XIX Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 17 maggio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE DINAMICHE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E INTERESSE NAZIONALE
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 
Ricci Alessandra , Amministratore delegato di SACE ... 3 
Tremonti Giulio , Presidente ... 10 
Di Giuseppe Andrea (FDI)  ... 10 
Tremonti Giulio , Presidente ... 10 
Gruppioni Naike (A-IV-RE)  ... 11 
Tremonti Giulio , Presidente ... 11 
Calovini Giangiacomo (FDI)  ... 11 
Tremonti Giulio , Presidente ... 11 
Porta Fabio (PD-IDP)  ... 11 
Tremonti Giulio , Presidente ... 12 
Billi Simone (LEGA)  ... 12 
Di Giuseppe Andrea (FDI)  ... 13 
Tremonti Giulio , Presidente ... 13 
Ricci Alessandra , Amministratore delegato di SACE ... 13 
Di Giuseppe Andrea (FDI)  ... 14 
Ricci Alessandra , Amministratore delegato di SACE ... 14 
Tremonti Giulio , Presidente ... 16 
Ricci Alessandra , Amministratore delegato di SACE ... 16 
Tremonti Giulio , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIULIO TREMONTI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che con la redazione dal resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SACE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca l'audizione di rappresentanti di SACE nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale.
  Ringrazio, a nome dei colleghi, la dottoressa Ricci, l'avvocato Mancini e il dottor De Capitani. Ricordo che la SACE, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, sostiene... È tutto abbastanza noto. Prego.

