XIX Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 22 febbraio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MADE IN ITALY: VALORIZZAZIONE E SVILUPPO DELL'IMPRESA ITALIANA NEI SUOI DIVERSI AMBITI PRODUTTIVI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Camera nazionale moda italiana.
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Capasa Carlo , presidente della Camera nazionale moda italiana ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 7 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Pietrella Fabio (FDI)  ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 9 
Capasa Carlo , presidente della Camera nazionale della moda italiana ... 9 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Indicam:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 
Galli Cesare , invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Galli Cesare , invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Galli Cesare , invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 15 
Galli Cesare , invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam ... 15 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 15 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Centromarca:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 15 
Bucaneve Roberto , direttore generale di Centromarca ... 15 
Ferrario Ivo , direttore relazioni esterne e istituzionali di Centromarca ... 16 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 17 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confcommercio:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 17 
Garosci Riccardo , vicepresidente nazionale incaricato per l'internalizzazione di Confcommercio ... 17 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 20 
Garosci Riccardo , vicepresidente nazionale incaricato per l'internazionalizzazione di Confcommercio ... 20 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 21 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 21 
Garosci Riccardo , vicepresidente nazionale incaricato per l'internazionalizzazione di Confcommercio ... 22 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 22 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 
Musiello Gianluca , direttore generale della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese ... 23 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 25 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 25 
Bronzino Giada , componente della giunta di presidenza nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi) ... 25 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 27 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 27 
Bronzino Giada , componente della giunta di presidenza nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi) ... 28 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 28 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Conflavoro:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 28 
Capobianco Roberto , presidente nazionale di Conflavoro ... 29 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 31 
Capobianco Roberto , presidente nazionale di Conflavoro ... 31 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 31 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consorzio detox:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 32 
Cavicchi Andrea , presidente del Consorzio Detox ... 32 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 34 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione antichi mestieri:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 34 
Gabrini Gabriella , presidente dell'Associazione antichi mestieri ... 34 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 35 
Gabrini Gabriella , presidente dell'Associazione antichi mestieri ... 36 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 36 
Gabrini Gabriella , presidente dell'Associazione antichi mestieri ... 36 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 36 
Andreuzza Giorgia (LEGA)  ... 36 
Gabrini Gabriella , presidente dell'Associazione antichi mestieri ... 37 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 38 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Euroflora:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 38 
Corsiglia Paolo , rappresentante e membro di giunta della Camera di commercio di Genova – settore agricoltura ... 38 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 39 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 39 
Corsiglia Paolo , rappresentante e membro di giunta della Camera di commercio di Genova-settore agricoltura ... 40 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 40 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Federlegno arredo:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 40 
Feltrin Claudio , presidente di Federlegno arredo ... 40 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 40 
Feltrin Claudio , presidente di Federlegno arredo ... 40 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 42 

Audizione di rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI):
Cavo Ilaria , Presidente ... 43 
Ghini Antonio , presidente dell'Automotoclub storico italiano (ASI) ... 43 
Cavo Ilaria , Presidente ... 44 
Ghini Antonio , giornalista ed esperto ... 44 
Cavo Ilaria , Presidente ... 45 
Scuro Alberto , presidente dell'Automotoclub storico italiano (ASI) ... 45 
Cavo Ilaria , Presidente ... 45 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Promovetro:
Cavo Ilaria , Presidente ... 45 
Gambaro Luciano , presidente di Promovetro ... 46 
Ferro Cristiano , vice presidente settore vetro di Confindustria Veneto Est-area metropolitana Venezia Padova Rovigo Treviso ... 47 
Della Valentina Andrea , presidente settore vetro di Confartigianato di Venezia ... 47 
Cavo Ilaria , Presidente ... 48 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Federazione moda Italia:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 48 
Felloni Giulio , presidente della Federazione moda Italia ... 48 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 51 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Assobioplastiche:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 51 
Bianconi Luca , presidente di Assobioplastiche ... 51 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 51 
Bianconi Luca , presidente di Assobioplastiche ... 51 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 53 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 53 
Bianconi Luca , presidente di Assobioplastiche ... 54 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 54 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Farmindustria:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 55 
Cattani Marcello , presidente di Farmindustria ... 55 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 57 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti di Centromarca ... 58 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti di Confcommercio ... 63 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese ... 142 

Allegato 4: Documentazione depositata dai rappresentanti di Conflavoro ... 146 

Allegato 5: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione antichi mestieri ... 158 

Allegato 6: Documentazione depositata dai rappresentanti di Euroflora ... 162 

Allegato 7: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI) ... 185 

Allegato 8: Documentazione depositata dai rappresentanti della Federazione moda Italia ... 189 

Allegato 9: Documentazione depositata dai rappresentanti di Assobioplastiche ... 193 

Allegato 10: Documentazione depositata dai rappresentanti di Farmindustria ... 204

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Camera nazionale moda italiana.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Camera nazionale moda italiana, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  CARLO CAPASA, presidente della Camera nazionale moda italiana. Buongiorno. Sono Carlo Capasa, presidente della Camera della moda italiana.
  Come sapete, Camera nazionale della moda italiana rappresenta tutti i brand più famosi d'Italia, i nostri primi sedici brand pesano per il 35 per cento dei famosi 100 miliardi di fatturato che fa la moda italiana, e i primi 100 soci oltre il 54 per cento. Diamo lavoro alle oltre 60 mila imprese che operano nella moda in Italia, come sapete siamo la seconda industria italiana, e siamo quindi oggi un po' a raccontare quanto noi pensiamo si debba fare per questa industria, che spesso è un po' sottovalutata e non è trattata per il reale impatto e potere che ha anche a livello di narrazione globale del nostro sistema Paese.
  In questa comunicazione per ragioni di tempo mi limiterò a toccare alcune priorità. Per esempio, tutto quanto riguarda la valorizzazione e la protezione dei marchi e prodotti, che per noi è importantissima e vitale, sarà oggetto subito dopo di me dell'intervento del presidente di Indicam, Mario Peserico, noi siamo associati ad Indicam, io sono vicepresidente con delega alla moda. Quindi quello è un argomento importante, non lo toccherò solo perché lo toccherà Mario Peserico dopo di me.
  Partirei subito con due dati. Noi abbiamo avuto un 2022 molto positivo, più 18 per cento, siamo a circa 100 miliardi di fatturato e ci aspettiamo un 2023 anche positivo con un più 4 per cento. Il nostro export è importante, perché è quasi 81 miliardi per il 2022 e con un saldo positivo di 30 miliardi. Ci aspettiamo che nel prossimo anno l'export cresca ancora e arrivi alla soglia di 87 miliardi.
  Per questo noi abbiamo bisogno di un vero piano industriale nella moda, cosa che noi riteniamo che sia mancata fino ad oggi nel nostro sistema. Un piano industriale che deve partire da alcuni punti importanti Pag. 6secondo noi e che vado un po' a sintetizzare, abbiamo poi mandato delle proposte che in dettaglio spiegano un po' di cosa si tratta.
  Quindi essenzialmente noi diciamo che una delle priorità è aiutare la competitività. In questo momento voi sapete che gli Stati Uniti hanno appena varato un piano che andrà a investire oltre 700 miliardi, di cui 369 sotto forma di sussidi. Quello che sta succedendo in Europa sappiamo che non favorirà probabilmente l'Italia, in quanto la Commissione europea non sembra orientata a varare un piano come quello degli Stati Uniti, e noi ci troveremo a contare su un supporto molto più limitato rispetto anche ai nostri concorrenti francesi e tedeschi. Vi ricordo che noi siamo il primo Paese in Europa per produzione di moda con il 46 per cento, dopo di noi c'è la Germania con l'11, quindi siamo anche un valore per l'Europa e dovremmo spingere in Europa per far valere questo peso che ha l'Italia. Noi diciamo sempre che siamo la Silicon Valley dell'Europa per quanto riguarda la moda, però rischiamo di essere penalizzati.
  Questa revisione del sistema degli aiuti di Stato potrebbe essere l'occasione per istituire in Italia un incentivo economico a favore delle piccole e medie imprese che esportano, e che contribuiscono con il loro operato a far conoscere i prodotti e il nostro paese.
  Il primo strumento di cui avrebbero bisogno queste aziende. Partiamo dall'inizio, noi siamo oggi apprezzati in tutto il mondo per la nostra manifattura, e la nostra manifattura oggi è un problema di formazione: cioè noi non abbiamo abbastanza persone formate, abbiamo una necessità di circa 40 mila persone, che non troviamo perché non sono formate.
  Quindi il primo aspetto è proprio quello della formazione. Noi abbiamo fatto delle proposte, adesso non sto qui a parlarvi delle proposte perché sono tante e interessanti, per migliorare la formazione, a partire da proposte base come introdurre nelle scuole medie inferiori un'ora di Made in Italy, poi trasformare gli ITS in licei del Made in Italy, e poi soprattutto però lavorare a quell'insieme di aziende e scuole per far sì che questo sistema diventi realmente effettivo. Non si può sentire che in Italia escono 15/16 mila persone dall'ITS ogni anno e in Germania 950 mila, o in Francia 450 mila. Quindi dobbiamo lavorare molto sulla formazione e abbiamo delle proposte, ve le abbiamo mandate.
  Poi quanto riguarda un altro aspetto, quello della digitalizzazione. Noi abbiamo tanti distretti che lavorano con piccolissime imprese, questi distretti hanno bisogno di digitalizzarsi, e non possono affrontarlo singolarmente. Una digitalizzazione per distretti, che potrebbe far ben parte del Pnrr, darebbe la possibilità a ogni piccola azienda di riferirsi a questo sistema digitale centrale che metterebbe in contatto queste piccole aziende con tutte le altre del loro distretto quantomeno, e con quelle aziende che danno lavoro alle piccole aziende appunto a livello di produzione.
  Ecco, questo è un sistema che avvantaggerebbe moltissimo l'Italia, perché sarebbe un po' come trovare una soluzione al problema di queste imprese, che sono flessibili, creative, ma purtroppo troppo piccole di dimensioni (60 mila imprese per 600 mila addetti, fate un po' voi i conti di quanto viene fuori).
  Quindi dobbiamo rafforzare quel sistema, rafforzare la possibilità di fusione tra piccole e medie imprese, in modo che cambi la loro dimensione. E fare un piano con Cassa depositi e prestiti, lo abbiamo già proposto varie volte, che aiuti queste imprese a crescere. Ma un piano non per quelle imprese che sono già a un fatturato di 50 milioni, quello esiste già, ma serve proprio per quelle piccole che hanno invece bisogno di crescere. Quindi va pensato un piano per queste aziende. E soprattutto digitalizzare i distretti, che vuol dire mettere a disposizione di queste imprese non solo tutti i sistemi ma anche le persone che possono gestire questi sistemi. Magari facendo pesare un costo piccolo su ogni piccola impresa, ma dando un grande vantaggio anche in termini di produzione.
  Noi abbiamo calcolato che diminuiremmo di un mese circa i tempi di produzione.Pag. 7
  Abbiamo bisogno che queste imprese possano fare delle analisi di mercato istituzionale importante, oggi non sono in grado, bisogna potenziare tutto questo.
  Bisogna dare un supporto all'internazionalizzazione all'export. Noi abbiamo chiesto al Governo la costituzione di un fondo pluriennale per la moda Made in Italy da dedicare a questa funzione, in modo che le aziende possono fare queste programmazioni in tempo utile. Ma anche le associazioni, come le nostre, che svolgono un ruolo importante devono essere supportate. Noi organizziamo la settimana della moda che è famosa in tutto il mondo – in questi giorni siamo qui a Milano –, attrae buyer e stampa da tutto il mondo, è una vetrina incredibile, pazzesca, che fa da traino a tutto il sistema. Organizziamo il Sustainable Fashion Awards, che è una specie di Oscar della moda sostenibile, che ha sede in Italia.
  La sostenibilità è un altro punto importante che voglio toccare. Noi siamo leader della sostenibilità. Questo sta consentendo alle nostre imprese di lavorare in maniera incredibile, perché chiunque voglia fare lusso in Italia viene da noi a chiederci di essere prodotto. Il lusso viene prodotto per il 70 per cento in Italia.
  Ora, però questo primato che noi abbiamo deve essere sostanziato, non possiamo perderlo. E per non perderlo dobbiamo continuare a fare narrazione, andare in giro a raccontare cosa facciamo. Camera moda, come altre associazioni, lo fa molto bene, ma abbiamo bisogno di programmi triennali, e in questo senso chiediamo un rafforzamento anche di quei fondi normalmente destinati all'ICE, che fa questo lavoro anche bene devo dire ma con grandi limitazioni sia in termini di finanze che in termini di programmazione, perché siamo portati poi a programmare tutto questo in tempi estremamente rapidi e questo non va bene, abbiamo bisogno di piani triennali.
  Abbiamo bisogno ovviamente di una certezza giuridica, una semplificazione, perché non si va da nessuna parte se non semplifichiamo tutti gli aspetti legati alle aziende. Tenete presente che abbiamo anche la necessità per esempio di chiarire un tema importante, il tema del credito d'imposta in ricerca e sviluppo, che è ancora causa di molte incertezze nel mondo della moda, sta creando moltissimi problemi a moltissime aziende.
  Sulla sostenibilità ho già detto, ma bisogna avere un piano per cui le aziende che investono seriamente in sostenibilità, e la sostenibilità è un affare di sistema o la facciamo tutti o non la fa nessuno, devono avere dei vantaggi superiori a quelli che ci sono oggi.
  Così come sulla ricerca e sviluppo, che vuol dire lo sviluppo delle collezioni, lo sviluppo dei nostri prodotti, abbiamo bisogno di crediti di imposta maggiori, di aiuti maggiori, perché lì sta il cuore del nostro sistema, e non possiamo perdere appunto il cuore del nostro sistema.
  Ho cercato di essere molto veloce e molto sintetico, perché sinceramente dieci minuti per parlare di un piano industriale che richiederebbe un'oretta di esposizione sono molto pochi. Però credo di avervi fatto, se non altro, una carrellata di quelle che possono essere le attività da implementare per la nostra industria, che ricordo essere la seconda industria in Italia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola all'onorevole Pavanelli.

  EMMA PAVANELLI. Grazie presidente.
  Io la ringrazio per la sua esposizione e le chiedo se, appunto visto che aveva anche cose in più da raccontarci riguardo a tutto il settore moda, magari aveva la possibilità di fare una relazione e mandarla qui alla Commissione così possiamo approfondire.
  Io le volevo fare due domande. La prima: in Francia il ministero delle attività produttive ha un tavolo permanente, una specie di mini commissione all'interno del ministero – alcuni player italiani stanno chiedendo la medesima cosa qui in Italia –, perché loro cercano appunto di proteggere la loro industria, soprattutto per quanto riguarda il lusso, che sappiamo bene essere per lo più prodotto tra l'altro in Italia, però ovviamente è un modo di proteggere il loro brand di alta moda.Pag. 8
  Le domando se questo potrebbe essere un esempio da copiare, visto che siete la seconda industria italiana e avere la possibilità di avere un tavolo permanente al Ministero, dove si possono discutere appunto delle criticità o delle opportunità potrebbe essere utile.
  La seconda domanda. Lei ha parlato di ecosostenibilità, ebbene l'Unione europea da alcuni anni sta lavorando ad un piano industriale ecosostenibile per tutto il settore tessile, tra l'altro ho letto le prime bozze. Il settore sarà completamente rivoluzionato, e purtroppo vedo che in Italia molti imprenditori, forse appunto perché abbiamo tante piccole e medie imprese, non hanno la forza anche di studiare o di sapere che ci sono queste novità in arrivo.
  Come vi ponete voi, insomma ne siete a conoscenza, ne state parlando con le imprese nel nostro Paese? Perché veramente ci sarà una grande rivoluzione, credo che sia molto positiva, io mi auguro che in Italia le imprese non rimangano indietro ma siano proprio incentivate ad accelerare questo processo. Ciò sia dal punto di vista comunicativo per le imprese ma anche, più che altro, proprio per il sistema moda che si deve diversificare, anche dalla false fashion che ormai ha invaso il mercato, e non solo il mercato perché poi ovviamente c'è tutta la questione del post consumo e a voi sta arrivando anche la parte delle EPR, dove dovreste in teoria copartecipare a quello che è il post consumo sia industriale che il post consumo dei cittadini. E poi ovviamente abbiamo per fortuna in Italia dei distretti storicamente noti in tutto il mondo per la rigenerazione del tessile.
  Ecco, io mi domando se da questo punto di vista state già lavorando, state collaborando. Io da due anni sto chiedendo al Ministero il decreto end of waste dove si definisce che il tessile non è più un rifiuto e può essere poi lavorato. Questo credo che possa diventare ulteriormente uno spunto e un orgoglio italiano: il riutilizzo delle materie prime e seconde. In Francia hanno già le leggi e i grandi brand francesi stanno già inviando in Italia o il loro invenduto o l'avanzo di produzione.
  Ecco, io credo che in tutto questo discorso di ecosostenibilità, che è molto lungo e non ho tempo – penso che il presidente adesso mi chiuderà il microfono – sia importante sapere come vi state ponendo, perché io credo che oggi sia il tema centrale un po' per tutte le imprese. Ma se il sistema moda, il Made in Italy moda, possa essere associato quanto più possibile alla moda ecosostenibile, io credo che veramente anche a livello non solo italiano ma anche per l'export sia un qualcosa in più che possa sicuramente dare ancora più lustro.
  Vi chiedo soltanto se voi come sistema avete calcolato qual è l'aiuto, quello che potrebbe essere dal punto di vista economico l'aiuto che potrebbe dare il Ministero delle imprese e del made in Italy al fine di aiutare soprattutto i piccoli produttori (io vengo dall'Umbria, saprà il distretto del cashmere). Insomma volevo capire quanto vi state impegnando e quanto avete bisogno di aiuto per poter giungere a quei livelli che, tra l'altro, sono in arrivo con le direttive europee nei prossimi anni. Grazie.

  PRESIDENTE. Scusi dottor Carlo Capasa, aspettiamo le domande di tutti i membri. All'onorevole Pavanelli vorrei dire che non ho mai tolto la parola a nessuno, anzi queste audizioni sono fatte proprio per ascoltare, quindi se anche sforassimo oltre l'una non ci sarebbero problemi, rimaniamo qua tutti.
  La parola all'onorevole Pietrella.

  FABIO PIETRELLA. Grazie presidente Gusmeroli. Saluto il presidente Capasa, buongiorno.
  Volevo rassicurare la collega che mi ha preceduto che il tavolo nazionale della moda è dal 2014 che è presente, tra l'altro fino all'ultimo anno era presieduto in parte anche dal Ministro Di Maio per quello che concerneva le tematiche dell'internazionalizzazione.
  Siamo molto ferrati in materia presidente, stiamo lavorando per far sì che un discorso di filiera possa intercettare anche il settore della moda, che è un settore estremamente importante per questo Governo.Pag. 9 Il ministro Urso ha già convocato il tavolo moda come sa, sul quale lei ha già fatto le considerazioni relative all'asset dell'internazionalizzazione e dello sviluppo del sistema produttivo.
  Le mie sono due domande molto veloci. Uno, e se ritiene ancora veramente molto importante il sistema di filiera. Lei parlava prima di innovazione e parlava in termini di ricerca industriale. Se quella vecchia idea, che poi vecchia non è tanto, di mettere in condizione le medie e grandi imprese di fare investimenti che poi ricadono sull'intera filiera, in termini di circolarità, di abbattimento spazio-tempo lavoro e tutto questo, possa essere ancora fattiva e all'ordine del giorno.
  Secondo, sempre sulla sostenibilità, sul PEF (Product Environmental Footprint, impronta ambientale dei prodotti e dei servizi) a che punto siamo e se la delegazione italiana che sta difendendo i nostri interessi in Europa sta lavorando bene e si trova in linea con quelle che sono le istanze della Camera nazionale della moda. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Mi aggiungo io come domanda. Magari potrà rispondere sempre nella relazione, se è troppo complicato rispondere ora.
  Io volevo capire meglio cosa intende dal punto di vista pratico per digitalizzazione, lei ha parlato giustamente di digitalizzazione dei distretti, quindi dal punto di vista proprio pratico, ovviamente può anche metterlo nella relazione. Perché poi all'atto pratico a noi interessa avere degli spunti per un eventuale disegno di legge, quindi in qualche modo poi tradurre magari una dichiarazione di intento in qualcosa anche di operativo. Grazie.

