XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 29 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Messetti Giada , giornalista (intervento in videoconferenza) ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 6 
Rosato Ettore (AZ-PER-RE)  ... 7 
Messetti Giada , giornalista (intervento in videoconferenza) ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Messetti Giada , giornalista (intervento in videoconferenza) ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Billi Simone (LEGA)  ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Messetti Giada , giornalista (intervento in videoconferenza) ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giada Messetti, giornalista.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione, in videoconferenza, di Giada Messetti, giornalista.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Messetti che, tra le altre cose, ha pubblicato due saggi divulgativi sulla Cina contemporanea dal titolo: «Nella testa del DragoneIdentità e ambizioni della nuova Cina» e «La Cina è già qui – Perché è urgente capire come pensa il Dragone».
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola alla dottoressa Messetti affinché svolga il proprio intervento. Grazie.

  GIADA MESSETTI, giornalista (intervento in videoconferenza). Grazie per questo invito e buongiorno a tutti. Io in realtà sono sinologa, pubblicista e autrice televisiva. Mi presento brevemente: frequento la Repubblica popolare dal 2002 e ho vissuto a Pechino, in maniera continuativa, per sette anni, dal 2005 al 2011, quindi l'ho vista passare dall'essere la capitale di un Paese in via di sviluppo a diventare la capitale di un Paese che invece voleva essere una grande potenza mondiale.
  Durante quegli anni a Pechino ho collaborato con tutti i corrispondenti italiani – Corriere, Repubblica, Rai e Rai Sport – e adesso sono collegata da Pechino perché a settembre sono tornata qui per tre mesi a ripassare la lingua e soprattutto a misurare il polso della situazione. Io sono una di quelle che è rimasta chiusa fuori tre anni a causa delle politiche cinesi in materia di COVID-19. Sono convinta, però, che la Cina non sia un Paese che si può leggere solo da lontano, bisogna ogni tanto tornare, toccare con mano e parlare con le persone.
  Come diceva anche Lei, da qualche anno provo a raccontare la Cina agli italiani, perché nonostante in Italia si affronti ancora veramente poco il tema, credo sia un argomento sempre più centrale, perché moltissimo di quello che accade nel mondo ormai accade per motivi legati alla Cina.
  Ha già citato Lei i miei due saggi, io vorrei citare anche il programma televisivo che ho ideato e condotto quest'anno, andato in onda su Rai 3 in seconda serata, che si intitolava CinAmerica, in cui ho cercato di spiegare in termini divulgativi la sfida tra Cina e Stati Uniti, che è un altro tema fondamentale di cui parleremo anche oggi.
  Nel mio intervento mi occuperò della mia area, che è la Repubblica popolare cinese, e spero possa esservi utile.
  Per immaginare una strategia efficace che riguardi l'Indo-Pacifico credo che sia Pag. 4indispensabile capire sia come essere presenti in quell'area e offrire sostegno ai Paesi che ne fanno parte, che ormai sono sempre più preoccupati per la crescente assertività della Cina, sia come tentare di ridurre le tensioni. Io mi focalizzerò soprattutto su questo secondo punto, perché penso che il nostro Paese potrebbe rivestire un ruolo importante.
  Da noi la narrazione sulla Cina è spesso semplificata e molto bidimensionale, cioè o bianco o nero. Ma un tale tipo di racconto, che spesso viene filtrato dal nostro wishful thinking o dalle nostre paure, va a svantaggio nostro, perché può essere fuorviante e in alcuni casi non permette di avere una fotografia del tutto affidabile.
  Questo accade perché la Cina – e questo è un concetto a cui bisognerà abituarsi – è «l'altro» per antonomasia e si muove seguendo presupposti culturali e filosofici che per certi versi sono addirittura opposti ai nostri. È per questo motivo, per esempio, che dall'Italia è impossibile immaginarla, perché siamo totalmente senza riferimenti.
  Io mancavo dalla Cina dal 2019 e ad agosto, prima di partire per Pechino, nonostante io ormai pensi di avere una buona esperienza e quindi anche di riuscire a filtrare le informazioni e le notizie, ero spaventata all'idea di tornare in Cina, perché da noi sempre di più passa l'immagine di un Paese sempre più simile alla Corea del Nord e quasi sull'orlo dell'implosione economica e sociale, perché appunto c'è la crisi economica e c'è questa rottura del patto non scritto tra Governo e cittadini.