  ALESSANDRA RICCI, Amministratore delegato di SACE. Grazie presidente, grazie onorevoli per questo invito e per l'opportunità di parlarvi un po' di SACE, dell'export, del contesto macroeconomico e di come SACE può aiutare le imprese italiane nel supporto all'export e all'internazionalizzazione.
  Mi vorrei soffermare, nel corso dell'intervento, su quattro tematiche, partendo dal contesto macroeconomico, per andare poi a vedere l'importanza dell'export nell'economia italiana, quello che abbiamo fatto fino al 2022, quello che stiamo facendo oggi, per poi dare una visione di quello che vorremmo fare nel corso di quest'anno fino al 2025, che rappresenta il nostro piano industriale.
  Breve premessa: SACE è posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia, per cui risponde direttamente – quindi al 100 per cento – al Ministero dell'economia, e questo è stato un nuovo assetto di governance che è stato messo in piedi da aprile 2020 ed è stato la risposta alla crisi post-Covid. Fino a quel momento SACE si occupava «semplicemente» di supporto all'export e all'internazionalizzazione. Da quel momento in poi ha affiancato al supporto all'export e alla internazionalizzazione anche strumenti di sostegno alla liquidità delle imprese. Quindi emissioni di garanzie per far fronte al fabbisogno di liquidità delle medie e grandi aziende. Perché medie e grandi aziende? Perché le PMI sono dedicate all'essere coperte dal fondo centrale di garanzia. A questo successivamente sono stati anche affiancati ulteriori strumenti, che sono garanzie per la realizzazione di investimenti – e parlo sempre del settore domestico – di natura green. Ovvero il Green New Deal europeo, tutti quegli investimenti che parlano di sostenibilità ambientale. E ci tornerò, perché diventano rilevanti anche in un contesto economico come quello attuale.
  Fatto questo ampliamento di quello che è l'assetto di SACE dal punto di vista delle potenzialità e degli strumenti che – come potete vedere – il legislatore ha voluto sempre di più incrementare, ci siamo domandati quale dovesse essere alla fine la nostra missione. Quindi la nostra missione non doveva essere semplicemente fornire degli strumenti di natura finanziaria e assicurativa, che era il cuore da cui partivamo. Ma dovevamo affiancare a questo la capacità di dare anche conoscenza di naturaPag. 4 finanziaria alle imprese, soprattutto a piccole e medie imprese, che di questo hanno bisogno, soprattutto nell'affrontare i mercati internazionali. E – seconda cosa – generare nuove relazioni, quindi nuove potenzialità di contatti con imprese estere, perché chiaramente prima di esportare e prima di internazionalizzarsi l'impresa deve conoscere delle controparti estere con cui iniziare ad avere un rapporto. E nel prosieguo vi racconterò come lo stiamo facendo.
  A questo punto farei un passaggio breve su quello che è il contesto in questo momento di natura macroeconomica, giusto per dire dove stiamo operando in questo momento. Sappiamo tutti che siamo di fronte alla triplice crisi: COVID, invasione russo-ucraina, inflazione. È un assetto di natura macroeconomica che nessuno si aspettava, e che comunque stiamo vivendo. Ma lo stiamo vivendo con dei risultati che sono probabilmente migliori di quelli che ci saremmo aspettati di fronte a questo triplice evento di impatto. Cioè, in realtà, quello che noi vediamo nel nostro osservatorio – soprattutto sul target di media impresa e di piccola impresa, non di micro, perché chiaramente non è il nostro target – è che le imprese hanno capacità di resilienza e di risposta a questo andamento. E questo lo abbiamo anche fotografato, perché all'interno di quello che noi facciamo ogni anno – che è la nostra mappa dei rischi – noi pubblichiamo sul nostro sito internet una mappa dei rischi e delle opportunità, dove andiamo ad evidenziare, rispetto a ciascun Paese del mondo, quelle che sono le aree che saranno o sono già state impattate da determinati eventi, o quelle dove vediamo delle opportunità. E su questo magari faccio adesso un flash di dove è la nostra percezione che ci siano dei rischi, e dove ci sono delle opportunità che sicuramente le imprese italiane potranno abbracciare con il nostro supporto. Ritornando al contesto macro, sicuramente siamo di fronte a un contesto che vede una crescita del PIL, perché la previsione è di una crescita del PIL mondiale dell'1,3 per cento. Chiaramente l'inflazione continua ad essere un tema, anche se il tasso di crescita dell'inflazione si sta decrementando. C'è inflazione, ma sta aumentando meno forte di quello che stava facendo negli ultimi mesi. E abbiamo visto anche la risposta che c'è stata dalle banche centrali, che hanno cominciato ad attenuare il tasso di crescita dei tassi di interesse. Come sappiamo, c'è una grossa correlazione fra la capacità di investimento delle imprese e il tasso di interesse. Quindi il fatto che ci sia un minimo rilascio dal punto di vista del tasso di incremento dei tassi di interesse, questo fa ben sperare anche sulle capacità di investimento da parte delle imprese italiane.
  L'export come è andato? Nel 2022 l'Italia ha chiuso con 625 miliardi di esportazioni. Questo ne fa la settima potenza mondiale in termini di export, che è un risultato assolutamente incredibile. Ogni tanto noi ce lo scordiamo, perché essendo noi un Paese trasformatore – cioè noi non abbiamo accesso a materie prime, non produciamo energie, se non da fonti parzialmente rinnovabili in qualche caso, quindi importazioni... è inutile adesso che entriamo nel tema, so che prima c'è stata l'audizione dell'ENI, quindi si sarà soffermato –, ma il fatto che noi, nonostante tutto questo, siamo il settimo Paese esportatore al mondo, e dietro di noi ci sono Paesi come la Francia e la Germania, in questo momento fa sì che è assolutamente la grande forza che le imprese italiane sono state e sono in grado di esprimere in questo contesto. E soprattutto quelle che sono le nostre previsioni in relazione all'export. Cioè noi prevediamo comunque che ci sia una crescita nel corso del 2023, per cui raggiungeremo 650 miliardi di export in totale. Solo per andare a connotare, quei 625 miliardi sono stati un incremento rispetto all'anno precedente, un incremento di circa il 20 per cento.
  È vero che quel 20 per cento è stato un incremento riconducibile per circa il 19,9 per cento ad effetto di inflazione, e uno 0,1 per cento ad effetto volumi. Ma anche questa cifra, che potrebbe far pensare «va bene, ma allora non abbiamo esportato di più», va letta in un altro modo. Va letta nel fatto che, nonostante ci sia stato un incremento dei costi dei fattori produttivi – Pag. 5quindi il costo dell'energia, il costo delle materie prime –, le imprese italiane sono state in grado, sulla parte dell'export, di traslare quello che è stato l'incremento inflattivo sulla componente di costo, e far comunque vendere le proprie merci, o fornire i propri servizi. Questo perché? Perché la capacità delle aziende italiane di esportare non è più basata oggi su una competizione sul fattore del costo – quindi il prezzo non è il fattore su cui competiamo sui mercati internazionali – ma è una competizione che viene fatta sul valore. Ed è il valore che noi abbiamo intrinseco e che dobbiamo sempre di più far percepire a quelli che sono i nostri acquirenti esteri. E questo è il fattore distintivo su cui le aziende italiane stanno lavorando. Per cui, dicevo, prevediamo di incrementare questi 625 miliardi e di arrivare a 650 miliardi. Anche qui con un incremento chiaramente di natura inflattiva.
  Il tema fondamentale dell'inflazione e dell'incremento del costo delle materie prime lo volevo ricondurre al tema della sostenibilità, perché al di là del grosso tema della sostenibilità, di quanto sia importante fare investimenti di natura sostenibile, oggi sempre di più è diventato un fattore di successo e di competitività per le aziende italiane. Perché, nel mentre che facciamo la transizione verso forme energetiche di natura diversa, il primo fattore di competitività diventa il consumare meglio e meno. E nel consumare meglio e meno quella che è la componente che può venire dal conto energia – che possa essere gas, che possano essere materie prime –, il primo fattore è produrre la stessa cosa utilizzando meno fattori di produzione. E qui interviene quella che è l'attività che noi abbiamo implementato di garanzia a fronte di finanziamenti che vanno a realizzare investimenti da parte delle aziende italiane in sostenibilità. Vi faccio degli esempi solo per capire: se viene fatto un investimento che fa sì che io nel processo produttivo, a fronte della produzione di una tonnellata di acciaio – adesso semplifico – invece che una tonnellata di scrap (rottami), utilizzo 0,8 tonnellate di scrap di acciaio, io sono diventata chiaramente più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma sicuramente sono diventata anche più produttiva dal punto di vista economico.
  L'altro punto fondamentale è andare a verificare quelli che sono i Paesi verso i quali andare ad esportare ed internazionalizzarsi. Dalla nostra valutazione di questa mappa dei rischi – che poi viene aggiornata costantemente, quindi è pubblicata una volta l'anno, ma viene aggiornata costantemente sulla base di quelli che sono i contesti che vediamo – che cosa viene fuori? Abbiamo coniato uno slogan per sintetizzare la nostra visione del contesto in questo momento, che è una «stabile fragilità». Perché parliamo di «stabile fragilità»? Perché post-Covid avevamo tutti previsto che ci sarebbe stato un rimbalzo, e quindi avremmo avuto delle economie che sarebbero ripartite, probabilmente al galoppo, perché succede sempre dopo una crisi. In questo caso non è successo perché sono arrivati gli altri due eventi. Tuttavia, i rischi del credito sono rimasti stabili, e qui è la visione positiva rispetto ai Paesi dove andiamo ad esportare. Il mondo non è tutto uguale, tuttavia; ci sono le cosiddette economie dei Paesi avanzati. E penso all'Europa, dove chiaramente Francia e Germania subiscono dei rallentamenti dovuti anche lì a tutte le grosse garanzie di natura pubblica che sono state utilizzate per far fronte agli impatti del Covid. Abbiamo dei Paesi – quali i Balcani, soprattutto la Croazia – dove si stanno, invece, facendo delle politiche di investimento che portano avanti, e che fanno sì che, anche attraverso l'entrata in area Schengen, possono diventare dei Paesi di destinazione. Per scendere abbiamo la Turchia – stiamo in questo momento aspettando il secondo turno delle elezioni –, che è un Paese centrale, sia da un punto di vista geopolitico sia da un punto di vista economico, perché è un Paese interessantissimo e di grandi potenzialità, dove già l'Italia esporta tantissimo. Chiaramente è un Paese in questo momento che presenta alcune fragilità. Quali fragilità? Abbiamo un tasso di inflazione all'80 per cento, quindi nessuno di noi può immaginare che cosa significa avere un tasso di inflazione all'80 per cento, con Pag. 6tassi di interesse molto bassi. Generalmente a quell'inflazione – si sa, lo abbiamo visto – si aumentano i tassi di interesse: la volontà politica è stata quella di mantenere i tassi di interesse bassi, quindi c'è stato un deflusso dei capitali internazionali, che sono usciti fuori dalla Turchia. Questo rende il Paese chiaramente più fragile. Vedremo successivamente, al secondo turno delle elezioni, se in quel momento poi ci sarà una revisione di questa politica monetaria dal punto di vista della Banca Centrale, e quindi del Governo turco.
  Mi sposto al Middle East. Chiaramente il Middle East è quello dove oggi noi abbiamo sicuramente un outlook estremamente positivo. Grazie a quelli che erano i prezzi del gas, i prezzi del petrolio, oggi sia i fondi sovrani che i Paesi del Middle East sono in grado di mettere a disposizione grosse risorse finanziarie, e questo va soprattutto a favorire progetti di investimento dove le nostre aziende italiane possono sicuramente avere un ruolo.
  L'Africa rimane un continente molto difficile: ci sono situazioni a macchia di leopardo, in questo momento ci sono grosse opportunità, ma soprattutto ci sono grosse vulnerabilità in Paesi come il Ghana, che è quasi vicino a un default, stanno discutendo accordi con il Fondo monetario internazionale; l'Etiopia, che è dipendente dall'accesso ai mercati internazionali; il Kenya, che ha una tensione dal punto di vista della finanza, ma dove comunque i progetti di investimento vanno avanti.
  L'India è il Paese assolutamente dove in Asia deve diventare l'altra grossa potenzialità di esportazione per noi. Paese che è sempre stato difficile come intervento per le aziende italiane, su cui noi puntiamo moltissimo da un punto di vista sia economico, ma anche dal punto di vista demografico. Diciamo che è un Paese dove bisogna andare ad investire.
  Sud America, Messico e Brasile stanno facendo dei grossi programmi di investimento di natura sia infrastrutturale sia di natura privata, con dei conti assolutamente in ordine, per cui c'è estrema stabilità.
  Stati Uniti: è inutile che lo menzioni, ma al di là di tutte le tematiche sull'IRA – il Reduction Inflation Act – per cui c'è una politica di natura potenzialmente «protezionista» da parte degli Stati Uniti, ricordiamoci che, comunque sia, ogni progetto di investimento che un Paese possa realizzare attira capacità di investimento e capacità per le imprese italiane di esserci.
  Finisco con l'Asia: in Asia sicuramente le economie che noi vediamo come più promettenti sono quelle del Vietnam – è un Paese che ha fatto dei passi da gigante e ha dei conti estremamente in ordine, anche dal punto di vista del debito pubblico –, Filippine ed Indonesia. Per cui lì sono i Paesi dove noi diciamo: andate e cerchiamo opportunità. E poi vi racconterò come, in qualità di SACE, cerchiamo poi di generare queste maggiori opportunità.
  Finisco sul tema del perché l'export è così importante: al di là di aver detto che oggi l'export rappresenta il 37 per cento del PIL – e già questo la dice tutta sulle capacità di impatto –, ma l'altro dato che a me colpisce sempre fortemente è che se noi guardiamo al tasso di crescita del PIL in valori reali, negli ultimi dodici anni se non ci fosse stata la crescita dell'export in realtà noi avremmo avuto un PIL che avrebbe perso. Cioè l'export in valori reali è cresciuto di 9,9 punti: in assenza di quella crescita noi non avremmo avuto crescita nel Paese. Questo fa sì che se noi non puntiamo sempre di più sull'export e l'internazionalizzazione delle imprese non avremo sempre di più quel motore che trascina poi la crescita dell'economia italiana.