  CARLO CAPASA, presidente della Camera nazionale della moda italiana. Cercherò di essere breve.
  L'ultima domanda. In realtà cosa vuol dire digitalizzazione dei distretti. Pensiamo a tante piccole aziende, non sono digitalizzate, un'azienda di 8, 10, 12 persone, a volte 3, non hanno un sistema digitale, fanno tutto a mano, ricevono degli ordini e devono trascrivere questi ordini a mano, ricevono dei modelli che sarebbero dei modelli digitali, perché oggi anche i modelli si fanno digitalmente, devono tradurli su carta perché non hanno nessuna struttura digitale.
  Cosa succede? Immaginiamo che il distretto di Como (seta), prima parlavamo dell'Umbria (cashmere), – ieri ero con l'amico Brunello Cucinelli per l'apertura della Fashion Week – noi in un distretto di questo tipo pensiamo di progettare un sistema digitale aperto. Questo sistema digitale aperto avrà bisogno di una progettazione, di essere implementato e di un piccolo numero di persone che lo gestisce giornalmente. Poi diamo l'accesso alle singole piccole aziende a questo sistema digitale aperto e queste piccole aziende, che fino a ieri lavoravano manualmente, non avevano nessun rapporto né con i produttori ma neanche con il mercato esterno, si trovano a poter usare un sistema digitale che non potrebbero altrimenti permettersi. Non solo, ma ogni azienda può pagare magari una piccola quota, se un'aziendina paga 2.500 euro o 3.000 per accedere a questo sistema digitale, quindi contribuisce al funzionamento del sistema, sulle tante migliaia di aziende di quel distretto ecco che il sistema sta in piedi.
  Ovviamente le aziende non possono fare l'investimento iniziale, perché è difficile metterle insieme e convincerle a farlo, serve quindi un'idea, che può essere anche affidata alle regioni e alle amministrazioni locali, lì bisogna un po' studiare, ma un'idea di creare questi distretti digitali e poi farli condividere a tutte le aziende. Ho cercato di essere molto pragmatico.
  Per quanto riguarda l'onorevole Pietrella, lui conosce molto bene la moda e quindi quanto dice lui, rispetto al rapporto che ci deve essere tra piccole aziende, tra piccole e medie imprese o tra medie imprese e grandi imprese è assolutamente basilare. Cioè, noi dobbiamo creare un sistema in cui tutti corpi del sistema si parlano. Di fatto sta succedendo, ma dobbiamo fare in modo che questo sia, da un punto di vista legislativo, favorito e accelerato. Quindi dobbiamo assolutamente metterePag. 10 in connessione tutti gli elementi di questa filiera, perché la filiera è una, se funziona, funziona tutta. Prima si pensava che ci fosse una differenza tra il brand e il produttore, oggi è diverso. Guardate che nei prossimi anni il problema non sarà di dove vendere la merce, ma sarà di come produrla, perché ci sarà scarsità di materie prime e scarsità di produzione di alta qualità. E attenzione perché molti Paesi stanno facendo shopping proprio sulla parte produttiva del nostro Paese, sulle piccole aziende di produzione, sui piccoli artigiani, perché sono molto ambiti, non si trova questo livello di produzione nel mondo, e quindi rischiamo di sfilacciare e perdere la filiera se non facciamo delle iniziative ad hoc per rafforzarla.
  Riguardo all'Europa, siamo ben rappresentati? Ni per quanto riguarda la moda. Perché vi faccio un esempio, la tanto decantata tematica della sostenibilità – quanto diceva prima l'onorevole –, quando si parla per esempio di PEF, quindi l'impatto delle materie prime, noi siamo svantaggiati. Perché Paesi che fanno gran lobbying nel nord Europa spingono a considerare meno impattanti le materie prime magari fatte di materiale sintetico, con origini della catena del petrolio per capirci, a discapito delle materie naturali come la lana, il lino e il cotone, che sono quelle che noi maggiormente usiamo, e questo ci penalizza moltissimo. Purtroppo però in Europa noi rischiamo su questa roba di perdere quando questa valutazione PEF viene fatta.
  Noi stiamo lottando molto perché siamo nella Commissione PEF, purtroppo siamo membri non votanti, ma ci siamo alleati anche con i nostri cugini francesi, perché noi e i francesi abbiamo lo stesso tipo di necessità per quanto riguarda appunto la valutazione degli impatti ambientali delle materie prime.
  Per quanto riguarda l'EPR (responsabilità estesa del produttore), la fine vita del prodotto, io stesso sono presidente di un consorzio, Re.Crea, appena costituito, con tutti i grandi brand dentro, che tra l'altro ha una sua attività anche di ricerca. Siamo un po' indietro, abbiamo parlato con il Ministro Pichetto Fratin per chiedere delle regole, che non sono esattamente quelle che inizialmente si stanno stagliando all'orizzonte, che prevedono un ruolo per i consorzi non esattamente quello che secondo noi dovrebbe essere. Quindi stiamo lavorando per migliorare quelle regole che ci devono essere. La Francia è più avanti di noi, dobbiamo fare attenzione, siamo i secondi in Europa, gli altri implementeranno tutto il sistema EPR a partire dal 2025. Bene, anche lì abbiamo un vantaggio ma dobbiamo usarlo bene, con delle regole vere e condivise, e credo che in questo tutti i consorzi di moda siano coesi. Abbiamo richiesto delle regole un po' diverse da quelle che ci sono oggi.
  Questo diciamo in breve. Quindi sostenibilità assolutamente sì, ma facciamo attenzione. Perché quando parliamo di Green Deal, sostenibilità europea, c'è un rischio: per esempio ci sono delle cose su cui noi stiamo discutendo fortemente in Europa perché non siamo d'accordo. Abbiamo anche creato, proprio noi e i francesi insieme ad altri 28 associazioni di molti Paesi europei, tutti sono rappresentati, l'EFA (Europe Fashion Association), proprio per dire che non siamo d'accordo per esempio sull'idea che nel 2030, come dice il Green Deal, tutte le materie prime della moda siano riciclate. Non possiamo lavorare sul riciclato, noi dobbiamo lavorare sulla materia vergine, poi riciclare e pensare all'eco designer e all'economia circolare.
  Ma, attenzione, economia circolare non vuol dire un circuito chiuso all'interno della moda, perché i nostri prodotti quando sono riciclati due o tre volte diventano esausti, vanno a finire nei sedili delle automobili, vanno a finire nei pannelli di insonorizzazione, cioè vanno a finire ad altro uso. Cioè, l'idea di economia circolare deve essere allargata e non chiusa ai settori, e noi come moda dobbiamo avere la possibilità di lavorare sempre con una buona percentuale di materie vergini, perché sono importanti per fare la moda di alta qualità che vuole fare l'Italia; se no andiamo a finire a fare la moda di bassa qualità che fanno altri Paesi, ma non è quello che interessa a noi.Pag. 11
  Ho cercato di essere sintetico, ma anche qui ci sarebbe molto da dire.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Camera nazionale moda italiana intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Indicam.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Indicam, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Cesare Galli, invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  CESARE GALLI, invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam. Grazie presidente.
  Indicam ovviamente, come istituto per la protezione della proprietà intellettuale e contro il parassitismo ai danni delle nostre imprese, non può che essere assolutamente favorevole a una difesa del Made in Italy che sia fattiva e concreta, che richiede una visione del futuro che veda il Made in Italy come un plus competitivo per le nostre imprese.
  Proprio per questo Indicam ritiene di dover raccomandare che non vengano commessi nuovamente tre errori capitali, che nel passato hanno gravemente pregiudicato gli interventi succedutisi negli anni.
  Il primo è quello di limitarsi all'Italia, vale a dire di interventi che riguardano essenzialmente il mercato nazionale, mentre il tema della promozione del Made in Italy è la protezione del plus concorrenziale delle nostre imprese sui mercati internazionali, e devo dire soprattutto sui mercati extraeuropei.
  Il secondo tema è quello di abbandonare la logica puramente difensiva, cioè: ci dobbiamo proteggere dall'italian sounding. No, dobbiamo fare molto di più. Dobbiamo far diventare il Made in Italy il fattore decisivo per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, una crescita sostenibile anche economicamente e non solo dal punto di vista ambientale; fermo restando che l'Italia è in tutto il mondo simbolo di qualità della vita, e quindi anche sul piano ambientale noi possiamo dare un plus molto significativo. Il tema è trasformare il country average reputation effects, cioè la reputazione che il nostro Paese incontestabilmente gode in tutto il mondo in un fattore concorrenziale per le nostre imprese. Innescando un circolo virtuoso fra questa reputazione generale del Paese e la reputazione, la corporate reputation, cioè la reputazione delle nostre singole imprese ma anche, attenzione, degli enti locali, dei consorzi per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette e degli enti culturali, che a loro volta lavorando insieme alle imprese possano garantire veramente un salto di qualità sotto questo profilo.
  Il terzo errore e, se volete che lo dica, quello più grave, io sono professore di diritto industriale e mi permetto di segnalare che proprio questo è stato quello che ha compromesso sinora maggiormente le attività negli anni passati, è quello di non tener conto del quadro giuridico di riferimento. Che non è solo il quadro giuridico italiano, ma è da un lato la necessità che gli interventi a tutela del Made in Italy siano compatibili con le regole del mercato unico europeo, mentre in passato non lo sono stati; ma soprattutto di tener conto che noi dobbiamo guardare il quadro di riferimento internazionale, dove la tutela dell'origine è praticamente sconosciuta in quasi tutti i Paesi del mondo, in quasi tutti i nuovi mercati. E in questa condizione, se vogliamo proteggere il Made in Italy davvero,Pag. 12 dobbiamo adattare le nostre regole e i nostri interventi all'ambiente normativo nel quale poi le nostre imprese dovranno confrontarsi, appunto nel mercato globale.
  Questo cosa significa? Tre linee di tendenza secondo Indicam che devono essere seguite. Mi riservo naturalmente poi di inviare un testo scritto molto più ampio, io qui sto parlando a braccio e sto fondamentalmente valendomi soltanto di appunti, proprio per sintetizzare.
  L'espressione Made in Italy è un'espressione descrittiva, non è monopolizzabile. Marchi geografici che facciano riferimento parimenti alla origine italiana non sono proteggibili praticamente in nessun Paese del mondo; quindi chi pensa di inventarsi un nuovo «Uomo vitruviano» o altri marchi di questo genere, butta via i soldi dei contribuenti.
  Il tema è un altro. Noi abbiamo invece uno strumento che è previsto dall'articolo 6-ter dell'accordo TRIPs, cioè l'accordo che vincola tutti i Paesi dell'Organizzazione mondiale del commercio. Questo accordo prevede espressamente che i simboli degli Stati, gli emblemi degli Stati non possono essere registrati o usurpati come marchio individuale da nessuna impresa. Infatti l'italian sounding non si fa utilizzando lo stemma dello Stato.
  Orbene, nel nostro Paese noi abbiamo delle disposizioni che riservano all'Istituto poligrafico zecca dello Stato, in particolare con l'utilizzo in forma di carta valori, pensiamo al sigillo di Stato che viene apposto per esempio sui prodotti del monopolio ma non soltanto questi, uno strumento fondamentale che potrebbe essere messo a disposizione delle nostre imprese, ovviamente su base volontaria e facoltativa, e promosso a livello internazionale come il simbolo di una effettiva provenienza dall'Italia. A quel punto noi potremmo veramente trasformare il sigillo dello Stato come il plus per le nostre imprese sui mercati internazionali per distinguerle da tutte le altre forme di italian sounding, che verrebbero automaticamente screditate in questa maniera.
  Si noti che un progetto in tal senso era stato predisposto già con un articolato, che andrebbe recuperato (e io mi permetterò di trasmetterlo naturalmente, perché essendo stato coinvolto a suo tempo in quel progetto ne dispongo), nel 2016 dal Governo italiano, poi le continue crisi che ben conosciamo hanno fatto sì che non fosse più possibile, come spesso capita, continuare in questa direzione. Insomma, il progetto è stato abbandonato appena cambiato il Governo. Oggi varrebbe sicuramente la pena di riprenderlo, proprio perché in questa maniera noi potremmo trasformare l'italianità in un plus significativo per le nostre imprese.
  Ma occorre fare un passo più avanti, ed è questo il secondo intervento che Indicam ritiene che si possa e si debba attuare. Attenzione, esattamente come nel precedente, sostanzialmente senza oneri per lo Stato e avendo, nel caso del sigillo di Stato che verrebbe apposto dal Poligrafico evidentemente a fronte di un compenso, addirittura degli introiti sotto questo profilo per lo Stato, che potrebbero servire a finanziare poi quell'attività di comunicazione a livello internazionale che è fondamentale. Perché se non si crea la cultura dell'italiano vero, se così si può dire, all'estero, noi non andiamo da nessuna parte.
  Il secondo intervento riguarda la possibilità di utilizzare i marchi che rappresentano il nostro territorio e le sue eccellenze, penso ai marchi che gli enti territoriali sono autorizzati a registrare sulla base dell'articolo 10 del codice della proprietà industriale, utilizzando simboli del loro territorio, evidentemente non il solo nome geografico perché altrimenti non andiamo da nessuna parte. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette, che non sono soltanto denominazioni giuridiche e indicazioni geografiche protette, ovviamente in Europa perché fuori questo sistema non c'è; ma sono anche la possibilità di registrare dei marchi, penso al Gallo Nero del consorzio del Chianti Classico, perché è il primo esempio che mi viene in mente, ma molti altri se ne potrebbero fare sotto questa prospettiva.
  E infine gli enti culturali. Qualcuno pensa che il Teatro alla Scala, ma anche l'Orchestra Verdi a Milano o Santa Cecilia, non Pag. 13abbiano anche a livello internazionale una forte appetibilità, che non ce l'abbia Palazzo Pitti, che non ce l'abbiano gli Uffizi, che non ce l'abbiano le innumerevoli realtà culturali importanti del nostro Paese. Io ho citato alcune delle grandi città, ma in realtà noi sappiamo benissimo che vi sono delle realtà nei centri minori che ugualmente possono e debbono essere sviluppate. Utilizzare questi marchi, il co-branding, vale a dire apporli insieme al marchio generale di prodotti industriali. Immaginiamo Brembo e Franciacorta spesi insieme sullo stesso prodotto, della Brembo evidentemente, per andare a competere sui mercati internazionali.
  Questo significa innescare di nuovo un circolo virtuoso, ancora una volta sostanzialmente senza costi; anzi, con la possibilità di fare introitare agli enti culturali e agli enti territoriali delle possibilità significative, per l'appunto di fare cassa sotto questo profilo. Certo, non con la logica del fare cassa, purtroppo in alcuni casi i marchi territoriali sono stati registrati solo a questo scopo e dati in licenza a chicchessia, senza distinzione. Una follia. Voleva dire sostanzialmente svuotare proprio quel valore reputazionale, che invece in questo caso in un circolo virtuoso andrebbe costruito. Anche per favorire, e qui credo che sarebbe importante coinvolgere in questo tipo di iniziativa, in un pacchetto, in un collegato, io penso che potrebbe raccogliere questi diversi interventi, anche il Ministero del turismo. Perché promuovere le nostre eccellenze significa anche promuovere il nostro territorio, e utilizzare questa operazione di co-branding, marchi territoriali, prodotti tipici del territorio, ma insieme prodotti industriali sarebbe importante a 360 gradi. Non dimentichiamoci che noi non siamo soltanto il Paese della enogastronomia, il Paese del grande design, il Paese della moda. Siamo anche uno dei Paesi con la miglior meccatronica del mondo, con biotecnologie a livello assolutamente eccellente sotto ogni profilo, un biomedicale che parimenti rappresenta per l'Italia un grande risultato. Siamo il Paese che produce il 52 per cento dei farmaci venduti nell'Unione europea, e anche per questo dobbiamo portare a Milano la sede centrale che si occuperà dei farmaci del life science nel tribunale unificato europeo dei brevetti.
  Sta di fatto che attraverso questo meccanismo immaginare di avere essenzialmente degli interventi organizzativi – qui non servono nuove norme –, desk informativi, coinvolgimento degli enti territoriali, dei consorzi come dicevo prima, delle camere di commercio, delle associazioni imprenditoriali, per creare per l'appunto i contatti. Perché poi queste auto organizzandosi possano andare per l'appunto a lavorare insieme in questa politica di co-branding sui mercati internazionali. Non è difficile, basta volerlo e basta avere appunto quella visione del futuro.
  Il terzo tema è un tema che indica (già proposto nella passata legislatura, nel 2022 in particolare) l'istituzione non di misure spot, come spesso sono state fatte a favore soprattutto – sacrosantamente, ben inteso – delle nostre piccole e medie imprese, ma di un vero e proprio credito d'imposta per le prestazioni consulenziali, a tutela del Made in Italy e in generale a tutela della proprietà intellettuale. Le nostre imprese possono tutelarsi anche nei Paesi stranieri, sto parlando della tutela essenzialmente nei Paesi stranieri; ma inevitabilmente questo comporta molto spesso dei costi, che soprattutto per le piccole e medie imprese possono risultare proibitivi.
  Uno studio realizzato da Indicam e da Ancma, presentato ancora nel 2021, ha evidenziato che il 25 per cento delle inserzioni presenti sui market place elettronici sono illecite, e queste sfiorano il 40 per cento nel caso di portali del Far East. Ma ha anche evidenziato che difendendosi, segnalando le contraffazioni e rivolgendosi a brand protection professionali da parte delle aziende, si riduce fino quasi ad azzerare la presenza di copie su web.
  Questo, che è un grande tema e una grande sfida sulla quale Indicam è particolarmente sensibile, che riguarda ripeto i segni distintivi, ma riguarda anzitutto proprio il made in come falsa provenienza dall'Italia, come italian sounding (e noi abbiamo appositamente un consiglio nazionalePag. 14 per la tutela contro la contraffazione e contro l'italian sounding), è un passaggio importante. Bisogna passare dalle misure, se così si può dire, eccezionali alle misure strutturali in questo senso, questa è una misura strutturale importante.
  Sono queste le tre linee di tendenza sulle quali noi riteniamo che il Governo possa e debba impegnarsi in un pacchetto organico.
  È importante, lo ripeto, avere la visione del futuro, interpretare il Made in Italy come uno strumento per la crescita, per una nuova crescita felice e ovviamente sostenibile del nostro Paese. E le possibilità di farlo, grazie a questi plus concorrenziali che noi abbiamo, e che ci fanno probabilmente uno dei candidati – Italia –, ideali per competere su questi nuovi mercati, io penso che sarebbe un dovere fondamentale e un tema assolutamente bipartisan, se mi è permesso dirlo, sul quale credo che tutti possiamo e dobbiamo impegnarci.

  PRESIDENTE. Grazie. Chiedo se vi siano degli interventi. Non vi sono degli interventi.
  Se ci fa avere la sua relazione, anche quello studio di cui ha parlato per il punto 3. Perché in alcuni settori, in particolare per esempio nella rubinetteria, non c'è solo un problema dell'italian sounding, ma la copiatura addirittura di tutta l'azienda. Io ho visto casi pazzeschi, dove un'azienda anche di medie dimensioni alla fine non ha gli strumenti per difendersi, un po' per quello che diceva, la grandezza, ma anche perché effettivamente ci sono casi clamorosi. A me è capitato in due o tre casi, in grandi fiere nell'asiatico, dove sostanzialmente venivano copiate proprio completamente le aziende, cioè sembrava che ci fosse il clone dell'azienda, dal nome al colore, cioè proprio esattamente la copia esatta dell'azienda, come se quell'azienda fosse a quella fiera. Non so se avete avuto anche voi delle esperienze simili.

  CESARE GALLI, invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam. Glielo posso confermare e posso dirle che questo è un fenomeno estremamente diffuso, soprattutto naturalmente sui mercati asiatici ma in questo momento anche su quelli sudamericani. Quindi anche lì stiamo parlando di un fenomeno assolutamente diffuso. Ma, ancora una volta, un fenomeno che è contrastabile. Gli strumenti giuridici ci sono, molto spesso le nostre imprese non li conoscono proprio perché non sono in grado, spesso, di avere quella assistenza professionale di alto livello che è necessaria.
  Ecco perché è disporre sotto questo profilo non interventi spot, ma un credito d'imposta stabile per questo tipo di interventi che consentirebbe proprio di dare la continuità che è necessaria, perché non si può attaccare in una fiera e poi dimenticarsi di tutto il resto.
  Proprio per questo sono assolutamente disponibile a far avere la documentazione scritta e anche una serie di documenti allegati alla relazione, mi deve solo dare il termine per poterlo fare.

  PRESIDENTE. Oltre a un credito d'imposta ha qualche ulteriore strumento da suggerire, ha un ufficio pubblico o privato che possa in qualche modo supportare, e quindi render l'operazione molto trasparente? Ecco, non so se queste sono ipotesi sono utili.

  CESARE GALLI, invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam. Assolutamente sì. Sono ipotesi presidente che lei ha colto perfettamente. In Italia esistono già dei desk anticontraffazione organizzati dal nostro Ministero degli esteri presenti in diversi Stati. Tuttavia noi abbiamo le esperienze, che sono state fatte soprattutto dal Regno Unito e dagli Stati Uniti d'America, per la presenza di un vero e proprio, se così si può dire, IP (Intellectual property) Office nei Paesi particolarmente esposti alla contraffazione. È un'esperienza estremamente proficua, io vi ho dedicato uno studio l'anno scorso che sarà mio piacere mettere a disposizione della Commissione, perché credo che questo possa essere un esempio che può essere seguito proficuamente dal meccanismo di cui già oggi disponiamo, per l'appunto questi desk, per fargli fare un salto di qualità, ancora una volta proprio a servizio delle nostre imprese.

Pag. 15

  PRESIDENTE. La ringrazio infinitamente e la saluto anche cordialmente.

  CESARE GALLI, invitato permanente del consiglio direttivo di Indicam. Buon lavoro a lei e a tutti gli altri commissari. Arrivederci.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Indicam intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Centromarca.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Centromarca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Roberto Bucaneve, direttore generale di Centromarca e a Ivo Ferrario, direttore relazioni esterne e istituzionali di Centromarca, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ROBERTO BUCANEVE, direttore generale di Centromarca. Buongiorno presidente. Grazie anche ai componenti della Commissione per questo tempo che dedica all'ascolto delle nostre opinioni.
  Centromarca è l'Associazione italiana dell'industria di marca, 200 imprese tra le più importanti operanti nel settore dei beni di consumo. Siamo le imprese che rappresentano le grandi marche presenti nel paniere di spesa delle famiglie italiane, nel carrello della spesa delle famiglie italiane. Rappresentiamo il 60 per cento del valore nei mercati del largo consumo.
  Collegata a Centromarca c'è una realtà, IBC, Associazione dell'industria e dei beni di consumo, che raccoglie oltre 30 mila imprese italiane, grandi medie e piccole, che sono attive in questo settore.
  Consolidiamo 190 miliardi di euro di fatturato, 555 mila occupati, e valiamo intorno al 2/3 per cento del PIL.
  Questa è la realtà che presentiamo e le considerazioni che vogliamo fare in questi minuti riguardano fondamentalmente il settore dei beni di consumo. È un settore che negli ultimi 15/20 anni è cresciuto in un contesto di bassa crescita economica generale del nostro sistema Paese, in una situazione in cui fondamentalmente si è puntato soprattutto alle esportazioni. È un settore che soffre se la domanda interna è debole ovviamente, ed è questa la situazione che ha caratterizzato gli ultimi due decenni.
  Per cui la prima considerazione che vogliamo portare all'attenzione della Commissione è il fatto che occorre perseguire un equilibrio tra una ripresa significativa della domanda interna e un focus sull'esportazione. Per rilanciare la domanda interna, una delle cose che per noi è prioritaria è il tema del reddito disponibile delle famiglie. Quindi questo titolo richiama ad aspetti di natura fiscale, con, fondamentalmente, interventi sul cuneo fiscale per ridurne gli oneri e consentire di avere salari e stipendi netti per le famiglie più alti. Richiama temi come la rimodulazione dell'IVA sui beni di prima necessità. Richiama più in generale temi come quelli della riforma fiscale, per ridurre il carico Irpef soprattutto dei redditi meno elevati.
  L'altro pilastro che è rilevante è la focalizzazione all'export. Per ottenere questo risultato il punto cruciale è quello di rilanciare la competitività del Paese e del sistema, rilanciare la competitività vuol dire innanzitutto focalizzarsi sull'intervento della produttività.
  La parola chiave è produttività. Qui noi vediamo tre strati su cui lavorare.
  Il primo punto è la produttività delle imprese produttrici di beni di consumo, e in questo ambito la chiave di volta è lavorare per la crescita dimensionale delle nostre aziende. La taglia media delle imprese Pag. 16del largo consumo è di 3 milioni e mezzo di fatturato, capite perfettamente che con questa taglia si è enormemente fragili di fronte agli shock sistemici e agli shock esogeni, come quelli che stiamo vivendo in questo momento, e si è anche deboli rispetto alle necessità di investimento che sono necessarie per adeguarsi all'innovazione tecnologica, che è l'altro elemento su cui sensibilizziamo la Commissione.
  Anche nel settore dei beni di consumo c'è opportunità di innovazione tecnologica, per esempio in tutto il settore della produzione agricola – quello che viene chiamato l'agrotech –, anche per l'agricoltura green c'è bisogno di innovazione tecnologica. E naturalmente anche nei processi di trasformazione industriale intermedia, quindi nei cicli produttivi e nei cicli logistici c'è una necessità di innovazione tecnologica. In cui politiche di accompagnamento da parte delle istituzioni e di incentivazione alle imprese possono essere un catalizzatore e un acceleratore importante.
  Il terzo asse per le imprese produttrici è quello che afferisce al tema dell'energia. Qui si tratta di lavorare per rendere maggiormente efficienti i cicli energetici per le nostre imprese e incentivare anche l'adozione di fonti rinnovabili. È un obiettivo questo che, oltre ad avere valenze in tema di sostenibilità, ha anche un significativo impatto in termini di riduzione dei costi.
  Il secondo asse per cui noi pensiamo che si possa lavorare a un aumento della produttività è una serie di misure che riguardino la produttività degli altri settori contigui al nostro, a cominciare dalla logistica per esempio, perché le merci girano ancora moltissimo soltanto su gomma. La struttura in questi servizi è ancora una struttura frammentata e anche poco tecnologizzata, quindi anche in questo ambito l'impulso all'innovazione e all'incremento di produttività dei settori contigui è rilevante. Tutto il settore dei servizi in Italia è un settore che ha potenzialità di miglioramento della produttività, pensiamo anche ai servizi bancari ad esempio, che sono servizi che aiutano le imprese a stare sul mercato e a lavorare in maniera efficiente.
  Il terzo ambito su cui la produttività può essere incrementata fa riferimento ai costi del fare impresa in Italia, e qui più direttamente sono chiamate in causa e sono protagoniste le istituzioni. Mi riferisco per esempio alla opportunità e alla necessità di ridurre il carico burocratico e amministrativo, sono sicuro che in queste audizioni avrete sentito altre volte questi elementi, alla semplificazione e alla certezza relativamente all'iter della giustizia civile e alla dotazione infrastrutturale del Paese. Che le dorsali di trasporto fisico su gomma e su rotaia, e anche quelle digitali, siano da ammodernare, potenziare e arricchire, è certamente una cosa che è nota e aiuterebbe, e aiuterà se verranno adottate misure adeguate, la produttività generale del Paese.
  In funzione della competitività di sistema, noi viviamo anche un altro elemento molto importante, in cui le istituzioni hanno un ruolo da giocare, e mi riferisco al tema dell'affermazione di un quadro di legalità e di rispetto delle regole, su cui lascio la parola a Ivo Ferrario.