  Allora, sicuramente quella di Xi Jinping è una Cina che presenta moltissime criticità: è molto più autoritaria e paranoica rispetto alla Cina di dieci-quindici anni fa, i suoi mantra in questo momento sono la difesa e la sicurezza, quindi è molto più aggressiva, è molto più nazionalista, è imprevedibile – e anche questa è una cosa nuova, per esempio per quanto riguarda le sue politiche economiche nei confronti delle aziende – e soprattutto sta vivendo una fase problematica all'interno del Paese. C'è un forte rallentamento economico, l'andamento dei consumi interni è molto debole, c'è un calo delle esportazioni e degli investimenti esteri molto importante, dovuto anche alla politica del de-risking, c'è la crisi immobiliare, la crisi demografica che è arrivata prima del previsto e la disoccupazione giovanile ai massimi storici.
  Per la prima volta – questa è una cosa veramente che mi ha molto colpito stando qua – si percepisce lo scontento nei confronti del Presidente, cioè i cinesi con cui parlo indicano il cielo – per indicare lui – e fanno capire che ha fatto delle cose su cui non sono d'accordo.
  Addirittura lo scorso anno abbiamo visto, nel contesto della pandemia, delle forti proteste dei cittadini contro le misure della politica zero-COVID.
  Stando qui la sensazione è che la Cina in questo momento sia un Paese che sta attraversando una fase un po' di sospensione e che oggi sia molto difficile fare previsioni su quello che accadrà. Però, immaginare che i cinesi siano pronti a ribellarsi al sistema o che la Cina sia sempre più simile alla Corea del Nord è una visione molto fuori fuoco.
  In questa fase la Cina, oltre ad esserlo diventata a tutti gli effetti, si sente una grande potenza, è molto orgogliosa del percorso che ha intrapreso, rivendica di essere tornata centrale dopo essere stata umiliata e bullizzata – questi sono i termini che usa la propaganda, ma anche i cinesi –, bullizzata dalle potenze occidentali e dal Giappone tra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento. Rivendica di aver sollevato dalla soglia di povertà 700 milioni di persone e rivendica di aver costruito un modello economico e di governance efficace.
  In questo momento la Cina non vuole più sentirsi trattata da subordinata, da junior partner, da fratello minore, perché dal suo punto di vista è cresciuta ed è diventata grande. Infatti, negli ultimi anni ha cominciato esplicitamente a proporsi al cosiddetto «Sud globale» come guida alternativa all'Occidente, lanciando prima la nuova Via della seta – ormai sono già passati dieci anni – e ora tutta una serie di iniziative, come l'iniziativa di sicurezza globale, l'iniziativa di sviluppo globale, e tutte queste cose che la Cina sta dicendo – che ci piaccia o no – in quella parte di mondo Pag. 5hanno presa, perché in questa fase l'Occidente ha perso un po' di autorevolezza e non è più aspirazionale come poteva essere fino a qualche anno fa.
  In tutto questo, negli ultimi dieci anni la questione più importante è che i rapporti tra la Cina e la prima grande potenza del mondo, ovvero gli Stati Uniti, si sono deteriorati velocissimamente e purtroppo è difficile immaginarne un miglioramento nel futuro vicino.
  L'Indo-Pacifico in questo momento è proprio il vero ring della sfida tra queste due potenze, per questo è uno dei posti potenzialmente più pericolosi del mondo, perché sia la Cina che gli Stati Uniti si ritengono potenze asiatiche: la Cina crede di essere storicamente la potenza naturale dell'Asia orientale e gli Stati Uniti ritengono di avere un ruolo da svolgere anche sulla costa orientale e non solo su quello occidentale, in difesa di Paesi come il Giappone e la Corea del Sud, che sono tasselli fondamentali della sua strategia di difesa.
  Il dato che complica le cose è che la maggior parte dei Paesi di quell'area, nonostante si sentano minacciati dalla nuova assertività cinese, non vogliono scegliere, non vogliono essere costretti a scegliere se stare con la Cina o con gli Stati Uniti. Quindi è chiaro che più aumentano le ostilità e le reciproche provocazioni e più aumenta la probabilità di un incidente, anche involontario.
  Uno dei modi per provare a governare la rivalità ed evitare il peggio è coltivare il più possibile dei canali di comunicazione e di dialogo. Quindi, da un lato, è imprescindibile la consapevolezza della sfida sistemica che la Cina rappresenta e, dall'altro, è fondamentale lavorare per aumentare la comprensione reciproca.
