XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 29 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, della Professoressa Linda Laura Sabbadini, statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT):
Semenzato Martina , Presidente ... 3 
Sabbadini Linda Laura , statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ... 3 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
D'Elia Cecilia  ... 8 
Semenzato Martina , Presidente ... 8 
Ascari Stefania (M5S)  ... 8 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Zanella Luana (AVS)  ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Ferrari Sara (PD-IDP)  ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Sabbadini Linda Laura , statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ... 10 
Semenzato Martina , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta inizia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della Seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, della Professoressa Linda Laura Sabbadini, statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione in videoconferenza della professoressa Linda Laura Sabbadini, statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).
  A nome di tutti i commissari e delle commissarie do il benvenuto alla nostra ospite, che ringrazio per la disponibilità a intervenire davanti alla Commissione di inchiesta sui femminicidi nonché su ogni alla forma di violenza di genere e le do subito la parola.
  La dottoressa Sabbadini, in qualità di dirigente dell'ISTAT, si occupa da sempre di studi statistici in campo sociale e di genere, ha contribuito a uno storico studio dell'ISTAT sul valore del lavoro delle donne pubblicato nel 1985 e ha portato il tema degli studi statistici sulla condizione delle donne al centro della conferenza mondiale di Pechino nel 1995. Rappresenta in questo settore un'indiscussa eccellenza e siamo pertanto assai lieti di poter ricevere il suo contributo ai nostri lavori.
  Prego, dottoressa Sabbadini, a lei la parola. Grazie mille, dottoressa.

  LINDA LAURA SABBADINI, statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Grazie mille a voi per l'invito.
  Ringrazio anche per la presentazione, sottolineo che uno dei settori fondamentali in cui ho lavorato è stato proprio quello dello sviluppo delle statistiche di genere per la misurazione di tutti gli aspetti, anche i più invisibili, delle discriminazioni di genere e quindi sono molto contenta di poter riportare qui i risultati di tutto questo lavoro e anche di informare chi non era nell'ambito della Commissione precedente del tipo di lavoro che ho portato avanti nell'ambito della Commissione Femminicidio.
  Sottolineo che, tra l'altro, sono quella che ha lavorato approfonditamente sul disegno di legge, che è stato approvato dal Parlamento all'unanimità, sulle statistiche e sulla violenza dell'anno scorso e che ha fortemente sostenuto, anche nell'ambito del Comitato Colao, la necessità di una strategia adeguata di misurazione di tutti gli aspetti delle discriminazioni delle donne all'interno del nostro Paese, anche attraverso il disegno di leggi che garantiscano un ampio spettro di indicatori su questo aspetto. Abbiamo iniziato a farlo lo scorso anno con l'approvazione della legge n. 53 e dobbiamo continuare anche su tanti altri aspetti che invece non sono ancora stati centrati.
  Allora, parto dalla sottolineatura del tipo di contributo che ho dato alla Commissione da un punto di vista quantitativo e statistico.
  Mi sono occupata, in particolare, di tutte le rilevazioni che sono state condotte dalla Commissione. Da un lato, l'indagine sull'analisiPag. 4 della risposta giudiziaria relativa ai femminicidi del 2017-2018. Ho evidenziato tutta una serie di elementi di cui non eravamo a conoscenza da un punto di vista quantitativo, perché essendo andata direttamente sui fascicoli ho avuto la possibilità di catalogare delle informazioni che normalmente non sono disponibili per essere elaborate. Quindi da lì abbiamo saputo, per esempio, che il 65 per cento delle donne non aveva parlato con nessuno, prima del femminicidio, della violenza che stava subendo all'interno della famiglia. Da lì abbiamo quantificato il numero di partner che poi si suicidano in un terzo dei casi, da lì abbiamo anche quantificato le differenti tipologie di femminicidi, in particolare l'assoluta dominanza del coniuge, ex nel 70 per cento dei casi.
  Non entro nei risultati perché ovviamente sono a disposizione, però sottolineo che è stato veramente un lavoro molto impegnativo e che ha impegnato molte persone, non soltanto la parte statistica ma che abbiamo avuto questa capacità di riuscire a sintetizzare gli aspetti statistici, che sono fondamentali per l'analisi, con gli aspetti più direttamente giuridici e di scelte da un punto di vista normativo, che erano necessari.
