XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 20 dicembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 2 
Dionisi Paolo , Ambasciatore d'Italia in Thailandia ... 2 
Amendola Vincenzo (PD-IDP)  ... 6 
Dionisi Paolo , Ambasciatore d'Italia in Thailandia ... 6 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Della Seta Marco , Ambasciatore d'Italia in Vietnam ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Onori Federica (M5S)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Billi Simone (LEGA)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 11 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Coin Dimitri (LEGA)  ... 12 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Dionisi Paolo , Ambasciatore d'Italia in Thailandia ... 12 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 13 
Dionisi Paolo , Ambasciatore d'Italia in Thailandia ... 13 
Orsini Andrea (FI-PPE)  ... 14 
Dionisi Paolo , Ambasciatore d'Italia in Thailandia ... 14 
Formentini Paolo , Presidente ... 15 
Della Seta Marco , Ambasciatore d'Italia in Vietnam ... 15 
Formentini Paolo , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia in Thailandia, Paolo Dionisi, e dell'Ambasciatore d'Italia in Vietnam, Marco della Seta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione dell'Ambasciatore d'Italia in Thailandia, Paolo Dionisi, e dell'Ambasciatore d'Italia in Vietnam, Marco della Seta.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori gli Ambasciatori e, considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola all'Ambasciatore Dionisi affinché possa svolgere il proprio intervento.