  In questo l'Europa, e in particolare l'Italia, potrebbe avere un ruolo importante, perché il nostro Paese ha una lunga storia di rapporti Italia-Cina e perché la Cina ha un pregiudizio molto positivo nei nostri confronti. È chiaramente un'impresa molto complicata, che necessita di pazienza e coraggio, ma a lungo termine è l'unica cosa che può evitare l'acuirsi delle tensioni e può rendere tutti più sicuri: confrontarsi e parlare anche con chi è diverso da noi.
  Però, per portare avanti un impegno di questo tipo è imprescindibile un grande lavoro di studio e approfondimento. Un grande svantaggio che abbiamo noi rispetto alla Cina è che la Cina sa chi siamo noi, mentre noi non sappiamo chi è la Cina. Molti leader ed intellettuali cinesi si sono formati in Occidente o sui testi occidentali; un'infarinatura di storia, filosofia e letteratura occidentale in Cina esiste, mentre da noi il Celeste Impero rimane sempre pressoché sconosciuto.
  Vi faccio un piccolo esempio, secondo me significativo: pochi giorni fa sono stata a Shanghai e ho partecipato, in una piccola libreria, ad un gruppo di lettura del romanzo Hónglóu MèngIl sogno della camera rossa –, che è uno dei quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese, paragonabile alle più grandi opere della letteratura occidentale del XIX secolo; assieme a me, a leggere questo libro, c'erano delle signore cinesi – libraie, professoresse, classe media, con cultura media – e mentre commentavano i paragrafi de Il sogno della camera rossa hanno più volte citato Shakespeare: prima hanno citato l'Amleto, poi hanno citato Romeo e Giulietta. Io credo che in Italia sia davvero complicato trovare qualcuno - che non sia sinologo - che sappia che cos'è Il sogno della camera rossa o sappia chi è Confucio e quali sono i princìpi della sua dottrina, che ancora oggi sono alla base della cultura e della società cinese.
  Penso che conoscere la cultura di un Paese così diverso da noi ci aiuterebbe a capire la sua logica e quindi a provare a prevedere le sue mosse e anche ad evitare di arrivare a conclusioni che magari possono essere errate. Provo a fare anche qui due esempi.
  Spesso leggiamo che la Cina vuole sostituire gli Stati Uniti nel nuovo ordine mondiale; questo perché abbiamo in mente la pax americana che è seguita alla seconda guerra mondiale, e quindi tendiamo a pensare che la Cina voglia replicare lo stesso schema, usando i nostri riferimenti. Ma basta osservare come si è mossa nelle aree Pag. 6di crisi in questi ultimi due anni – è sempre rimasta molto defilata e si è guardata bene dall'essere troppo coinvolta – per capire che la sua ambizione e la sua strategia non sono uguali a quelle americane.
  Un altro esempio è un ragionamento che viene fatto spessissimo da noi: la Cina e la Russia non sono due Paesi democratici, quindi Xi Jinping e Putin sono uguali, quindi se Putin invade l'Ucraina allora di sicuro la Cina invaderà Taiwan. La Cina sicuramente continuerà a portare avanti il processo di quella che definisce «riunificazione» dell'isola di Taiwan, perché per la Cina si tratta di una questione identitaria legata all'integrità territoriale, ma che lo faccia con una guerra non è per niente certo.
  Per un Paese che storicamente non si imbarca in guerre di conquista e che ha come mantra la stabilità, un'invasione anfibia a 300 chilometri dalla sua costa, con la consapevolezza che gli Stati Uniti entrerebbero in guerra e che questa mossa comporterebbe la destabilizzazione dell'intera Asia e quindi di un suo mercato fondamentale, sarebbe davvero molto azzardato. Il che non significa che Taiwan non abbia bisogno di sostegno o non sia a tutti gli effetti minacciata, ma sapere come ragiona la Cina è importante per capire quale sia la minaccia reale e, di conseguenza, quale sostegno possa avere più senso dare all'isola.
  Per riuscire ad entrare bene nella testa della Cina è anche fondamentale intensificare i contatti, cioè visitarla, venire qui, parlare con le persone che vivono qui, perché le persone che vivono qui ogni giorno si confrontano e sanno come rapportarsi con una realtà che poggia su presupposti che sono veramente diversissimi.