  Secondo punto. Tutte le indagini condotte presso le procure, i tribunali ordinari, i tribunali di sorveglianza, il Consiglio superiore della magistratura, la Scuola superiore della magistratura, il Consiglio nazionale forense e l'Ordine degli psicologi, questo è stato un altro set di rilevazioni rispetto alle quali sono stati costruiti, come strumenti di indagine, questionari adeguati e dai quali sono emerse delle indicazioni molto chiare che la Commissione ha adottato in modo unanime, con le criticità molto forti che si sono evidenziate sul C.T.U., sull'eterogeneità che a livello nazionale abbiamo delle procure, sulle criticità dei rapporti tra penale e civile e sulla necessità di dotarsi di strategie di formazione degli operatori, sia nella magistratura che nella avvocatura che tra gli psicologi, che si evidenziano dalla quasi assenza di formazione che avviene su questo piano.
  Quindi anche qui strumenti, questionari ben articolati, raccolta delle informazioni, analisi finalizzata a individuare le criticità. Ovviamente non spettava, poi, agli statistici dare le soluzioni politiche, a quello ci ha pensato la Commissione, però anche questo è stato un lavoro molto importante.
  Poi il terzo filone fondamentale è la vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza, dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale. Anche qui molte criticità si sono evidenziate.
  A proposito di questa esperienza, che è stata molto ricca per me e penso per tutta la Commissione perché c'è stato un lavoro di condivisione molto accentuato, mi sento di ricordare un elemento.
  La convenzione di Istanbul ci richiama sempre al fatto che è necessario raccogliere dati a intervalli regolari per fare in modo che si possano vedere anche gli effetti delle azioni messe in atto e per capire se certe criticità permangono o certe criticità si sono risolte o per lo meno si sono attenuate.
  Uno degli elementi che mi sentirei di sottoporre alla Commissione è di valutare attentamente se non è il caso (e come attrezzarsi) di arrivare a ripetere questo set di rilevazioni, che sono state particolarmente efficaci, per farci evidenziare delle criticità fondamentali che riguardano la violenza contro le donne. Quindi mi sentirei di proporvi di dotarsi di una strategia, di pianificare in sostanza (magari non facendole tutte insieme ma articolandole nell'arco della legislatura) la ripetizione di queste rilevazioni che sono state fatte, per verificare se stiamo migliorando sulla strada, anche da un punto di vista istituzionale, nel merito dei problemi che sono stati affrontati oppure no.
  Questo è un aspetto fondamentale che penso dovremmo assolutamente valutare, perché in realtà nelle Commissioni Femminicidio precedenti non lo avevamo fatto.
  Io ho fatto la consulente della Commissione Femminicidio ma ho sempre collaborato anche con le Commissioni Femminicidio precedenti, così come ho collaborato proprio per la parte statistica con tutte Pag. 5le Ministre e i Ministri (c'è stato anche uno maschio) delle pari opportunità.
  Rispetto alle cose che sono state fatte, in particolare la legge sulle statistiche che è stata approvata all'unanimità lo scorso anno, ritengo sia fondamentale che la Commissione prema e spinga perché vengano portati avanti i decreti di attuazione della legge stessa, completando l'intero ciclo. Se valutate che la valenza di quelle indagini sia stata rilevante, ragioniamo su come ci si può attrezzare per garantirci di mettere in atto quello a cui ci richiama la convenzione di Istanbul, e cioè il raccogliere dati a intervalli regolari.
  Passiamo al secondo punto fondamentale che volevo affrontare.
  Mi avete richiesto in particolare di trattare una questione in questa audizione, quella sulla violenza economica. In merito io vorrei partire da due considerazioni fondamentali riportandovi alcuni dati importanti.
  Noi sappiamo che la violenza è l'espressione della volontà di dominio, di possesso dell'uomo sulla donna. Abbiamo verificato negli anni che la violenza è fondamentalmente sommersa, dalle indagini condotte dall'ISTAT emerge che siamo intorno a un 90 per cento di sommerso della violenza sulle donne. Questo la attraversa in tutte le sue tipologie, sia nella violenza psicologica che nella violenza economica che nella violenza fisica o sessuale. La quasi totalità è sommersa, questo è il problema numero uno. Il problema numero uno è come fare emergere questo enorme sommerso della violenza.