  Quindi, fatto questo focus sul tema del perché l'export è importante, che cosa SACE ha fatto fino ad oggi per supportare quell'export? Vi do di fatto dei dati: nel 2022 SACE ha emesso garanzie a supporto di finanziamenti – a copertura di contratti commerciali, su operazioni di factoring... insomma tutti i supporti di natura finanziaria – per un totale di 54 miliardi; di questi 54 miliardi, 22 sono andati a supporto dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese; 26 miliardi sono andati su strumenti di cosiddetto «sostegno alla liquidità», come supporto alle crisi di natura pandemica, o post crisi russo-ucraina;Pag. 7 3 miliardi sono andati a supporto degli investimenti di natura sostenibile green delle aziende italiane. Un dato molto importante è che di quei 3 miliardi che sono andati a sostegno degli investimenti di natura green, l'80 per cento è andato in favore di piccole e medie imprese: questo a testimonianza che anche la piccola e media impresa ha capito che fare quel tipo di investimenti diventa un fattore di competitività, e lo è soprattutto quando poi va ad internazionalizzarsi.
  L'altra cosa che abbiamo fatto, e qui vengo al tema del come noi SACE possiamo favorire il supporto all'export e internazionalizzazione e ritorno al tema della cultura, contatti, copertura.
  Cultura: noi abbiamo creato un hub formativo all'interno di SACE, che si chiama SACE Academy, con la quale sviluppiamo corsi di formazione gratuiti in favore delle piccole e medie imprese, su tematiche di export di natura finanziaria. E questo non lo facciamo da soli: abbiamo stipulato una serie di partnership con una serie di università italiane; ad oggi sono undici università italiane, con le quali abbiamo, nel corso del tempo, erogato tantissime ore di formazione, che viene fatta sia in aula – quindi di natura fisica – sia di natura virtuale, dove andiamo a selezionare, in funzione di quella che può essere una filiera interessata, una tematica specifica: ad esempio, quelle che sono le difficoltà che possono essere incontrate in materia di esportazione, tematiche doganali, o altri tipi di tematiche. Su questo ritorno sul tema anche della formazione e del mettere a disposizione quelle che sono le nostre conoscenze. Perché poi tutto questo è stato fatto perché come SACE, per fare una determinata valutazione dei rischi – è da lì che partivamo –, abbiamo un sacco di bagaglio di conoscenza. A un certo punto ci siamo detti: questo bagaglio di conoscenze non deve rimanere qualche cosa che è solo proprietà dell'azienda, deve essere ridato alle imprese. E ridare questa nostra conoscenza al mondo delle imprese lo stiamo facendo attraverso questo hub formativo. Un altro esempio è: nel momento in cui sono scoppiate tutte le tematiche sanzionatorie – pensiamo al tema della Russia, o altri Paesi dove abbiamo sanzioni – chiaramente noi facciamo una valutazione ogni volta che c'è un'operazione in un Paese estero di quello che è l'impatto della sanzione sul profilo di rischio. Anche lì ci siamo detti: ma perché non mettiamo in condivisione le nostre informazioni, nuovamente sul nostro sito web? E quindi all'interno di quella mappa dei rischi di cui vi parlavo prima, al di là di capire quello che è il rischio di quel determinato Paese, che è un rischio non solo di natura politica, o rischio del credito, a cui abbiamo aggiunto anche i cosiddetti rischi di impatto di transizione, o rischi climatici, quindi il fatto che tu vai a fare un investimento in una determinata zona geografica può esporre il tuo investimento al fatto che ci possa essere un alluvione? Questa è un'altra variabile che abbiamo inserito all'interno di questa mappa dei rischi. E in più abbiamo inserito l'informazione in tema di sanzioni. Cioè, nel momento in cui tu vai in quel Paese sappi che questo è il potenziale regime sanzionatorio, e queste sono le cose che devi fare per cercare di essere all'interno del quadro delle sanzioni. Quindi questo è l'hub formativo.
  Un ultimo che abbiamo lanciato recentemente è un hub in cui ci siamo dedicati al tema delle donne nell'export. Questo per andare a cercare anche di sviluppare maggiormente quello che era liberare la capacità dell'imprenditoria femminile in tema di export, che vedevamo assolutamente sotto-penetrata. E abbiamo fatto un format in cui abbiamo messo ottocento imprenditrici insieme, dove in una scatola si possono condividere esperienze. Quindi ognuno racconta all'altro quella che è la propria esperienza nel momento in cui ha affrontato un determinato Paese estero. E noi forniamo servizi di consulenza dal punto di vista di quelle che possono essere le tematiche di esportazione in determinati Paesi. E questo è il tema della cultura di natura finanziaria.
  Contatti: un'azienda prima di esportare, o prima di internazionalizzarsi, deve conoscere qualcuno dall'altra parte del continente. Se è vicino è più semplice, ma man Pag. 8mano che ci allontaniamo nel globo diventa più complicato, soprattutto se tu sei una piccola e media impresa. Molto semplice per le grandi imprese, e molto più difficile per le piccole e medie imprese. Per cui abbiamo ideato un'operatività che chiamiamo push strategy. Che cos'è questa push strategy? È un'operatività attraverso la quale noi mettiamo, insieme ad una banca – quindi selezioniamo generalmente un pool di banche, o una banca – una garanzia su un finanziamento, andiamo a selezionare delle controparti estere, in specifici settori e in specifici Paesi, che selezioniamo all'interno di quei Paesi che la cabina di regia dell'export ha indicato come prioritari per l'economia italiana; andiamo ad identificare quelli che sono i potenziali compratori; dove vediamo che oggi c'è un potenziale non ancora sviluppato da parte delle aziende italiane gli offriamo quindi un pacchetto di natura finanziaria, quindi un finanziamento. Qual è l'obbligazione che si prendono queste controparti estere? In primis, di rimborsare il finanziamento, e questo è il punto di partenza, ma due cose: di partecipare a degli eventi cosiddetti di business matching, che noi organizziamo, dove mettiamo in contatto il grande compratore estero con la filiera delle aziende italiane, quindi con la piccola e media impresa italiana. Per cui devono partecipare, e da quel momento nascono relazioni e opportunità per le aziende italiane di entrare nelle vendor list, quindi nelle liste con cui poi andranno a fare degli acquisti, per poi andare ad incrementare il potenziale, l'export effettivo. E noi monitoriamo nel tempo se effettivamente c'è stato un incremento dell'export da parte italiana verso questi Paesi.
  I risultati fino ad oggi sono estremamente lusinghieri, perché abbiamo visto che attraverso questa nostra attività c'è stato un flusso addizionale di export – attraverso queste operazioni che abbiamo fatto – di circa 2 miliardi. Quindi sarebbero 2 miliardi di export che da soli non sarebbero avvenuti, di fatto, senza questi contatti. Abbiamo messo in quel caso in contatto – solo per darvi dei numeri – 2 mila piccole e medie imprese con circa sessanta buyers esteri. Quindi abbiamo presentato 2 mila imprese a sessanta buyers esteri attraverso degli eventi, che sono stati degli eventi targetizzati. Questo per dire il pacchetto complessivo su cui lavoriamo: partiamo dalla conoscenza di natura finanziaria, quindi ti metto in contatto con un tuo potenziale buyer, compratore; poi è chiaro, l'impresa italiana deve fare il suo mostrandomi la sua capacità di avere produzione e servizi che siano all'avanguardia. Ma su quello sono bravissimi, una volta che uno gli ha concesso l'accesso. E poi – terza fase – copertura attraverso garanzie, cauzioni, operazioni di factoring, tutto l'armamentario tipico di un'operatività di questo tipo. E questo, diciamo, è il già fatto.
  Quello che intendiamo fare, e che abbiamo già iniziato a fare nel corso del 2023, ed è parte del piano industriale 2023-2025, piano industriale che abbiamo chiamato «Insieme» per due motivi: uno perché, diciamo, è stato il frutto del lavoro collettivo delle persone di SACE che ci hanno contributo, ma soprattutto perché riteniamo che di fronte a tematiche così importanti, come il supporto alla crescita sostenibile delle imprese italiane in Italia e nel mondo, nessuna Istituzione abbia le risposte su tutto. Solo lavorando tutti insieme – e mettendo tutti insieme – noi riusciremo chiaramente a fare quel balzo in avanti. Ed è anche per questo che abbiamo creato una piattaforma online cosiddetta aperta, dove offriamo sia i nostri servizi – che vanno appunto dalla concessione di servizi di match-making, che oggi si trovano sulla nostra piattaforma – sia l'accesso ai nostri prodotti di natura finanziaria. Oggi noi abbiamo dodici prodotti che sono interamente digitalizzati, e quindi accessibili attraverso la nostra piattaforma, sia prodotti di terzi. Nella necessità che ogni impresa ha nei suoi bisogni di internazionalizzazione, non tutte le risposte le trova dentro SACE. Le ritrova magari in altre istituzioni, ma anche di natura privata. Quindi quello che noi facciamo è mettere all'interno di questo nostro contenitore l'indicazione di dove ci può essere quel fornitore di quel servizio, in modo tale che non debba andarle a cercare da solo Pag. 9all'interno del panorama complessivo del mondo economico.
  Che cosa vogliamo fare di più? Continuare con questa attività di supporto all'export andando a cercare sempre di più nuovi buyers che potenzialmente potranno acquisire da aziende italiane, laddove non ancora conosciuti; un grosso intervento, e questo a favore del mondo delle piccole e medie imprese, di maggiore standardizzazione e sempre maggiore digitalizzazione della nostra offerta, perché sappiamo che sul mondo della piccola e media impresa dobbiamo avere dei prodotti che siano sempre più facili e facilmente gestibili. Siamo convinti che il mondo del cosiddetto business-to-business, dove noi vendiamo a qualcuno che è un'altra azienda, vale moltissimo quando stiamo parlando di grandi imprese; nel momento in cui ci riferiamo soprattutto al mondo della piccola e media impresa dobbiamo ragionare in un'ottica di business-to-consumer, cioè dobbiamo considerare di semplificare al massimo la nostra offerta, perché chi abbiamo davanti è un acquirente che probabilmente in quel momento sta facendo «N» altre cose e non ha una strutturazione di natura finanziaria da dedicare per cercare di strutturare dei prodotti di natura più complessa.
  Quindi il nostro obiettivo oggi – solo per darvi dei numeri – dal punto di vista della nostra copertura sul mondo delle imprese, nella nostra base clienti abbiamo all'incirca 27 mila imprese. Considerate che nel nostro target potenzialmente all'interno delle imprese italiane noi riteniamo che quelle che siano aggredibili dal punto di vista della tipicità di cosa fanno, e di dove potrebbero andare, sono all'incirca 180 mila imprese. Cioè quando parliamo di milioni di micro-imprese stiamo parlando di quelle che fanno anche imprese artigianali, che sono target del fondo centrale di garanzia. La nostra ambizione è quella di passare da 27 mila a 65 mila imprese nell'arco di tre anni, quindi andare di fatto a coprire una su tre di quelle che sono il nostro mercato potenziale. E questa è l'ambizione che ci siamo dati e su cui ci siamo tutti impegnati per raggiungerla. Continuare a supportare le aziende su investimenti in Italia, soprattutto laddove siano di natura sostenibile. E l'altra cosa che stiamo facendo è l'investimento nei settori del domani, perché non ci dobbiamo scordare che l'innovazione è fondamentale per rimanere competitivi sui mercati internazionali. Quelle che sono le start-up dell'oggi diventeranno le PMI di domani e probabilmente i grandi campioni del futuro. E, di fatto, quello che stiamo facendo anche su questo focus specifico sul mondo delle start-up, siamo in questo momento lo sponsor principale di un evento, che si terrà qui a Roma a giugno, e che stiamo organizzando con l'Università Luiss, dove raccoglieremo tutte le start-up. È un evento che ruota per tutta Italia, quest'anno si fa a Roma, dove vogliamo in quel modo essere sempre più vicini al mondo delle start-up, perché dobbiamo dapprima noi capire meglio quelli che sono i bisogni di quel mondo, per poi andare a strutturare al meglio la nostra offerta di natura finanziaria.
  E qui chiudo nel tema dell'essere aperti, e quindi nel fatto, da un lato, del dare, ma dall'altro dell'importanza dell'ascolto, c'è l'altra metodologia che oggi noi stiamo utilizzando per capire dov'è che possiamo migliorare, dov'è che ci sono cose che oggi non facciamo e che forse potremmo fare, o che forse potremmo fare meglio. Abbiamo aperto una modalità che è il cosiddetto co-design, quindi invitiamo in una giornata un gruppo di piccole e medie imprese – lo abbiamo fatto l'anno scorso – e con loro ragioniamo su quelli che possono essere i servizi o i prodotti che oggi SACE non offre, oppure quelli che offre ma che potrebbero avere delle caratteristiche differenti. Prendiamo spunto e le inseriamo all'interno della nostra valutazione; laddove sono fattibili, chiaramente li portiamo avanti. Una di queste, ad esempio, che era emersa nella scorsa attività di co-design, era la creazione di una struttura centralizzata a supporto della piccola e media impresa, cosa che abbiamo preso on board e abbiamo realizzato a partire da gennaio, dove abbiamo creato all'interno di SACE una struttura che è dedicata solo alle piccole e medie imprese. Per la prossima settimana faremo un altro evento, sempre Pag. 10di co-design, in questo caso dedicato al mondo dei canali terzi: per canali terzi noi intendiamo tutti quei contatti di natura finanziaria che assistono le piccole e medie imprese nella gestione della loro finanza, che possono andare dai commercialisti, notai, associazioni varie, perché anche loro devono essere sempre più consapevoli della presenza di una possibile copertura da parte di SACE. Per cui loro potranno diventare, e quindi moltiplicare quelle che sono le nostre capacità di accesso al mondo della piccola e media impresa. Perché – ricordiamoci – da un punto di vista della nostra copertura fisica, sul territorio italiano, noi siamo presenti sul territorio italiano con sedi che vanno da Milano, Venezia, Bologna, Palermo, Napoli, quindi con delle zone, oltre ad avere un'unità dedicata di piccola e media impresa e un'unità centralizzata di primo accesso di customer care, in cui rispondiamo laddove ci siano delle prime domande. Però, chiaramente, rispetto alla numerosità abbiamo bisogno di utilizzare anche la capacità degli altri per moltiplicare la nostra capacità.
  Grazie. Sono a disposizione per chiarimenti e domande.

