XIX Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 19 luglio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
De Corato Riccardo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI ATTIVITÀ DI RAPPRESENTANZA DI INTERESSI

Audizione di Silvia Sassi, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, in videoconferenza, di Francesco Bilancia, professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele d'Annunzio» di Chieti-Pescara, e di Nicola Lupo, professore di diritto costituzionale presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma.
De Corato Riccardo , Presidente ... 3 
Sassi Silvia , professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, intervento in videoconferenza ... 3 
De Corato Riccardo , Presidente ... 5 
Sassi Silvia , professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, intervento in videoconferenza ... 5 
De Corato Riccardo , Presidente ... 6 
Bilancia Francesco , professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele D'Annunzio» di Chieti-Pescara ... 6 
De Corato Riccardo , Presidente ... 9 
Lupo Nicola , professore di diritto costituzionale presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma ... 9 
De Corato Riccardo , Presidente ... 11 

Allegato 1: Documentazione depositata dalla professoressa Silvia Sassi ... 12 

Allegato 2: Documentazione depositata dal professor Francesco Bilancia ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
RICCARDO DE CORATO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Silvia Sassi, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, in videoconferenza, di Francesco Bilancia, professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele d'Annunzio» di Chieti-Pescara, e di Nicola Lupo, professore di diritto costituzionale presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione – nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di attività di rappresentanza di interessi – di Silvia Sassi, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze (in videoconferenza), di Francesco Bilancia, professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele d'Annunzio» di Chieti-Pescara, e di Nicola Lupo, professore di diritto costituzionale presso l'Università LUISS Guido Carli di Roma.
  Avverto che i deputati possono partecipare in videoconferenza alla seduta odierna, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il regolamento. Do quindi la parola a Silvia Sassi, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze.