  Esiste una relazione tra la situazione economica delle donne e la violenza stessa. Quello che va sottolineato è che la violenza è trasversale. Questo si è visto nell'analisi dei femminicidi ma si è visto anche nell'analisi della violenza nel suo complesso, anche nelle sue forme meno gravi che non sono arrivate alla morte delle donne. Non c'è una grande differenza, per lo meno non è significativa, tra le diverse classi sociali, tra i diversi titoli di studio delle donne, riguarda trasversalmente tutti i tipi di donne. Certo, ovviamente, esistono alcune questioni che possono mettere più o meno a rischio le donne stesse. Ebbene, nei processi di uscita dalla violenza una delle questioni fondamentali è che la mancanza di autonomia economica delle donne, quindi il fatto che le donne non abbiano un lavoro, è un elemento che aumenta il rischio di violenza domestica.
  Ciò significa che il nostro Paese è molto fragile sotto questo aspetto, perché l'esclusione dal mondo del lavoro riguarda il 50 per cento delle donne e tra quelle che lavorano c'è una parte non banale che lavora un numero di ore talmente basso o guadagna talmente poco che il reddito che ha a disposizione non sarebbe un reddito adeguato per permetterle di iniziare un percorso di uscita dalla violenza. Questo è un nodo fondamentale che, se vogliamo affrontare il tema della violenza economica, dobbiamo mettere al primo punto, perché noi siamo dotati di una legislazione che ha determinato il reddito di libertà, giustamente, che ha fatto i conti con questo problema sul reddito di libertà, ma dobbiamo anche dire che le richieste di reddito di libertà sono enormemente superiori alla disponibilità, all'offerta reale del reddito di libertà e che comunque abbiamo a che fare con un assegno di 400 euro al mese per la durata di 1 anno, che non è un assegno particolarmente significativo.
  Secondo me dovremmo andare più a fondo nell'analisi statistica delle situazioni in cui viene utilizzato il reddito di libertà delle donne che sono riuscite ad ottenere tale reddito. Normalmente molto spesso il reddito di libertà viene utilizzato nel momento in cui le donne si rivolgono ai centri antiviolenza. È molto difficile che questo avvenga nei casi in cui non si rivolgono ai centri. Penso che questo sia un terreno in cui dobbiamo andare a fondo, perché l'elemento dell'autonomia economica è un punto chiave per la possibilità di autodeterminazione delle donne nel momento in cui vogliono uscire dalla situazione di violenza in cui si trovano.
  È chiaro, quando parliamo di mancanza di autonomia economica, che se, invece, questa autonomia economica c'è, si può favorire con più facilità un percorso di uscita dalla violenza, anche se questo non Pag. 6porta automaticamente all'uscita dalla violenza, perché, come sappiamo, spesso le donne, soprattutto nella coppia, non riconoscono la violenza che subiscono e quindi si trovano spesso intrappolate dal ciclo della violenza e a quel punto, anche se guadagnano, anche se sono autonome economicamente, se isolate difficilmente riescono a rompere questo circolo.
  Ovviamente lo sviluppo dell'autonomia economica femminile porta a una diminuzione del rischio di violenza domestica o per lo meno a un aumento della probabilità per le donne di potersi liberare da questa situazione e quindi il rischio si attenua. Tuttavia c'è una sorta di spostamento che avviene dallo spazio privato allo spazio pubblico, perché è vero che diminuisce il rischio di violenza domestica ma con l'autonomia economica aumenta il rischio di molestie sessuali, in particolare il rischio di molestie sessuali sul lavoro. Questa è una tematica che, secondo me, dovremmo riprendere a fondo, perché nel nostro Paese quello delle molestie e dei ricatti sessuali sul lavoro è un elemento che dobbiamo affrontare con maggiore decisione rispetto al passato.
  Vi riporto alcuni dati che riguardano l'indipendenza economica delle donne all'interno della coppia, come si è sviluppata la situazione delle donne dai 25 ai 54 anni negli ultimi 14 anni, cioè dal 2008 al 2022. La situazione è peggiore se aggiungiamo le donne dai 55 ai 64 anni e se aggiungiamo anche le giovanissime che vivono in coppia, però la disponibilità dei dati a livello europeo era solo su questa fascia di età e quindi vi riporto questi dati. Poi se la Commissione ha interesse ad approfondire il tema possiamo estenderli anche alle fasce un po' più anziane e più giovani. Quello che succede è che in questi 14 anni purtroppo il tasso di occupazione di questo segmento di donne è cresciuto soltanto di due punti percentuali e che le coppie in cui c'è un unico percettore di reddito maschio sono il 27 per cento del totale, quindi un numero particolarmente elevato. Nelle coppie in cui ambedue i partner guadagnano lui guadagna molto più di lei, cioè soprattutto lei ha redditi molto più bassi, siamo al 33 per cento dei casi. Mentre quelli in cui lei guadagna più di lui sono il 7 per cento. L'unica donna percettrice è una cosa molto rara, perché soltanto l'1,6 per cento delle coppie si trova in una situazione in cui l'unica donna è percettrice, normalmente questo avviene in coppie di stato sociale molto basso, soprattutto quando l'uomo è disoccupato e ha un titolo di studio molto basso.
