XIX Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 23 marzo 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pagano Nazario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI ATTIVITÀ DI RAPPRESENTANZA DI INTERESSI

Audizione di Tommaso Edoardo Frosini, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Ida Angela Nicotra, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania (in videoconferenza) e Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale presso l'Università Roma Tre
Pagano Nazario , Presidente ... 3 
Frosini Tommaso Edoardo , professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 3 
Pagano Nazario , Presidente ... 5 
Nicotra Ida Angela , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania (in videoconferenza) ... 5 
Pagano Nazario , Presidente ... 7 
Celotto Alfonso , professore di diritto costituzionale presso l'Università di Roma Tre ... 7 
Pagano Nazario , Presidente ... 8 
Celotto Alfonso , professore di diritto costituzionale presso l'università di Roma Tre ... 8 
Pagano Nazario , Presidente ... 8 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 8 
Pagano Nazario , Presidente ... 9 
Nicotra Ida Angela , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania ... 9 
Pagano Nazario , Presidente ... 9 
Celotto Alfonso , professore di diritto costituzionale presso l'Università di Roma Tre ... 9 
Pagano Nazario , Presidente ... 10 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 10 
Pagano Nazario , Presidente ... 10 
Nicotra Ida Angela , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania ... 10 
Pagano Nazario , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Tommaso Edoardo Frosini ... 11 

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NAZARIO PAGANO

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Tommaso Edoardo Frosini, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Ida Angela Nicotra, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania (in videoconferenza) e Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale presso l'Università Roma Tre

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di attività di rappresentanza di interessi, l'audizione di Tommaso Edoardo Frosini, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, di Ida Angela Nicotra, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania, che partecipa in videoconferenza, e di Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale presso l'Università Roma Tre. Avverto che i deputati possono partecipare in videoconferenza alla seduta odierna, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il regolamento.
  Do quindi la parola a Tommaso Edoardo Frosini, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