  SILVIA SASSI, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, intervento in videoconferenza. Grazie a tutti e buon pomeriggio. Prima di iniziare desidero ringraziare il Presidente e la Commissione per l'invito a questa audizione, che mi onora.
  Vengo subito alla questione. Nel corso delle mie riflessioni sul tema della rappresentanza di interessi mi sono più volte chiesta non tanto a cosa serva una regolamentazione del lobbying, quanto piuttosto perché in Italia sia così difficile regolamentarlo. Perché questa domanda? Perché diversi e sensibili sono i vantaggi che una sua disciplina porterebbe al nostro sistema Paese.
  Ne elenco velocemente alcuni, poi nel dettaglio rimando a quanto scritto e depositato presso la Commissione. Anzitutto una regolamentazione del lobbying costituirebbe un'implementazione immediata di due diritti fondamentali dell'individuo: il diritto di partecipazione alla vita politica e la libertà di associazione. Questa implementazione aumenterebbe sia la fiducia dei cittadini verso le istituzioni sia un accesso equo ed equilibrato di tutti gli interessati all'attività di lobbying. A cascata, dunque, si innalzerebbe per un verso il livello di democraticità del sistema Paese e si abbasserebbe peraltro quello dei fenomeni corruttivi. Inoltre, la previsione di una disciplina del lobbying ha una ricaduta positiva in termini economici, così come più volte è stato sottolineato da diverse organizzazioni internazionali, tra cui l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), in particolare ma non solo. Infine, la regolamentazione del lobbying per l'ordinamento europeo costituisce ormai da anni parametro di rispetto e rafforzamento dello Stato di diritto di cui all'articolo 6 del Pag. 4Trattato dell'Unione europea. Al riguardo rinvierei alle relazioni sullo Stato di diritto del 2022 e del 2023 della Commissione europea. Quindi, nonostante ci si possa stupire del fatto che l'Italia, per le ragioni appena dette, a differenza di altri nostri Stati cugini dell'Unione europea – ricordo che attualmente sette sono gli Stati dell'Unione europea che hanno adottato una legge ad hoc sul lobbying (Germania, Austria, Francia, Irlanda, Polonia, Lituania, Slovenia) –, non abbia ancora una regolamentazione della rappresentanza di interessi, non si può negare la delicatezza del tema che da sempre ha messo in competizione, quasi in alternativa, l'interesse pubblico con quello privato.
  Ebbene, forse è giunto il momento, per il contesto storico, politico, economico e sociale nel quale ci troviamo, di porre la questione sotto un'altra ottica, dunque non sotto l'ottica della competizione dei due interessi, che li pone in alternativa e quindi potenzialmente in conflitto, ma sotto quella della compartecipazione, della integrazione dei due interessi. Questo perché? È innegabile che il dibattito, il confronto tra molteplici interlocutori portatori di interessi divergenti, permetterebbe ai decisori pubblici di individuare meglio l'interesse generale dell'ordinamento, mettendoli anche in condizione di perseguirlo più efficacemente. Quindi, se non è certamente possibile sostenere che vi è una democrazia alternativa a quella rappresentativa, è però vero che la democrazia non è un sistema assestato, ma una cornice di possibilità che deve essere riempita. Ed essendo la democrazia una tecnica di razionalizzazione del potere, molteplici possono essere i metodi per raggiungerla; e per il momento storico, economico, politico e sociale che stiamo vivendo una legge che coinvolga nel processo decisionale i rappresentanti di interesse per raggiungere al meglio l'interesse pubblico, ebbene, a mio parere, è uno strumento che implementa la democrazia.
  Tuttavia, per quanto il regime democratico possa evolvere, data la sua natura dinamica, alcuni presupposti minimi devono sempre esistere, e questi sono appunto la libertà e lo Stato di diritto. Ora, prima di affrontare le tecnicalità che la legge dovrebbe possedere, è necessario pensare agli obiettivi che si vogliono perseguire con essa. Conseguentemente, è necessario riflettere anzitutto sui princìpi fondanti la disciplina, anche perché, come dirò tra poco, a ogni principio corrisponde una serie di strumenti applicativi.