  È chiaro che la situazione al Sud è molto peggiore, perché in metà delle coppie soltanto l'uomo lavora. Quello che emerge è che la situazione peggiora con l'aumentare del numero dei figli, quando si hanno più figli si arriva a un 40 per cento di famiglie in cui la donna non lavora per niente, mentre invece si va ampiamente sotto il 20 per cento se la donna non ha figli e quindi se la coppia è senza figli. Questo elemento però va aggiunto al confronto con l'Europa, perché nel confronto con l'Europa quello che emerge è che l'Italia è ultima per coppie con reddito simile, mentre invece negli altri Paesi è molto cresciuta la componente più simmetrica di uomini e donne che guadagnano in modo analogo. Il dato che va sottolineato è che, anche se la donna è laureata, noi abbiamo un 51 per cento tra le laureate o che non lavorano proprio, in questo caso il 21 per cento, oppure che lavorano ma guadagnano molto meno del loro partner.
  Questo quadro ci denuncia una fortissima asimmetria all'interno della coppia che, dal nostro punto di vista che analizziamo la situazione della violenza, ci deve preoccupare, perché come sappiamo più la situazione è asimmetrica all'interno della coppia, più cresce il rischio della violenza domestica, elemento su cui dobbiamo centrare l'attenzione.
  Quindi questo è un secondo aspetto che volevo evidenziarvi: nel nostro Paese siamo molto arretrati dal punto di vista dell'asimmetria dei ruoli e della condivisione della responsabilità familiare. Le statistiche ci dicono che negli altri Paesi le differenze nel coinvolgimento di uomini e donne si sono molto attenuate, nel nostro Paese queste differenze si attenuano nel tempo con molta fatica, ma soprattutto più perché Pag. 7le donne tagliano sulle ore che dedicano al lavoro domestico vero e proprio, piuttosto che perché gli uomini entrano nella condivisione delle responsabilità familiari. Il che ci dovrebbe indurre a riflettere anche su come combattere queste disparità, con interventi che dovrebbero facilitare di più il coinvolgimento dell'uomo nelle responsabilità familiari, magari con lo sviluppo di congedi di paternità, con una maggiore copertura del congedo parentale, non solo al 30 per cento e con altre misure di questo tipo.
  Arrivo, poi, a un altro elemento che è quello proprio della violenza economica. Finora abbiamo analizzato come la mancata indipendenza economica agisca su una probabilità di avere maggiori difficoltà a uscire in un percorso che porti fuori dalla violenza. Adesso, invece, mi soffermo sull'aspetto della violenza economica vera e propria che si condensa in quei comportamenti che puntano al controllo volto a inibire la capacità delle donne di acquisire, di utilizzare e di mantenere le risorse economiche.
  Questo è un tema che, come sottolinea la legge varata lo scorso anno, deve essere tenuto assolutamente sotto monitoraggio. È un tema importante perché dalle indagini ISTAT condotte emerge che la violenza economica non di rado avviene in concomitanza con altre forme di violenza. La violenza economica spesso si affianca ad altre forme di violenza psicologica ma anche a violenza fisica o sessuale e vi si affianca più di quanto non si affianchino altre forme di violenza e non convivano altre forme di violenza tra loro.
  Dall'ultima rilevazione ISTAT si evinceva, in particolare, che la violenza economica era persistente nel momento in cui era stata rilevata. Inoltre, più che per altre forme di violenza, con riguardo alla violenza economica emergeva una forte differenza tra le donne italiane e le donne straniere. Il 5 per cento delle donne italiane subiva (quindi la violenza era in corso) la violenza economica. La violenza economica era molto più accentuata per le donne marocchine nel 12,3 per cento mentre, più in generale, le rumene, le ucraine, le moldave, le cinesi e le albanesi, stavano tutte intorno al 7 e l'8 per cento, quindi un fenomeno importante, diffuso e rilevante.