  PAOLO DIONISI, Ambasciatore d'Italia in Thailandia. Grazie, presidente. Grazie, onorevoli membri della Commissione. È innanzitutto per me motivo di orgoglio e di piacere essere qui oggi per un Comitato che noi Ambasciatori d'area abbiamo fortemente auspicato.
  Quella parte del mondo è una parte del mondo a cui finalmente l'Italia guarda con grande attenzione, il Governo della Presidente Meloni ha messo tra le priorità della politica estera l'Indo-Pacifico e per noi che siamo lì a rappresentare il nostro Paese questo è motivo di stimolo a fare ulteriormente bene il nostro lavoro.
  Parliamo di un'area – soprattutto la nostra, che è quella dell'ASEAN – che comprende circa mezzo miliardo di persone, questi numeri sono importanti per darvi anche un quadro di quello che potenzialmente quella regione può e deve rappresentare per il nostro mercato.
  Io rappresento l'Italia in tre Paesi: Thailandia, Cambogia e Laos; Paesi completamente diversi per storia, per tradizione, anche per evoluzione economica, per potenzialità.
  Comincerei dalla Thailandia – dove tra l'altro sono basato, a Bangkok – che è il Paese più importante dei miei tre. È la seconda economia dell'area dopo l'Indonesia, Paese di 70 milioni di abitanti, con un PIL annuale di circa 506 miliardi di dollari, un trade con l'Italia di circa 4 miliardi di euro annuali, che negli ultimi dodici mesi sono anche aumentati, e questo è per me motivo di vanto.
  La Thailandia negli ultimi tempi, soprattutto a partire dal 14 maggio scorso, sta vedendo una evoluzione interna molto importante. Voi tutti, onorevoli, sapete che il Paese ha registrato negli ultimi trent'anni una serie di colpi di Stato ad opera dell'apparato militare, l'ultimo venne effettuato nel 2014; ovviamente, ad ogni colpo di Stato la Thailandia ha subìto delle penalizzazioni internazionali, perché la comunità internazionale in ogni occasione ha Pag. 3elevato una serie di sanzioni che hanno contenuto lo sviluppo economico.
  Il 14 maggio, come vi dicevo, si sono svolte le elezioni, elezioni trasparenti e molto aperte, che hanno registrato un'evoluzione nella scelta dei thailandesi. Il primo partito eletto, come numero di seggi, è stato quello che si chiama Move Forward, un movimento essenzialmente rappresentativo di quella che è un po' l'insofferenza giovanile, in particolare. Questo movimento è guidato da un leader molto carismatico, Pita, un giovane facoltoso che proviene dall'establishment: il padre era un Ministro, egli stesso aveva avuto incarichi giovanili di consigliere di altri Ministri, laureatosi e specializzatosi alla Harvard school of Government, molto vicino agli americani, che ha saputo cogliere questa ventata di insofferenza nei confronti del vecchio establishment, da parte soprattutto dei circoli giovanili urbani.
  Il suo risultato è stato piuttosto sorprendente perché, rispetto alle previsioni pre-elettorali, che volevano il suo partito sui circa 80 deputati, è riuscito a ottenerne 151, quindi risultando il primo partito come numero di seggi. Al secondo posto si è classificato un partito che è il Pheu Thai, un partito storico che fa capo a uno dei leader più importanti della Thailandia negli ultimi trent'anni, cioè Thaksin Shinawatra, capo clan di una famiglia molto importante e molto facoltosa. Thaksin ha ottenuto e visto crescere le sue ricchezze nei decenni passati grazie alle concessioni nel settore delle telecomunicazioni. Me lo ricordo quando venne da Primo Ministro nel 2004 a Roma, io ero a quel tempo uno dei consiglieri diplomatici del Presidente Berlusconi a Palazzo Chigi: debbo dire che fece al Presidente Berlusconi un'impressione molto positiva e interessante, come un imprenditore prestatosi alla politica che metteva a disposizione del Paese le sue grandi capacità.
  L'errore di Thaksin, a quel tempo, fu di percepire il suo arrivo nella scena politica rispetto ad un sistema tradizionale thailandese che invece fatica ad accettare imposizioni diverse rispetto alla struttura tradizionale del Paese. La Thailandia si fonda storicamente su un triangolo che vede all'apice la monarchia: pur essendo una monarchia costituzionale, il sovrano in Thailandia ha un ruolo determinante in ogni scelta politica, nelle nomine apicali e in tanti altri aspetti. Considerate che uno degli articoli della Costituzione prevede il reato di lesa maestà, con una pena detentiva fino a quindici anni, anche semplicemente per aver espresso parole di critica nei confronti del sovrano, anche online, e c'è un controllo molto attento su questo.
  La seconda base del triangolo di cui parlavo è l'apparato militare: i militari in Thailandia hanno un ruolo molto importante storicamente, entrare in un'accademia militare per un giovane è sicuramente motivo di grande orgoglio e di grande prestigio personale. Non sono molto pagati, ma hanno una struttura di sostegno totale, quindi hanno alloggi, accessi all'università, hanno addirittura campi da golf, che è lo sport più seguito, tradizionale, anzi direi forse più popolare tra certi ambienti; hanno moltissime proprietà, anche territoriali, in tutto il Paese, da nord a sud.
  Il terzo elemento di questo triangolo tradizionale che sostiene la Thailandia è la vecchia aristocrazia feudale territoriale, quindi le grandi famiglie molto ricche, che però derivano la loro ricchezza dal controllo del territorio.
  Thaksin – dicevo poc'anzi – dall'alto dei suoi tanti miliardi di dollari - perché è veramente molto ricco - ritenne che la sua ricchezza bastasse a farlo entrare di diritto in questo schema. Così non fu, e quindi l'establishment tradizionale a un certo punto ritenne che alcune sue mosse fossero azzardate rispetto a quel momento storico della Thailandia e per cui misero in azione una reazione militare che lo portò ad essere dapprima messo da parte, poi imputato e condannato per reati connessi alle attività del suo ufficio.
  Pochi anni dopo Thaksin, dall'estero, appoggiò la scalata al potere della sorella, che ebbe la stessa fine, perché anche la sorella rimase Presidente del Consiglio per circa un anno e mezzo, ci fu un ennesimo colpo di Stato e anche la sorella in questo momento non può tornare perché anch'ella Pag. 4è stata condannata in via definitiva a quattro anni di detenzione.
  L'evoluzione di questi anni ha portato alle elezioni di maggio, quindi ad un risultato minore rispetto alle aspettative che il partito di Thaksin aveva: addirittura, prima del voto si pensava potessero arrivare ad un totale di 280 seggi, ne hanno avuti in realtà 141, quindi molti di meno... Il totale del Parlamento - della Camera bassa - sono 500 parlamentari, che vengono eletti ogni quattro anni. Il sistema thailandese è composto da due Camere, la Camera bassa – il Parlamento – e il Senato di 250 membri, attualmente composto da nominati. I 250 senatori sono espressione dell'establishment, quindi sono ex militari, ex Ambasciatori, ex Consiglieri di Stato, ex professori, che sono stati nominati nel 2019 da un Consiglio – poi sciolto – che era emanazione della giunta militare che aveva lasciato il potere a un Governo misto di civili e militari.
  Nella Costituzione thailandese è previsto che il Presidente del Consiglio venga eletto dalle due Camere insieme. Vi ho citato questa regola perché, a fronte del risultato delle elezioni di maggio che vi citavo, era nata inizialmente una coalizione di partiti – in quel momento all'opposizione del precedente Governo, che invece era un Governo di espressione più vicino ai militari – con l'obiettivo di provare a far nominare questo giovane leader Pita del movimento Move Forward come Primo Ministro della Thailandia. All'atto del voto questa coalizione, però, non ha avuto i numeri sufficienti per fare eleggere Pita, perché gli sono mancati del tutto i 250 senatori; anche perché una delle campagne che questo movimento Move Forward aveva portato avanti durante le elezioni era volta all'abolizione, o comunque alla rilettura, dell'articolo che vi citavo prima della lesa maestà. Questo fattore è stato percepito molto negativamente dagli elementi conservatori, e non solo, perché una delle cose importanti da tenere sempre ben presente è che la maggior parte della popolazione thailandese ha un rispetto nei confronti della monarchia; su alcuni giornali europei e occidentali ogni tanto si leggono delle interpretazioni, dei quadri un po' bizzarri dell'attuale monarca: io ho avuto l'onore di conoscerlo, non soltanto per la presentazione delle mie credenziali, ma anche in altre occasioni, probabilmente in gioventù aveva espresso alcuni vezzi un po' particolari, adesso, a settantadue anni, tutto sommato mantiene un profilo molto istituzionale; almeno non traspare da quello che fa e da quello che dice nessun tipo di comportamento bizzarro, questo sicuramente.
