XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Lunedì 20 novembre 2023
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione di Adriano de Nardis, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana, e di Giuseppe Saladini, docente di psicologia e medicina legale
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 
Saladini Giuseppe , docente di psicopatologia e medicina legale ... 2 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 15 
De Nardis Adriano , membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana ... 16 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 24 
Saladini Giuseppe , docente di psicopatologia e medicina legale ... 25 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 26 
Iaria Antonino (M5S)  ... 26 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 28 
De Nardis Adriano , membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana ... 28 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 29 
Saladini Giuseppe , docente di psicopatologia e medicina legale ... 29 
Iaria Antonino (M5S)  ... 29 
Saladini Giuseppe , docente di psicopatologia e medicina legale ... 29 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 29

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta comincia alle 11.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Adriano de Nardis, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana, e di Giuseppe Saladini, docente di psicologia e medicina legale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Adriano De Nardis, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana, e di Giuseppe Saladini, docente di psicologia e medicina legale. Diamo avvio a questo ciclo ulteriore di audizioni a fianco di quelle più propriamente istituzionali, e lo facciamo con alcuni esperti. È un ciclo che andrà avanti fino alla fine dell'anno, al fine di acquisire degli elementi che sono utili per il percorso di approfondimento che stiamo portando avanti. Io darei subito la parola al professor Giuseppe Saladini, medico legale e criminologo, docente di psicopatologia forense in varie università italiane, ed è anche un collaboratore di questa Commissione.

  GIUSEPPE SALADINI, docente di psicopatologia e medicina legale. Buongiorno, e grazie per avermi chiamato a contribuire a questa opera importantissima, che è lo studio delle periferie, ma non solo. Scampia a Napoli, Rozzol Melara a Trieste, lo Zen a Palermo, Pilastro a Bologna, Librino a Catania, Tor Bella Pag. 3Monaca a Roma, e San Basilio. Sono tante espressioni di mondi diversi. Le periferie italiane sono una diversa dall'altra. Sono luoghi diversi per conformazione fisica, per condizioni sociali, per architettura, per territorio, e anche da un certo punto di vista per popolazione. Siamo estremamente diversificati nel nostro territorio nazionale. Abbiamo degli input ambientali diversi, che poi ci fanno crescere e ci fanno vivere il sociale in maniera diversa. In ogni caso tutti questi luoghi marginali – io voglio parlare di marginalità più che di periferia – sono interessati da fenomeni di degrado, di disagio sociale, di insicurezza, da una minore dotazione di servizi. E quindi la loro condizione ci desta in ogni caso allarme sociale. Tutte le inchieste fatte in Italia, anche sui cittadini comuni fanno vedere come il vivere quotidiano di cittadini di quelle che possiamo chiamare oggi le post metropoli (non più le metropoli) sono vissuti di paura, paura e insicurezza. Le persone mettono gli allarmi nelle loro case, mettono le sbarre nelle loro case, hanno paura a uscire di notte, vorrebbero un controllo del territorio maggiore, vorrebbero più videosorveglianza. In poche parole il disagio c'è anche al di fuori delle periferie perché è una cosa molto importante. Le periferie esistono, ma non esistono.
  Faccio una provocazione: le periferie nelle metropoli di una volta (non nelle post metropoli) erano geograficamente ben determinate. Faccio un esempio, a Roma erano fuori dal grande raccordo anulare. Oggi il grande raccordo anulare è diventato un boulevard di scorrimento veloce, costellato di tanti quartieri, di qui e di là dell'anello, che possono essere definiti quartieri marginali, quartieri a rischio dal punto di vista sociale, dal punto di vista della criminogenesi, quindi da come nasce la criminalità.
  Visto che il divario centro-periferia in qualche maniera è superato parliamo di un'osmosi. È chiaro che se io vivo una Pag. 4situazione di marginalità, in quella che una volta potevamo chiamare una periferia standardizzata, ghettizzata, vado a delinquere dove? Dove trovo l'oggetto del mio desiderio. In un mondo depoliticizzato, come sono ora le aree di marginalità, ciò che spinge a delinquere è la società del consumo, è il desiderio di avere.
  E poi dal punto di vista criminologico voglio sottolineare alcuni aspetti psicologici più forti. È chiaro che paghiamo tanti decenni. Paghiamo il fatto che sono nati per l'emergenza abitativa quartieri di edilizia residenziale pubblica disegnati, a mio parere, oggi col senno del poi, in maniera francamente inaccettabile. Penso ai serpentoni, penso ai grandi palazzoni, penso a zone di concentrazione di disagio, dove non siamo stati capaci. In tutto l'arco costituzionale, non è che io parlo di una destra o di una sinistra. Ci siamo in qualche maniera alternativi nel governo di questo Paese a non capire come bisognava anche gestire la strutturalità della periferia.
  Come hanno detto imminenti architetti, sociologi, criminologi come me è importantissimo l'habitat in cui si nasce, in cui si vive, in cui si cresce. E quindi vivere all'interno di strutture che in qualche maniera ti negano spazio, spazio vitale, il deterrente poi è una mutazione psicologica.
  Noi parliamo oggi di epigenetica. L'epigenetica ci dice: sì, va bene, puoi nascere con un disturbo di personalità. E ci sono persone che nascono con un disturbo di personalità antisociale, dei borderline, dei narcisisti patologici, quello che volete. Succede poi che se l'ambiente è recettivo per far crescere questi disturbi, gli stessi si esprimono. Se l'ambiente, invece, è tale da poter in qualche maniera includere e aiutare il soggetto, questi disturbi non si esprimono. E se si esprimono lo fanno in maniera molto larvata e controllabile.Pag. 5
  Diciamo che la periferia che probabilmente io conosco meglio è la periferia romana, perché dal 1982 a oggi, facendo un lavoro anche peritale, mi sono reso conto in qualche maniera del tipo di criminalità, del tipo di disagio, del tipo anche di sviluppo psicologico e antropologico. Questa è una periferia che è passata dalla periferie di Pasolini alla periferia di un maestro a Pietralata, alla periferia di Walter Siti, fino alla periferia rappresentata nel film «Come un gatto in tangenziale». In qualche maniera abbiamo tanti stereotipi della periferia romana. Meno di altre città.
  In realtà, come ho citato all'inizio di questa mia comunicazione, moltissime grandi città italiane vivono le aree di marginalità, il disagio. Parlavamo prima del villaggio olimpico di Torino, lì c'è il rischio di una banlieuerizzazione, e quindi avere delle banlieue anche noi. Poi dirò bene che è un po' difficile in Italia correre il rischio delle banlieue francesi, o anche di quelle belghe. E quindi in qualche maniera siamo capaci di arginare quel tipo di rischio, anche se adesso con il conflitto israeliano-palestinese effettivamente questo rischio è vivo, è presente, e quindi è molto molto interessante anche questo lato.