  Negli ultimi giorni è stato diffuso il dato di WeWorld che parlava del 49 per cento. Il loro 49 per cento si riferisce a violenza nell'arco della vita, quindi è un indicatore di tipo diverso, non è la percentuale di donne che oggi stanno subendo violenza economica dal proprio partner, in questo caso la possono avere vissuta anche trent'anni fa o quattro anni fa, basta che l'hanno vissuta almeno una volta nella vita e viene registrato.
  Sulla violenza economica occorre che siano ripetute le indagini dell'ISTAT. Vi segnalo che la rilevazione ISTAT sulla violenza sulle donne è ferma da 9 anni e quindi è assolutamente necessario e indispensabile premere perché venga al più presto rinnovata. Esiste una convenzione tra ISTAT e Ministero delle pari opportunità, però io penso che sia importante spingere perché questa rilevazione bloccata per motivi amministrativi sia assolutamente ripetuta. Noi dobbiamo ricordarci che l'indagine sulla violenza sulle donne deve essere condotta dall'ISTAT e che da quando è stata varata la legge sulle statistiche dovrà condurla ogni 3 anni. Pertanto dobbiamo assolutamente premere perché venga svolta immediatamente, perché sono passati tanti anni e abbiamo bisogno di mettere a regime la legge che, ripeto, prevede che l'ISTAT si attrezzi affinché ogni tre anni sia effettivamente garantita questa indagine.
  Ultimo elemento riguarda due dati fondamentali che escono da questa importante indagine che ha fatto l'ISTAT sugli stereotipi di genere. Ci sono molti passaggi utilissimi alla Commissione, io mi sento di sottolinearne due.
  Il primo è quello che riguarda il 39 per cento di uomini che sono negazionisti della violenza sessuale. In sostanza dicono che, se una donna vuole, può evitare un rapporto sessuale. È come negare che la violenza sessuale esista e che quindi la donna se vuole può evitarlo. Questo è un problema serissimo perché il 39 per cento significa che siamo vicini alla metà degli Pag. 8uomini. Quindi c'è una riflessione da fare su come affrontarlo, è un problema culturale gravissimo che dobbiamo cercare di rimuovere.
  Il secondo è il problema del controllo della propria partner attraverso telefonino e attraverso i media. Viene fuori che tra i giovani il 16 per cento ritiene assolutamente normale l'utilizzo abituale di questo controllo sul cellulare della propria fidanzata, partner, eccetera, e anche della sua attività sui social. Io ne ho tirati fuori due, se poi volete possiamo ragionare ancora di più su risultati più ampi, anche perché sono stati condotti su un campione di amplissime dimensioni, non soltanto un sondaggio.
  L'ultimo punto che vi vorrei sottoporre, di cui si sta tanto parlando, è quello della educazione al rispetto, della formazione in tal senso. Io penso che la Commissione debba provare a dire la sua rispetto a tale questione e a come gestirla all'interno della formazione nelle scuole. Perché la questione violenza e quindi l'educazione che dovrebbe essere portata avanti all'interno delle scuole è uno degli aspetti più delicati e rispetto ai quali bisogna fare attenzione che le cose siano affrontate sempre con la specializzazione adeguata. Noi non possiamo pensare che questioni così delicate, che hanno a che fare con un problema così difficile da combattere come la violenza sulle donne, possano essere semplicemente affrontate dai docenti di qualsiasi materia. Questo è un elemento fondamentale, noi dobbiamo fare in modo che in questo percorso di assunzione da parte delle scuole della funzione educativa siano coinvolte quelle professionalità che hanno realmente le competenze per svolgere un lavoro adeguato con i ragazzi. Finisco qui.

  PRESIDENTE. Dottoressa Sabbadini, grazie mille. Come presidente di questa Commissione, ma qui ho anche presenti la vicepresidente D'Elia e la vicepresidente Leonardi, facciamo subito nostra la sensibilizzazione sui decreti attuativi e sulle rilevazioni dell'ISTAT ferme da 9 anni, in modo da diventare subito operativi su questi due temi.
  Io avviso le colleghe che si stanno prenotando per le domande che alle nove e mezza in Aula abbiamo l'inizio delle votazioni, quindi prego di essere concise nell'articolare le domande così da permettere alla dottoressa almeno di dare delle linee guida sulle risposte.
