento in ospedale per accedere alle cure del cancro. Questo diniego è arrivato proprio negli ultimissimi giorni della malattia e questo ha portato alla sua morte.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Zaniboni.

  EUGENIO ZANIBONI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Signora presidente, premetto che non sono un avvocato, io insegno diritto delle migrazioni all'Università di Foggia e organizzazioni internazionali e diritti umani all'Università di Roma Tre.
  Mi permetto di intervenire perché tra le varie sollecitazioni molti interessanti che Lei ci ha fatto ce n'è una che riguarda i reati di cui Abdullah Ocalan è accusato. Mi permetto di ricordare che questa vicenda è iniziata nel 1999 in Italia perché, attraverso una vicenda che non è mai stata chiarita ed è oscura tutt'oggi, lui fu fermato all'aeroporto e non fu eseguito un mandato di cattura tedesco, non fu eseguito un mandato di cattura turco – per ovvi motivi, perché l'Italia non può estradare un prigioniero in un Paese in cui per i reati di cui è accusato potrebbe essere condannato alla pena di morte –, ma fu inviato in un Paese terzo, cioè il Kenya, nel quale, il giorno dopo, le forze di sicurezza turche lo hanno preso, e da quel momento – come diceva la collega – si sono perse le notizie, quantomeno dal 2019.
  Il tema, a prescindere da ogni valutazione di carattere politico, ha avuto anche Pag. 11un risvolto giuridico, che vi confesso non ci fa onore. Il primo motivo è che esiste un principio di diritto internazionale, che va ribadito, aut dedere aut iudicare, che è stato invocato anche in questi giorni in una vicenda completamente diversa: l'autonomia dell'ordinamento giudiziario nei confronti di un detenuto. Quindi, il principio di non dare, non consegnare, ma giudicare attraverso il nostro giusto processo avrebbe consentito allo Stato italiano e all'indipendenza dell'ordinamento giudiziario italiano di poter processare equamente Abdullah Ocalan.
  Sempre a prescindere da ogni valutazione politica, la serie di reati per i quali Ocalan è stato accusato viene analizzata in almeno due sentenze: la prima è una sentenza dello Stato italiano, di un giudice, che ha dovuto esaminare l'applicazione di Ocalan, prima di lasciare il nostro territorio, per la richiesta di diritto di asilo. In quel caso il giudice italiano ha qualificato Ocalan come avente diritto all'asilo politico, in quanto perseguitato per azioni tese a tutelare e rappresentare i diritti del popolo curdo, che è notoriamente conculcato nei propri diritti di minoranza.
  La seconda sentenza – questa volta una sentenza di condanna nei confronti dell'Italia – è arrivata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, perché ha ritenuto responsabile l'Italia di trattamenti inumani e degradanti per non aver impedito la sua consegna - ancorché indiretta, ancorché attraverso un refoulement indiretto - dal Kenya alla Turchia, Paese dove si è ottenuto l'effetto che si voleva evitare. Quindi, l'Italia non ha assunto la responsabilità politica diretta di consegnare Ocalan alla Turchia, ma l'effetto ottenuto è stato lo stesso. Tant'è vero che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per questa condotta. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. È stato molto interessante il suo intervento. Sono passati molti anni, io lavoravo all'UNHCR e ricordo il caso Ocalan, ma non mi ricordavo che sul diritto d'asilo ci fosse stata una sentenza del giudice e non della Commissione centrale, all'epoca, per il riconoscimento della protezione internazionale.

  EUGENIO ZANIBONI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Presidente, Lei ricorda che all'epoca erano possibili entrambi i binari. Era un periodo in cui si aveva la dichiarazione ex articolo 10, terzo comma, della Costituzione italiana, e il riconoscimento. La Commissione centrale non andò avanti per mancanza di interesse, in quanto Ocalan aveva già lasciato il territorio, ma il giudice poi rese la sentenza nel momento in cui era già detenuto.

  PRESIDENTE. Ecco, non andò avanti perché Ocalan aveva già lasciato il territorio. Mi mancava questo pezzo.

