XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 27 settembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione di attiviste per i diritti umani in Iran.
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Nazari Parisa , rappresentante della ... 4 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Pour Pegah Moshir , consulente e attivista per i diritti umani e digitali (intervento in videoconferenza) ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Alizadeh Shady , rappresentante dell'unione Italo-iraniana «Donna, Vita, Libertà» ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Asri Zahra Toufigh , rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane» ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Asri Zahra Toufigh , rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane» ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Ghanati Parniya , rappresentante dell'Associazione «Donna, Vita, Libertà» ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Loperfido Emanuele (FDI)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Nazari Parisa , rappresentante della « ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Alizadeh Shady , rappresentante dell'Unione Italo-Iraniana «Donne, Vita, Libertà» ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Asri Zahra Toufigh , rappresentante dell'associazione «Donne Libere Iraniane» ... 14 
Alizadeh Shady , rappresentante dell'Unione Italo-Iraniana «Donna, Vita, Libertà» ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Amendola Vincenzo (PD-IDP)  ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutte e a tutti. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di attiviste per i diritti umani in Iran.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di attiviste impegnate nella difesa dei diritti umani in Iran.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome delle componenti e dei componenti del Comitato saluto e ringrazio per la disponibilità a essere qui questa mattina e a prendere parte ai nostri lavori: la dottoressa Parisa Nazari, mediatrice interculturale rappresentante della «Woman Life Freedom Italy Community»; la dottoressa Pegah Moshir Pour, consulente attivista per i diritti umani e legali; l'avvocata Shady Alizadeh, rappresentante dell'Unione Italo-Iraniana per «Donna, Vita, Libertà»; la dottoressa Zahra Toufigh Asri, rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane»; e, infine, la dottoressa la Dottoressa Parniya Ghanati, rappresentante Associazione «Donna, Vita, Libertà».
  Il 16 settembre di un anno fa, a cinque giorni dal compimento del suo ventitreesimo compleanno, la giovane iraniana di origine curda Mahsa Amini – arrestata per aver indossato in maniera non corretta l'hijab – moriva a seguito delle violenze subite durante la detenzione da parte della cosiddetta polizia morale. È stato appunto l'anniversario pochi giorni fa. È stato un anniversario cruento da parte delle forze di sicurezza iraniane contro chiunque si voleva riunire per ricordare la morte di Mahsa e persino il padre della ragazza è stato arrestato e gli è stato intimato di non svolgere cerimonie commemorative della figlia.
  L'uccisione di Mahsa Amini ha dato vita, un anno fa, ad un movimento nazionale di cittadine e cittadini che chiedono il rispetto, la tutela e l'esercizio dei loro diritti umani universali e delle loro libertà fondamentali. Le autorità iraniane hanno risposto a questa ondata di protesta con la repressione, arresti e detenzioni arbitrarie, processi iniqui, esecuzioni extra-giudiziali e persecuzioni nei confronti dei familiari delle vittime, che continua tuttora. Si è arrivati perfino ad avvelenare – dico avvelenare – numerose studentesse per scoraggiarle dalla frequenza scolastica.
  Oggi, come evidenziato dall'ultimo report della Commissione indipendente d'inchiesta delle Nazioni Unite, la Repubblica islamica sta intensificando l'azione repressiva anche attraverso l'introduzione di norme che limitano ulteriormente i diritti delle donne. In particolare, un progetto di legge (ora all'esame del Parlamento iraniano) prevede multe più elevate e pene detentive per le donne che violano le disposizioni obbligatorie sul velo e propone Pag. 4inoltre sanzioni più severe tra cui divieti di viaggio, confische di veicoli, negazione dell'istruzione e dei servizi pubblici, comprese le strutture mediche.
  In una dichiarazione rilasciata a nome dell'Unione europea il 15 settembre scorso, l'Alto Rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha nuovamente chiesto alle autorità iraniane di eliminare, nel diritto e nella pratica, tutte le forme di discriminazione sistematica nei confronti di donne e ragazze nella vita pubblica e privata e ha ribadito la ferma opposizione dell'UE alla pena di morte sempre, in qualunque luogo e in qualsiasi circostanza, condannandone in particolare il ricorso nei confronti dei manifestanti, a cui dovrebbe essere invece assicurata piena libertà di espressione e di riunione.
  Lo scorso 15 settembre il Consiglio dell'UE ha provveduto ad ampliare l'elenco dei soggetti sottoposti a sanzioni in quanto responsabili di gravi violazioni dei diritti umani in Iran, che comprende ora un totale di 227 persone e 43 entità.
  Voglio infine segnalare che, nell'ambito della presentazione delle candidature per il premio Sakharov del 2023, assegnato ogni anno dal Parlamento europeo a persone e organizzazioni che difendono i diritti umani e le libertà fondamentali, il gruppo del Partito Popolare Europeo ha candidato Mahsa Amini e le donne iraniane, mentre i gruppi dei Socialisti&Democratici e di Renew Europe hanno candidato congiuntamente Mahsa Amini e il movimento «Donna, Vita, Libertà». Ciò conferma l'ampio sostegno politico, anche in sede di Parlamento europeo, alla causa e alle legittime aspirazioni del popolo iraniano e in particolare delle donne iraniane, e conferma che in Europa e in tutto il mondo è cresciuto un movimento di solidarietà contro il regime liberticida iraniano, che ha coinvolto anche la nostra Camera dei deputati, con una risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione esteri il 21 dicembre 2022 e diverse iniziative che hanno visto la partecipazione attiva dei suoi componenti.
  Formulati questi elementi di contesto, do la parola alla dottoressa Nazari affinché svolga il suo intervento. Chiaramente, essendoci molti interventi, vi chiederei di stare intorno ai sette-otto minuti ciascuna. Grazie.

