XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 5 di Mercoledì 22 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Shenoy Vas , esperto di rapporti Europa-India ... 3 
Formentini Paolo , Presidente ... 6 
Onori Federica (M5S)  ... 6 
Formentini Paolo , Presidente ... 6 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 6 
Shenoy Vas , esperto di rapporti Europa-India ... 6 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 7 
Shenoy Vas , esperto di rapporti Europa-India ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 8 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Shenoy Vas , esperto di rapporti Europa-India ... 9 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Tremonti Giulio (FDI)  ... 10 
Shenoy Vas , esperto di rapporti Europa-India ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata da Vas Shenoy, esperto di rapporti Europa-India ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Vas Shenoy, esperto di rapporti Europa-India.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione di Vas Shenoy, esperto di rapporti Europa-India.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita ai colleghi e alle colleghe secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor Shenoy, che, tra le altre cose, è il presidente di Sākshi, associazione che opera per il supporto e l'incremento delle relazioni Italia-India.
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, Le darei subito la parola affinché svolga il suo intervento. La ringrazio davvero, non formalmente, perché l'audizione è stata fissata da poco, e penso che sarà di grande interesse per tutti. Grazie.

  VAS SHENOY, esperto di rapporti Europa-India. Grazie, presidente. Grazie, onorevoli, per avermi invitato.
  L'associazione che presiedo lavora a migliorare i rapporti people-to-people tra Italia e India. Detto questo, inizierò già, visto i tempi stretti, con un po' di punti che volevo farvi notare.
  L'Indo-Pacifico è una macro area, come hanno detto tanti relatori prima di me, che si estende dalle rive africane fino agli Stati Uniti d'America. Però, la visione di un Indo-Pacifico, – l'evoluzione da Asia-Pacifico, che risale ai primi anni Duemila, tardi anni Novanta – è stata prospettata del Primo Ministro giapponese Shinzo Abe.
  Nel 2007 Abe fece un discorso al Parlamento indiano, intitolato «La confluenza di due mari». Abe nella sua esperienza aveva già capito che per contrastare la Cina nel Pacifico lui doveva reclutare l'India nell'Oceano Indiano. Così, dopo questo discorso nacque la prima versione del QUAD, che ha avuto solo un anno di vita e poi è sparita.
  Ci sono voluti sedici anni per realizzare questa visione di Abe, principalmente gli anni sono passati così si potevano firmare gli accordi di difesa tra Stati Uniti e India e l'India poteva maturare una sua strategia internazionale, perché prima – nel 2007-2008 – il Governo indiano vedeva soltanto il suo vicinato. Finalmente, lanciato nel 2023, IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor) sposta l'India al centro dell'Indo-Pacifico, quasi sedici anni dopo il famoso discorso di Abe.
  Diversi Paesi nella regione Indo-Pacifica – dai Paesi ASEAN, dall'Australia, gli stessi Stati Uniti – hanno diverse strategie per affrontare la crescente competizione tra Cina e Stati Uniti. Il concetto base rimane di proteggere un Indo-Pacifico libero e aperto dalle politiche aggressive della Cina.
  Cosa succede con un'India al baricentro della zona Indo-Pacifica? Si spacca l'Indo-Pag. 4Pacifico in due zone, chiamiamole così, politiche. Una è una zona Indo-Mediterranea, che va dal Mediterraneo – il Mediterraneo allargato, che non è nuovo all'Italia – all'Oceano Indiano, sulla costa occidentale indiana, che poi è complementare con il «Piano Mattei» che sta proponendo il Governo italiano e con il piano SAGAR del Governo indiano (security and growth for all in the region), però include una serie di Paesi molto importanti – dal Golfo Persico, al Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), al Medio Oriente, quindi i produttori più importanti dell'energia mondiale, a Paesi africani, che hanno le risorse naturali più importanti del mondo – e fa dell'Italia e dell'India due punti di questa zona politica Indo-Mediterranea.