  Dicevo che a Roma possiamo individuare tre tipi di periferia. La periferia dei villini bifamiliari, priva di strutture, priva di luoghi di incontro, di servizi, di assi commerciali. Poi c'è la periferia dei centri commerciali, il secondo anello, enorme. Pensiamo a Porta di Roma, pensiamo ad altri centri commerciali, dove si vive ugualmente una situazione di marginalità. E poi ancora l'altro anello, che è l'anello dei grandi quartieri di edilizia residenziale pubblica. Per citarne una mettiamo Tor Bella Monaca, che è un esempio – ma non è il solo – nell'area romana.
  Ogni quartiere, ogni situazione ha una sua storia edilizia, ha una sua storia di criminalità. Si differenziano. Ci sono aree di Pag. 6spaccio, ci sono aree maggiormente dedicate alla concentrazione per dire dei villaggi rom. Come li gestiamo, e chi sono i rom? I rom sono di tantissime etnie. Rom albanese, rom serbo, rom bulgaro, rom italiano. Ed ognuno ha una caratteristica psicologica diversa, un modo diverso di vedere la vita. Noi siamo abituati in Italia a generalizzare.
  Io invito questa Commissione a non generalizzare, ad affrontare ogni tema nella sua singolarità, nella sua individualità, nella sua estrema diversificazione rispetto alle altre aree.
  Dicevamo, io non posso assolutamente affrontare un tema di marginalità come in alcuni quartieri di Torino, e mi riferisco per esempio alla Barriera Milano, mi riferisco a via Giulio Cesare, a via Martorelli. Citiamo proprio i luoghi. Dove lì, per esempio, c'è il rischio della banlieue perché c'è una concentrazione enorme, non soltanto di persone venute in Italia che sono regolarmente nel nostro Paese, ma anche degli invisibili. E gli invisibili sono moltissimi. E gli invisibili non li controlliamo. O meglio, ci dovremmo porre il problema di come controllarli, di come gestirli, perché è proprio lì che c'è il rischio di diventare banlieue perché la radicalizzazione per chi è un invisibile, per chi vive in quartieri come quello che sto descrivendo di Torino, è francamente un'ipotesi reale, concreta.
  E poi pensate che noi parliamo tanto del controllo del territorio, la radicalizzazione avviene molto più per via internet. Abbiamo molto di più, non nel dark web, ma nel web normale. Quindi è difficile controllare un fenomeno che potrebbe portarci – speriamo di no – verso un mondo come quello francese.
  Studiare le periferie: ci abbiamo provato in tante maniere. Ci hanno provato i sociologi, ci hanno provato i criminologi come me. Abbiamo trovato tanti indici, poi in realtà io sono francamente deluso da tutti questi studi che abbiamo fatto. Perché che cosa facciamo? Vediamo la malattia e poi non Pag. 7troviamo la soluzione. È certo che se tu applichi uno degli indicatori che si utilizzano di più nel mondo, che utilizza le Nazioni Unite, che sarebbe l'indice dello sviluppo umano, fin dal 1990 viene utilizzato, noi scopriamo che il municipio più ricco di Roma è il secondo, e il più povero è il sesto. Quindi Parioli è il municipio più ricco, mentre il municipio delle Torri di Borgata Finocchio è il più povero. Detto così è banale, ma poi andiamo a scoprire che dal punto di vista di tanti e tanti indicatori impariamo delle cose fondamentali. Parioli ha un livello di istruzione altissimo. In Borgata Finocchio c'è l'abbandono della scuola molto precoce. E poi torneremo sul valore fondamentale della scuola, di come le istituzioni possono riappropriarsi di territori che oggi sono perduti. La grande difficoltà di far tornare i ragazzi a scuola quando la abbandonano.
  Da noi l'istruzione obbligatoria è una conquista straordinaria, meravigliosa della politica italiana, perché la politica italiana ha saputo dare agli italiani questa istruzione obbligatoria. Oggi c'è la fuga, specialmente in queste aree marginali. Quindi riportiamo a scuola questi ragazzi. Non sarà facile, o quanto meno invitiamo la prossima generazione ad andare a scuola, perché c'è anche il grossissimo problema del far cambiare una tendenza.
  È più facile agire sulla pianta in crescita, per parlare in maniera un po' botanica. Annaffiarla, sfrondarla, farla andare verso il sole, piuttosto che poi agire su una pianta che già in qualche maniera si è trovata in un contesto che l'ha indirizzato verso un comportamento criminogenetico per dire. E quindi crei crimini. E, quindi, la mancanza di strutture fra questi quartieri. Ho citato questi due quartieri, ma potrei citare qualunque quartiere di Torino, di Milano, di Bologna, di Firenze, di Napoli, di Palermo, per farvi vedere come la differenza sostanziale è la cultura e la scolarizzazione.Pag. 8
  L'occupazione e la presenza sul territorio di servizi. Servizi che non sono soltanto culturali come cinema, teatri e biblioteche, perché io qui sto perdendo un po' di fiducia, perché al cinema, al teatro e nelle biblioteche non ci vanno nemmeno quelli dei quartieri in. Questa è una generazione che sta perdendo il gusto per la cultura, e anche qui dovremmo lavorare. Esistono pure le periferie dell'anima, le periferie culturali. Noi dobbiamo riportare tutto questo mondo giovanile nei luoghi della cultura, perché la cultura non è noia, la cultura è felicità, la cultura è educazione, la cultura ti apre gli orizzonti.
  Io ho cominciato a studiare la periferia guardando il film «Rocco e i suoi fratelli» di Visconti. Ero un ragazzino, mi arriva questo film e vedo questa periferia milanese degradata. A un certo momento mi interesso a questo mondo.
  C'è un'osmosi fra cultura, scienza (anche questo è molto importante, perché la criminologia è una scienza) e la politica. Dobbiamo essere tutti non sulle barricate, ma tutti presenti sul territorio per comprendere, per agire, per modificare.