  IVO FERRARIO, direttore relazioni esterne e istituzionali di Centromarca. Per rispettare i tempi vorrei sottolineare due concetti.
  Il tema delle regole è fondamentale perché la competitività per esprimersi deve avere un quadro di regole chiare, sulle quali noi riteniamo ci debba essere un rafforzamento della vigilanza da parte dello Stato in modo significativo. Perché le leggi e le norme sono un perimetro in cui poi le imprese sono chiamate a operare: parliamo di norme fiscali, di diritto del lavoro, antitrust, disciplina per le pratiche commerciali scorrette e tutela dell'ambiente.
  Chiaramente ogni regola impone degli investimenti, e quando c'è una violazione delle regole spesso si determinano vantaggi economici impropri da parte di chi le regole non le rispetta, e questo altera la concorrenza, può creare delle posizioni di forza indipendentemente dal valore competitivo reale delle aziende.
  Per questo Centromarca auspica un sistema di regole che sia più chiaro, meno articolato, meno soggetto a eccezioni, perchéPag. 17 le eccezioni favoriscono l'elusione e complicano i controlli da parte dello Stato.
  C'è poi un tema di stabilità delle regole, è fondamentale, perché la stabilità delle regole consente alle imprese una pianificazione accurata dei loro investimenti, una continua modifica delle regole vanifica investimenti importanti e sottrae risorse preziose alla competitività.
  Servono infine dei controlli efficaci per diffondere anche la presenza e il ruolo dello Stato a tutela degli onesti, cosa che è un tema molto importante della competitività oggi.
  Il tema delle regole è importante anche per attrarre investitori e per trattenere quelli attualmente presenti nel Paese.
  Avendo poco tempo a disposizione aggiungerei soltanto che la tutela e la promozione del Made in Italy per me è fondamentale ovviamente. Abbiamo bisogno di un rafforzamento del posizionamento di eccellenza dei nostri prodotti nella competizione internazionale, e questo vuol dire contrastare tutto ciò che è falso Made in Italy, che sta danneggiando le nostre produzioni. Valorizzare l'industria di marca, perché dove c'è una marca riconoscibile e identificabile del consumatore internazionale, questi può percepire e ricondurre qualità e innovazione all'italianità delle produzioni, e questo rafforza la percezione del nostro Made in Italy.
  Io mi fermerei qui per rispondere a eventuali domande.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti di Centromarca intervenuti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Centromarca (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confcommercio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Confcommercio nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Riccardo Garosci, vicepresidente nazionale incaricato per l'internazionalizzazione di Confcommercio, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  RICCARDO GAROSCI, vicepresidente nazionale incaricato per l'internalizzazione di Confcommercio. Grazie presidente, prima di tutto ringraziamo lei e tutta la X Commissione per la corretta impostazione dell'indagine conoscitiva che riguarda la competitività delle imprese italiane.
  Infatti questa si misura nel concreto in arene affollate e contesti difficili come i mercati esteri. Made in Italy deve essere sempre più una scelta internazionale economica, diplomatica e di un certo stile di vita.
  L'Italia è fra i dieci primi esportatori mondiali e ha una vocazione da sempre estera da primato, che oggi è inferiore solo alla Germania.
  I comparti del Made in Italy che hanno maggiori quote di mercato mondiale (mi piace ricordarlo) sono vini e bevande, quasi il 10 per cento; tessile, abbigliamento e mobile, ognuno col 6 per cento; macchinari e gioielli.
  I Paesi a destinazione del Made in Italy sono principalmente i nostri vicini europei, Francia e Germania, che sono leader sia nell'import che nell'export, ma anche gli Stati Uniti. Mentre i competitor con cui dobbiamo confrontarci nei vari mercati sono da una parte Cina, Polonia, India, Vietnam per questioni di costo; dall'altra Germania, Francia e Spagna per prodotti simili ai nostri, anche se il caso della Germania indica quanto siano complesse e interdipendenti le catene di valore internazionale.Pag. 18
  Un discorso a parte lo meritano i servizi, che sono i principali associati di Confcommercio, insieme naturalmente a turismo, professioni, ovviamente commercio. I servizi, ormai cuore di tutte le economie avanzate in forte crescita e anche nei Paesi in via di sviluppo, sono più difficili da tracciare e da pesare, rispetto ai prodotti che attraversano le frontiere fisicamente, ma oggi valgono più del 50 per cento.
  Il nostro è un Paese dove gli elementi di stile di vita italiano della qualità, delle relazioni, dell'empatia delle persone, che è un elemento imprescindibile nel servizio dell'accoglienza, sono universalmente riconosciuti. In questa attualizzata visione si dovrebbe affiancare il termine made in a quello di sense of, Sense of Italy, che ha già l'acronimo sofi, proprio perché meglio definisce i servizi, cioè non è solo ciò che è fatto in Italia ma come lo si propone al contesto mondiale. Il consumatore, tema caro a questa Commissione in particolare al suo presidente, questo chiederà sempre di più dall'export.
  Se pensiamo all'export italiano del servizio non possiamo che partire dal turismo, che è indiscutibilmente uno dei principali punti di forza mondiale nel nostro Paese, come ben riportato nel documento della Commissione.
  Il turismo è un vincolo di brand del Made in Italy, perché una buona parte degli 80 milioni di turisti stranieri, che ogni anno visitano l'Italia, vengono nel nostro Paese anche e soprattutto per lo shopping. E poi sono tutti turisti che tornano a casa cercando di replicare la loro esperienza comprando italiano: food, moda, nautica, arredi, auto, anche classiche, perché anche quelle creano un forte senso Sense of Italy.
  Gli operatori del turismo, ad esempio quello del MICE (meeting, congressi, eventi), competono per fare scegliere l'Italia come sede dei più importanti congressi ed eventi mondiali.
  In questa ottica è fondamentale superare antiche divisioni merceologiche e organizzative della nostra attività di promozione all'estero. ICE Agenzia, ENIT, rappresentanze diplomatiche che non cesseremo mai sufficientemente di ringraziare, delle regioni e della rete delle camere di commercio, anche quelle estere naturalmente, sono strumenti importanti per l'affermazione del nostro Paese sui mercati internazionali. Auspichiamo che la partecipazione del Ministero del turismo e dell'ENIT alla cabina di regia dell'internazionalizzazione e la costituzione del Comitato interministeriale del Made in Italy nel mondo siano segnali positivi di un cambio di direzione.
  In questo senso mi si consenta un ringraziamento particolare ai Ministri Tajani e Urso che hanno non più tardi di pochi giorni fa riunito la cabina con ottimi risultati.
  Infine per il turismo bene l'attuale campagna di comunicazione internazionale BeIT, ma chiediamo di coinvolgere di più le associazioni di categoria.
  Relativamente all'export di prodotti delle circa 140 mila aziende esportatrici, molte sono micro imprese che si affacciano sui mercati per la prima volta. Le misure di finanza agevolate a sostegno dovranno quindi porsi il duplice obiettivo di aumentare il numero di aziende esportatrici e di consolidare la presenza sui mercati di quelli che già operano, aiutandole però a strutturarsi in modo continuativo.
  È necessario continuare a finanziare i fondi e le misure dedicate all'internazionalizzazione, anche per la semplificazione delle procedure di accesso, ancora difficili per le imprese di piccole dimensioni.
  Vanno potenziate le attività specifiche per favorire l'export, come i bandi per il Temporary Export Manager, che la nostra associazione Aice (Associazione del commercio estero) e IMI, da sempre seguono e spingono.
  Sono apprezzate le iniziative di ICE Agenzia per favorire la presenza di prodotti italiani nella GDO estera e per accompagnare le imprese all'export digitale.
  A livello europeo gli accordi di libero scambio e gli accordi di partenariato sono un contesto normativo abilitante per distribuire prodotti europei, e dunque italiani, in Paesi esteri. I recenti accordi di partnership con Paesi come Canada e Giappone, il Pag. 19riconoscimento di centinaia di indicazioni geografiche hanno ridotto il fenomeno dell'italian sounding, non ancora a sufficienza ma lavoriamo.
  È necessario un sostegno deciso da parte italiana per accelerare trattative di accordi di libero scambio con partner extra Unione europea, come ad esempio i Paesi dell'America Latina e dell'India. Altrettanto importante è monitorare con attenzione la politica commerciale europea e la riforma del WTO.
  In questo ambito è importante monitorare le scelte europee sugli aiuti di Stato, scelte che hanno preso la direzione di una maggiore flessibilizzazione, lasciando ancora sullo sfondo il tema di un fondo sovrano europeo a nostro avviso fortemente necessario.
  Per ciò che riguarda strumenti che periodicamente vengono riproposti per rafforzare la presenza italiana all'estero e combattere il fenomeno dell'italian sounding, va attentamente valutata la creazione di questa piattaforma vetrina online dei prodotti Made in Italy, come altre iniziative del passato potrebbe rivelarsi un progetto molto costoso in rapporto ai risultati.
  Non crediamo possa essere risolutiva anche l'istituzione di un marchio a certificazione governativa della qualità e italianità dei prodotti, rischierebbe, come già accaduto, di entrare in contrasto con la normativa doganale europea sull'origine dei prodotti.
  Riteniamo infine che il rilancio dei prodotti agroalimentari italiani debba essere promosso puntando sulla qualità del saper fare italiano.
  E qui mi si consenta una velocissima apertura, legata all'attualità della proposta irlandese di creare un'etichetta di informazione distorsiva sull'uso degli alcol, dunque dei vini, che in Italia pesano come sapete il 10 per cento dell'esportazione. Non deve essere impostata sull'uso ma sull'abuso, che l'alcol degenera in alcuni Paesi soprattutto del Nord Europa.
  Due parole sui trasporti. Di fondamentale importanza resta il presidio e la gestione delle principali vie di accesso al commercio, come valichi alpini e porti, da cui passa gran parte dell'import-export, ma la penalizzante regolamentazione dei traffici verso l'Austria tramite l'asse del Brennero, e le decennali chiusure previste per i lavori di rifacimento del traforo del Monte Bianco, stanno creando e creeranno forte criticità a tutto il settore del commercio, del turismo, ma soprattutto agli operatori dell'autotrasporto nazionale, già tassati dall'aumento dei costi del carburante, del lavoro, eccetera.
  Sul fronte portuale invece il 2023 si è aperto con la previsione di incremento dei canoni concessori di oltre il 25 per cento. Troppo.
  Sul fronte degli adempimenti prescritti per le navi, per i lavoratori marittimi, per evitare il rischio di flagging out, ovvero di vedere compagnie armatoriali italiane lasciare la nostra bandiera a vantaggio di Paesi europei con una burocrazia più snella.
  Monitorare infine l'importante attività di reingegnerizzazione dei sistemi operativi della dogana italiana e relative innovazioni come lo sportello unico doganale e controlli.
  La guerra in Ucraina e Brexit sono due diversi esempi di stress geopolitico che incide pesantemente sugli interscambi commerciali.
  Tutte le analisi della progressiva regionalizzazione delle catene del valore, sul reshoring, il ritorno verso l'azione di origine dei prodotti, o del friend-shoring, il ritorno verso Paesi già amici del nostro sistema economico, hanno reso evidente la necessità di identificare nuovi mercati di riferimento, per vendere bene, soprattutto per un Paese trasformatore come il nostro che ha sempre contato sul saper fare italiano. E anche qui cito la recentissima iniziativa governativa della riunione di Trieste di 15 giorni fa, per rendere noto, ai Paesi non solo dell'Europa, il ruolo fondamentale che ha l'Italia nei Balcani. Dove come sapete sono tante le domande d'ingresso nell'Unione Europea, due Paesi ne fanno già parte, hanno già adottato anche l'Euro.
  Dall'import in particolare nel tema dell'energia si manifesta uno dei maggiori ostacoli alla competitività delle imprese. Oggi le Pag. 20aziende del nostro Paese pagano l'energia dal 15 al 30 per cento in più rispetto ad aziende spagnole e francesi. Scontiamo non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia dei nostri fornitori, i troppi no e preconcetti burocratici. Dobbiamo correre al riparo diversificando i fornitori, e quindi apprezziamo il recentissimo accordo governativo con l'Algeria, sia aumentando le capacità di rigassificazione. Siamo molto indietro nella progettazione, ma è anche necessario il dibattito politico sul nucleare di nuova generazione.
  Occorre favorire l'efficienza energetica soprattutto nelle piccole e medie imprese, rendendo consapevoli i benefici economici e ambientali che avranno.
  Anche qui una veloce apertura, indispensabile, sull'indicazione europea della cessazione dei motori diesel e benzina dell'auto nel 2035. Probabilmente altri colleghi e amici hanno già ricordato questo tema che rappresenterebbe per il sistema economico italiano, soprattutto quello del terziario, una complicazione economica, operativa e commerciale che frenerebbe fortemente l'import e l'export.
  L'ottimizzazione dei consumi energetici, dunque, passa necessariamente dall'utilizzo di fonti rinnovabili, a partire dal fotovoltaico.
  Due parole sulla pressione fiscale, contributiva e la burocrazia, che sono universalmente riconosciute come due zavorre per la competitività del nostro Paese e delle nostre imprese.
  Da una parte a fronte di aliquote più alte della media europea imprese italiane ottengono servizi pubblici inferiori rispetto ai loro competitor.
  I recenti provvedimenti in tema di forfettario, IRAP e IRES, pur apprezzabili, sono ancora lontani da una vera riforma della tassazione del reddito d'impresa.
  Ogni progetto di sviluppo economico aziendale ha bisogno di risorse, risorse finanziarie, è necessario dunque reperire capitali...

  PRESIDENTE. Scusi, la invito a sintetizzare il suo intervento. Ricordo che abbiamo chiesto la disponibilità a trasmettere una relazione ove riservare gli approfondimenti e intervenire sinteticamente a voce perché abbiamo un numero nutrito di audizioni da svolgere.

  RICCARDO GAROSCI, vicepresidente nazionale incaricato per l'internazionalizzazione di Confcommercio. Mi avvio alla conclusione, un paio di minuti e non di più.
  Purtroppo altri importanti elementi del sistema Paese, come la lunghezza dei procedimenti civili, incidono pesantemente sulla competitività delle imprese. Questo vale particolarmente per le aziende del Mezzogiorno, dove la disparità nel rapporto tra nord e sud è fortissima. D'altra parte, quando in Italia occorrono 850 giorni in media per la risoluzione di una disputa commerciale, contro i 347 della Francia, lascio immaginare gli effetti negativi sul brand Made in Italy.
  Auspichiamo un salto di qualità dovuta alla riforma del processo civile prevista dal Pnrr, finalizzata alla riduzione dell'arretrato e alla riduzione dei tempi di giustizia.
  Si tratta di tre condizioni necessarie per crescita, sviluppo e competitività del nostro Paese.
  In conclusione, il lungo periodo di crisi che stiamo attraversando ha contribuito a evidenziare l'importanza strategica della qualificazione del capitale umano. Le risorse umane sono, soprattutto per il settore del terziario, fattori fondamentali che credo non vanno ulteriormente spiegati.
  Il costo del lavoro in Italia di conseguenze è piuttosto in linea con quello europeo, siamo intorno a circa 29 euro all'ora; tuttavia la mancata percezione di una consistente quota dello stipendio, pari al 120 per cento, aumenta con l'aumentare dello stipendio stesso.
  Le imprese italiane hanno difficoltà a trovare personale qualificato anche a causa di un mancato accordo con il sistema di istruzione e un tardivo ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Si potrebbe rifarsi a esperienze europee ben note, ma riteniamo che occorra una vera integrazione fra la filiera formativa e quella produttiva, un sistema di formazione professionale duale, in cui le imprese, le istituzioni scolastiche, universitarie e formative interagiscano con un giusto compromesso tra interessiPag. 21 economici delle prime e interessi sociali delle seconde.
  Chiudo con una veloce considerazione sul lavoro agile. Rispetto agli altri Paesi europei, dove è già iniziato da tempo lo sviluppo del lavoro in remoto, noi siamo ancora indietro e lavoriamo oggi sostanzialmente sulla legge n. 81 del 2017, in un sistema che per effetto della pandemia è fortemente modificato.
  Il lavoro agile viene utilizzato anche ai fini di aumento della competitività italiana. Quell'Italia che, con le sue imprese, nel pur difficile 2021 ha finalmente superato i 500 miliardi di euro di export, nel non meno semplice 2022 ha toccato gli oltre 600 miliardi, pur dovuti più all'aumento dei fattori prezzi, inflazione, materie prime, energia che dal reale volume. Può però finalmente ora, con l'attenzione della politica e delle istituzioni tutte, ricordare che oggi qui ragioniamo e programmiamo un terzo del PIL nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Chiedo se vi siano interventi. La parola all'onorevole Pavanelli.

  EMMA PAVANELLI. Grazie presidente.
  La ringrazio per la sua esposizione e spero, come ha già anticipato il presidente, che potrà inviarci una relazione scritta così potremo appunto approfondire.
  Lei ha parlato di stipendi e altre situazioni per quanto riguarda il lavoro, ovviamente questa non è nemmeno magari la giusta Commissione, ma ovviamente per avere un quadro d'insieme della situazione di Confcommercio.
  Mi rendo conto che per quanto riguarda il commercio tramite, chiamiamole così, catene, spesso e volentieri il lavoro è inquadrato in una maniera un po' diversa, non è un'assunzione diretta ma sempre a chiamata tramite magari cooperative o altri, con orari e tipologia di contratto che sicuramente non è molto appetibile nel lungo andare, nel senso che sicuramente i giovani aspirano a condizioni ovviamente migliori.
  Io quello che vorrei chiederle come il commercio – lei parlava del turista che viene in Italia, che acquista il Made in Italy, che poi magari prosegue anche nel proprio Paese quando torna a casa, ed è vero che il Made in Italy è un brand vendibile molto facilmente – sul tema della digitalizzazione, della vendita online, soprattutto tramite grosse piattaforme internazionali, affronta la tematica, come il settore riesce a muoversi.
  Vediamo spesso che le nostre città sono sempre più diversificate dal punto di vista del piccolo commercio, perché ovviamente le spese di gestione sono spesso molto alte e ovviamente si ha difficoltà magari a competere con quei grandi marchi digitali, e ovviamente i cittadini stanno acquistando sempre più spesso online, creando tra l'altro anche un problema per quanto riguarda i prodotti che poi magari ritornano e l'invenduto che poi spesso viene gettato, creando quella che sappiamo bene aumentare una criticità dal punto di vista ambientale.
  Ecco, io mi domando come state pensando o come avete già iniziato a rinnovare un po' proprio tutto il settore del commercio, per far sì che sia un pochino più appetibile. Ovviamente non parlo solo delle città a grande traffico turistico, ma ovviamente un commercio deve rimanere sulle proprie gambe nella quotidianità ecco, non solo nella stagionalità, soprattutto in città dove il commercio è più stagionale.
  E qual è appunto poi il rapporto tra il piccolo commerciante, la famiglia che si autosostiene con un commercio che magari è anche storico, rispetto a quello che è sempre più in voga dei grandi centri commerciali, con la grande comodità comunque per i clienti che magari trovano il parcheggio facile a due passi e non a pagamento. Mentre in altri Paesi, anche extra europei, vediamo che quei grandi centri commerciali stanno andando verso la chiusura, e diciamo che tutto il trend all'estero sta cambiando drasticamente: da una parte appunto con le vendite online e dall'altra parte proprio con un cambiamento delle nuove generazioni, che culturalmente stanno cambiando le proprie abitudini.
  Ecco, come Confcommercio si sta adoperando per far fronte a quello che magari Pag. 22in Italia arriverà fra qualche anno ma che in realtà bisogna anticipare. Grazie.

  RICCARDO GAROSCI, vicepresidente nazionale incaricato per l'internazionalizzazione di Confcommercio. Ringrazio l'onorevole perché ha toccato molti dei temi fondamentali dell'attività della nostra confederazione.
  Noi veniamo prima di tutto da due anni che hanno cambiato il mondo, dal punto di vista degli acquisti, della sussistenza, della logistica, della mobilità che fa parte anche dello stile di vita italiano degli acquisti, che insegniamo al mondo e che vengono a replicarlo da noi da turisti e poi mantenerlo nel proprio Paese.
  In realtà lo scenario della modernizzazione è già partito, era partito da tempo, non possiamo fermarlo, non possiamo impedire ai giovani di utilizzare format e sistemi differenti nei loro acquisti. Però possiamo lavorare assieme, noi imprese e voi naturalmente istituzioni che regolate la normativa, con un giusto equilibrio tra il mondo digitale (che deve esserci, ci mancherebbe se non ci fosse stato nei due anni di pandemia), e quello della realtà fisica dei negozi.
  Lei ha citato correttamente una parziale o progressiva desertificazione di alcuni centri di alcune città. È un fenomeno che va combattuto, è evidente che ogni negozio che chiude è una luce che si spegne, è una mancanza di sicurezza e una mancanza di offerta ad alcune classi sociali e ai consumatori. Noi abbiamo il dovere e il diritto di aiutarli, di proteggerli e di fornire loro qualunque tipo di servizio occorra.
  L'attuale strada che noi stiamo percorrendo è quella della professionalizzazione dei nostri collaboratori, è la modernizzazione parziale, attraverso ad esempio il digitale, delle nostre imprese. In questa logica ci sarà una forte partecipazione dei nostri sistemi formativi, che già a livello centrale, nazionale ma anche territoriale delle singole province, tramite le nostre categorie territoriali, opera già da tempo. E non a caso prima nell'intervento ho richiamato la forza di questo sistema formativo che è di casa in Confcommercio da sempre, che siamo addirittura disponibili a esportarlo, se si può esportare anche questo prendiamo tutto. In qualità di un utile strumento di crescita di Paesi, mercati, che poi diventeranno vicini all'Italia: pensate all'area dei Balcani, dove praticamente la seconda lingua ormai è l'italiano in tutti i principali Paesi dell'area balcanica, e dove c'è un forte attaccamento, una passione per i prodotti e i servizi italiani.
  Tutto questo si può migliorare con la formazione, che noi possiamo esportare; già lo facciamo in Italia. E questo creerà tutto sommato, per le nuove generazioni a cui l'onorevole faceva giustamente riferimento, una maggiore comprensione del ruolo del terziario, che abbiamo detto vuol dire commercio, turismo, professioni, servizi di tutti i tipi. E forse ci sarà un ritorno, come peraltro ogni ciclo economico prevede, verso il mercato, verso il commercio, verso settori che sono da sempre un più italiano, che noi ci proponiamo di difendere e di migliorare.