  L'altro lato, che inizia con la costa orientale indiana e va fino alla costa pacifica americana, rimane una zona Indo-Pacifica più piccola, di grande importanza a causa della concorrenza con la Cina. La Cina, che si sente completamente padrona della zona sia del Mar Cinese meridionale sia anche del Pacifico, quindi ha dei piccoli Paesi ASEAN e il Giappone da contrastare in quella zona.
  Ora, perché IMEC cambia questo discorso? Perché, in generale, tanti di questi progetti iniziano con un annuncio politico e poi con la costruzione di una infrastruttura.
  Anche la Belt and Road Initiative (BRI) della Cina è iniziata prima con un annuncio politico e poi con la creazione di una strategia infrastrutturale, invece l'IMEC inizia già con infrastrutture presenti. Ci sono i porti indiani, quelli degli Emirati Arabi e quelli dell'Arabia Saudita, già proposti, questi porti hanno già dei rapporti privilegiati uno con l'altro. Per esempio, se vedete (slide n. 1) quello in blu è il porto di Mundhra, indiano. Questo porto di Mundhra è proprietà del gruppo Adani, che già due volte a settimana ha una nave con container che parte per Fujairah, che fa il tratto Mundhra-Fujairah in due giorni, rispetto alla media di quattro giorni delle navi normali. Quindi l'infrastruttura esiste già, anche i porti negli Emirati – Fujairah, Jebel Ali e Mina Zayed – sono già stati proposti, e quelli in Arabia Saudita – Dammam e Ras Al Khair – sono già stati proposti. Quindi questa parte orientale di IMEC sta già lavorando assieme.
  Poi arriva il collegamento ferroviario: questa (slide n. 2) è l'autostrada, che esiste già, da Fujairah a Haifa. Vi dico che io sono testimone perché certi tratti li ho già fatti in macchina personalmente e ho già fatto trasporto di container lungo questa strada diverse volte, anche prima degli Accordi di Abramo. Quindi è una strada funzionante, esiste.
  Ecco, adesso vi faccio vedere la rete ferroviaria (slide n. 3): gli Emirati Arabi hanno dichiarato che la rete ferroviaria Etihad Rail è già pronta da marzo 2023, operando dal porto Fujairah fino alla frontiera Al Gweifat. Forse questa mappa è troppo piccola, ma quello sulla sinistra è il terminale Gweifat sulla frontiera Saudita.
  Questa è la mappa della ferrovia saudita che va da Al Gweifat – ci sono 180 chilometri da costruire ancora – direttamente fino alla frontiera; quella linea verde che vedete in alto è sulla frontiera giordana (Al Hadithah), quindi anche questo è operativo.
  Poi Israele ha già una linea operativa che porta da Beit She'an ad Haifa, che è già operativa da qualche anno; anche qui mancano una quindicina di chilometri da costruire, che portano a Sheikh Hussein Bridge, sulla frontiera giordana-israeliana. Quindi, per essere operativo questo corridoio deve arrivare in una maniera efficiente dall'India ad Haifa: occorre soltanto un accordo politico tra Arabia Saudita e Israele, anche se parlare soltanto di un accordo politico è un po' sminuire il problema. Tuttavia, non c'è bisogno di un altro decennio per la costruzione della ferrovia e infrastruttura, perché l'unica cosa che devono costruire è la ferrovia giordana, lunga circa 200 chilometri, che è tutta in una zona di deserto e quindi non ci sono complicazioni per costruirla, e i sauditi hanno già dedicato 20 miliardi di dollari per qualunque tipo di costruzione di infrastruttura per rendere operativo tutto questo corridoio.
  Quindi, benché l'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre abbia ritardato questa Pag. 5impresa, tuttavia è abbastanza prevedibile che in breve tempo l'Europa si veda arrivare ad Haifa merce indiana con una riduzione dei tempi del 40 per cento; questo apre una grandissima opportunità per l'Italia, perché nel Mediterraneo – dove sta l'Italia, l'Italia è uno di poteri del Mediterraneo – se l'Italia riesce a gestirla bene, i suoi porti possono diventare i terminali finali per tutta questa nuova via: nuova e vecchia via, perché alla fine dei conti questa è una vecchissima via che negli ultimi cinquecento anni è rimasta inutilizzata per motivi politici.