  PRESIDENTE. Ci avrei giurato.

  ANDREA DI GIUSEPPE. Grazie, dottoressa Ricci. Una presentazione estremamente interessante. Il tema – e glielo dico da imprenditore – è sempre capire chi fa cosa, perché – vede – quello che Lei diceva in apertura dei suoi commenti è un dato incontrovertibile: l'export, il made in Italy, è stata la spina dorsale, e sarà sempre più la spina dorsale di questo Paese. Però dobbiamo, secondo me, per fare questo in maniera efficiente, riorganizzare quella che è la filiera del sistema Italia, perché poi è quello che l'imprenditore percepisce fuori dai confini nazionali.
  Inizio facendo una domanda, che è una domanda per me retorica, ma vedo oggi che SACE è separata da SIMEST; SIMEST è un'altra struttura importantissima del nostro Stato per l'internazionalizzazione. Tra l'altro SIMEST sta aprendo anche degli uffici esteri – come Lei sa – e quindi con una presenza anche più capillare di SACE fuori dall'Italia. Allora la prima cosa che mi viene in testa per riallineare in maniera logica SIMEST e SACE è quella di metterli sotto un cappello unico, perché non vedo come uno possa essere sotto Cassa depositi e prestiti e un altro sotto il MEF. Secondo me la SACE dovrebbe inglobare SIMEST per avere un sistema unico, e il tutto dovrebbe essere sotto il cappello del MEF. Anche perché così diamo una risposta più coordinata all'imprenditore, perché se no l'imprenditore non sa... tutti i servizi che Lei ha detto sono da champagne, da Franciacorta, ma poi si fa fatica però: dobbiamo metterli a terra con la media impresa, con il medio imprenditore, il piccolo imprenditore, che non capisce quali sono le strade. Se poi ci mettiamo dentro anche ICE allora facciamo bingo su tutte le ruote, perché dobbiamo inserire anche ICE, che è parte del MAECI, all'interno di un sistema Italia, perché sennò l'imprenditore non sa dove andare e chi fa cosa. Allora, secondo me, si deve partire da una riorganizzazione del cappello che sta sopra, per poter dare delle risposte che siano risposte coordinate.
  Una domanda più tecnica, invece, riguarda la copertura assicurativa: voi potete, a vostra volta, coprirvi con assicurazioni private? Perché questo è un discorso tecnico di capienza. È evidente che se noi vogliamo essere più aggressivi sui territori, sui mercati internazionali, più capienza abbiamo meglio è. E quindi è evidente che se tecnicamente SACE può riassicurarsi con delle assicurazioni private, questo ad occhio dà modo a SACE di essere più presente e più aggressiva sullo stare a fianco dell'imprenditore.
  Terza e ultima: vedo che SACE può acquisire partecipazioni di società estere in casi direttamente e strettamente collegati all'esercizio dell'attività assicurativa e quindi a garanzia, e quindi consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati. Quindi volevo capire se questo faceva parte dei vostri programmi. Grazie.

