XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 31 ottobre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 

Audizione della giornalista Francesca Carollo e dell'artista Jo Squillo, presidente e fondatrice della onlus Wall of Dolls:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 
Squillo Jo  ... 3 
Carollo Francesca  ... 5 
Squillo Jo  ... 7 
Carollo Francesca  ... 7 
Semenzato Martina , Presidente ... 7 
D'Elia Cecilia  ... 7 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
Zanella Luana (AVS)  ... 8 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Pulciani Paolo (FDI)  ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Almici Cristina (FDI)  ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 10 
Lancellotta Elisabetta Christiana (FDI)  ... 10 
Semenzato Martina , Presidente ... 11 
Ferrari Sara (PD-IDP)  ... 11 
Semenzato Martina , Presidente ... 12 
Valente Valeria  ... 12 
Semenzato Martina , Presidente ... 13 
Ascari Stefania (M5S)  ... 13 
Semenzato Martina , Presidente ... 13 
Sensi Filippo  ... 13 
Squillo Jo  ... 14 
Carollo Francesca  ... 15 
Semenzato Martina , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione della diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della giornalista Francesca Carollo e dell'artista Jo Squillo, presidente e fondatrice della onlus Wall of Dolls.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione della giornalista Francesca Carollo e dell'artista Jo Squillo, rispettivamente presidente e fondatrice della onlus Wall of Dolls. A nome di tutti i commissari e commissarie do il benvenuto alle nostre ospiti, che ringrazio per la disponibilità a intervenire davanti alla Commissione di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere. Do il benvenuto anche a Michelle Masullo, assistente della onlus Wall of Dolls.
  La onlus Wall of Dolls, ovvero il Muro delle bambole, nasce da una performance dell'artista Jo Squillo nel 2014 a Milano. In via De Amicis 2 fu allora realizzata una installazione permanente che riprende un'antica tradizione indiana per cui ogni volta che una donna subisce violenza una bambola viene affissa sulla porta della sua casa. Ancora oggi chiunque può recarsi al muro e appendere la propria bambola, a testimonianza della lotta alla violenza sulle donne. Negli anni Wall of Dolls si è ampliata, diventando un simbolo permanente della città, e duplicandosi presso la Casa delle Arti al Damerini. Oggi il Muro delle bambole è presente in molte città italiane, partendo da Roma, Genova, Venezia, Brescia, Trieste e Portogruaro. Si tratta di una iniziativa che usa il linguaggio della creatività e dell'arte per lanciare un messaggio efficace idoneo a raggiungere un numero elevato di persone e a incidere sul terreno della cultura imperante. Rinnovo il mio ringraziamento a Francesca Carollo e a Jo Squillo e do subito loro la parola. Grazie.

  JO SQUILLO. Grazie. Con Francesca, con la quale collaboro e lavoro da tantissimi anni, ho voluto creare questa iniziativa proprio per cercare di unire le forze. Si parla di dieci anni fa. Di unire le forze di tutte le associazioni, di tutte le persone di buona volontà, per riuscire a invertire questo problema culturale, perché è un problema culturale, quindi operare un cambiamento culturale necessario, raccontando e unendo tutte le associazioni.
  Prima le associazioni lavoravano sul territorio con grande difficoltà, andare avanti da soli, esistere e sopravvivere è sempre stato molto difficile. Unirsi è stato un progetto per radunare, raggruppare tutte queste forze, queste energie del volontariato, delle associazioni per dare alle donne che sono vittime di violenza quel supporto che altrimenti non hanno.
  Il volontariato è l'unica forma spesso, purtroppo, di vero aiuto alle donne. Questo lo abbiamo verificato con Francesca. Le donne una volta che denunciano, una volta che comunque subiscono la violenza, spesso sono abbandonate e le associazioni sono l'unico metodo per non far sentire le donne sole. Questa è l'iniziativa che noi abbiamo cercato di portare avanti in questi anni con la onlus il Muro delle bambole, proprio per dare un senso al cambiamento culturale.Pag. 4
  Abbiamo realizzato diversi documentari, a partire dal 2016. Documentari che abbiamo portato in giro per il mondo, sono stati richiamati anche dalle scuole, dalle università, dal «Los Angeles International Culture Festival». Siamo partiti da lì e poi abbiamo presentato «Futuro è Donna» alla settantaquattresima mostra del cinema di Venezia, appunto durante l'importante mostra, che parla della bellezza, del cinema, del cambiamento culturale. Abbiamo presentato «Donne è Libertà» l'anno dopo. Poi «Donne in Prigione», «Venezia Senza Arte Non Si Riparte», «Matrimoni Forzati», «Donne e Anoressia», la «Bellezza della Rinascita».
  Abbiamo cercato di indagare diverse sfaccettature della violenza, perché non c'è soltanto il femminicidio, ci sono tantissime altre forme di violenza che spesso non vengono raccontate. Allora siamo entrati nelle carceri, siamo entrati a vedere le nuove ragazze, le nuove giovani donne che crescono, quanti disturbi alimentari subiscono proprio per il bullismo, per le molestie, la crescita culturale completamente assente nel discorso della individualità, del rispetto del proprio corpo. E attuano processi di suicidio, diciamolo, perché spesso le ragazze attraversano problemi di anoressia per gridare aiuto, per annullarsi.
  Abbiamo voluto raccontare questo e in questi anni abbiamo cercato di entrare nelle scuole stimolando e raccontando come e quanto sia importante, ad esempio l'istituzione dell'educazione ai sentimenti, perché è proprio da lì che parte la questione. Parte proprio da un problema culturale. È un problema culturale, non è un problema giudiziario. Le leggi ci sono, oggi abbiamo delle buone leggi, siamo arrivati ad avere degli avanzamenti anche culturali in questo ambito, però poi la legge non basta, non è sufficiente per salvarle dal femminicidio.
  Spesso le donne vengono abbandonate una volta che denunciano. Noi abbiamo la testimonianza, noi siamo sul territorio, abbiamo il polso della situazione, abbiamo tante donne che sono sopravvissute al femminicidio. Abbiamo le nostre testimonial, dallo straordinario coraggio di Pinky, di Valentina Pitzalis, di Rositani, di Jessica Notaro. Sappiamo dalle loro voci quanto manca ad arrivare a una giustizia sociale, perché quando una donna viene bruciata poi ha problemi nella crescita del proprio corpo e della propria individualità.
  L'ultimo documentario che abbiamo fatto tratta proprio della bellezza della rinascita la cui cura viene totalmente abbandonata. Ad esempio, una sollecitazione che vogliamo fare è quella di prendersi cura anche della salute delle donne, che mentre gli aguzzini sono in carcere con un supporto psicologico, le donne fuori non hanno le cure necessarie affinché il corpo possa rinascere. Non soltanto il corpo ma anche poi l'individualità delle donne, quindi le cure mediche, le cure della ricostruzione di un fisico che spesso è martoriato. Le cicatrici, voi sapete, più si va avanti negli anni più si restringe la possibilità muscolare, quindi hanno bisogno di cure adeguate, di creme che costano soldi e che le donne non si possono permettere.
  Un'altra questione sono i figli. Quando la madre non c'è più e il padre è in galera spesso i figli sono abbandonati o vengono tutelati dai nonni, che vivono con la pensione. Noi abbiamo cercato di fare dei progetti per sostenere i figli. Uno dei progetti è quello di portare i ragazzi a fare una vacanza. Si pensa siano cose futili, siano cose superficiali, ma l'utilizzo del computer, il telefono, tutta quella parte di sopravvivenza, chiamata anche secondaria, ma che è fondamentale per una buona crescita dei ragazzi che hanno visto la violenza fisica da parte del padre sulla madre, quindi sono psicologicamente molto molto deboli, hanno bisogno di supporti e hanno bisogno di una crescita. Pertanto abbiamo attivato una serie di progetti, nel corso di questi anni, proprio per procurare tutto quello che manca. E per fortuna che ci sono le associazioni.
  Con un altro progetto, insieme a brand che ci hanno sostenuto, abbiamo regalato cinquemila abiti alle donne bisognose, perché quando le donne escono di casa o quando devono sopravvivere al di fuori del nucleo familiare, si trovano a volte solo con le ciabatte, con le scarpe con cui sono state prelevate violentemente dall'abitazione. AbbiamoPag. 5 dei casi in cui, per fortuna, le forze dell'ordine non hanno fatto sapere che la donna stava uscendo o che la ragazza stava uscendo di casa, perché magari ci sono dei casi, come è successo, che i genitori volevano tenerla in casa. Quindi con delle scuse sono riusciti a prelevarla dalla casa per proteggerla. Le donne hanno bisogno anche di identità femminile. Non hanno bisogno di abiti usati. A volte hanno bisogno anche di dignità e questa dignità devono riacquisirla attraverso un sistema che dia loro poi la possibilità di non sentirsi emarginate.
  Noi abbiamo cercato, con la Wall of Dolls, di dare coraggio, voce alle persone e alle donne emarginate, perché spesso si guarda da un'altra parte, spesso è difficile raccontare questo dolore, perché spesso le persone quando c'è dolore si voltano da un'altra parte.
  Questo è l'intervento che abbiamo fatto con Francesca in questi anni, questo e tantissimi altri interventi. L'ultimo è quello di creare una connection con aziende specializzate nella cura del corpo, per dare alle donne che hanno problemi di pelle un continuo supporto con le creme. E costano tantissimo queste creme. Ma anche proprio degli interventi chirurgici perché, a parte alcune situazioni in cui i chirurghi sono così sensibili da offrire queste cure, altrimenti è difficile trovare una via d'uscita per queste donne che hanno subìto l'acidazione, il fuoco e hanno problemi di salute.
  Io credo che il problema della violenza sulle donne sia essenzialmente dovuto a una cattiva cultura maschile e oggi abbiamo il compito di fermare questa tragedia attuando sugli uomini un processo di cambiamento immediato. Dopo che una donna denuncia, occorre portare l'uomo in strutture specializzate, adatte, affinché possa essere rieducato. Finché la donna denuncia e deve ritornare in casa, finché la donna denuncia ma non ha la possibilità di ricostruirsi una vita, il problema non è la donna che esce di casa lasciando i figli, oppure i gatti, oppure le proprie pareti domestiche: il problema è l'uomo che deve essere strappato da quel nucleo familiare e deve essere rieducato. Questa è la riflessione che abbiamo fatto in questi anni, perché vediamo che nonostante tutte le nostre attività e quelle di tutti gli straordinari centri antiviolenza, la cultura che si sta facendo, purtroppo questa piaga è difficile da estirpare.