  Abbiamo parlato di marginalità da sostituire alla perifericità. In realtà abbiamo fatto un sacco di errore in passato. Io quando passo all'università di Tor Vergata e vedo le vele di Calatrava rimaste incompiute ho francamente un disagio personale, che poi si vedono dai luoghi della cultura, dalle università, si vedono dal policlinico Tor Vergata, si vedono dal grande raccordo anulare. Quella è la nostra impotenza. È incredibile, dovevano essere una bellezza straordinaria, e invece diventano la scenografia di Suburra. E non a caso, perché il degrado addirittura secondario a un investimento economico immenso per portare bellezza diventa il simbolo della marginalità e della nostra incapacità. Perché quando parliamo di politica parliamo di tutti i cittadini, perché è questo che è fondamentale. Tante volte facciamo un discorso di opposizione Pag. 9netta. In questo caso dobbiamo essere tutti. Tutti presenti, tutti in qualche maniera coinvolti in questa situazione di lotta al degrado.
  E quindi vi dicevo i grandi centri commerciali. Altro discorso. Mettere un grande centro commerciale in un'area periferica, per chi lo pensa, poi parleremo agli amministratori comunali se ha un senso dare un permesso di mettere i megastore nei luoghi in cui sono stati messi. In tutta Italia, non voglio stigmatizzare Roma. Sapendo benissimo che poi attorno a questi luoghi si creano delle aree di marginalità, perché arriva dell'edilizia, edilizia molto spesso che andrebbe discussa in maniera seria se va fatta o meno in questi luoghi. A questo punto ci poniamo proprio il problema: le creiamo noi le periferie. Perché quando crei un grande centro commerciale crei un percorso ad anello attorno a questo centro commerciale che determina una nuova marginalità, una nuova edilizia che porta ad una periferia. Leggevo che addirittura che questi nuovi luoghi, come diceva il compianto Augé, come Porta di Roma, sono più visitati del Colosseo. Ma è così.
  E poi tornando criminalità, illegalità, banlieue, facendo un resumè, e tanti tanti quartieri in cui, invece, c'è una criminalità organizzata. Perché dicevo c'è una grande diversità? Roma è caratterizzata – fra virgolette – da tante bande. Io parlavo delle tante bande che gestiscono lo spaccio nell'anello attorno al grande raccordo anulare. È chiaro che la realtà di Scampia è legata alla camorra, non nascondiamoci. La realtà dello Zen, è legata alla mafia. La realtà dei quartieri periferici in altre aree, sono legati alla grande distribuzione criminale, chiamiamola così. Perché poi uno degli autori fondamentali della criminalità – adesso iniziamo a parlare della mia materia, della criminologia – è lo spaccio. E lo è perché lo spaccio determina degli Pag. 10introiti massicci, quotidiani, illeciti, e dei capitali che vanno in mano alle grandi organizzazioni.
  Le aree di marginalità sono perfette per i criminali, per lo spaccio, perché hai pusher disposti a vendersi per poco, hai aree che finora sono poco controllabili. Non poco controllate. Io dico sempre in tutte le occasioni che abbiamo le migliori forze dell'ordine d'Europa. La nostra polizia, i nostri carabinieri, i nostri finanzieri sono straordinari. Certamente ne abbiamo meno di quelli che dovremmo avere. Per altro sono ultra specializzati.
  Il tema qual è? La loro presenza costante sul territorio è possibile in questo momento come numero? No, non riusciamo. E quindi queste aree di spaccio diventano facilmente preda delle grandi organizzazioni criminali, e non soltanto delle nostre. C'è la balkan route che ti arriva con la mafia albanese, con la mafia serba. Stiamo parlando ultimamente del Fentanil, che sta arrivando. È una nuova droga, distruttiva, terribile, che quando arriverà in maniera massiccia nelle nostre periferie torneremo probabilmente a quel delirio terribile che erano gli anni settanta con l'eroina. E quindi lavorare anche sopra questo.
  Voglio dire, la periferia è aperta. La periferia è in contatto con cosa? Con le mafie che ci arrivano dall'Albania, dalla Serbia e via discorrendo, oltre che con le nostre mafie. La periferia è aperta al grande flusso dei migranti, sia migranti che ottengono il visto, sia migranti che sono invisibili. La periferia è aperta alla radicalizzazione.
  La periferia è aperta, però, a tante brave persone anche, perché se abbiamo detto che non esiste più una divisione tra il centro, che è diventato ormai un luogo di scambio turistico commerciale. I centri di tutte le città. Chi è che vive al centro di Roma, al centro di Milano, al centro di Torino? Poche Pag. 11persone. Palazzi interi sono presi da attività commerciali. E quindi tanta tanta bravissima gente italiana, e non italiana, vive nelle aree marginali, e si trova a contatto stretto, abrasivo direi io, con queste realtà. E quindi noi dobbiamo in qualche maniera aiutare queste persone a farsi con noi barriera contro la criminalità.
  Io apprezzo moltissimo il self, cioè io aiuto lo Stato, io aiuto la mia città, io organizzo un gruppo per i disagiati, per i malati e via discorrendo. Lo apprezzo tantissimo. Ma se non facciamo rete non serve a nulla. Una goccia, che cade veramente nel deserto, non serve assolutamente a niente. Noi dobbiamo fare rete. Fare rete dall'alto, e questa Commissione è preziosissima per questo, perché io so, parlando con l'onorevole Battilocchio che sta capillarmente, partendo dalla precedente, studiando ogni singola periferia. E l'accertamento è un documento importante che noi tutti apprezzeremo, ma poi vorremmo anche le azioni perché studiare non basta, capire non basta.
  Dobbiamo in qualche maniera curare – lo dico da medico – perché ci sono aree malate della nostra bellissima Italia. È uscito recentemente il rapporto sulla criminalità, sottolineando che Milano è la città dove c'è un più alto numero di crimini. Va detto, in ogni caso, che i milanesi sono molto più ligi e denunciano molto di più delle altre città. Questo lo dobbiamo dire. Oppure che la Rimini, che è un pochino ai vertici per i delitti sessuali, paga in qualche maniera il grande boom del turismo post Covid. Quindi bisogna studiarli i fenomeni.
  È certo che le baby gang milanesi sono interessantissime per noi criminologi, ma sono anche pericolosissime per i cittadini. Non è che le baby gang vanno a fare gli scippi, le aggressioni con il coltello alla gola nelle aree periferiche dove vivono, vanno sui Navigli, vanno a piazza Duomo. È questo il concetto quando io parlavo di osmosi. Quindi modificare la città nel suo totale. Pag. 12Milano, a differenza di Roma, è un luogo dove tu con la metropolitana e il tram in pochissimo tempo da un'area di marginalità te ne vai dove puoi, in qualche maniera, scaricare la tua voglia di avere delle cose. Uno dei motori principali del crimine delle aree marginali è l'obbedienza al desiderio senza avere dentro quello che Freud chiamerebbe un «super io», cioè un sistema di autoregolamentazione legato all'etica, alla morale, al mondo che ci circonda che è il nostro, ma che è anche dell'altro. Vogliono e basta. Vogliono senza studiare. Moltissima cultura rap.