  Anche perché la Cina ha un'altra caratteristica, molto difficile da comprendere da lontano: è un posto in cui i cambiamenti avvengono in modo velocissimo, veramente velocissimo, noi non abbiamo nulla di simile in Italia, quindi la presenza è fondamentale. Ed è decisivo anche invitare studenti, incentivare il turismo cinese in Italia e in Europa, in modo che i cinesi vedano come si vive da noi, entrano in contatto con il nostro sistema e anche con il nostro modello democratico.
  Il prossimo anno, per esempio, si celebreranno i settecento anni della morte di Marco Polo: è una cosa che può sembrare banale, so che sono già previste varie iniziative Italia-Cina, ma potrebbe davvero essere un'occasione per investire ancora di più in risorse umane e scambi con la Repubblica popolare; un'occasione anche per l'Italia di provare a ritagliarsi un ruolo di ponte, in grado di garantire un canale di comunicazione solido e stabile con l'attore più ingombrante dell'area dell'Indo-Pacifico.
  Credo che questo potrebbe essere un buon momento, perché – aggiungo un'ultima cosa e poi concludo – un'altra sensazione forte che ho stando qui è che durante gli anni del COVID il Governo cinese abbia provato a fare a meno degli stranieri, questo è un dato di fatto più che una mia sensazione: cioè ha isolato il Paese, ha impedito l'ingresso di chi non aveva lavori stabili qui, ha fatto la voce grossa all'estero, è stato molto assertivo all'estero; ma ora, a causa della forte crisi economica, secondo me si sta accorgendo che non se lo può più permettere e che questa chiusura va a suo svantaggio. La Cina è molto pragmatica, molti hanno letto come tentativo di provare ad invertire la tendenza il progetto-pilota di eliminare l'obbligo del visto anche per i cittadini italiani, per chi viaggia in Cina per quindici giorni, che è stato lanciato totalmente a sorpresa, senza nessun tipo di preavviso, qualche giorno fa.
  Qualcun altro ha letto anche l'atteggiamento di Xi Jinping nell'ultimo incontro con Biden, molto più sorridente, molto più morbido, ha scherzato sui panda, cioè ha avuto un atteggiamento che negli ultimi anni non si era mai visto. La lettura di molti è che ci sia in questo momento un tentativo della Cina di ammorbidire alcune sue posizioni perché si rende conto che da sola non ce la fa e la crisi economica in Cina è un problema.
  Questo è un po' quello che volevo dirvi e vi ringrazio per avermi ascoltata.

  PRESIDENTE. Grazie. Ci sono domande, Rosato, poi Billi e Quartapelle.

Pag. 7

  ETTORE ROSATO. Intanto molte grazie, siamo in collegamento da remoto, ma le dico che abbiamo tutti apprezzato molto la sua relazione. Volevo chiederle un approfondimento in più su due questioni.
  La prima sui rapporti con Taiwan: quale sia, secondo Lei, il modo giusto di approcciare ed aiutare Taiwan, con riferimento proprio al passaggio che ha fatto.
  La seconda cosa, secondo Lei quale potrebbe essere la percezione del Governo cinese rispetto all'evoluzione dell'accordo sulla Via della seta; cioè, al di là della forma, nella sostanza cosa si aspettano dall'Italia, secondo la sua previsione?
  L'ultima cosa, se ci può dire qualcosa sulle alleanze cinesi nell'area, cioè il rapporto con l'India, il rapporto con i grandi Paesi dell'area, secondo Lei quali sono le sintonie maggiori che ci sono. Grazie.

  GIADA MESSETTI, giornalista (intervento in videoconferenza). Parto dall'ultima e vado a ritroso. La Cina in realtà in questo momento è molto temuta dai suoi vicini di casa...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa. Possiamo raccogliere le domande?

  GIADA MESSETTI, giornalista (intervento in videoconferenza). Scusate, allora me le scrivo, altrimenti le dimentico.

  PRESIDENTE. Va bene, grazie. Onorevole Billi.

  SIMONE BILLI. Lascio un po' di tempo per i suoi appunti, dottoressa. Le volevo chiedere, innanzitutto, prendendo spunto dalle ultime parole del suo intervento, è vero, il Presidente cinese non fa più queste iperboli, nei suoi discorsi, sull'inevitabile primazia economica cinese, sul declino dell'Occidente; anche sulla questione di Taiwan sembra un po' più rabbonito, quindi ha dei toni conciliatori che sembra sottintendere una certa tregua, almeno con gli Stati Uniti.