  Poi ricordo alle colleghe che domani al CNEL alle ore 15.00 affronteremo proprio con la dottoressa alcuni temi già evidenziati in questa audizione.
  Do la parola alla vicepresidente D'Elia. Raccogliamo tutte le domande, dottoressa, e poi rispondiamo a ruota.

  CECILIA D'ELIA. Io sarò telegrafica, proprio perché alle 9 e un quarto iniziano i lavori. Non ho domande, lei ha già raccolto questo tema delle statistiche e anche dei decreti attuativi. Abbiamo votato la scorsa settimana un ordine del giorno unitario in Senato e quindi c'è anche un indirizzo del Parlamento. Secondo me, possiamo raccogliere come Commissione Femminicidio sia la sollecitazione verso l'ISTAT che verso il Governo, per fare i decreti attuativi.
  Sul reddito di libertà io farei un focus su come ha funzionato. Per esempio, nell'esperienza della Regione Lazio è stato scelto di passare attraverso le associazioni che gestiscono i centri, si è scelto di fare così per una questione di sicurezza, quindi analizzare proprio come funziona; poi la questione delle risorse la conosciamo.
  Sull'educazione io penso che questa Commissione se ne debba assolutamente occupare, anche in relazione ai progetti che sono in corso, anche ascoltando in audizione il Ministro.
  Non ho domande, più che altro io condivido tutto quello che ha riferito la dottoressa Sabbadini e sottolineo le cose che noi possiamo fare partendo da quanto ha detto.

  PRESIDENTE. Grazie, vicepresidente D'Elia. Onorevole Ascari. Mi raccomando, concisa nella domanda.

  STEFANIA ASCARI. Sì. Grazie, presidente. Grazie alla dottoressa Sabbadini per gli importanti spunti che ci ha dato.Pag. 9
  Le vorrei domandare, visto che al centro dell'attenzione c'è l'introduzione di un'educazione all'affettività, alla sessualità, al rispetto, è importante che ci sia una rivoluzione culturale parallela, visto che in un giorno sono state ammazzate due donne e quindi c'è qualcosa che non quadra, se le risulta che ci siano delle statistiche a livello nazionale in cui ci sia una richiesta da parte della scuola e da parte degli studenti di avere uno spazio relativo all'affettività. Quindi vorrei sapere se è a conoscenza di statistiche in merito, che si trasformino in richieste che vengano proprio dal mondo della scuola di ogni ordine e grado.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ascari. La segretaria Zanella. Onorevole Zanella, grazie.

  LUANA ZANELLA. Grazie, presidente. Ringrazio la dottoressa Sabbadini, perché ancora una volta è stata non solo chiarissima ma ha dato conto, per nostra fortuna, del fatto che non partiamo da zero e anzi dobbiamo implementare un lavoro ben avviato, ancorché non concluso e noi lo sappiamo molto bene. Non lo dico alla dottoressa, lo dico a noi tutte che dobbiamo mettere in atto tutte le iniziative per potere effettivamente spingere ogni istituzione a fare il proprio dovere e, per quanto ci riguarda e mi riguarda, sarò con voi fino in fondo.
  Anche io come la collega Ascari sono molto preoccupata per come si realizzerà e si potrebbe realizzare l'educazione, la formazione (non so come definirla bene) nelle scuole, anche perché c'è una divisione all'interno del Parlamento e forse dovremmo trovare la modalità per cercare la mediazione innanzitutto al nostro interno. Anche io ho sempre pensato che il problema sia la formazione delle formatrici e dei formatori.
  Le chiedo quale può essere il percorso, e se già esiste (io so che da qualche parte esiste), per far sì che le scuole, questo in modo allargato, abbiano a disposizione queste competenze specializzate, quindi professionalmente solide, in modo da affrontare un percorso così delicato, come diceva lei, e così decisivo altresì. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zanella. La parola all'onorevole Ferrari, grazie.

  SARA FERRARI. Grazie. Buongiorno. Ringrazio moltissimo come sempre la dottoressa Sabbadini.
  Banalmente conoscere i dati ci aiuta e dovrebbe aiutare l'opinione pubblica a superare percezioni, perché le percezioni spesso sono errate e ci portano a conclusioni che poi non sono efficaci nella lotta, in particolare alla violenza, che è il nostro obiettivo, quindi condivido l'esigenza dell'emersione di dati di realtà come elemento per costruire politiche pubbliche più appropriate, che è di fatto il nostro compito.