  Ora, tra i princìpi che dovrebbero essere sottesi alla disciplina della rappresentanza di interessi - promossi da ordinamenti sovranazionali, come l'Unione europea, e da ordinamenti internazionali, quali l'OCSE, il Consiglio d'Europa, il Commonwealth of Independent States (ma anche alcune organizzazioni non governative hanno stabilito standard al riguardo) – si ricordano: il principio di apertura effettiva ed equa a tutti gli stakeholders che vogliano accedere alla elaborazione delle politiche pubbliche; il principio della regolarità nella consultazione e partecipazione delle parti interessate alla redazione di un atto normativo o di una politica pubblica; il principio di trasparenza; il principio dell'etica o dell'integrità dei due soggetti attori di questa relazione – che sono da una parte i lobbisti e dall'altro i decisori pubblici – e il principio di revisione della legislazione nel caso in cui l'esperienza applicativa pratica renda la revisione opportuna, vale a dire la cosiddetta valutazione ex-post. Ebbene, a ciascuno di questi princìpi, come ho detto prima, corrisponde una serie di strumenti e di misure attuative che in questa sede trarrò sia dalle legislazioni specifiche sul lobbying che i nostri Stati cugini hanno finora adottato, sia dalla regolamentazione che la stessa Unione europea ha adottato per se stessa. Imposto il mio ragionamento in questo modo per un immediato risvolto pratico: cioè ritengo che se le regolamentazioni nazionali sono quanto più simili e vicine a quelle dell'Unione, da un lato si semplificherebbero gli aspetti burocratici tra i diversi livelli ordinamentali e dall'altro si creerebbe un assetto normativo omogeneo e sinergico. È evidente poi quanto questi aspetti siano anche funzionali all'integrazione europea e quanto, anche e soprattutto (se guardate sotto il profilo della trasparenza) al principio democratico. Ebbene,Pag. 5 da questa comparazione, che tiene conto dei variegati quadri normativi di livello sia nazionale che sovranazionale, è ravvisabile in linea di principio la seguente tendenza. In applicazione del principio di apertura e di equo accesso dei rappresentanti di interessi, le diverse legislazioni hanno cercato di definire il lobbista: chi è il lobbista, quali sono le attività del lobbying e quali sono i destinatari del lobbying, vale a dire i decisori pubblici. Invece, in applicazione del principio di trasparenza, le diverse legislazioni prese in considerazione prevedono registri online in cui i lobbisti rilasciano una serie di informazioni che permettono di sapere per conto di chi si agiscono, quali sono gli obiettivi per cui si agisce e le forze economiche impiegate per perseguire tali fini. L'iscrizione a questi registri è per gli Stati UE conditio sine qua non per l'esercizio dell'attività di lobbying. Infine, l'applicazione dei princìpi dell'integrità e dell'etica viene sviluppata attraverso l'adozione di codici di condotta che i lobbisti devono rispettare nell'esercizio delle loro attività e nei quali troviamo un sistema sanzionatorio, in caso di violazione delle regole prescritte, e la previsione di un organismo responsabile dell'intero sistema. In applicazione dei princìpi dell'integrità e dell'etica, è prevista anche l'adozione di codici di condotta dei decisori pubblici. Si tratta di codici di condotta che i decisori pubblici devono rispettare nel momento in cui si rapportano con i lobbisti. Questo in particolare è previsto dall'Unione europea.
  Ebbene, a livello formale queste sono le assonanze che si riscontrano tra le diverse legislazioni degli Stati membri UE e dell'Unione europea, assonanze che rasentano quasi un'uniformità.
  A livello sostanziale, il discorso si inverte: notevoli sono le differenze tra Paesi e Paesi, tra le diverse legislazioni, per il dettaglio delle quali rimando alla relazione scritta che ho già depositato. Ciò che preme rilevare in questa sede è che dal raffronto, dalla comparazione di queste legislazioni, è possibile trarre alcune informazioni utili al nostro scopo e su cui riflettere per impostare una legge sulla rappresentanza di interessi.
  Anzitutto emerge che il lobbismo è un'attività utile perché le norme sono sempre più tecniche e che l'attività di lobbying è pervasiva a tutti i livelli perché interdipendenti sono ormai i sistemi giuridici tra loro. Quindi, in ragione di tutto ciò, risulta chiaro che per l'Italia è indispensabile dotarsi di norme precise e specifiche sul lobbying se vuole garantire una certa democraticità al sistema. Quindi l'obiettivo è quello di sviluppare procedure che garantiscano che questa attività si svolga in modo sufficientemente aperto...