  PRESIDENTE. Allora, due cose: uno, le chiederei di inviarci la relazione, ma con un focus molto particolare sulle proposte sulla valorizzazione del Made in Italy. Ecco, questo è molto importante perché noi dobbiamo fornire una relazione che proponga e che diventi strumento per la stesura di un disegno di legge sulla valorizzazione del Made in Italy, la lotta alla contraffazione, la tutela eccetera. Quindi è importante che ci sia questo focus.
  Poi volevo segnalarle, avendo fatto il sindaco, il tema della tutela dei negozi. Noi l'avevamo affrontato con un'iniziativa del 2019 ad Arona – esperienza non esportabile completamente, però ricordo che la sua associazione, Confcommercio, è stata madrina di questa iniziativa, in particolare l'allora consigliere di Confcommercio Maurizio Grifoni. Cioè sostanzialmente avevamo trasformato nel 2019 – poi c'è stata la pandemia –, e adesso l'esperienza viene ripresa, una città turistica, Arona sul lago Maggiore, in un enorme centro commerciale a cielo aperto: quindi con gli steward che davano le carte informative dei negozi, con la mappatura dei negozi, con eventi tutti i giorni e tutto il giorno, con la filodiffusione che informava anche degli sconti Pag. 23e delle offerte. Cioè, sostanzialmente, si è fatta concorrenza diretta ai centri commerciali ma anche al commercio online, trasformando la città in un centro commerciale. L'operazione, che era un'operazione pilota di Confcommercio, si chiamava Arona Lake & Shopping, brandizzando la città, creando storie Instagram, e tutto quello che serve anche sui social e quant'altro.
  La seconda cosa: nel 2014 noi avevamo lanciato come città un regolamento che è entrato nel decreto crescita, che ho fatto entrare io con un emendamento, sulla riapertura, quindi un contributo, allora comunale e poi diventato statale, per la riapertura dei negozi chiusi da oltre sei mesi. Nel 2014, quando l'abbiamo lanciato questo regolamento comunale, era un contributo in cui si esentavano da tutte le tasse comunali chi riapriva dei negozi chiusi da oltre sei mesi. Quel contributo è diventato un contributo per tutti i comuni sotto i 20 mila abitanti ed è entrato nel decreto crescita, magari potremmo fare un'opera di pubblicizzazione di questo contributo, che si aggiunge a quello che ha detto lei sulla specializzazione, sulle offerte eccetera.
  La ringrazio infinitamente e la saluto cordialmente.
  Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Confcommercio intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Confcommercio (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Gianluca Musiello, direttore generale della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIANLUCA MUSIELLO, direttore generale della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese. Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente e la X Commissione per questo invito. Per noi essere qui oggi è molto importante, perché la Confederazione AEPI è da sempre molto sensibile al tema del Made in Italy. Noi abbiamo da sempre spinto per la creazione di un ministero specifico, oggi confluito nel Mimit, perché abbiamo sempre creduto nel Made in Italy come un elemento che fosse al di là del brand, un elemento culturale che ci contraddistingue. Quello che viene definito un building identity history, cioè noi in qualche modo siamo una sintesi perfetta di progetto, produzione, comunicazione e consumo. Quindi un modello vincente che nel corso degli anni si è saputo effettivamente adattare benissimo, anche i vari processi economici, politici e sociali.
  Negli ultimi anni sicuramente le nostre piccole e medie imprese hanno attraversato una vera e propria tempesta: la pandemia da una parte, la situazione in Ucraina dall'altra, la guerra insomma, non sono storia purtroppo, ancora sono tra noi, hanno radicalmente cambiato il mondo così come noi lo conoscevamo. Insomma, sono gradualmente venuti meno i fondamenti del processo di globalizzazione, quindi quell'indebolimento di quegli organismi internazionali preposti al mantenimento e al rafforzamento del sistema economico globale.
  Però nonostante questo bisogna prendere atto che le piccole aziende, la micro impresa e il Made in Italy, in questi ultimi Pag. 24due anni ha saputo reagire. Nel 2021 e nel 2022 siamo riusciti comunque a mantenere un trend di crescita, riuscendo anche a fare meglio della stessa Germania. Quindi questi sono dei presupposti significativi che ci devono far riflettere, però allo stesso tempo bisogna rimanere con i piedi per terra perché per questo 2023 i presupposti non sono poi così rosei (innalzamento dei prezzi, ovviamente il problema energetico), che si uniscono poi anche a degli elementi di difficoltà cronici del nostro sistema Paese. Quindi in qualche modo noi dobbiamo essere pronti a leggere quello che sta accadendo per cercare di salvaguardare il Made in Italy.
  Come fare? Innanzitutto io direi che è sempre bene cercare di capire e cercare di dividere quelle che sono le nostre aziende blasonate, che sono un piccolo gruppo, che sono dedite all'internazionalizzazione, che sono altamente competitive, innovative, che hanno un focus sul customer experience, e tutta invece un'altra galassia di piccole aziende e micro imprese, che sono la maggior parte, che in realtà non sono molto coinvolte da questa crescita, chiamiamola così, inclusiva. Quindi da una parte abbiamo delle aziende che sono rispettate in tutto quanto il mondo, dall'altro invece abbiamo aziende che in realtà hanno delle difficoltà oggettive per essere competitive.
  Noi come Confederazione AEPI crediamo che fra gli elementi importanti da tenere presenti ci siano: intanto strutturare un piano di transizione digitale su più livelli, che non sia solamente rivolto alla comunicazione ma che faccia leva anche sul marketing, questo è molto importante. È molto importante anche tenere presente le attuali dinamiche di commercializzazione, quindi è molto importante l'e-commerce. L'idea di creare anche una piattaforma – a noi è piaciuta tanto – dove poter fare promozione del Made in Italy. E qui naturalmente si inserisce anche l'importanza della cyber security nel nostro Paese, dobbiamo in qualche modo anche su questo cercare di essere competitivi in quanto il nostro sistema è particolarmente esposto, e l'abbiamo visto anche recentemente.
  Una cosa a cui noi teniamo tantissimo è soprattutto la formazione, la formazione è molto importante. Anche qui stiamo andando sulla strada giusta, il voucher sull'internazionalizzazione per esempio è uno di quegli elementi che a noi è piaciuto, la valorizzazione di figure importanti per le nostre piccole aziende, come per esempio l'export manager. Questo è molto importante, però bisogna anche tenere presente che parliamo di piccole aziende con 4 unità, 10 unità, molto piccole, quindi immaginiamo di fare formazione più diretta all'interno delle aziende. Formare il personale all'interno delle aziende è molto importante, riduce i costi e mantiene comunque la loro capacità di essere competitive sul mercato.
  Bisogna migliorare anche le analisi complessive in materia di valore percepito dei consumatori nei diversi mercati target, è molto importante. Quindi noi dobbiamo lavorare tantissimo alla sburocratizzazione, il più possibile, al miglioramento anche del sistema giudiziario, dando così quel valore aggiunto che ancora non le rende competitive, rispetto alle altre aziende cinesi, americane, francesi, tedesche. Quindi questo è molto importante.
  Partendo proprio da questo ultimo punto, bisogna anche fare riferimento ad alcuni dati OCSE che ci pongono negli ultimi posti per quanto riguarda per esempio l'efficienza del sistema fiscale, al 122° posto se non ricordo male per quanto riguarda la capacità di proteggere i contratti; siamo al 119° posto per quanto riguarda l'accesso al credito; al 98° posto per la capacità e la facilità di poter fare impresa in questo Paese. Diciamo che questi sono dati che un po' contrastano con un altro elemento invece, che indicano comunque l'Italia come il Paese con il maggior numero di imprese, di piccole imprese e medie imprese, quindi su questo veramente dobbiamo lavorare tantissimo.
  Un'altra cosa, la guerra. La guerra in Ucraina ci fa pensare che bisogna guardare ora ad altri mercati, il mercato russo per tante piccole aziende è stato un punto di riferimento, ebbene ora dobbiamo essere un po' più strategici e guardare ad altri Pag. 25mercati, i mercati per esempio del Kazakistan, della Turchia o dell'Indonesia, all'Arabia Saudita, importante per le nostre aziende per poter svilupparsi anche nel Medio Oriente, e all'Africa che nonostante la tanta instabilità politica rappresentano comunque mercati ancora inesplorati, fondamentalmente non sono ancora esplosi, e quindi questo è molto importante.
  Noi, partendo da questo punto, dovremmo anche colmare il divario che esiste fra fare impresa al nord e fare impresa al sud, proprio perché il mondo del commercio si sta riposizionando, andando a coinvolgere anche il Sud del Paese. Quindi riuscire a valorizzare anche l'impresa al Sud è di grande importanza strategica per il nostro Paese, e non dobbiamo perderlo di vista.
  Avevo anche accennato alla guerra e come ciò ha portato a focalizzarci anche su un altro tema importante, che è quello dell'aumento dei prezzi energetici. Bene il fatto che in qualche modo si tenta di svincolarci appunto dalla dipendenza energetica dalla Russia. Ma è molto importante spingere sulla conversione energetica verso le rinnovabili. Dobbiamo essere in linea con il Green Deal europeo, questo è un passaggio sicuramente traumatico, ma con l'aiuto delle istituzioni questo passaggio lo dobbiamo trasformare in un elemento di rafforzamento e di consolidamento per il nostro tessuto economico.
  In un'ottica prospettica il Made in Italy sarà coinvolto dall'accorciamento dalle catene globali di approvvigionamento, che porterà al ritorno delle imprese che avevano delocalizzato in Italia. Questo è un altro elemento molto importante perché permetterà ad alcune zone di essere ripopolate in Italia, quelle zone che fino ad ora (penso naturalmente a tante zone del sud) non hanno partecipato alla crescita economica del nostro Paese.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante della Confederazione AEPI – Associazioni europee di professionisti e imprese (vedi allegato 3) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Giada Bronzino, componente di giunta di presidenza nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi), ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIADA BRONZINO, componente della giunta di presidenza nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi). Buongiorno. Ringrazio per l'invito a partecipare all'odierna audizione.
  Noi rappresentiamo le piccole e medie imprese, che sono ben radicate sul territorio italiano e possono definirsi effettivamente come produttrici del Made in Italy.
  Sarebbe necessario in Europa una normativa che tuteli il lavoro geograficamente svolto in Italia, favorendo un'obbligata tracciabilità di dove viene prodotta la merce. Conosciamo benissimo la problematica dell'italian Sounding, la problematica delle contraffazioni, e sappiamo come sia complesso trovare uno strumento giuridico per difendersi.Pag. 26
  Suggeriamo che probabilmente servirebbe intanto una campagna di sensibilizzazione, per sottolineare che il Made in Italy originale significa prodotti con un profilo di sostenibilità ambientale importante, tutela di salute dei lavoratori e tutela e salute dei consumatori. Perché sappiamo che tutto ciò che è contraffazione non tiene conto di queste che sono questioni fondamentali per il Made in Italy.
  Per quel che riguarda la nostra Confederazione, le piccole e medie imprese hanno un oggettivo problema nel difendere le proprietà intellettuali. È necessario completare la revisione in atto del codice della proprietà industriale, per renderlo più in linea con i contesti europei e renderlo più accessibile. Purtroppo le PMI molte volte sono bloccate nel tutelare le proprie proprietà intellettuali a causa delle procedure burocratiche e dei costi.
  Ben venga quello che è stato fatto negli ultimi anni, che andrebbe magari rivisto e semplificato, ma il credito di imposta per la ricerca e sviluppo è stato molto utile per le piccole imprese per spingerle a innovare processi e prodotti. Purtroppo però, a volte, quando si arriva all'innovazione ci si ferma prima della tutela di questa proprietà intellettuale. E anche quando vengono depositati i brevetti c'è il grosso problema di come affrontare eventuali contenziosi per difendere i propri brevetti. Quindi sarebbe auspicabile un aiuto che vada in questa direzione, perché le PMI molte volte rinunciano proprio per un problema di costi, per un problema di sapere dove e come rivolgersi. Sarebbe strategico rafforzare il ruolo dei desk anticontraffazione per avere un migliore monitoraggio sulla registrazione dei marchi brevetti e sul loro fraudolento utilizzo nei Paesi più a rischio; ma soprattutto appunto anche un'assistenza alle PMI per difendere la loro proprietà intellettuale.
  Il contesto internazionale di questi anni è variato e ha portato all'attenzione di tutti il fenomeno del reshoring, che solo fino a qualche anno fa sembrava abbastanza improbabile. Il tema del reshoring è sicuramente molto interessante per sostenere il Made in Italy, perché sarebbe interessante per le aziende fare un reshoring in Italia. Sappiamo che l'Italia ha tantissime problematiche, che sono state già citate (il problema dell'energia, burocrazia e quant'altro), però ha anche tanti punti di forza, soprattutto nelle risorse umane e nella flessibilità delle filiere, che sono fatte da PMI, che permette quindi a grandi aziende di fare un reshoring e avere una supply chain molto flessibile e specializzata.
  Sarebbe interessante avere una cabina di regia sul reshoring, sull'internazionalizzazione, e per guidare le imprese che hanno interesse a venire a produrre in Italia, per aiutarle nel disbrigo degli adempimenti amministrativi legislativi e burocratici, per evitare che proprio la problematica burocratica disincentivi queste attività.
  Si potrebbe pensare che il Ministero possa stilare delle linee guida su come fare un reshoring in Italia, e magari pensare a delle agevolazioni legislative per queste aziende; un po' come era stato fatto negli anni passati per il rientro dei capitali con la voluntary disclosure. Prevedere magari un credito d'imposta o delle misure agevolative per lo sviluppo di nuovi siti produttivi, a favore delle imprese che decidono di tornare in Italia, soprattutto quando lo fanno in distretti industriali che sono un po' in affanno o in aree di crisi e sviluppano con le filiere in sito dei progetti di sviluppo a medio termine.
  Si potrebbe pensare a delle agevolazioni nel momento in cui queste aziende fanno reshoring e devono portare in Italia dei macchinari usati per rilocalizzare dei siti produttivi, quindi eventualmente delle agevolazioni doganali o quant'altro.
  Per quel che riguarda l'esportazione, molto importante per le piccole imprese sono i Temporary Export Manager, perché li possono aiutare e formare nell'internazionalizzazione, con di nuovo un problema di dimensioni. Bisogna secondo noi cercare di favorire l'aggregazione delle imprese per la internazionalizzazione, perché diventa sempre di più complicato per le PMI agire in contesti internazionali e avere abbastanza risorse all'interno della singola azienda per poter seguire mercati, che purtroppo sono sempre più complessi e lontani. I mercati Pag. 27europei sono abbastanza noti, ma nel momento in cui ci si allontana diventa più complicato per le PMI riuscire a muoversi in maniera agevole.
  Ben vengano, come avvenuto negli anni passati, sostegni all'internazionalizzazione attraverso finanziamenti agevolati, come sono stati fatti tramite la Simest o appunto anche i Temporary Manager, perché purtroppo internazionalizzare ha un costo, il ritorno non è sempre immediato e quindi è importante per le PMI poter avere un accesso agevolato a dei finanziamenti per riuscire a esportare il loro Made in Italy.
  Molto importante, per quel che riguarda il Made in Italy e per le PMI, è anche una più stretta collaborazione con la ricerca, in modo da incrementare le sinergie tra PMI e ricerca. Perché, come ben sappiamo, molte volte le aziende hanno una limitata innovazione di processo e prodotto proprio per la loro dimensione, e per rimanere sul mercato al giorno d'oggi, soprattutto nel manifatturiero, è fondamentale riuscire a innovare nel modo giusto. Quindi è importante che i ricercatori si accostino alle imprese, combinando la loro conoscenza e il loro studio con le attività delle piccole imprese.
  Concludo con un'altra criticità, dal nostro punto di vista, sul Made in Italy.
  Le PMI sono molto radicate sul territorio e hanno sempre cercato di sostenere e, con la loro dimensione, mantenere una certa flessibilità. Adesso abbiamo un grosso problema di mantenimento delle competenze, perché queste PMI fanno fatica a crescere e fanno fatica a passare le competenze ai giovani.
  Mi spiego, purtroppo quelle che erano aziende familiari molte volte non hanno all'interno della famiglia degli eredi e quindi tendono magari a chiudere, quindi a perdere competenze all'interno del tessuto produttivo; e altresì a volte i collaboratori storici non riescono a passare competenze perché le aziende fanno fatica ad affiancare loro soggetti per lunghi periodi perché vorrebbe dire crescere dimensionalmente. Quindi sarebbero auspicabili anche delle agevolazioni che permettano di mantenere le PMI e non vederle chiudere perché magari all'interno della famiglia non c'è un erede ed è un po' più complicato trovare qualcuno all'esterno perché non ci sono degli strumenti agevolativi al riguardo.

  PRESIDENTE. Grazie. Chiedo se vi siano interventi. La parola all'onorevole Pavanelli.

  EMMA PAVANELLI. Grazie presidente.
  La ringrazio per l'illustrazione delle criticità della vostra categoria, spero che ci potrete inviare magari anche una relazione più dettagliata.
  Mi fa piacere che abbia parlato di brevetti. In Italia abbiamo una percentuale di brevetti depositati in rapporto ad altri Paesi che spesso viene criticata in quanto abbastanza bassa. Io credo che forse si potrebbe incidere con un aumento di brevetti depositati nel nostro Paese se ci fosse, magari, anche più conoscenza tra i giovani del sistema di deposito dei brevetti.
  Le chiedo appunto se crede che già nella scuola superiore si potrebbe iniziare a inserire quello che può essere un inizio di discussione e di conoscenza, di che cosa è un brevetto, di come si deposita, come si sviluppa, insieme a conoscenze di economia di base all'interno delle scuole superiori, che potrebbe appunto incentivare poi i giovani a fare impresa, a fare ricerca e di poter pensare, appunto, di depositare brevetti. Pertanto partire anche da quella che è l'educazione dei nostri giovani, prima ancora di quella universitaria, dove magari anche lì si potrebbe iniziare ad approfondire queste tematiche tramite dei corsi a livello nazionale nelle nostre università, per poi passare ovviamente a dei corsi più avanzati tramite master.
  Io le chiedo, inoltre, se il sistema Transizione 4.0, lanciato durante il Governo Conte II, è stato per le imprese che voi rappresentate un buon tipo di investimento. Insomma, i dati ci dicono che è stato molto buono, molto positivo, che grazie a Transizione 4.0 le piccole e medie imprese hanno potuto avere dei fondi per poter migliorare la digitalizzazione, piuttosto che fare investimenti che prima non riuscivano a fare e che quindi è stato tra i Pag. 28primi provvedimenti che ha aiutato soprattutto le piccoli e medie imprese.
  Infine, l'ultima domanda, per quanto riguarda quello che si prospetta essere il futuro del nostro Paese: relativamente al decreto sull'autonomia differenziata, dove regioni come il Veneto hanno chiesto di poter gestire in autonomia, o comunque affacciarsi all'export dei beni della propria regione, se non crede che avere venti sistemi diversi di export possa essere più un danno per le nostre imprese rispetto che avere un sistema appunto nazionale centrale, con delle linee guida – come diceva lei – sia sull'anticontraffazione, piuttosto che altri tipi di problematiche che possono venire fuori, piuttosto che creare delle block chain dedicate per settori a livello nazionale, piuttosto che avere appunto venti sistemi diversi perché ogni regione, a seconda delle proprie capacità, potrà sì interfacciarsi indipendentemente all'export della propria produzione di regione, però magari chi è in una regione sfavorita in quanto magari più piccola, come la mia, piuttosto che altre regioni, potrebbe a quel punto trovare più un danno piuttosto che una ricchezza.
  Grazie.

  GIADA BRONZINO, componente della giunta di presidenza nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi). Per quel che riguarda i brevetti, penso che sicuramente una maggior conoscenza della parte normativa, già alle scuole superiori e scuole tecniche, sia fondamentale. Purtroppo il brevetto viene visto come un qualcosa di giuridico, se ne parla troppo poco, io ho fatto il Politecnico e posso confermare che non ho mai sentito parlare di come depositare un brevetto nel mio periodo di studio: è vero che si parla già di parecchi anni fa. Quindi sicuramente una formazione su cosa vuol dire fare ricerca finalizzata a un brevetto, come si gestiscono i brevetti, potrebbe essere sicuramente utile.
  Una delle problematiche rimane comunque il costo dei brevetti, perché sappiamo che per coprire tutta l'Europa il costo è decisamente elevato; mentre per esempio per coprire il mercato statunitense il brevetto è unico e quindi copre un mercato molto ampio con un costo più contenuto. Quindi bisognerebbe lavorare anche, non so come, sulla normativa di come poter creare dei brevetti estesi a costi ragionevoli.
  La 4.0 è stata sicuramente molto utile per le imprese, è stata secondo me utile per rinnovare processi, prodotti, macchinari e a far capire l'importanza dei dati. È stata forse vista all'inizio come un'agevolazione per rinnovare più un parco macchine che altro, ma il poter accedere facilmente ai dati e monitorare ha sicuramente creato un vantaggio competitivo per le PMI e ha loro permesso di arrivare a un livello più simile a quello delle altre imprese europee, che ovviamente sono avvantaggiate dalle dimensioni.
  Per quel che riguarda i venti diversi sistemi di esportazione rispetto a uno centralizzato, non posso esprimermi al riguardo, ma sicuramente l'importanza è l'efficienza. Forse il problema di decentralizzare troppo è che alcune regione rischierebbero di vedersi molto penalizzate, ma l'importanza è che la burocrazia non rappresenti un ostacolo ma un aiuto.
  Ed è quello che vi chiedo per tutte le imprese e le PMI, di darci una mano a semplificare e a sveltire le tempistiche in tutti gli ambiti, perché questa è veramente una problematica nei confronti di altri Paesi europei, anche nostri vicini, che hanno un rapporto molto più rapido e snello, quindi per loro è un vantaggio competitivo su cui noi possiamo lavorare poco. Per cui a questo riguardo vi chiedo veramente una mano per il sistema Paese.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio la rappresentante della Confederazione italiana della piccola e media industria (Confapi) intervenuta e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Conflavoro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di Conflavoro nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made Pag. 29in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Roberto Capobianco, presidente nazionale di Conflavoro, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ROBERTO CAPOBIANCO, presidente nazionale di Conflavoro. Grazie mille presidente. Grazie a voi e grazie a tutta la Commissione per aver invitato la nostra Associazione. Ci tenevo particolarmente a partecipare perché quello di questa audizione è un tema fondamentale e centrale, non soltanto per Conflavoro, per il nostro Paese.
  Quando parliamo di Made in Italy non parliamo di un prodotto, di enogastronomia, di manifattura, parliamo delle nostre imprese, di tutte le imprese che oggi producono qui in Italia. Ci sono imprese che esportano, e nonostante la crisi e nonostante le difficoltà abbiamo visto i dati che sono sempre positivi, nonostante le difficoltà che abbiamo anche per poter gestire le nostre imprese in Italia. Ma ci sono anche aziende che producono e non esportano, e che tuttavia arricchiscono il nostro Made in Italy facendo entrare nel nostro territorio turismo.
  Quindi la nostra visione, quella di Conflavoro, è di un Made in Italy che esporta ma che importa, ma che importi chiaramente non soltanto materie prime per produrre parte delle nostre produzioni, ma soprattutto che possa arricchire il nostro turismo.
  Io non voglio assolutamente entrare e far perdere del tempo alla vostra Commissione su quello che troverete nella relazione che abbiamo già inviato, presidente, con informazioni tecniche, ma mi concentrerei, come ha richiesto lei, su quello che fondamentalmente Conflavoro propone, su quale è la nostra visione.
  Conflavoro ha partecipato da sempre ai tavoli istituzionali che negli anni ci sono stati (dal Patto per l'export, la cabina di regia sull'internazionalizzazione), coadiuvando quindi un'attività con i Ministeri e auspichiamo che queste iniziative di poter mettere insieme i Ministeri competenti per poter aiutare le imprese a fare meglio, a poter alleggerire il carico della pressione fiscale, il costo del lavoro, la burocrazia – cose che conosciamo benissimo presidente –, ma soprattutto che ci sia davvero una grande cooperazione su input delle imprese, continui così come sta avvenendo oggi, anche su spinta del Ministro Tajani sulla cabina dell'internazionalizzazione. E che si punti ancora di più nel poter utilizzare quella rete diplomatica, che esiste e che deve essere messa a disposizione del nostro grande export italiano.
  Dall'altra parte non possiamo non soffermarci anche sulle iniziative fatte in passato, e che bisogna continuare a fare, sulla formazione delle nostre imprese. Quella formazione che serve per poter far crescere e arricchire la cultura imprenditoriale delle nostre micro, piccole e medie imprese italiane; quella cultura che porti all'arricchimento dello Stato italiano attraverso una crescita esponenziale della loro imprenditorialità. Una formazione che sia diretta a poter far crescere la produttività e l'ottimizzazione dei costi ma, soprattutto, dobbiamo anche pensare a poter rendere ancora più semplice, per quelle aziende che vogliono crescere e vogliono investire, quell'accesso al credito che anche in passato c'è stato attraverso Simest e SACE, e che possa essere ancora, in questa fase, centrale. Quindi tra le proposte non dobbiamo dimenticare quello che di buono è avvenuto nel passato e che ha portato, comunque sia, anche nell'ultimo dato Istat, a un aumento dell'export del 19,9 per cento.
  Qua bisogna fare qualcosa che non abbiamo mai fatto, e qui entra in campo il nostro Made in Italy, perché chiaramente, presidente, il vero Made in Italy non è il prodotto, è il genio italiano, la materia prima più importante che abbiamo noi e Pag. 30che tutti ci invidiano è il nostro intelletto, la nostra voglia di poter creare e rinnovarci. E in Conflavoro abbiamo spremuto le meningi per cercare di portare alle istituzioni delle iniziative, delle proposte concrete che possano aiutare le nostre imprese e il nostro Stato a poter emergere.
  La prima è cercare di sfruttare tantissimo la digitalizzazione e gli strumenti telematici per poter promuovere al meglio la nostra azienda. Già durante la pandemia Conflavoro fu la prima organizzazione, in collaborazione con il Ministro degli esteri e anche con l'ICE, era marzo del 2020, a organizzare la prima fiera virtuale dove portammo le nostre aziende, che non potevano muoversi, in lockdown, in Cina attraverso una collaborazione con la Camera di commercio cinese dello Shandong. Da lì nacque appunto l'esigenza, attraverso una collaborazione con delle nostre aziende associate, di progettare una piattaforma virtuale a realtà aumentata, che permette oggi la possibilità di poter avere una fiera sempre aperta, dove attraverso gli strumenti oggi esistenti il cittadino del mondo può accedere a questa fiera e poter toccare con mano, vedere in maniera molto realistica, quel prodotto che deve essere promosso in maniera differente.
  Bene le fiere chiaramente in presenza, ma ora abbiamo uno strumento che dobbiamo utilizzare, e questa è una tra le proposte che troverà nel documento che abbiamo inviato, presidente.
  Un'altra proposta riguarda un altro tema per noi molto importante: un'altra comunicazione. Quello che dobbiamo cercare di fare in maniera molto attenta.
  Noi abbiamo i prodotti, abbiamo le aziende, non dobbiamo dimenticarci però che quelle aziende appartengono a territori. Territori che possono attrarre quindi il turismo, territori che sono ricchi di arte, di cultura, di storia.
  Allora che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare una piattaforma di promozione con un co-branding del prodotto Made in Italy che aumenti l'export, ma anche che possa attrarre il turismo in Italia attraverso una comunicazione a due binari.
  E comunicarlo dove? Insediando degli hub virtuali all'interno di centri di aggregazione importante nelle nazioni che verranno individuate, dove io entro e vedo una piattaforma digitale, vedo la nostra piantina, vedo i prodotti e se clicco su quel formaggio vedo dove viene prodotto, e vedo che in quel territorio c'è anche magari un monumento e una struttura turistica che può ricevermi, e fare quindi questa attività di co-branding. Nella nostra proposta troverà il dettaglio per quanto riguarda questo nuovo sviluppo promozionale del nostro territorio.
  Ma quello su cui davvero vorrei perdere un po' di tempo, e quindi raccontarvi quello che troverete in maniera dettagliata nella nostra relazione, è qualcosa che abbiamo già testato nel 2015, l'anno dell'Expo, quello che serve per poter frenare l'italian sounding e la contraffazione, quello che serve per poter valorizzare il vero Made in Italy. Perché quando parliamo di Made in Italy non possiamo ignorare che 30 miliardi l'anno riguardano prodotti connessi a italian sounding o contraffazione, e dobbiamo quindi trovare uno strumento che possa creare un gap e che possa nello stesso modo cercare di garantire al consumatore finale, italiano o estero, che sta comprando un prodotto realizzato interamente in Italia.
  Che cosa è successo? Nel 2015 Conflavoro ha avviato una procedura di certificazione, costruendo un consorzio che deteneva un marchio collettivo e un regolamento che prevedeva le modalità da utilizzare per poter produrre quel manufatto, quel prodotto agroalimentare o quello strumento. Questo permette di poter far sì che un ente di certificazione imparziale, all'epoca noi individuammo la Lloyd's Register, l'ente di certificazione più accreditato al mondo, andava a verificare che quel materasso, quel prodotto, quella confettura, quel biscotto – è trasversale – è stato prodotto interamente in Italia, con la sua filiera, che la materia prima è italiana, che i semilavorati sono italiani, che la manodopera è residente in Italia. Questo comportava poi un audit, una relazione che veniva inviata al Consorzio e poi veniva rilasciato il certificato e il marchio collettivoPag. 31 che veniva utilizzato. Abbiamo certificato centinaia di aziende.
  Abbiamo proposto di acquisire e di rilevare questa iniziativa all'allora Ministro delle politiche agricole del Governo Renzi, Maurizio Martina, per farla propria da parte del Governo, ma abbiamo visto che non era la visione dell'allora Governo, e hanno invece creato, all'epoca, il «Segno unico distintivo» che serve a poco, non serve a poter garantire il prodotto finale.
  Oggi è il momento giusto, quest'audizione è il momento per poter riprendere in mano e per poter dare a voi quindi l'intero progetto per poter certificare il prodotto italiano, e garantire al consumatore di acquistare Made in Italy e di poter creare anche quel gap economico importante; attraverso quindi una certificazione volontaria e che anche lo Stato, quindi che l'ente pubblico, aiuti le aziende a poter avviare questo processo, ma soprattutto che avvii un'attività di promozione di questo marchio collettivo per poter tutelarci dalle contraffazioni e aiutare le aziende italiane. E quando aiutiamo le aziende italiane e verifichiamo che la filiera deve essere italiana non facciamo più bonifici esteri: ma compreremo materie prime, packaging, semi-lavorati in aziende italiane e faremo ripartire la nostra economia.
  Io mi fermo qui presidente. Se ci sono domande, altrimenti tutto quello che ho detto lo troverete all'interno della nostra relazione. Grazie mille e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Chiedo se ci sono richieste di intervento. Non ci sono domande, gliene faccio una io.
  Nella relazione voi dite (parliamo della pubblicizzazione dei prodotti, la certificazione e quant'altro): «In aggiunta potrà essere previsto anche un registro consultabile pubblicamente che raccoglie l'elenco di tutti i prodotti certificati Made in Italy».
  Ecco, come valuta eventualmente una cosa del genere, forse è più facile un registro delle ditte italiane che, in qualche modo, producono prodotti di eccellenza (cioè, per me poi tutte le ditte italiane producono prodotti di eccellenza!). Ecco, qualcosa che sia simile a un database come quello dell'Agenzia delle entrate – che occupandomi anche di fisco a me viene in mente subito: quando uno vuol sapere se una ditta è esistente va nel sito dell'Agenzia delle entrate, digita la partita IVA, col codice anche del Paese europeo, e vede se la ditta è esistente. Potrebbe essere qualcosa di simile che attesti in qualche modo l'esistenza di una ditta che fa Made in Italy, che magari è stata in qualche modo certificata o qualcosa di simile?