  Adesso torniamo un attimo al perché gli Stati Uniti hanno mosso questa strategia per portare l'India al centro dell'Indo-Pacifico. Perché la Cina continua ad espandersi sia nel Mar Cinese meridionale sia nel Pacifico, e purtroppo l'unico modo di contrastare la Cina è di creare un'alleanza in un'area geografica dove la Cina si sente debole. E la Cina si sente debole nell'Oceano Indiano, perché nel confronto tra India e Cina queste (slide n. 6) sono le capacità delle navi di entrambi i Paesi, delle marine militari di entrambi i Paesi: l'India ha una struttura molto più piccola di quella cinese, ma l'India ha un vantaggio che è lo Stretto di Malacca.
  Lo Stretto di Malacca è uno stretto dove la maggior parte della merce e più del 50 per cento dell'energia cinese passa prima di arrivare in Cina. Lo Stretto di Malacca è sorvegliato da queste isole indiane (slide n. 7), dove vedete l'indicatore in arancio: si chiamano le isole di Andaman e Nicobar. Queste isole sono sempre state indiane dal 1947, dall'indipendenza, però l'India non ha mai sviluppato la capacità di difesa che adesso sta facendo negli ultimi cinque anni.
  Qualunque nave che deve passare lo Stretto di Malacca deve passare dal Canale dei dieci gradi, che passa attraverso la zona esclusiva marittima indiana tra le isole di Andaman e Nicobar. Questo fa preoccupare la Cina e crea il vero problema per il commercio cinese, perché se la Cina avvia un'aggressione nel Pacifico l'India neanche deve partecipare ad una guerra contro la Cina, basta aprire i porti ad altri alleati QUAD, con i quali ha già rapporti in materia di difesa per la protezione di Andaman e Nicobar, e il commercio cinese è bloccato.
  Quindi la Cina ha una policy un po' diversa, adesso deve sviluppare la sua capacità nell'Oceano Indiano per mettere più stress possibile sull'India e gli altri alleati.
  Il secondo problema è il porto di transhipment. Oggi tutte le navi che devono passare attraverso lo Stretto di Malacca devono attendere il loro turno presso il porto di Colombo, nello Sri Lanka. Invece, l'India sta sviluppando un transhipment a Nicobar, quindi in futuro le navi dovranno aspettare a Nicobar; peraltro, sempre la società indiana Adani svilupperà il terminale ovest di Colombo, con un finanziamento del Governo americano, anche questa è una novità recente. Quindi la Cina inizia a sentire la tensione in questa zona, dove vede passare quasi il 55/60 per cento della sua energia che arriva dal Golfo Persico.
  La Cina aveva già provato a sviluppare altre idee per far passare la merce, ma quelle passano in zone veramente difficili del porto di Gwadar, via terra attraverso il Karakorum il Baltistan, lo Xinjiang, e anche la Cina ha capito che non era possibile utilizzarle come percorso.
  Quelli che vedete in giallo (slide n. 8) sono indicatori di porti cinesi in costruzione oppure già costruiti nell'Oceano Indiano: la vera presenza cinese è a Gibuti e la seconda è a Jazan, in Arabia Saudita, dove sta sviluppando un porto e una zona franca nel Mar Rosso.
  Ha provato a sviluppare dei porti ad Abu Dhabi, che sono stati poi fermati dall'intervento degli Stati Uniti, un anno e mezzo, due anni fa. Adesso sta discutendo di porti in Oman, perché c'è un rapporto India-Oman per migliorare lo shipment India-Oman.
  Però, la vera presenza cinese – a parte un Governo che adesso ha vinto nelle Maldive, che è pro-Cina, a parte il porto di Gwadar in Pakistan e quello a Gibuti – è abbastanza scarsa nell'Oceano Indiano, dove si sente molto esposta, perché adesso sull'altro lato, su Andaman e Nicobar, l'India e i suoi alleati stanno sviluppando non solo Pag. 6porti e infrastrutture commerciali, ma anche infrastrutture militari che creano un grande problema per il movimento cinese, sia di sottomarini sia di navi commerciali.
  Quindi IMEC sposta la politica e il confronto tra Cina e resto del mondo più nell'Oceano Indiano che nel Pacifico, perché questo è il futuro. Però IMEC apre anche una serie di opportunità, sia per aziende italiane sia per aziende europee, perché l'Europa e l'Italia sono uno stakeholder importantissimo di IMEC. India diventa un gate per accedere ai Paesi ASEAN e ai Paesi del Pacifico, dove – a parte la Francia – nessun altro Paese europeo ha veramente territorio fisico. E così poi la pressione sulla Cina è più sentita, se messa nell'Oceano Indiano.
  Ho cercato di essere un po' più breve, visto che i tempi stringevano, ora apro alle domande, se avete qualche domanda.