  FRANCESCA CAROLLO. Grazie. Condivido tutto quello che ha detto Jo, che ha questa grande capacità, come artista, di dipingere anche le cose più terribili con quell'occhio positivo. Io purtroppo non riesco a fare altrettanto, quindi mi dispiace se sarò un po' dura con voi ma voi siete le istituzioni e noi abbiamo bisogno di voi perché ci sono davvero tantissimi problemi da risolvere.
  Io sono una giornalista, lavoro da tanti anni a Mediaset, tra i tanti programmi che faccio ci sono Quarto grado e Diritto e Rovescio, sono due prime serate in cui noi ci occupiamo di cronaca. Quello è il mio pane quotidiano da diciotto anni, quindi parlo davvero a ragion veduta. Ci occupiamo di femminicidi praticamente in tutte le puntate. Io parlo con le squadre mobili di tutta Italia, con i questori, quegli uomini che lavorano sul tema del femminicidio. Quindi quello che vi dico arriva proprio dal territorio.
  Ci sono tanti problemi da risolvere. Al netto del fatto che il Codice Rosso è una buona legge, sulla carta è un'ottima legge, ha alcuni problemi di applicazione. Io vado veramente al punto perché siete voi che li dovete risolvere in qualche modo. Innanzitutto ci sono problemi sia con il braccialetto elettronico che con i vari divieti (l'ammonimento, il divieto di avvicinamento). Sono misure che risultano, in buona sostanza, quasi del tutto inutili. Mi dispiace dirlo ma è così. Il divieto di avvicinamento, in particolare, è una misura che è quasi ridicola, nel senso che chi vuole uccidere se ne frega del divieto di avvicinamento. È previsto, mi pare, l'arresto nel caso di violazione del divieto stesso e pertanto uno dice: perfetto ti arrestano. Il problema, la stortura giuridica da risolvere, è che la pena non arriva al minimo edittale, quindi il P.M. non può convalidare l'arresto. C'è una bestemmia giuridica nella legge che va modificata.Pag. 6
  In ogni caso è un tipo di sanzione che ha veramente pochissima efficacia. E poi vi farò un esempio emblematico che vi riassumerà tutti questi problemi. Quindi braccialetto elettronico o non funziona o non viene usato perché è una misura che è pasticciata o non ce ne sono o non funziona bene, quindi spesso le questure tendono a non usarlo.
  Il divieto di avvicinamento funziona molto male, perché l'assassino se ne frega, se ti vuole uccidere non lo fermerà nulla. Non lo fermerà il fatto che poi magari forse un poliziotto gli metterà per dieci minuti le manette. Quindi queste cose vanno cambiate. Non c'è niente da fare, vanno cambiate.
  Poi c'è un altro problema, manca il personale. Va benissimo, c'è un'ottima legge, ma se poi non c'è il personale che può ascoltare le ragazze, fare le audizioni e le questure sono imballate di denunce, cosa possono fare venti o trenta uomini di una Squadra Mobile, che hanno gli omicidi, gli stupri, l'ordine pubblico, tutti i problemi dell'immigrazione? Giustamente ci sono anche tre giorni perentori in cui caso mai il procuratore può avocare a sé le indagini. Benissimo, tutto giusto, ma non ci sono gli uomini. Te lo dicono tutte le questure d'Italia, bisogna aumentare le forze dell'ordine. Non c'è niente da fare, vanno aumentate, ci vogliono più uomini e vanno specializzati di più.
  Magari sono persone veramente volenterose ma che non hanno una formazione. Quando ti arriva una donna vittima da anni di violenza è in uno stato psicologico devastante, devastato. Tu devi avere una capacità di accoglienza, di ascolto, di aiuto, che è veramente complessa. È un passaggio che nemmeno noi, che non siamo esperte, ma ce ne occupiamo da dieci anni, molte volte riusciamo ad avere. A volte mi telefonano ragazze o mi vengono mandate e io stessa in prima battuta faccio fatica a dare una risposta su cosa bisognerebbe fare. O perché io stessa reputo abnorme che qualcuno si faccia schiacciare così tanto da un uomo o perché dico: come la metto insieme tutta questa cosa che non funziona? Quindi figuriamoci le forze dell'ordine, che magari sono bravissimi marescialli, poliziotti ma non hanno una formazione. Bisogna davvero lavorare sulla formazione delle persone che si devono occupare di questo tema altrimenti non se ne esce.
  Poi c'è un altro problema, di cui parlava Jo, ed è quello del denaro. Quando queste persone subiscono violenza spesso perdono il lavoro, perché le donne poi devono andare nei centri antiviolenza, non hanno più il lavoro, quindi vanno aiutate a trovare lavoro, che è il primo passo per avere l'indipendenza da chiunque. C'è un problema di lavoro, le donne vanno aiutate, bisogna fare delle leggi per aiutare le vittime ad avere delle corsie preferenziali, uno.
  Due, chi è vittima di acido, fiamme eccetera, va aiutato nelle cure. Non è possibile che noi, come Paese, diamo l'assistenza sanitaria a chiunque e non la diamo a chi ha la faccia sfregiata dall'acido. Non è accettabile. È una cosa su cui io e Jo stiamo lavorando da anni. Vi dico solo che le cure per un volto, un braccio, costano circa 3.000 euro al mese. Ma chi è che ce li ha 3.000 euro solo per quello? Poi devi andare all'ospedale, devi andare dal medico che ti cura. Intanto però devi stare dietro a tuo figlio, devi trovarti un lavoro. E lo Stato non c'è. Lo Stato – e lo dico qui – non c'è. Questo è un altro dei problemi su cui io e Jo stiamo facendo una battaglia, addirittura coinvolgendo delle aziende private che hanno fatto delle creme proprio per loro. Perché è chiaro, ogni donna ha una sua specificità. Chi ha un problema al braccio, chi ce l'ha alla gamba, chi al collo, le lesioni sono di tipo diverso, le fiamme sono una cosa, l'acido è un'altra. Cioè, non è che si può fare tutto un calderone. Bisogna che lo Stato si prenda cura di queste persone. Ma non una tantum, perché ci vogliono dieci, quindici, vent'anni per sistemarti un volto, una gamba, un viso, un occhio. Non è che lo Stato ti può dare una tantum. Allora è tutto il privato che deve, ogni anno, colmare questa lacuna. Non è possibile che in un Paese democratico come il nostro ci sia una situazione del genere, non è accettabile. Scusatemi ma sono veramente tanti anni che noi ci battiamo su Pag. 7questi temi, quindi lo sappiamo dove bisogna andare a parare.
  Per concludere c'è un esempio che io voglio fare, che è emblematico di tutto questo ed è la signora Maria Antonietta Rositani. È una signora di Reggio Calabria, una classica storia di femminicidio, minacce, lui mette le mani addosso ai figli. A un certo punto lei non ce la fa più, quindi c'è prima un processo di minacce e poi una serie di processi. Lui ha un divieto di avvicinamento addirittura in un'altra regione. Quindi lui sta in Campania e lei sta in Calabria. Una notte il marito della Rositani cosa fa? Sembra un film. Mette nel suo letto, dove lui sta dormendo, i cuscini, scappa di notte con l'auto del padre, fa cinquecento chilometri e arriva sotto casa della Rositani per darle fuoco, cioè per distruggerla, per eliminarla per sempre.
  Tenete conto che lei avrà fatto credo undici o dodici denunce alle forze dell'ordine, le ultime erano rimaste nel cassetto, proprio perché o non ci sono le persone o non hanno quella sensibilità. Allora dove andiamo con le denunce nel cassetto? Il marito arriva, lei chiama le forze dell'ordine: «Per piacere cosa faccio? C'è mio marito, ho capito che è qui, mi hanno detto che è scappato, sarà qui sotto». «Signora, vada a casa». Dice: «Come, scusi? Me lo troverò sotto casa, quello mi vuole far fuori». «Signora vada a casa, grazie, arrivederci, vada a casa». E qua vi ho già riassunto i due problemi di cui abbiamo parlato. Fallimento del divieto di avvicinamento e di altre misure e forze dell'ordine non abbastanza formate. Con tutto il rispetto per le forze dell'ordine che io amo. Terzo problema, questa signora viene bruciata viva dal marito. Nel nostro ultimo docufilm ci sono le immagini devastanti di questa donna. Che è viva.