  Ora qualcuno mi crocifiggerà perché io attacco i rapper. Ma non attacco i rapper, parlo di una sub cultura che poi si genera attorno alla loro «forma canzone». Se Leggete i testi dei rapper, vedrete la loro provenienza e capirete tanti messaggi che arrivano a questi ragazzi, perché poi l'artista, il rapper, è in qualche maniera una sorta di antenna che capta ciò che ha attorno. Gli artisti ce l'hanno questo. Gli scrittori, i poeti, i cantanti. E questo è un aspetto molto importante.
  Però non voglio tediarvi più di quanto io abbia fatto fino adesso. Voglio soltanto riportarmi a una bellissima cosa che ha scritto un collega, che si chiama Mattioli. Non riporterò quello che ha detto lui, ma un estratto, una serie di elementi che, secondo me, sono uno spunto per tutti noi di riflessione. Cominciamo a dire che questi giovani, e io parlo di giovani che compiono atti criminali perché, è brutto dirlo, a me interessano loro. Per gli adulti vedo solo un tema legato al controllo del territorio, all'azione delle nostre meravigliose forze dell'ordine contro il crimine. È difficile cambiare un cinquantenne che delinque da quando aveva quattordici anni, o dodici. È difficile tirarlo fuori da quelle dinamiche. Certo, gli avessimo dato un lavoro quando aveva sedici anni, diciassette, diciotto anni, una Pag. 13formazione prima e un lavoro ai diciotto sarebbe stato diverso, ma oggi non è così.
  I nostri giovani che vivono nelle aree marginali, ma forse anche quelli che vivono nelle aree di questa immensa megalopoli, dove c'è un'osmosi, hanno un individualismo estremo, c'è una forte frantumazione sociale, sono scomparse le forme di partecipazione e di solidarietà. Senza voler fare in qualche maniera un autoriferimento, quando ero bambino io, vi parlo quindi degli anni Sessanta, c'erano gli oratori in giro, c'erano le sezioni dei Partiti politici, c'era l'Azione Cattolica, c'era un mondo straordinario che agiva nel sociale. Poi ognuno andava dove voleva andare.
  Io non faccio differenze tra idee politiche in questa gestione. Abbiamo sbagliato tutti e in qualche maniera abbiamo rinunciato a delle strutture sociali che potevano farci veramente da supporto. Abbiamo rinunciato come? Con una cultura che è stata di comunicazione massmediatica. Le nostre televisioni, tutte, sono peggiorate in maniera drastica. Non si fa più cultura in televisione. Lo so che sono un utopista, ma c'era una cultura televisiva tanti e tanti anni fa, che portava le persone a comprendere, a capire, ad orecchiare la cultura. A volte basta solo orecchiarla la cultura per salvarsi. Non serve essere professori.
  E quindi, dicevo, microconflittualità anche all'interno dei gruppi. Ne parlavamo poco fa anche con Adriano De Nardis. Anche all'interno di questi gruppi criminali c'è microconflittualità. Voi provate a prendere un quartiere multietnico e verificate le differenze che ci sono dal punto di vista del comportamento della religione, della cultura, del rapporto con la donna, del rapporto con l'alcol, del rapporto con la droga fra un nigeriano, un senegalese, un eritreo o via discorrendo. O l'islamico. L'islamico non beve, raramente si droga, ma ha un Pag. 14rapporto per esempio con il mondo femminile tremendo, terribile, checché si dica. Poi, certo, c'è un Islam moderato, c'è un Islam medio e c'è un Islam estremamente aggressivo verso noi occidentali. E quindi non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Dicevo, microconflittualità anche all'interno dei gruppi.
  E poi, gravissimo, il basso grado di politicità. La politica salva il mondo, non la bellezza. Guardate che vi dico, è la politica che salva il mondo. Certo la bellezza ci aiuta, ma un Governo capace di intercettare, e in qualche maniera di indirizzare e di risolvere le problematiche della popolazione, salva il mondo. I ragazzi questo non lo capiscono, e sono scappati dalla politica. Dobbiamo farci una bella domanda: perché? Facciamo una bella riunione di autocoscienza, facciamo un autodafé e cerchiamo di capire per quale motivo la gente, i giovani sono scappati dalla politica.
  Un'altra cosa che è molto importante, per ogni quartiere, parlando di questa microconflittualità, sarebbe comprendere quali siano i rapporti di forza fra le diverse minoranze sociali che ci vivono. È molto importante. Cioè in quel quartiere lì quanta brava gente combatte e si è organizzata in proprio per gestire meglio il quartiere e per farlo cambiare? E qual è il tipo di criminalità che c'è? Quindi per ogni quartiere è importante studiare proprio il rapporto di forza tra le diverse minoranze.
  Intervenire per la caduta dell'agire politico. Certo perché l'agire politico la gente lo capisce se migliora il mondo attorno. Fa ridere, ma un bel marciapiede, una bella strada asfaltata ti rende più politicizzato a te cittadino. Un palazzo adeguato dove vai a vivere, quelle che una volta si chiamava le case popolari, ti rende più vicino alla politica. Un lavoro ti rende più vicino alla politica. Una scuola che funzioni ti rende più vicino alla politica. Se la scuola è un edificio fatiscente, terribile, dove magari ci sono le infiltrazioni d'acqua, c'è la muffa, è chiaro che Pag. 15non è che l'immagine dello Stato riesce a penetrare l'immaginario collettivo.
  Poi la scomparsa dei grandi luoghi di mediazione culturale. Teatri, cinema. Sì, è vero, c'è una grande crisi, ma riportiamo le persone a incontrarsi. Per esempio nella musica ci si è riusciti, e dopo il Covid ci sono stati grandissimi raduni musicali. Peraltro ben gestiti, perché se noi dovessimo considerare tutti i concerti che ci sono stati in Italia durante questa estate, e verificare il tipo di criminalità e il tasso di criminalità che si sia sviluppato vedete che ve ne è pochissima. E quindi fare cultura, portare in qualche maniera ciò che piace, ciò che educa, aiuta a non compiere atti criminali.
  E poi lavorare moltissimo anche a livello psicologico dei servizi sociali. I giovani, specialmente dopo il Covid, hanno bisogno di una rete di psicologi sul territorio, di accesso facilitato, di accesso gratuito. Avere accanto persone specializzate che ti possono aiutare a gestire il tuo disagio è fondamentale in tutto questo. A volte bastano dei colloqui ben mirati con uno specialista, con una specialista per risolvere delle problematiche interiori che sono troppo troppo troppo forti.