  PRESIDENTE. Mi scusi, volevo solo farle presente che ha superato ampiamente i 10 minuti.

  SILVIA SASSI, professoressa di diritto pubblico comparato presso l'Università degli studi di Firenze, intervento in videoconferenza. Sì, concludo con i sei punti di miei suggerimenti.
  Insisterei su una definizione chiara ed esaustiva del lobbista e della sua attività, nonché del destinatario di tale attività, limitando al massimo l'eccezione al riguardo. In questo modo si avrebbe certezza dei soggetti a cui applicare la legislazione in essere. Insisterei per un sistema premiale simile a quello previsto dall'Unione europea, cioè una legislazione che subordina determinate attività di rappresentanza di interessi alla registrazione: in questo modo si incentiverebbe e si renderebbe più trasparente questa attività. Queste misure magari potrebbero essere eguali o differire da organo a organo, in ragione delle specificità del processo di elaborazione della norma o della politica. Si potrebbe pensare che solo il rappresentante iscritto al registro possa essere autorizzato all'accesso ai locali dei decisori pubblici, essere invitato a intervenire alle audizioni delle Commissioni parlamentari, a partecipare ad alcune fasi dell'iter legislativo e così via.
  Il terzo elemento, secondo me interessante, potrebbe essere quello di prevedere l'istituto dell'impronta legislativa, altrimenti noto come legislative footprint, cioè un sistema di tracciamento legislativo che faciliti il monitoraggio di chi ha preso effettivamentePag. 6 parte alle decisioni. Sarebbe anche necessario prevedere un organo ad hoc di controllo del sistema, con proprio personale, con sufficienti stanziamenti di spesa. Prevederei un'analisi di valutazione ex post della legge con cadenza biennale, per una sua eventuale revisione nel caso in cui si rendano necessarie modifiche alla luce dell'esperienza maturata. Ed infine – ma non certo per minore importanza – necessaria si configura una regolamentazione ad hoc per i decisori pubblici che disciplini, tra le altre cose, i rispettivi obblighi nel caso di incontri con i lobbisti (tra cui ad esempio la registrazione dell'incontro con i rappresentanti di interessi, con specifici dettagli) e il cosiddetto periodo di raffreddamento tra un incarico e l'altro e che si dia una definizione chiara del conflitto di interesse.
  Grazie per l'attenzione, spero che il mio vocale sia stato abbastanza forte e chiaro.

  PRESIDENTE. Grazie professoressa. Do quindi la parola al professor Francesco Bilancia, professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele D'Annunzio» di Chieti-Pescara, pregandolo di contenere l'intervento nei dieci minuti.