  Su Taiwan non lo so, il Presidente cinese probabilmente per rimanere nella storia non può più pensare di farlo con il PIL della Cina che cresce a due cifre, ormai l'economia cinese non arriva più a crescere con questo ritmo, quindi l'unico modo che ha, a mio avviso, per poter rimanere nella storia è riannettere Taiwan, quindi bisogna vedere appunto che cosa vorrà fare nel prossimo futuro.
  Però, io mi volevo focalizzare invece sul discorso economico, andando un po' per bullet, per punti molto secchi. La stagnazione dei consumi in Cina, la bolla immobiliare, la frenata del PIL, mettiamoci anche la disoccupazione giovanile che sembra essere cresciuta, i profitti industriali cinesi che sembrano essere diminuiti e le esportazioni allo stesso modo: è vero, però, come diceva Lei dottoressa, che la Cina sa molto bene chi siamo noi e noi invece non sappiamo bene chi è la Cina, quindi effettivamente, come diceva anche Lei, non vivendo in Cina queste cose non riusciamo a percepirle, non abbiamo il polso della situazione.
  Quindi mi chiedevo, dopo il COVID l'economia cinese veramente non ha avuto quel rimbalzo che almeno i cinesi si aspettavano? Questa sovra-capacità industriale di produzione ha portato veramente a una deflazione, anche per esempio nei prezzi al consumo? Io direi anche la situazione delle imprese estere, delle multinazionali in Cina, sembra essere deteriorata.
  Dunque, anche ad oggi il fatto, come accennava Lei, che la Cina voglia sostituire gli Stati Uniti in ambito economico o comunque a livello globale, dal punto di vista economico sembra molto più difficile; però, ribadisco – come ha detto anche Lei, che ha il polso della situazione e sente queste cose in prima persona perché è lì – come vede la situazione economica della Cina e se le sembra che quello che Le ho detto ha un certo riscontro con la realtà. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Anch'io ringrazio la dottoressa Messetti per una relazione che è stata fonte di molteplici spunti.
  Ho due domande. La prima riguarda questo sentirsi grande potenza della Cina. In che senso questo implicherebbe delle responsabilità della Cina rispetto all'ordine globale? Nel senso che noi sappiamo che le Pag. 8grandi potenze influenzano gli altri Paesi, ma poi devono assumersi delle responsabilità globali, altrimenti sono semplicemente dei grandi distruttori dell'ordine, cosa che non mi sembra essere la Cina.
  Secondo punto: c'è un elemento che è profondamente angosciante, credo, per gli occidentali rispetto all'evoluzione cinese, che è questo aumento esponenziale del controllo, anche attraverso degli strumenti tecnologici, e anche la possibilità che questo aumento del controllo venga anche esportato all'estero attraverso l'esportazione, per esempio, di tecnologia cinese.
  Io colgo in modo estremamente costruttivo l'invito che Lei faceva di capirsi: se sul primo punto, cioè sulla dimensione interna del controllo che, da quanto ci viene detto da esponenti cinesi, fa parte di una modalità di governo che rende però anche la società – sempre secondo fonti cinesi – più armoniosa, più fluida, più capace di stare insieme, vorrei qualche elemento per capire meglio.

  PRESIDENTE. Non vedo altre domande. Ne aggiungo una anch'io.
  Ho ascoltato con attenzione la relazione che ci ha fatto, che è stata ben sintetizzata dall'onorevole Quartapelle come invito a capirsi, a dialogare e a confrontarsi. Però quello che non mi è chiaro è se nell'analisi si possa includere l'enorme tentativo che ha fatto l'Occidente di confrontarsi, di dialogare, aprendo le proprie porte alla Cina; faccio riferimento all'ingresso, più di vent'anni fa ormai, nell'Organizzazione mondiale del commercio. La Cina è stata invitata a giocare secondo le regole e così non ha fatto, quindi cosa possiamo fare ancora noi più di questo?
  La risposta mi sembra essere stata invece proprio il tentativo di elaborare non una propria visione del mondo, ma un sistema globale alternativo. È sì vero che nelle ultime settimane e mesi c'è stata una frenata, ma è facile leggerla come una frenata dovuta alle difficili condizioni economiche interne.
  Non possiamo scordarci che parlamentari occidentali sono stati sottoposti a sanzioni, a livello globale, perché hanno osato denunciare violazioni dei diritti umani in Cina. Non possiamo scordarci il tentativo della Cina di applicare, sempre a livello globale, la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong.