  Io direi che veramente sono state dette moltissime cose. Voglio chiudere citando Andrés Rodríguez-Pose che dice una cosa molto bella: «Non creiamo delle geografie del risentimento». Quindi non creiamo più periferie, ma consideriamo le città come un immenso territorio organico in osmosi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie davvero al professor Saladini per questa relazione che è ricchissima di spunti e idee che avremo modo di approfondire insieme, perché sono stati toccati veramente una serie di situazioni e anche di percorsi che ha proposto e ha citato, che rappresentano per noi un contributo prezioso. Già preannuncio che dovremo fare degli approfondimenti insieme, perché credo che sia particolarmente importante.Pag. 16 Sono stati toccati veramente tantissimi punti che meritano approfondimenti ulteriori, e che comunque rappresentano un po' la cornice all'interno della quale si sta svolgendo il nostro lavoro.
  Ora io darei la parola al dottor Adriano De Nardis, che è membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa, e quindi esperto di dinamiche territoriali. Anche in questo caso lo ringrazio per la sua disponibilità e per la sua presenza.

  ADRIANO DE NARDIS, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana. Grazie Presidente, e grazie a tutti gli onorevoli membri della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Penso che sia importante riuscire a contribuire per il miglioramento delle condizioni di vita di chi abita le città veramente con le persone al centro.
  È per me onore poter mettere a vostra disposizione quella che è stata la mia esperienza ventennale al servizio delle persone più vulnerabili, provando a fornire qualche spunto di indirizzo utile a questa Commissione. Ho avuto modo di leggere i resoconti stenografici che avete prodotto in questa Commissione, pertanto cercherò di non essere ripetitivo rispetto a tematiche precedentemente già trattate. Le periferie possono considerarsi dei veri e propri laboratori sulle vulnerabilità, sia quelle vecchie, sia quelle nuove. Lo sanno bene le organizzazioni di volontariato che hanno, tra le proprie mission, quella in particolare di poter promuovere e implementare le progettualità volte all'inclusione sociale.
  La tenuta sociale di un Paese si misura nella capacità delle istituzioni di poter rispondere prontamente ai bisogni delle persone. Ed è proprio nelle periferie che si manifestano i primi sintomi del disagio sociale, cioè in quella parte del Paese in cui i servizi sono minori o risultano più precari.Pag. 17
  I dati a nostra disposizione ci dicono che le periferie spesso ospitano fasce di popolazione con condizioni economiche disagiate. L'indagine portata avanti dall'osservatorio Casa Roma, su tredici quartieri periurbani dei principali capoluoghi italiani, mostra come tutti i quartieri presi in esame siano insediamenti di edilizia residenziale pubblica, o come si diceva una volta case popolari. Insediamenti storicamente usati per appagare l'emergenza abitativa, il cui accesso oggi è regolato attraverso dei bandi che fissano dei rigidi criteri socioeconomici. Questa scelta produce, tra le altre cose, una struttura intrinseca, destinando porzioni di centri abitati esclusivamente a persone che versano in condizioni socioeconomiche fragili o precarie, riducendo pertanto ogni forma di inclusione, e non permettendo in molti casi un percorso di rigenerazione e riqualificazione che metta al centro il cittadino con una forte rete sociale, e non solo il cittadino in difficoltà.
  Andrebbero anche tenute in conto e analizzate le modalità di formazione dei diritti di accesso a tali forme di sussidiarietà. In molti casi si è visto, in maniera palese durante il Covid, che emerge il tema dei cosiddetti invisibili. Invisibili allo Stato, invisibili ai servizi sociali, i quali non trovano riscontro nei criteri previsti per le svariate forme di welfare. Per tali categorie sarebbe necessario poter prevedere delle analisi mirate. È essenziale dunque che gli interventi siano focalizzati non solo alla risposta a bisogni contingenti, ma che, potendo prevedere ed analizzare possibili scenari successivi, ci si possa concentrare anche sul più ampio obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche, garantendo l'accesso equo a servizi essenziali, opportunità educative e occupazionali. La creazione di progetti specifici, per favorire l'inclusione sociale, può infatti contribuire a rompere il ciclo di povertà e a promuovere una crescita economica più equa.Pag. 18
  La creazione di politiche abitative inclusive, la promozione di soluzioni abitative sostenibili, l'accesso a servizi di supporto, possono contribuire a migliorare la situazione abitativa delle persone in condizioni di vulnerabilità. In questo concetto troviamo anche il concetto di social housing, che svolge un ruolo chiave nell'affrontare queste sfide, nel fornire alloggi accessibili e dignitosi per coloro che ne hanno bisogno. Certamente la congiuntura economica che stiamo vivendo, con un'inflazione molto alta e una politica sui tassi di interesse al rialzo, limita l'accesso alla casa per coloro che non possono permettersi i costi elevati del mercato immobiliare, che dall'altra parte trovano difficoltà nell'accesso ai mutui, e quindi al credito.
  Il coinvolgimento del settore privato in partenariati strategici con il settore pubblico è cruciale per massimizzare l'efficienza e l'innovazione. Attraverso queste collaborazioni si possono attuare soluzioni sostenibili che affrontano simultaneamente le sfide economiche, sociali e ambientali. Il coinvolgimento delle imprese può favorire la creazione di posti di lavoro, e la promozione di progetti di sviluppo economico locale. La rigenerazione urbana dovrebbe andare oltre l'aspetto fisico architettonico, affrontando anche le questioni sociali e culturali. L'implementazione di spazi pubblici, aree, verdi, infrastrutture sportive e culturali può contribuire a migliorare la qualità della vita e a promuovere un senso di appartenenza alla comunità. Inoltre la promozione di progetti culturali e artistici può svolgere un ruolo chiave nell'arricchire la vita sociale delle periferie.
  Le comunità locali devono essere coinvolte attivamente nella definizione dell'implementazione di progetti di rigenerazione. L'ascolto delle esigenze e delle prospettive della popolazione locale è fondamentale per garantire che le soluzioni proposte siano adeguate e accettate dalla popolazione stessa. Quindi una Pag. 19partecipazione nel processo e nell'iter di costruzione della risposta.
  Iniziative di partecipazioni pubbliche possono favorire un processo decisionale più inclusivo e trasparente. Come dire c'è bisogno di pensare ad azioni concrete, ma di innovare anche il metodo utilizzato per strutturare le risposte a questi problemi. Creare poli tecnologici universitari nelle periferie può rappresentare non soltanto un volano per l'economia, ma anche ad attrarre investimenti, perché il settore pubblico svolga il suo ruolo garantendo, per esempio, infrastrutture adeguate per poter raggiungere quei luoghi, sia fisicamente con metropolitane o tram, che virtualmente, garantendo l'accesso ad internet con la banda ultralarga.