  Quindi, a fronte della mancata elezione del leader di Move Forward come Presidente del Consiglio si sono aperti nuovi scenari, legati anche al ritorno di Thaksin in Thailandia dopo dieci anni di esilio forzato, perché – come vi raccontavo prima – era stato nel frattempo condannato anche per altri reati a dieci anni totali di reclusione. Ci sono state sicuramente – anche se smentite sulla stampa – delle trattative intercorse prima delle elezioni e subito dopo tra uomini di Thaksin e Thaksin stesso con esponenti dell'establishment, che hanno portato al rientro di Thaksin in Thailandia. Thaksin è rientrato nel giorno in cui è stato eletto un suo candidato – quindi del suo Partito – a Presidente del Consiglio, in una coalizione diversa, di unità nazionale, che ha messo all'opposizione questo Move Forward che citavo prima, e invece ha fatto entrare nella coalizione governativa anche tutti i partiti che facevano parte del Governo precedente: quindi tutti i partiti che si rifacevano alla componente militare, o comunque avevano sostenuto il governo filo-militare, sono attualmente parte dell'attuale maggioranza di Governo.
  Quella settimana lì Thaksin ha avuto un perdono reale che gli ha ridotto la pena ad un anno di reclusione. Da quando è tornato ha accusato uno stato di salute cagionevole, per cui è stato ricoverato in un'ala dell'ospedale della polizia, che è al centro di Bangkok; ogni settimana c'è qualche deputato dell'opposizione che chiede di sapere quali siano le condizioni esatte di salute di Thaksin, viene detto che soffre di ipertensione e altri tipi di malanni che lo tengono in ospedale; c'è chi dice che alla scadenza dei termini di legge, e cioè agli inizi di Pag. 5gennaio, il sovrano possa ulteriormente concedere un perdono finale a Thaksin e quindi rilasciarlo e farlo tornare libero.
  Vi ho fatto questa lunga premessa dell'attuale stato politico – e mi scuso della lunghezza – per dirvi che in questo momento la Thailandia gode di una stabilità politica, soprattutto perché il leitmotiv che tiene unito il Governo in tutte le sue dimensioni e in tutte le sue prospettive è quello della crescita economica del Paese.
  È stato scelto come Primo Ministro un imprenditore di grande successo – Srettha – che era l'amministratore delegato della più importante società di sviluppo immobiliare della Thailandia, una persona molto brillante, molto intelligente – con la quale ho un rapporto personale molto stretto –, molto vicina all'Italia, tra l'altro: ha una grande considerazione dell'Italia, un grande interesse nei confronti del Governo italiano, auspica di poter incontrare il Presidente del Consiglio in tempi brevi. Tra l'altro, sarà a Davos nelle prossime settimane e mi aveva manifestato il desiderio di poter venire in Italia da Davos e poter incontrare il Presidente Meloni, questa potrebbe essere veramente un'opportunità molto interessante, che dicevo anche ai colleghi della Presidenza del Consiglio.
  L'obiettivo attuale del Governo thailandese è quello di una crescita economica – vi parlavo prima di un PIL di oltre 506 miliardi di dollari –, con un'idea, nel giro di pochi anni, di sviluppare un sistema di reti infrastrutturali in tutti i settori operativi.
  La Thailandia ha una condizione geografica molto vantaggiosa, è baricentrica in un'area talmente importante – poi ce lo dirà anche il collega Ambasciatore della Seta – dal punto di vista logistico forse è la miglior collocazione che potrebbe avere un Paese dell'area.
  Ha una rete aerea molto sviluppata, i tre aeroporti di Bangkok nel giro di pochi anni serviranno un bacino di utenza di oltre 100 milioni di passeggeri all'anno, quindi parliamo di grandi numeri. Avevano una compagnia aerea, la Thai Airways, che era una tra le dieci migliori compagnie del mondo: durante il COVID ha avuto problemi legati al fatto che la Thailandia per circa 2/5 del PIL si poggia sulle entrate turistiche, durante il COVID la situazione era talmente grave che il Governo aveva deliberato una chiusura totale del Paese, per cui per circa due anni non hanno avuto queste entrate; quindi hanno dovuto dimezzare la flotta della Thai Airways, hanno cercato di rimettere in sesto i conti economici, adesso ci sono riusciti e, notizia di pochi giorni fa, hanno appena rivolto un ordine di ottanta nuovi aeromobili a Boeing per i prossimi anni. Quindi l'obiettivo è fare tornare i 40 milioni di turisti che la Thailandia contava prima del COVID, cercare di aumentare anche questi numeri, far diventare la Thailandia un hub dell'innovazione tecnologica.
  Il Primo Ministro, da quando è stato eletto ad agosto, sta viaggiando a destra e a sinistra, è stato in Cina, in Giappone, negli Stati Uniti, nei Paesi del Golfo, verrà adesso in Europa, per attirare industrie moderne, soprattutto nel settore dell'automotive. La Thailandia mira a diventare hub regionale per la produzione di veicoli elettrici. Molte aziende che producevano negli anni scorsi in Cina stanno effettuando il reshoring e aprendo stabilimenti in Thailandia, dove il costo della manodopera è certamente minore rispetto a quello della Cina e dove le infrastrutture logistiche e tecniche sono altrettanto sviluppate come in Cina.
  Nel settore dell'industria sostenibile la Thailandia ha già dei risultati molto importanti: la prima azienda al mondo per riciclo di plastiche – Indorama – è basata in Thailandia.
  Purtroppo in Italia abbiamo una conoscenza non sufficientemente estesa di tutto quello che la Thailandia può produrre: a volte quando parlo di queste aziende parlo di numeri record, se voi pensate che il primo produttore al mondo di tonno è thailandese, tra l'altro in Italia possiede il tonno Mareblu ed è interessato anche ad acquisire altre aziende; il primo produttore di gomma al mondo è thailandese, il secondo produttore al mondo di zucchero è thailandese, il primo gruppo attualmente nel settore dell'ospitalità – il gruppo Minor – è thailandese, in Italia ha comprato la catena NH, ha aperto Anantara a Roma, in Pag. 6piazza della Repubblica, e vuole aprire ulteriori alberghi. Insomma, è un Paese che può sicuramente dare alla nostra nazione soddisfazioni anche in campo di investimenti diretti in Italia.
  L'approccio thailandese è diverso rispetto, per esempio, all'approccio cinese: il caso della Rinascente – altra proprietà thailandese, del gruppo Central, che sicuramente ha dimostrato una potenzialità e dei risultati di grande successo da quando è stata rilevata nel 2014 – dimostra che il controllo thailandese si riduce semplicemente ai numeri, il management è rimasto italiano, non c'è un solo tailandese nel board della Rinascente Italia, così come non c'è nel Mareblu o così come non c'è nelle altre aziende che loro hanno rilevato. È un investitore che guarda ovviamente al successo del proprio investimento, come farebbero tutti, e quindi potrebbe per noi sicuramente essere un partner interessante.
  L'altro aspetto su cui mi piace parlare è anche l'attenzione che hanno nei confronti del resto del mondo: le due crisi – anzi, la terza crisi adesso anche con Gaza – dimostra quanto il mondo sia sempre più interconnesso; loro, onorevoli, stanno analizzando in questi giorni la crisi che è derivata dall'insorgenza di attacchi Houthi nei confronti delle navi che passano nel Mar Rosso, ogni crisi che capita al mondo ha un effetto immediato su tutte le aree geografiche.
  La nostra area dell'Indo-Pacifico è in questo momento più stabile e più sicura di tante altre, e può quindi offrirci delle garanzie che altre aree purtroppo non possono offrirci, ma certamente risente essa stessa di scossoni che capitano lontano anche da loro.
  Io ho iniziato a parlare con le autorità thailandesi del «Piano Mattei» e debbo dire che ho riscontrato anche interesse da parte loro per il concetto che noi vogliamo fare di questo Piano...