  PARISA NAZARI, rappresentante della «Woman Life Freedom Italy Community». Buon pomeriggio, signore deputate e signori deputati. Grazie per essere esservi riuniti oggi per parlare dell'Iran. Anzitutto devo ringraziare la presidente Laura Boldrini per esserci stata vicina, non solo nell'ultimo anno, ma ci ha sempre sostenuti nella nostra lotta non violenta per la libertà e la democrazia del popolo iraniano.
  Da più di quarantaquattro anni in Iran è in corso un'apartheid di genere. La prima legge che in Iran è stata modificata, annullata, dopo l'insediamento del nuovo Governo islamico nel 1979, è stata una legge intitolata «La protezione della famiglia», che dava certi diritti alle donne iraniane. La prima categoria che è stata colpita, dopo la cosiddetta Rivoluzione islamica del 1979, sono state le donne. Donne che da sempre, da più di cento anni, stanno lottando per i propri diritti, a partire dal diritto per l'istruzione. Basti pensare che nei primi del Novecento, fino al 1906, in Iran le donne non avevano diritto all'istruzione, come succede oggi in Afghanistan. Le prime scuole femminili sono state costruite, nonostante fortemente ostacolate dal clero sciita dell'epoca, da donne che possiamo definire le prime femministe iraniane (che ovviamente appartenevano all'aristocrazia dell'epoca) e avevano avuto accesso all'istruzione.
  Da quell'epoca le donne iraniane hanno investito fortemente sull'istruzione – soprattutto a livello universitario – e oggi siamo arrivati a una società civile in cui le donne superano di gran lunga, a livello universitario, gli uomini. Ci sono più donne laureate che uomini laureati, ci sono donne con più di una laurea che parlano più di una lingua, ma vivono in una società in cui le leggi sono fortemente misogine e liberticide. Non solo per le donne, ma per tutta la popolazione e soprattutto per le minoranze etniche, religiose e di genere.
  In un contesto del genere le donne, in questi quarantaquattro anni, hanno cercato di trovare uno spazio nella società iraniana, fortemente ostacolate dalle leggi Pag. 5– che sono state introdotte appunto nel 1979 – che tendono a portare la donna a livello di una cittadina di secondo livello, ad una proprietà dell'uomo. Per questo è ammirevole il lavoro che le donne iraniane sono riuscite a fare in questi anni, diventando, nonostante tutto, protagoniste di un grande cambiamento in corso in Iran. Un cambiamento che è in corso da molti decenni, non solo dal 16 settembre dell'anno scorso, e il mondo intero si è accorto di questa forza, di questa potenza della lotta non violenta delle donne iraniane.
  Le mie colleghe vi esporranno come poi le donne iraniane sono riuscite, un passo alla volta, ad arrivare a diventare il vero motore di cambiamento in Iran, fino a quel tragico 16 settembre del 2022, quando la giovane donna curda-iraniana Mahsa Jina Amini ha perso la vita in seguito ad un arresto per mano della cosiddetta polizia morale. Ed è un'esperienza che tutte le donne che io conosco, compresa me e tutte le altre donne che conosco, hanno subito. Sappiamo cosa le è successo perché sappiamo come si trattano le donne in quei centri cosiddetti di "rieducazione delle donne al codice di abbigliamento" imposto dal regime islamico.
  Così, dal 16 settembre scorso una protesta dilagante, in tantissime città iraniane, con lo slogan «Donna, Vita, Libertà» è riuscita a comunicare con il mondo. Per la prima volta, forse, la voce delle donne iraniane, ma non solo donne iraniane, è stata ascoltata in tutto il mondo, perché quella che viene chiamata la lotta delle donne iraniane per la libertà, per l'emancipazione, per la protezione del proprio corpo, in realtà è una lotta intersezionale, perché sono stati soprattutto gli uomini, in questi ultimi anni, a rinunciare ai propri privilegi sostenendo questa lotta delle donne. Questo è il vero cambiamento epocale all'interno della società iraniana, un cambio di paradigma sociale e culturale che non ha pari nella storia dell'Iran e della regione. È quelle che noi chiamiamo «Rivoluzione Donna, Vita, Libertà», anche se sappiamo che non si tratta di una vera rivoluzione, ma la chiamiamo una rivoluzione non violenta, una rivoluzione di consapevolezza, femminile e maschile, all'interno di una società che nel 1979 era fortemente tradizionalista, patriarcale, religiosa, ma in questi quarantaquattro anni è riuscita a fare passi da gigante, diventando uno dei Paesi più progressisti e istruiti della regione nonostante tutte le leggi liberticide che ci sono. Praticamente esistono due Iran: un Iran della società civile, che è la maggioranza, ed è una società civile estremamente giovane, istruita e progressista; poi c'è chi dirige il Paese da più di quarantaquattro anni, con una certa interpretazione delle leggi islamiche, che usa come strumento di potere per applicare il potere dello Stato su ogni singolo cittadino; in particolare le donne, ma anche minoranze di genere come la comunità LGBTQ+, che in Iran è una comunità fortemente discriminata, ma comunque riesce ad avere delle associazioni, delle organizzazioni, ovviamente underground, che ogni tanto vengono smantellate.
  Tutto questo vale anche per chiunque faccia un lavoro sociale, creando consapevolezza a livello del Paese. Parliamo di tantissime categorie, per esempio attivisti ambientalisti: molti di loro si trovano in carcere semplicemente per aver fatto informazione su come si pratica l'ecologia in Iran, come si spengono gli incendi nei boschi, cose di cui dovrebbe occuparsi il regime. Oppure le ong, che semplicemente si occupano di bambini, di lavoro e delle classi più disagiate, delle regioni come Belucistan e Kurdistan, regioni più remote dove non c'è acqua, non c'è istruzione: arrivano queste ong, spesso presiedute dalle donne, che cercano di fare del loro meglio per elevare la qualità di vita di quelle popolazioni e vengono costantemente perseguitate, arrestate e condannate con accuse false e tendenziose, come rapporti con Governi nemici o spionaggio.
  Questo vale anche per altre categorie, come per esempio i giornalisti: basti pensare a Elahe Mohammadi e Niloofar Mohammadi, che sono due giovani reporter che semplicemente hanno dato la notizia della morte di Mahsa Amini e anche dei funerali di Mahsa Amini, che ha dato vita a questo movimento.Pag. 6
  Per non parlare delle famiglie delle vittime: ci sono stati più di seicento manifestanti attivisti uccisi nelle manifestazioni e le loro famiglie sono fortemente minacciate dalle autorità perché non denuncino e non parlino di quello che è successo ai loro figli. Anche le famiglie di condannati a morte. Ci sono state sette esecuzioni capitali dei manifestanti, dei processi sommari senza assistenza legale adeguata; in pochissimo tempo sono stati condannati a morte e le condanne sono state eseguite. Ci sono tantissime categorie come cineasti, artisti, che semplicemente per aver denunciato la brutale repressione del regime in questo momento sono interdetti dal lavoro e alcuni di loro, che sono anche degli amici, si trovano in carcere.
  Di fronte a tutta questa violazione dei diritti umani, quello che chiede la popolazione iraniana è semplicemente non dare legittimità a questo regime, un regime che ha perso la propria legittimità agli occhi della maggioranza della popolazione. Per tanti, troppi anni, i regimi totalitari che reprimono, che stuprano, che uccidono, che sparano agli occhi dei manifestanti pacifici sono stati tollerati in nome di interessi o altro.
  Riteniamo che sia arrivato il momento che la voce del popolo iraniano venga sentita e che questi regimi non siano più tollerati né legittimati, perché la lotta delle donne e degli uomini iraniani non è soltanto per la libertà e democrazia in Iran, è una lotta che dialoga con il mondo, è una lotta di tutti noi che abbiamo ideali di libertà e democrazia nel cuore ed è arrivato il momento che tutti insieme siamo dalla parte giusta della storia, cioè dalla parte di «Donna, Vita, Libertà». Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Nazari, per questa illustrazione della situazione, delle donne, delle minoranze e di tutti coloro che cercano di rispondere alle necessità della popolazione più vulnerabile. Adesso io passerei la parola alla dottoressa Pegah Moshir Pour.