  FRANCESCO BILANCIA, professore di diritto pubblico presso l'Università «Gabriele D'Annunzio» di Chieti-Pescara. Ringrazio molto il Presidente Pagano e la Commissione per avermi coinvolto in questa discussione. Anch'io ho lasciato un testo scritto a disposizione per cui presidente mi interrompa quando ho esaurito il tempo, tanto rinvierò a quel testo.
  La prima cosa che mi preme far notare è che nel report sullo Stato di diritto che la Commissione europea ha elaborato nei primi giorni di luglio di quest'anno, compare l'indagine conoscitiva in corso sul tema delle lobbying come primo stadio di ottemperanza che l'Italia sta producendo nella direzione della elaborazione di una disciplina sulle lobbying. Ora, è chiaro che violare lo Stato di diritto, per la Commissione europea implica di solito fattispecie molto più gravi (tipo compromettere l'indipendenza della magistratura) ma nel suo piccolo anche avere una legislazione sulle lobby è uno strumento in più verso l'ossequio di questi valori. La Commissione inoltre elabora una raccomandazione ad adottare norme complessive sui conflitti d'interessi e a regolamentare il lobbying istituendo un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un'impronta legislativa. Sapete che ovviamente queste sono raccomandazioni elaborate dopo un'interlocuzione con il Governo, che quindi assume questi specifici impegni. Questo genere di raccomandazioni sono presenti da diversi anni nei report sullo Stato di diritto, ma non può sfuggire la diversa rilevanza di questo documento oggi che siamo in regime di attuazione del PNRR, quindi del Recovery and resilience facility per quello che attiene alla Commissione europea e dopo l'adozione del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell'Unione.
  È ovvio che quando noi discutiamo di rappresentanza politica, in primo luogo ci vengono in mente gli articoli 49 e 67 della Costituzione: quanto al primo, tutti i cittadini hanno diritto di partecipare alla determinazione della politica nazionale, mentre il secondo declina lo stesso principio in riferimento al singolo membro del Parlamento. Tuttavia si pone anche il tema di metabolizzare gli interessi nei processi decisionali. Io qui lo pongo attraverso alcuni richiami. Per esempio, il presidente Amato, appena insediatosi come Presidente della Corte costituzionale, ha immediatamente richiamato il problema del procedimento legislativo durante la sessione di bilancio, vale a dire come sia possibile conciliare una buona elaborazione procedimentale, evitando di ricadere in quel cosiddetto monocameralismo di fatto ad anni inversi: gli interessi devono trovare una corretta declinazione.
  Ci sono diversi argomenti comparativi a favore dell'introduzione di una disciplina che renda trasparente ma anche effettiva la partecipazione degli interessi nel processo decisionale. Per esempio, il diritto dell'Unione europea, dalle origini, qualifica come destinatari delle sue disposizioni non solo i Pag. 7cittadini persone fisiche ma anche le imprese, con le attività economiche evidentemente dentro il cuore dei processi decisionali. Quindi è evidente che in quel contesto la presenza dei gruppi di interesse è una costante genetica, fin dalle origini, che ha generato delle prassi, un soft law e poi ovviamente l'accordo interistituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione, per l'adozione di specifici istituti di autorizzazione, facilitazione e controllo dell'accesso degli interessi attraverso le lobby. Quanto alle ragioni di merito che favoriscono questa apertura, segnalo la difficoltà di molti temi. Erompe la questione economica da quando l'Italia è componente dell'Unione economica e monetaria: da quando siamo Paese membro dell'euro, evidentemente, le decisioni di aggiustamento fiscale (tanto per fare un esempio) coinvolgono in una maniera talmente pesante gli interessi che non rendere accessibile questo processo a tutti i tipi di interesse determina discriminazioni. È chiaro che gli interessi coinvolti in via principale sono quelli finanziari ed imprenditoriali, che sono anche quelli più facilmente organizzati, ma bisogna dare spazio anche agli interessi dei consumatori e dei risparmiatori.
  Nel testo scritto do conto del fatto che l'effetto trainante sulle politiche pubbliche esercitato oggi dalla prospettiva macroeconomica determina l'importanza essenziale di una rappresentazione di questi interessi, che avviene di solito nell'interlocuzione con il Parlamento ad opera delle autorità di regolazione, dell'Antitrust, dell'Ufficio parlamentare di bilancio; ma manca la chiusura del cerchio, cioè manca essenzialmente il ruolo di una interlocuzione del Parlamento con gli interessi altri, quelli che non sono già geneticamente coinvolti in questi processi.
  Sostengo da tempo che l'Ufficio parlamentare di bilancio, che è visto come un antagonista del Parlamento (questi sono giudizi assolutamente personali, per cui fate pure la tara), in realtà dovrebbe essere un consulente del Parlamento nell'interlocuzione e mediazione con le istituzioni finanziarie. Allora, consideriamo gli interessi – diciamo così – specifici dei cittadini. Innanzitutto pensate all'articolo 50 della Costituzione: «Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità». Ma chi dice che questi interessi non possano essere organizzati in gruppi, che quindi i comuni cittadini non possano accedere ai processi decisionali mediante un canale che li veda identificati non attraverso le istituzioni rappresentative in sé ma tramite un'interlocuzione diretta col Parlamento. È chiaro: si tratta di una istanza che si espone a rischi di opacità, rischi che vanno appunto contrastati con un'attenta individuazione dei canali di accesso e – direi di più – anche attraverso una identificazione o formalizzazione documentale di quello che entra attraverso la rappresentanza degli interessi non qualificati nei processi decisionali. I documenti si possono più facilmente far circolare tra tutti gli appartenenti ai collegi che compongono il decisore pubblico.