  PRESIDENTE. Ringrazio per la chiarezza e per la vera e propria lezione che ci ha fatto sul corridoio IMEC: mai era stato illustrato in modo altrettanto chiaro il progetto. È un progetto nel quale ovviamente tutti noi crediamo molto, perché, come si è visto – forse ancora non compreso appieno in Italia – è interesse nazionale italiano fare parte di questo progetto ed essere la destinazione finale del corridoio dall'India fino alla penisola arabica e quindi Giordania, Israele e – perché no, anzi speriamo proprio – Italia.
  Le sfide geopolitiche sono enormi, affascinanti da un lato, ma bisogna davvero conoscere perché così l'Italia capisca appieno come muoversi in quel quadrante, anche a livello parlamentare. Sono sicuro che ci saranno diversi interventi dei colleghi, quindi lascio spazio a chi vuol fare domande, e poi semmai aggiungerò anch'io qualcosa dopo.
  Onorevole Onori, e poi – credo – Orsini.

  FEDERICA ONORI. Grazie, presidente. Grazie al nostro audito per questo intervento, come diceva il presidente, dettagliato, concreto e davvero utile.
  Volevo rivolgerle una domanda che ho già rivolto alla nostra sottosegretaria Tripodi nell'audizione su Indo-Pacifico che abbiamo tenuto pochi giorni fa, che riguarda il ruolo dell'India come un player che gioca, come dicevo anche qualche giorno fa, su più tavoli.
  Quindi la mia domanda, rispetto all'intervento che oggi ci ha gentilmente offerto, è se vede dei possibili aspetti dell'appartenenza dell'India ai BRICS che possano depotenziare il ruolo che invece l'India può avere per l'Occidente, specificatamente per l'Italia, anche appunto alla luce del progetto IMEC. Grazie.

  PRESIDENTE. Magari raccolgo la domanda anche dell'onorevole Orsini. La parola, da remoto, all'onorevole Orsini.

  ANDREA ORSINI (intervento in videoconferenza). Buongiorno, anch'io mi congratulo per l'interessante e anche affascinante scenario che Lei ha descritto. Purtroppo, l'onorevole Onori mi ha appena rubato la domanda, quindi cambierò l'oggetto della mia riflessione. Premesso che anche a me interessa ovviamente capire come l'appartenenza dell'India ai BRICS si coniughi con questo tipo di progetti, volevo chiedere se a suo giudizio, al di là della crisi specifica di queste settimane in Medio Oriente, Lei pensa che l'instabilità politica di tutta quell'area – non parlo soltanto di Israele, ma della penisola arabica, eccetera – possa costituire un problema e in che misura.

  VAS SHENOY, esperto di rapporti Europa-India. Grazie, onorevole. Prima risponderò alla domanda sui BRICS.
  India è uno dei fondatori dei BRICS, che però adesso si sta espandendo: gli Emirati Arabi sono già uno dei membri nel prossimo circolo che inizia 1° gennaio, l'Arabia Saudita anche accetterà - se non ha ancora accettato, l'accetterà a breve - di far parte dei BRICS.
  BRICS non è tanto un gruppo anti-Occidente e non è neanche una questione di giocare su tanti tavoli; è per creare armonia, bisogna parlare e creare interessi reali, questo è l'approccio indiano. Perché, innanzitutto, l'India ha in Costituzione un Pag. 7approccio di non aggressione verso nessuno, perché non può dichiarare guerra o diventare aggressiva e così è stato negli ultimi settanta anni, finché non è arrivato il Governo Modi è stata non allineata, è stata uno dei fondatori del Non-Aligned Movement (NAM).
  Detto questo, visto che l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l'India, tutti fanno parte dei BRICS, non c'è nessuna concorrenza. Anzi, IMEC è più in concorrenza con l'International Nouth-South Transport Corridor, un corridoio che è stato fatto da Russia e Iran e che portava merci tramite il Medio Oriente in India, che appena poco fa ha fatto il primo dry test e hanno avuto i container proprio nei giorni immediatamente prima dell'annuncio di IMEC.
  IMEC ridimensiona anche la predominanza della Turchia nel Medio Oriente, nella regione irachena, iraniana e l'accesso all'Asia centrale, e così Erdogan non era molto felice dell'annuncio, perché non era neanche stato avvisato in anticipo, quindi ha passato dei momenti di confusione dopo l'annuncio, è stato anche abbastanza aggressivo, se non sbaglio ha detto qualcosa tipo: «senza la Turchia non si fanno i corridoi».
  Quindi mette anche sotto scacco il ruolo dell'Egitto e di Suez. Ovviamente Suez è un grande problema quanto è un'opportunità. I collegamenti tra Europa e India non sono cambiati per cinquecento anni, il primato di Venezia nell'ambito del commercio con l'Oriente è stato perso dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. Dopo questo i portoghesi hanno preso il primato perché hanno scoperto la via marittima di Capo di buona speranza e poi la creazione del Canale di Suez, che è stato prima francese, poi inglese ed infine egiziano.
  Per la prima volta questo nuovo approccio che ci riporta a cinquecento anni fa, a Governi stabili, non direi democrazie perché le monocrazie di Arabia Saudita ed Emirati Arabi che sono coinvolte sono quelle che danno la stabilità in un Medio Oriente molto molto volatile e che ci serve, perché Israele è una democrazia, India è una democrazia, però ci servono dei partner nel Medio Oriente. Quindi è tutto un gioco, non tanto di giocare su troppi tavoli, è un gioco di creare commercio efficiente e sostenibile, perché poi taglia il 30/40 per cento di tempo e anche l'utilizzo di carbone, dal momento che, se tagli tempo e tagli il percorso di trasporto, tagli anche l'utilizzo di carbon fuels, quindi è molto sostenibile. Dunque non credo tanto che questa cosa dei BRICS sia una concorrenza a IMEC oppure al G20, almeno dal lato indiano; dal lato cinese sì, la Cina cerca di creare dei gruppi che possono portare avanti la sua leadership, però più di una volta il Governo indiano ha parlato di essere la voce e non il leader del global south, quindi l'India non si considera il leader del global south, si considera una voce espressiva del global south, c'è una grande differenza, poiché la Cina continua ad essere un potenza imperiale. Quindi io non credo che ci sono conflitti, credo che è una cosa complementare.
  Poi, per rispondere alla domanda dell'onorevole Orsini... Può ripetere la domanda?

