XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 26 ottobre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO

Audizione di Giulia Pompili, giornalista.
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Pompili Giulia , giornalista ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 6 
Pompili Giulia , giornalista ... 6 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Pompili Giulia  ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giulia Pompili, giornalista.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione di Giulia Pompili, giornalista.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Pompili, che è appena tornata da Taipei, dove ha partecipato a un workshop internazionale su «Disinformazione e influenza cinese».
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, Le darei subito la parola affinché svolga il proprio intervento. Grazie.

  GIULIA POMPILI, giornalista. Grazie mille e grazie a tutti per la partecipazione. Brevemente, in quindici minuti posso spiegarvi, più o meno, quali sono le aree più di crisi e i fattori di crisi della regione che oggi chiamiamo Indo-Pacifico e che fino a qualche tempo fa chiamavamo dell'Asia-Pacifico. Come noterete, per ogni crisi che potrebbe potenzialmente aggravarsi c'è quasi sempre di mezzo la Repubblica popolare cinese.
  Il primo fattore determinante riguarda le dispute territoriali. La Cina rivendica gran parte del Mar cinese meridionale e parte del Mar cinese orientale, secondo una logica che è dentro la politica, soprattutto di Xi Jinping, di rivendicazione territoriale della vastità della Repubblica popolare cinese anche a livello territoriale; è strettamente connessa, quindi, con la politica di Xi Jinping. Per quanto riguarda il Mar cinese meridionale abbiamo notato, negli ultimi mesi, un'intensificazione delle crisi e degli eventi di frizione, anche a livello internazionale. Joe Biden ieri, durante la conferenza stampa con Albanese, non a caso ha citato l'ultimo episodio, quello di domenica scorsa, quando due navi cinesi hanno colliso con altre due navi filippine. Essenzialmente, la vicenda riguarda le isole Spratly, che sono parte del territorio in parte amministrato dalle Filippine. C'è un presidio filippino sin dal 2010, credo, proprio da quando la Cina ha ricominciato a rivendicare l'area, di cui spesso nel passato si era dimenticata, di varie regioni che oggi rivendica con più veemenza.
  Domenica scorsa le collisioni sono avvenute e sono solo la fine di una serie di attività che non sono più assertive, ma aggressive da parte della Cina nel Mar cinese meridionale, soprattutto contro le Filippine, perché con le ultime elezioni – da quando c'è stato il passaggio di consegne della presidenza filippina da Rodrigo Durterte a Marcos Junior, il figlio del dittatore Marcos – c'è stato un cambiamento della politica filippina nei confronti della Cina. Questo ci dà modo di capire quanto, a Pag. 4seconda di un Governo o di una leadership di Paesi vicini anche geograficamente alla Cina, c'è un Governo pro Cina o contro la Cina – questo determina un cambiamento anche della politica, non più assertiva ma evidentemente aggressiva, di Pechino. Mentre Duterte aveva fatto di tutto per riallacciare i rapporti con la Cina, Marcos sin dal suo insediamento ha fatto capire l'esatto opposto, ha detto addirittura che il Mar cinese meridionale non lo fa dormire la notte.
  La questione delle isole Spratly è fondamentale anche per l'opinione pubblica filippina, la considerano una questione di primaria importanza anche nella politica interna e questo ha reso il Governo Marcos molto proattivo nel tentare di mostrare, anche al mondo, quali sono le criticità dell'atteggiamento assertivo e aggressivo cinese attorno alle Spratly. Affianco delle Spratly, nel Mar cinese meridionale – dove, ricordo, passa più del 21 per cento del commercio globale, quindi il controllo di quell'area marittima è fondamentale anche per l'Unione europea – ci sono le isole Paracelso, rivendicate dalla Cina ma amministrate dal Vietnam.