  È una cosa talmente rilevante che addirittura la Corte costituzionale ha cominciato a prendere in considerazione questo tema. Modificando le norme integrative, cioè il suo regolamento interno, ha introdotto una disposizione aperta alla partecipazione dei portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla singola questione di costituzionalità e alla partecipazione di esperti al giudizio di costituzionalità delle leggi. Naturalmente questo implica che la Corte possa acquisire anche da parte degli esperti e dei soggetti ascoltati documenti ed una relazione scritta, e questo è un modo per rendere evidente quello che verosimilmente accadeva già, ma che non era sostanzialmente acquisibile a tutti i partecipanti nel giudizio di costituzionalità. È chiaro che non è facile confondere un giudizio di costituzionalità su una singola questione con l'attività legislativa in prima battuta, che è un'attività essenzialmente votata alla mediazione tra gli interessi. Però, già questa disciplina della Corte costituzionale pone l'accento su due punti essenziali: in primo luogo, i soggetti vengono qualificati o come portatori di interessi collettivi e diffusi o come esperti, e sono i due elementi di rilievo secondo me da tenere in Pag. 8considerazione. Il secondo aspetto cade sulla pubblicità: la pubblicità dei documenti, la pubblicità degli accessi degli interessi stessi e la circolazione delle informazioni.
  Nel mio testo elenco una serie di problemi e una serie di possibili obiettivi della disciplina. Non li richiamo tutti perché non c'è tempo – l'orologio scorre – ma ne cito qualcuno. Il primo problema è la questione del conflitto di interessi. Si tratta di evitare il fenomeno del cosiddetto pantouflage, delle porte girevoli: rappresentanti di interessi privati che diventano dirigenti pubblici e viceversa, personale politico o funzionari pubblici che diventano portatori di interessi o rappresentanti di interessi. Insomma, il tema del conflitto di interessi è sostanzialmente centrale.
  Quanto al secondo problema, ci sono interessi qualificati di categoria che non possono rientrare in questa disciplina che ha comunque un effetto limitante: le associazioni di categoria, le associazioni di enti pubblici, l'ANCI, l'UPI, i sindacati, la Confindustria sono evidentemente una cosa diversa degli interessi rappresentati da gruppi che rilevano da un punto di vista puntuale, singolare. Altro problema è relativo all'impatto delle nuove tecnologie sul sistema della rappresentanza politica degli interessi privati organizzati. Qui passano anche forme di finanziamento, su cui tornerò tra un momento, che devono trovare un'attenzione da parte della disciplina. Se la materia è rilevante per la questione economica, fare entrare interessi particolari nei processi decisionali non può essere strumento lesivo della concorrenza. Ci sono interessi contrapposti, concorrenti con quelli che accedono ai processi decisionali, che devono essere evidentemente coinvolti.
  Chiudo con il catalogo di possibili obiettivi della disciplina, tra i quali: assicurare l'indipendenza della politica dagli interessi particolari; assicurare la trasparenza mediante la registrazione delle lobby e dei loro clienti, dei gruppi di interesse in sé e dei soggetti che professionalmente rappresentano i gruppi di interesse. Quanto alla trasparenza dei finanziamenti, è chiaro che ci deve essere una linea di demarcazione netta tra chi partecipa all'attività di lobbying e chi svolge una funzione di finanziamento della politica. Qui la sanzione è banale, basta rendere pubblico quando ci sia un'interconnessione tra questi passaggi che la sanzione si consuma in sé, non c'è bisogno di pensare a cose particolarmente pressanti. Non so se questo possa essere compito da affidare alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e movimenti politici.
  Occorre garantire il controllo delle informazioni riservate e privilegiate, che evidentemente nell'interlocuzione con i rappresentanti di interessi costituiscono invece elementi da non rendere ostensibili, così come ovviamente curarsi dell'attenzione per le interferenze e le ingerenze straniere, di Stati e di istituzioni stranieri.
  Faccio un salto ad un punto essenziale, con riferimento alla tenuta dei registri e alle sanzioni, perché bisogna pensare eventualmente ad una tutela giurisdizionale di chi venga censurato o sanzionato altrimenti per il mancato rispetto delle norme che disciplinano questo specifico ambito. Scusate, io non sono tanto favorevole all'idea che dei registri si affidi la cura a soggetti esterni al Parlamento, se stiamo discutendo di attività di rappresentanza degli interessi all'interno dei processi decisionali parlamentari, vale a dire che non prenderei alla leggera l'interferenza di autorità esterne sui lavori parlamentari. Rivolgo poi un'attenzione particolare alla tutela dell'interesse finanziario dell'Unione europea, che è rappresentato dal regolamento che ho citato poco fa (il regolamento (UE, Euratom 2020/2092), perché credo che si debba fare un rinvio specifico a quando l'attività di lobbying intersechi fondi che provengono dall'Unione europea. C'è infatti un'attenzione specifica dell'Unione e delle sue istituzioni sulle scelte legislative che coinvolgono gli interessi finanziari ed il bilancio dell'Unione europea.
  Questa è la mia ultima frase. Innanzitutto resta centrale la più generale questione delle criticità del procedimento legislativo nella prassi più recente: le pratiche dei maxiemendamenti, dell'approvazione dei testi normativi in Consiglio dei ministri salvo intese, quindi votando sulla Pag. 9copertina, la riduzione degli spazi di discussione e lettura stessa dei fascicoli degli emendamenti in Commissione, sono tutte occasioni foriere di interferenze esterne indebite – altro che gruppi di interesse – e di intrusioni occulte. Questo è lo spazio per le cosiddette «manine». Bisogna avere molta cura del processo legislativo, oltre che del tema delle lobby. Grazie infinite.