  PEGAH MOSHIR POUR, consulente e attivista per i diritti umani e digitali (intervento in videoconferenza). Grazie mille. Rinnovo i ringraziamenti. È davvero un momento molto importante per noi, proprio in questo silenzio mediatico che ci vede ancora di più in prima linea a raccontare quello che sta accadendo in Iran. Se non fosse per i social network noi non avremmo mai avuto probabilmente le notizie, non avremmo mai avuto la possibilità di capire e conoscere la verità. Quindi quanto è importante il nostro ruolo sulla condivisione della realtà, perché sappiamo che i media tradizionali iraniani ci stanno vertendo verso una falsità, un racconto distorto, cosa che è molto comune nelle dittature.
  Noi sappiamo la verità, raccontiamo la verità con molta difficoltà, perché purtroppo – nonostante siamo molto grati ovviamente al lavoro incredibile che sta facendo anche il Parlamento europeo dal primo giorno – le sanzioni non sono bastate, neanche le sanzioni verso le persone. Proprio nel Comune di Roma, anche tramite l'Ambasciata iraniana, vediamo continui scambi di aziende, incontri tra imprenditori iraniani e italiani.
  Ecco, questi incontri non devono più avvenire, proprio perché sono degli incontri che vanno contro quello che è il vivere quotidiano in Iran. Quello che accade l'avete già ben descritto e le aziende contribuiscono alla vita e alla continua alimentazione del potere economico del regime.
  Tra un mese ci sarà anche il Social Forum che verrà presieduto da un Ambasciatore iraniano. Ecco, noi dovremmo forse tenere ancora di più la guardia alta e soprattutto chiedere alle aziende e agli imprenditori di non fare affari con questi dittatori. Ce lo insegna anche la storia: nel momento in cui manca l'economia, manca il potere che queste persone hanno e soprattutto l'influenza che hanno in tutto il contesto del cosiddetto Medio Oriente.
  Vediamo anche che l'Iran sta fortificando sempre di più i suoi rapporti con la Cina, con la Russia, con il Venezuela – che sono Paesi che conosciamo bene anche per il loro potere tecnologico – e stanno offrendo all'Iran nuove tecnologie proprio Pag. 7per sopprimere ancora di più, in maniera più capillare, il popolo.
  Abbiamo visto come l'azienda Google, per esempio, ha tolto quattro applicazioni che servivano proprio per rintracciare, monitorare, ascoltare le persone. Ecco, servirebbero azioni più eticamente giuste da parte delle aziende che forniscono quei servizi tecnologici. Forse servirebbe anche una maggiore comunicazione con gli enti che forniscono i servizi per invitarli a non fare, congelare o smettere, eliminare i rapporti economici, perché con queste economie purtroppo noi avremo tante altre vite che si perdono e si perderanno.
  Quindi, per essere dalla giusta parte etica e morale della storia, ci auguriamo che anche questo lato venga preso in considerazione, perché è importante il ruolo che ha l'Italia e l'Unione europea. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie dottoressa. Certamente ci informeremo su questo Mediterranean Dialogue di cui Lei parlava. Lei dice che sarà presieduto da un iraniano, magari chiederemo informazioni al nostro Ministero degli esteri, perché capiamo benissimo le osservazioni che Lei ha fatto e vediamo di capire come si svolgeranno questi lavori.
  Adesso do la parola all'avvocata Shady Alisadeh, che è rappresentante dell'Unione Italo- Iraniana per «Donna, Vita, Libertà». Prego avvocato.