  Affianco del Mar cinese meridionale, dove secondo varie ricostruzioni stampa e analisti potrebbe esserci la prima causa di frattura tra oriente e occidente – tra alleati dell'America e dell'Alleanza atlantica, quindi le Filippine, e la Repubblica popolare cinese – c'è il Mar cinese orientale, che è un altro posto di cui non si parla spesso nelle cronache quotidiane dei giornali, ma anche lì ci sono delle rivendicazioni cinesi, che vengono almeno dal 2010, di un gruppo di isole che si chiamano isole Senkaku in Giappone, che sono inaccessibili da più di dieci anni a causa di uno stand off che ha creato la Repubblica popolare cinese quando, per riprendersi queste isole che erano di fatto amministrate dal Giappone, ha messo delle navi della guardia costiera a presidio. Quindi nessuno può avvicinarsi se non accompagnato – anche i pescatori giapponesi sono accompagnati se vogliono andare a pescare in quelle acque – e il Giappone ha mantenuto una politica estremamente fredda da questo punto di vista, nonostante l'opinione pubblica fosse in fermento (soprattutto una decina d'anni fa) per tentare di frenare la Cina dal prendersi queste isole. Naturalmente parliamo di isole disabitate, quasi sempre quello che importa è attorno alle isole, le risorse idriche e ittiche. Nelle Senkaku c'è uno stand off da almeno dieci anni, cioè nessuno può fare un passo ed è una tipica costruzione da parte della Cina di una delle sue tattiche preferite, che è quella della salami-slice – si chiama così in politica internazionale –, aspettare un po', la goccia cinese insomma, avere a disposizione tantissimo tempo e lentamente cambiare lo status quo in modo che la comunità internazionale non se ne accorga, ma coloro ai quali viene tolto il diritto di amministrare dei territori sì.
  Ovviamente, se parliamo di Mar cinese orientale, di quell'area vicino al Giappone, c'è anche la questione Taiwan. Come diceva l'onorevole Formentini, la settimana scorsa ero a Taipei. La questione ha cominciato ad essere particolarmente preoccupante, ma con raziocinio, da almeno un anno e mezzo, dall'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Russia perché i taiwanesi - l'opinione pubblica taiwanese - oggi si rende conto che niente può essere escluso. Quindi l'idea concreta di una possibile invasione, di un possibile attacco o comunque di una modifica dello status quo unilaterale da parte di Pechino potrebbe avvenire, se non a breve termine comunque a lungo termine. Questione fondamentale, ovviamente, è che Taiwan, che è un'isola di fatto autonoma con un suo Governo, auto-governata, a gennaio sceglierà il suo nuovo Presidente. A gennaio ci saranno le elezioni presidenziali a Taiwan, una delle più importanti elezioni – devo dire ce ne sono diverse, anche l'Indonesia voterà il prossimo anno –, per Taiwan naturalmente è un fattore particolarmente cruciale perché l'Amministrazione che c'è adesso, quella del Partito Democratico, di Tsai Ing-wen - che ha portato Taiwan alla riscoperta di un'identità che è assolutamente altro rispetto alla Repubblica popolare cinese – non può più ricandidarsi perché, nella perfezione della democrazia seppure imperfettaPag. 5 di Taiwan, ha un vincolo di due mandati.
  Il candidato del Partito Democratico è William Lai, attuale vicepresidente, un personaggio piuttosto ostile a Pechino proprio per via della consistenza delle ragioni con cui il Partito Democratico progressista taiwanese (soprattutto negli anni di Governo) ha costruito un'identità così forte a Taiwan da essere inattaccabile. Nessun taiwanese oggi si sente cinese, si sentono quasi tutti taiwanesi, nonostante i rapporti economici profondissimi tra Repubblica popolare cinese e Taiwan che resistono.
  Ho incontrato durante la mia settimana di permanenza, l'ultima più recente, parecchi giovani che lavorano regolarmente a Pechino o in altre grandi città cinesi, però si sentono taiwanesi e vivono e votano a Taiwan.
  Quindi la questione taiwanese resta naturalmente cruciale e centrale, non solo per tutti i rapporti economici che l'Unione europea ha con Taiwan e la strategicità di Taiwan – essendo una delle potenze mondiali a livello di nuove tecnologie, semiconduttori e microchip – ma anche per via di una ideale unione dal punto di vista della struttura istituzionale di Taiwan.