  PRESIDENTE. Grazie professore. Do la parola al professor Nicola Lupo, professore di diritto costituzionale presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma. Anche a lui chiedo di contenere possibilmente il suo intervento nei dieci minuti.

  NICOLA LUPO, professore di diritto costituzionale presso l'Università Luiss Guido Carli di Roma. Ringrazio il Presidente De Corato, ringrazio il Presidente Pagano e la Commissione tutta per questo invito a trattare un tema del quale, sia pure mai in maniera frontale, mi occupo da oltre vent'anni in parallelo con un'attività formativa piuttosto intensa sui temi di diritto parlamentare o anche all'interno di iniziative rivolte alla formazione dei lobbisti. Devo dire che molti dei miei studenti di questi vent'anni sono poi diventati lobbisti, o comunque lavorano nel mondo delle relazioni istituzionali a Roma, a Bruxelles o altrove. Quindi è un tema che mi sta molto a cuore e rispetto al quale, nel corso dell'esperienza che richiamavo, ho avuto modo di rammaricarmi del ritardo del legislatore italiano. Purtroppo l'inattività del legislatore italiano in proposito ha contribuito, da un lato, a far permanere l'idea dell'attività di lobbying come un'attività ai limiti della legalità, aggravata poi dall'introduzione del reato del traffico di influenze illecite, con tutte le ambiguità che questo porta con sé, e dall'altro anche a moltiplicare le iniziative e gli interventi frammentari, settoriali, senza far maturare nella cultura politica un approccio corretto al tema. In qualche misura questo purtroppo emerge quando poi i nostri parlamentari europei su questo tema mostrano minore sensibilità culturale, minore attenzione alle regole vigenti in proposito. Nel frattempo, in questo ventennio, il sistema istituzionale è profondamente cambiato e quindi vi è anche il rischio, nel recuperare vecchi progetti, che da tempo sono stati presentati in Parlamento, di adottare regole già vecchie.
  Invece, credo che sia da questo punto di vista molto opportuna la scelta della Commissione Affari costituzionali della Camera di avviare un'indagine conoscitiva, tenendo conto da un lato del fatto che il mutamento del ruolo dei partiti e dello stesso Parlamento non può essere ignorato sul tema (sono cambiati gli interlocutori dei lobbisti) e dall'altro anche degli effetti del digitale che cambiano profondamente tutti i meccanismi di rappresentanza politica, inclusa in particolare la rappresentanza degli interessi. Direi quindi che l'obiettivo dovrebbe essere quello di cercare di sfruttare i vantaggi classici dei latecomer, di quelli che arrivano per ultimi, e quindi in qualche misura di trarre lezione dall'esperienza di chi invece già da tempo ha adottato una legislazione in materia. Quindi, va assolutamente bene una riflessione ad ampio spettro, va bene anche aver coinvolto i costituzionalisti – mi verrebbe da dire – purché non a titolo esclusivo: è un tema che va visto anche da altri approcci, questo è inevitabile, anche perché non è un intervento settoriale, è un intervento che si inserisce e si connette strettamente a tantissimi altri settori normativi.
  Credo che alle spalle di una legislazione di questo genere vi sia anche una lettura in senso moderno, aggiornato, dell'articolo 67 della Costituzione. Il principio ovviamente resta saldo e fondamentale per la rappresentanza politica, ma i rappresentanti di interesse esistono e l'importante è che questa rappresentanza avvenga senz'altro con trasparenza (ma questo è pacifico in tutti i progetti di legge che ho visto). Mi spingerei però a dire che occorrono anche altri due elementi – questo sta emergendo anche nel dibattito scientifico in proposito: la parità delle armi, un principio di fairness tra coloro che rappresentano interessi – e torno su questo tra un istante –, e anche il principio di accountability per consentire di far valere in qualche misura le responsabilitàPag. 10 politiche di coloro che sostengono un certo interesse.
  Si tratta in fin dei conti dei princìpi alla base del giusto procedimento legislativo, che non a caso è parte di quel novero di princìpi che vengono ricompresi in chiave europea dentro la rule of law o lo Stato di diritto. Vi è appunto l'idea di un procedimento legislativo che sia trasparente, giusto nel suo farsi. Quindi, in qualche misura l'interesse della nazione, il concetto dell'articolo 67, va oggi riletto non come un a priori ma come un a posteriori, come la risultante di un procedimento, a patto che questi valori siano assicurati all'interno del procedimento che conduce alla decisione e anzitutto alla decisione parlamentare. Dal punto di vista del legislatore mi pare che le difficoltà siano parecchie. E la prima di queste è data proprio dalla molteplicità dei soggetti che rappresentano interessi, i quali hanno uno status giuridico e costituzionale molto diverso tra di loro: dalle società che fanno lobbying professionalmente alle grandi imprese pubbliche e private, dalle confessioni religiose alle associazioni di categoria, dalle associazioni degli enti locali – perché no – agli Stati stranieri, dagli stessi parlamentari, che a volte sono rappresentanti di un interesse piuttosto preciso nel loro mandato, ai loro collaboratori, dai giornalisti agli ex parlamentari, nonostante alcune regole vigenti. Riprendo le definizioni dell'atto che fu approvato alla Camera nella scorsa legislatura: tra rappresentante di interesse, portatore di interesse e decisore pubblico i confini a me paiono molto sottili, molto sfocati, sfumati. Ecco perché è importante il perimetro dell'intervento normativo, anche perché cambiano i titoli di competenza di intervento del legislatore statale invocabili. A seconda dei soggetti a cui si rivolge la norma di legge, si possono invocare materie di competenza esclusiva – quali organi dello Stato, di cui alla lettera f) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, organi di governo e funzioni dei comuni, di cui alla lettera p) o, secondo alcuni, tutela della concorrenza di cui alla lettera e) – oppure di competenza concorrente. Qui, per esempio, si potrebbe invocare la disciplina delle professioni di cui al terzo comma dell'articolo 117, ma appunto dipende da come si sagoma la norma.