  TOMMASO EDOARDO FROSINI , professore di diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Grazie Presidente, grazie a lei e alla Commissione per l'invito a partecipare a questa indagine conoscitiva.
  Do subito un'attestazione di riconoscimento per aver voluto intraprendere questa indagine, alla quale so che seguirà anche un tavolo tecnico ai fini di un'ipotesi di elaborazione di una proposta di legge.
  Come sapete, il tema della rappresentanza degli interessi e delle lobby, è nell'agenda parlamentare da diverse legislature; certe volte si è quasi arrivati al punto di concludere, ma poi alla fine non si è riusciti ad approvare la legge. Io mi dichiaro subito favorevole all'ipotesi di normazione che regoli le lobby nel nostro ordinamento e auspico che in questa legislatura, soprattutto per impulso della I Commissione e del suo Presidente, si riesca.
  Ho depositato un testo, che ho già mandato alla Commissione, al quale ovviamente rinvio e nel quale cerco di esprimere alcune mie impressioni su questo tema. Molto rapidamente, stando perciò nei tempi, sottolineo ed evidenzio alcuni passaggi.
  Primo punto. Cosa si intende per rappresentanza degli interessi? Ovviamente il legislatore dovrà fornire alcune definizioni, in merito a cosa sia il rappresentante degli interessi, e cosa sia l'attività di rappresentanza degli interessi. Sul punto, vorrei provare a darvi una suggestione.
  Sapete che c'è la rappresentanza politica, che si declina principalmente, ma non esclusivamente, nella rappresentanza parlamentare; direi che la rappresentanza degli interessi è una delle declinazioni della rappresentanza politica. Cioè, vengono portate le istanze di coloro i quali, in qualche modo, contribuiscono allo sviluppo della Pag. 4 società civile, attraverso i settori di interesse nei quali operano, e in questo modo favoriscono il decisore pubblico, ovvero il rappresentante parlamentare. Quindi, definirei la rappresentanza degli interessi come un succedaneo, come un'integrazione della rappresentanza politica, e non un qualcosa di alternativo o addirittura di nemico della rappresentanza politica.
  Quindi, il primo aspetto: il rappresentante degli interessi entra nel contesto della definizione e del dispiegamento dell'effettività di funzionamento della rappresentanza politica.
  Secondo punto. In questo ambito è molto significativo e importante il profilo comparato, cioè andare a vedere come funziona altrove. Ebbene, tutte le democrazie che dovrei chiamare stabilizzate, cioè quelle democrazie dove ormai c'è un consolidamento del funzionamento delle istituzioni costituzionali, hanno una legge sulle lobby, a partire ovviamente dalla prima democrazia, se vogliamo lasciare da parte il Regno Unito, cioè gli Stati Uniti d'America.
  Negli Stati Uniti c'è una legge che regola il fenomeno lobbistico e che addirittura è protetta sotto l'ombrello della Costituzione, dal principio del freedom of speech, previsto dal primo emendamento. Ci sono anche pronunce della Corte suprema che riconoscono come il diritto alla libera espressione consente l'attività di lobbying quale diritto di contribuire, attraverso le proprie competenze e conoscenze, a far sì che il decisore possa assumere il provvedimento migliore o comunque più adatto per la regolazione di quello specifico settore e interesse.
  Sul terzo punto, sempre rinviando per una analisi più precisa al testo scritto, mi permetto di segnalare all'attenzione del legislatore l'esigenza di fare una legge che sia una legge promozionale. Vedete, questo è un problema ormai di cui è bene che il legislatore avverta il senso. La legge non è più, come la si pensava un tempo, un atto volto a sanzionare, a reprimere, a comprimere, a limitare. Una legge deve servire, soprattutto in un periodo storico come questo, nel quale abbiamo bisogno di sviluppo, di crescita e di progresso, a promuovere le situazioni. Ovvio, tenendo conto poi di chi incorre nella violazione delle regole e quindi prevedendo anche ipotesi sanzionatorie, ma la finalità deve essere promuovere.
  Allora la mia proposta, che sottopongo all'attenzione di questa Commissione, è una legge di tipo promozionale e non repressiva. E che questo sia frutto di un approccio rispetto al tema delle lobby, diverso da quello che tendenzialmente appare sulla cronaca giornalistica, che assimila le lobby ad associazioni di malaffare, che lavorano nell'ombra, che cercano di influenzare e influire sul decisore attraverso comportamenti non solo illegittimi, ma talvolta anche contrari al codice penale.
  In gran parte delle democrazie occidentali le lobby servono, aiutano il legislatore. In fondo, che cosa è anche un'indagine conoscitiva, se non sentire l'opinione di chi ha competenza su quella materia, in modo tale da consentirgli di contribuire al procedimento decisionale? Poi, sarà il legislatore ovviamente a trarre le conseguenze, a valutare se quello che è stato detto è meritevole di essere preso in esame oppure no. Allora, da qui l'idea di far sì che le lobby abbiano un ruolo all'interno dell'attività decisionale pubblica e che questo ruolo gli venga riconosciuto e non venga compresso.
  Non bisogna avere paura delle lobby, perché se tu ne hai paura e le vuoi comprimere è possibile che tendenzialmente tu finisca col favorire anche un'attività di tipo illecito; invece, se tu le riconosci, le rendi trasparenti, allora è possibile che possano concorrere alla produzione degli atti, in quelle tematiche nelle quali esse hanno necessariamente una competenza, perché ci lavorano quotidianamente.
  E poi diciamoci la verità – e con questo concludo Presidente – le lobby esistono in Italia; si tratta di fotografare dal punto legislativo ciò che di fatto c'è. Sappiamo tutti benissimo che ogni azienda, piccola, media e soprattutto grande, ha l'ufficio relazioni istituzionali, perché così si chiamano. Che cosa sono questi uffici se non uffici che hanno il compito di curare i rapporti con i decisori pubblici, sia a livello regionale per quanto riguarda la legislazionePag. 5  regionale, sia a livello statale per quanto riguarda la legislazione nazionale, e così pure anche l'attività normativa di fonte inferiore, come ad esempio gli atti governativi. E allora qui si tratta soltanto di tradurre in legge una situazione che già c'è, e immagino che a questo servirà anche il tavolo tecnico che lei Presidente ha voluto in qualche modo immaginare, affinché si possa giungere alla predisposizione di un testo da sottoporre eventualmente all'approvazione del Parlamento. Un testo che potrebbe prevedere, ad esempio, il registro – ci sono tutta una serie di cose che poi magari ora vi risparmio e mi limito soltanto a queste considerazioni – e tutta una serie di ulteriori dettagli tecnici che potranno semmai essere presi ad esempio da altri ordinamenti stranieri, a condizione che ci sia la sostenibilità normativa. Perché non basta prelevare e trapiantare, ma bisogna poi considerare alcune problematiche tipiche dell'ordinamento nel quale si vuole inserire quella norma proveniente dall'esterno. Grazie.

  PRESIDENTE . Grazie a lei professor Frosini. Ovviamente la comparazione con gli ordinamenti degli altri Paesi è fondamentale.
  Do quindi la parola a Ida Angela Nicotra, che è collegata con noi in videoconferenza, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania. Prego, a lei la parola.

