XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 15 novembre 2023
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione del presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, Michele Talia:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 
Talia Michele , presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 3 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 4 
Pogliani Laura , componente del consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 4 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 11 
Talia Michele , presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 11 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 18 
Iaria Antonino (M5S)  ... 19 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 22 
De Maria Andrea (PD-IDP)  ... 22 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 24 
Talia Michele , presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 24 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 24 
Talia Michele , presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 25 
Pogliani Laura , componente del consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica ... 28 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, Michele Talia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, professor Michele Talia che ringrazio per la presenza. Per noi è un incontro molto importante, presidente, perché stiamo portando avanti un lavoro di approfondimento che parte da una fotografia della situazione esistente, e poi ha l'ambizione e l'obiettivo di inserirsi attraverso anche delle proposte progettuali. Quindi il vostro contributo è particolarmente importante e particolarmente gradito. Magari poi lei anche nel corso del suo intervento entrerà più nel dettaglio di una cosa che abbiamo già iniziato a osservare con attenzione, che è questo testo proposto dall'Istituto Nazionale di Urbanistica sul governo del territorio e la pianificazione, presentato a Firenze nei giorni scorsi e che viene al termine di una riflessione che urbanisti e giuristi, a seguito del vostro trentunesimo congresso a Bologna, hanno avviato. È un testo importante che noi teniamo poi ad approfondire, anche perché introduce una serie di concetti particolarmente importanti. Lei ne ha citati due in varie occasioni, ovvero questi Pag. 3criteri quali-quantitativi, che sono un qualcosa di basilare, e poi questo passaggio dal principio di conformità al principio di coerenza che rappresenta, se vogliamo, nell'ambito dell'urbanistica un qualcosa di rivoluzionario, mi consenta. Tra l'altro in Commissione abbiamo diversi architetti e tecnici che sono colleghi parlamentari, quindi sarà sicuramente un approfondimento importante, e quindi volentieri le cedo la parola, rinnovando a tutti voi i ringraziamenti per la vostra disponibilità.

  MICHELE TALIA, presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Grazie presidente e buonasera agli onorevoli in collegamento e qui davanti a me. Prima di entrare nel merito poche parole per presentare l'Istituto Nazionale di Urbanistica, che è un istituto di diritto pubblico fondato nel 1930, che ha come obiettivo fondamentale quello di occuparsi, all'epoca, di pianificazione urbanistica e territoriale, oggi di governo del territorio. All'Istituto Nazionale di Urbanistica aderiscono soggetti privati, professionisti, docenti universitari e pubbliche amministrazioni. Da questo punto di vista è un po' un unicum proprio per il carattere articolato di questa base associativa.
  L'INU ha una casa editrice, pubblica due riviste – Urbanistica e Urbanistica Informazioni – e presenta da oltre vent'anni il rapporto dal territorio in cui effettuiamo un'indagine sistematica sui processi di trasformazione territoriale e sulle pratiche urbanistiche compiute alle diverse scale. Come ha ampiamente ricordato il Presidente, tra le varie attività, siamo impegnati nella messa a punto di una proposta di legge sul governo del territorio, a cui farò riferimento nella parte finale dell'intervento, relativamente alle questioni che riguardano in modo più specifico le attività di questa Commissione.
  Le anticipo, e sono naturalmente il tema della rigenerazione urbana; il problema del contenimento del consumo di suolo, la fiscalità urbana; e l'evoluzione degli standard urbanistici – che Pag. 4il Presidente ha citato – verso un profilo di offerta che si caratterizza per delle dotazioni urbanistiche che possono aiutare le forze politiche, le istituzioni in un processo di decentramento amministrativo a livello regionale sotto forma di LEP (Livelli Elementari di Prestazioni).
  Partecipa all'audizione la professoressa Laura Pogliani del Politecnico di Milano e membro del direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. In particolare la prima parte riguarderà alcune questioni di natura non solo metodologica, ma anche di approccio ai problemi della periferia e della dimensione abitativa nelle politiche pubbliche che si innestano in questo campo. Anche su questa materia verrà evidenziato un aspetto che non è solo di natura metodologica o di approccio scientifico, ma riguarda in qualche modo l'evoluzione delle politiche pubbliche per quanto riguarda l'housing sociale e l'edilizia pubblica, che costituiscono ovviamente il motore, assieme ad altri, del processo di rigenerazione territoriale e urbana, e quindi di rinascita delle periferie. Nella seconda parte riprenderemo alcune questioni riguardanti la legge di principi di disciplina del governo del territorio, e quindi io darei adesso la parola alla collega Pogliani per questa parte della presentazione.

  PRESIDENTE. Prego, professoressa Pogliani.