  SHADY ALIZADEH, rappresentante dell'unione Italo-iraniana «Donna, Vita, Libertà». Grazie presidente. Ringrazio tutti i deputati e le deputate presenti in questa Commissione per averci dato lo spazio per raccontare un pezzo di storia, che non è solamente un pezzo di cultura e tradizione territoriale, ma riguarda l'universalità del principio della libertà e dei diritti delle donne.
  La richiesta, appunto, di parità, del rispetto del diritto delle donne è alla base e soprattutto è il perno fondamentale per quella richiesta ancora più ampia di democrazia e di libertà che ormai da quarantaquattro anni – ma dal 16 settembre del 2022 – le donne, gli uomini e tutta la comunità iraniana nel mondo stanno inneggiando e portando nelle piazze di ogni Paese.
  L'importanza del riconoscimento dei diritti delle donne, quali diritti umani universali, dà un valore alla portata del Movimento «Donna, Vita, Libertà» non solamente in Iran, ma nel resto del mondo. Culturalmente si è abituati a concepire i diritti delle donne quali diritti che riguardano una minoranza, solamente una parte della popolazione. Quello che l'Iran e il popolo iraniano ci stanno insegnando è che la libertà e l'emancipazione della donna è alla base di qualsiasi processo democratico e di qualsiasi processo di tutela delle libertà di ognuno.
  Da molto tempo, dal 1979, anche con una consuetudine culturale – faccio riferimento e sottolineo la parola cultura – la Repubblica islamica dell'Iran ha individuato quali nemici della morale studenti, oppositori politici, professori e intellettuali, ma ha individuato quale nemico primario la figura della donna e all'interno della categoria della donna iraniana, della donna che porta una cultura millenaria quale quella persiana, ha fatto rientrare anche la comunità LGBTQ+, le minoranze etniche, le minoranze religiose presenti all'interno dello Stato iraniano.
  Ed è proprio in questo contesto che si attua un processo universale, che è il processo universale del potere ipnotico del dominio che da secoli, ovunque nel mondo, si propaga contro la figura femminile, contro la figura delle donne.
  Io riporto qui un motto, che da quarantaquattro anni le donne iraniane raccontano nelle piazze e in ogni evento: «Nonostante il mio corpo ferito, fiorirò». Sono stata giudicata perché donna e il giudizio negativo che ci portiamo da millenni, da secoli, di essere donne è un retaggio culturale che molto spesso influenza anche quelli che sono i rapporti internazionali.
  Lo dicevano prima le mie amiche e colleghe: si ritiene questo movimento un movimento secondario, che può avere un valore non primario quando si parla di rapporti commerciali, quando si parla di Pag. 8potere economico, ed è per questo che fino all'anno scorso la Repubblica islamica dell'Iran era presente all'interno della Commissione dell'ONU in tema di emancipazione e tutela dei diritti delle donne.
  Con questo movimento, dal 16 settembre, si è rotto un argine e tutte le comunità, tutte le minoranze e anche le rappresentanze politiche si sono associate su un concetto preciso: «Donna, Vita, Libertà», che ovunque nel mondo l'emancipazione e il riconoscimento della democrazia – come noi riteniamo la democrazia – non può essere più inquinata da quel concetto patriarcale che ci vede ancora come dominio di una cultura subalterna, di una cultura comunque abusiva. Ed è proprio in questo contesto consuetudinario che la Repubblica islamica dell'Iran, come ultimo argine alla non più paura delle donne alle repressioni, agli stupri, agli abusi, il 20 settembre del 2023 ha emanato quella legge alla quale faceva riferimento la presidente Laura Boldrini, che ha inasprito le sanzioni e le pene per le donne che non portano l'hijab, che non portano il velo e – guardate – il velo è il simbolo del dominio di una cultura.
  Le pene sono fino a dieci anni per la donna che non porta il velo nei luoghi pubblici, la decurtazione dello stipendio per le donne che nei luoghi di lavoro si rifiutano di portare il capo coperto – e quindi si rifiutano di essere considerate sottomesse a una cultura patriarcale –, ma allo stesso tempo le pene si sono inasprite anche per chi non denuncia. Quindi ha posto anche l'obbligo, in una contro-cultura di spionaggio, di denunciare. Tutti i cittadini sono responsabili di una morale, tutti i cittadini sono responsabili di un ordine, quindi chi non denuncia il non corretto atteggiamento di una donna libera, emancipata, viene sanzionato con la perdita della licenza, con la perdita del proprio lavoro e anche lui con una ammenda pecuniaria. La colpa delle nostre cugine, sorelle, zie, è quella di incitazione alla prostituzione e alla corruzione morale. La nostra unica colpa è quella di essere donne, la nostra unica colpa è che come donne noi ci portiamo dietro quelli che la società continua a definire "gli ultimi, i diversi, gli emarginati" e quindi la comunità LGBTQ+, qualsiasi lotta sulla parità di genere e sulla distinzione, o meglio non considerare più il genere come una categoria precisa, chi si occupa di diritti ambientali o chi semplicemente vuole essere libero di vivere la propria vita come meglio crede. In questo contesto noi denunciamo la violazione non soltanto di categoria, ma la violazione dei diritti umani universali, ovunque nel mondo. Abbiamo portato qui delle richieste: come comunità italo-iraniana e anche come comunità di esuli iraniani che sono qui in Italia.
  Chiediamo quindi con attenzione a questa Camera, a questa Commissione e al Parlamento italiano, una graduale e significativa riduzione delle relazioni diplomatiche a livello consolare con i rappresentanti del regime della Repubblica islamica dell'Iran: verificare e condannare il mancato rispetto del divieto di vendita di strumenti di repressione, torture o censura alla organizzazione terroristica dei pasdaran; il pieno rispetto della risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2023 sulla risposta dell'UE alle proteste e alle esecuzioni in Iran, la n. 2511 del 2023; condannare fermamente la pratica costante della Repubblica islamica di bloccare internet e le reti mobili nel contesto delle proteste in atto nel Paese, cosa che impedisce la comunicazione e il libero flusso di informazioni per i cittadini iraniani; impegnarsi a consentire al popolo iraniano di accedere ad un internet gratuito, nonostante la massiccia censura da parte del regime; individuare e perseguire la rete di spionaggio e propaganda della Repubblica islamica in Iran; contrastare le campagne di disinformazione, di odio e di minacce e altri sforzi di controllo dell'opinione pubblica europea, mirati a sminuire la violazione dei diritti umani in Iran da parte della Repubblica islamica e delle sue Ambasciate contro la diaspora iraniana che vive in Europa; ampliare le tutele a favore della diaspora iraniana contro la repressione transnazionale della Repubblica islamica; agevolare il rilascio di visti a chiunque abbia il timore fondato di essere perseguitato per avere Pag. 9esercitato pacificamente il proprio diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, in relazione alle manifestazioni in Iran; contrastare e denunciare il braccio delle lobbies della Repubblica islamica in Iran; riconoscere la Repubblica islamica dell'Iran quale regime dittatoriale che sistematicamente viola i diritti umani e i diritti delle donne; inviare personale consolare e politico specializzato per monitorare il corretto esercizio di difesa e tutela dei prigionieri politici in Iran.
  Questa è una resistenza che ci vede uniti ovunque nel mondo ed è una resistenza che non vede solamente le donne come le prime colpevoli, ma riguarda anche gli uomini. Quei nostri compagni, amici, fratelli, padri che non vedono in questa cultura patriarcale e abusiva il loro principio di riferimento e quindi sono loro stessi vittime di questo regime. È doveroso che tutte le forze politiche della Comunità internazionale e questo Parlamento assumano o prendano in carico le nostre richieste.
  È nostro compito – per questo siamo qui oggi come cittadini italiani ed europei – far riecheggiare il canto di libertà e democrazia del popolo, degli uomini e delle donne dell'Iran. Lo facciamo per noi tutti, per la pace, per la democrazia, e qui – come sempre – «Donna, Vita, Libertà», sempre e ovunque. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie molte all'avvocata Alizadeh. La sua lista di richieste è molto chiara, vedremo poi come riuscire a dare seguito a queste richieste.
  Intanto io do la parola alla dottoressa Zahra Toufigh Asri, rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane». Prego.