  VINCENZO AMENDOLA. Il «Piano Mattei» non era per l'Africa? [intervento fuori microfono]

  PAOLO DIONISI, Ambasciatore d'Italia in Thailandia. Onorevole Amendola, potrebbero essere interessati anch'essi a co-investire – questo era il senso del mio riferimento al «Piano Mattei» – proprio perché percepiscono la necessità che tutto quello che viene messo in campo per frenare i fenomeni migratori o per controllare aree di potenziale crisi debba essere gestito e controllato insieme. Questo per quanto riguarda quello che la Thailandia può offrirci.
  Gli altri due Paesi – Cambogia e Laos – hanno realtà diverse, sono Paesi anche più piccoli: la Cambogia conta 17 milioni di abitanti – la Thailandia ne conta 70, come vi dicevo prima – il Laos ancora meno, circa 7 milioni. Il Laos ha difficoltà storiche, debbo dire, da diversi anni: il kip, la moneta laotiana, è in svalutazione da ormai un decennio. Il Governo laotiano, che è un Governo molto autoritario, è rimasto con una mentalità del controllo dell'economia dai tempi dell'influenza più marxista-sovietica, perché il riferimento è sempre quello. È controllata moltissimo dalla Cina, il Paese è del tutto in mano alla Cina, che ha sviluppato alcune reti infrastrutturali, ma in questo modo controlla totalmente l'economia laotiana, quindi senza poter dare grande spazio ad altri Paesi.
  La Cambogia, invece, soprattutto recentemente, con il trasferimento di poteri dal leader storico trentennale Hun Sen al figlio Hun Manet – che ha quarantaquattro anni e quindi molto più giovane: tra l'altro, si è laureato all'Accademia militare di West Point, quindi anche con un rapporto perlomeno di interlocuzione utile e propositivo con gli americani, così come mi diceva l'Ambasciatore americano a Phnom Penh – ha delle opportunità più interessanti anche per le nostre aziende, forse per le piccole e medie aziende la Cambogia rappresenta un'opportunità maggiore rispetto a quanto possa farlo la Thailandia, che invece è un'economia matura dove, come vi dicevo prima, sono presenti un po' tutti i campioni di tutto il mondo delle grandi aziende, dove per quanto ci riguarda può essere più complicato trovare un ruolo. In Cambogia, invece, questo ruolo potrebbe essere più interessante, perché la Cambogia è un Paese che soffre di carenze un po' in tutti i Pag. 7settori, quindi ha bisogno di un updating, di un arricchimento di contributi di aziende internazionali.
  Finisco citando un grande progetto che è stato recentemente rilanciato dal Governo thailandese, che è il progetto del Land Bridge, cioè questo collegamento ferroviario e stradale che, da un lato all'altro della Thailandia, quindi dal mare delle Andamane al Golfo della Thailandia, dovrebbe ridurre di circa dodici-quattordici giorni la circumnavigazione dello Stretto di Malacca e consentire anche alle navi di grandi dimensioni, di grande tonnellaggio e di grande pescaggio – che invece lo Stretto di Malacca non consente, perché le acque sono più basse: secondo il programma del Governo thailandese, dovrebbe essere realizzato nel prossimo decennio.
  Il Governo thailandese ha iniziato una serie di roadshow in vari Paesi del mondo, a cominciare da Cina e Giappone e nei Paesi del Golfo, ma ha intenzione anche di venire in Europa e io ho chiesto al Presidente del Consiglio thailandese di inserire certamente anche l'Italia in questo roadshow.
  Si tratta di un progetto di oltre 70 miliardi di dollari, molto complesso, dove dovranno essere realizzati anche dei tunnel, percorsi ferroviari, dove io credo che la tecnologia e le eccellenze italiane in questo settore potrebbero trovare spazio. Sarà importante ovviamente, quando questo roadshow arriverà in Italia, poterli stare a sentire e potergli poi offrire una risposta di insieme da parte delle nostre aziende, perché si tratta di numeri molto importanti e quindi soltanto insieme, se le nostre aziende riusciranno a trovare una possibilità di offrire delle opportunità di gruppo, potrebbero avere un ruolo importante.
  Io mi fermerei qua, e sono ovviamente a disposizione di qualunque vostro quesito.