  ROBERTO CAPOBIANCO, presidente nazionale di Conflavoro. Io credo che sia sempre fattibile poter certificare anche l'azienda, ma ricordiamoci che oggi le aziende che producono prodotti italiani possono avere la produzione interamente fatta in Italia. Immaginiamo la pasta che viene prodotta con grani esteri (ucraini o canadesi) e pasta con grano cento per cento Made in Italy. Quell'azienda la classifichiamo come un'azienda Made in Italy al cento per cento o come un'azienda che può essere Made in Italy ma che produce soltanto parte dei propri prodotti Made in Italy? Ecco perché noi pensiamo di dire che quel prodotto è prodotto da quell'azienda e di poter certificare il singolo prodotto, per poter evitare chiaramente che in base anche alle materie prime disponibili sul territorio l'azienda possa essere penalizzata, e che sia una certificazione volontaria.
  Questo è un atto che dobbiamo cercare di fare in maniera molto ponderata e cercare di creare una strada che non crei un impatto e non freni, chiaramente, l'export che oggi esiste; ma nel poter creare il livello superiore del Made in Italy, il super Made in Italy, che deve essere però, presidente, collegato al prodotto. Anche perché un'azienda se produce soltanto un singolo prodotto è collegato chiaramente a un brand del singolo strumento, manufatto o prodotto agroalimentare.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Conflavoro intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Conflavoro (vedi allegato 4) e dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consorzio detox.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consorzio detox nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola ad Andrea Cavicchi, presidente del Consorzio detox, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ANDREA CAVICCHI, presidente del Consorzio Detox. Buongiorno a tutti. Grazie dell'invito.
  Come Consorzio Detox rappresento una quarantina di imprese italiane nel settore della produzione tessile e abbigliamento della filiera produttiva, appunto, Made in Italy.
  Noi ci siamo impegnati dal 2016 a sottoscrivere la campagna Detox di Greenpeace, quindi come aziende della produzione italiana noi abbiamo sottoscritto un impegno per l'eliminazione delle sostanze tossiche e pericolose dai cicli produttivi tessili che potevano inquinare le acque. Quindi ci sono aziende sul nostro territorio che hanno appunto sottoscritto un impegno e lavorano in questa direzione. Quindi con la sostenibilità al centro della propria produzione, ma con una grande attenzione alla qualità dei prodotti e al Made in Italy.
  Credo sia importante dire che le nostre imprese sono attive nelle varie fasi della filiera produttiva: quindi si parte dalle tintorie, dai commercianti di lana, delle varie fibre, dai produttori tessili, quindi dei tessuti, delle filature e anche di confezione dei capi.
  Noi lavoriamo a livello internazionale, le varie imprese sono tutte indipendenti, è solo un Consorzio di promozione sulla sostenibilità e quindi sono tutte indipendenti. Sono iscritte a Confindustria e quindi portiamo avanti anche tutte le istanze che già Confindustria vi avrà manifestato.
  Riguardo al tema del Made in Italy sottolineo che noi lo sentiamo in maniera molto forte, perché essendo molte delle nostre imprese nella fase intermedia della produzione di un semilavorato non abbiamo neanche la forza del brand italiano, quindi di un grande marchio italiano, ma di un semilavorato che poi viene lavorato dai grandi marchi della produzione italiana o internazionale. Quindi abbiamo forse bisogno di un'attenzione particolare alla nostre istanze, nel senso che chiaramente le aziende tessili sono aziende fortemente energivore, quindi il tema del costo dell'energia, che soprattutto lo scorso anno è stato prioritario per tutta la produzione tessile italiana, è stato molto sentito sulle nostre aziende dal punto di vista della competitività. Avremmo bisogno di un'attenzione forte sui competitor anche internazionali come la Turchia, ché in molti casi la Turchia, a parte questo momento tragico che sta vivendo, a livello industriale porta avanti un dumping dal punto di vista degli incentivi statali per le imprese di produzione tessile, e questo ci porta anche ad avere una concorrenza a livello internazionale molto forte e molto difficile da combattere.
  Nel tema che ho letto nel vostro documento trovo molto opportuna l'attenzione a queste aziende, che sono molto spesso piccole o micro imprese, e soprattutto nella filiera produttiva tessile e abbigliamento le nostre sono aziende quasi sempre familiari o di piccola dimensione, quindi nel taglio da 1 a 10 dipendenti, ma anche dai 10 ai 200 dipendenti, quindi non nelle medie imprese.
  Noi sentiamo molto forte, come avete anche voi evidenziato, gli oneri amministrativi, la burocrazia e una serie di tematiche che comunque saranno già state affrontate, quindi il problema anche dell'inserimento delle nostre imprese in un sistema produttivo territoriale, che molto spesso sembra quasi ostico alla produttività.Pag. 33
  Quello che chiediamo come tema centrale, e l'Europa l'ha già portato avanti in maniera forte, è quello della sostenibilità, sostenibilità che diventerà sempre più un tema fondamentale per la produzione tessile e abbigliamento a livello europeo. Le regolamentazioni europee sono molto forti, come il regolamento Ecodesign introdotto lo scorso anno, a marzo, da parte dell'Unione europea, che impatterà in maniera forte sia nella progettazione dei capi che in tutta la progettazione del tessile e abbigliamento, ma che dovrà avere anche un'attenzione ai sistemi produttivi attuali. Perché la sostenibilità e l'Ecodesign, che viene portata avanti a livello europeo, si centralizzerà molto sulla durabilità dei prodotti che verranno immessi sul mercato, e questo lo troviamo molto interessante. Perché negli ultimi anni abbiamo avuto una forte competitività da parte del fast fashion a livello internazionale, che ha probabilmente anche abbassato molto il livello dei prodotti, e anche i prezzi medi dei prodotti commercializzati, ma che ha portato sul mercato anche prodotti con meno controllo dal punto di vista della sostenibilità e quindi dell'impatto ambientale.
  Crediamo che sia importante appunto evidenziare una maggiore durabilità dei capi e dei prodotti che vengono immessi sul mercato, ma anche incentivare il riciclo delle fibre e dei capi invenduti o dei sottoprodotti della produzione tessile, utilizzando e valorizzando anche l'attuale sistema di riciclo e dei sistemi che esistono sul nostro territorio; che è comunque un processo virtuoso che in Italia già funziona, magari va modernizzato, ma sicuramente nel progetto di circolarità, che sempre più è fondamentale nella produzione di tutti i prodotti che vanno sul mercato, sarà importante valorizzare e portare avanti.
  Noi crediamo che un'attenzione particolare dovrebbe essere posta anche sull'origine preferenziale, quindi incentivare le produzioni europee per l'export e magari rivedere le regole per le origini preferenziali, fare anche una pressione a livello europeo per incentivare una semplificazione dell'uso dell'origine preferenziale, e anche l'etichettatura e la tracciabilità. Perché quando parliamo di sostenibilità e di attenzione al prodotto Made in Italy, fondamentale è capire la tracciabilità del prodotto stesso: perché spesso vengono importati dei prodotti che hanno già tutta la fase di produzione, quindi dal tessuto al capo confezionato, e poi con piccole lavorazioni vengono etichettati come Made in Italy. Questo noi lo abbiamo anche evidenziato più volte in una Commissione per l'anticontraffazione, perché anche sul territorio toscano c'è tutta la comunità cinese che ha proprio un'attività di importazione di capi che poi vengano etichettati come Made in Italy. Un Made in Italy così fatto mette in difficoltà e dà un'immagine sicuramente negativa di tutto il Made in Italy reale che viene prodotto dalla nostra filiera: quindi attenzione all'etichettatura, alla tracciabilità, anche all'utilizzo di digitalizzazione, quindi incentivazione alla digitalizzazione, perché le nostre imprese dovranno utilizzare sistemi di block chain per tracciare le proprie fasi di produzione e tracciare tutte le lavorazioni che vengono fatte sui nostri territori.
  Attenzione anche a tutta la parte delle importazioni irregolari, perché molto spesso noi in Europa attuiamo delle regole molto ferree sia sulla sostenibilità sia sull'attuazione dell'uso delle sostanze tossiche, però poi col commercio anche elettronico e tramite l'importazione non controllata arrivano sui nostri territori prodotti che non rispettano in nessun caso né il regolamento REACH (regolamento dell'Unione europea per la protezione della salute umana e dell'ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche) né i regolamenti di produzione dal punto di vista ambientale. E anche sociale, perché c'è un dumping sociale molto spesso sulle produzioni del tessile abbigliamento. Quindi questo è un test sempre più importante insieme alla sostenibilità normalmente intesa: anche la sostenibilità sociale della produzione dei capi e la tracciabilità di tutte le fasi di lavorazione.
  Quindi io credo che questi siano gli elementi fondamentali. Segnalo che come Consorzio Detox posso produrre un documento riassuntivo anche dei temi che ho Pag. 34qui esposto verbalmente. Non mi vorrei dilungare oltre. Avete chiesto un'estrema sintesi e resto a disposizione per rispondere a eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie dottore. È molto importante il documento, soprattutto se improntato a suggerire idee su tutto ciò che può servire per la tutela e la valorizzazione del Made in Italy. Il documento che alla fine di questa indagine conoscitiva redigeremo e approveremo, potrà essere, infatti, utilizzato («sarà utilizzato», così ha detto il Ministro delle imprese e del made in Italy) per la stesura di un disegno di legge sulla valorizzazione e la tutela del Made in Italy. Quindi ciò che ci ha riferito è importante e fondamentale. Grazie ancora.
  Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante del Consorzio detox intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione antichi mestieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione antichi mestieri, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Gabriella Gabrini, presidente dell'Associazione antichi mestieri, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GABRIELLA GABRINI, presidente dell'Associazione antichi mestieri. Grazie.
  L'artigianato è nel Veneto un custode che ha ancora un rapporto con i segreti di lavoro, la natura del suolo e della gente, il paesaggio, l'ambiente urbano e rurale.
  L'Associazione antichi mestieri, costituitasi nel 1998, ha come obiettivo la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione degli antichi mestieri, intende tutelare senza musealizzare. Non si vuole puntare su un assistenzialismo dei mestieri in via di estinzione, ma cercare di creare degli strumenti affinché le stesse attività possano camminare con le proprie forze e naturalmente con il nostro sostegno.
  Crediamo che alle antiche botteghe bisogna dare visibilità, attraverso la riqualificazione urbana e attraverso l'arte (mostre, mestieri in rete, mercatini, bandi regionali, progetti, il Made in Europe).
  Gli antichi mestieri non possono sostenersi attraverso il solo mercato, ma attraverso relazioni con i sistemi istituzionali. All'estero ad esempio la situazione è diversa e varia nei diversi Paesi. Il CAPFAC, il fronte degli artisti canadesi, che rappresenta artisti e mestieri canadesi, svolge attività di lobbying con i legislatori e fornisce informazioni legali agli artisti, e così ha raggiunto uno status di riconoscibilità tale da siglare accordi di categoria con importanti musei e associazioni nazionali.
  Calzolai, falegnami, liutai, corniciai, doratori, impagliatori, restauratori, burattinai, vetrai, ceramisti, fabbri, tessitori, pavimentisti, materassai, merletti, orafi e argentieri, arrotini, ceramisti, sarti, barbieri, lanai e marmisti, sono questi i protagonisti della nostra Associazione. Continuiamo così a essere uniti e a lasciarci ispirare dalla passione, dalla dedizione e dalla ricerca dell'eccellenza, come maestri artigiani, dedicandoci alla salvaguardia del talento artistico e impegnandoci al rilancio della cultura, che rappresenta il 5 per cento del PIL regionale e il 6 per cento del nostro tessuto occupazionale ed è un comparto trainante per l'economia veneta.
  Le botteghe/laboratori nella sola Padova sono 461, con 928 aderenti, due persone in media per laboratorio.
  È importante, pur nel continuo variare degli orizzonti che ha provocato l'estinzione di alcuni vecchi mestieri, prevalga la spinta dell'aggiornamento, deve essere vincentePag. 35 una modernizzazione, che però conservi intatti i valori fondamentali dell'artigianato, affinché non si disperda quell'immenso patrimonio di saperi, di specializzazioni, di tecniche, di talenti e di segreti che è il grande tesoro dell'attività delle nostre botteghe e va incoraggiato e rilanciato in un'ottica contemporanea, uno sguardo rivolto ai giovani emergenti e l'importanza di trovare un connubio tra tradizione e multimedialità, anche con l'esempio di talenti affermati.
  Creare iniziative affinché prenda vita la combinazione tra saper fare e saper comunicare, per promuovere i giovani artigiani nel mercato globale e per valorizzare l'artigianato e il Made in Italy.
  Filmare, ritrarre il loro lavoro attraverso i migliori blogger esperti di artigianato, life style, moda, turismo religioso e culturale, che racconteranno tutti gli eventi e le novità delle esposizioni eventuali, rivoluzionando così gli antichi schemi senza corromperli, incrementando realizzazioni di assoluta originalità. Un'interpretazione e una diffusione dell'artigianato in chiave contemporanea. È questo ciò che ci consente di guardare al futuro con fiducia.
  Oggi affrontiamo tante sfide, ma attraverso il grande lavoro delle associazioni di categoria abbiamo ottenuto ascolto e soprattutto risorse da una regione che sentiamo vicina. La grande novità, costituita dall'istituzione dell'Albo dei maestri artigiani, e il relativo bando, mostrano che l'esperienza e la competenza maturata all'interno delle botteghe artigiane ha un valore inestimabile. Pensiamo che il valore aggiunto dato dal maestro artigiano debba essere messo a sistema, non solo per il Veneto ma per l'intera Nazione.
  La trasmissione dei saperi è fondamentale per la sopravvivenza delle nostre botteghe, così come fondamentale è la digitalizzazione, se è concepita come possibilità di promozione e valorizzazione del talento italiano nel mondo.
  Deve essere chiaro che la vera innovazione non si risolve solo nella digitalizzazione, avviene anche quando l'invenzione può essere prodotta e soddisfa o crea nuovi prodotti di stile, di funzionalità, di costi, di mercato, di gusto, di valori etici formali e sostanziali.
  Attraverso la valorizzazione dell'artigianato di ieri, di oggi e di domani vogliamo far scoprire un grandissimo patrimonio culturale ed economico, connesso al turismo e al pellegrinaggio, verso la nostra Padova, dichiarata Urbs picta, ma non solo, oltre al Ciclo affrescato del Trecento, proclamato patrimonio UNESCO lo scorso anno, Padova è entrata a pieno titolo nel circuito delle città d'arte. Un evento importante per la nostra città e per i protagonisti dell'arte e dell'artigianato nel nostro territorio. Un evento importante per tutti coloro che vogliono difendere le opere di eccellenza, realizzate ogni giorno con impegno, passione ed estro creativo.
  Volevo inoltre chiedere una cosa. Cerchiamo di rivedere il codice Ateco rivolto agli artigiani artisti, perché l'attuale assetto è molto penalizzante. Segnalo che in questi tre anni, quelli della pandemia, l'artigianato artistico, come tanti altri, ha sofferto: ma solo l'artigianato ha dovuto chiudere le botteghe per 3, 4, 5 mesi perché ritenute non essenziali e quindi non si è vista riconosciuta la fortuna di poter lavorare comunque, perché siccome non produce economia la cultura è sempre penalizzata. Quindi io chiederei di modificare il codice Ateco per gli artisti artigiani, è questo che chiedo.

  PRESIDENTE. Questo del codice Ateco è un tema sicuramente importante. Si spera che non serva più, che non succedano più eventi come quello della pandemia. Però effettivamente alcune attività sono state penalizzate dall'avere un certo codice Ateco oppure no.
  Lei ha parlato di una cosa molto bella, il passare del sapere, quindi passare la conoscenza di questi antichi mestieri. Effettivamente alcuni mestieri che lei ha citato, penso ad esempio ai corniciai – ma tutti quelli che ha citato sono delle eccellenze – «rischiano» di perdersi.
  Come pensa, oltre alle scuole professionali o le scuole artigianali, si possa in qualche modo aiutare a non perdere questi antichi mestieri, che sono anche antichi saperi?

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  GABRIELLA GABRINI, presidente dell'Associazione antichi mestieri. Io stessa sono un'artigiana artista e, oltre che aver fatto l'Accademia e laureata anche in lettere, ho visitato una bottega molto importante, nel 1970, e sono stata scelta, dopo aver preso il diploma, per lavorare presso questo grande maestro, Paolo De Poli, che ha riportato a Padova, nel 1932, l'arte dello smalto a gran fuoco, un'unione tra lo smalto, composto da alcali silici e ossidi metallici, che viene applicato attraverso una fusione al forno a grande fuoco di mille gradi centigradi circa, che quindi diventa smalto e diventa un'unione tra due elementi in antitesi tra loro, il metallo e lo smalto. Le faccio vedere questa, non so se voi la vedete, un piccolo esempio.

  PRESIDENTE. Sì, la vediamo.

  GABRIELLA GABRINI, presidente dell'Associazione antichi mestieri. Questo è un piccolo esempio, una foglia, che io continuo a fare. Perché dopo quando è mancato il maestro Paolo De Poli io ho continuato questa tecnica, e quindi ho continuato anche a sperimentare e cambiare e rinnovare, ma anche rimanendo sempre nella tradizione. Quindi sono stata con questo maestro 25 anni, ho conosciuto tanti architetti, designer, e ho potuto continuare a mia volta il lavoro.
  Io veramente vengo da una certa tradizione: mio nonno era orafo e mio padre era ceramista, quindi io ho continuato anche l'arte dello smalto, che è una tecnica nata 2000 anni a.C. in Egitto.
  Quindi cercherei di affrontare la cosa: che potessero andare questi bravi ragazzi, se hanno poi la voglia di fare, perché questi lavori si fanno in 8 ore, 10 ore, 11 ore, non si impara mai. Non si impara mai. Quindi la voglia di fare e di sacrificarsi, ma se è la passione il sacrificio non c'è. Quindi imparano presso questi artigiani, però quando vengono da noi, da noi artigiani artisti, adesso io non lo faccio più perché continuo a lavorare ma devo continuare anche a fare le cose che mi permettono di guadagnare qualche cosa, perché la cultura purtroppo, mi tocca dire...
  Anche le categorie non danno mai soddisfazione perché dicono che noi non produciamo economia. Produciamo economia culturale con il tempo ma produciamo economia, perché i nostri oggetti vanno nei musei. Io li preparo. L'ultima mostra che ho fatto – scusate se parlo di me come esempio –, che è durata da giugno 2022 a novembre 2022, è stata al Museo di Limoges, come rappresentante italiana dell'arte dello smalto. Quindi si possono aiutare questi che amano l'arte presso grandi artigiani, presso grandi maestri dove possono imparare.
  Però ci sono tante difficoltà. I costi di chi ospita questi ragazzi sono importanti, e noi di denaro non ne abbiamo tanto, quindi abbiamo difficoltà ad affrontare debiti, perché un giorno vendiamo un'opera e, magari, per un anno non ne vediamo più. Quindi vorremmo che i ragazzi piano piano, passo dopo passo, arrivino anche a una costruzione di oggetti, di tecniche e di finalità con la passione, non pensando solo al denaro.
  Poi abbiamo difficoltà diciamo istituzionali: ci sono troppe carte e quindi facciamo fatica.

  PRESIDENTE. L'onorevole Andreuzza voleva porle un quesito.