  Ci tengo a sottolineare un aspetto che è venuto fuori prepotentemente durante la mia ultima permanenza, che è quello della presenza italiana a Taipei. Ho incontrato diverse delegazioni diplomatiche di altri Paesi dell'Unione europea: la Polonia ha addirittura dieci diplomatici nel suo ufficio di rappresentanza a Taiwan, mentre l'Italia continua ad avere un solo diplomatico all'attivo a Taiwan. È una questione di cui si parla periodicamente e molto spesso, ma è effettivamente uno dei problemi cruciali nel rafforzamento dei rapporti tra Italia e Taiwan. Per quanto faccia un lavoro egregio – non solo l'attuale rappresentante italiano, ma anche i precedenti – è sempre una sola persona a fronte di un Paese che aumenta sempre di più e ogni anno la sua importanza sullo scenario internazionale.
  Oltre alle dispute territoriali abbiamo, in Asia orientale, anche diversi elementi di destabilizzazione che non riguardano direttamente la Cina, ma che la riguardano in qualche modo, primo fra tutti la Corea del Nord. Dal punto di vista giapponese, per esempio, il Giappone in questo momento è l'unico Paese che subisce la triplice minaccia: dalla Russia a nord, dalla Repubblica popolare cinese e dalla Corea del Nord. Questo lo rende un Paese particolarmente esposto quando si tratta, per esempio, di imporre sanzioni alla Russia. L'amministrazione Kishida, dal 23 febbraio, si è uniformata alle richieste della comunità internazionale occidentale, ma effettivamente il Giappone è molto esposto – anche e soprattutto sulla questione nord-coreana, perché i test missilistici, che abbiamo smesso anche giornalisticamente di chiamare test, non sono più test ma sono lancio di missili veri e propri, non esistono più test missilistici in Corea del Nord, è stato testato tutto quello che si poteva testare, a parte le testate nucleari – è il Paese più esposto anche a livello di acque territoriali ai lanci missilistici nordcoreani. Perché dico che è un elemento di destabilizzazione che riguarda direttamente anche la Cina? Perché la Cina - sebbene il nostro wishful thinking è che la Cina abbia potere politico su diversi Paesi, ogni volta ne citiamo uno, dalla Russia, all'Iran, all'Arabia Saudita e via dicendo - secondo analisti e l'intelligence internazionale, l'unico vero Paese su cui Xi Jinping ha vero potere contrattuale è la Corea del Nord.
  Quindi, fino ad ora abbiamo visto uno stravolgimento della situazione soprattutto nei rapporti con la Corea del Nord – fino al 2020-2021, Cina e Russia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si uniformavano nel tentativo di frenare l'avanzata bellica del dittatore Kim Jong-un –, negli ultimi due anni si è di nuovo capovolta la situazione, per cui la Corea del Nord ha e gode di una protezione internazionale e politica al 100 per cento da parte di Russia e Cina. Questo ovviamente è un problema urgente per la comunità internazionale ma, come dicevo, anche per la Corea del Sud, che è il primo Paese che subisce l'aggressività nordcoreana e le minacce nordcoreane, il Giappone e naturalmente anche Taiwan, considerata parte di questa triplice Pag. 6alleanza, molto vicina a noi per varie ragioni.