  PRESIDENTE. Grazie mille, Ambasciatore. Poi ci saranno le domande dei colleghi. Passo adesso la parola all'Ambasciatore della Seta.

  MARCO DELLA SETA, Ambasciatore d'Italia in Vietnam. Grazie, presidente. Grazie, onorevoli, per questa occasione che è rara, in trentacinque anni di carriera è la prima volta che mi succede; una prima volta molto apprezzata, grazie.
  Mi limiterò al Vietnam, che è il mio Paese di accreditamento, cercando di rispondere alla domanda: che cosa rende interessante il Vietnam per l'Italia.
  Un'attenzione verso il Vietnam che quest'anno è stata particolare, ricorre il cinquantesimo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche, c'è stata la visita del presidente Võ Văn Thưởng alla fine di luglio, che ha messo il Vietnam sotto i riflettori anche da noi, più di prima. Però, tuttavia, la mia impressione è che ogni tanto del Vietnam si abbia una conoscenza un po' frammentaria in Italia: forse non in questo consesso, ma molti sono gli amici che mi parlano ancora della guerra del Vietnam, che è di due generazioni fa e la maggioranza dei vietnamiti non l'ha neanche conosciuta.
  C'è una distanza geografica, culturale, la barriera linguistica, tutto questo spiega forse una conoscenza, tra l'altro, che anche da parte loro è limitata nei nostri confronti, per cui c'è potenziale.
  Riassumendo in termini molto sintetici cosa sono i temi che rendono il Vietnam interessante per noi, io credo che siano tre, o meglio due più uno che li limita.
  Prima di tutto, l'affidabilità del Paese, secondo una certa convenienza soprattutto economica, ma con delle condizioni, perché non è un Paese per tutti. Vietnam come Paese affidabile: si parla di stabilità politica, è evidente che il sistema politico vietnamita è tale, si basa sul partito unico, su un sistema di tipo comunista, con un Comitato centrale, un politburo di diciotto membri, la supremazia del partito unico, che dà una grossa continuità. I cambiamenti avvengono ai congressi, che sono quinquennali, il prossimo sarà a gennaio del 2026. Ma, tuttavia, vorrei dire che a differenza di altri Paesi dell'area, soprattutto il vicino del Nord, c'è meno l'idea di una concentrazione del potere, in quanto il potere è gestito in modo collegiale, almeno al vertice, da quattro cariche apicali ben distinte e abbastanza uguali, che sono quelli Pag. 8del Presidente, il Primo Ministro, il Presidente dell'Assemblea nazionale e, primus inter pares, il Segretario Generale del partito.
  Questo favorisce delle linee programmatiche chiare, elaborate collegialmente ma – una volta che sono elaborate – chiaramente enunciate e poi applicate: questo è un altro elemento di sicurezza di continuità.
  In politica estera: anche lì c'è una certa continuità, la lunga e tragica esperienza bellica, non solo contro gli americani, ma prima contro i francesi e poi contro i cinesi – spesso lo dimentichiamo – ha portato a una politica che vuole essere amica di tutti; loro chiamano la bamboo diplomacy, nel senso di flessibilità ma senza poi cambiare posizione, e da un fortissimo attivismo diplomatico.
  L'idea, che è abbastanza comune in Asia – credo anche in Thailandia, ma senz'altro nell'Asia del Nord-Est – è quella di crearsi uno spazio di manovra e di indipendenza anche in politica estera. Spazio di politica estera, ma anche cerniera: il Paese si pone come cerniera non solo geografica, ma anche un po' ideologica tra Cina e Stati Uniti, tra Russia e Occidente, c'è un grosso debito di grossi contatti con la Russia ovviamente, molti degli interlocutori attuali si sono formati a Mosca. E poi anche la volontà di essere un modello per il Sud globale, perché questa storia di successo del Vietnam è un esempio per altri Paesi del Terzo mondo.
  Un esempio di questa duttilità è forse nei rapporti con la Santa Sede: contrariamente alla Cina loro stanno intessendo dei rapporti sempre più stretti; è di questa estate – durante la visita in Italia c'è stata anche una visita in Vaticano – la decisione di accettare un rappresentante pontificio permanente; credo che questo sia un passo – non rapidamente – verso lo stabilimento di rapporti diplomatici, immagino.
  Poi un altro elemento della loro politica estera è la dimensione regionale: qui entriamo in un altro elemento di interesse per noi, l'ASEAN. Loro, che in fondo vengono da un passato contrario all'ASEAN, in un certo senso, invece decidono di farne parte nel 1995 – dopo il crollo del blocco sovietico, non è una coincidenza – e diventano un socio attivo di questa organizzazione internazionale, con un'aspirazione ad essere leader nell'ambito dell'area indocinese del Mekong. Il Mekong che collega, come fiume, Laos e Cambogia – che sono di competenza di Paolo – e Vietnam; siamo al centro dell'Indo-Pacifico.
  Terzo elemento importante della politica estera vietnamita è l'adesione alle regole internazionali – una volta che sono entrati a far parte del consesso internazionale dopo la fine dei conflitti – e un'adesione al multilateralismo, che è dovuta anche a degli interessi geostrategici. Il Vietnam è molto attaccato al diritto internazionale e, soprattutto, al diritto del mare internazionale, all'UNCLOS dell'82, per ovvi motivi, quello delle controversie nel Mar Cinese meridionale, che è un punto che lo oppone alla Cina, ma che però ci interessa, perché è la difesa prima di tutto delle regole internazionali, del rispetto delle regole internazionali, e poi della libertà di navigazione, delle rotte commerciali; perché se è vero che la Thailandia è sulle rotte commerciali lo è allo stesso modo il Vietnam, da poco prima. Per cui un Paese che offre un certo grado di affidabilità, a causa della sua continuità, e con il quale abbiamo anche dei punti di interesse che possono essere condivisi.
  Parliamo dell'aspetto economico: convenienza perché il Vietnam è una storia di successo economico, come altri Paesi dell'area, ma forse in modo diverso. Nell'86 loro si aprono – quello che si chiama Doi Moi, su modello cinese – però i risultati sono sotto i nostri occhi: dal 2010 il Paese ha raggiunto il reddito medio (middle-income countries), l'obiettivo è di diventare ad alto reddito nel 2045. Dal 1986 la media di crescita del PIL è stata di 6,5 per cento annuo, che è un'ottima media. Oggi il PIL è di 410 miliardi di dollari, con una crescita quest'anno stimata attorno al 5 per cento. Soprattutto, il reddito pro capite si è triplicato in vent'anni, dal 2002 al 2023, per arrivare a 4.600 dollari in media, che però in termini di parità di potere d'acquisto sono 13 mila dollari, questo è un elemento anche importante. La disoccupazione è Pag. 9molto bassa, al 3,4 per cento, un'inflazione intorno al 3 per cento, un deficit pubblico e una finanza pubblica molto contenuta, al 36 per cento.
  Il modello di crescita in realtà non è quello cinese, è quello della Corea del Sud, con dei campioni economici come i grandi chaebol, che loro vorrebbero stimolare nel Paese. E un grosso focus su innovazione, ricerca ed educazione: questa però è una caratteristica abbastanza regionale.
  Forte integrazione internazionale di questa economia, per ovvi motivi: la dimensione del Paese non gli permette di fare come la Cina, se avessero una massa di popolazione come quella cinese avrebbero fatto delle scelte cinesi, non ce l'hanno e hanno deciso di integrarsi.
  Il commercio estero rappresenta il 50 per cento del PIL, hanno concluso accordi di libero scambio con settanta Paesi – è uno dei Paesi record in questo – e quello con l'Unione europea è operativo dal 2020.
  Voglio fermarmi un attimo sull'Accordo di libero scambio con l'Unione europea: è considerato da Bruxelles uno dei migliori, in quanto prevede l'annullamento del 98 per cento dei dazi doganali entro dieci anni, include anche delle tematiche riguardanti i diritti umani, i diritti dei lavoratori, adesioni a Convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Non è completamente applicato, ci sono delle difficoltà, ma la cosa è importante. Non solo l'Europa, anche il Trans-Pacific Partnership dal 2018... Insomma, un Paese che vuole integrarsi, per scalare la catena internazionale del valore. Per cui grossa enfasi su digitalizzazione, innovazione e tecnologie di punta.
  Da ultimo, a settembre c'è stata la visita – ci ritornerò – del Presidente Biden, che è stata una visita soprattutto economica, che ha dato inizio ad investimenti americani anche nel settore dei microprocessori in Vietnam, che è una cosa abbastanza incredibile quando uno vede da dove arriva il Vietnam.
  Anche un'attenzione alla sostenibilità, ambientale più che sociale. Il Paese è uno dei più grandi emettitori di gas serra della regione, con il 70 per cento dell'energia creata dal carbone, però alla COP26 di Glasgow si è posto degli obiettivi uguali ai nostri, di decarbonizzazione nel 2040 e neutralità climatica nel 2050, e stanno cercando di rispettarli, con enormi difficoltà. Ma non perché siano virtuosi naturalmente, ma perché è la condizione per essere competitivi sui mercati internazionali.
  Quello che sorprende, per un osservatore esterno come posso essere io, è la velocità di questi cambiamenti e – come diceva Paolo Dionisi poc'anzi – in una regione dove effettivamente godiamo di certi privilegi rispetto allo scenario globale che è abbastanza critico, e sempre di più.
  Quali le opportunità per l'Italia? Questa è la cosa che forse ci interessa di più. Per gli investimenti, intanto, la manodopera è a buon mercato, tra un terzo e la metà dei costi di manodopera cinese, qualificata, non molto sindacalizzata tra l'altro, essendo un Paese dove non c'è una grossa libertà di associazione. Tuttavia, questo è un elemento che va a scomparire, anche per motivi demografici, perché sebbene sia una popolazione molto giovane, con un'età media tra i trenta e quarant'anni, a seconda dei calcoli, in realtà sta invecchiando molto velocemente e le proiezioni sono di un invecchiamento rapidissimo.
  Come diceva Paolo per la Thailandia, c'è l'effetto che in Vietnam chiamiamo China plus one, non tanto lo spostamento di investimenti cinesi in Vietnam a causa della contiguità, ma investimenti che sono presenti in Cina e poi si espandono anche in Vietnam.
  La presenza nel mercato dell'ASEAN, dove il Vietnam è ben collocato, Paolo lo diceva poc'anzi. Un mercato interno di 105 milioni di abitanti, che non è male.
  Lo stock degli investimenti italiani è più o meno di 1 miliardo di dollari: sono presenti più o meno 150 imprese, che vanno dall'energia – l'ENI, l'ENEL –, le infrastrutture – Ghella farà la terza linea della metropolitana di Hanoi –, trasporti – la Piaggio forse è uno degli investitori più importanti, ma c'è anche Fincantieri, con un enorme cantiere navale a sud, vicino ad Ho Chi Minh –, i servizi – Generali ha un portafoglio di clienti in Vietnam di oltre 200 mila persone, che non è male.Pag. 10
  Una cosa interessante che abbiamo fatto noi italiani in Vietnam, a sostegno delle nostre esportazioni e dei nostri investimenti, sono dei centri tecnologici fatti dalle associazioni di categoria italiane insieme a degli istituti tecnici o università – che poi lì la differenza non è evidente – di carattere settoriale – per le calzature, il tessile, il settore lapideo – e tutto questo aiuta molto i nostri settori industriali.
  L'Accordo con l'Unione europea e il Vietnam sugli investimenti, che voi avete ratificato a luglio, non è ancora applicato, ma quando lo sarà darà un boost ulteriore agli investimenti.
  Commercio: interscambio bilaterale di 6,2 miliardi di euro nel 2022, le importazioni italiane dal Vietnam sono molto elevate, sono 2/3 più o meno, 4,4 miliardi di euro, soprattutto ferro, acciaio, telefonia, macchinari e calzature. Le importazioni italiane in Vietnam sono meno, 1,8 miliardi di euro, però in parte sono simili, questo perché, al di là di questo squilibrio, c'è un commercio di trasformazione tra i due Paesi, per cui le voci spesso sono le stesse. Potenzialità nell'aspetto commerciale con la crescita della classe media, potenzialità nei beni di consumo e nel food and beverage.
  Concludo con una riflessione sul fatto che questo scenario, che sembra un po' uno spot per il Vietnam, molto ottimista, però in realtà non è così facile e così immediato, ci sono delle condizioni e ci sono delle circostanze che vanno tenute in considerazione.
  La prima, un certo rallentamento congiunturale quest'anno dell'economia vietnamita: c'è stato un calo del PIL dell'8,2 per cento e naturalmente anche delle esportazioni e delle importazioni, dovuto a cause esogene, il rallentamento della Cina che è il primo partner, ma anche la congiunture internazionale, i prezzi dell'energia eccetera, ma anche i cicli degli stock negli Stati Uniti, che è un altro grande partner, che hanno portato a un rallentamento.
  Ci sono anche delle cause endogene, un ri-orientamento strategico verso investimenti di alta tecnologia, il digitale, la sostenibilità; le concorrenze, abbiamo dei competitor regionali forti, Corea e Giappone che sono lì vicini, ma anche gli Stati Uniti, e anche l'Unione europea, concorrenti che sono la Germania ma anche l'Olanda e il Belgio, per cui è necessario un impegno sistemico italiano.
  Impegno sistemico che in parte già avviene, attraverso il sostegno alle imprese: è l'unico Paese della regione dove abbiamo un Consolato generale – un po' perché il Paese è lungo e un po' perché ha due poli – che è il Consolato a Ho Chi Minh, creato nel 2017, che è stato creato con una vocazione soprattutto economica; sono presenti ICE, SACE, con quella che è la sua push strategy – se volete posso approfondire –, presto avremo la SIMEST, Camere di commercio, un ufficio UCIMU... Insomma gli strumenti ci sono, ma devono essere accompagnati anche dal soft power, non bastano il commercio, il trade e il business da soli. In questo, alla Farnesina abbiamo messo in piedi da tempo una strategia di promozione integrata, che mischia cultura con educazione – ci sono più di cinquecento studenti vietnamiti in Italia all'anno – scienza e tecnologia – c'è un addetto scientifico in Ambasciata – e anche cose apparentemente più futili, ma molto importanti, come la cucina o lo sport: abbiamo un addetto agricolo, per quanto riguarda lo sport sono appassionati di calcio, il golf è anche molto importante, gli sport acquatici...
  In conclusione: importantissimo in tutta l'area – non solo in Vietnam, credo in Thailandia, ma in tutta l'area dove ho lavorato per gli ultimi vent'anni – il sostegno istituzionale, soprattutto in un sistema come quello vietnamita, che è top-down, che è molto istituzionalizzato.
  Qui concludo dicendo il ruolo del partito in Vietnam che è centrale, porta e dà una dimensione maggiore e un'importanza particolare alla diplomazia parlamentare. Lo dico qui, ben cosciente: l'ho visto nei pochi mesi che ho lavorato in Vietnam, con la visita degli onorevoli Cattaneo e Onori – che è qui presente –, che mi hanno dato la misura di quanto sia importante la diplomazia parlamentare; ci sono delle associazioni di amicizia, credo che la vostra visita Pag. 11in Vietnam sia benvenuta e sia utile per il Paese. Grazie, concludo qui.