  JO SQUILLO. Quattordici mesi di ospedale, allettamento, senza vedere crescere i figli.

  FRANCESCA CAROLLO. Esatto. E adesso come si cura? Il padre ha fatto i debiti con gli aguzzini, con gli strozzini per curare sua figlia. Si cura solo grazie ad associazioni come la nostra, e non solo la nostra, tantissime altre, che le danno una mano a provare a sistemare questa pelle martoriata. Allora, con questo caso io credo di avervi riassunto tutti i problemi che davvero oggi ci sono. E veramente vi ringrazio per avere prestato attenzione, per cercare di mettere la testa su questo problema perché, guardate, io vorrei non dire mai più che lo Stato non c'è. Vorrei dire che lo Stato c'è. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille per questo intervento di grande cuore, anche se bello vivace. Questa Commissione accetta tutte le sollecitazioni, anche se ci auguriamo di riuscire a lavorare sul prima e sulla prevenzione.
  Oggi abbiamo parlato sempre del dopo; penso che il compito di questa Commissione sia senza ombra di dubbio – e mi permetto di fare questo inciso da presidente – di tenere in fortissima considerazione tutti i punti che voi avete evidenziato, importantissimi, ma che purtroppo riguardano il dopo. Invece noi dobbiamo assolutamente lavorare sul tema fondamentale che è quello della prevenzione, cioè noi dobbiamo far sì che le donne non arrivino ad essere vittime di violenza e non arrivino ad essere bruciate. Allora lì risolveremo il tema della cura.
  Avete sollevato un tema molto caro a questa Commissione, come avrete letto e visto, che è il tema della violenza economica, dell'indipendenza delle donne e del lavoro.
  Come un altro tema importantissimo per questa Commissione è necessariamente il rapporto pubblico-privato, perché noi dobbiamo tenere in considerazione anche i sistemi di relazione pubblico e privato. Quindi non solamente pubblico.
  Io prego i colleghi commissari presenti e collegati, anche da remoto, se ci sono degli interventi. In ordine di alzata di mano, la nostra vicepresidente senatrice D'Elia, prego.