  In questi giorni si discute molto del tema del patriarcato, un termine che forse è riemerso dal passato e che per un po' di tempo non si utilizzava più. Giovani ragazzi mi hanno chiesto cosa intendo per patriarcato e io ho detto che è l'accettazione, la normalizzazione di dati di discriminazione. Allora chiedo a Lei se condivide questa interpretazione, perché quello che raramente si riesce a collegare nell'opinione pubblica (non negli esperti) è la sommatoria dei dati di discriminazione che poi evidenziano per l'appunto questa caratteristica che solitamente è disconosciuta. Quindi quello che voglio dire è che la conoscenza (sicuramente anche attraverso l'ambito scolastico) della discriminazione, della pluralità di discriminazioni esistenti nel nostro Paese, adesso ci stiamo concentrando su quelle femminili e quindi non intervengo sulla intersezionalità, però questa asimmetria di potere delle donne nel nostro Paese è fondamentalmente la spiegazione poi anche della violenza, questo passaggio nell'opinione pubblica non è sempre così facile e quindi le chiedo che cosa potremmo fare perché non rimanga patrimonio soltanto nostro e di chi poi con questi dati ci deve lavorare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ferrari. Dottoressa Sabbadini, alcuni colleghi senatori devono approcciarsi al voto alle 9 e mezza. Per quanto ci riguarda è linea di questa Commissione fare delle audizioni Pag. 10che non si esauriscano in un solo incontro e quindi avremo modo di rivederci e anche di parlare perché lei diventi parte attiva in questa Commissione, naturalmente se ha desiderio. Quindi se vuole tracciare intanto le linee guida di queste risposte e poi ci riserviamo di approfondirle in un altro momento. Grazie.

  LINDA LAURA SABBADINI, statistica, già direttrice centrale dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Grazie presidente e molte grazie a tutte per le domande.
  Sono assolutamente disponibile come sempre a collaborare con la Commissione, perché ritengo che poi, come giustamente detto anche nell'ultimo intervento, le statistiche che misurano effettivamente la realtà devono essere la base per potere prendere adeguate decisioni.
  Rispetto agli ultimi interventi, io direi che è molto importante misurare le percezioni per capire quello che poi le persone effettivamente pensano e per poter orientare politiche, perché certi pregiudizi frutto di un approccio patriarcale, che molto spesso sono inconsapevoli, possano venire effettivamente alla luce e possano essere combattuti. Ovviamente c'è bisogno che si lavori sopra questa cosa. Secondo me, così come anche rispetto alle domande precedenti sugli aspetti educativi, bisogna fare una bella riflessione strutturata. È chiaro che differenze di approcci ci sono ma come sempre la Commissione ha fatto trovare quei punti chiave su cui tutti troviamo l'accordo e che garantiscono un balzo di qualità in termini formativi all'interno delle scuole. Questa è la chiave fondamentale, abbiamo molto materiale su cui lavorare e secondo me, combinato questo, alla luce dei risultati sugli stereotipi che sono venuti fuori dalle indagini, su cui se volete possiamo approfondire ulteriormente in un'altra riunione, si può cominciare a ragionare anche con psicologi sociali eccetera, su come si può attrezzare un intervento che sia un intervento che dia effettivamente risultati.
  Non mi risulta che esistano statistiche su questo aspetto, cioè sulla richiesta da parte delle scuole, però una cosa che si potrebbe fare è domandarlo al Ministero dell'istruzione, che io suggerirei di chiamare in audizione se non lo avete fatto, per capire come si stanno muovendo, che idea hanno, in modo che si possano predisporre una serie di raccomandazioni da parte vostra, magari chiedendo al Ministero se hanno ricevuto una domanda da parte delle scuole su questo aspetto.
  Mi fermo qui e vi do la mia completa disponibilità a lavorare con voi.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Io approfitto delle colleghe e dei colleghi collegati per informare che abbiamo già sentito la Segreteria del Ministro Valditara che verrà in audizione a brevissimo.
  Io ringrazio la dottoressa Sabbadini, ribadisco ai colleghi che domani il Presidente Brunetta ha organizzato al CNEL un incontro sul tema della violenza di genere, ovviamente con la specificità dell'organo che lui presiede, alle ore 15.00.
  Grazie a tutte. Ringrazio la dottoressa Sabbadini e i colleghi collegati. Grazie, arrivederci.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.