  IDA ANGELA NICOTRA , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania (in videoconferenza). Grazie Presidente. Grazie a lei per avermi coinvolta in questa indagine conoscitiva e alla Commissione Affari costituzionali della Camera.
  Il tema della rappresentanza degli interessi, il tema delle lobby, come è stato già detto dal collega Frosini, è un tema di cui il Parlamento italiano ha provato a occuparsi da decenni. Tra l'altro, anche a livello internazionale e sovranazionale, si chiede all'Italia di dotarsi di una legge sulla rappresentanza degli interessi. Penso innanzitutto al Gruppo di Stati contro la corruzione, il GRECO, che appunto chiede all'Italia l'impegno per una legislazione di questo tipo.
  In Italia esistono, in effetti, delle normative che si occupano di rappresentanza di interessi: alcune regioni, come il Molise, la Toscana e la Sicilia, si sono dotate di norme di questo tipo, che sono poco o per nulla attuate. La Camera dei deputati, dal 2016, ha un registro per l'attività della rappresentanza di interessi, ma oggi penso che si voglia cominciare a ragionare sull'idea di una legge organica, di una legge generale che tratti questo tema.
  Rispetto alla proposta di programma che la Commissione ci ha fornito, ci sono alcuni elementi che occorre approfondire.
  Innanzitutto, il tema di che cosa si intende per rappresentanza di interessi e di quali interessi si parla. Di interessi veramente non generali, interessi particolari, che quindi appartengono a dei gruppi che vengono a essere portati all'attenzione del decisore pubblico, quindi interessi che non necessariamente devono essere economici ma che sono appunto interessi settoriali, e che devono partecipare della funzione legislativa, oltre che concorrere all'adozione di provvedimenti di carattere amministrativo.
  Il tema della rappresentanza degli interessi è legato strettamente all'idea del principio di trasparenza nei processi decisionali, quindi alla capacità di rendere tracciabili gli itinerari che vengono seguiti, i procedimenti per arrivare all'approvazione della legge.
  Da questo punto di vista non vi è dubbio che l'attività di rappresentanza di interessi, le attività di lobbying sono perfettamente compatibili rispetto al quadro costituzionale. Ce lo dice la Corte costituzionale, perché rientrano in quel diritto di partecipazione politica che tutti i cittadini hanno e che deve essere messo nelle condizioni di trovare la migliore espressione.
  Questa attività, d'altra parte, deve essere delimitata attraverso un quadro di norme, anche per distinguerla da un'attività che, invece, non è lecita, e che è quella recentemente prevista nel codice penale, all'articolo 346-bis, come reato di traffico di influenze illecite. Quindi, la legge dovrebbe Pag. 6 segnare un confine chiaro tra ciò che è lecito e ciò che lecito non è.
  È importante sottolineare come l'esigenza degli Stati moderni, e quindi anche l'esigenza dell'ordinamento italiano, è fare in modo che gli interessi particolari possano trovare voce all'interno del Parlamento e comunque nelle sedi della decisione politica.
  Per fare questo occorre una legge che incentivi a rendere trasparenti, noti, conoscibili, gli interessi che vengono appunto selezionati e che vengono poi rappresentati, e anche chi si fa rappresentante di questi interessi. E perché la legge abbia una finalità appunto incentivante rispetto all'idea di rendere noti coloro che interloquiscono con le istituzioni pubbliche, la legge deve avere un carattere, dal mio punto di vista, a maglie larghe: con pochi obblighi, solo quelli che servono a definire la persona che è rappresentante di interessi, a indicare chiaramente che questi soggetti non abbiano delle condizioni che impediscono un'attività trasparente e perfettamente conforme alle norme del diritto.
  Mi riferisco al fatto che la legge dovrebbe prevedere il requisito dell'assenza di condanne per reati contro la pubblica amministrazione; mi riferisco al fatto che colui che rappresenta gli interessi debba essere soggetto a una norma che stabilisce il cosiddetto divieto delle porte girevoli, e quindi che impone un periodo di «raffreddamento» tra un incarico politico ed eventualmente un'attività di carattere lobbistico. Dall'altra parte, l'incentivazione attraverso una legge che si occupa di rappresentanza di interessi deve avvenire prevedendo forme di agevolazione di questi soggetti: mi riferisco alla possibilità per il lobbista di accedere alle sedi, ad esempio, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mi riferisco alla possibilità per questi soggetti di accedere anche alla documentazione rispetto a quel particolare settore, a quella particolare materia che è appunto nell'interesse del lobbista, cioè trovare un meccanismo che incentivi questa iscrizione nel registro.
  Ma davanti a chi si rappresentano gli interessi? Cioè chi sono i decisori pubblici? Sono solo i decisori politici? Penso che l'ambito di riferimento del decisore pubblico debba essere allargato, guardando quindi non solo ai decisori politici - quindi a parlamentari, ministri, sottosegretari - ma andando anche a individuare altri soggetti, altri organi. Mi riferisco ai vertici, ad esempio, delle autorità amministrative indipendenti, alle figure apicali della pubblica amministrazione, cioè a tutte quelle figure che in qualche modo contribuiscono al processo decisionale. Proprio perché il rapporto tra chi decide o chi concorre a una decisione – che sia una legge o un atto amministrativo – e il rappresentante di interessi è l'aspetto saliente della disciplina.
  Nella proposta di programma di indagine conoscitiva si sottolinea anche il tema relativo alla possibilità di accompagnare il registro dei lobbisti, quindi l'iscrizione del rappresentante degli interessi nel registro, all'agenda. L'agenda è un altro strumento, che già esiste in alcune amministrazioni indipendenti; penso, ad esempio, al regolamento dell'Autorità nazionale anticorruzione, che vige dal 2019, e nel quale della rappresentanza di interessi esiste sia il registro che l'agenda. L'agenda deve indicare il nome del rappresentante di interessi, il nome del decisore pubblico con il quale lo stesso rappresentante ha avuto il contatto, il luogo dell'incontro e anche una sintesi di quanto è stato detto proprio in quel particolare contesto. Ora, per la pubblicazione di questi dati, ad esempio tramite internet, quindi accessibili a tutti, cioè senza alcun ostacolo nella conoscibilità, si pongono evidentemente problemi di privacy e quindi di tutela dei dati personali. Ecco si potrebbe ovviare, se si volesse immaginare una legge che ha sia il registro che l'agenda degli incontri, prevedendo una previa informazione da parte del decisore pubblico del fatto che quelle attività, e quell'incontro, verranno poi appunto resi pubblici.
  Si pone poi anche il tema di chi deve verificare che quanto viene scritto nel registro da parte del lobbista, risponda al vero; e, conseguentemente, si pone il tema delle eventuali sanzioni per chi non rispettaPag. 7  le regole della relazione istituzionale.
  Ecco, in questo quadro mi sembra che le opzioni siano due.
  La prima, di riservare questo compito, e quindi la tenuta anche del registro, a un'autorità indipendente (in particolare si era parlato, anche in disegni di legge precedenti, della tenuta del registro da parte dell'AGCOM, attribuendo a tale autorità anche la possibilità di erogare sanzioni nel caso di violazione delle regole) oppure, in alternativa, attribuire tali funzioni a una struttura governativa. Io ritengo che la soluzione migliore sia quella di fare in modo che sia un'autorità indipendente a svolgere questo ruolo, non fosse altro perché alcune di queste, l'AGCOM ma anche l'ANAC, hanno proprio il compito di rendere le relazioni istituzionali e le relazioni pubbliche trasparenti e quindi legate non soltanto all'idea della conoscibilità ma anche all'idea della concorrenzialità. Cioè, tutti i soggetti portatori di interessi non generali devono avere accesso al decisore pubblico, alla possibilità di portare avanti quell'analisi, quella documentazione per un interesse. Proprio perché la legge, oggi, è il frutto di una mediazione non solo possibile, ma direi necessaria, tra tutti gli interessi (pubblici come privati), cercando di sacrificare il meno possibile gli interessi privati e facendo in modo che la partecipazione al processo legislativo diventi un aspetto reale; questo richiede la Costituzione, che vuole il decisore pubblico, il decisore politico, come colui che appunto seleziona gli interessi e decide sulla base di interlocuzioni che sono fondamentali con gli altri soggetti dell'ordinamento. Ciò proprio in nome del pluralismo sociale e anche della necessità che il decisore pubblico sia nelle condizioni di conoscere e quindi di realizzare una legislazione di qualità anche attraverso l'expertise, la competenza di coloro che appunto svolgono quest'attività anche come attività professionale e portare proprio questo interesse all'attenzione di chi poi dovrà decidere. Mi fermo qui.