  GIORGIA ANDREUZZA. Grazie. Ho ascoltato con molto interesse, devo dire anche con molta suggestione. Innanzitutto la ringrazio per tutte le categorie che lei rappresenta, un patrimonio che possiamo definire inestimabile, e che probabilmente, se il nostro Paese non ne ha cura, può rischiare di essere perduto. Perdere questo patrimonio vuol dire perdere identità, cultura, un sapere che una volta perso non si recupera, e probabilmente magari altri Paesi che potrebbero fare attenzione ai loro patrimoni invece potrebbero in qualche modo superarci anche in questo primato che ha l'Italia.
  Sentendo le sue parole mi viene un po' in mente, penso che lei culturalmente ne sappia più di me, la famosa scuola del Bauhaus che è stata fatta nel Novecento in Germania, in quegli anni era una potenza Pag. 37grandissima, testimonianza di una cultura che mette assieme gli artigiani, l'arte, la manodopera.
  Allora io mi chiedo, ed è una riflessione che faccio anche a me stessa, come mai in Italia non si è mai riusciti a creare un qualcosa di così forte dal punto di vista comunicativo, dal punto di vista anche proprio di trasmissione dei saperi? Siamo rimasti a una trasmissione di sapere legata alle botteghe, che ovviamente è la cosa più semplice, a un tramandarsi di generazione in generazione, a volte perché poi come dice lei non è propriamente remunerativo per cui magari anche a livello generazionale qualcuno abbandona per scegliere dei canali diversi: ma poi soprattutto serve avere del talento.
  Non lo so, è una riflessione che faccio, però mi piacerebbe poter immaginare che nel nostro Paese, mettendo assieme tutti voi che avete questo sapere e che avete anche questo desiderio di non far perdere questo patrimonio, si può pensare a qualcosa di effettivamente forte di messa in rete, attualizzandola in quello che è il contesto di oggi, dove vediamo che molte persone magari vanno all'estero a cercare un futuro, vanno all'estero a cercare il proprio talento. È brutto da dire, ma è come pensare che la bottega per qualcuno forse sia diventata un mondo troppo stretto e non riesce a pensarla come sviluppo futuro, né di vita e né di espressione per il proprio talento.
  Allora bisognerebbe mettere assieme quello che noi siamo, e per cui siamo nel mondo rappresentativi di cultura, di arte e tutto quello che lei ha detto, trasformarlo in una fucina di talenti che possa, oltre che sfornare nuovi talenti, far diventare l'Italia immagine ancora più forte di detentore di queste arti.
  Non so se lei può confermare quanto da me osservato: dalle sue riflessioni mi è venuto questo spunto. Grazie.

  GABRIELLA GABRINI, presidente dell'Associazione antichi mestieri. Allora volevo dire che noi ed io personalmente abbiamo contattato le Fondazioni e loro hanno contattato me.
  Le Fondazioni sono più autonome, non sono vicine allo Stato, sono da sole e solo vicino alle banche, le banche svizzere che organizzano manifestazioni come Homo Faber a Milano: chiedono ai maestri se danno loro dei nominativi di artisti e artigiani, oppure anche di giovani emergenti, che possano fare delle mostre importanti.
  Homo Faber a Venezia adesso è ogni due anni, quindi vorrei che lei potesse vedere tutte le possibilità che dà l'Homo Faber. Spendono penso 3 o 4 milioni solo per un mese e cercano di mandare presso scuole, botteghe, nei negozi di Venezia, in questo caso, a lavorare e così intraprendere un nuovo mestiere. Quindi questo è importante.
  Poi c'è, legata a Homo Faber, un'altra Fondazione che è la Well Made; poi pensiamo che c'è anche l'Europa, Made Europe, e questa chiama, sempre attraverso le e-mail (chiede i nomi a Homo Faber) artisti che possono essere recuperati, da ogni parte d'Italia e anche fuori Italia, per poi metterli in condizione di lavorare e anche di avere un certo ritorno economico perché sennò non ce la fanno. Alcuni lavorano presso il negozio o insegnano a scuola, e poi la sera fanno oggetti che possono essere in ceramica o altro. Poi ci sono tutti gli altri: i materassai, i costruttori anche di case fatte di legno, perché il legno è importante, e tante altre capacità.
  Quindi io spingo per queste Fondazioni che ci danno il denaro per potere andare avanti. Ma il denaro non è sufficiente: devono avere anche la voglia di fare e la voglia di sacrificarsi, e ce ne sono pochi perché i giovani tendono a lavorare attraverso il pc, andare ai balli, al sabato e la domenica vogliono uscire. Non è facile: nonostante abbiano delle possibilità manuali non ne hanno voglia, quindi è difficile trovare un seguito, ci sono soggetti con le capacità adatte ma non hanno la volontà di lavorare, non hanno la forza e la voglia di aprire una bottega.
  Quindi bisogna sollecitarli ed aiutarli sempre, e noi come antichi mestieri, io e gli altri miei vicini del consiglio direttivo, tentiamo di fare qualche cosa in più perché è un grande patrimonio che non possiamo Pag. 38rischiare di perdere. Per fortuna noi a Padova viviamo del Made in Italy, ma non muovendoci per andare nelle varie città. Come città noi siamo abituati, avendo le piazze, ad acquisire i pellegrini e anche le visite dei pellegrini e non solo. Noi possiamo far vedere loro le nostre botteghe, passano e quindi conoscono i nostri oggetti.
  Le abbiamo tentate tutte per poter fare qualche cosa e crediamo che l'associazione degli antichi mestieri, faccia delle cose abbastanza importanti lottando e chiedendo alla regione di dare questo titolo, come ho detto di maestri artigiani a chi lo merita, e quindi potersi muovere attraverso queste associazioni che tendono a darci anche la possibilità di vendere non on-line che tuttavia neanche vogliamo (noi non siamo capaci di vendere on-line) perché allora non siamo più artigiani, diventiamo aziende piccole o grandi che vogliono fare pacchetti, pacconi, no, non vogliamo diventarlo. Noi dobbiamo pensare e fare il nostro lavoro con tranquillità perché sennò non riusciamo a creare nulla, non siamo capaci di fare in altro modo e non vogliamo. Noi abbiamo il Comune che ci aiuta, siamo una società partecipata, l'abbiamo costituita nel 2011 per avere la forza di avere questa istituzione, la Camera di Commercio che ci aiuta, il comune di Padova, la Provincia e quindi due associazioni di categoria, perché io appartengo alla Confartigianato come dirigente imprese Padova, e la CNA che è ancora un'altra associazione.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. È stato esauriente e anche molto affascinante quello che ci ha detto.
  Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio la rappresentante dell'Associazione antichi mestieri intervenuta. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dalla rappresentante dell'Associazione antichi mestieri (vedi allegato 5) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Euroflora.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Euroflora, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Paolo Corsiglia, rappresentante e membro di giunta della Camera di commercio di Genova – settore agricoltura, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  PAOLO CORSIGLIA, rappresentante e membro di giunta della Camera di commercio di Genova – settore agricoltura. Buongiorno presidente. Buongiorno onorevoli.
  La nostra Euroflora è un'importantissima realtà di valorizzazione del territorio genovese, ligure, e italiano ovviamente, manifestazione internazionale dal 1966 che dà lustro – ecco abbiamo il supporto anche delle slide (vedi allegato 6) – alla floricultura ligure e non solo.
  Euroflora si è svolta nelle prime undici edizioni alla Fiera di Genova, oggi riqualificata Waterfront di Levante: poi spiegherò meglio nell'edizione futura 2025 che stiamo già in start-up elaborando per questa importantissima realtà che dà produttività e lustro al nostro florovivaismo.
  Si svolge di solito ogni cinque anni. L'ultima edizione si è svolta nel 2022 e quindi la prossima sarà tra tre anni. Si svolge di solito tra fine aprile e i primi di maggio per far sì che nel momento migliore della produzione si possa dare valore alle produttività.
  Euroflora dal 1966 ad oggi ha portato più di 7 mila espositori e più di sei milioni di persone l'hanno visitata. Euroflora è Pag. 39sicuramente una realtà che dà opportunità e fa sì che le aziende partecipino sia singolarmente che in collettive, a livello regionale o raggruppate dalle Camere di commercio, a più di 6.500 concorsi che danno la remunerazione per far sì che le aziende possano esporre e portare a conoscere i propri prodotti.
  Euroflora come espositori viene supportata, come dicevo, più in forme collettive. Ovviamente fa capo a realtà che sono anche le associazioni di categoria. Il cappello di tutta questa importante manifestazione veniva gestito prima da Fiera di Genova oggi dalla Porto Antico S.p.A. con regione Liguria e Camera di Commercio di Genova.
  Euroflora ha obiettivi importanti, sicuramente quello di far incontrare soggetti quindi incontri B2B che poi vi dirò a termine della nostra audizione. Le azioni importanti sono quelle di far vedere e anche l'opportunità di far conoscere il nostro territorio. Le ultime due edizioni si sono trasferite dal quartiere fieristico di Genova ai Parchi di Nervi, una realtà sicuramente nel Levante genovese con tre ville importantissime che l'hanno ospitata. Anche all'interno di queste ville, dove si sono svolte manifestazioni che possono andare dalla realizzazione di giardini, parchi fino a quanto riguarda gli interni, parte che viene valorizzata tramite i flordesigner con l'allestimento del fiore reciso, sicuramente un'importante realtà produttiva italiana e in particolare del nostro territorio genovese, ligure.
  Tutte queste importanti manifestazioni fanno un momento di sintesi ogni tre anni. Adesso stiamo partendo per questa l'edizione del 2025, che sarà sicuramente un'edizione nuova e spumeggiante perché ritorna nel vecchio quartiere fieristico, oggi Waterfront di Levante che viene valorizzato da Renzo Piano il quale ha realizzato il progetto di massima. Anche Euroflora sarà sicuramente messa a confronto con nuove realtà, nuove spumeggianti voglie di poter far sì che i nostri fiori, i nostri prodotti abbiano l'opportunità di essere conosciuti a livello internazionale. Il nuovo Waterfront di Levante è un complesso fieristico, un complesso, istituzionalmente parlando, anche con nuovi insediamenti produttivi e abitativi che stanno per essere realizzati. Una parte è già stata realizzata e sulla parte ancora più a levante abbiamo un parco che verrà poi lasciato a disposizione della cittadinanza. Nella parte sottostante sicuramente sarà allestito un importante parcheggio. Euroflora ha peculiarità che intendo sottolineare alla Commissione: gli obiettivi strategici. In particolare quello della valorizzazione del fiore e di far sì che si possa conoscere o notare un fiore che oggi come oggi viene immesso sul mercato e va a diluirsi in tutto il prodotto che arriva anche dall'estero. Quindi auspichiamo che sia da parte vostra che da parte anche del Governo ci sia un'azione forte per far sì che si possa riconoscere il fiore nazionale, il fiore italiano ed in particolare il fiore ligure.
  Gli obiettivi di Euroflora sono molteplici, in particolare valorizzare la nuova location che sarà quella del Waterfront di Levante e poter far sì che ci siano incontri B2B da parte dei vari buyer e seller, corollario di questa importante manifestazione finalizzata a valorizzare il fiore e le piante.
  Questo per noi è fondamentale. Dobbiamo anche pensare di poter dare, ad una stampa molto selettiva, l'opportunità di avere un momento per far valorizzare, vedere, prodotti del nostro territorio, soprattutto i prodotti della Liguria.

  PRESIDENTE. Ci sono domande? Prego onorevole Cavo.

  ILARIA CAVO. Grazie per l'esposizione. Ovviamente questa si è concentrata molto sull'importante evento Euroflora e sulla dinamica della sua evoluzione negli anni, quindi sulla scelta, credo coraggiosa (lo dico arrivando io dal territorio di Genova e della Liguria), di affrontare in questi anni un'esposizione all'aperto nello scenario magnifico dei Parchi di Nervi; e poi la scelta, in proiezione della grande evoluzione, cambiamento e trasformazione della città di Genova, di andare nella edizione del 2025 nel Waterfront. Ovviamente, con tutto il dettaglio e la grande opportunità che Euroflora rappresenta, di avere un incomingPag. 40importante e quindi di essere, essa stessa, un grande momento di promozione per il nostro territorio e quindi per il Made in Italy.
  Però la domanda che io vorrei fare è: stiamo parlando di un comparto importantissimo, l'attività florovivaistica. Al di là dell'evento Euroflora, su cui sono chiare le richieste e le opportunità e tutto quello che si può ulteriormente fare e incentivare – avete dipinto un quadro abbastanza chiaro –, per quanto riguarda il comparto florovivaistico nel suo complesso di cosa, eventualmente, c'è bisogno per fare in modo che questo sia valorizzato come comparto del Made in Italy anche all'estero?

  PAOLO CORSIGLIA, rappresentante e membro di giunta della Camera di commercio di Genova-settore agricoltura. Ecco onorevole, per noi è molto importante poter far riconoscere il fiore italiano rispetto al fiore estero.
  Come ben sapete le tecniche di produzione e i costi di produzione che ci sono in Italia non sono quelli di altre zone del mondo. In altre parti d'Europa e, più in generale, del mondo, ad esempio in America latina e Africa dove ci sono le produzioni che tantissime aziende importano passando tramite l'hub di Alsmeer, che è il mercato internazionale a livello europeo/mondiale di valorizzazione del fiore, ci sono costi di produzioni assai differenti. I costi sono per noi fondamentali. Quello di Piante e fiori d'Italia è un brand che potrebbe essere, come già detto più volte in passato, importante. Quindi far conoscere e valorizzare il prodotto italiano che sicuramente è un prodotto di eccellenza che dà, parlando di Liguria, un PIL del comparto agricolo per circa l'80 per cento legato alla valorizzazione soprattutto del fiore, fiori recisi e piante in vaso.
  Come ben sapete la produzione, in particolare, riguarda il Ponente della Liguria, Sanremo e l'imperiese, soprattutto la parte recisa, e ovviamente la Piana di Albenga per tutta la parte del fiore in vaso. Quindi per noi è importantissimo far conoscere e far capire che c'è una valorizzazione, che è un fiore che viene dall'Italia e che viene dalla Liguria.
  Ecco questo per noi è fondamentale, questa è per noi la prerogativa per far sì che le aziende, col nostro brand, col nostro marchio, col nostro Made in Italy, possano spuntare un'opportunità economica maggiore sul prodotto ed in particolare far conoscere il nostro prodotto anche a livello internazionale.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Euroflora intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Euroflora (vedi allegato 6) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Federlegno arredo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Federlegno arredo, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Claudio Feltrin, presidente di Federlegno arredo, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  CLAUDIO FELTRIN, presidente di Federlegno arredo. Chiedo scusa ma non riesco a attivare la telecamera.

  PRESIDENTE. Noi la sentiamo bene, ci spiace più che altro per lei. Comunque autorizzo la prosecuzione dell'audizione anche senza immagine video

  CLAUDIO FELTRIN, presidente di Federlegno arredo. Mi dispiace perché sembra Pag. 41quasi che voglia essere in incognito, ma non è così.
  Ringrazio il presidente e quindi ringrazio tutti le onorevoli deputate e gli onorevoli deputati. Innanzitutto grazie per l'opportunità di partecipare a questa indagine conoscitiva e per l'attenzione.
  La macro filiera del legno arredo che comprende le industrie del legno, del sughero, del mobile, dell'illuminazione e dell'arredamento occupa 293 mila addetti circa e 70 mila aziende rappresentando, in rapporto alle «quattro A» del Made in Italy, il secondo settore italiano per numero di imprese con un valore di produzione di circa 56 miliardi di euro e di oltre 20 miliardi destinati all'export.
  I punti che riteniamo fondamentali trattare sono i seguenti: le materie prime, gli strumenti di politica industriale, la formazione e l'internazionalizzazione.
  Le materie prime. La filiera usa chiaramente diverse materie prime ma credo sia giusto concentrarsi sul legno. È una materia prima sostenibile per natura e è al centro di tutte le misure per l'efficientamento energetico degli edifici.
  Per la nostra filiera, che ha alla base il legno come materia prima, l'Italia importa l'80 per cento del legno che la nostra industria trasforma, esponendo le nostre aziende all'oscillazione dei prezzi causati da fattori incontrollabili.
  Ben prima della guerra il settore era già soggetto alle tensioni sui prezzi di natura prevalentemente speculativa che non si sono ancora esaurite, ma che hanno subìto un'ulteriore accelerazione durante il conflitto quando, all'aumento della domanda, si è sommata la scarsità della materia nei mercati di approvvigionamento.
  Il contesto globale attuale, così incerto e caratterizzato da crisi, porta alla rottura delle relazioni commerciali storiche e alla fluttuazione della domanda che spinge una filiera come la nostra a chiedere di sviluppare un piano di azione e investimenti per favorire la riduzione nel medio periodo della nostra dipendenza dall'estero.
  In Italia le foreste stanno aumentando. La loro estensione oggi è pari al 36 per cento del territorio nazionale e con una diffusione accentuata nelle aree cosiddette interne, quelle montane in particolare. La cura dei boschi avrebbe un ruolo centrale e strategico per la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile, per la riduzione della CO2 e la mitigazione dei cambiamenti climatici, per l'equilibrio idrogeologico e territoriale dell'Italia policentrica. Avrebbe inoltre ricadute positive nella produzione di materia prima, tutto ciò all'interno della strategia forestale nazionale sviluppata dal Ministero dell'Agricoltura e che le regioni stanno lentamente attuando.
  È necessaria la creazione di una filiera completamente italiana, foresta-legno, attraverso lo sviluppo della vivaistica forestale, il necessario sviluppo di imprese boschive. A tali interventi va affiancato lo sviluppo consequenziale dell'industria di prima lavorazione che possa rifornire, con una maggiore quantità di semilavorati, le aziende di trasformazione che sono invece ad un livello più avanzato.
  Un secondo punto, a cui noi teniamo molto: lo strumento di politica industriale.
  Il MIMIT gestisce diversi strumenti di politica industriale che sono decisivi per lo sviluppo delle nostre aziende. Transizione 4.0, ad esempio, è una misura che continua ad essere molto utile e che andrebbe anche rafforzata. La nostra è una filiera composta da piccole e medie imprese e in cui poche Mid cap svolgono un ruolo di traino. In questi anni abbiamo avuto la necessità di accompagnare le aziende nella fase importante di transizione ecologica, infatti abbiamo sviluppato come federazione il progetto FLA Plus per offrire strumenti concreti alle nostre aziende associate.
  Sarebbe fondamentale il supporto da parte delle istituzioni per affrontare le grandi sfide come ad esempio creare un raccordo tra il mondo produttivo e quello della ricerca per individuare le risorse per l'innovazione.
  Altro punto molto importante è ovviamente la formazione del capitale umano, tema decisivo per il quale la Federazione ha favorito la nascita di diverse scuole professionali sul territorio, quindi diversi istituti CFP, IFTS, ITS. È evidente che si debbano sensibilizzare le famiglie su questaPag. 42 possibilità, facendo loro comprendere come questi istituti possono offrire reali sbocchi alternativi ai percorsi universitari creando figure professionali che rispondono al fabbisogno occupazionale del territorio.
  I dati di occupazione post diploma per gli studenti frequentanti percorsi di ITS di riferimento della filiera superano il 90 per cento, questa è una fonte INDIRE, a dimostrazione della capacità di assorbimento professionale della filiera e della ricerca continua di figure tecniche specializzate.
  La sfida per il settore non è oggi legata all'impiegabilità ma alla attrattività dei giovani verso i percorsi professionali dei settori sottodimensionati, rispetto alla capacità di istituti formativi sia dell'offerta di lavoro da parte delle imprese.
  Per quanto attiene la mancanza, il fabbisogno stimato dal sistema informativo Excelsior realizzato dall'Unioncamere e dall'Anpal, stima in oltre 11 mila unità la crescita dello stock occupazionale per offerta all'espansione economica che si prevede tra il 2022 e il 2026 per il settore del legno arredo, con uno scenario ancora più ottimistico in 16 mila 500 unità mancanti in caso di particolare espansione economica.
  Altro punto a noi molto caro, l'internazionalizzazione. La nostra filiera è orientata anche verso i mercati esteri. Oltre il 50 per cento della produzione italiana di arredamento viene esportata in oltre 100 Paesi con punte del 75 per cento in alcuni settori, tra cui l'illuminazione. Con la Francia al primo posto e un forte sviluppo degli Stati Uniti che si posizionano al terzo posto appena dietro la Germania.
  Il mercato russo, fino allo scoppio del conflitto, è stato uno sbocco prioritario per molte delle nostre imprese specializzate nel classico e il crollo repentino delle vendite ha portato molte aziende a rischio di chiusura se non fossero arrivati gli aiuti, in particolare della Simest, per la riconversione verso altri mercati. In un'ottica di consolidare e stabilizzare il posizionamento dell'Italia diventa pertanto fondamentale che il mercato unico europeo sia sempre più un vero e proprio mercato interno. Spesso esistono certificazioni a livello nazionale che ancora limitano questa libertà di movimento e che causano aumenti di costo. Sarebbe auspicabile monitorare che i provvedimenti a livello europeo garantiscano e favoriscano una reale uniformità tra i Paesi membri. Le certificazioni tecniche di prodotto sono usate spesso come forma di barriera all'ingresso nei nostri mercati di sbocco. Le spese che ogni azienda deve affrontare per la gestione delle politiche richieste si aggirano intorno a qualche centinaio di migliaia di euro, spingendo spesso le imprese meno strutturate a dover rinunciare a nuovi possibili mercati.
  Proponiamo di valutare l'introduzione di un credito d'imposta per la certificazione di prodotto necessaria per l'ingresso appunto nei mercati esteri.
  Il sostegno alla partecipazione alle fiere internazionali è determinante perché sono fattore di sviluppo, in particolare per le piccole e medie imprese. Quando poi le manifestazioni si realizzano sul territorio nazionale si ha anche una ricaduta significativa in termini di ricchezza economica. Sarebbe utile l'istituzione di un fondo per il sostegno alla realizzazione di edizioni estere di fiere internazionali che hanno un'edizione anche in Italia, così da attirare sempre nuovi visitatori e generare partnership e opportunità per le aziende della filiera.
  Altro tema decisivo, sul quale sarebbe utile ipotizzare delle linee di investimento per favorire lo sviluppo delle nostre aziende in questa direzione, è quello della difesa del marchio e della proprietà intellettuale. La tematica è infatti molto complessa e richiede investimenti ingenti sia in termini di formazione sia in termini di gestione delle politiche e delle azioni legali necessarie. Ringrazio per l'attenzione e per la vostra pazienza nel sentirmi leggere. Ho preferito leggere per concentrare e stare nei tempi. Grazie

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti di Pag. 43Federlegno arredo intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ILARIA CAVO

Audizione di rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Alberto Scuro, presidente dell'Automotoclub storico italiano (ASI), e a Antonio Ghini, giornalista ed esperto dell'Automotoclub storico italiano (ASI), ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ANTONIO GHINI, presidente dell'Automotoclub storico italiano (ASI). Allora cos'è prima di tutto ASI, è un ente morale che non ha scopo di lucro. Abbiamo 330 club a livello nazionale, 250 mila sono gli appassionati che fanno riferimento a questo club riconosciuto dal Presidente della Repubblica. Faccio presente che la nostra azione si basa sul mondo del volontariato e sono oltre 8 mila i volontari che agiscono per promuovere, conservare e recuperare i veicoli che, in base a quelle che sono le caratteristiche di anzianità, modalità di utilizzo e originalità possono essere considerati e devono essere considerati i testimoni della nostra storia. Quindi questo è l'Automotoclub storico Italiano, che insieme ai registri storici Lancia, FIAT Alfa Romeo e FMI storico sono enti certificatori.
  Una cosa che volevo sottolineare, è che questo fenomeno non è un fenomeno elitario in Italia, sicuramente ci sono anche proprietari di veicoli importanti, ma la maggior parte dei nostri appassionati è proprietario di veicoli semplici e i club più importanti, quelli che hanno un maggior numero di appassionati iscritti, sono proprio di coloro i quali sono proprietari di FIAT 500 o per esempio di Vespe Piaggio. Quindi è un fenomeno importantissimo e molto diffuso sul territorio nazionale, proprio perché fa parte del nostro DNA.
  Noi organizziamo manifestazioni di tutti i tipi, culturali, ma tantissime manifestazioni dinamiche e manifestazioni anche solidali molto importanti, quindi si va dai convegni, alle partecipazioni alle fiere e quant'altro. C'è una diffusione di questa cultura, ma specialmente una valorizzazione di un patrimonio, quello dei veicoli storici che non sono solo auto, che è fondamentale per mantenersi attaccati alle radici di questo Paese. Sono tantissime le attività, pensate che solamente come eventi dinamici vengono fatti solo da noi come ASI più di 3 mila eventi dinamici all'anno, eventi solidali più di 600, 900 eventi culturali. Quindi si sta parlando di un movimento veramente importante. E per fare tutto questo abbiamo fortunatamente dei protocolli d'intesa con l'Arma dei Carabinieri, con l'ANCI, con Città dei motori, con ENIT quindi è un qualcosa che va messo a sistema, e ASI fa anche parte degli stati generali del patrimonio.
  Tra le nostre attività vi è la salvaguardia, e in questo caso segnaliamo che attraverso la nostra attività abbiamo salvato per esempio la collezione Bertone che era importantissima e che attualmente è esposta presso il Museo di Volandia a Malpensa. Abbiamo salvato la collezione Morbidelli, in questo caso motociclistica, e quindi abbiamo tutta una serie di attività che tendono a tutelare questo fantastico asset per cui l'Italia è veramente famosa in tutto il mondo. Aggiungo che quello che noi tuteliamo non sono solo auto e moto, ma sono i veicoli a 360 gradi. I veicoli agricoli, veicoli utilitari, camion, corriere, natanti, quindi qualsiasi mezzo che si muove su strada viene da noi Pag. 44certificato e tutelato. Nell'ambito dell'attività che abbiamo fatto, perché abbiamo questo seggio e la presidenza degli Stati Generali del patrimonio per quanto riguarda la Commissione del motorismo storico, abbiamo in corso un tentativo di salvataggio di un qualcosa che è il simbolo di un Made in Italy fondamentale, che era l'avventura della nave Destriero che detiene ancora il Nastro Azzurro e che nel 1992 aveva fatto un'impresa incredibile che tutti ricordano. Attualmente è abbandonata all'estero e stiamo cercando di recuperarla perché il Made in Italy per noi è fondamentale.
  Adesso ovviamente i corsi per professionisti del settore sono per noi importantissimi e li supportiamo sotto vari aspetti con l'università e con altre realtà locali. Però anche questi vanno implementati perché ci sono degli importantissimi scenari occupazionali futuri. Anche questa è una grossa possibilità di promuovere il Made in Italy nel mondo.
  Adesso passo la parola ad Antonio Ghini, persona assolutamente nota, che ha dedicato tutta la vita ai motori. Dico solo che dopo essere stato responsabile della comunicazione di altre aziende, tra cui la Renault, è diventato responsabile per più di vent'anni del marketing Ferrari e della comunicazione del Magazine Ferrari. Direttore del museo Ferrari e successivamente anche di Lamborghini, quindi ha una storia talmente importante che ho voluto chiedere anche il suo supporto per raccontare della nostra possibilità di promuovere il Made in Italy nel mondo. Grazie.