  PRESIDENTE. Altri interventi? Onorevole Gruppioni.

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  NAIKE GRUPPIONI. Intanto grazie. Tra i documenti di sostegno e di liquidità agli investimenti che SACE propone normalmente abbiamo quelli di natura green; quello che chiedo io è: abbiamo pensato, per tutelare il made in Italy e i vari processi produttivi, se non il sistema di lavoro che oggi tutti utilizziamo – la digitalizzazione –, una tutela dei dati, dell'hackeraggio, una cyber-security, di sostegno alle aziende? Perché le aziende – soprattutto le piccole e medie imprese, ovviamente – non hanno le risorse e la struttura necessaria per tutelarsi. E probabilmente anche le grandi aziende non hanno la sensibilità, oggi, per provvedere a tutelare il proprio know-how con i mezzi di comunicazione e i mezzi di lavoro che noi stiamo implementando con l'innovazione. Volevo capire se fosse prevista nella valutazione dei rischi fatti e, se sì, come. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Calovini.

  GIANGIACOMO CALOVINI. Io mi scuso in anticipo, nel senso che pongo la domanda e poi devo scappare perché abbiamo il vertice Nato alle 15. Però ho saputo che viene registrata la risposta, quindi posso tranquillamente ascoltarla dopo. Quindi mi scuso per quello.
  Tre domande rapide, ma sarebbe molto interessante poi avere la risposta. Partendo dall'elenco dei Paesi che Lei ci ha fatto dal punto di vista dello sviluppo e dell'interesse, io sono sempre molto curioso di capire qualcosa di più sull'Europa, considerando che sono ovviamente Paesi che per noi rappresentano tantissimo dal nostro punto di vista export. Se non ricordo male, oltre gli Stati Uniti, i primi cinque o sei Paesi sono tutti europei, a partire dalla Svizzera, che comunque è per noi molto molto importante, e quindi capire la sua posizione, se comunque sono già estremamente saturi, oppure se invece gli imprenditori hanno necessità di andare a sviluppare ulteriormente relazioni. Sempre in seguito a questo, Asia: un passaggio sulla Cina per me poteva essere estremamente interessante, in virtù anche delle decisioni che qualcuno dovrà prendere.
  Secondo passaggio, invece, la questione della rete: io qualche missione, anche prima di fare il parlamentare, con alcuni imprenditori in giro per il mondo l'ho fatta; il collega l'ha detto benissimo, serve molta rete nei confronti dei nostri imprenditori, anche perché il tessuto italiano – lo sapete voi meglio di me – è un tessuto di imprenditori medio-piccoli, tante volte molto piccoli, quindi fanno fatica magari ad internazionalizzarsi, a capire su quali Istituzioni si possono appoggiare. Quindi questa è una cosa molto importante, comprendere se magari in futuro avete anche volontà di aprirvi ulteriormente con le associazioni imprenditoriali; entrare, come è stato detto, anche in università, capire che il dirigente quando finisce il percorso universitario ed entra in azienda sa che poi dopo può contare ovviamente su istituti come questo.
  E in ultimo: anche qua io non sono, come il collega Di Giuseppe, preparato su questo tema, però sicuramente noto spesso un po' di confusione nel mondo imprenditoriale sulla questione ICE, SACE, SIMEST e capire eventualmente qual è la vostra direzione, o quello che voi vorreste auspicare per cercare di rendere più chiare e facili le cose. Mi scuso ancora, grazie.