  PRESIDENTE . La ringrazio. Se ci fa avere un suo contributo scritto, sarebbe molto utile.
  Passo adesso la parola al professor Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale presso l'Università di Roma Tre, che è qui con noi nell'aula della I Commissione. Prego professore.

  ALFONSO CELOTTO , professore di diritto costituzionale presso l'Università di Roma Tre. Presidente, io la ringrazio perché è sempre un onore, per un accademico, essere chiamato dal Parlamento a dare il proprio contributo a quello che è, giustamente, l'arricchimento dell'istruttoria legislativa.
  Il tema della rappresentanza di interessi è un tema antico. Io ho ritrovato anche questo scritto di Luigi Einaudi dal titolo «Conoscere per deliberare», che nel 1955 si poneva già problemi che possono sembrare ancora attuali. Poi lascerò tutte le citazioni.
  Riporto, inoltre, la mia esperienza passata di collaboratore di Governo. Tante volte ti trovi, anche come Ufficio legislativo, a dover intervenire sull'acqua o piuttosto sui microfoni e hai bisogno di conoscere, e quindi devi fare quella che noi chiamiamo scientificamente la consultazione dei destinatari delle norme. Devi giustamente ascoltare i rappresentanti dell'acqua, del tappo, della bottiglia, quelli che la bevono e che non la bevono e dopo che hai ascoltato tutti i rappresentanti di interessi, riesci a deliberare meglio, perché giustamente li senti tutti e capisci i pro e i contro.
  Quindi, il fenomeno della rappresentanza di interessi non è utile, è necessario; ed è necessaria una legge che lo disciplini. Poi rinvio alla memoria scritta su quanto questo favorisca la legittimazione, favorisca la democraticità, il senso di responsabilità, la competenza e così via. Il punto qual è? Anche venendo agli ultimi disegni di legge della scorsa legislatura, bisogna stare attenti a non creare su questo tema un'ennesima macchina burocratica, perché creare un sistema di moduli, di certificazioni, di autorizzazioni, e la privacy e l'ANAC, rischia di produrre la solita montagna di carte, che non ti porta a un risultato.
  Quindi, sinteticamente, il punto qual è: la legge va fatta; va fatta una legge leggera, quindi non una legge che cominci a discuterePag. 8  lungamente di qual è l'organo competente, che crei un'authority apposita, come ha detto qualcuno. Assolutamente no. Io ritengo che si possa cambiare prospettiva. In che senso? Gli ultimi tentativi legislativi si basavano sul lobbista, cioè disciplinavano l'attività che può compiere il cosiddetto lobbista, che ormai è diventato una professione, quella del portatore di interessi.

  PRESIDENTE . Ci sono anche dei corsi universitari e dei master post lauream.