  CECILIA D'ELIA. Grazie, mi scuso per i tre minuti di ritardo. Conosco la vostra realtà, siete venuti con il Muro anche nel Lazio quando ero in Regione. Condivido Pag. 8molte delle cose che ho ascoltato. Noi siamo una Commissione di inchiesta, non siamo il Governo, né siamo una Commissione che legifera, quindi dobbiamo soprattutto raccogliere le critiche, capire dove non funziona il meccanismo e suggerire al legislatore delle modifiche.
  Io penso che nonostante la legge, approvata all'unanimità adesso, che interviene sulle questioni che voi avete sollevato, rimane il tema, la criticità. Questo lo dico anche perché era uno dei motivi per cui, per esempio, all'epoca noi ci siamo astenuti sul Codice Rosso, dei fondi, del personale e della formazione. Lei ha detto ci vogliono uomini e donne. Comunque c'è il problema che anche tre giorni, se non hai il personale, se non fai un'attenta valutazione del rischio e del modo in cui tu devi accogliere quella persona...
  Io mi sento di dire che in questa norma, che abbiamo approvato adesso insieme alla Camera, c'è quanto meno un articolo sulla formazione e sulla necessità di specializzare le magistrature e gli operatori, che apre una strada in quella direzione. Noi su questo dobbiamo monitorare, capire la formazione che si farà. Altrimenti è una débâcle per lo Stato, perché le donne non si fidano, la gran parte delle donne non lo racconta a nessuno, neanche alle amiche, tanto meno allo Stato, perché non trova quella fiducia.
  Poi sono molto d'accordo sul fatto che sia un tema culturale. Questa è l'altra faccia del tema culturale, perché siccome siamo tutti in quella cultura dipende anche da chi dovrebbe applicare delle norme buone, e quindi c'è la vittimizzazione secondaria.
  Non voglio togliere molto tempo, penso che su questo dobbiamo intervenire e assolutamente anche sulla questione delle spese. La seconda casa rifugio del Comune di Roma era proprio per le donne acidificate, la fece Mariella Gramaglia. C'era stato un caso, non mi ricordo il nome della donna, e il Comune la seguì. Però non può essere un ente locale a farsi carico di questi problemi, dove c'è un ente locale che è più attento. E anche quell'esperienza poi credo sia finita. Quindi il tema è il sostegno. Questo è un tema che, come Commissione, dobbiamo assolutamente affrontare. Grazie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Zanella, la nostra segretaria della Commissione femminicidio, prego onorevole.

  LUANA ZANELLA. Grazie, grazie presidente. Grazie a voi che da tanti anni vi fate carico, supplendo a funzioni che dovrebbero essere in capo allo Stato, almeno in parte.
  Condivido l'intervento della collega D'Elia, volevo sottolineare due cose, non che le abbia tralasciate, perché conosce benissimo l'aspetto, cioè l'aspetto economico, della dipendenza economica, dell'autonomia insomma, che viene addirittura persa in prossimità della violenza o dell'acuirsi di quella situazione. Questo lo abbiamo molto a cuore e, in particolare, la presidente insiste sempre. Abbiamo fatto un'audizione la scorsa settimana, proprio per approfondire.
  Lo scopo di queste audizioni è conoscere sempre di più e stare vicino alla realtà, perché solo così, secondo me, possiamo fare delle proposte a livello normativo che non sono risolutive, perché non è tanto e solo la legge che può, però è uno strumento importante.
  Io ho preso nota del discorso del braccialetto. Per anni una mia collega nel Veneto, che è stata garante per le persone detenute, mi ha tante volte rappresentato questo problema del braccialetto, che non funziona, che non c'è, che chi ha un braccialetto può anche avere una strategia per cui in certi punti non viene raggiunto dal segnale telefonico. Insomma è uno strumento imperfetto. Ciononostante è uno strumento che abbiamo ritenuto un deterrente, perché qualche volta magari funziona. Quindi sono tutti strumenti imperfetti, ce ne rendiamo conto.
  Il divieto di avvicinamento. Avete perfettamente ragione, come anche la pena di morte per dire, siccome questi assassini spesso addirittura ammazzano se stessi, siamo al di là del bene e del male diciamo. Sono persone con cui è anche difficile trovare uno strumento, concepito da mente umana, che possa essere di contrasto vero. Pag. 9E quindi è un problema. Per quanto riguarda il discorso della formazione è importantissimo, nel corso della finanziaria cercheremo di trovare qualche possibilità, anche se il Governo ha già detto niente emendamenti. Però su questo tema bisogna che facciamo uno sforzo particolare. Bisognerebbe che ci fosse un capitolo a parte con tutti i problemi che riguardano le donne oggetto di violenza, perché non è possibile, per esempio, questa cosa dell'assistenza sanitaria, di cui parlavamo ieri. È pazzesco che non ci sia la presa in carico di donne che vengono rovinate. È assurdo, non esiste, non dovrebbe esistere. Quindi è un problema che insieme istruiremo per fare delle proposte, perché è anche questa, credo, una cosa fattibile. Basta destinare questi soldi, invece di fare cose magari meno urgenti. Questa è un'urgenza.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zanella. Lascio la parola all'onorevole Pulciani, prego onorevole.

  PAOLO PULCIANI. Grazie presidente. Ho ascoltato con attenzione le argomentazioni e mi trovo in linea e condivido quanto ha detto la nostra presidente.
  Quello che noi dobbiamo cercare di fare è capire quali sono gli strumenti che ci consentono, anche entro certi limiti, di prevenire quello che avviene. Sui rimedi, su quello che avviene dopo, su come aiutare, al di là poi dell'individuazione delle risorse, siamo più o meno tutti d'accordo che va dato un sostegno, un aiuto, ma quello che è difficile è prevenire. Ed è sicuramente fondamentale l'elemento culturale che voi avete sottolineato, che mirate a cambiare con le iniziative tipo quelle del Muro delle bambole. È fondamentale.
  Io volevo chiedere se c'è un momento nel quale la donna, che è vittima di violenza da più tempo, decide di sottrarsi a questo schema e se lo fa perché. Cioè, cosa incide su questo? L'informazione? La televisione? La famiglia? La socialità? C'è un momento in cui è possibile interrompere la spirale di violenza e forse in alcuni casi prevenire la degenerazione di questo comportamento? Perché, secondo me, dobbiamo individuare esattamente quel momento per capire quali sono gli stimoli, anche esterni, che determinano il passaggio dal momento in cui ho detto sempre sì e accettato quello che capitava, al momento in cui scelgo un'altra via e scelgo di sottrarmi alle violenze.
  Questo è un momento fondamentale, anche perché oltre all'elemento culturale c'è anche l'elemento psicologico che, secondo me, è molto importante. Io poi distinguerei tra le violenze sulle donne e i femminicidi, perché in alcuni casi i femminicidi sono la conseguenza di un percorso durato anni, che sembrava quasi inevitabile a leggerlo a posteriori. In altri casi sono l'effetto di un corto circuito mentale e psicologico, di una malattia mentale, magari nascosta bene dall'altra parte, che si estrinseca improvvisamente e che è difficilmente prevedibile.
  Io da Avvocato penalista ho visto casi di femminicidio in cui la persona che lo ha commesso era assolutamente incensurata, non aveva nessun precedente che potesse fare immaginare un'azione omicidiaria e a volte suicidaria come quella che avviene. Ma lì dove possiamo intervenire per interrompere, invece, un percorso che va verso l'inevitabile, le associazioni ci possono aiutare a comprendere qual è lo stimolo che noi dobbiamo incentivare, necessario perché una persona riesca a sottrarsi a quello che per tanti anni ha accettato come un destino ineluttabile o non ha avuto la forza di ribellarsi.

  PRESIDENTE. Lascio la parola all'onorevole Almici.