  PRESIDENTE. Io ho anche una soluzione: mettere il MEF sotto la SACE.

  FABIO PORTA. Intanto ringrazio ovviamente i rappresentanti di SACE, la dottoressa per l'illustrazione, che mi è sembrata completa ed esaustiva. Faccio un paio di brevi considerazioni. Al di là delle cose condivisibili che diceva il collega Di Giuseppe sull'assetto, sull'architettura, ripresa adesso dall'onorevole Calovini, parlando di «sistema Italia» – che poi a noi, che siamo presenti costantemente all'estero anche con la nostra business community, è quello che interessa capire – è appunto sapere se in questo vostro approccio che riguarda il sistema delle imprese, il sistema anche della business community italiana, avete citato l'Agenzia ICE, in che modo vi rapportate, con particolare riferimento al sistema delle Camere di Commercio italiane all'estero, che possono anche rappresentare delle antenne,Pag. 12 diciamo sensibili, sul tema in particolare degli investimenti e dei finanziamenti.
  L'altra considerazione è questa: Lei giustamente parte da quello che tutti noi riteniamo essere anche un po' il core business di SACE, cioè questa capacità, a nome e per conto del «sistema Italia», di aiutare le nostre aziende ad entrare in nuovi mercati, in nuovi mondi, proprio alla luce delle opportunità e dei rischi. Mi riferisco adesso ad un'area che seguo ovviamente in maniera più diretta, che è l'America Latina, che credo riunisce bene entrambe queste caratteristiche: forse è il continente dove le opportunità si uniscono, o a volte si contraddicono, con i rischi, e non sempre è facile ovviamente gestire una cosa o l'altra. Faccio dei riferimenti: avete parlato di Brasile e Messico, che anche a me sembrano in questo momento, oltre le loro dimensioni, sono Paesi del G20, sono le due economie più forti, sicuramente quelle su cui ovviamente puntare. Ci sono altre economie – mi riferisco adesso al Venezuela o all'Argentina – che rappresentano dei grossi rischi, ma anche delle grandi opportunità per tanti motivi. E faccio anche dei sotto-esempi: l'ENI – abbiamo incontrato prima l'Amministratore delegato Descalzi, io non c'ero, c'erano i miei colleghi, farò come l'onorevole Calovini, mi sentirò ex post l'audizione – ha dei grandi investimenti. E credo che sta anche aumentando, anche a proposito dei rischi della situazione energetica, i propri investimenti in Venezuela. Un Paese fortemente a rischio, ovviamente, per tanti motivi. L'ENEL, al contrario, sta uscendo dall'Argentina. Anche qui: grande opportunità, ma rischi. Arrivo pochi giorni fa proprio da una visita in Argentina, parlavo con il nostro Ambasciatore, ovviamente non possiamo vedere con buoni occhi... tra l'altro ci sono anche dei problemi che riguardavano i consumatori nel caso di ENEL, che insomma stiamo cercando di gestire non soltanto a livello imprenditoriale, ma anche dal punto di vista del rapporto con le nostre collettività. In questo caso, voi che avete proprio questo tipo di competenza, come si può, si deve, o voi intervenite, magari per scongiurare anche alcune fuoriuscite che possono essere dannose, non soltanto all'immagine del Paese, ma poi magari a lungo andare anche agli stessi interessi delle aziende direttamente interessate. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Billi.

  SIMONE BILLI. Anch'io ringrazio la dottoressa Ricci, l'avvocato Mancini e il dottor De Capitani per la presenza. E grazie presidente. Sarò breve. Mi riallaccio un po' a quello che diceva il nostro collega Di Giuseppe, e anche a quello a cui ha accennato l'onorevole Porta, con una breve osservazione e una domanda più specifica. È vero che noi notiamo molto spesso che Paesi industrializzati, nostri diretti concorrenti – come per esempio la Germania – hanno una strategia all'estero di export e di sostegno alle loro imprese molto più unita di quella nostra, appunto come diceva l'onorevole Di Giuseppe. Noi, è vero, siamo il Paese dei campanili, siamo campanilisti. Io per esempio vengo da Firenze, sapete benissimo che tra Firenze, Pisa, Livorno... Insomma già nella mia regione non si va mai tanto d'accordo. Però per l'export, per quanto riguarda il sostegno al nostro Paese, noi dobbiamo sostenere il nostro Paese unitariamente. Bisogna essere più uniti possibili. Quindi, appunto, sollecito, come ho sempre fatto, il «sistema Italia» in generale, a superare quei piccoli scogli, quelle difficoltà che a volte ci possono essere, o di natura di sistema o di natura specifica per il caso specifico e a lavorare insieme, come «sistema Italia». Quindi auspico un maggior lavoro di squadra e – come diceva l'onorevole Di Giuseppe – un riallineamento per essere anche più coordinati all'estero. Come diceva anche Lei, dottoressa, «Insieme» – il nome che avete dato al vostro piano triennale, o quinquennale – insieme anche con il resto del «sistema Italia». Quindi ICE, SIMEST, io aggiungerei le Camere di Commercio italiane all'estero, come diceva il mio collega Porta, io aggiungerei le Ambasciate, e anche – per quello di competenza, quando serve – l'ENIT, che lavora sul turismo. Quindi andiamo sempre di più verso una internazionalizzazione ed Pag. 13una strategia di internazionalizzazione del nostro Paese più unita e compatta possibile. Questa appunto come breve osservazione per allinearmi anche a quello che dicevano i miei colleghi, su cui sono assolutamente d'accordo.
  L'ultima cosa che volevo chiedere: essendo appunto anch'io, come l'onorevole Porta, uno degli eletti nella circoscrizione estero, mi chiedevo se avete mai avuto esperienza, o se avete eventualmente degli studi o dei brevi report per quanto riguarda la comunità italiana all'estero, e la sua eventuale o possibile influenza sull'export, sulla commercializzazione, e anche soprattutto sul contrasto all'italian sounding. Dalla mia esperienza – sono alla seconda legislatura, quindi sono in Parlamento dal 2018, seguo da cinque anni la comunità italiana all'estero – devo dire che ho sentito come feeling quello per cui quando la comunità italiana all'estero in un certo Paese è forte, è forte anche e soprattutto il contrasto all'italian sounding; quando la comunità italiana è più debole o inesistente, il contrasto all'italian sounding e il commercio con questo Paese è più debole. Non so però se voi – come esperti e come azienda specifica che lavora su questo – avete mai fatto degli studi, o avete qualche nota od osservazione al riguardo.
  Quindi vi ringrazio ancora e complimenti per il lavoro che comunque state facendo.