  ALFONSO CELOTTO , professore di diritto costituzionale presso l'università di Roma Tre. Certo, quindi forse a questo punto faremo presto anche l'ordine dei lobbisti. Tutti gli obblighi delineati dagli ultimi disegni di legge si riferivano alla professione del lobbista. E quindi lì mettevi tutta una serie di adempimenti, cominciando a scegliere dove collocare il registro, quando aggiornarlo, partendo dal presupposto che è il portatore di interessi a doversi registrare. Io penso che, invece, sarebbe più semplice fare in un altro modo, cioè mettere questi obblighi di trasparenza e conoscenza in capo al decisore. Perché alla fine è vero che è il lobbista a chiedere – ad esempio al Presidente – un incontro: «Presidente, io vengo per parlarle dell'acqua minerale». Ma deve essere il lobbista a iscriversi nel registro o, viceversa e più semplicemente, non dovrebbe essere il decisore – il Presidente, il Ministro, il capo di gabinetto, il parlamentare – a compilare la propria agenda ed a renderla poi, in qualche modo, trasparente? Io credo che questa seconda soluzione favorisca la legittimazione politica perché consente all'elettore, in una responsabilità politica diffusa, di valutare se il parlamentare o il ministro si è interessato, ha ricevuto, ha discusso e quindi se ha arricchito il portafoglio di conoscenze e se poi ha deciso meglio.
  Quindi, forse, ma mantenendosi proprio nelle generalissime, si dovrebbe pensare a un disegno di legge che riguardi l'agenda del decisore, con obblighi di trasparenza leggeri e uniformi (perché altrimenti poi si comincia a discutere fra tutte le autorità, come fare o non fare, cosa si pubblica e cosa non si pubblica), per delineare una cornice di trasparenza. Perché noi cosa vogliamo da tutto questo? Vogliamo, da una parte, maggiore consapevolezza della decisione (ma questa già ce l'hai, perché le incontri le persone) e, dall'altra, vogliamo la trasparenza, la casa di vetro evocata da Turati nel 1907. Io mi fermerei qui.

  PRESIDENTE . La ringrazio, molto sintetico. Tanto poi avremo il suo contributo che sarà pubblicato sul nostro sito. Ovviamente condivido questo aspetto, cioè di rendere tutto trasparente e chiaro.
  Non so se ci sono delle domande fra i deputati presenti e collegati. Prego, onorevole Alfonso Colucci, le do la parola.
  L'unica cosa, purtroppo non c'è il professor Frosini che si è dovuto allontanare quindi le domande eventualmente solo alla professoressa Nicotra o al professor Celotto.

  ALFONSO COLUCCI . Grazie Presidente, davvero grazie per questi interventi che sono preziosi per l'arricchimento che comportano.
  Mi pare di capire che emerga la generale visione per cui la trasparenza è l'antidoto contro le negatività del lobbismo. Ciò che ci preoccupa non è il lobbismo in sé, ma è l'esercizio oscuro delle attività lobbistiche, e la trasparenza è invece elemento di antidoto.
  A me sembra, sinceramente, che questa impostazione non confligga neanche con il divieto di mandato imperativo previsto dalla Costituzione. Credo che siano due elementi separati, anche se naturalmente ciò comporta (ma i professori potranno arricchire o correggere queste mie osservazioni) una visione diversa del Parlamento, nel senso che andremmo verso una configurazione più anglosassone del Parlamento come centro di incontro e di scambio di interessi particolari, mentre la visione nostra del parlamentarismo, di matrice francese, vede in qualche modo un'astrazione del deputato, una volta eletto, dagli interessi particolari, in quanto espressione di un interesse superiore che è l'interesse pubblico. Pag. 9 Non mi sembra che questo confligga perché questa visione è quella che poi viene normalmente posta a base dell'interpretazione della ratio del divieto di mandato imperativo.
  Vorrei chiedere se queste mie osservazioni sono condivisibili da parte degli esimi costituzionalisti presenti, ma vorrei anche chiedervi se vi convince questa impostazione light del fenomeno, cioè un'impostazione che non tende a costituire ulteriori autorità indipendenti, con ulteriori oneri, sanzioni, istruttorie, procedimenti, impugnativa al TAR, Consiglio di Stato. Che sia una responsabilità del decisore rendere trasparente la propria agenda, in senso naturalmente metaforico e simbolico, non in senso concreto, mi sembra molto convincente. Ma riterrei che questo aspetto non possa essere scisso da un secondo aspetto, che è quello di una puntuale disciplina del conflitto di interessi. Cioè, che il decisore renda non solo trasparenti gli interessi particolari che lo possono ispirare nelle proprie scelte, ma anche quelli che sono i propri interessi. E siccome noi abbiamo in questa Commissione allo studio anche una proposta di legge esattamente sul conflitto di interessi, allora sarebbe interessante, signor Presidente, se questa impostazione potesse essere condivisa; ma qui possiamo chiedere l'avallo degli illustri costituzionalisti per pensare che quella proposta possa essere arricchita di un'appendice che, con la disciplina puntuale del conflitto di interessi, possa anche rendere trasparente l'agenda del decisore, nel nostro caso del parlamentare.
  Ecco vorrei chiedere quale sia l'opinione degli illustri professori a queste mie suggestioni.

  PRESIDENTE . Iniziamo con la professoressa Nicotra, alla quale chiedo brevità nella risposta, e poi risponderà il professor Celotto.