  CRISTINA ALMICI. Anch'io mi volevo associare ai ringraziamenti alle audite. Tra l'altro, mi fa orgoglio il fatto di avere il Muro delle bambole a Brescia, perché io sono di Brescia e Pinky è proprio a pochissima distanza dal mio comune. Devo dire che non è una cosa positiva, perché è fare emergere questa sensibilità legata proprio a degli eventi, che hanno colpito tra l'altro anche una ragazza di un mio familiare, che è stata uccisa a diciannove anni. Quindi devo dire sono numerosi i casi a Brescia di femminicidio e anche di violenza.Pag. 10
  Rispetto a quanto, però, è stato illustrato in precedenza, in particolare quello che mi ha colpito è che si è parlato di cattiva cultura maschile. Io volevo farvi una domanda, perché non vorrei parlare di cattiva cultura femminile, ma probabilmente di assenza di una cultura femminile rispetto alla percezione di quelli che sono i segnali della violenza e quindi di come potremmo, invece, operare per la tutela delle donne, perché probabilmente manca, diciamo così, quella sensibilità a livello femminile di qual è il limite invalicabile nel quale si potrebbe materialmente intervenire. O come possiamo operare a tutela e a difesa delle donne. Perché anche una sensibilità e una cultura civica rispetto a queste problematiche deve nascere dai due fronti. Quindi l'operazione va mossa da tutti e due i fronti.
  Un'altra richiesta. Adesso veniamo dall'approvazione di una norma che si muove sui vari fronti, per cui il discorso personale, formazione, fondi, l'intervento, il braccialetto. Abbiamo l'ammonimento e tutta una serie di misure che hanno cercato di migliorare la norma precedente, vedendo proprio nell'intervento urgente l'aiuto. Dall'altro lato io mi pongo sempre nella condizione di dire: comunque, qualsiasi aiuto arrivi, quando stiamo parlando di femminicidio, è sempre troppo tardi. Per cui vuol dire che abbiamo mancato. E io, da donna, ragiono sempre nell'ottica di: cosa avremmo potuto fare per mettere in condizione la donna di difendersi? Quindi alcune sollecitazioni, come possono essere il peperoncino piuttosto che – scusatemi, brutalmente io lo avevo già detto alla presidente – il taser messo in mano. Ovviamente dopo una formazione. Ma, per dire, un elemento di difesa che potrebbe consentire alle donne di essere in grado di difendersi in un momento in cui non c'è nessuno. Perché è evidente che il problema è che arriviamo sempre in ritardo. Quindi vi chiedo, rispetto alla vostra esperienza, quale potrebbe essere un percorso in questa direzione, per cercare di mettere la donna in condizioni di difendersi e di essere attiva nel momento giusto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Almici. In collegamento c'è l'onorevole Lancellotta. Andiamo in ordine di prenotazione degli interventi. Prego, onorevole Lancellotta.

  ELISABETTA CHRISTIANA LANCELLOTTA. Buongiorno a tutti, grazie presidente. Scusatemi per la mia «non presenza», che però è dovuta esclusivamente a un problema di salute per cui oggi purtroppo non posso essere con voi.
  Grazie per questa audizione, grazie a Jo Squillo, grazie alla giornalista Francesca Carollo per questa importantissima audizione che ha focalizzato una serie di elementi essenziali. Quello che mi preme dire, come ha spiegato poc'anzi il nostro presidente, è che noi stiamo lavorando sul tema della prevenzione, quindi, diciamo, per quello che riguarda la prevenzione all'interno della scuola. Mi ha colpito tantissimo il focus che è stato individuato da Jo Squillo, cioè le bambine, le ragazzine che sono in difficoltà e che cercano di autodistruggersi, autolesionarsi con il discorso dell'anoressia e della bulimia. La violenza deve essere focalizzata non soltanto in quanto violenza in sé ma anche in merito a tutte queste altre tematiche.
  Mi preme dire, penso sia fondamentale, è che sono rimasta colpita tantissimo dalle parole di Francesca Carollo quando ha detto «lo Stato non c'è, c'è bisogno della presenza dello Stato». Credo che noi lo stiamo dimostrando con l'approvazione del ddl «Caivano», lo stiamo dimostrando con l'approvazione anche del ddl Violenza, dove sono state potenziate tutte quelle misure che sono state poc'anzi rappresentate. Il braccialetto elettronico, ci sono delle falle, come diceva la giornalista Francesca Carollo, sicuramente si andrà a lavorare anche su questo. Nel potenziare le forze dell'ordine. È importante che voi ci abbiate attenzionato su questo tema, di cui noi eravamo già a conoscenza, però è fondamentale sottolinearlo. È fondamentale ricordare anche quanto la cultura debba essere sostenuta sempre di più, proprio perché bisogna incidere sulla cultura maschile. È fondamentale incidere sulla cultura maschile, noi abbiamo una serie di Pag. 11programmi, proprio grazie a questa Commissione, dove andremo a lavorare molto all'interno delle scuole. Io credo che il nostro debba essere un lavoro di rete, un lavoro di squadra. Per cui volevo chiedervi proprio questo, oltre a tutto quello che voi ci avete comunicato, se c'è qualche ulteriore criticità che vi è pervenuta e potreste comunicarci. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Lancellotta. Abbiamo due interventi ancora, l'onorevole Ferrari e poi la nostra past president la senatrice Valente. Prego onorevole Ferrari.

  SARA FERRARI. Grazie. Vorrei ringraziare per il lavoro che fate, che non è scontato, che si aggiunge a quello di tantissime altre associazioni ma più ce ne sono meglio è, soprattutto laddove, come avete segnalato voi, lo Stato non arriva, quindi in chiara supplenza. Noi qui abbiamo una responsabilità, invece, proprio di andare a colmare le lacune che lo Stato ha lasciato aperte. Quindi grazie di avercele segnalate dal campo, anche per il lavoro che fate di sensibilizzazione e di informazione, perché un'opinione pubblica informata è un'opinione pubblica che fa la sua parte anche rispetto alla pressione, all'indicazione, a chi deve poi legiferare.
  Nel passaggio che abbiamo appena fatto in aula, a mio avviso, sono stati fatti dei passi avanti rispetto alle cose che avete detto. Riguardo, ad esempio, all'uso del braccialetto si è aggiunta la disposizione che, laddove il braccialetto per qualche motivo abbia una sua inefficacia, una inefficienza anche tecnica, è possibile ricorrere a misure cautelari superiori. Quindi questo è già un primo tentativo, poi vedremo se funzionerà. Chi decide di applicare, come, quando e quali di tutta questa gamma di misure, che prese da sole magari non funzionano, deve sapere qual è la risposta migliore o qual è la pluralità di risposte che, combinate insieme, possono dare maggior garanzia rispetto al rischio. Perché il tema è che questo Paese è stato condannato più volte perché non è in grado di fare valutazione del rischio. Quindi la sommatoria di queste misure. Alla base di tutto questo, però, sta il personale formato. Gli operatori che a vario titolo, da quello sanitario a quello sociale, a quello educativo, fino alla magistratura, sanno come comportarsi. E quindi noi abbiamo inserito, abbiamo per fortuna fatto approvare in aula la settimana scorsa questa formazione obbligatoria. Laddove possibile obbligatoria. Ce lo hanno chiesto in tutte le audizioni che sono state fatte. Ciò che, invece, non si è ancora fatto è prevedere i finanziamenti per questa formazione. La legge purtroppo è a costo zero, la legge della settimana scorsa. Noi ci siamo impegnati a chiedere al Governo di metterci i soldi, perché non fai le nozze coi fichi secchi.
  Assunzione di nuovo personale. Come avete detto, ciò che è stato sottolineato dalle procure, dalle forze dell'ordine, dalle questure, è che non c'è sufficiente personale. Non solo non ce ne è di abbastanza formato ma non ce ne è proprio in termini numerici. Quindi ci vorrà un impegno finanziario anche per questo.
  Infine, dal passaggio della scorsa settimana è stato espunto il tema della formazione primaria, cioè della prevenzione primaria, perché siamo intervenuti sulla prevenzione secondaria, quella che evita di passare dalla violenza al femminicidio ma noi dobbiamo lavorare, come avete detto anche voi, sulla prevenzione primaria, cioè su una nuova cultura del rispetto. Questo significa lavorare sulle nuove generazioni. Non solo sulle nuove, perché voi fate sensibilizzazione e informazione, giustamente, anche su quelle che nuove non sono, perché poi sono quelle non nuove che fanno violenza, ma purtroppo anche quelle più giovani. Però se vogliamo costruire per il futuro dobbiamo lavorare sulle nuove generazioni.
  Quindi ciò che è rimasto come impegno di questa Commissione, da approfondire, ma anche del Governo da supportare successivamente, è tutto il percorso di educazione all'affettività e al rispetto, alle pari opportunità che andrà fatto nelle scuole. Per cui vi ringrazio per la vostra testimonianza perché ci conferma che quella è la strada che dobbiamo percorrere. Grazie.