  Le organizzazioni di volontariato, o più in generale il Terzo Settore, giocano un ruolo cruciale nel tessuto sociale delle periferie, e questo lo abbiamo dimostrato in tutti questi anni, fornendo spesso un supporto diretto alle famiglie e gli individui nelle periferie, offrendo servizi essenziali che le istituzioni spesso faticano ad erogare. La presenza costante di queste organizzazioni contribuisce a creare una rete di sicurezza sociale che può mitigare gli effetti negativi delle condizioni economiche difficili. Promuovere l'inclusione sociale è un obiettivo chiave per la rigenerazione delle periferie.
  Le organizzazioni di volontariato, avendo radici profonde nella comunità, sono ben posizionate per facilitare la partecipazione attiva degli abitanti locali. Ne conoscono non solo le fragilità, ma anche quelli che sono i punti di forza. Organizzare eventi, programmi culturali, attività sociali, attività sportive, può favorire la costruzione di legami all'interno della comunità, riducendo il rischio di isolamento sociale. Non solo. Il Terzo Settore offre formazione professionale, supporto all'imprenditorialitàPag. 20 locale, iniziative che favoriscono la crescita economica sostenibile nelle periferie.
  Le organizzazioni di volontariato sul territorio sono anche un po' gli occhi e le orecchie della comunità. Grazie alla loro presenza costante si possono rilevare tempisticamente i cambiamenti delle esigenze locali, e segnalare tali informazioni alle autorità competenti. Questo processo di monitoraggio e valutazione costante è essenziale per garantire che gli interventi siano adatti e adattati alle dinamiche in evoluzione delle periferie. Quindi non una richiesta univoca, ma una risposta adattiva.
  A tale scopo posso portarvi i dati della Croce Rossa Italiana del 2022. Dati di cui andiamo anche molto orgogliosi. Attraverso importanti sinergie con attori privati e pubblici, anche per il tramite di programmi nazionali ed europei, abbiamo organizzato e sostenuto la distribuzione di beni di prima necessità alimentari e non alimentari. Nell'ambito della distribuzione di buoni spesa ai 378 comitati che hanno aderito, sui 650 al momento dislocati sul territorio nazionale, hanno garantito la distribuzione di 28.522 carnet, ciascuno dei quali contenente dieci buoni spesa per un valore complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro. Questo è molto importante, perché consente di ridare la dignità alle persone che non hanno la possibilità di poter accedere a quello che è il mercato alimentare, ma poter andare a scegliere, quindi ridare la scelta insieme anche alla dignità.
  Attraverso i fondi di aiuti europei agli indigenti sono stati distribuiti 426.844 pacchi alimentari nel 2022. La distribuzione dei pacchi alimentari, nella filosofia di approccio alle persone con vulnerabilità sociale, non solo costituisce la risposta al bisogno primario di queste persone, quindi il bisogno di potersi alimentare e nutrire, ma costituisce quell'opportunità per l'organizzazionePag. 21 di instaurare una relazione di fiducia per il tramite della quale si può supportare a 360 gradi la persona e il proprio nucleo familiare, per superare una situazione di disagio.
  Uno dei tanti progetti avviati nel 2022, di cui possiamo essere particolarmente orgogliosi, è quello dell'Officina della Salute, altro punto e luogo in lui le persone con fragilità sociali e sanitarie possono trovare una risposta alle loro necessità. Questi presidi sono tutti di vitale importanza per i cittadini, e rappresentano i primi tasselli su cui stiamo costruendo delle nuove reti di protezione sociale, con cui i comitati regionali e territoriali svolgeranno sempre più un ruolo determinante, ovviamente uniti a tutte quelle che sono le associazioni del Terzo Settore che se ne occupano.
  La protezione sociale viene intesa anche come inclusione lavorativa delle persone in condizioni di svantaggio e vulnerabilità. Se n'è parlato anche poco fa. Con l'avviamento del progetto LISA (Lavoro Inclusione Sviluppo Autonomia), sviluppato con il finanziamento e il patrocinio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, abbiamo attivato ventuno presidi, operativi in tutta Italia e formato 800 volontari, grazie ai quali è possibile costruire percorsi di orientamento al lavoro e formazione professionale e accrescere la consapevolezza della comunità sull'importanza di coniugare da una parte la produttività, ma dall'altra anche diventare moltiplicatori di un sistema di inclusione sociale.
  Aggiungerei anche l'esperienza della fondazione Villa Maraini, che è l'agenzia sulle tossicodipendenze della Croce Rossa Italiana. Agenzia per il contrasto alle tossicodipendenze che nell'anno 2022, ma negli ultimi trent'anni di fatto, è stato un punto di riferimento anche per tutte le periferie che prima sono state citate, per quello che è il contrasto all'abuso di sostanze Pag. 22e alla cosiddetta riduzione del danno da una parte. Dall'altra c'è stata l'azione importante di questa fondazione per la riduzione dello stigma sociale. Lo stigma che colpisce queste persone e non gli consente di poter riprendere una vita normale. Su questo il lavoro è stato incessante, e sicuramente meritorio di menzione per essere rafforzato anche in questa sede.
  In sintesi il coinvolgimento attivo delle organizzazioni di volontariato rappresenta un elemento cardine nella creazione di una base solida per la rigenerazione delle periferie. Il lavoro quotidiano contribuisce a colmare lacune nei servizi, promuovere l'inclusione sociale e creare una connessione vitale tra le istituzioni e le comunità locali. Il PNRR quindi potrebbe sostenere e potenziare queste organizzazioni, le organizzazioni di queste attività, riconoscendole come attori chiave nella costruzione di comunità più resilienti e inclusive. Gli interventi delle periferie devono essere guidati da una visione di lungo termine. La sostenibilità di tali progetti richiede un impegno continuo da parte delle istituzioni, del settore privato e delle comunità, che non può essere una tantum.
  Un approccio graduale e ben pianificato può garantire che i risultati positivi siano duraturi, e che le periferie diventino aree vitali e dinamiche all'interno delle città. Le politiche pubbliche dovrebbero mirare non solo a risolvere i problemi esistenti, ma anche prevenire la formazione delle nuove criticità future, attraverso un approccio proattivo, e con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza possiamo avere un'opportunità significativa per canalizzare risorse verso progetti di rigenerazione e riqualificazione urbana.