  Ecco, con questi presupposti mi sentirei di dissentire, seppur lievemente, dalla sua analisi. Grazie.

  GIADA MESSETTI, giornalista (intervento in videoconferenza). Grazie mille. Io spero di essermi segnata tutto. Partirei da qua, visto che è l'ultima domanda.
  All'inizio degli anni 2000 c'è stata questa grande collaborazione tra Occidente e Cina, perché gli interessi erano fondamentalmente simili. Poi ad un certo punto c'è stata una divaricazione degli interessi, è proprio una questione di come si pensa: la Cina ha una visione del multilateralismo che è diversa dalla nostra, cioè l'Occidente ha la visione di un multilateralismo che prevede, all'interno dei rapporti, Paesi che si assomigliano tra loro; la Cina ha una visione di multilateralismo molto più pragmatica, possiamo definirla anche più mercenaria, cioè la Cina lavora seguendo il principio di non interferenza negli affari degli altri Paesi; motivo per cui in Africa è riuscita ad avere una presenza così forte, perché a differenza dell'Occidente, che magari ai regimi africani chiede in cambio dei miglioramenti per quanto riguarda i diritti umani, la Cina firma i contratti e non ha nessun tipo di interesse a cambiare il sistema politico degli altri Paesi.
  Questa cosa ha fatto sì che a un certo punto ci fosse una sorta di presa di due direzioni diverse. Quello che sta succedendo adesso, anche nell'affiancamento cinese alla Russia, la neutralità filorussa cinese, è dovuta proprio al fatto che la Cina a un certo punto è arrivata al momento in cui – come dicevo prima – non vuole più sentirsi subordinata all'Occidente, perché l'Occidente storicamente cerca di insegnare delle cose agli altri Paesi, ha un approccio molto di questo tipo, e alla Cina questa cosa qui non interessa assolutamente più, in questo momento; anzi, ha fatto questo salto successivo di dire: l'Occidente ha il suo modello, funziona, ma io ne ho costruito un altro che funziona, chi vuole può usarlo. E qui mi collego alla questione della Pag. 9sicurezza: è una cosa abbastanza impressionante, nel senso che qui senza cellulare non si può fare nulla, io ci ho messo tre giorni a riuscire a comprare una cosa, perché ormai in Cina passa tutto attraverso le applicazioni, il cellulare, ci sono videocamere ovunque.
  Però, anche qui, mi sono ritrovata a fare dei discorsi particolari con i cinesi: un po' deriva dal fatto che la concezione della privacy per i cinesi è diversa rispetto a noi, perché storicamente sono un popolo che da sempre è stato molto controllato, proprio storicamente, c'era il controllo anche nelle comuni, e un mese fa è diventato trend topic sui social cinesi il fatto che se si viaggia in Europa bisogna mettere in conto di essere probabilmente derubati in metropolitana. Questa cosa con tutta una serie di persone con cui ho parlato a un certo punto mi hanno detto: «ma come fate voi ad accettare di vivere in un posto dove non si è sicuri, dove io di notte, se sono una donna, ho paura a camminare per strada?». Perché qui il lato per loro positivo è che tu puoi lasciare uno zaino in mezzo al marciapiede, torni dopo due giorni e lo ritrovi esattamente lì.
  È un regime di sicurezza estremo, inquietante, nel senso che c'è proprio un controllo anche capillare dei telefonini – a me è capitato di avere amici a cui è stata bloccata WeChat perché avevano aggiunto troppi contatti tutti insieme – quindi c'è veramente un controllo capillare pazzesco e molto inquietante per noi.
  Dal loro punto di vista - io di questa cosa ho spesso parlato con loro - non c'è lo stesso allarme, non c'è la stessa percezione che abbiamo noi. Non so dire perché, ma di nuovo probabilmente è dovuto ad una serie di priorità diverse, per loro la sicurezza in questo momento è veramente la cosa più importante. Sicurezza che si declina su tutti gli aspetti, da quello della vita di tutti i giorni a quello politico e a quello geopolitico.
  Io parlavo di Xi Jinping e dei sorrisi con Joe Biden, ma non voglio assolutamente dire che ci sarà un cambio di tendenza, i rapporti tra Cina e Stati Uniti saranno sempre più tesi, la questione di Taiwan continuerà ad essere al centro del discorso politico-mondiale.