  Da questo punto di vista mi permetterei di suggerire, nell'ambito dell'indagine conoscitiva – che tra l'altro credo stia prendendo un po' più di tempo rispetto a quello originariamente immaginato –, di sfruttare questa opportunità per svolgere alcuni approfondimenti, in particolare facendo un minimo di bilancio delle iniziative fin qui messe in campo. Penso in qualche misura anche all'auto normazione da parte delle Camere, che è stata meritoriamente adottata come forma di supplenza di fronte alla mancata disciplina che prima ricordavo, ma che mi sembrerebbe piuttosto deludente nei suoi esiti. La Camera ha istituito un suo registro – tra l'altro solo la Camera – che ha tenuto conto esclusivamente delle interazioni fisiche svolte dai rappresentanti dei gruppi di interesse con alcuni parlamentari, anche durante la pandemia. Credo siano tematiche che possono essere utili per capire quali insegnamenti derivino da questa prassi, magari collegandole ai temi dell'open government e della democrazia deliberativa e partecipativa.
  Allo stesso modo, alcune regioni da tempo hanno adottato una legislazione con esiti molto variegati, che secondo me andrebbero un po' approfonditi, perché queste legislazioni non sono tutte ininfluenti, ma qualcuna ha prodotto risultati. Ho visto che il registro toscano è molto affollato. Certo, mancano i lobbisti professionisti, ma ci sono una serie di associazioni che si sono registrate, ed evidentemente anche da qui qualche insegnamento si può trarre.
  Ovviamente i contenuti (e mi avvio a concludere) della regolazione – quanto hard law e quanto soft law, quanto rendere obbligatorio il registro, quanto incentivarlo, a quale soggetto affidare il controllo, quali soggetti escludere – dipendono molto dalla natura diversa dei soggetti che includiamo nel meccanismo.
  Non credo che si possa trovare una ricetta uguale per tutti. Credo che la disciplina debba farsi carico di intervenire nell'ambito di un approccio più ampio e comprensivo possibile: viste le tante forme di potenziale elusione, ha senso costruire regolePag. 11 che siano variabili a seconda del soggetto a cui si rivolgono.
  Segnalo infine – e concluderei su questo – che la cultura e la disciplina del lobbying sono parte essenziale della cultura costituzionale e politica di un certo ordinamento. Questo vale ovviamente se compariamo il modello statunitense, dove c'è molto spazio al lobbying professionale e al business. La Corte Suprema degli Stati Uniti, nella sentenza del 2010 Citizens United, ha aperto ai finanziamenti privati alle parti politiche, con un approccio diverso rispetto a quello del continente europeo. In qualche misura anche l'esperienza di alcune organizzazioni internazionali mi sembra molto interessante.
  C'è la tendenza a riconoscere il diritto di partecipazione alle Most Affected People, alle persone che più direttamente sono oggetto dell'intervento; e si vuole, con questa disciplina, anche scoraggiare il lobbying professionale – che invece nell'organizzazione internazionale e del grande business è molto forte – e invece valorizzare le associazioni spontanee dei cittadini. E questo mi sembra molto interessante.
  In questa chiave – ed è davvero l'ultima cosa che dico – credo che sia importante bilanciare l'azione dei rappresentanti di interessi con forme di tutela degli interessi di lungo periodo. Oggi il grosso problema di chiunque legiferi, nelle democrazie contemporanee, è lo short-termism, il presentismo – si traduce così, ma la traduzione non è felicissima secondo me – vale a dire la tendenza a guardare al breve periodo. I lobbisti inevitabilmente spingono in questa direzione perché rappresentano interessi contingenti, immediati, ben precisi nella loro delimitazione.
  Bisogna in questa disciplina, e nelle altre forme di disciplina del procedimento, cercare invece di introdurre dei contrappesi. Cercare di far sì che anche gli interessi di medio e di lungo periodo, più diffusi e più generali, abbiano modo di farsi sentire nel processo decisionale. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie professore. Non essendovi richieste di intervento, ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti e autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata dalla professoressa Sassi (vedi allegato 1) e dal professor Bilancia (vedi allegato 2) in calce al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.

Pag. 12

ALLEGATO 1

Documentazione depositata dalla professoressa Silvia Sassi.

Pag. 13

Pag. 14

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

ALLEGATO 2

Documentazione depositata dal professor Francesco Bilancia.

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32