  ZAHRA TOUFIGH ASRI, rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane». Buonasera presidente. Buonasera Commissione e grazie per questo spazio.
  Le colleghe – dottoressa Parisa Nazari e l'avvocata – hanno parlato molto precisamente rispetto alla violazione dei diritti umani in Iran. Io vorrei entrare ancora più nello specifico di quello che succede in Iran attraverso la violazione sistematica nei confronti dei cittadini.
  L'Iran ha ratificato, nel 1924, la Dichiarazione dei diritti del fanciullo e nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Alcuni diritti fondamentali sono codificati nella Costituzione approvata il 3 dicembre 1979, subito dopo la rivoluzione islamica.
  Sebbene siano previsti specifici diritti per i cittadini, gli stessi vengono violati o negati. Qui riporto alcuni diritti nella Carta costituzionale: nell'articolo 12 è previsto che la religione della Repubblica islamica è l'Islam sciita; nell'articolo 13 vediamo che sono riconosciute le minoranze zoroastriane, ebraiche, cristiane, mentre la confessione Bahá'í non è riconosciuta e i fedeli di questa confessione vengono discriminati e subiscono le persecuzioni. Per esempio, divieto di accesso alle università pubbliche e anche assunzione negli incarichi statali.
  Nell'articolo 19 è previsto: uguaglianze etniche. È da specificare che in Iran ci sono circa sette etnie diverse che vivono insieme pacificamente, con diverse lingue, ma i governatori delle regioni di Sistan e Baluchistan e della regione Kurdistan, che sono di etnia baluchi e curdi, non vengono scelti dalle persone proprio di queste regioni, di queste etnie e della loro religione. E questo per avere un maggiore controllo da parte dei guardiani della Repubblica su queste regioni, perché per il regime islamico queste due regioni – che sono regioni confinanti – sono sempre delle minacce.
  Nell'articolo 20 è prevista uguaglianza tra uomo e donna basata sull'Islam, e quindi qua vediamo proprio la discriminazione quando i diritti vengono basati sulla religione.
  Nell'articolo 23 è prevista la libertà di espressione: nessuno deve essere processato o perseguitato solo per aver per aver espresso un'idea diversa. Invece vediamo che i manifestanti e le persone che si schierano, oppositori del regime islamico, vengono arrestati e vengono violentati e incarcerati.
  Abbiamo, nell'articolo 24, la libertà di stampa. Sappiamo che la stampa iraniana subisce una censura e la stampa che pubblica le notizie di accadimenti all'interno del Paese viene chiusa e i giornalisti vengonoPag. 10 arrestati e detenuti. Nel caso specifico Elahe Mohammadi e Niloofar Hamedi, le due giornaliste che hanno pubblicato l'uccisione di Mahsa Amini, da più di un anno sono in carcere, in cella di isolamento, senza avere diritto di ricevere i propri familiari e neanche accesso al legale di fiducia. Zara Karimi, giornalista irano-canadese, nell'anno 2000 è stata uccisa sotto le torture con l'accusa di spionaggio.
  Nell'articolo 25 è consentita l'intercettazione dei cittadini; quindi ufficialmente il regime islamico intercetta i suoi cittadini e tutte le comunicazioni.
  Nell'articolo 26 è prevista la libertà di fondare i partiti, le comunità e le associazioni politiche e sociali: tra il 1998 e il 2005, durante il cosiddetto «Governo dei riformisti», sono state fondate tante ong in Iran. Purtroppo, la maggior parte di queste ong sono state chiuse e anche i fondatori sono state perseguitati. Nello specifico, la campagna di un milione di firme contro le leggi discriminatorie sulle donne iraniane che è stata creata da un gruppo di attiviste e attivisti di diritti delle donne. L'idea della campagna era di raccogliere un milione di firme, presentarle al Parlamento e chiedere l'abolizione delle norme discriminatorie sulle donne iraniane. La maggior parte di queste attiviste sono state arrestate e tante di loro sono state costrette a lasciare il Paese, tra cui Shirin Ebadi, premio Nobel del 2004.
  Nell'articolo 35 è prevista la libertà di scegliere il legale di fiducia: abbiamo visto anche negli ultimi accadimenti, dei manifestanti sono stati arrestati e a loro è stato negato il diritto di scegliere il legale di fiducia, perché purtroppo l'ordine degli avvocati ha perso la sua indipendenza anche in questo campo. Gli avvocati e difensori dei diritti umani e dei manifestanti vengono arrestati e si trovano in detenzione insieme ai loro assistiti. Gli avvocati d'ufficio che vengono assegnati ai manifestanti in realtà sono gli avvocati assunti dal Ministero della giustizia e lavorano per il Ministero della giustizia.
  Nell'articolo 38 non è consentita la tortura, la confessione forzata e il giuramento forzato: anche questo diritto dei cittadini viene negato, perché abbiamo visto e abbiamo sentito tutte le confessioni forzate che vengono registrate e trasmesse dalla TV statale.
  Nell'articolo 39 è previsto il rispetto della dignità umana nei confronti degli arrestati, detenuti e anche delle persone esiliate: anche questo diritto non viene rispettato, anzi soprattutto nei confronti dei manifestanti e delle donne attraverso la violenza, in particolare la violenza sessuale. La prima cosa che viene calpestata e tolta da queste persone è la dignità umana. Per non dilungarmi vado sul codice penale iraniano.