  Ultimo elemento di destabilizzazione portato avanti dalla Cina, che vale la pena menzionare e che riguarda l'intero Indo-Pacifico, è quello della disinformazione. La Cina ha imparato praticamente tutto dalla Russia e l'ha portato ad un livello molto superiore, grazie al fatto che ha la capacità di innovare ed inventare, stante anche la enorme disponibilità di finanziamenti pressoché liberi da parte della leadership di Pechino. Quindi un caso di scuola che si cita spessissimo in questi giorni, che si è citato la settimana scorsa spesso a Taipei, riguarda lo sversamento delle acque a Fukushima. Il Giappone studia il sistema per annullare la radioattività dell'acqua che era stoccata a Fukushima – l'ho vista con i miei occhi, un'intera distesa di container con l'acqua che era servita a raffreddare il reattore di Fukushima –, a un certo punto bisognava trovare un sistema per eliminarla quest'acqua, per eliminare i container: si è aspettato dieci anni, sono gli anni in cui il trizio (che è l'elemento radioattivo che più faceva paura e spaventava gli attivisti) comincia a perdere la sua potenza; l'acqua viene trattata secondo un sistema certificato dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA), quindi il Giappone ha lavorato – come esempio di assoluta trasparenza per un Paese democratico e con uno Stato di diritto – insieme agli organi internazionali proprio per rassicurare non solo il pubblico, ma anche per fare un procedimento corretto a livello internazionale per eliminare queste acque. Nonostante tutte le rassicurazioni scientifiche – un caso che abbiamo vissuto anche negli anni di COVID-19, l'importanza della rassicurazione del pubblico attraverso una corretta informazione scientifica – nonostante tutto questo la Cina ha iniziato un boicottaggio feroce e violentissimo contro il Giappone e contro tutti i prodotti ittici giapponesi, fomentando le masse, anche on-line, con una campagna di disinformazione sullo sversamento delle acque, accusando anche istituzionalmente il Giappone di avvelenare il mondo intenzionalmente. Questo è uno dei tipici esempi di quanto la disinformazione poi funzioni in Italia: anche sui giornali italiani, per giorni, quando è iniziato lo sversamento delle acque di Fukushima c'è stato qualcuno che metteva in dubbio la veridicità delle informazioni giapponesi. Non che siano state sempre, naturalmente, oro colato (soprattutto nelle prime fasi dell'incidente del terremoto e dello tsunami del 2011), ma in questo caso erano assolutamente legittime.
  Nonostante questo, appunto, l'uso politico della disinformazione cinese per colpire il Giappone in quanto alleato di ferro degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali, serviva a demolire l'immagine di un Paese a livello internazionale e il fine ultimo è quasi sempre quello di ergere la Cina a seconda potenza mondiale in grado di sfidare la prima potenza del mondo e mostrare un'immagine responsabile nei confronti del resto del mondo. Mi taccio così.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Ci sono domande o approfondimenti? Chiedo io allora. Come studiosa dell'Indo-Pacifico, che ruolo si può intravedere nel prossimo futuro per l'Italia nell'Indo-Pacifico.

  GIULIA POMPILI, giornalista. Naturalmente io frequento l'area da molto più di dieci anni e sin dall'inizio sentivo dire la frase «questo è il secolo asiatico, il secolo dell'Asia». Poi, in realtà, concretamente in questi ultimi quindici anni non è cambiato moltissimo, soprattutto nella proiezione italiana in Asia orientale. Nel sud-est asiatico abbiamo tantissimi interessi commerciali, ma la verità è che fino a qualche anno fa non c'era stata nessuna visita istituzionale, per esempio in Corea del Sud, un Paese che non abbiamo potuto menzionare ma che sta crescendo enormemente, non solo economicamente, ma anche nella sua proiezione internazionale. Presto diventerà uno dei leader internazionali in materia di esportazione di armamenti; ha una capacità produttiva e tecnologica molto competitiva, rispetto a quella taiwanese per esempio, e quindi il fatto che si siano viste poche visite istituzionali in Corea del Sud è un elemento rilevante anche per i funzionari sudcoreani.Pag. 7
  Questo naturalmente è molto cambiato dall'inizio della fine del memorandum sulla Via della seta, come se l'Italia e le Istituzioni italiane avessero riscoperto l'Indo-Pacifico proprio dopo la questione aperta sulla Via della seta, e naturalmente c'è molto più interesse a mostrarsi presenti nel mondo dell'Asia Pacifico o dell'Indo Pacifico. La Presidente Meloni ha incontrato spesso Narendra Modi che, nello schema dell'Occidente, dovrebbe essere uno degli alfieri dei valori occidentali in Asia; posto che lo possa fare oppure no - questo si vedrà - naturalmente c'è molto più interesse nei confronti del Giappone e anche in Corea del Sud. La Corea del Sud è in attesa, per esempio, di vedere se sarà invitata al prossimo G7, come ha fatto il Giappone lo scorso anno.