  IDA ANGELA NICOTRA , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania. Rispondo alle considerazioni dell'onorevole Colucci che, certamente, il modo di intendere oggi il Parlamento può rappresentare una sintesi tra la concezione francese della legge generale, al di sopra di tutto, l'astrazione della legge in generale, rispetto a un'idea di sintesi degli interessi particolari. Cioè l'idea è che la legge deve rappresentare l'esito di un percorso dialettico tra l'interesse pubblico e gli interessi particolari, cercando di sacrificare gli interessi particolari il meno possibile. In più, la crisi dei partiti fa in modo che appunto l'attività della rappresentanza degli interessi faccia riemergere queste esigenze che vengono dal basso.
  Con riferimento all'idea di come strutturare una legge di questo tipo, certamente io sono per la soluzione più leggera che, come ho detto prima, indichi le agevolazioni e la premialità per chi si iscrive nel registro, rispetto a coloro che non intendono farlo, anche perché questo rappresenta probabilmente il modo di meglio esplicitare l'obiettivo. Cioè l'obiettivo è fare partecipare il più interessi possibile e quindi mettere al centro anche la parità di accesso e il diritto di partecipazione.
  Ultimo punto: il conflitto d'interessi del decisore pubblico. Voi sapete benissimo che vi sono codici di condotta che richiedono di far emergere eventuali situazioni di conflitto di interesse, in modo che il decisore pubblico renda chiara la sua posizione rispetto a taluni aspetti. Quindi mettere all'interno di una stessa disciplina legislativa il fenomeno della rappresentanza degli interessi e la regolazione del conflitto di interessi del decisore pubblico, potrebbe essere una soluzione che tenga in piedi i due obiettivi: da una parte la trasparenza e dall'altra parte la partecipazione.

  PRESIDENTE . Grazie. Adesso chiudiamo con il professor Celotto.

  ALFONSO CELOTTO , professore di diritto costituzionale presso l'Università di Roma Tre.
  Giustamente l'onorevole Colucci sposta la questione sul ruolo del parlamentare e intendere la legge sulla rappresentanza di interessi in quella chiave, più anglosassone, ti arricchisce la chiave in cui hai una maggiore trasparenza e una maggiore partecipazione.Pag. 10 
  D'altra parte qui mi viene da citare Emma Bonino. Il primo incarico governativo lo ebbi con la Bonino nel 2006, la quale mi ricordo ci disse: «bisogna incontrare tutti e ricevere tutti, male che va non li riceva da solo, si faccia accompagnare all'appuntamento», così ascolti tutti e veda tutti.
  Quindi giustamente questa è la chiave. Il conflitto di interessi è l'altro pezzo per poi completare il quadro.

  PRESIDENTE . Do nuovamente la parola all'onorevole Colucci, per un'appendice, ma proprio brevissima.

  ALFONSO COLUCCI . Presidente grazie. Non vorrei approfittare ma ho un ulteriore quesito per la professoressa. Quindi professoressa, mi pare di capire che lei, nel concordare sulla possibilità di aggiungere a una legge sul conflitto d'interessi un'appendice sulle lobby, vede gli obblighi di trasparenza da parte del decisore assolti previa istituzione di un registro nel quale il lobbista debba iscriversi. Cioè prefigura un registro nel quale il lobbista si iscrive e, al contempo, un onere di comunicazione da parte del decisore politico della sua agenda. Questa sarebbe l'impostazione professoressa, se ho capito bene, e grazie infinite.

  PRESIDENTE . Sì, vada a concludere ma telegraficamente perché abbiamo superato il tempo a nostra disposizione. Prego.

  IDA ANGELA NICOTRA , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università di Catania. Sì io penso questo. L'agenda ha il limite del profilo che riguarda la privacy e la riservatezza della persona con la quale si interloquisce. Infine, vorrei sottolineare che naturalmente l'articolo 67 della Costituzione, sul libero mandato parlamentare, dal mio punto di vista, non ha nulla a che fare con la disciplina della rappresentanza degli interessi. L'articolo 67 rimane il pilastro della liberal-democrazia e sentire tutti non significa venir meno a questo principio fondamentale che è alla base del nostro costituzionalismo.

  PRESIDENTE . Con questa conclusione, che mi pare avvicini anche i nostri due relatori di oggi, io concludo e ringrazio ovviamente sia il professor Frosini, che ha dovuto allontanarsi prima, sia la professoressa Nicotra che il professor Celotto.
  Grazie a tutti. Autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata dal professor Frosini in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