  Per quanto riguarda come rapportarci noi a Taiwan, secondo me noi dobbiamo continuare a fare quello che facciamo. La cosa che secondo me non dobbiamo fare è sottovalutare l'importanza che ha Taiwan per la Cina, dal punto di vista proprio identitario.
  Cioè, abbiamo tutti gioito perché sono è stato ripristinato il dialogo militare tra Cina e Stati Uniti durante l'incontro tra Biden e Xi Jinping, ma ricordiamoci che il dialogo militare tra Cina e Stati Uniti è saltato dopo la visita che ha fatto Nancy Pelosi a Taiwan. Tale visita è stata vissuta come una grandissima provocazione, perché oltre ad essere andata a Taiwan una volta lì Nancy Pelosi ha proprio incontrato il dissidente di Hong Kong, il dissidente di Tienanmen, cioè ha fatto proprio un viaggio molto politico. Questa cosa è stata vissuta malissimo dalla Cina.
  Quindi, secondo me Taiwan va assolutamente sostenuta. Io – ripeto – ritengo che difficilmente la Cina la conquisterà con una guerra, sta facendo già tutta una serie di mosse legislative, economiche banalmente. Vedevo l'altro giorno che adesso vuole trasformare il Fujian, che è la regione che si affaccia su Taiwan, in una zona dimostrativa per lo sviluppo integrato con Taiwan. Cioè vuole aumentare gli scambi economici e costruire infrastrutture che permettano scambi più comodi, dare la possibilità ai taiwanesi di risiedere nel Fujian senza bisogno di permessi di soggiorno e semplificando anche tutta la questione dei documenti.
  Dunque la Cina sta già portando avanti delle pratiche che tenteranno di inglobare in qualche modo Taiwan. Però difficilmente farà l'azzardo di una guerra così vicina a casa, con la possibilità di destabilizzare tutta l'Asia, mi sembra una cosa che un Paese come la Cina difficilmente può fare.
  Chiaramente su Taiwan sarà molto, molto importante vedere il risultato delle elezioni di gennaio, perché dal risultato di queste elezioni poi si capirà anche se la tensione aumenterà oppure, se dovesse vincere un Pag. 10partito che ha più «simpatia» per la Cina, magari la situazione si tranquillizza un pochino.
  L'economia: i cinesi si aspettavano che l'economia riprendesse e non è successo, cioè tutti si aspettavano che questo autunno ci fosse un rimbalzo di un certo tipo e non è successo. Quindi sta succedendo che inizia ad esserci la consapevolezza che non ci sarà più la crescita che c'è stata finora. Per questo dicevo che è un periodo sospeso, perché secondo me adesso potrebbe potenzialmente succedere che ad un certo punto il Governo si rende conto che questa politica di chiusura e anche di soppressione delle aziende private...perché non dimentichiamoci che la Cina negli ultimi anni ha portato avanti una forte stretta sulle aziende private, cioè con Xi Jinping la politica ha governato tantissimo anche l'economia, è tornata al primo posto: mentre l'economia da Deng Xiaoping a Xi Jinping è sempre stata prima in Cina, invece adesso c'è proprio questa inversione.
  Potrebbe succedere qualsiasi cosa secondo me, perché per il Partito comunista cinese il rallentamento economico è un grosso problema dal momento che – anche se per noi è difficile da capire – esiste una dialettica tra Governo e cittadini in Cina e il Partito sa che su certi temi deve ascoltare l'opinione pubblica. Lo scontento derivato dalla disoccupazione, dal fatto che le case costano troppo, dal fatto che la gente non ha gli stipendi, questi sono dei temi che il Governo cinese sa di dover affrontare. Perché i cinesi, a differenza di quanto noi pensiamo, in realtà non sono un popolo mite e obbediente ma, come abbiamo visto l'anno scorso, sanno anche arrabbiarsi. L'anno scorso c'è stata una congiuntura molto particolare, per cui alla fine – l'avete visto tutti – il Governo cinese ha dovuto ascoltare la piazza, perché la piazza stava protestando per una situazione che era condivisa da tutta la Cina. Nel senso che l'autoritarismo e questo Partito che ha segregato in casa i cinesi per quasi un anno era una condizione che avevano sperimentato tutti i cinesi, quindi anche se le manifestazioni sono state ristrette e sono state solo nelle grandi città, il rischio era che in qualche modo avvampassero e diventassero qualcosa di molto più grande, quindi il Governo cinese ha dovuto ascoltare i cittadini.