  PRESIDENTE. Onorevole Orsini, riesce a sentirci? Magari se si può riformulare la domanda per maggiore chiarezza, chiedo una cortesia.

  ANDREA ORSINI. Certo. Chiedevo semplicemente se ritiene che, al di là della crisi di queste settimane, la generale instabilità politica dei territori attraversati – non solo Israele, ma anche la penisola arabica, eccetera – possa costituire un problema per lo sviluppo di questo grande progetto, che è un progetto molto affascinante e molto importante anche per l'Italia.

  VAS SHENOY, esperto di rapporti Europa-India. Onorevole, credo tanto che ritarderà di qualche mese, qualche anno forse, finché non c'è più un accordo saudita-israeliano.
  I sauditi vedono che questo corridoio è di grandissimo vantaggio per loro, è uno strumento che mette l'Arabia Saudita al centro del commercio tra l'Europa e l'India, dove hanno tantissimi soldi investiti, quindi dal punto di vista del pragmatismo Pag. 8saudita loro continueranno. Comunque ci vorranno due-tre anni per costruire la ferrovia giordana, dove hanno già una struttura col governo giordano perché in passato avevano già costruito una ferrovia delle miniere di fosfato nel Golfo di Aqaba. Quindi nel frattempo che l'IMEC si perfeziona, Emirati Arabi, Arabia Saudita e Giordania sperano che, non dico ci sarà pace nel Medio Oriente, ma ci saranno i presupposti di un riconoscimento saudita nei riguardi di Israele per creare l'ultimo miglio dalla frontiera giordana ad Haifa. Spero di aver risposto alla sua domanda.

  PRESIDENTE. Grazie. Ho altre richieste d'intervento. Primo l'onorevole Billi, secondo Giglio Vigna, presidente della Commissione politiche dell'UE, poi se ci sono altre richieste facciamo un ulteriore giro di domande.

  SIMONE BILLI. Anche io ringrazio Vas Shenoy per la disponibilità nel partecipare a questa riunione. Io Le volevo chiedere la sua opinione – chiaramente sono interessato soprattutto alla sua opinione professionale, considerando la sua vasta esperienza nel campo – su come vede l'IMEC dell'India e la Via della seta cinese. Li vede più come due - chiamiamole - strategie commerciali rivali in conflitto tra di loro, oppure forse come due strategie commerciali più in collaborazione tra di loro? Considerando anche che i rapporti tra la Cina e l'India sono sempre stati un po' altalenanti: un po' partner strategici, un po' rivali commerciali e anche rivali politici. Quindi, considerando appunto questi rapporti contrastati tra India e Cina, sono curioso di sapere la sua opinione sull'IMEC rispetto alla Via della seta. Grazie.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. Grazie al nostro gentile audito per la sua relazione e anche per il materiale che ci consegna oggi.
  Sinceramente auspichiamo che gli accordi di Abramo proseguano in modo più rapido e che non ci vogliano, dal punto di vista politico, mesi o anni per far riprendere quella strada virtuosa che tutto il mondo sta guardando e che si è tragicamente interrotta nel sangue del 7 ottobre. Quindi la nostra speranza è che sia un po' più veloce di quello che Lei ha preventivato, naturalmente nel rispetto della sua opinione di esperto e di tecnico su queste materie.
  Io non posso che chiederle quale ruolo può avere l'Italia attivamente in tutto questo tema e in tutti questi collegamenti, anche perché noi siamo presenti su diversi di questi scenari che Lei ha descritto. È vero che i cinesi stanno costruendo infrastrutture portuali a Gibuti, è anche vero che a Gibuti ci siamo pure noi con una base militare e, ovviamente, dove l'Italia ha basi militari vi sono anche contatti di tipo politico, culturale, commerciale e così via.
  Quindi cosa può fare l'Italia - partendo dal presupposto che l'Italia c'è già in questo scenario - cosa può ulteriormente fare per contribuire alla realizzazione di questo scenario e come si sta muovendo l'Unione europea?
  Dal suo osservatorio, l'Unione europea ha una strategia per l'IMEC o sta lasciando ai Paesi membri dell'Unione europea l'idea di muoversi liberamente, come troppo spesso accade a Bruxelles? In questo caso c'è una strategia comune, voi vedete dei movimenti comuni dell'Unione Europea oppure i francesi si stanno muovendo in un modo, i tedeschi in un altro, gli spagnoli in un altro ancora?