Pag. 11  

ALLEGATO

Prof. Tommaso Edoardo Frosini

ordinario di diritto pubblico comparato

Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

AUDIZIONE 1° COMMISSIONE

CAMERA DEI DEPUTATI

INDAGINE CONOSCITIVA

SULLA RAPPRESENTANZA DEGLI INTERESSI

16 marzo 2023

  È ormai da parecchi anni e diverse legislature che si discute di regolare le lobby. Ci sono state numerose proposte di legge, ma poi è mancata la volontà politica di approvare un testo. Eppure, le lobby esistono: di fatto ma non di diritto, almeno in Italia. Non è così, invece, nelle altre democrazie pluraliste, dove il fenomeno di gruppi organizzati di individui che si fanno portatori di interessi particolari presso il decisore pubblico, nel tentativo di orientarne le scelte, è una realtà imprescindibile regolata con legge. Il lobbismo rappresenta una componente legittima dei sistemi di democrazia liberale: come dimostra l'esempio statunitense, dove l'attività di lobbying è talmente connaturata al sistema politico-costituzionale, al punto da considerarla, come dicono gli americani, «as American as apple pie». Peraltro, come noto, negli Usa il lobbying gode di protezione costituzionale al Primo Emendamento, quale libertà di parola per convincere il decisore pubblico: come sostenuto dalla Corte Suprema, a partire da U.S. vs. Harris del 1954 fino, quantomeno, alla decisione Citizens United vs. Federal Election Commission del 21 gennaio 2010, che ha dichiarato incostituzionale la norma (articolo 441b FECA 1971, modificato in BCRA 2002) che vieta(va) alle corporations e alle unions di finanziare, con propri fondi, le comunicazioni elettorali a favore di candidati alle primarie o alle elezioni generali.
  Va altresì detto, che sempre più spesso il decisore pubblico ha avvertito la necessità di acquisire informazioni e conoscenze da parte di portatori di interessi particolari, e ciò soprattutto al fine di deliberare su questioni altamente tecniche o specialistiche: come avviene, per esempio, nelle indagini conoscitive presso le commissioni parlamentari. In tal senso, va pertanto evidenziata l'azione positiva esercitata dai gruppi di pressione nel processo decisionale, in quanto fornitori di elementi indispensabili per la comprensione dell'impatto di determinatePag. 12  scelte, sebbene molto spesso essi siano le cause di normative oscure o dalla difficile interpretazione.
  In molti ordinamenti tale attività di pressione – ovvero di lobbying, per usare l'espressione inglese – svolta da gruppi organizzati verso i decisori pubblici è sottoposta a una precisa regolamentazione volta ad assicurare la trasparenza del processo decisionale o anche la partecipazione dei gruppi di pressione (che rispettano precise regole) al processo decisionale stesso. In tali ordinamenti (Stati Uniti, Canada, Israele, Francia, Gran Bretagna, Australia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lituania) si è avvertita, con sfumature profondamente diverse tra loro, la medesima esigenza di rendere conoscibili a tutti chi sono e quali sono i gruppi di pressione, definendo un assetto di regole volte, quanto meno, ad assicurare la trasparenza delle decisioni. Le analisi di diritto comparato evidenziano come nei sistemi in cui il Parlamento è «forte» – nel senso che gioca un ruolo chiave nei processi politici – esista una regolamentazione della rappresentanza parlamentare delle lobbies; all'opposto, al Parlamento debole corrispondono interessi oscuri. Di sicuro interesse è il caso dell'Unione europea dove vi è, fin dal 2011, un Accordo interistituzionale per l'istituzione di un «registro per la trasparenza» per censire e controllare le organizzazioni, le persone giuridiche e i lavoratori autonomi impegnati nell'elaborazione e attuazione delle politiche dell'Unione, nonché per incentivare un maggior numero di registrazioni e rendere così il sistema più vincolante. Sullo sfondo poi, c'è il Trattato di Lisbona, che all'articolo 11 prevede: «le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione» e «mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile».
  Prendiamo ora il caso italiano, dove mancano regole organiche in materia mentre esistono delle disposizioni, «disperse» fra norme di vario genere, che in qualche modo si riferiscono ai gruppi di pressione e alla loro lecita azione di orientamento della decisione pubblica. Si pensi, per esempio, alle norme del regolamento della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in materia di istruttoria legislativa, ovvero alle disposizioni relative all'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), che impongono il coinvolgimento di soggetti privati nella redazione dell'atto normativo. Tali disposizioni, tuttavia, non hanno avuto l'effetto di rendere palese il fenomeno lobbistico, né era il loro obiettivo quasi che in Italia si fatichi ad ammettere che le lobbies esistono; e questo anche perché si è mossi dalla preoccupazione che la disciplina dei gruppi di pressione possa equivalere alla loro legittimazione, dunque una curiosa ritrosia a riconoscere che il Re è nudo. Le lobbies sono divenute, di conseguenza, un vero e proprio tabù giuridico-costituzionale, un argomento noto alle cronache giornalistiche ma ritenuto non sufficientemente degno di essere sottoposto ad analisi giuridica(1) .