  ANDREA DI GIUSEPPE. Un'ultima nota proprio per dare più peso all'onorevole Billi e all'onorevole Porta. Faccio un esempio abbastanza tragicomico: le strutture fisiche o organizzative sono normalmente lo specchio di quella che è un'organizzazione di carattere immateriale. Soprattutto noi tre – niente da togliere – che siamo eletti all'estero sappiamo meglio di altri quanto per noi sono importanti le strutture consolari, le Camere di Commercio e quant'altro. Ma vi sembra normale che un'impresa o un italiano debba, in qualsiasi città – adesso parlo della mia, Miami, ma potrebbe essere San Paolo, potrebbe essere qualsiasi altra città – per andare al consolato va da una parte, all'ICE da un'altra, alla Camera di Commercio va da un'altra ancora, e probabilmente SIMEST – dove aprirà – ci sarà un'altra sede ancora. Questo – e lo dico più alla nostra Commissione, al nostro presidente – è un progetto, secondo me, da portare, perché al di là del costo esorbitante proprio di avere delle sedi, ma non c'è assolutamente nessun tipo di coordinamento del «sistema Italia», e noi lo sappiamo bene quello che... Questa è una cosa che noi dobbiamo assolutamente... Io lo sto portando avanti adesso a Miami, perché tecnicamente scadono degli affitti eccetera, eccetera, e quindi sto cercando di portare insieme tutte quante le sedi. Ma è da matti. Scusate, sono nella Commissione Esteri, ma sto parlando come imprenditore, è da uscir fuori matti. Questo tanto per sottolineare quello che dicevano prima i miei colleghi.

  PRESIDENTE. Mi iscrivo al dibattito da un altro punto di vista. Se attaccate il canale 48 della tele – RaiNews24 – avete evidenza del fatto che l'Italia è un Paese duale, ovvero le luci nella parte nord e centro sono molto forti, e credo un grado di luminosità che più o meno puoi comparare con la parte anseatica dell'Europa. Questo vuol dire che rispetto ad altri Paesi europei l'Italia è davvero un Paese duale. Altri hanno differenze, ma non così forti. Gli artigiani di Mestre – mitica figura – sostengono – ed è un'applicazione secondo me coerente – che il vecchio triangolo industriale Milano-Torino-Genova è sostituito da un nuovo triangolo Milano-Bologna-Venezia. E sostengono che il 50 per cento del PIL italiano è fatto in quel triangolo. E credo che non sia privo di senso questo dato empirico: se metti insieme le luci di Google Maps con i numeri degli artigiani di Mestre – solitamente piuttosto attendibili, con riferimento a queste grandezze – hai una realtà dell'Italia abbastanza particolare. E allora la domanda è: che cosa vedete, fate, come si sviluppa nei vostri numeri quel triangolo? A voi.

  ALESSANDRA RICCI, Amministratore delegato di SACE. Grazie mille per le domande. Cerco di seguirle: onorevole Di Giuseppe, per quanto riguarda la governancePag. 14non spetta chiaramente a noi la decisione; intendo l'assetto dal punto di vista del controllo azionario. Quello che noi cerchiamo di fare nell'insieme c'era anche questo, il tema di come far lavorare meglio SACE, SIMEST, ICE, Confindustria, le Confindustrie regionali, tutte le Camere di Commercio internazionali e non... Noi sempre di più stiamo lavorando insieme. Partiamo da SACE, SIMEST e ICE: esiste oggi addirittura un portale, che è l'export.gov, nel quale abbiamo messo insieme tutti i prodotti che le tre società, istituti, offrono a supporto dell'export e dell'internazionalizzazione perché quello stesso possa diventare il portale di accesso per tutti. E poi chiaramente quello manda, una volta identificato... Diciamo, quindi, quello da un punto di vista di interfaccia; poi ci sono riunioni di coordinamento continue, e sul territorio lavoriamo assolutamente con le varie Confindustrie locali. Chiaramente tutto è perfettibile, e le soluzioni possono essere riviste.
  Da un punto di vista, poi, della presenza, volevo solo fare un passaggio: io prima ho parlato della rete domestica di SACE, chiaramente noi come SACE abbiamo una presenza internazionale; oggi abbiamo dodici sedi aperte, siamo partiti chiaramente da dove eravamo più presenti, via via andandone a sviluppare. La prossima apertura, con un flying desk, sarà assolutamente quella a Belgrado, quindi per seguire il tema dei Balcani.
  Tema di gestione dei rischi e delle coperture sul mercato riassicurativo o privato: sicuramente quello potenzia la capacità, e soprattutto potenzia e diventa una condivisione di rischio con il sistema privato. Cioè, nel momento in cui questo fosse fattibile dà anche una ulteriore assicurazione, e questo lo...

  ANDREA DI GIUSEPPE. È fattibile, oppure no?