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Giglio Vigna. Ci ha raggiunto anche il presidente Tremonti, che ringrazio.
  Siccome proprio parlando col presidente Tremonti si analizzavano le cause dell'attuale conflitto in Medio Oriente, chiederei – poi, magari, se vuole intervenire il presidente – come si potrebbe mettere in correlazione – è una "domanda non domanda", ma per dare il «la» – l'attacco di Hamas con gli accordi di Abramo. Ovviamente è stata fatta da tutti questa correlazione, però andando più in profondità, anche quello di cui stiamo parlando, cioè proprio il corridoio IMEC e l'attacco di Hamas.

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  VAS SHENOY, esperto di rapporti Europa-India. Grazie. Presidente, salve.
  Rispondo prima all'onorevole Billi. L'India come Paese ha una cultura abbastanza di non aggressione, quindi con la Cina, da un lato, c'è un commercio indocinese che gli stessi politici indiani dicono che va frenato un po', ridotta la dipendenza sulla Cina, però, dall'altro lato, l'India è l'unico Paese che direttamente ha combattuto la Cina dopo la seconda guerra mondiale, ha una frontiera di 3.400 chilometri, per maggior parte della quale i cinesi non accettano i vecchi accordi.
  Quindi, la prima cosa è che io non vedo la Belt and Road Initiative come IMEC: IMEC è una cosa molto precisa, è una via esistente che per motivi strategici sta evolvendo in un raccordo tra percorsi già esistenti. Il corridoio India-Emirati Arabi, il corridoio India-Arabia Saudita esiste già, l'accordo India-Israele di collaborazione, sia in termini di sicurezza sia in tecnologia, esiste già, Haifa è nelle mani di una società indiana – Adani – e se c'è non c'era tutto questo accordo tra i due Paesi gli israeliani non lasciavano il porto più strategico del Mediterraneo nelle mani di una società indiana.
  Quindi la novità di IMEC è diversa da BRI: BRI mette soldi dove non si possono mettere, per prendere delle infrastrutture, perché il Paese che fa queste infrastrutture non riesce a ripagare il debito. Invece IMEC perfeziona vari corridoi esistenti e li fa confluire in un unico corridoio, che tra l'altro era già esistente cinquecento anni fa; ovviamente, questo è diverso dall'altro, però la filosofia non è nuova, non c'è una grande novità o non c'è una richiesta di sviluppare venti nuovi porti o dieci nuove autostrade di mille chilometri. Tutto esiste, la capacità sarà aumentata, gli accordi commerciali tra i due Paesi di free trade saranno perfezionati, però è un'idea molto, molto precisa per arrivare allo scopo finale di creare un'alternativa a Suez e di migliorare l'efficienza delle merce che passa tra India ed Europa, in entrambe le direzioni. Poi c'è la terza parte – che io credo sarà annunciata un giorno, magari non adesso – dove l'India diventa un friend-shoring, friend-sourcing, subcontinente per dare alle aziende europee accesso ai Paesi ASEAN e ai Paesi del Pacifico. Perché quella sarà l'efficienza intera di tutta questa catena, ma penso che adesso è già troppo questa parte India-Medio Oriente-Europa, che ha creato abbastanza problemi.
  Poi, il ruolo d'Italia: l'Italia si trova il potere più importante nel Mediterraneo. Se parliamo soltanto di questa sub divisione politica dell'Indo-Pacifico, che io chiamo Indo-Mediterraneo, l'Italia diventa proprio il punto di inizio dell'Indo-Mediterraneo e dall'altro lato si trova la costa occidentale indiana. Ovviamente, l'Italia ha tantissima influenza, tantissimo domain knowledge, tantissimi investimenti nel Mediterraneo allargato, e può approfittare perché ha già iniziato un trilaterale con il Giappone e l'India anno scorso. Ma IMEC è un'opportunità per le aziende italiane per accedere al mercato indiano in maniera più veloce, però apre anche delle opportunità per l'Italia nell'Indo-Pacifico stesso, senza andare nel lontano Pacifico, per aiutare lo sviluppo dell'Oceano Indiano. L'Italia, da quanto vedo, lo sta facendo, magari non in una maniera che vede un collegamento tra l'Indo-Mediterraneo e l'Indo-Pacifico, ma lo sta già facendo, è già un osservatore nell'Indian Ocean Rim Association, già partecipa ai vari programmi di SAGAR, eccetera.