  PRESIDENTE. Grazie, Ambasciatore. Grazie ad entrambi, adesso apriamo alle domande dei colleghi. Mi sia concesso solo dire che con molti dei colleghi presenti abbiamo lavorato anche in Italia sul versante parlamentare, facendo diversi incontri con delegazioni dei Paesi.
  Do la parola all'onorevole Onori, poi a Billi e poi a Orsini.

  FEDERICA ONORI. Grazie, presidente. Grazie agli Ambasciatori qui presenti per i loro interventi.
  Delle curiosità: all'Ambasciatore Dionisi, per quanto riguarda la comunità italiana, se ci poteva offrire qualche cifra e qualche caratterizzazione del tipo di emigrazione che Lei osserva e, in generale, se riscontra delle necessità particolari che i nostri connazionali in Thailandia, in Cambogia e Laos manifestano, se c'è qualcosa di cui hanno bisogno, ovviamente qualcosa per cui magari noi potremmo essere utili.
  Invece per l'Ambasciatore della Seta, che saluto, ci sono stati due incontri importanti ultimamente ad Hanoi: il 12 dicembre la visita di Xi Jinping, dopo sei anni di sua assenza in Vietnam e, poco tempo prima, a settembre, c'è stato Biden. Ero curiosa di sapere se Lei avesse avuto modo di osservare una differenza nella temperatura con cui si sono accolti questi due eventi, non tanto o non solo dal punto di vista istituzionale, quindi del cerimoniale, se ha intravisto delle differenze, ma soprattutto dell'accoglienza della popolazione e quindi del racconto sui media, se c'è una differenza di temperatura in questo senso.
  Poi una domanda sui corsi di lingua: la popolazione vietnamita manifesta un interesse significativo per la nostra cultura e per la nostra lingua, ci sono molti corsi di lingua anche a livello universitario, un corso curricolare addirittura. Mi chiedevo se secondo Lei la domanda di italianità, di conoscenza della cultura e lingua italiana, venga soddisfatta al momento con l'offerta che offriamo in quel Paese, oppure se c'è un margine di incremento in questo senso.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Billi.

  SIMONE BILLI. Anch'io ringrazio gli auditi per la loro disponibilità. Sarò brevissimo, avete già toccato con le vostre relazioni diverse questioni che avevo piacere di sentire o casomai di chiedervi.
  Vi chiederei un po' più di dettagli per quanto riguarda i rapporti o le differenze di temperatura con i Paesi limitrofi come la Cina e l'India – che a volte sono alleati e a volte invece non lo sono per niente, anche nella gestione di quell'area –, con la Russia e con gli Stati Uniti.
  L'Ambasciatore della Seta ha già fatto un breve cenno, invece, al discorso con l'Unione europea, con i dazi e con gli accordi su cui stiamo lavorando, quindi direi queste come questioni principali di geopolitica, per avere il vostro punto di vista su quell'area del mondo, che è di particolare interesse per noi.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Orsini.

  ANDREA ORSINI. Premesso che io faccio parte, per evidenti ragioni generazionali, di quelli che hanno in mente il Vietnam con il sentiero di Ho Chi Minh, i vietcong, il delta del Mekong in cui si combatte e tutte queste cose – e, per intenderci, sono assolutamente dalla parte dei Berretti Verdi –, detto tutto questo, la mia sensazione – che però Lei ha in parte smentito e Le chiederei una conferma della smentita – era che il fatto che oggi il Vietnam sia invece un Paese estremamente interessante per l'Occidente e sia diventato da «nemico» un Paese amico, forse è da intendersi soprattutto in funzione della tradizionale ostilità anti-cinese del Vietnam. Mi sembra di capire che invece non sia tanto così, nel senso che non sia per difendersi dalla Cina che il Vietnam ha aperto questi così intensi rapporti, commerciali ma anche politici, con l'ASEAN e con l'Occidente, ma sia per un altro tipo di politica. Mi conferma questo?
  Seconda domanda: io ho partecipato - credo nel 2009 o 2010 – all'inaugurazione Pag. 12dello stabilimento Piaggio vicino ad Hanoi: allora chiesi per curiosità quanto tempo c'era voluto per realizzarlo, c'erano già le prime Vespe che uscivano dalle linee di montaggio; mi hanno risposto che sei mesi prima lì c'erano solo risaie. Questo, al di là dell'aneddoto, dà un'idea di estrema agilità del sistema Paese. È ancora così, è vero, è solo un'impressione che vogliono proiettare loro? Perché, evidentemente, l'idea di investire in questa realtà cambia molto secondo il tipo di risposta che il Paese può dare da questo punto di vista.
  All'Ambasciatore a Bangkok: fermo restando che io sono rimasto al fatto che Bangkok è la retrovia dei soldati americani che vanno in licenza a divertirsi dal Vietnam, quindi Paese molto schierato con l'Occidente, storicamente, volevo capire, in queste dinamiche interne che Lei ha descritto: in qualche modo cambia la proiezione internazionale della Thailandia, ci sono opzioni di politica estera diverse fra le forze che si sono alternate al Governo in questi anni?

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Coin.

  DIMITRI COIN. Grazie. Una domanda rispetto alle situazioni che sono state descritte in Thailandia prima, che magari mi è sfuggito: il Senato è stato nominato da un Consiglio che poi è stato sciolto. Ma il Senato alla fine è decaduto o rimane ancora in essere?
  E poi, quali possono essere le relazioni che l'Italia può mettere in atto, dove si può lavorare per incrementare le relazioni tra Italia e Thailandia?

  PRESIDENTE. Grazie. La parola agli Ambasciatori. Prego, Ambasciatore Dionisi.