  EUGENIO ZANIBONI, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Il Ministero dell'interno dichiarò il non luogo a procedere in quanto l'interessato non era più sul territorio italiano.

  PRESIDENTE. Grazie per questa delucidazione. Do infine la parola al dottor Orkan.

  YLMAZ ORKAN, rappresentante del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia-CRED. Signora presidente, sulla difesa del presidente Ocalan abbiamo molti problemi, perché dal 2019 in poi i suoi avvocati non possono entrare in carcere di Imrali. Adesso lui ha due cause in corso, una in Grecia e una a Strasburgo, presso la Corte europea dei diritti dell'uomo. In Grecia per rapimento dal Kenya: per esempio, gli avvocati non possono discutere con lui per organizzare la difesa di questo caso. A Strasburgo mi sembra che ci sia una causa per le condizioni di isolamento; anche su questa causa non hanno notizie da portare in tribunale, perché non possono entrare in carcere.
  Un altro esempio: abbiamo la co-sindaca di Diyarbakir, Gültan Kışanak, per il caso di Kobane. L'hanno arrestata e sono quasi otto anni che è in carcere, però, il tribunale non ha ancora deciso una pena. Invece, la legge costituzionale della Turchia dice che una persona, se rimane in carcere Pag. 12sette anni e non c'è una condanna del tribunale, deve essere automaticamente libera. Però, purtroppo non liberano anche questa sindaca. Ma ci sono tantissimi casi così.
  Ci sono tre carceri in Turchia e li usano per i nemici. Per esempio, nel penitenziario chiuso di Imrali, oltre al presidente Ocalan, ci sono altri tre detenuti. Nell'istituto penitenziario chiuso di Marmara n. 1, a Silivri, ci sono tantissimi deputati, come Selahattin Demirtaş e Osman Kavala; nell'istituto penitenziario chiuso di tipo L di Marmara ci sono tantissimi deputati e attivisti curdi. Invece, nell'istituto penitenziario chiuso di tipo F di Kandira a Kocaeli in gran parte ci sono donne. Anche Gultan Kisanak adesso è lì. In queste carceri purtroppo mandano solo l'opposizione, sia che sei turco sia che sei curdo. Non è importante da dove vieni, se sei opposizione contro il Governo Erdoǧan, automaticamente usano la legge antiterrorismo: se sei curdo, dicono che sei del PKK e sei terrorista; se sei turco, dicono che sei del DHKP-C e sei terrorista; se sei un po' musulmano, dicono che appartieni al gruppo di Fethullah Gülen, che sei terrorista e ti mandano in carcere. Adesso più o meno funziona così.
  L'ultima notizia che vorrei darvi riguarda il deputato del Partito dei lavoratori turco chiuso in carcere: purtroppo, due o tre giorni fa il Parlamento turco ha fatto una seduta e lo ha revocato come deputato. Il nostro partito, il CHP e il Partito dei lavoratori turco hanno protestato, però lui adesso non è più un deputato; l'hanno cancellato. La maggioranza – i Lupi grigi, l'AKP e altri – hanno preso questa decisione.
  Ad ogni modo, come diceva il dottor Eugenio Zaniboni, anche gli avvocati del presidente Ocalan hanno portato una richiesta al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra, per tutto quell'isolamento che si sta verificando in Turchia.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto per questi dettagli che ci avete dato a coronamento delle vostre audizioni.
  Parleremo, anche in ufficio di presidenza, dell'eventualità di fare una missione come Comitato per i diritti umani, in Turchia, in particolar modo per visitare carceri dove sono rinchiusi colleghi non solo delle ultime elezioni, ma anche, come Demirtas, eletti prima, o comunque leader politici, perché è evidente che c'è una persecuzione politica, e un Comitato come il nostro, che si occupa di diritti umani, penso che abbia tutto l'interesse di riuscire a fare pressione sul Governo turco affinché questa situazione venga riconsiderata. Peraltro, so che presto ci saranno le elezioni locali, quindi vediamo di combinare in prossimità anche delle elezioni locali.
  Vi ringrazio. Dichiaro chiusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.