  PRESIDENTE. Sì, perché purtroppo abbiamo pochi minuti. I colleghi vorranno fare domande e poi c'è la replica. Alle 15 dobbiamo chiudere.

  ZAHRA TOUFIGH ASRI, rappresentante dell'Associazione «Donne Libere Iraniane». Concludo velocemente. Pena di morte e pena capitale è prevista nel codice penale dell'Iran. Secondo il rapporto annuale di Iran Human Rights nel 2022 sono state effettuate 588 esecuzioni, che sono 271 in più rispetto al 2022, e tra queste persone 16 sono donne. È prevista l'amputazione degli arti e se una persona, dopo tre condanne di amputazione degli arti, commette un reato, viene impiccata. Nel codice civile, la dottoressa Nazari ha citato l'abolizione del codice della protezione della famiglia. Vediamo che tanti diritti alle donne vengono negati, però – è da specificare – è previsto un matrimonio temporaneo che consente all'uomo di effettuare più di un matrimonio a un tempo limitato da un'ora a novantanove anni. Così l'uomo può scegliere di istigare la donna alla prostituzione senza avere nessuna condanna morale, invece lo stigma resta sulla donna. La donna necessita di autorizzazione formale del coniuge per svolgere attività lavorativa e per l'espatrio. La vita di una donna vale la metà di quella dell'uomo e questa cosa succede anche nelle eredità e nelle successioni.
  Concludo: un giorno, quando queste leggi discriminatorie e queste violazioni dei diritti delle donne e degli uomini verranno abolite non ci sarà più nessuna traccia di Pag. 11un regime che legalmente e a livello internazionale vìola i diritti dei propri cittadini. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto. Come ultimo intervento abbiamo la dottoressa Parniya Ghanati, anche lei rappresentante dell'Associazione «Donna, Vita, Libertà».
  Anche a Lei devo chiedere di essere breve perché così diamo la possibilità di fare domande e risposte. Grazie.

  PARNIYA GHANATI, rappresentante dell'Associazione «Donna, Vita, Libertà». Grazie, buonasera. È per me un grande onore essere qui di fronte a questa augusta Commissione per parlare dell'associazione «Donna, Vita, Libertà».
  La nostra organizzazione comprende una vasta comunità iraniana che risiede in Italia. Abbiamo tutti una visione comune in favore di un Iran migliore. Negli ultimi anni abbiamo svolto un ruolo importante nell'organizzare manifestazioni in tutta Italia, per promuovere un Iran laico e democratico. Crediamo fermamente nell'importanza di avere un Governo che, a prescindere dalla sua forma specifica, sostenga i princìpi democratici. Dopo quarantaquattro anni vissuti sotto l'ombra del regime della dittatura islamica è successo un fatto fondamentale dopo la tragica morte di Mahsa Amini. Gli iraniani hanno cominciato a dire basta, a volere il cambiamento del regime. Questo regime ha prodotto una distruzione che va oltre le parole, ha sistematicamente smantellato tutti gli aspetti della nostra società – e quando dico tutti intendo veramente tutti. La nostra economia è a pezzi, la nostra industria è paralizzata, il nostro ambiente è depredato e il regime non ha nessuna remora contro sanità, istruzione e diritti umani, calpesta ogni aspetto della nostra vita. Non ha lasciato niente di intentato e questo naturalmente ha lasciato delle profonde cicatrici sull'Iran. Siamo in un momento storico in cui in Iran le donne hanno dato prova di grande coraggio schierandosi in prima linea nella rivoluzione per la giustizia e la libertà e affrontando il regime.
  La loro lotta però non è isolata perché molti uomini sono con loro. Un ragazzo ha detto «Sono pronto a sacrificare la mia vita perché voi possiate godere della libertà» e, tragicamente, ha pagato con la sua vita. Per affermare questi valori, bisogna raggiungere la saggezza collettiva della società. Noi crediamo che questa rivoluzione abbia avuto inizio proprio dalla consapevolezza dei nostri giovani. La Repubblica islamica iraniana destina un'ampia quota del bilancio annuale alla promozione della propaganda e la polizia morale riceve finanziamenti più elevati rispetto ai servizi medici di urgenza. Le scuole lavorano per fare il lavaggio del cervello dei giovani, danno accesso limitato anche ad internet, eppure qualcosa di sorprendente è successo. Questi giovani hanno tenuto testa alle autorità, le giovani studentesse hanno cominciato a non mettersi più il velo, a strappare le foto dei leader del regime. Non c'è da sorprendersi se le scuole sono diventate un luogo in cui il regime punisce questi giovani. Ci sono stati dei tentativi di avvelenamento di questi studenti, che hanno causato la morte di alcuni di loro. Solo a marzo, almeno 270 scuole nel Paese sono state soggette ad attacchi chimici e le vittime erano bambini e ragazzi che avevano meno di diciotto anni. Il regime si scaglia contro questo movimento coraggioso di giovani che combattono per la libertà delle donne. Una ragazza di sedici anni, che è stata uccisa dal regime, ha dato voce all'aspirazione di questa generazione: «che cosa vogliono le iraniane? Benessere, benessere, benessere.»
  Bene, queste parole riflettono l'aspirazione di una generazione che conosce l'importanza della dignità dei cittadini e che si rifiuta di tacere. Oltre alla scuola, le proteste si sono diffuse nelle università. Oltre 3.126 studenti e 31 docenti universitari hanno subito varie forme di punizione, alcuni sono stati messi al bando dall'insegnamento all'università, altri sospesi dai corsi accademici o espulsi. Nell'ultimo anno la partecipazione a proteste pacifiche e manifestazioni sono state oggetto di sanzione. È sorprendente che ci Pag. 12sia tanto desiderio di libertà in un Paese che il regime iraniano ha trasformato in un grande carcere, ma forse è dovuto al fatto che sappiamo che nessuna dittatura spietata della storia è durata per sempre. Anche il regime islamico sa perfettamente che la sua strategia non sta dando i risultati attesi e questi sono veramente i suoi ultimi sussulti. Attraverso i massacri e le violenze sta cercando in qualche modo di guadagnare tempo.
  Vorrei concludere con alcune domande: come possiamo evitare che le società italiane facciano affari con il regime islamico? Si possono ridurre o tagliare i rapporti tra l'Italia e il regime islamico e la sua Ambasciata? Quali misure possono essere prese per cercare di riconoscere il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica come organizzazione terroristica e in che modo noi possiamo dare il nostro contributo? Ultima domanda: il rappresentante permanente dell'Iran presso l'ONU, Ali Bahreini, andrà a presiedere il Social Forum 2023 del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che si terrà il 2 e 3 novembre a Ginevra; non pensate che questa decisione vada a ledere la credibilità e la dignità dell'ONU e umili il popolo iraniano? Come possiamo rispondere a queste domande? Grazie della vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Abbiamo ascoltato interventi di grande spessore e importanza, donne professioniste impegnate per il loro Paese, diverse generazioni. Mi ha fatto molto piacere anche la composizione di questa delegazione.
  Adesso chiederei ai colleghi di fare domande. Vedo che la collega, onorevole Quartapelle, vorrebbe la parola. Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio la presidente per aver organizzato questa audizione a un anno dalle proteste di Mahsa Amini e credo che la varietà degli interventi ci dia un'idea molto chiara della varietà e della ricchezza anche dell'opposizione iraniana in esilio – e la diaspora iraniana in Italia, in particolare – quindi ringrazio molto le audite.
  Io ho una questione che riguarda alcune sollecitazioni che ci vengono dai vostri network, cioè la condizione delle ragazze che sono scappate, in particolare quelle che si trovano in Turchia ma non solo, che hanno magari un legame con il nostro Paese e che chiedono di poter venire in Italia per avere lo status come rifugiate. Se potete darci conto di questa situazione – sono varie situazioni – di come sta andando l'interlocuzione con il Ministero degli esteri da questo punto di vista e che cosa si può migliorare.
  Non stiamo parlando di milioni di ragazze iraniane, stiamo parlando di alcuni casi puntuali che alcune di voi seguono o di cui sono a conoscenza e credo che questa Commissione per essere poi operativa, non solo sulle linee di politica estera su cui discutiamo spesso con il Ministro, ma anche proprio per la protezione dei difensori dei diritti umani, magari potete darci qualche input per migliorare il nostro lavoro e per essere più efficaci.