  PAOLO DIONISI, Ambasciatore d'Italia in Thailandia. Innanzitutto grazie per le domande interessanti.
  Onorevole Onori: mi fa piacere questa domanda, perché una delle cose che ho chiesto ai colleghi della parte consolare era proprio quella di fare una foto, ho fatto per esempio aggiornare le schede, quando uno viene a rinnovare i passaporti per noi è un momento fondamentale, non so perché prima non si era pensato a questo, ma sapere che cosa faccia un italiano, perché sta lì, quale azienda conduce, insomma a me sono cose che onestamente interessano e credo che interessino il Paese proprio come foto di insieme.
  Noi abbiamo registrato informalmente 7 mila italiani in tutta la Thailandia, ma in realtà sono molti di più, perché ci sono circa 20-30 mila persone che vengono a trascorrere dei mesi in Thailandia ogni anno; non si registrano all'AIRE, non vengono da noi, spesso hanno anche case lì; per dirle, c'è una comunità caprese molto fitta, che d'inverno viene a trascorrere dei mesi di vacanza in realtà, essenzialmente a Phuket.
  Di quelli invece registrati formalmente la maggior parte sono uomini in età pensionabile, vengono per varie situazioni, perché il Paese è accogliente dal punto vista meteorologico, sempre caldo, i servizi sanitari sono di altissima qualità, i servizi funzionano tutti, il Paese è molto sicuro, si vive anche con pochi soldi, insomma se uno si accontenta di poco... Purtroppo, c'è da dire che alcune persone vengono anche perché trovano lì delle compagne, e, ahimè, quando poi l'italiano anziano muore e dobbiamo avvertire le famiglie in Italia spesso e volentieri abbiamo risposte dalle famiglie molto scoraggianti per noi, perché figli che dicono: «mio papà ci ha lasciato, è andato, non vogliamo più saperne», quindi anche situazioni piuttosto tristi. C'è una comunità molto importante invece nel settore della ristorazione, debbo dire che in trentatré anni di carriera diplomatica è forse la prima volta che incontro all'estero un livello di qualità della ristorazione italiana tale e quale all'Italia, sono veramente professionisti molto seri e importanti che hanno avviato questi esercizi con grande successo e debbo dire che riscuotono anche grande simpatia e grandi successi locali.
  Non ci sono problematicità, non ci sono criticità, dal punto di vista di gestione della comunità, essendo una comunità piccola, è facilmente gestibile; io ho ulteriormente chiesto di velocizzare anche il rinnovo dei Pag. 13passaporti, insomma tutti i servizi anagrafico-consolari tradizionali. Ogni tanto qualche turista incappa – soprattutto i più giovani, perché magari fanno uso di alcolici o altro – in fermi da parte delle autorità locali, ma noi abbiamo un rapporto molto buono e di collaborazione, per cui alla fine in realtà non abbiamo casi gravi: in questo momento sono solo tre gli italiani – peraltro stabilmente residenti – agli arresti domiciliari, per reati essenzialmente economici, di frodi locali o di mancati pagamenti o assegni in bianco.
  In Laos e Cambogia la comunità è molto piccola: nel Laos veramente poche decine e in Cambogia sono circa 220. Stranamente, in Cambogia soprattutto mi son capitati dei casi di ragazzi disperati, non so per quale motivo veramente sono venuti in Cambogia, due si sono per esempio suicidati, però avevano delle storie alle spalle veramente molto tristi e drammatiche, di difficoltà familiari, di rapporti molto tesi con i genitori, di situazioni di tossicità precorsa. Però veramente non ho capito il motivo per cui uno va in Cambogia, non è un Paese facile, per cui non so quale fosse il motivo. Tra l'altro, non è neanche così facile trovare droga in Cambogia, il mito del triangolo d'oro, di quell'area del mondo degli anni che diceva l'onorevole Orsini non c'è più. C'è ancora una produzione di droga in Myanmar, tra l'altro utilizzata da entrambi, sia dalla giunta militare che dalle opposizioni che sono in guerra con la giunta militare, però sono tutte droghe sintetiche, essenzialmente metamfetamine che vengono poi portate tramite frontiera, illegalmente, in Thailandia e da lì vengono poi distribuite nel mondo e vengono commercializzate.

  ANDREA ORSINI. Nel nord della Thailandia non ci sono più? [intervento fuori microfono]

  PAOLO DIONISI, Ambasciatore d'Italia in Thailandia. No, non ci sono quei fenomeni, non ci sono più quegli scenari lì. Anche il triste, purtroppo, fenomeno del turismo sessuale che c'era in passato, con il COVID debbo dire che, grazie a Dio, è cessato, per cui non ci sono più quei locali che c'erano prima, perlomeno non sono così tanti come erano prima; almeno, io sono lì da un anno e non abbiamo avuto in un anno casi di italiani, ma neanche di stranieri debbo dire, arrestati per questo tipo di eventi.
  Se Marco della Seta me lo consente finisco il giro e poi ti do la parola per rispondere.
  In Vietnam c'è – ma ne parlerà poi l'Ambasciatore della Seta – un ufficio di UNITA, che è questa associazione che raggruppa le università italiane, che è tra l'altro presso l'Ambasciata, che io ho chiesto possa espandere l'operazione anche in Thailandia, perché c'è una forte domanda, e noi la stiamo anche molto promuovendo, di interesse per l'Italia, per le università italiane. Stiamo cercando di fare una promozione un po' più accurata su quelle che sono le università di eccellenza, io ho chiesto anche alle autorità thailandesi di specificarmi un po' quali sono i settori nei quali preferivano le borse di studio, perché nel passato noi elargivamo borse di studio nei settori tradizionali, il fashion... Va benissimo, continueremo a farlo, però volevo che si qualificasse un po' di più, abbiamo eccellenze universitarie anche in settori tecnologici di punta, i politecnici italiani sono all'avanguardia e sono assolutamente alla pari di tanti altri. Quindi ho chiesto al Governo thailandese di indicarmi anche in settori più avanzati quale tipo di specializzazioni potrebbero intercettare un po' l'interesse degli studenti thailandesi.
  All'onorevole Billi, i rapporti con gli altri Paesi: in realtà, la politica del bamboo è una politica dell'area, giocoforza perché sono vicini geograficamente; la Cina adesso sarà anche collegata via treno, quindi non possono prescindere da un rapporto costruttivo con la Cina. Tra l'altro, la Thailandia ha un rapporto equidistante, è un po' la loro prerogativa, quella di avere solo amici, non hanno mai preso posizioni. L'onorevole Orsini ricordava la postura durante la guerra in Vietnam, quella è una postura che faceva anche parte di un altro mondo, di blocchi contrapposti. In quel tempo sì, storicamente parlando, la ThailandiaPag. 14 aveva fatto dell'anti-comunismo una questione proprio nazionale, per cui c'erano Governi militari ferocemente repressivi nei confronti di tutto quello che poteva costituire un pericolo comunista. Non è più così, ormai il mondo è un po' cambiato, quindi hanno rapporti molto cordiali. Tra l'altro, la Thailandia è parte della Via della Seta per ragioni economiche, perché ci passa, quindi ne hanno anche un ricavo.
  L'aspetto fondante della politica estera thailandese è l'interesse nazionale: per esempio, quando io arrivai lì insieme ai miei colleghi europei facemmo delle pressioni sul Governo thailandese, per esempio nei confronti della Russia, per certi atteggiamenti thailandesi sulle risoluzioni delle Nazioni Unite; su una risoluzione, per esempio, i thailandesi si sono astenuti, a novembre del 2022, ma il Primo Ministro del tempo mi disse per una semplice ragione, anzi due: una è perché ogni anno arrivano in Thailandia 10 milioni di turisti russi, che rappresentano un volume d'affari molto importante; secondo, l'anno scorso c'era il vertice dei Paesi di questa unione di tutto il Pacifico – l'APEC – e si aspettava la visita di Putin, che poi non è venuto. Quindi, per evitare che Putin fosse disturbato e quindi non potesse avere la vetrina internazionale - perché sarebbe stata la prima occasione di potenziale incontro, il Presidente Macron venne a Bangkok anche con l'idea di poter incontrare Putin – decisero l'astensione, però proprio per un interesse nazionale.
  Hanno però rapporti molto stretti con gli americani, l'Ambasciata americana è la più grande in tutta l'area; hanno rapporti militari con gli americani, ogni anno fanno due grandissime esercitazioni militari con gli americani, ma ne fanno anche con la Cina.
  Stesso discorso con l'India, in Thailandia c'è una comunità d'origine indiana, quindi indiani diventati thailandesi per generazioni, e c'è una grande comunità di indiani anche nel settore imprenditoriale. Quindi, rapporti economici molto forti e da questo deriva una vicinanza anche nei confronti dell'India.
  Stessa cosa nei nostri confronti: diciamo che noi europei abbiamo peccato un po' nel recente passato di un certo atteggiamento quasi paternalistico su certi aspetti, che ci ha un po' messo in una posizione non molto favorevole. Adesso, invece, questi rapporti si sono riequilibrati, quello che interessa ad entrambi è la rapida conclusione dell'Accordo sul libero scambio, che porterà benefici a entrambi, perché sono mercati fondamentali, quindi c'è un rapporto equidistante e bilanciato con tutti quanti.
  All'onorevole Orsini: anche in Thailandia sono molto veloci, quindi c'è un'agilità nella realizzazione delle cose; Essilor-Luxottica ha aperto il più grande stabilimento in Asia in dodici mesi, ma gigantesco, quindi anche quello è molto facile come cosa.
  Per quanto riguarda la vecchia storia, quella erano date - come dicevo - da momenti storici diversi, la Thailandia, come atteggiamenti, è forse il Paese più occidentale di tutta l'area.