  Questa è una dialettica che esiste, di solito non è così esplicita, nel senso che non ci sono manifestazioni di piazza così virulente come l'anno scorso, ma in Cina esistono tantissime proteste, anche se noi non lo sappiamo, però il Governo sa che ci sono dei temi che deve assolutamente ascoltare.
  Per quanto riguarda le alleanze, in questo momento i vicini della Cina sono molto spaventati dalla Cina, tutti, proprio perché la Cina ha cominciato ad avere questo atteggiamento molto più aggressivo e la motivazione è che non vuole mai più essere bullizzata, ormai è una potenza e non vuole mai più ritrovarsi nella situazione di essere conquistata, bloccata nella sua ascesa, non vuole più vivere quella cosa lì che ha vissuto 150 anni fa, quindi ha assunto questa posizione totalmente assertiva su tutta una serie di punti strategici di quell'area di mondo. Perché la Cina in questo momento teme proprio di essere chiusa. Taiwan è lo sbocco della Cina sul Pacifico, quindi tutte le varie isole su cui ci sono le contese sono tutti punti veramente strategici del commercio mondiale e punti che permettono alla Cina di avere uno sbocco sul Pacifico.
  Quindi in questo momento la Cina è molto temuta, con l'India non ci sono buoni rapporti, ci sono stati degli scontri al confine addirittura con dei morti, sempre per questioni territoriali.
  C'è la Corea del Nord che, come sapete, è molto turbolenta, ma che si è avvicinata molto alla Russia e, paradossalmente, anche se la Cina a parole sostiene sia la Corea del Nord che la Russia, in realtà è preoccupata, perché un avvicinamento della Corea del Nord alla Russia significa un minor controllo da parte della Cina sulla Corea del Nord, una potenziale instabilità al confine e, soprattutto, una potenziale reazione americana di presenza più forte in Corea del Sud. Quindi, in realtà, la Cina non è contenta di questa turbolenza.
  L'altra cosa che sta succedendo è che la Cina, ad esempio, sta in qualche modo Pag. 11approfittando dell'indebolimento russo su tutta l'Asia centrale. Sull'Asia centrale la Cina ha già cominciato ad avere un'influenza quasi più forte della Russia da quando è iniziata la guerra, quindi diciamo che non ha veri alleati, però approfitta anche di questa non volontà di scegliere tra Cina e Stati Uniti di tutti i Paesi dell'Indo-Pacifico. Cioè, per questi Paesi il loro ideale sarebbe scegliere l'America per quanto riguarda la sicurezza e scegliere la Cina per quanto riguarda l'economia, perché la Cina, nonostante abbia un mercato in crisi, rimane uno dei mercati più interessanti del mondo.
  L'altro giorno parlavo con un imprenditore italiano che mi ha spiegato che anche tutto questo discorso del reshoring, del portare tantissime produzioni in Vietnam o in India, questa eterna promessa dell'India che potrebbe sostituire la Cina come nuovo centro manifatturiero, moltissimi imprenditori con cui ho parlato mi dicono che è una cosa difficilissima da concretizzare; perché la Cina, oltre ad avere una manodopera eccezionale, ha le infrastrutture che, ad esempio, l'India e il Vietnam non hanno. Per quanto riguarda il mercato, mi dicevano che una città media cinese, che ha 12-13 milioni di abitanti, come revenue porta quello che porta tutto il Vietnam. Cioè, questo imprenditore con cui ho parlato mi ha detto: io vendo in una sola città cinese tutto il mio fatturato del Vietnam. Quindi anche da quel punto di vista la Cina è un mercato da cui è complicato sganciarsi, nonostante appunto si stia portando il de-risking, questo reshoring e tutto, ma è un processo veramente molto complicato.
  Avrete tutti visto che dopo l'incontro con Biden c'è stata questa cena con gli imprenditori americani – c'era Apple, c'era Tesla –, perché anche gli imprenditori americani non sono d'accordo con tutte le politiche di de-risking degli Stati Uniti, perché per loro chiaramente perdere il mercato cinese - pensate a quanti smartphone vengano usati in Cina, e tutti i cinesi usano lo smartphone per fare qualsiasi cosa - è molto complicato slegarsi.
  Non so se ho dimenticato qualcosa...

  PRESIDENTE. Perfetto così, grazie mille. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.