  Quindi io credo che l'Italia debba sviluppare i suoi interessi commerciali lungo la via dell'IMEC, che è già una zona di priorità per l'Italia, quindi sia i Paesi del Golfo sia l'India: le due visite della Presidente Meloni a Delhi dimostrano che è una priorità importante per l'Italia. Però credo che, a parte essere solo un mercato, può essere un gateway oltre l'India nei prossimi dieci anni; dall'altro lato, dove arrivano le ferrovie ci insegna che arrivano i gasdotti, arrivano anche i petrodotti. Quindi io credo che l'Arabia Saudita prevede - o almeno sogna - un mondo dove arriverà anche un oleodotto dall'Arabia Saudita direttamente ad Haifa per rifornire navi che poi sono dirette in Europa. Collegamento dati: l'Italia è uno dei più importanti produttori di cavi, infatti il collegamento Bombay-Genova è stato fatto da Tim Sparkle; quindi Pag. 10nel mondo tecnologico l'Italia ha tantissimo da offrire, ovviamente gli investimenti italiani devono essere fatti con una strategia dove il commercio e la difesa vanno mano nella mano.
  La terza parte è l'attacco di Hamas: guardi, mi pare che anche il Presidente Biden ha detto questa cosa, che non so com'è collegata, ma penso che questo attacco aveva qualcosa a che fare con questo annuncio. Non è un'ipotesi così fuori luogo, anche perché, se uno fa un'attenta analisi, chi perde grazie ad IMEC? Ovviamente in prima battuta perde la Cina, perché parliamo di un conflitto con BRI, ma c'è anche l'International North-South Corridor, dove ci sono la Russia e l'Iran che hanno investito un sacco di soldi e doveva dare i frutti proprio adesso. Un mese fa hanno fatto il primo container che è arrivato dalla Russia all'Arabia Saudita. Dall'altro lato c'è l'Egitto: per l'Egitto il canale di Suez è un'importantissima sorgente anche di denaro, a parte l'influenza politica; questo mette un punto interrogativo. Va be', non è che domani smettono di usare Suez, ma crea un'opzione. Quindi il monopolio che esiste oggi... L'altra volta, tre-quattro anni fa, quando il canale di Suez era bloccato, il commercio mondiale era bloccato. Questo invece crea un'opzione, quindi diluisce il potere egiziano. La Turchia, tutti Paesi che sono collegati poi ad Hamas, in qualche maniera.
  Quindi non è difficile fare la domanda, magari è una domanda senza fondamento, però non è difficile fare la domanda: chi ha guadagnato magari ha avuto a che fare qualcosa con questa cosa. Non è un modo molto scientifico di guardare le cose, ma l'idea viene naturalmente. Se tutti questi Paesi hanno collegamenti stretti con Hamas e Hamas fa un attacco contro Israele, mettendo in pericolo tutto il percorso, allora la domanda viene naturale: chi era così dispiaciuto di causare questa cosa? Poi io non ho risposta e quindi lascio l'interrogativo.
  L'Unione europea: da quanto ho dedotto parlando con vari dirigenti, non esiste una strategia europea congiunta sull'Indo-Pacifico, perché l'Europa non ha una marina militare, quindi dipende dagli Stati, diciamo ogni Stato che partecipa: hanno appena fatto degli esercizi nel Golfo di Guinea con gli indiani, fanno delle attività con la marina militare indiana, però ogni Stato partecipa per conto suo.
  La Francia è stata molto avanti, insieme alla Germania, nei rapporti con l'India, specialmente nel decennio dove l'Italia è mancata, da una parte per il caso dei marò e dall'altra parte per il problema Leonardo. Ovviamente ogni Stato ha la sua strategia.
  I piccoli Stati come la Lituania stanno scoprendo l'importanza dell'India, anche perché hanno grossi problemi con la Cina. Secondo me c'è un lato commerciale, perché l'Unione europea poi provvederà con fondi insieme agli Stati Uniti per la costruzione delle infrastrutture eccetera, però questa non è l'unica cosa di cui c'è bisogno. Se IMEC deve aver successo gli stakeholders devono diventare le aziende europee, le piccole e medie imprese, i cittadini, non può essere soltanto un programma ad alto livello, perché non lo è, sono ferrovie che passano, sono porti che costruiscono, sono lavori e sono anche benefici per le aziende.
  Quindi, secondo me per IMEC c'è bisogno di una strategia non solo nazionale, ma europea, perché l'ultima volta che i Paesi europei si sono fatti concorrenza per l'accesso all'India abbiamo tutti visto che è finita male, anche per l'India, quindi secondo me questa volta l'approccio deve essere un po' più coordinato.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi...Prego, presidente Tremonti.