  PRESIDENTE. Aspettiamo magari altre domande poi si risponde insieme. Collega vicepresidente Loperfido, prego.

  EMANUELE LOPERFIDO. Presidente, ringrazio e mi congratulo per la forte volontà da parte delle ospiti. Le invito a continuare, anche a partecipare a questi incontri per diffondere quanto stanno facendo, con l'obiettivo di avere sempre maggior forza con la condivisione di istituzioni come la nostra. Semplicemente questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande io passerei la parola alle audite; non so chi vuole rispondere. Dottoressa Nazari, risponde Lei?

  PARISA NAZARI, rappresentante della «Woman Life Freedom Italy Community». Sì, brevemente. Noi abbiamo avuto diverse esperienze con giovani iraniani che sono arrivati in Turchia, perché la Turchia è il Paese più vicino, che non richiede nemmeno il visto. Perciò chi si Pag. 13sente in pericolo spesso si rifugia in Turchia. Però le leggi lì sono fortemente punitive nei confronti di chi rimane più di tre mesi e la prassi per chiedere asilo politico attraverso la Turchia è una prassi molto lunga. Abbiamo visto soprattutto la gravità della situazione per quanto riguarda i manifestanti che sono stati accecati – perché una delle pratiche barbare che venivano usate nei primi mesi dopo le manifestazioni del settembre scorso era sparare agli occhi dei giovani manifestanti con proiettili di gomma o paintball – e sono stati molti i ragazzi che dopo essere stati più volte chiamati a rispondere alle autorità iraniane – semplicemente perché avevano denunciato quello che avevano subito – hanno dovuto lasciare l'Iraq e l'Iran.
  Molti sono rimasti in Turchia, alcuni – due – sono riusciti ad arrivare in Italia, ma le difficoltà per accedere a un visto d'ingresso, per motivi di cure mediche tra l'altro, sono state enormi. C'è stata una rete di cittadini italiani e iraniani che hanno fatto una catena di solidarietà per aiutare queste ragazze. Alcune sono riuscite ad arrivare in Germania e molti altri ancora sono in Turchia. E non solo manifestanti che sono stati accecati, ma anche molte attiviste e attivisti che in Iran erano in pericolo di arresto e condanna. Alcuni avevano già una condanna pendente e hanno lasciato l'Iran, alcuni sono stati anche arrestati in Turchia per aver partecipato a delle manifestazioni e per questo noi abbiamo sempre chiesto la collaborazione della Farnesina, delle autorità italiane per dare un luogo sicuro a questi giovani oppositori che non possono più tornare in Iran. In caso contrario dovrebbero affrontare processi sommari e senza assistenza legale adeguata, come abbiamo visto in questi mesi.

  PRESIDENTE. Qualcuno vuole aggiungere qualcosa? Prego.