  PRESIDENTE. Mi perdoni presidente, soltanto un attimo, perché mi stanno segnalando dei problemi audio. Chiedo ai tecnici di verificare che sia tutto a posto. Scusate, potete provare di nuovo a parlare al microfono? Grazie ora si sente. Do quindi la parola ad Antonio Ghini.

  ANTONIO GHINI, giornalista ed esperto. Bene, buongiorno. Io sono lusingato di essere qui a parlare a chi ci rappresenta e ci governa perché noi siamo animati da passione. Io adesso ho il privilegio di dirigere un magazine internazionale di automobili classiche dove facciamo, tra le varie cose, il ranking cioè la classifica dei 100 più importanti collezionisti al mondo. Le automobili, le dieci automobili, le dieci marche che sono in testa alla classifica delle più collezionate hanno all'interno una marca americana, una francese, due tedesche (Porsche e Mercedes) una inglese e cinque marche italiane.
  Quindi l'orgoglio che dobbiamo avere del Made in Italy portato dalle automobili classiche è assoluto. Ovviamente prima è Ferrari ma si pensi che terza (prima è Ferrari poi c'è Porsche) è Alfa Romeo e poi ci sono Lamborghini, FIAT, Maserati e Lancia, che è appena uscita ma speriamo che possa tornare.
  Quindi diciamo che l'asset automobile classica è certamente un patrimonio importante per il nostro Paese. Il 60 per cento delle automobili delle top 100 collezioni, per le dieci marche principali, sono italiane. Il che vuol dire che ci sono collezionisti, ovviamente molto danarosi che le curano, le portano in giro, non parliamo di musei ma parliamo di collezioni private, più del 55 per cento in America, il rimanente tra Europa e resto del mondo, persone che frequentemente vengono in Italia e che fanno sì che il loro patrimonio di automobili diventi anche un'opportunità per portare denaro e per sentirsi vicini a questo Paese che tutti tanto amano.
  Io ho lavorato spesso all'estero e quando ti dicono «italiano che fortuna, che meraviglia», ecco, questa immagine delle Mille Miglia dimostra come persone che vengono da qualunque parte del mondo facciano oggi, facendo le Mille Miglia, una specie di gran tour, quello che si faceva nel Settecento. Questo è solo un esempio dei tanti, tantissimi eventi che ci sono in Italia tutti gli anni (e ASI è presente in questo in maniera massiccia) e di quanto questa passione per l'automobile classica diventi anche un'opportunità economica per il nostro Paese dal punto di vista turistico non solo per gli eventi, ma anche semplicemente per il turismo, in alcune regioni in particolare.
  Poi le opportunità che danno le automobili classiche sono tante altre, e sottovalutatePag. 45 proprio dal punto di vista dei posti di lavoro, dal punto di vista di cosa rappresenta, in termini di serietà, l'essere italiani. Per esempio la certificazione. Avere un'automobile classica cosa vuol anche dire? Teniamo conto che ci sono automobili che sono quotate, quelle importanti, almeno 10 milioni l'una: una Ferrari GTO ne vale 60, tanto per capire di cosa parliamo. I proprietari di queste automobili vogliono che vengano certificate, per cui il l'ex gruppo FIAT, Stellantis oggi, ha la certificazione dei propri marchi, così come Ferrari, con Ferrari Classiche, come Lamborghini e così via. E tutto questo non solo è lavoro, perché certificare un'automobile vuol dire verificarla, restaurarla eccetera, ma anche persone che vengono in questo Paese e che scoprono il talento di questo Paese che è fatto anche di un modo di lavorare che è differente.
  Tutta la produzione di ricambi per automobili classiche, tutta la valorizzazione della tradizione, io ho qui un catalogo adesso, non so se si vede, di una mostra che è stata fatta a Bologna in occasione di Arte Fiera (poi lo lascerò alla presidenza e se qualcuno volesse riceverlo basta che me lo segnali e lo ve lo spedisco) su come facevano il battilastra un tempo le automobili. Bene i restauri, anche per i giovani, sono un modo per capire come fare ciò che un tempo si faceva e portare avanti una tradizione.
  Poi c'è il futuro, ci sono tante opportunità da sfruttare. Il presidente adesso accennerà a un progetto che si chiama ICONS.

  PRESIDENTE. Perdonatemi, ma anche per equità nei confronti degli altri interventi, vi devo dire che abbiamo già raggiunto i dieci minuti, tanto più se il presidente deve ancora affrontare un argomento. Non voglio togliere la parola bruscamente, però forse allora passiamo la parola al presidente Scuro, così acceleriamo i tempi. Grazie.

  ALBERTO SCURO, presidente dell'Automotoclub storico italiano (ASI). Ho capito va bene, allora passo solamente la diapositiva finale (vedi allegato 7).
  La diapositiva finale parla di una cosa: in che modo può essere aiutata l'Italia attraverso questo settore? Dobbiamo promuoverlo in vari modi, attraverso la possibilità di organizzare dei corsi di restauro con scuole specifiche che vengano organizzate in tutto il territorio nazionale, la promozione del turismo che si può fare attraverso tutta una serie di iniziative. Noi abbiamo anche un protocollo con l'ENIT, abbiamo la possibilità sempre di più di fare dei progetti che, come il progetto ICONS che stiamo sviluppando è un vero festival del Made in Italy e delle icone che hanno rappresentato l'Italia nel Novecento, non solo auto ma anche design e tutto il resto. E prima di tutto, finiamo dicendo che se vogliamo tutelare questo mondo e tutte le risorse che questo mondo può dare al sistema Paese che possono essere enormemente aumentate (adesso sono stati stimati in oltre 2 miliardi di PIL all'anno) dobbiamo prima di tutto tutelare la circolazione di questi veicoli che sono pochi, non inquinano e che sono un simbolo iconico per l'Italia che non dobbiamo assolutamente perdere.

  PRESIDENTE. Grazie per questa relazione esaustiva.
  Non essendoci richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI) intervenuti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Automotoclub storico italiano (ASI) (vedi allegato 7) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Promovetro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Promovetro, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio Pag. 46possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Luciano Gambaro, presidente di Promovetro, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  LUCIANO GAMBARO, presidente di Promovetro. Grazie. Buongiorno intanto. Sono Luciano Gambaro, presidente del consorzio Promovetro Murano.
  Innanzitutto volevo ringraziarvi di questa opportunità che ci permette di illustrare alcuni aspetti che riguardano il nostro settore, il vetro artistico di Murano. Un'arte millenaria, un patrimonio produttivo e culturale e di eccellenza del Made in Italy. Murano non è solamente il più antico, ma ancora oggi è il più importante e prestigioso distretto di vetro artistico al mondo.
  Il Consorzio Promovetro è un consorzio di promozione e tutela del vetro di Murano. Nato nel 1985 annovera tra i suoi soci le due principali associazioni di categoria del settore vetro, Confartigianato Venezia e Confindustria Veneto est e rappresenta attualmente circa 60 aziende artigiane ed industriali che operano esclusivamente sull'isola di Murano.
  Dal 2016 il Consorzio Promovetro è stato riconosciuto dalla regione del Veneto quale soggetto giuridico rappresentante del distretto del vetro artistico di Murano e del vetro del veneziano. Con me oggi ci sono Cristiano Ferro, vicepresidente per il settore del vetro di Confindustria Veneto est, e Andrea della Valentina, presidente del settore vetro di Confartigianato Venezia, che mi aiuteranno a trattare alcuni aspetti nel tempo messoci gentilmente a disposizione.
  Volevo a questo punto fornire una fotografia del nostro settore. Da un'indagine portata avanti dal Consorzio nel 2020 stiamo parlando infatti di un totale di 150 realtà produttive collocate nell'isola di Murano, di cui una sessantina di fornaci e il restante formata da aziende di cosiddetta seconda lavorazione: vetro a lume, vetro fusione, specchi, molatura, decorazione. Occupa circa un migliaio di addetti per un fatturato stimato nel 2020 intorno ai 150 milioni di euro.
  Si tratta per lo più di ditte individuali, micro e piccole imprese spesso a carattere familiare, e non è difficile ipotizzare le difficoltà e l'impatto che c'è stato con l'emergenza prima e con il rincaro del gas in questo ultimo periodo. Aspetto che poi lascerò trattare al mio collega Ferro.
  Fin dai tempi della Repubblica di Venezia il distretto è stato caratterizzato da una vocazione internazionale ed ancora oggi è uno dei prodotti Made in Italy più riconosciuti al mondo.
  Ecco perché bisogna fare ogni sforzo possibile per tutelare ed incentivare la produzione e incrementare la commercializzazione dei prodotti provenienti da questa isola della laguna di Venezia. Da qui l'importanza della tutela e salvaguardia di questa tradizione, per risolvere uno dei problemi che colpiscono da sempre questo settore che è la concorrenza sleale e la contraffazione, da parte purtroppo sia di produttori italiani che di produttori stranieri e soprattutto dall'utilizzo indiscriminato del termine vetro di Murano.
  Basti pensare che un'indagine di alcuni anni fa, sempre realizzata dalla Camera di Commercio di Venezia, ha evidenziato la presenza sui prodotti in vendita, di ben 41 diverse diciture facenti riferimento a un'ipotetica lavorazione effettuata sull'isola di Murano.
  A difesa del vetro di Murano attualmente l'unico strumento a disposizione è il marchio collettivo di origine «Vetro artistico di Murano», istituito dalla regione del Veneto con la legge 70 del 23 dicembre 1994 e gestito dal Consorzio Promovetro, unica certificazione legale che garantisce origine dei prodotti al consumatore finale e va a tutelare naturalmente tutti noi produttori.
  L'utilizzo del marchio è disciplinato da un regolamento d'uso che ne consente l'applicazione solo su manufatti artistici in vetro prodotti nell'isola di Murano e realizzato con i criteri, anche se innovativi e moderni, che rispettino pienamente la tradizionePag. 47 muranese per composizione del vetro e per le tecniche di lavorazione. Dal 2016 al contrassegno anticontraffazione «Vetro artistico di Murano» è stata applicata la tracciabilità del prodotto che, attraverso l'utilizzo dello smartphone, tablet o attraverso il sito web, prevede l'identificazione del prodotto e permette al cliente di conoscere la storia e l'autenticità dell'oggetto acquistato, grazie alla presenza di un codice Data Matrix contenente descrizioni, immagini e video del prodotto stesso, informazioni inserite dalle aziende concessionarie tramite una piattaforma multimediale personalizzata.
  Il rafforzamento di questo marchio in termini di risorse economiche attraverso un finanziamento strutturale resta pertanto, in questo momento, una delle priorità da perseguire in attesa di un possibile ed eventuale marchio europeo IG per prodotti artigianali che sappiamo essere allo studio (e che ci auguriamo possa essere migliorativo rispetto allo strumento di difesa attuale) però in ogni caso in grado di recepire e tenere conto delle peculiarità del vetro di Murano.
  Adesso passo la parola a Cristiano Ferro, vice presidente per il settore vetro di Confindustria Veneto est.
  Grazie.

  CRISTIANO FERRO, vice presidente settore vetro di Confindustria Veneto Est-area metropolitana Venezia Padova Rovigo Treviso. Buongiorno a tutti. Io sono Cristiano Ferro vice presidente per il settore vetro di Confindustria Veneto est.
  Una criticità che volevo sollevare in questa audizione è il problema del recente aumento esponenziale dei costi di produzione, in particolare quelli legati alle componenti energetiche.
  Aumenti che si spera ancora siano congiunturali, ma che rischiano di gravare sulle produzioni per molto tempo ancora.
  Le nostre aziende sono notoriamente aziende gasivore che a partire dal settembre 2021 si sono trovate a sostenere un costo per metro cubo di gas che è passato dai 25/30 centesimi di euro, che era la media degli ultimi dieci anni, a dei picchi fino a 2 euro e 80 al metro cubo, picchi raggiunti ad agosto 2022, facendo così lievitare nell'ultimo anno i costi totali di quasi cinque volte quelli degli anni precedenti.
  Tali aumenti stanno mettendo a dura prova tutto il settore che è riuscito ad assorbirli parzialmente e solamente grazie prima agli aiuti regionali e statali, per un totale di circa 8 milioni di euro, e poi grazie all'introduzione del credito d'imposta.
  Con la notevole riduzione del gas di questi ultimi mesi, che però è parzialmente vanificata dai maggiori costi legati ai margini dei fornitori e soprattutto al costo di trasporto aumentato, fa sì che il prezzo attuale e molto probabilmente almeno per tutto il 2023 si attesti intorno ai 70/80 centesimi al metro cubo, portando così la voce del costo del gas a sfiorare il 40 per cento dei costi totali di un'azienda della nostra tipologia.
  Tenendo conto anche che a causa del Covid, e ultimamente degli aumenti dei tassi d'interesse, molte aziende si trovano in tensione finanziaria cosa che potrebbe creare grossi problemi per la continuità aziendale delle stesse. Quindi noi ci aspettiamo un rinnovo delle misure del decreto energia che è in scadenza il 31 marzo, perché altrimenti le aziende saranno costrette a sostenere un costo quattro o cinque volte la media degli ultimi anni, con il rischio che molte poi siano costrette a non proseguire nella produzione.
  Quindi per noi è fondamentale la proroga del credito d'imposta almeno fino alla fine del 2023. Adesso passo la parola al mio collega di Confartigianato Andrea della Valentina.

  ANDREA DELLA VALENTINA, presidente settore vetro di Confartigianato di Venezia. Buongiorno a tutti. Sono Andrea della Valentina presidente del settore vetro di Confartigianato Venezia. Il tema che io porto in evidenza è quello del ricambio generazionale che rappresenta una delle sfide più complesse per le attività artigianali di lavorazione del vetro di Murano. Questo fenomeno non riguarda soltanto l'aspetto economico, ma anche quello culturale ed artistico. Il vetro di Murano è un'arte millenaria che richiede abilità e conoscenze specifiche tramandate di generazionePag. 48 in generazione. Considerate che la formazione di un maestro vetraio a Murano richiede in media fra i dieci e quindici anni di esperienza. Quindi la crisi economica dell'ultimo decennio e la contrazione del mercato hanno avuto un impatto significativo sulle attività vetrarie muranesi, portando alla riduzione della produzione ma anche alla riduzione dei posti di lavoro. In questo contesto si è dovuto ricollocare personale qualificato a dispetto dei giovani che ha comportato una perdita di competenze e conoscenze, ma soprattutto quel passaggio naturale di competenze fra vecchie e nuove generazioni.
  Oggi ci ritroviamo con fornaci formate in gran parte da personale che nei prossimi cinque, dieci anni sarà in pensione. Pertanto, visti i tempi che vi ho raccontato prima di formazione, è evidente che è necessario agevolare l'impegno giovanile. Questo attraverso incentivi specifici che considerino la nostra specificità e rendano meno onerosa la formazione.
  All'inizio del mio intervento vi ho parlato dell'aspetto culturale ed artistico, essendo questo mestiere legato alla passione. Non esiste un maestro vetraio che non ami profondamente il proprio lavoro e al fine di promuovere anche questi aspetti, Murano da anni si adopera in manifestazioni come la Venice glass week, con un sacrificio e un impegno da parte delle aziende. Quindi anche un sostegno per manifestazioni culturali in un contesto come quello veneziano che è sempre internazionale, agevola tutto il comparto.
  Il tema da me esposto non ha un carattere d'urgenza pari a quello del gas, è chiaro che se non si continuano ad aiutare le nostre aziende rispetto a questa emergenza si dichiara la loro morte. Concludo ricordando che il vetro di Murano fa parte di un patrimonio tutto italiano.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti di Promovetro intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Federazione moda Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Federazione moda Italia, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Giulio Felloni, presidente della Federazione moda Italia, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIULIO FELLONI, presidente della Federazione moda Italia. Ringrazio per l'invito rivolto a Federazione Moda Italia che fa parte di Confcommercio, per portare un contributo di idee e di proposte da parte di un settore chiave della nostra economia e del nostro Made in Italy fatto da 176 mila punti vendita e da circa 298 mila addetti in tutto il Paese. Rileviamo l'importanza del Made in Italy quale motore di una crescita economica verso il mercato interno e quello internazionale. Nell'attuale scenario dell'economia della percezione dove i marchi contano molto, il Made in Italy (che secondo un'indagine di KPMG è al terzo posto della classifica dei marchi più conosciuti al mondo) rappresenta pertanto un valore che ha notevoli potenzialità per accompagnare i processi di penetrazione commerciale anche nei confronti di un consumatore sempre più evoluto, in un contesto di globalizzazione che necessita di adeguati strumenti di tutela e di politiche rivolte al Pag. 49sostegno, all'insegna del bello esteticamente e del buono eticamente.
  Un Made in Italy che riflette l'abilità e l'eccellenza del saper fare tutto italiano e che non riguarda esclusivamente i prodotti configurandosi nel cosiddetto stile di vita italiano, perché è un'espressione di stile e qualità apprezzato dai consumatori in tutto il mondo.
  Si parla appunto di effetto Paese con riguardo all'impatto creato nell'immaginario collettivo da un prodotto realizzato, ma anche e soprattutto venduto, in un determinato luogo che ne attribuisce l'identità del Paese stesso. Un marchio che trasmette tra l'altro un messaggio di fiducia e dell'energia espressa dal territorio e dai nostri negozi di prossimità.
  Vogliamo qui rappresentare il ruolo delle micro e delle piccole e medie imprese italiane che si pongono come vetrina del Made in Italy, tanto in senso figurato quanto concreto.
  Negozi che sono essi stessi icona del Made in Italy tanto da rappresentare un modello, un format unico nel loro genere, che va ad edificare l'anima dei nostri centri e delle nostre città a fronte di una forte spinta alla omologazione delle vetrine e dei prodotti, nonché dell'aspetto estetico delle vie più commerciali.
  I negozi di moda, di abbigliamento, calzature e accessori, pelletterie, tessile per la casa e articoli sportivi che noi rappresentiamo assumono un grande significato perché sono tra le attività più presenti che vediamo nelle nostre vie, nelle nostre piazze e nei nostri centri storici. Da qui possiamo ricavare l'essenza della moda capace di produrre bellezza nel mondo e di dare uno stile alle persone.
  Gli italiani con il Made in Italy sono simbolo di eleganza, stile e buon gusto e i nostri negozi sono importantissimi per le città, perché regalano emozioni, relazioni, felicità e stile di vita.
  Del resto i grandi brand come il Made in Italy funzionano quando raccontano una storia, quando non vendono soltanto un oggetto ma ci permettono di portare a casa anche un pezzettino di identità, di anima. Il segreto del Made in Italy, secondo noi, è proprio quello di aver trasferito un'atmosfera unica, una straordinaria bellezza di luoghi e di storia, a volte persino i difetti italici, in prodotti come quelli della moda e dell'abbigliamento, delle calzature, accessori, pellicceria, riconoscibili e meravigliosi.
  Tutto questo però ci impone il dovere di non abbassare la guardia per non pregiudicare quel patrimonio immateriale acquisito e consolidato nel tempo. Le piccole e medie imprese della moda che sono parte integrante ed essenziale per la salvaguardia delle città e dei centri storici, rappresentano infatti un volano per l'attrattività del nostro Paese, in stretto colloquio tra moda e turismo.
  Lo shopping tourism è profondamente cambiato con i cinesi e i russi che detenevano nel 2019 la leadership degli acquisti tax free con una copertura complessiva del 40 per cento, sostituiti oggi da turisti americani, dei Paesi del Golfo, giapponesi, svizzeri ed europei, con francesi e tedeschi in primis. E nuovi orizzonti ed opportunità potrebbero rivelarsi con l'interesse degli inglesi dopo la Brexit.
  La moda fa quindi da attrattore per il nostro Paese e nel contempo si pone come elemento essenziale di conservazione, rilancio e rivitalizzazione. Crea tra l'altro nuovi posti di lavoro e risponde all'esigenza di innovazione e formazione per competere in un contesto sempre più competitivo, globale e con un appoggio multicanale, dove risulta fondamentale l'accoglienza e l'erogazione del miglior servizio.
  Eppure il contesto normativo europeo sembra avverso al riconoscimento attribuito dal mercato al nostro «made in», risulta facoltativo e ancora troppo astratto il concetto di origine e provenienza declinato a livello europeo. Nonostante un tentativo da parte del Parlamento europeo che ha approvato il 15 aprile 2014 un articolo sulla obbligatorietà dell'indicazione dell'origine dei prodotti non alimentari, il provvedimento si è subito arenato senza giungere alla conclusione. L'assenza di regole chiare su indicazione di origine e provenienza penalizza peraltro non soltanto i produttori europei ma anche i consumatori,Pag. 50 soprattutto in relazione al dilagare di sempre più preoccupanti fenomeni criminali come truffe e contraffazioni.
  Ancora troppo generica poi la definizione del codice doganale dell'Unione europea per la determinazione del «made in»; un'ulteriore attenzione va poi riposta alla lotta all'abusivismo e alla contraffazione dei prodotti e degli accessori dell'abbigliamento e della moda in generale, perché si collocano al primo posto della speciale classifica per categorie merceologiche interessate dal fenomeno, superando il 40 per cento del totale di prodotti contraffatti.
  Preoccupa poi la crescita del numero di annunci di prodotti contraffatti venduti abusivamente su siti e marketplace dei più importanti social network, senza peraltro responsabilità alcuna per i titolari delle piattaforme che invece dovrebbero avere una responsabilità diretta sull'esposizione dei prodotti venduti da utenti terzi, come avviene nei punti di vendita fisici. In tema di tutela del Made in Italy e lotta alla contraffazione è necessario un intervento volto ad incrementare l'attività di controllo della contraffazione offline e online. Occorrerebbe almeno la presenza di una partita IVA e l'evidenza di una registrazione dell'attività alla Camera di Commercio. Federazione Moda Italia Confcommercio manifesta inoltre l'esigenza di promuovere iniziative di filiera etica, magari attraverso l'utilizzo di tecnologia come la blockchain per la tracciabilità dei prodotti e delle fasi, ma anche dei negozi che vendono i prodotti ai clienti finali: in questa direzione si agevolerebbe il contrasto alla contraffazione anche sulla rete.
  In questo scenario Federazione moda vuole essere parte integrante di un progetto di filiera di consolidamento e rilancio del Made in Italy, considerando anche il fondamentale duplice ruolo dei negozi di prossimità in quanto trasmettitori e ricettori, soprattutto, di valore.
  Lungo questa direttrice Federazione moda Italia persegue il riconoscimento della obbligatorietà del Made in Italy sui prodotti di moda a livello europeo, promuove la diffusione del vero Made in Italy e del concetto che almeno due delle quattro fasi possano identificarlo, e non si limiti al riconoscimento dell'ultima trasformazione sostanziale attualmente definita dal codice doganale europeo.
  Indirizza poi i propri associati verso scelte premianti della qualità ed è attiva per la diffusione della cultura della legalità e del contrasto all'abusivismo e alla contraffazione. Promuove la conoscenza e la conformità dell'etichettatura dei prodotti tessili e della calzatura.
  Quindi in questo scenario è assolutamente indispensabile investire nelle aziende micro, piccole e medie che continuano a dare al sistema imprenditoriale italiano una grande flessibilità e capacità di collocare il mercato. È chiaro dunque che il nostro Paese è chiamato a tutelare il suo tessuto imprenditoriale ed in particolare quello distributivo attraverso alcuni strumenti che elencherò di seguito.
  Uno: incentivi alla ricerca, allo sviluppo delle tecnologie informatiche e all'innovazione non solo tecnologica ma anche organizzativa comunicativa e di marketing, per essere in sintonia in un contesto commerciale in evoluzione.
  Due: l'adozione di una politica fiscale più favorevole per quelle imprese che acquistano prodotti Made in Italy da fornitori che possano, soprattutto, certificarne l'origine.
  Tre: la riduzione dell'Iva al 10 per cento per il rilancio dei consumi Made in Italy, solo però quelli certificati.
  Quattro: l'incentivazione della formazione per valorizzare la professionalità delle risorse umane che già operano nel contesto commerciale, anche con l'istituzione di licei del Made in Italy, percorsi da ITS e anche universitari.
  Cinque: agevolare la liquidità delle imprese attraverso la concessione di tassi interessanti, da parte degli istituti di credito, a chi opera per la diffusione dei prodotti Made in Italy in Italia. La realizzazione di una campagna di comunicazione diretta al consumatore che sappia valorizzare l'intera filiera dal produttore fino al negozio che vende in Italia, promuovendo l'espansione all'estero del Made in Italy con segnali forti, mediaticamente coinvolgenti e Pag. 51anche con l'utilizzo di importanti testimonial di ogni componente della filiera.
  E per ultimo l'abbassamento della soglia per l'accesso al Tax Free nel nostro Paese che risulta la più elevata in Europa. Si pensi che la norma parla ancora delle vecchie 300 mila lire pari a 154,95 euro, con il rischio di vedere una buona fetta di turisti extra Unione europea, tra cui gli inglesi, preferire mete per lo shopping alternative all'Italia o la permanenza di più giorni in Paesi come Spagna, Francia o Germania.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Federazione moda Italia intervenuti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante della Federazione moda Italia (vedi allegato 8) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Assobioplastiche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Assobioplastiche, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  LUCA BIANCONI, presidente di Assobioplastiche. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione per l'opportunità che è stata data alla nostra associazione, da me rappresentata, di essere audita in questa Commissione. Vado a condividere le slide da me preparate, chiedo scusa. Potete vederle chiaramente?