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  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ferrari. Do la parola alla senatrice Valeria Valente, che è stata past president di questa Commissione femminicidio e violenze di genere. Prego senatrice.

  VALERIA VALENTE. Buongiorno. Ho sentito il bisogno di intervenire per ringraziare associazioni e giornaliste che si dedicano a questo e lo fanno, oltre che per la scelta di approfondire i temi, fuori da banalizzazioni di sorta, anche e soprattutto con lo spirito di incalzare. Quindi vorrei che fosse chiaro subito lo spirito. Io apprezzo il modo di incalzare, vorrei però, con altrettanta fermezza, chiedervi di provare a pensare che – ho sentito purtroppo poco del primo intervento, molto del secondo – come non vale per le giornaliste di non fare di tutta l'erba un fascio, altrettanto credo sia utile ricordare anche l'impegno del giornalismo, per esempio, rispetto ad alcune scivolate culturali che abbiamo. Io rispetto moltissimo la giornalista Barbara Palombelli ma a suo tempo ricordo quello che ha detto una giornalista a Rete 4 in prima serata. E credo che vada tenuto conto. Lo dico solo per comodità di ragionamento, perché dire «bisogna capire una donna perché viene ammazzata da quell'uomo, che cosa ha fatto», sicuramente non aiuta quel fenomeno di formazione, abbattimento di stereotipi, pregiudizi. Così vale anche per i politici. Ci sono sicuramente istituzioni ancora distanti, uno Stato ancora distante, ma ci sono tanti, e credo che in questa Commissione praticamente tutte, che provano ad impegnarsi a dare un contributo. Lo è adesso, lo è stato in passato e io credo che qualche risultato sia stato raggiunto.
  Quindi dico che bisogna allearci tra noi, tra chi fuori e chi dentro prova a lavorare su questo tema. Quindi mai generalizzare perché altrimenti diventa complicato.
  Riguardo a una delle obiezioni che è stata fatta, che vedo utile, ma anche pericolosa se posta in termini sbagliati, io credo che sia molto vero quello che è stato detto, cioè che non funziona il divieto di avvicinamento e non funziona il braccialetto elettronico. Non credo però, sinceramente, che non funzioni questo divieto perché la misura è pensata male. Intanto nel provvedimento, che abbiamo approvato all'unanimità e credo che questo vada rivendicato come ascrivibile all'impegno di tutti in maniera trasversale, anche questo non scontato, abbiamo aumentato le distanze di questo braccialetto a 500 metri. Io credo che la ragione per cui non funziona – e lì siamo intervenuti in questo provvedimento – è il fatto che non funziona lo strumento di controllo. Così come vale per tutte le norme, se non è garantita l'applicabilità concreta della sanzione, la misura non funziona. È lì la falla. E noi l'abbiamo vista anche nell'ultimo femminicidio, quando il braccialetto non ha funzionato. Il tema è il contratto tra il Ministero degli interni e Fastweb e lì abbiamo presentato un'interrogazione. Credo che dobbiamo lavorare, noi come Partito Democratico, ma abbiamo sollevato il tema come Commissione femminicidio, dobbiamo lavorare tutte quante insieme per capire perché quel contratto, che gestisce i braccialetti elettronici, non funziona e presenta delle falle. È evidente che se non funziona il braccialetto non c'è l'alert e non si interviene in tempo utile. Altrimenti rischiamo di buttare a mare anche quelle poche misure che possono, sulla carta almeno, funzionare, ma che non funzionano. Come dire facciamo di tutta l'erba un fascio, buttiamo tutto a mare e ricominciamo daccapo. Io credo che questo sia pericoloso.
  Rispondo anche ad un'altra obiezione, che credo fosse fondata e giusta e cioè che, essendo oggi diventato reato la violazione del divieto di avvicinamento grazie all'allora Codice Rosso, si era però detto che c'era un corto circuito, quello dei limiti edittali previsti per la possibilità di mantenere in piedi l'arresto fatto una volta che viene violata la misura. Ebbene, in questa legge che abbiamo approvato, che deve adesso venire in Senato, è stato risolto. È una cosa che hanno fatto notare da tempo tanti osservatori giuridici, associazioni, e in questo disegno di legge del Governo, approvato adesso dalla Camera, questo problema è stato risolto. Non ho visto il testo uscito ma ho visto il testo entrato e nel testo entrato c'era e non mi risulta sia stato Pag. 13cambiato. Quindi immagino che sia ormai in dirittura di arrivo.
  Questo per dire che le osservazioni sono assolutamente preziose, utili e importanti. Io mi sento assolutamente di condividerle perché tutto quello che abbiamo detto – divieto di avvicinamento, braccialetto, misure cautelari, di prevenzione – funziona solo se diamo la priorità alla formazione e alla specializzazione. La vera criticità e il vero corto circuito c'è nel momento in cui le persone che sono chiamate ad applicare quelle norme non riescono a riconoscere il pericolo che corre la donna e quindi la pericolosità sociale dell'uomo e il rischio concreto che corre la donna, perché prima ancora di arrivare al braccialetto che non funziona, abbiamo pochissime richieste. Quindi a monte, visto che pensiamo che le forze dell'ordine vogliano lavorare per aiutare le donne, che i giudici vogliano lavorare per aiutare le donne, non capiamo perché sono chieste così poche misure, perché sono l'unica risposta che possiamo avere, anche in base a indagini che abbiamo fatto in passato. Probabilmente quelli che sono tenuti a richiederle non lo fanno perché non fanno un'attenta valutazione del rischio. Per fare un'attenta valutazione del rischio ci vuole specializzazione e formazione nella capacità di riconoscere la violenza lì dove c'è. Ecco quindi che sicuramente lo spirito era quello giusto e io mi sento di condividerlo.
  Per questo come Partito Democratico, con la vice presidente, come ha detto la nostra capogruppo Sara Ferrari, noi abbiamo molto insistito su formazione e specializzazione. Credo che questo debba essere il prossimo passo da fare tutte insieme, credo che sia stato prezioso e utile grazie all'impegno di questa Commissione, anche alla sua presidente, avere approvato quella norma che abbiamo approvato adesso all'unanimità, dimostrando una volontà di proseguire sul cammino avviato.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Valente, è sempre preziosa, per la grande esperienza data dalla sua precedente presidenza nella Commissione. Do la parola all'onorevole Ascari da remoto, poi al senatore Sensi. Grazie.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, grazie presidente. Ringrazio anch'io le audite. Avete citato il caso della signora Rositani, un caso che conosco molto bene. È bene sottolineare che in questa legislatura è stata approvata la possibilità di modificare il decreto legislativo 2016 e quindi la possibilità di anticipare il supporto dello Stato, dando l'indennizzo per le cure, come in questo caso della signora Rositani che è stata bruciata viva, non al terzo grado di giudizio, quindi a distanza di dieci/quindici anni, ma subito. Cosa che appunto il signor Rositani sta già facendo e che abbiamo cercato di sollecitare, viste le cure e il dolore fisico provato dalla signora Maria Antonietta.
  Un aspetto che deve essere potenziato e che mi fa piacere se è emerso dalla vostra audizione, è comunque l'educazione. L'educazione al rispetto di sé e dell'altro, l'educazione alla legalità, alla parità. Questo sicuramente deve essere un invito, arrivato anche da parte delle audite, a lavorare su una norma per introdurre un insegnamento all'educazione affettiva, emotiva o come si vuole chiamare, dai primi banchi di scuola, lavorando in sinergia e in rete, perché questo purtroppo è il grande vuoto all'interno dell'ultimo decreto di modifica a integrazione di quello che fu il Codice Rosso. Quindi grazie anche per questo spunto che deve spingere il legislatore ad intervenire. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Ascari. Concludiamo con il senatore Sensi, se poi non ci sono altre richieste di intervento. Prego senatore, grazie.