  GIULIO TREMONTI. Quanto mi dai? Assolutamente improvvisato. La prima volta che ho visto questo disegno (slide n. 1) era su un tovagliolo di carta a Villa d'Este sul lago di Como e lo ha disegnato, un leader allora emergente, un ex generale: Netanyahu. Mi fece questo discorso che a me sembrava...
  Un altro punto: l'idea delle grandi vie è un'idea che si sviluppa da decenni, forse voi non ricordate, ma c'era un anarchico americano, Lyndon LaRouche, che disegnava le grandi vie ferrate, le ferrovia da Oriente ad Pag. 11Occidente, passando – devo dire – dalla Russia; questa è in qualche modo una novità.
  Quella della Cina non è un'infrastruttura, è un'operazione politica. La Via della Cina entra prima nello statuto del Partito comunista, poi nella Costituzione cinese e poi viene presentata a Davos, con gli applausi di tutto il mondo. Questa è una logica molto diversa.
  Allora, che rapporto c'è tra quanto accaduto il 7 ottobre e questo? Ho cercato di ipotizzarlo nell'intervento che ho fatto qui in Assemblea, alla Camera, due o tre giorni dopo, cioè se ci fosse un nesso. È difficile immaginarlo, però un'operazione di questo tipo, sotto varie denominazioni – sto improvvisando perché non immaginavo di dirlo, però è così interessante il tema – un'operazione di questo tipo – vogliamo chiamarla Patto di Abramo, che è un po' la prima fase, poi questa visione più organica è emersa al G20 indiano –, uno pensa che può fare una operazione di questo tipo, che più o meno dal lato del Medio Oriente interessa 50 milioni di persone, lasciando fuori 400 milioni di persone, in un mondo dove ci sono forze che dall'esterno premono per creare disordine?
  Già all'inizio il Trattato di Abramo era un'operazione solo commerciale o economica e non anche con una visione politica, quindi penso che tanti fattori politici abbiano poi in un qualche modo influito su questo.
  Per il resto credo del tutto condivisibile quello che ha detto Lei, cioè l'efficienza economica, le ragioni economiche; però non puoi staccarle dal contesto politico e geopolitico, che secondo me va complicarsi. Cioè, voi siete sicuri che strutture feudali, come sono quelle del Golfo, restino in piedi? Burattinate dalla Russia, dall'Iran? Ci sono emirati dove hai 300 mila emiratini e 3 milioni... per adesso, poi. Quindi credo che è uno scenario di enorme complicazione.
  Per finire: l'idea che puoi fare il «Rinascimento» in Arabia Saudita o puoi sviluppare il tuo Paese con il calcio, investendo molto sul calcio, ecco mi sembrano idee in un qualche modo... Altro discorso è che è finita l'età del petrolio: resterà, ma la centralità del petrolio... ci sarà il nucleare e questo pone enormi problemi per quella parte del mondo.
  Detto questo, invece, le infrastrutture servono, i confini non attraversati dalle merci sono attraversati dagli eserciti, quindi assolutamente positiva l'idea, però molto complessa.

  VAS SHENOY, esperto di rapporti Europa-India. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a tutti davvero, è stata un'audizione di enorme spessore, ne faremo tesoro, e grazie anche per la documentazione, che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Io continuo a sognare che sia arrivi anche tramite il commercio – è vero, non ci può essere solo quello – a stabilire quell'alba del nuovo Medio Oriente che tutti abbiamo sognato, si arrivi ad una distensione e a futuri rapporti proficui anche economici tra India e Italia. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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ALLEGATO

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