  PRESIDENTE. No, per ora non vediamo niente. Le abbiamo comunque nella versione stampata che verrà acquisita tra i materiali della Commissione. Quindi proceda pure senza la visualizzazione delle slide.

  LUCA BIANCONI, presidente di Assobioplastiche. Un attimo solo che devo toglierle.
  Allora, nella mia presentazione partiremo con una veloce definizione di quella che è la nostra associazione. Farò una breve premessa per quello che riguarda il settore delle materie plastiche compostabili, vedremo i numeri della filiera delle bioplastiche compostabili, gli ostacoli relativi al riconoscimento della nostra filiera e, per concludere, le proposte per tutelare le bioplastiche compostabili Made in Italy.
  La nostra associazione rappresenta le bioplastiche, i materiali biodegradabili e compostabili. L'Associazione è stata fondata nel 2011 e attualmente siamo 59 soci. I 59 i soci rappresentano produttori di bioplastiche, sia italiani che esteri, trasformatori di bioplastiche, commercianti e distributori di prodotti in bioplastiche compostabili, associazioni ed enti di ricerca e, per concludere, i gestori degli impianti di trattamento della frazione organica.
  Naturalmente il Made in Italy è famoso in tutto il mondo per le attività economiche e produttive legate all'enogastronomia, all'automotive, alla moda, come abbiamo visto con i miei illustri colleghi in precedenza. Però, insieme a questi importanti settori, c'è indubbiamente anche il settore della filiera delle bioplastiche compostabili che rappresenta ad oggi una vera e propria eccellenza del Made in Italy ed occupa una posizione di centralità soprattutto nell'attuale contesto di decarbonizzazione dell'economia.
  Le bioplastiche sono un fiore all'occhiello per quanto riguarda l'industria italiana perché, con il proprio know how, è in grado di generare importanti innovazioni per quello che riguarda la transizione ecologica.Pag. 52 Attualmente la tecnologia chimica italiana che produce le bioplastiche è sicuramente frutto di ingenti investimenti nel settore della ricerca e sviluppo ed è, comunque sia, all'avanguardia a livello mondiale con un forte radicamento nel nostro continente europeo il cui baricentro della produzione è il nostro Paese, quindi l'Italia.
  Devo dire che, come ho sentito anche in precedenza, negli ultimi due anni tutte le imprese hanno affrontato quello che potremmo definire la tempesta perfetta, quindi il caro energia, la carenza delle materie prime e soprattutto una spietata concorrenza da parte dei mercati esteri. Nel nostro caso va aggiunto anche un mancato riconoscimento a livello normativo e quindi tutto ciò non permette di poter mettere a disposizione del nostro settore delle agevolazioni o delle incentivazioni all'uso.
  Riporto solo un breve esempio, un esempio concreto. L'apertura di un tavolo di crisi, non più tardi di qualche settimana fa, relativamente all'azienda trevigiana Dopla. Questa è un'azienda che produce materie plastiche da oltre cinquant'anni e dal 2019 era partita con la produzione di materiali in bioplastica. A causa di questa tempesta perfetta purtroppo ora versa in condizioni che mettono a forte rischio il seguito aziendale, comunque sia oltre cento dipendenti, che potrebbero perdere il proprio posto di lavoro.
  Paradossalmente però rispetto a quanto abbiamo visto, nonostante tutte queste difficoltà, la domanda dei prodotti è in forte aumento e purtroppo l'insufficienza della capacità produttiva a livello italiano costituisce un'opportunità soprattutto per i produttori esteri, quindi per i mercati extra-UE. Nel link che ho riportato nei documenti, che comunque sia sono stati inviati alla Commissione, troverete un documento redatto dall'International trade administration statunitense, che è datato 24 gennaio, e questa nota viene denominata «Italy Bioplastics Market: Opportunities for U.S. Companies». Questo va a evidenziare a tutte le aziende americane le possibili aperture, nel mercato italiano e nel mercato europeo delle importazioni di bioplastiche proprio in ragione dell'aumento della domanda però a fronte di una ridotta capacità produttiva, soprattutto a livello locale.
  Passiamo adesso a vedere i numeri della nostra filiera. Questi sono i numeri che abbiamo presentato nel corso dell'assemblea di Assobioplastiche da Plastic consult a giugno del 2022 e sono riferiti all'anno 2021. Come vedete gli operatori sono 275 aziende, con un aumento del 92 per cento rispetto il primo report che è stato redatto nel 2012. Gli addetti totali sono circa 2.900 con un aumento del 126 per cento, sempre riferito al 2012, ed un fatturato che nel 2021 ha superato il miliardo di euro, con un aumento di quasi il 190 per cento rispetto al 2012.
  Come ben sapete il settore delle bioplastiche italiane contribuisce allo sviluppo della bioeconomia italiana promuovendo l'impiego di risorse biologiche rinnovabili quali input per la produzione delle bioplastiche.
  Ricordo inoltre che l'Italia è la terza realtà in Europa per il valore di produzione che conta 364 miliardi di euro, ed è la seconda per numero di occupati con più di due milioni di lavoratori. Per tali ragioni l'industria italiana delle bioplastiche va sicuramente difesa, sostenuta ed incentivata. Quindi per salvaguardare questo settore è necessario che venga presto riconosciuto sia a livello normativo che statistico, cercando però in via prioritaria di classificare le attività di produzione dei biopolimeri e delle bioplastiche separatamente rispetto alle attività delle plastiche tradizionali.
  In altra slide invece andiamo ad evidenziare quelle che sono le criticità che impediscono la tutela e la valorizzazione, sia in termini di produzione che di occupazione. Come abbiamo già detto c'è l'assenza di codice ATECO, quindi tutte le attività delle aziende coinvolte nella filiera delle bioplastiche ad oggi non sono destinatarie di un codice ATECO dedicato, e questo ci mette in grande difficoltà perché non riusciamo ad essere individuati proprio come filiera. Quindi anche le eventuali misure di sostegno non possono essere fatte né in modo ordinario né straordinario ad hoc per la filiera delle bioplastiche.Pag. 53
  In più c'è il dumping da parte dei Paesi extra UE che impiegano un limitato utilizzo di materie prime rinnovabili. Quindi le imprese italiane che producono bioplastiche sopportano, come abbiamo già visto, dei costi importanti di approvvigionamento, energia e materie prime rispetto ai colleghi extracomunitari che oltretutto realizzano dei prodotti con prestazioni ambientali sicuramente inferiori, in quanto contengono meno materiali da fonte rinnovabile.
  Inoltre le aziende extraeuropee esportano nel mercato italiano questi prodotti a basso costo, che spesso sono prodotti non bio-based o comunque sia con un contenuto da fonte rinnovabile estremamente limitato. In aggiunta devo dire che le imprese italiane devono sostenere anche importanti oneri per le emissioni della CO2, cosa che non grava sulle aziende extra UE.
  Altro aspetto importante è sicuramente il carico fiscale: quindi nonostante i maggiori costi di cui abbiamo parlato, i nostri prodotti non usufruiscono di una tassazione agevolata che risulta la stessa sia per le plastiche che per le bioplastiche, anche di importazione, non valorizzando quello che è il contenuto di materia prima rinnovabile.
  Ultimo aspetto, ma sicuramente non meno importante, è quello legato all'illegalità. La nostra associazione ha proprio per sua attività statutaria quella di perseguire il contrasto all'illegalità. Nel corso degli anni abbiamo molte volte verificato e denunciato alle autorità competenti la commercializzazione di prodotti non a norma che danneggiano non solo la nostra filiera, quindi la filiera delle bioplastiche, ma anche il consumatore e soprattutto l'ambiente. Le casistiche più frequenti sono legate alla commercializzazione di buste di asporto merci in plastica tradizionale, quindi anche con claim o certificazioni false. Sempre più spesso vediamo borse per asporto merci in bioplastica compostabile a cui viene aggiunta una percentuale di plastica tradizionale che le rende più economiche, ma non compostabili. Ultimo è l'aspetto legato ai sacchi ultra light quindi le buste, le borse frutta e verdura, che devono essere realizzati con una percentuale di materia prima rinnovabile superiore al 60 per cento, come previsto dalla legge, limiti che spesso vediamo vengono disattesi.
  Concludo con la proposta di Assobioplastiche in cui chiediamo che possa essere effettuata un'attribuzione di nuovi codici ATECO per tutte le attività di produzione di biopolimeri e di imballaggi in bioplastica biodegradabile derivanti in tutto o in parte da materia prima rinnovabile. Altra proposta è quella di poter fissare il contenuto obbligatorio di materia prima rinnovabile, il contenuto bio-based per i prodotti biodegradabili e compostabili impiegati in determinate applicazioni, quindi seguire l'esempio che è stato tracciato del sacchetto frutta e verdura anche magari per i shopper, quindi i sacchetti asporto merci, film e pellicole e tutto quello che sono gli altri prodotti biodegradabili e compostabili.
  Terzo, la possibilità di introdurre un'IVA ridotta al 5 per cento per tutte le bioplastiche biodegradabili e compostabili che hanno un contenuto di materia prima superiore al 60 per cento. E per concludere quello di poter effettuare sempre maggiori attività di controllo, e quindi la comminazione di sanzioni per i prodotti non a norma, destinando però i proventi di queste sanzioni agli stessi organi accertatori, quindi a livello locale, per poter mantenere attivo un monitoraggio preciso e puntuale sul territorio. Anche dal punto di vista dell'impianto sanzionatorio sarebbe utile che questo fosse modulabile, adeguato e proporzionato, sia in base al soggetto che è responsabile dell'illecito e sia per la natura dell'illecito.
  Io sono a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento e vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie per l'esauriente audizione. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Pavanelli.

  EMMA PAVANELLI. Grazie presidente. Ringrazio il dottor Bianconi per la relazione che è stata già inviata con diversi spunti molto interessanti. Siccome stiamo ovviamente parlando di Made in Italy, volevo capire se quello delle bioplastiche, Pag. 54appunto nel settore di riferimento, viene riconosciuto soprattutto come un prodotto Made in Italy.
  Lei ci ha dato molti spunti quali il codice ATECO, l'abbassamento degli oneri ambientali e molto altro che sicuramente studieremo nei documenti che ci ha inviato. Io mi stavo domandando se questo tipo di produzione, magari meno conosciuta dai più, che è un fiore all'occhiello per il nostro Paese soprattutto quando si pensa alla transizione ecologica, alla decarbonizzazione e ovviamente anche a tutto il ciclo dei rifiuti che sappiamo bene deve andare in una direzione di ecosostenibilità, di maggiore recupero dei materiali – in questo caso ovviamente si parla di compostaggio industriale per poi riportare al nostro suolo un prodotto alimentato con materiale consono –, è adeguatamente supportato come Made in Italy.
  Pertanto chiedo da una parte se il vostro settore del packaging, tutto il settore delle bioplastiche compostabili e biodegradabili, sono riconosciute a livello europeo, ma anche extraeuropeo, come un Made in Italy anche da copiare, come sembrerebbe stando al report americano che poco fa ha citato.
  Volevo poi sapere la sua opinione sulla nuova direttiva europea sugli imballaggi (che è tema di dibattito anche per la nostra Commissione, visto che stiamo parlando non solo della questione dei rifiuti ma anche delle nostre industrie). Ecco, come vi ponete con quella direttiva oggi all'esame in Europa, che arriverà presto? Sappiamo che nella scorsa direttiva l'Italia, con una forzatura, ha fatto ad aggiungere il vostro prodotto di bioplastiche in quanto è un asset importante del nostro Paese ed era la giusta risposta per quanto riguardava tutti i prodotti monouso.
  Ovviamente tutto ciò magari non è piaciuto molto all'Europa e ho visto nelle prime bozze alcune correzioni. Quelle correzioni sono soddisfacenti per le vostre imprese, per il nostro Made in Italy, per tutte quelle imprese che stanno creando ed innovando appunto con questi prodotti in bioplastiche biodegradabili e compostabili?
  Grazie.

  LUCA BIANCONI, presidente di Assobioplastiche. Allora, per quanto riguarda il riconoscimento da parte di altre Nazioni sicuramente il know how presente nel nostro Paese come tecnologia è il più avanzato a livello mondiale. Sia per il contenuto da fonte rinnovabile sia anche perché si è sviluppato in forma sistemica, quindi si è sviluppato insieme alla raccolta differenziata dell'organico. La raccolta differenziata dell'organico e lo sviluppo di materiali compostabili non possono andare avanti a prescindere, cioè devono andare avanti di pari passo. L'Italia è un esempio che deve essere copiato grazie anche alla creazione del primo consorzio di filiera per il recupero degli imballaggi compostabili. Quindi il Biorepack (Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile) è il primo consorzio al mondo per gli imballaggi compostabili e in questo siamo pionieri. Spero che verremo copiati dalle altre Nazioni soprattutto a livello europeo. Quindi è sicuramente una leadership ben riconosciuta. Per quanto riguarda il «Regolamento imballaggi», al momento lo stiamo valutando: ci sono degli aspetti sicuramente positivi, altri meno. C'è da dire che c'è stato un riconoscimento delle bioplastiche a livello europeo, quindi la possibilità di utilizzo delle bioplastiche dove è presente un sistema di raccolta differenziata dell'organico che, ricordo, per tutti i Paesi dell'Unione deve entrare in vigore dal primo gennaio 2024. In Italia siamo partiti nel 1992 quindi abbiamo un bel vantaggio che dobbiamo portare avanti, perché siamo bravi e molto efficienti, soprattutto nel recupero e nel riutilizzo della frazione organica.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Assobioplastiche intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Assobioplastiche (vedi allegato 9) e dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Farmindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Farmindustria, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  MARCELLO CATTANI, presidente di Farmindustria. Buongiorno presidente Gusmeroli. Buongiorno gentile presidente, gentili onorevoli, desidero rivolgere un sincero ringraziamento per l'opportunità di questa audizione. Quindi l'industria farmaceutica in Italia è un importante comparto industriale con una composizione bilanciata e peculiare. Ovvero il 60 per cento sono imprese a capitale straniero che operano nel nostro Paese integrate in un netwIork globale, e 40 per cento a capitale italiano la cui un'internazionalizzazione oggi consente di rafforzare ulteriormente un quadro di investimenti e attrattività nel nostro Paese.
  È un mix vincente anche grazie a specializzazioni quali ad esempio farmaci che sono stati di recente utilizzati anche per la cura del Covid, i vaccini, gli emoderivati e tutto il cluster cosiddetto CDMO (Contract Development and Manufacturing), l'evoluzione della produzione conto terzi per cui siamo leader a livello europeo, che ha consentito di raggiungere queste dimensioni ragguardevoli: 67 mila addetti come comparto, 90 per cento sono laureati, quasi il 50 per cento donne, l'11 per cento di crescita per l'occupazione tra il 2016 e il 2022 e poi più 15 per cento sull'occupazione giovanile. Una presenza sul territorio italiano equamente distribuita dal Centro Nord al Centro Sud, e circa 3,1 miliardi di euro investiti ogni anno in ricerca e sviluppo, in innovazione, di cui il 50 per cento circa in tecnologie produttive e il 50 per cento restante in ricerca scientifica e clinica e tecnologica. La ricerca clinica in Italia vede circa 700 milioni investiti dalle aziende e sono studi prevalentemente svolti e sponsorizzati attraverso le strutture del sistema sanitario.
  Quindi il settore farmaceutico in Italia è il primo settore per collaborazioni in progetti innovativi con università e centri pubblici e rappresenta di fatto nel nostro Paese, in maniera diretta, il 2 per cento del nostro prodotto interno lordo, con un riflesso automatico che potete ben comprendere sul restante 98 per cento come beneficio di salute, sviluppo economico e sociale.
  È il primo settore per crescita dell'export nel 2022, più 43 per cento dovuto in gran parte ad innovazione, farmaci e vaccini per contrastare il COVID-19, per un valore totale di 47,6 miliardi di euro che rappresentano circa l'8 per cento totale dell'export italiano, il doppio di dieci anni fa. Quindi questo settore si sta ancor più affermando come critico e strategico per la sicurezza del nostro Paese e per una struttura di relazioni industriali e welfare di assoluta avanguardia all'interno del comparto manifatturiero.
  Nell'ottica dell'indagine conoscitiva sul Made in Italy e sulla valorizzazione delle specializzazioni possiamo offrire spunti molto interessanti, presidente, a cominciare dal perimetro di ampiezza concesso dal concetto stesso del Made in Italy, ovvero la presenza al suo interno di settori ad alta tecnologia, ad alto investimento in ricerca sviluppo e innovazione come il nostro, e programmi di investimento internazionali, ovvero la capacità di essere competitivi e di attrarre e di accedere a investimenti su larga scala, che caratterizzano il nostro settore su scala globale, quali ad esempi l'IPCEI europeo.
  Quindi questo settore, il settore farmaceutico, è in grado di attivare sinergie di crescita con le aziende dell'indotto che maturanoPag. 56 competenze diventando a loro volta leader a livello internazionale. Quindi ha un rapporto uno a due rispetto agli addetti, rispetto appunto all'indotto generato, e anche l'inclusione di attività svolte al di fuori dell'impresa, come l'innovazione che si sviluppa attraverso un network globale di produzione e ricerca (ad esempio agli studi clinici) che sfociano in maniera positiva sulle strutture sanitarie pubbliche e private italiane, dando un grande valore ai cittadini nel rispetto del diritto all'ingresso nella sperimentazione clinica e nell'accesso anticipato e gratuito ai nuovi farmaci.
  Alcune riflessioni sul nostro contesto competitivo che mi sento di portare in questa riunione. La concorrenza è una sfida tra sistemi Paese, molti dei quali operano con un atteggiamento egemonico che richiede qualità totale dell'industria e delle regole pubbliche che sono un fondamentale fattore di attrattività. Nell'industria manifatturiera, l'intelligenza, le innovazioni e salute camminano di pari passo e per settori come il nostro l'assistenza, la ricerca, la produzione, la sicurezza nazionale sono legati in maniera indissolubile. Per questo le politiche sanitarie per il nostro settore sono le vere e proprie politiche industriali con effetti su investimenti, occupazione e non solo politiche di welfare e di gestione della spesa.
  Le policy devono essere improntate ad un approccio olistico su tutte le dimensioni dello sviluppo della società in una visione di questo scenario competitivo, globale per tutte le risorse non solamente economiche ma soprattutto legate alle competenze pubbliche e private. Siamo infatti parte di uno scenario mondiale di grande innovazione oggi: dal prossimo quinquennio le imprese farmaceutiche investiranno nel mondo 1.600 miliardi di dollari in ricerca. Risorse preziose per vari Paesi che dopo la pandemia hanno attivato una gara per attrarre nuovi investimenti ritenuti strategici. In questa gara l'Europa subisce la concorrenza di altre aree del mondo, in particolare per effetto della polarizzazione, Stati Uniti e Cina. Dall'altro Nazioni che si affacciano con molta forza e aggressività sulla scena mondiale come gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita, Singapore, che saranno preponderanti nei prossimi anni nell'accedere a queste risorse economiche e competenze competitive. È una competizione che si svolge fra grandi sistemi continentali e tra Paesi europei, e in un settore che ha come primo interlocutore la pubblica amministrazione, essenziali sono le politiche pubbliche, come accennato precedentemente, che ogni attore mette in campo.
  E vado alle conclusioni presidente. È fondamentale che l'industria farmaceutica sia considerata tra i settori strategici, come peraltro recentemente indicato anche da alcune dichiarazioni del Ministro Urso, a livello nazionale e nelle politiche europee che in questi mesi avranno passaggi fondamentali e vorrei elencarli.
  La revisione della legislazione farmaceutica europea: le anticipazioni preoccupano e ci preoccupano non poco per il possibile indebolimento dell'impianto generale della proprietà intellettuale.
  Aumento degli oneri burocratici dell'imprevedibilità del sistema che danneggerebbero molto la capacità di essere competitivi e di attrarre investimenti, oltre che dare accesso all'innovazione, ai farmaci innovativi in maniera equa in Europa.
  Modernizzazione del sistema degli incentivi agli investimenti necessario per competere sullo scenario globale con gli altri Paesi europei per rafforzare la filiera della salute sia per i principi attivi e sia per i prodotti finiti innovativi e ai beni connessi.
  Riforma del Patto di stabilità, verificando le possibilità di escludere comparti di spesa strategici legati alla salute. È necessaria una strategia nazionale di sviluppo dell'industria farmaceutica in Italia per coordinare le politiche farmaceutiche da un punto di vista industriale, finanziario, sanitario, la cabina di regia che vorremmo avviare con la Presidenza del Consiglio e i Ministeri coinvolti, definendo nuove regole per riconoscere il valore clinico sociale ed economico della farmaceutica.
  La salute e i farmaci sono un investimento, non un costo, con benefici diretti e indiretti di costo evitato. Ridurre il sotto finanziamento della spesa con meccanismi graduali per assicurare maggiore accesso Pag. 57alle cure in un contesto più attrattivo e sostenibile per le imprese. A tal fine è necessario modernizzare i meccanismi di gestione della spesa e quindi allocando le risorse in base alla domanda, al fabbisogno reale di salute e all'innovazione, al fine di utilizzare completamente quelle risorse che sono già stanziate sulla spesa farmaceutica che oggi non sono utilizzate, per rendere più competitive le aziende. In prospettiva, valutando i costi evitati dei farmaci per superare la logica del silos di spesa e misurando la farmaceutica come un investimento.
  Con azioni mirate e proposte molto pragmatiche l'Italia ha l'opportunità di segnalarsi nel panorama europeo come un Paese che crede nella farmaceutica, attraendo ancor più investimenti a beneficio dello sviluppo economico occupazionale e della salute dei cittadini. La nostra ambizione è quella di voler essere ancora leader a livello europeo ed internazionale tutelando l'interesse del Paese e tutelando l'interesse dei cittadini italiani.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Farmindustria intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Farmindustria (vedi allegato 10) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.30.

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