  SHADY ALIZADEH, rappresentante dell'Unione Italo-Iraniana «Donne, Vita, Libertà». Grazie. Mi ricollego a quanto detto dalla dottoressa Nazari. Abbiamo seguito e portato in Italia forse il primo caso della donna vittima di violenza o di mutilazione specifica per aver partecipato alle manifestazioni, che ha seguito un iter di protezione internazionale. Però ha rappresentato un unicum anche in merito alle difficoltà riscontrate, anche la facilità di accedere alla richiesta di un visto per gli oppositori o i partecipanti alle manifestazioni, i ragazzi che sono in Turchia. Quindi anche la facilità di riuscire proprio a presentare le domande presso il consolato italiano per poter ottenere un visto.
  Molto spesso si è chiesto delle condizioni difficili per coloro che sono in Turchia, perché molti di loro sono in luoghi sicuri, non possono uscire, avendo la Turchia un rapporto con l'Iran specifico per il quale c'è il rientro diretto in Iran per chi è uscito dall'Iran e ha partecipato alle manifestazioni, quindi c'è questo accordo tacito di rimpatrio.
  Tra l'altro, alcune delle vittime che sono morte nei casi di giustizia sommaria, e quindi anche impiccati, erano proprio rientrati dalla Turchia. Il percorso di alcuni ragazzi che avevano proiettili e pallini di gomma nel corpo, non solamente negli occhi, hanno poi trovato un più facile ingresso in Germania, anche come riconoscimento del visto. Si sono riscontrate delle difficoltà dovute anche alle tempistiche, dovendo agire in tempi molto veloci. Per questo abbiamo messo tra le nostre richieste la concessione dei visti facilitati, senza dover richiedere ulteriori garanzie per la paura poi che queste persone possono richiedere la protezione internazionale, dissidenti politici possono poi richiedere la protezione internazionale in Italia.
  Anche la nostra comunità – e fa parte delle richieste che abbiamo inserito – ha subito degli attacchi per aver appoggiato e aiutato questo percorso di tutela e di applicazione di un diritto universale internazionale. Sono ancora tanti i casi, sono ancora molte le persone che sono in Turchia, come è stato detto; è importante anche per loro avere una via di uscita Pag. 14sicura e un riconoscimento degno della loro lotta per la libertà.

  PRESIDENTE. Vuole aggiungere qualche altra cosa?

  ZAHRA TOUFIGH ASRI, rappresentante dell'associazione «Donne Libere Iraniane». Sì, grazie. Rispetto ai casi delle ragazze, soprattutto delle attiviste in Turchia, ci sono le attiviste che non sono uscite dopo le manifestazioni del settembre 2022. Ce ne sono alcune che sono uscite prima dall'Iran per diversi motivi – per la maggior parte la discriminazione nei luoghi di lavoro – che in Turchia hanno avuto il permesso di soggiorno. Per alcune di queste il permesso di soggiorno è scaduto, però nel frattempo avevano fatto richiesta di accettazione alle università italiane. La difficoltà che hanno riscontrato era che alla richiesta del visto è stato chiesto loro il permesso di soggiorno in Turchia. Ma queste ragazze attiviste, non essendo in grado di chiedere e rinnovare il permesso di soggiorno in Turchia perché vengono arrestate, detenute e rimpatriate senza alcun motivo, sono rimaste bloccate in Turchia, pur avendo l'accettazione alla borsa di studio da parte delle università italiane.

  SHADY ALIZADEH, rappresentante dell'Unione Italo-Iraniana «Donna, Vita, Libertà». Se posso aggiungere un'altra cosa, stiamo anche registrando dei casi sporadici dove l'Ambasciata della Repubblica islamica non rinnova i passaporti per chi è in possesso di un visto in Italia. Quindi studenti, professionisti che sono qui in Italia e hanno un visto di studio, a loro non viene rinnovato il passaporto dall'Ambasciata. Quindi si trovano in una situazione di vulnerabilità più assoluta. Si parla molto spesso di studenti, ci sono state anche delle indicazioni a non partecipare alle manifestazioni del 16 settembre in Italia, altrimenti il passaporto non sarebbe stato rinnovato in sede consolare, quindi questo è un altro tema.

  PRESIDENTE. Io direi di procedere così. Siccome siamo in sede parlamentare e possiamo agire laddove ci sono richieste specifiche. Intanto vorrei mettere al corrente i colleghi e le colleghe che quando voi dicevate il Social Forum, questo è il Social Forum 2023 del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Si terrà il 2 e 3 novembre 2023 e il tema è «Scienza, tecnologia e innovazione e diritti umani». Come presidente è stato nominato appunto l'Ambasciatore iraniano e, date le violazioni dei diritti umani che sono state messe in atto dal regime iraniano, sarebbe veramente assurdo che non ci fosse anche una nota di protesta da parte del Governo in merito a questa nomina. Perché già il fatto che l'Iran ha rifiutato i vaccini internazionali, quindi c'è stata una gestione catastrofica; qui si parla di scienza, come la scienza possa aiutare i diritti umani. Poi con la repressione che è avvenuta con l'uccisione di Mahsa Amini. Quindi su questo io penso che noi potremmo, come Comitato, segnalare anche questa agghiacciante designazione. Non si può andare avanti, a nostro avviso, per tutto quello che significherebbe.
  Riguardo alle situazioni dei visti, sarebbe utile ricevere una lista di situazioni perché noi si possa poi farla presente al Ministero degli esteri.
  Io non ho capito se il collega Amendola voleva intervenire. Prego, collega Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA. Ero molto interessato a questa ultima vicenda dei passaporti, perché praticamente non rinnovando nessuno può tornare in Iran e viene considerato... diventano rifugiati praticamente, malgrado la loro volontà. Quindi approfondirei questo caso di violazione.

  PRESIDENTE. Inoltre non li lasciano partire, certo. Allora su questo, se è possibile avere delle indicazioni specifiche, perché noi si possa fare un'azione, una lettera, un'iniziativa specifica mirata a risolvere questa situazione anche sul piano umanitario.
  Io vi ringrazio infinitamente. Cerchiamo di dare seguito a queste due cose in particolare.Pag. 15
  Poi per il resto penso che voi dobbiate in ogni caso esprimere sempre le vostre richieste anche a livello governativo, e non solo a livello di Parlamento, perché è giusto anche che le vostre richieste arrivino laddove appunto c'è la possibilità di dare una risposta immediata in merito alle vostre richieste.
  Vi ringrazio e continueremo a seguire le vicende iraniane. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.