  FILIPPO SENSI. Grazie presidente. Ringrazio molto la vostra associazione, il vostro lavoro, Francesca Carollo, Jo Squillo e tutte voi per questa audizione. L'ho trovata molto interessante soprattutto nello stimolo, nel pungolo rivolto al Parlamento.
  Io volevo farvi una domanda, se posso. Scusatemi, è una domanda un po' impolitica, mentre giustamente tutti i colleghi e le colleghe sono stati molto puntuali su quello che veramente preme e cioè su che cosa fare, come migliorare i provvedimenti, che Pag. 14sono sempre dinamici, quindi si possono rivelare anche perfettibili. Anzi devono essere perfettibili.
  Io volevo chiedere una cosa. Emergono nell'audizione e nelle nostre domande le diverse sensibilità, che devono andare insieme. Per dire, da un lato c'è un'attenzione sul tema della repressione, cioè come possiamo fare perché una donna possa difendersi e non trovarsi in questa situazione; dall'altro c'è il lato della formazione e cioè come possiamo formare una generazione di uomini più consapevoli, di donne che sanno con cosa hanno a che fare. Voi nell'informazione, nello spettacolo avete, giustamente, come ognuno di noi in politica, un dovere di ottimismo, però io vi volevo fare una domanda. Non ritenete che ci sia un fondo ineliminabile nei maschi, quale la struttura culturale, il patriarcato, oppure il desiderio, oppure il possesso? Cioè, che cos'è questo fondo e se è ineliminabile, se è comunque qualcosa con cui ogni donna e ogni uomo dovrà avere sempre a che fare. Lo dico non per fare un esorcismo qui o per sollecitarvi a una riflessione di tipo antropologico o filosofico ma perché, secondo me, fino a che non troveremo e non guarderemo negli occhi questo fondo oscuro, ineliminabile o meno, andremo avanti, come è giusto e doveroso, cercando di aggiustare quello che la realtà ci suggerisce.
  Allora volevo chiedere alla musicista, alla performer, all'attivista e alla giornalista, insomma a voi, se pensate che questo sia un elemento che non sparisce e non sparirà e con il quale è importante comunque fare i conti. Grazie.

  JO SQUILLO. Che domanda tosta. Grazie perché racconta. Cercherò di fare, insieme a Francesca, un'analisi sulla nostra esperienza di questi anni.
  Io la mia prima canzone l'ho scritta a sedici anni e si intitolava «Violentami violentami piccolo, violentami sul metrò», proprio perché in quegli anni avevo vissuto la tragica vicenda di una ragazza che era stata violentata in metropolitana mentre le persone guardavano da un'altra parte. In più c'erano i giornali che scrivevano «Se l'è cercata perché aveva la minigonna». Erano gli anni Ottanta, siamo nel 2023, le cose non sono cambiate, sono assolutamente identiche.
  Ho cercato di ribaltarlo, con la mia attitudine ribelle e punk, da vittima a donna che si riprendeva in mano la propria individualità e la propria libertà. Oggi credo il concetto sia che noi donne pensiamo di essere libere e lo siamo, parte di noi ha ottenuto molte cose, ma penso che la società ancora viva la cultura maschile, per cui la donna non è libera fondamentalmente. La donna, quando si sposa, quando fa i figli, è comunque parte di una possessività maschile che deve decidere il futuro della propria donna.
  Quindi viviamo ancora in questa cultura. Nel mondo lo vediamo. Nel mondo esistono le infibulazioni. Ma come facciamo a pensare che noi siamo qua con la giacca, vestiti in un certo modo, e che ci sono delle pratiche così brutali, che tolgono il piacere alle donne tagliando loro la parte intima più legata al desiderio, al piacere? Come facciamo noi nel mondo a pensare che questa brutalità, che è ancora così ancestrale, così violenta, esista? Perché esiste questa cultura maschile.
  Noi osiamo dire che quando una donna denuncia l'uomo deve essere preso, mandato in una struttura e curato finché si può curare questa patologia. Però poi patologia non c'è, è una cultura della possessione, una cultura dell'essere comunque padrone. Noi lo abbiamo visto in tutti questi casi.
  Pinky, parlavamo di questa donna straordinaria. Quando io ho incontrato Pinky non guardava avanti, il suo sguardo era soltanto rivolto alle sue scarpe, non aveva idea di che cosa volesse dire vivere. Era stata uccisa, anche se era sopravvissuta alle fiamme, davanti ai suoi figli. Come è scattata la molla per Pinky? In quel caso è scattata dalla violenza davanti ai figli. Quando ci sono i figli di mezzo la donna decide: basta, questo è il limite. Uno dei limiti che si pone la donna. E lì è stato. Ma lei lo aveva denunciato diverse volte. La famiglia ha cercato di recuperare, con la concezione propria della famiglia per cui la donna deve subire. L'aveva fatta mettere in ginocchio a chiedere scusa al marito che Pag. 15l'aveva picchiata. La famiglia. La famiglia di lui e, in parte, anche quella di lei. La famiglia di lui che governava, perché voleva da lei un figlio maschio e lei aveva fatto una figlia femmina. Questo a Brescia, sul nostro territorio, ecco perché abbiamo fatto il documentario «Matrimoni forzati». Facciamo i documentari per mandarli nelle scuole. Le scuole sono un punto di riferimento importante, dobbiamo andare lì a spiegare ai nuovi uomini e alle nuove donne, alle nuove ragazzine, che non bisogna accettare certe cose, che questa è violenza. Perché un'altra cosa importante è che noi siamo il riferimento sul territorio ed è importante avere dei riferimenti. Ci siamo. Vengono, abbiamo un telefono, un telefono di primo ascolto, abbiamo dei metodi. Ci chiamano, ci chiamano personalmente. Cosa fare? E anche noi abbiamo grande difficoltà, perché molto spesso le donne che ci chiamano non sanno neanche che è violenza. Abbiamo il caso di una ragazza che era stata toccata sul posto di lavoro, di tutto le era successo, e lei diceva «Ma questa è violenza?» Si sentiva lei in colpa. «Ma forse ero vestita male, forse è per quello che mi ha toccato le gambe?» «No amore, no, non è così, quest'uomo, che era il tuo datore di lavoro non ti doveva ricattare con la minaccia del licenziamento, che poi ha effettuato, perché tu non eri disposta a darti». E cosa si può fare? Denunciare? E cosa succede? Aveva la testimone che era a favore suo. Erano in due contro una, cosa denunci? Cosa cambia quando denuncia?
  In questi casi denunciamo, prendiamo quello che lavora lì, che sappiamo chi è: devi andare a farti curare, devi seguire un percorso terapeutico. Lo obblighiamo. Un percorso terapeutico di riabilitazione. Questo è il problema. Purtroppo la cattiveria esiste, la malvagità esiste. Me lo diceva Don Mazzi. E questa categoria va curata nella società.
  Quindi, per riassumere e poi Francesca racconterà meglio, essere punti di riferimento è estremamente importante. Cioè le donne sanno dove andare e le donne che vanno a denunciare non sanno cosa gli succede poi dopo. Io sono stata l'altro ieri al telefono per un'ora e mezza con una donna che non aveva denunciato bensì lo aveva fatto l'ospedale, quando era stata visitata aveva fatto la denuncia di default. Il codice rosa. Dice: «Io tornando indietro oggi non farei più niente». Dopo dieci anni di martirio oggi una sentenza dice che lei è pazza. Dice: «Ma io quale strumento ho?» Adesso per fortuna c'è l'appello, vediamo un po' cosa succede. Lei è stata segregata, tenuta in schiavitù per dieci anni. Caso terribile anche questo.
  Ma quali strumenti abbiamo oggi? Essere punti di riferimento, essere attivi, essere presenti e saper far funzionare una rete che parte dal primo giorno e arriva a garantire una sicurezza a una donna che deve sentirsi protetta. Oggi purtroppo non è così.