  Certo, nessuno ignora il fatto che le decisioni pubbliche assunte a tutti i livelli nel nostro sistema siano comunque il frutto di una Pag. 13 negoziazione tra interessi differenti, la cui sintesi spetta all'Autorità chiamata a formalizzare la decisione. Ugualmente è noto che all'interno delle grandi aziende e imprese operano direzioni generali competenti proprio in materia di lobbying (o, con espressione più «pudica», di relazioni istituzionali) e che in Italia numerose sono le società il cui scopo principale è proprio l'esercizio del lobbying per conto di terzi soggetti. Tale attività, infatti, non soltanto richiede, per essere esercitata correttamente, una specifica competenza basata su conoscenze tecniche e scientifiche, ma ha assunto una sua funzione economica-sociale. Con la crisi dei partiti politici, tradizionali mediatori degli interessi della società civile presso le istituzioni pubbliche, tale fenomeno ha assunto una dimensione maggiore, ed è sembrato configurarsi quale «succedaneo» della rappresentanza politica, se non addirittura alternativa a essa. La rappresentanza politica è da ritenersi una sorta di macrocategoria nella quale confluiscono sia la rappresentanza parlamentare che la rappresentanza di interessi, secondo una declinazione costituzionale della sovranità popolare (articolo 1, comma secondo, Cost.) e dell'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articolo 3, comma secondo, Cost.).
  Proprio la confluenza della rappresentanza parlamentare e quella di interessi all'interno della macrocategoria della rappresentanza politica deve suggerire una regolamentazione legislativa delle lobbies, che si accompagni in maniera convinta a una regolamentazione legislativa dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 Cost. È questo un passaggio indispensabile, sia per rifondare un nuovo patto fra politica e società civile, sia per rilanciare la funzione costituzionale e sociale dei partiti politici.
  Credo, però, che occorra partire da questa constatazione, relativamente alla crisi dei partiti, e dal presupposto che l'attività di lobbying non solo è lecita ma è anche utile e preziosa per il decisore pubblico, perché strumento indispensabile per acquisire informazioni tecniche, altrimenti difficilmente comprensibili, e prevenire impatti economicamente e socialmente insostenibili delle decisioni che si vogliono adottare. Il lobbying opererebbe, dunque, quale infrastruttura sociale ed economica in grado di unire, fermo restando le proprie rispettive responsabilità, soggetti privati e decisori pubblici.
  La crisi che permea le istituzioni partitiche, che erano i normali collettori di interessi collettivi, sollecita un intervento legislativo in tal senso. Non si può infatti negare che l'attività dei portatori di interessi sia sempre esistita ed esista in qualsiasi società evoluta. L'obiettivo che si deve raggiungere è quello di rendere trasparenti le attività, le finalità e gli scopi, i mezzi umani e finanziari impiegati, i gruppi che muovono tali interessi. Lo scopo, quindi, non è quello di istituire una nuova figura professionale o di imporre sui gruppi di interessi nuovi e maggiori oneri, ma quello di razionalizzare un'attività già presente ma non regolamentata, per fornire al decisore pubblico uno strumento e un supporto chiaro e con obiettivi e finalità ben definite e, al tempo stesso, garantire ai cittadini il diritto di conoscere le ragioni (non solo politiche) sottese alla decisione pubblica.
  Peraltro, che oggi l'esigenza di «regolare gli sregolati», per così dire, risulti senz'altro avvertita è dimostrato e confermato anche, e forse soprattutto, dalle critiche che vengono mosse all'azione oscura, in Pag. 14 quanto viaggiano a fari spenti, nella notte delle regole, delle lobbies, accusate di divorare l'Italia. Come se il lobbying fosse un'attività criminosa, e non invece un veicolo d'informazione per le assemblee legislative, nonché di partecipazione per le categorie cui si rivolge la decisione del legislatore. Mentre invece sono da considerarsi un veicolo d'informazione per le assemblee legislative, nonché di partecipazione per le categorie cui si rivolge la decisione del legislatore. Una legge sulla regolamentazione delle lobbies, oltre a essere assai opportuna, deve essere promozionale e non repressiva. Ovvero deve favorire le forme collaborative degli interessi privati con quelli pubblici per migliorare le decisioni da assumere, secondo il motto einaudiano «conoscere per deliberare».
  Credo che sia opportuno evitare un eccesso di regolamentazione. Come se la preoccupazione non fosse quella di favorire la presenza e il contributo dei gruppi di interesse nella decisione pubblica, ma piuttosto di «ingabbiarli» con una serie di regole fin troppo specifiche e di eccessivo dettaglio. Fare una legge che regolamenti l'attività dei gruppi di interesse vorrebbe dire prevedere poche ma significative regole, allo scopo di consentire una corretta e trasparente agibilità delle lobbies. A cominciare dalla sua stessa definizione: sarebbe sufficiente prevedere, che per «attività di rappresentanza di interessi» deve intendersi ogni attività diretta a orientare la formazione della decisione pubblica, svolta anche attraverso la presentazione di proposte, documenti, osservazioni, suggerimenti, richieste di incontri; e il «rappresentante di interessi» è colui che svolge l'attività prima indicata.
  E poi, una legge sulle lobbies, si ha motivo di ritenere che possa servire anche a rafforzare il ruolo del Parlamento: il quale, nello svolgere un'attività di mediazione fra la rappresentanza della volontà generale con il pluralismo sociale, può ritrovare un ruolo centrale di prestazione di garanzia e di integrazione dell'ordinamento. La crisi che caratterizza, ormai da tempo, le istituzioni partitiche, sempre meno collettori di interessi collettivi, induce sempre più a riconoscere e legittimare l'aggregazione e la sintesi degli interessi, ammettendoli a un'istruttoria procedimentale formale. Con l'obiettivo di favorire una migliore compenetrazione con l'interesse pubblico per costruire una migliore decisione. In una battuta finale: la democrazia esige trasparenza e la trasparenza esige una legge sulle lobbies.

(1) È merito dello studio di P.L. Petrillo, Democrazie sotto pressione. Parlamento e lobby nel diritto pubblico comparato, ed. Giuffrè, Milano 2011, avere avviato la riflessione giuridica sulle lobbies e la rappresentanza degli interessi.