  Quello su cui forse siamo più deboli - dove invece in Francia, per esempio, c'è grande attivismo - riguarda la questione della proiezione militare. Non è facile, naturalmente, per tutti i Paesi dell'Unione europea, tranne quelli che hanno diretti interessi – per esempio, la Francia con i cittadini nell'area australiana – però quella è una cosa che manca e che viene avvertita dagli alleati dell'Asia-Pacifico, il mostrarsi, l'abbiamo fatto con il Morosini, probabilmente lo faremo con il Cavour, non sappiamo quale sarà esattamente la strategia della nostra Difesa di proiezione nell'Asia-Pacifico. Naturalmente vanno considerati tutta una serie di fattori che riguardano anche le crisi più vicine a noi geograficamente e la risposta che siamo costretti a dare; però ovviamente quella parte, considerati i fattori di crisi in Asia-Pacifico e nell'Indo-Pacifico, la proiezione militare e di forza è sempre molto apprezzata dal punto di vista della deterrenza.

  PRESIDENTE. Che cosa si muove nell'Indo Pacifico tra AUKUS, QUAD, anche a livello bilaterale, tra i Paesi che avvertono una minaccia alla libertà di commercio, di navigazione? Si stanno formando nuove alleanze, anche bilaterali?

  GIULIA POMPILI, giornalista. C'è stato anche qui un problema, che ha attraversato diversi anni, tra l'Australia e la Cina per esempio, che sembra essere in via di soluzione. Antony Albanese, il Primo Ministro australiano, probabilmente sarà in Cina la prossima settimana, dopo essere stato ospite proprio ieri a Washington, alla Casa Bianca.
  Wang Yi, capo della diplomazia cinese, oggi è a Washington per un colloquio bilaterale con Blinken; i rumors sono che Xi Jinping effettivamente farà il suo ingresso a San Francisco all'APEC tra tre settimane.
  I movimenti naturalmente ci sono, soprattutto movimenti diplomatici, di dialogo. Ovviamente tutto ruota intorno attorno alla Cina, perché è lei che gestisce i tempi e i modi del dialogo. Questo è un assioma difficilmente dimenticabile: è la Cina che decide quando parlare con gli Stati Uniti, quando risolvere le questioni con l'Australia. La Repubblica popolare cinese ha attivato, sin dall'inizio della pandemia da COVID-19, un boicottaggio violentissimo sui prodotti australiani, che ha portato all'Australia diversi problemi economici concreti, per ragioni storiche e di esternazioni del Governo australiano. L'Australia fa parte di AUKUS, ecco perché ne stiamo parlando, questa alleanza vera e propria tra Regno Unito, America e Australia per la condivisione di segreti militari che riguardano i sottomarini, ma non solo. Per l'Australia il riavvicinamento con la Cina non è dettato da questioni concrete, come risolvere il problema del boicottaggio, ma dal fatto che si è aperto uno spiraglio a Pechino di apertura nei confronti del negoziato con l'Australia. Quindi questo è un rovesciamento importante da considerare, proprio perché è sempre la Cina che detta i tempi e i modi. Non sappiamo come andrà a finire, evidentemente bisognerà capire cosa vuole la Cina dall'Australia – e quindi anche da AUKUS – per riattivare un dialogo e probabilmente ne sapremo di più nei prossimi mesi, alla fine di tutta questa girandola di vertici e incontri, sempre bilaterali; perché un'altra caratteristica della leadership di Xi Jinping è quella di annullare praticamente i vertici multilaterali, quindi tentare di ridimensionare il multilateralismo, ma dare molta importanza ai vertici bilaterali.
  Anche quando parliamo dei BRICS, per esempio, o del G20, quindi grandi vertici sovranazionaliPag. 8 dove ci dovrebbe essere all'attivo un vero dialogo multilaterale, per la leadership di Pechino la strategia che si individua – naturalmente sono nostre interpretazioni, degli analisti e dei giornalisti – è un tentativo di dare sempre molta più importanza al dialogo bilaterale, che è un modo per dividere e governare, avere una leadership di qualche tipo.

  PRESIDENTE. Grazie, non vedo altre richieste di domanda. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.