  ALESSANDRA RICCI, Amministratore delegato di SACE. Allora, noi l'abbiamo sviluppato fino al 2020, diciamo fino a che c'è stato il cambio di governance. Nel momento in cui c'è stato il cambio di governance è qualcosa che abbiamo per il momento lasciato da parte, considerato che oggi il 90 per cento dei rischi viene messo direttamente in contabilità sul bilancio dello Stato. Per cui è qualcosa che è in valutazione, se riaprire quel canale. Sicuramente è un'opportunità in più che potrebbe essere data.
  Il tema della partecipazione da parte di SACE in società estere, laddove questo possa essere di aiuto, lo abbiamo fatto in un caso fino ad oggi. Noi abbiamo una partecipazione in una multilaterale assicurativa, che è in Africa e si chiama ATI, dove possediamo una partecipazione che va esattamente a supporto di tutti i progetti in Africa. Quindi è una multilaterale a cui partecipano vari Paesi, e che offre coperture di natura assicurativa, e quindi la utilizziamo soprattutto laddove vediamo che ci sono difficoltà da parte del mercato assicurativo domestico; laddove quel progetto diventa eleggibile per quella multilaterale la coinvolgiamo, anche perché esprimiamo all'interno di quella compagine anche un direttore di natura non esecutiva.
  Vado al tema del green, e al tema del cyber risk: è un tema su cui, oltre che esserci interrogati noi internamente sulla tematica del cyber risk, siamo partiti in questa fase facendo della formazione. Quindi, in uno di quei format che abbiamo fatto di education nei confronti di piccole e medie imprese abbiamo segnalato come l'attenzione al cyber risk deve diventare determinante ed essere uno dei fattori, che non deve essere assolutamente tenuto come di secondaria importanza. Oggi non abbiamo ancora valutato se rientra all'interno del nostro mandato lo sviluppo di prodotti di natura assicurativa che vadano a coprire. Però abbiamo fatto il primo pezzo, quindi portare a conoscenza che il tema esiste e che ci deve essere una sensibilità su quello.
  Tema «Paesi Europa»: sicuramente l'Europa è il mercato, soprattutto laddove parliamo di semilavorati. Noi sappiamo che, di fatto, costruiamo, produciamo semilavorati che poi per la maggior parte vengono inglobati all'interno di produzioni che poi si trovano in produzioni soprattutto in Germania. Per cui è fattore assolutamente determinante,Pag. 15 ed è il motivo per cui quando ho parlato della crescita sì, ma rallentata, di Francia e Germania, quello ci deve ricordare che noi siamo altamente interconnessi con quei mercati, e quindi ci deve essere attenzione rispetto quei mercati.
  Il tema Cina: dal nostro punto di vista la Cina è imprescindibile, perché non puoi prescindere da un mercato che rappresenta quella quantità di popolazione e dove c'è quella capacità, soprattutto, di investimento, per cui diventa assolutamente un fattore dove noi dobbiamo essere presenti. Come spesso ci diciamo, la presenza, di fatto, in quelle aree geografiche deve diventare una presenza in quelle aree geografiche perché da quelle aree geografiche tu ne fai l'hub per coprire poi l'intero continente dell'Asia. È impensabile che uno possa coprire il continente dell'Asia esportando direttamente dall'Italia; lo puoi fare in qualche modo se hai anche una presenza fisica locale, altrimenti diventa impossibile essere presente. E questo mi viene anche un po' dall'esperienza precedente che avevo avuto in SIMEST, quando ero Amministratore delegato di SIMEST.
  Per quanto riguarda il tema delle Camere di Commercio internazionali, noi con le Camere di Commercio internazionali abbiamo una serie di accordi. Addirittura oggi nel Consiglio di amministrazione dell'Associazione Camere di Commercio Internazionali c'è una persona nostra che partecipa. In secondo luogo siamo entrati oggi nel Consiglio direttivo della neocostituita Camera di Commercio Italia-Messico, proprio perché – ritornando al tema del Messico – ritenevamo che quello sia un Paese dove assolutamente andare ad investire.
  Il tema Argentina: è un Paese dove vediamo in questo momento un miglioramento del profilo di rischio. Come tutti sappiamo l'Argentina è stata nel tempo un Paese che ha mostrato default, ed è rientrata dal default. Ci sono dei problemi di natura strutturale su cui c'è difficoltà ad intervenire dal punto di vista sociale, e quello fa sì che diventa difficile. Noi siamo aperti sul Paese, quindi abbiamo sempre mostrato apertura sul Paese, a supportare il Paese. Su alcuni progetti, su cui potenzialmente potrebbe esserci un intervento italiano, questi stessi progetti oggi non sono compliant con quella che è la climate change policy che viene fuori dagli accordi di COP26. Quindi non sono da noi supportabili dal punto di vista del supporto all'export. Quando usciamo di fatto dalla tematica, ad esempio, di fractioning dei giacimenti di gas, che sono tipicamente una delle grosse riserve dell'Argentina, su cui – ahimè – non possiamo dare supporto.
  Vengo al tema del lavoro e della Germania: i campanili dell'Italia rispetto al mondo monolitico della Germania. Anche qua un tema che io sento molto caro è il fatto di non sentirci però secondi, perché poi ricordiamo che la Germania, è vero che esprime quell'approccio monolitico, ma andiamo a guardare – e abbiamo visto ieri i dati di confronto – quanto supporto all'export l'Italia faccia rispetto alla Germania. La Germania chiaramente ha quell'economia, che tutti conosciamo, i volumi di supporto all'export che esprime SACE – che ho ricordato prima, sono i 22 miliardi – non sono assolutamente i volumi di export credit che esprime l'omologa di SACE, che è HERMES, che – vado a memoria – esprime all'incirca 4 miliardi di supporto all'export, lavorando con all'incirca, forse, cento imprese. Quindi solo per dirci che usciamo ogni tanto dalla sensazione che gli altri Paesi facciano meglio di noi. La tematica diversi degli altri Paesi è che gli altri Paesi hanno un tessuto economico diverso. Un tessuto economico diverso fatto di grandi imprese, e quindi hanno una diversa gestione monolitica dell'accesso al supporto. Non hanno un tema di piccola e media impresa, per capirci. Però è anche vero – e qui ritorno al tema dei campanili – che la bellezza dell'Italia è perché abbiamo tanti campanili. Quando noi andiamo in Germania, la maggior parte della Germania è tutta uguale. Dobbiamo fare chilometri e chilometri prima di trovare una diversità di natura culturale. I vari campanili hanno fatto poi la ricchezza nell'Italia e la capacità anche di essere così innovativi. Per cui probabilmente non si può essere uno e l'altro. Certo dobbiamo prendere il migliore dei mondi ogni volta ed ispirarci. Però è difficile dire che può essere una cosa portando a casa anche tutto il resto. Pag. 16Però, diciamo, il tentativo è sempre di più di lavorare insieme.
  Sul tema di quanto la presenza della comunità italiana all'estero possa avere impatto, sia sul tema di italian sounding sia sul tema di incremento dell'esportazione, è uno spunto estremamente interessante: obiettivamente non credo sia un tema su cui abbiamo focalizzato l'attenzione, per cui lo prendo veramente come spunto per farci un approfondimento su quanto questo possa essere un volano da utilizzare per favorire maggiormente, da un lato, l'utilizzo dell'italian sounding e, dall'altro, di favorire i processi di esportazione.
  Il Venezuela: non avevo eluso la domanda sul Venezuela, continua ad essere un Paese difficile, ahimè. È diverso quando uno fa estrazione di fonti di produzione, ma lì nuovamente non possiamo intervenire per un problema di climate change.
  Il tema del triangolo: sicuramente di tutto il nostro supporto domestico, soprattutto in quel caso, sia a livello di garanzie che diamo per lo sviluppo di quel territorio, che in chiave domestica e in chiave export – adesso i dati non ce l'ho – farà parte da solo di gran parte del nostro portafoglio, in misura ponderata. La distribuzione del nostro portafoglio riflette assolutamente quella che è la distribuzione di produzione della ricchezza all'interno del Paese.
  Quello che stiamo cercando di fare, proprio per andare a compensare – perché quello che noi come mandato dobbiamo cercare di fare è anche compensare laddove ci sono, invece, delle sotto-capacità inespresse – è sviluppare maggiormente dei format legati al sud. E qui mi ricollego al format «Women in export» che quest'anno abbiamo lanciato con un focus esplicitamente sul sud Italia. Proprio perché, andando a verificare quelli che sono determinati settori e determinate tipologie di imprese crediamo che cominciare a fare maggiore formazione di natura economico-finanziaria, quindi andare a spiegare la collocazione territoriale di quelle imprese e la loro capacità di esportazione, e quanto la capacità di esportazione – se bene utilizzata – potrebbe favorire processi di sviluppo, secondo noi è quello che potrebbe far fare un salto maggiore di sviluppo. Probabilmente gli artigiani fanno già molto bene e hanno meno bisogno di noi, ancorché ne abbiano comunque bisogno.

  PRESIDENTE. Il meccanismo nostro è l'imprenditore va fuori e la SACE, o altro, lo aiuta. Il meccanismo tedesco, dipende dalla struttura dell'industria, ma è che il Cancelliere va fuori e al tavolo a fianco c'ha la KfW. Sapete cos'è la KfW? Incorporata all'origine nel Delaware, parte del Piano Marshall, dal Trattato di Roma l'hanno importata, però è la struttura dell'export tedesco. Cioè la Cancelliera, o il Cancelliere, quando va fuori c'ha sempre questa bestia qua. Grazie.

  ALESSANDRA RICCI, Amministratore delegato di SACE. Grazie a voi.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.