  FRANCESCA CAROLLO. Sarò breve perché so che i tempi sono stretti. Innanzitutto sono stata un po' dura, se volete perentoria, ma perché ho compreso di avere davanti delle persone assolutamente intelligenti e molto illuminate, che in tanti si sono presentati qui alle otto e un quarto del mattino, quindi qualcosa per loro questo tema contava. È per quello che ho cercato di spingere, proprio perché ho compreso che voi non siete qui per obbligo, ma perché avete davvero la volontà di cercare di fare un passo avanti per migliorare questo Paese. L'ho compreso anche dagli interventi che tutti hanno fatto.
  All'onorevole che chiede cosa possiamo fare prima e qual è il limite, Jo ha risposto appunto che il limite è solo quando picchi i figli. Quello è l'unico motivo per cui le donne fanno un passo avanti.
  Che cosa possiamo fare? La risposta, a mio avviso, è anche abbastanza semplice, ed è il cavallo di battaglia della vostra presidente, l'onorevole Semenzato, che è il lavoro. Nel momento in cui una donna ha il lavoro è comunque una donna libera, più libera di una che non ce l'ha. Quindi quando verranno davvero fatte nel nostro Paese delle politiche per le donne, per il lavoro, avremo già fatto un grande passo avanti, perché moltissime donne non se ne vanno perché non hanno i soldi. Quindi se c'è una prevenzione è solo il lavoro. Martina ha Pag. 16centrato in pieno fin dal primo giorno quello che era il tema cruciale.
  Poi volevo ringraziare l'onorevole Ferrari per il suo intervento, di cui è tutto giusto. Lei ha detto una cosa importante, è un tema delicatissimo in Italia, il problema molto spesso sono i magistrati. I magistrati che non applicano, purtroppo, tutte le misure che il legislatore ha messo in campo. Alcune sono perfettibili, ve lo abbiamo spiegato, alcune vanno migliorate, le forze dell'ordine vanno potenziate. Voi dovete convincere il legislatore a trovare i soldi per i corsi di formazione e per il personale. Ma fino a che noi avremo dei magistrati che se ne fregano o non riescono a vedere – dico una cosa molto forte, me ne assumo la responsabilità – non riusciremo a fare un passo avanti. Questo però è un problema che esula dal nostro campo di azione. Quindi il tema della magistratura, onorevole, è un tema serissimo. Sono veramente importanti i soldi, quindi il lavoro, il denaro, tante cose migliori si possono fare.
  Io e Jo cerchiamo di mettere a disposizione delle donne la nostra visibilità, la nostra credibilità perché tante abbiano il coraggio di fare una telefonata in più. Noi non guadagniamo niente, perdiamo un sacco di tempo, un sacco di soldi e un sacco di fatica, ma cerchiamo, come fate voi, di dare quel segnale che possa far fare a una donna un passo avanti. Quanto al senatore che ha fatto una domanda difficilissima, io ho una grande fiducia però nel genere maschile, ci sono tantissimi uomini eccezionali, la maggior parte, il vero lavoro di prevenzione va fatto nelle scuole. Solo lì possiamo lavorare, ci vorrebbe almeno un'ora o due la settimana di educazione civica, di educazione all'amore.
  Noi lo facciamo con i nostri docufilm che portiamo ogni anno al festival del cinema, grazie al mio presidente Luca Zaia (perché io sono veneta) che ci mette sempre a disposizione il suo spazio. Al da là del colore politico che non mi interessa, ci ha sempre sostenute e questi docufilm poi li portiamo nelle scuole. L'11 dicembre avremo quattrocento studenti alla Regione Lombardia. Poi stiamo organizzando alla regione Veneto con l'onorevole Semenzato. E poi abbiamo settanta donne in Liguria che stanno organizzando anche lì a gennaio nelle scuole, perché da ieri, da oggi, il nostro lavoro è davvero sui giovani. Grazie.

  PRESIDENTE. Io ringrazio le audite per questa preziosa testimonianza ma anche le tante sollecitazioni, a noi vanno bene così come sono state dette. Vanno benissimo, perché siamo qui tutte per lo stesso obiettivo, che è quello di educare e salvare le donne. Punto. Abbiamo tutti questo stesso obiettivo. Quindi le ringrazio e considero chiusa l'audizione. Naturalmente ringrazio i commissari e le commissarie presenti e collegati on-line, tanti, veramente grazie.

  La seduta termina alle 9.45.