  ANDREA ORSINI. (intervento fuori microfono) Mi chiedevo se tra le forze politiche thailandesi ci sono differenze sulla politica estera.

  PAOLO DIONISI, Ambasciatore d'Italia in Thailandia. Questo movimento Move Forward per certi aspetti – il leader almeno – era molto schierato su posizioni filoamericane e solo filoamericane: alcuni analisti locali avevano, forse in maniera un po' esagerata, tratto una sorta di paragone con la situazione dell'Ucraina, cioè su alcuni giornali qualche professore di scienze politiche locale era arrivato a scrivere, esageratamente a mio avviso: «se Pita va al Governo noi diventiamo troppo filoamericani e questo ci mette in una condizione forse un po' rischiosa rispetto alla Cina». Però, ecco, questo attuale Governo invece è molto equilibrato e vuole essere amico di tutti quanti.
  Ultimissima cosa, onorevole Coin: il Senato finirà il mandato il prossimo anno, ci sarà un sistema di nomina dei senatori diverso rispetto a quello del 2019 perché è cambiato il sistema di riferimento. I senatoriPag. 15 saranno scelti a livello locale dalle amministrazioni locali, dalle regioni diciamo, sarà un po' come i caucus americani se vuole. Non ci sarà un voto popolare, che sarà limitato alla costituzione dei consigli provinciali, poi il consiglio provinciale nominerà il rappresentante che andrà poi a rappresentare quella regione in Senato. Però il Senato è assolutamente in funzione fino all'estinzione.

  PRESIDENTE. Do la parola all'Ambasciatore della Seta.

  MARCO DELLA SETA, Ambasciatore d'Italia in Vietnam. [audio non udibile] ... Colpi di cannone, onori particolari e, dal punto di vista del racconto sui media, c'è stato un racconto più enfatico. Però, nella realtà, credo che il sentimento popolare era molto più vicino a quello americano che a quello cinese; tradizionalmente la popolazione vietnamita è anti-cinese, per motivi storici sia recenti che antichi, ed è uno dei grossi problemi del sistema vietnamita, quello di avere un sistema che è legato alla Cina e che è simmetrico a quello cinese, ma con una popolazione che è invece anti-cinese.
  La seconda domanda era sui corsi di lingua, se la domanda era soddisfacente o no, cosa si può fare di più e se crescerà: la domanda per il momento cresce, ma in maniera non esponenziale, io credo che con l'aumento degli scambi interuniversitari... Ricordo che la Cattolica quest'anno ha fatto un accordo con un'università economica ad Hanoi per fare dei cicli comuni che permettano di dare il titolo italiano in Vietnam – cosa che fanno molti nostri concorrenti di altri Paesi e che è un po' la via – e questo certo porterà ad un aumento della richiesta dello studio dell'italiano.
  L'onorevole Billi mi domandava i rapporti con Cina, India, Russia e Stati Uniti: è una domanda molto grossa, diciamo che con l'India i rapporti sono buoni, ma sono anche più distanti, senz'altro più distanti che dalla Thailandia.
  Con la Cina è il grosso problema, così rispondo anche all'onorevole Orsini: i rapporti tra Vietnam e Cina sono un po' il grande punto di erogazione e la grande chiave di lettura di quello che succederà nel Paese e come evolverà il Paese. Sono dei rapporti ambigui ed ambivalenti, dei rapporti strettissimi dal punto di vista economico, dei rapporti strettissimi a livello di partito – e lo abbiamo visto durante questa visita che era tutta incentrata sui rapporti tra partiti – però ci sono dei forti elementi di contrasto, addirittura delle controversie territoriali per quel che riguarda le frontiere marittime nel Mar Cinese meridionale, ricordo ancora molto fresco l'attacco cinese nel 1979.
  La Via della seta: il Vietnam fa parte della Via della seta, però non ne ha mai applicato le conseguenze, si è sempre rifiutato, è stato molto prudente sugli investimenti cinesi in Vietnam, che pure ci sono ed è un grossissimo investitore, però non in certi settori. Una delle cose interessanti di questa visita di Xi Jinping a dicembre è proprio l'intesa su un collegamento ferroviario, cosa che non era avvenuta fino adesso – ci sono dei collegamenti ferroviari, ma sono antichissimi e obsoleti – non volevano essere modernizzati per ovvi motivi, anche strategici; il fatto che si sia arrivati a poter fare un'intesa sul rimettere in gioco questi collegamenti è sintomatico; per cui è difficile parlare della Cina.
  La Russia è stato il grande alleato durante la guerra contro gli Stati Uniti, la guerra del Vietnam lì viene chiamata la «guerra americana». Il grande aiuto di armamento è quello russo, ancora oggi i vietnamiti comprano il 70 per cento del loro armamento dalla Russia, anche se l'episodio ucraino gli ha fatto forse capire che... e hanno cominciato già a diversificare prima. La Russia rimane un partner rispettato, questo spiega la loro posizione su temi come l'Ucraina, ma è sempre più marginale; se c'è uno shift, secondo me, è dalla Russia, non dalla Cina.
  Stati Uniti: questa è un'altra domanda, ne parlavo col collega statunitense Lee, che diceva che c'è uno shift verso l'Occidente e verso di noi. Shift c'è nella misura in cui c'è un interesse economico – i microprocessori, la scalata della catena del valore eccetera – ma credo che non bisogna farsi Pag. 16illusioni: il Vietnam è in un campo specifico a causa del suo sistema politico, non credo che si muoverà da lì, salvo cambiamenti imprevedibili.
  Onorevole Orsini, non so se ho risposto un po' alla sua domanda sull'ostilità anti-cinese che permane. Sulla Piaggio, l'agilità del sistema Paese: io credo che l'agilità del sistema Paese ci sia ancora e ci sia molto, anche se è un'agilità che ha un limite, perché non è libero mercato completo, ci sono sempre comunque delle direttive e una tutela statale, però, come in Cina, in un periodo forse precedente a quello attuale l'agilità c'è e la rapidità è molto forte.
  L'onorevole Coin non aveva fatto domande specifiche nei miei confronti, per cui credo di avere risposto, forse troppo sinteticamente, ma so che avete altre cose da fare.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora, di cuore, gli Ambasciatori. Abbiamo colto un'occasione unica, cerchiamo tutti insieme, anche a partire dal Comitato Indo-Pacifico, di fare il Sistema Paese.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.05.