  Infine sottolineo l'importanza di una visione a lungo termine, la pianificazione di implementazioni di interventi nelle periferie. La sostenibilità di tali progetti richiede un impegno continuo e una collaborazione sinergica tra tutti gli attori Pag. 23coinvolti. La trasformazione positiva delle periferie non solo contribuisce al miglioramento della quantità della vita per coloro che vi abitano, ma ha un impatto positivo su tutta l'intera società, contribuendo a costruire città più resilienti e inclusive.
  Ricordiamoci anche i cambiamenti climatici e i fenomeni atmosferici estremi di cui il nostro territorio è sempre più frequentemente testimone, spesso moltiplicati anche dalla carenza di infrastrutture spesso proprio nelle periferie. E questo ci impone di ripensarle le periferie, anche come dei luoghi dove coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica.
  Al fine di sviluppare l'azione di analisi di lungo periodo proposta nel corso dell'audizione, potrebbe essere utile, quale spunto e considerazione, cercare di creare un sistema di analisi organizzato, magari con indici dinamici per poter non solo contrastare, ma in primis prevenire le situazioni di degrado nelle periferie. Cercare di costruire degli edifici ad hoc, cercare di capire, magari tramite sinergie anche utilizzando percorsi già avviati con l'Istat, per cercare di mappare in qualche modo quelle che sono le vulnerabilità. E non utilizzando esclusivamente quegli indici che sono ormai sviluppati a livello anche europeo e mondiale per capire questo tipo di fenomeni, ma cercando di costruire degli indici ad hoc che ci consentano di leggere la realtà, considerando proprio la diversità di cui prima si parlava, e l'eterogeneità delle nostre periferie.
  A tale riguardo ritengo utile un piccolo riferimento alla legge scorsa, quella del 13 novembre del 2023, la n. 159, il cosiddetto «decreto Caivano», che ha istituito a livello nazionale l'osservatorio sulle periferie. Nelle more della sua attuazione potrebbe essere interessante promuovere anche nelle regioni (non so con quale strumento, ma magari attraverso una partecipazione alla conferenza Stato Regioni), creando degli osservatori dedicati. Pag. 24Dai dati in mio possesso sono presenti solo in alcune regioni, e spesso hanno compiti non sempre mirati, ma sono organizzati su tante tematiche. Questi osservatori potrebbero essere molto utili per classificare le zone per le tipologie di intervento, e poi anche con il fine di poter creare anche un database degli interventi. Questo potrebbe essere utile affinché si sviluppino delle best practices regionali, punto di partenza per tutti, e non solo l'arrivo di qualcuno.
  Come noto, dalla condivisione del lavoro e delle responsabilità ne dipende il successo e l'impatto degli interventi, perciò sono più che mai convinto, come espresso anche da Henry Dunant, ideatore e fondatore di Croce Rossa, che tutti possono, in un modo o nell'altro, ciascuno nella sua sfera e secondo le proprie possibilità, contribuire in qualche misura a questa buona opera. Un'opera di umanità e per l'umanità sempre più necessaria anche nelle nostre periferie. Grazie a tutti per l'attenzione, sono a disposizione per le domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie anche al dottor De Nardis. Anche in questo caso abbiamo avuto un contributo puntuale e particolarmente importante per il nostro lavoro, e tutta una serie di spunti che dovremo necessariamente approfondire insieme. Quindi io già vi anticipo che sicuramente ci rivedremo a breve per appunto approfondire e analizzare alcuni dei concetti e dei punti che sono stati toccati.
  Io volevo fare solo due domande molto puntuali. Una al professor Saladini. Visto che noi abbiamo iniziato il nostro lavoro di approfondimento dalle città metropolitane, mi sembra che c'è stato un passaggio specifico su Torino. E cioè lei ha parlato di rischio banlieue e un rischio radicalizzazione più marcato rispetto ad altre aree, e volevo un attimino sapere il perché, se questo, visto che anche abbiamo diversi colleghi di Pag. 25quella zona, se è legato a un discorso urbanistico, se è legato a un discorso di particolari concentrazioni.
  E poi una domanda, invece, per il dottor De Nardis, che magari su questa ci può rispondere con calma, perché mi sembra molto importante il passaggio che lei ha fatto sul fatto che associazioni e realtà importanti come la Croce Rossa rappresentano poi, all'interno delle comunità locali, occhi e orecchie. Io condivido in pieno questo, e se magari ci poteva fornire, anche nei prossimi giorni, anche per iscritto, dei dati sulla presenza della Croce Rossa nelle periferie delle quattordici città metropolitane italiane, perché io credo che questo aspetto che lei ha toccato nella relazione è basilare. Noi parliamo spesso del lavoro eccezionale che portano avanti le nostre forze dell'ordine, e chiaramente noi siamo al loro fianco, però che il presidio del territorio parte anche da una presenza di associazioni e di realtà come la Croce Rossa ovviamente rappresenta un qualcosa di importante per le comunità locali. Vi rilascio la parola.

  GIUSEPPE SALADINI, docente di psicopatologia e medicina legale. Grazie all'onorevole Iaria per lo stimolo. Ho preso ad esempio Torino proprio perché mi sono fatto – direi fra virgolette – una passeggiata tecnica all'interno del quartiere che parte da Barriera Milano. Faccio un esempio, via Giulio Cesare è un esempio di come, in maniera sbagliata, ci sia stata una concentrazione estremamente alta di extracomunitari. Passare per viale Giulio Cesare significa – tolta la bellezza dei palazzi liberty della nostra Torino inconfondibile – passare attraverso moschee, negozi di tutti i generi, vediamo delle insegne in arabo per noi illeggibili, e quindi inaccessibili. È un luogo in cui in qualche maniera potrebbe partire un fenomeno di radicalizzazione.Pag. 26
  È staccato completamente dal tessuto sociale della città. È l'errore più grave che noi possiamo fare, concentrare una marginalità. Concentrando una marginalità noi facciamo emergere tutti i possibili rischi in maniera esponenziale. Questo è il discorso. Ho preso per esempio, e non me vogliano i torinesi, questa via e questo quartiere proprio perché mi ci sono trovato a passare per vedere, per studiare, poi io ho un occhio sempre un pochino tecnico nel guardare i luoghi. Poi sono andato a vedere che effettivamente a Torino soltanto all'anagrafe ci sono quasi 140.000 stranieri censiti. Più gli invisibili. Quindi più del 15 per cento della popolazione, e sono dati del Viminale. Probabilmente oggi ce ne saranno anche di più. E quindi qual è il tema? Il tema è che concentrare in un luogo forme di marginalità significa mettersi nel rischio di fare emergere ciò che quelle marginalità potrebbero esprimere. In questo caso una radicalizzazione islamica.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola al dottor De Nardis, c'è il collega Iaria, che è stato tra l'altro anche assessore a Torino, che chiede la parola.

  ANTONINO IARIA. Volevo fare un'altra domanda, ma vorrei parlare un attimo su Torino perché le considerazioni che ha fatto il dottor Saladini le posso condividere fino a un certo punto. Voi avete parlato di marginalità che si crea nella maggior parte dei casi dove ci sono concentrazioni di case popolari. In quel caso non è proprio andata così, perché la concentrazione lì non è di case popolari, ma di case di privati che molte volte affittano a privati, anche diciamo indigeni torinesi che hanno affittato la maggior parte delle volte a stranieri, e si è portato avanti anche un aumento di concentrazione di stranieri in quell'area. Quell'area lì però era anche stata oggetto in passato di progetti molto interessanti che hanno recuperato quelle zone, Pag. 27che vanno da corso Giulio Cesare a Barriera Milano. Non sto a raccontare i progetti, però la situazione è un po' diversa sinceramente da come è stata raccontata. La concentrazione c'è, ma non c'è soltanto, come dire, un discorso di lavorare sulle case di edilizia popolare, ma è anche un discorso di andare a cercare di capire alcuni grandi proprietari di immobili a Torino vivono e anche a volte sfruttano la possibilità di affittare ad alti costi a migranti, e creano anche questo tipo di situazioni. Quindi da questo punto di vista io quell'area lì la conosco molto bene, tra l'altro lì ci sono già operazioni di rigenerazione urbana che sono lunghissime. Lo avete detto anche voi nelle vostre relazioni, i tempi della rigenerazione urbana si devono accorciare perché, anche dove ci sono progetti, se questi progetti durano anni perdono tutta la loro spinta, e magari perdono anche la possibilità che la gente si attivi.
  La domanda ulteriore che volevo fare a tutti e due i relatori è questa: la ridefinizione – e cerco di non essere polemico – del reddito di cittadinanza a mio avviso ha creato delle situazioni ancora più complesse nelle periferie e nelle zone con altri problemi che non possono essere soltanto le periferie classiche, ma anche le periferie centrali. Ridefinire un welfare forte dello Stato – anche qualcosa che sia diverso dal reddito di cittadinanza dei 5 Stelle – secondo voi va a mitigare o no il degrado? Ed è un costo che lo Stato si dovrebbe sobbarcare o meno? Perché è un costo, è vero, per lo Stato, ma i guadagni da un punto di vista economico-sociale nel riprendersi in mano delle zone e creare delle situazioni meno problematiche, anche se quantificabili in maniera più difficile, ci sono. Questa è la mia domanda. Poi magari approfondiremo su Torino, ma non è qui l'occasione di fare la storia di quel quartiere e capire cosa si può fare e cosa non si può fare.

Pag. 28

  PRESIDENTE. Bene, passerei allora la parola prima al dottor De Nardis, e poi di nuovo al professor Saladini.

  ADRIANO DE NARDIS, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana. Produrrò in Commissione quelli che sono i dati della nostra presenza nelle quattordici città metropolitane. Posso già anticipare che la nostra presenza come organizzazione è una presenza capillare, che prevede molto spesso anche più di un comitato su ciascuna città metropolitana. Faccio l'esempio di Roma, dove, oltre il comitato di coordinamento dell'area metropolitana, vi sono dieci comitati locali sulla città, e altri venticinque sul territorio dei comuni afferenti all'area metropolitana. Questo dà la misura della diffusione che riusciamo a raggiungere proprio per poter essere dei punti di riferimento per questa tipologia di cose. È chiaro che molte delle associazioni del Terzo Settore e di volontariato lo possono diventare perché veramente sono associazioni ormai quasi per quartieri, quindi possono veramente avere una copertura di capillarità. Per quanto riguarda la Croce Rossa Italiana lo siamo certamente, perché parliamo di 150 mila volontari su tutta Italia. Per esempio nel caso dell'area metropolitana sono oltre 7 mila. Più o meno questa è la misura.
  Sul tema sollevato del reddito di cittadinanza, quello che posso dire è che certamente il rafforzamento di misure volte al sostegno del reddito sono misure che aiutano, ma che non bastano a loro stesse. Quello che noi registriamo, come associazione di volontariato, è che molto spesso si intrecciano le vite dei nostri volontari con le vite delle persone che assistiamo, il che dà il rafforzamento alla misura. È chiaro che anche le misure, invece, volte a sviluppare quello che è il reddito sono misure che possono essere utili, ma dei cui effetti io non ho delle tracce legate all'esperienza della nostra organizzazione.

Pag. 29

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al professor Saladini per entrambi gli spunti del collega Iaria.

  GIUSEPPE SALADINI, docente di psicopatologia e medicina legale. Ringrazio l'onorevole Iaria per gli spunti. In apertura avevo detto che per Torino era un discorso diverso rispetto all'edilizia pubblica, era la città diversificata. La mia non è stata una critica a ciò che è stato fatto a Torino. Anzi io posso sottolineare che nella città di Torino negli ultimi anni viene fatto un ottimo lavoro dal punto di vista proprio del recupero di aree marginali. Faccio un esempio relativo a un campo di pallavolo, che a me è piaciuto moltissimo, che in precedenza era inserito nel contesto di un'area dismessa e assolutamente degradata, e che ora è diventato un punto di riferimento della città, dove adesso si fa sport e non si fa più spaccio. Quindi questa è una cosa veramente bellissima.

  ANTONINO IARIA. Quello, se posso prendermi il merito, è stato fatto molto da me.

  GIUSEPPE SALADINI, docente di psicopatologia e medicina legale. E questo è un esempio pratico e reale di come dobbiamo agire.
  Riguardo al welfare, un welfare forte aiuta sicuramente a non creare criminali. Questo è chiaro. Però la base di tutto è che non diventi puro assistenzialismo. Il welfare forte deve avviare al lavoro, deve arrivare effettivamente con un piano nazionale che non sia velleitario. E non faccio critiche politiche, io sto dicendo soltanto questo: ben venga il welfare, ben venga un discorso anche in qualche maniera di tutela, di sostegno, ma ci deve essere accanto assolutamente il lavoro, perché il lavoro è dignità, e il lavoro rappresenta una fuga dalle criminalità.

  PRESIDENTE. Grazie al professor Saladini, grazie al dottor De Nardis. Ripeto, è stato un confronto molto interessante. Poi Pag. 30successivamente acquisiremo anche un po' di materiale che è stato alla base dei vostri contributi. Vi ringrazio ancora, e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.10.