  LAURA POGLIANI, componente del consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Grazie e buonasera a tutti. La relazione che vi presentiamo per sommi capi, e che vi forniremo poi in un testo scritto per esteso, ragiona un po' sulla possibilità di rigenerare questi territori fragili che abbiamo appunto considerato le periferie. Le domande che ci siamo posti, che sono alla base un po' di questa relazione sono ovviamente molteplici, ma le ridurrei a questi tre punti essenziali. Quali aspetti, quali azioni attivare per cambiare le condizioni di perificità delle Pag. 5nostre città e dei nostri territori; su quali fattori investire in questa direzione, e quali piani e programmi attivare, operare; e quali sono i limiti per superare le difficoltà della pubblica amministrazione nel mettere in campo queste politiche e attivare questi programmi e queste azioni.
  Sono ovviamente questioni molto difficili e certo non sono nuove. Però riteniamo che si debba partire proprio da una valutazione complessiva di cosa si intende oggi per periferia. La relazione prova a farlo, come diceva il presidente Talia, nei primi due paragrafi. E poi riuscire a introdurre alcune riflessioni, alcune proposte che tengono conto di queste condizioni di perificità, di questi problemi e che propongono, avanzano delle ipotesi di lavoro su cui l'Istituto ha elaborato sia la proposta di legge che altre riflessioni in questo campo.
  Innanzitutto, come immagino abbiate già considerato anche nei vostri lavori, le periferie non sono una dimensione univoca, non possono essere considerate una realtà unitaria, ma sono delle realtà molto composite che hanno anche un rilievo quantitativo importante a scala nazionale. Delle recenti elaborazioni Istat ci dicono che nei quattordici comuni capoluoghi metropolitani nelle aree periferiche viva quasi il 62 per cento degli abitanti della popolazione complessiva di questi capoluoghi metropolitani, a cui si aggiunge un altro circa 15 per cento di popolazione che vive in territori intermedi. Quindi numericamente stiamo parlando di oltre 7 milioni di abitanti che stanno nei territori metropolitani, a cui vanno aggiunte le popolazioni che, invece, stanno in questi territori di periferia della urbanizzazione più recente, di aree anche interne, anche fragili, che condividono più in generale questo problema di fragilità, cioè delle condizioni di difficoltà di accessibilità non solo o non tanto ai trasporti, talora sì, ma non necessariamente, ma anche Pag. 6problemi di difficoltà all'accesso ai servizi primari sotto livelli di scolarizzazione, problemi ambientali di varia natura.
  Quindi le condizioni di perificità non sono soltanto una dimensione geografica, ma sono appunto dei livelli di vita qualitativamente insoddisfacenti. Al tempo stesso però queste condizioni non sono un dato assoluto, statiche, ma è una condizione in evoluzione perché si sono viste nel corso del tempo periferie che sono state inglobate nei tessuti urbani, periferie che hanno riacquistato un livello qualitativo molto più dignitoso. In genere questo a fronte di azioni di investimenti pubblici che hanno aiutato ad uscire da condizioni di degrado e a superare condizioni di isolamento sociale di difficile accessibilità. Questo è un punto della nostra relazione importante perché sta a indicare come le scelte, le decisioni sui territori, e quindi in materia urbanistica possono orientare i progetti, pubblici e privati, verso un riequilibrio dei valori in gioco. Una redistribuzione anche dei fattori di vantaggio all'interno delle città, e quindi aprire la possibilità a questi territori di migliorare le proprie condizioni intervenendo, per esempio, sul sistema del welfare materiale che, come sappiamo, è uno degli elementi che connotano l'azione pubblica, e che sono al centro delle politiche e della pianificazione urbanistica.
  Quindi, ritornando a questa idea della condizione di perificità come deficit di opportunità, si possono riconoscere diverse forme. Certamente c'è un deficit, una fragilità di natura spaziale come abbiamo visto. C'è una rarefazione anche dell'effetto città, del rapporto con le centralità urbane. Oppure ci sono condizioni di perificità contraddistinte da assenza o da carenza di manutenzione, che si traduce in una bassa qualità degli spazi, degli abitare, dagli alloggi stessi, ma anche agli spazi collettivi o semicollettivi, o alla ricorrente presenza di spazi interstiziali di risulta, di edifici, di spazi aperti inutilizzati o abbandonati, Pag. 7a cui spesso si associano fenomeni di degrado che peggiorano anche le condizioni di sicurezza a loro intorno.
  Poi c'è una fragilità più di carattere sociale, di carattere economico che naturalmente riguarda la concentrazione di popolazione più in difficoltà, e la concentrazione spesso in forma di segregazione spaziale di questa popolazione più svantaggiata, che è anche questa un insieme di popolazioni diverse. Anziani soli, nuclei familiari vulnerabili, popolazione immigrata per lavoro, popolazione anche giovanile precaria.
  C'è una natura anche culturale di queste fragilità dovuta alla carenza di attività culturali aperte alla popolazione locale, alla scarsa qualità e quantità di spazi e di iniziative dedicate, dispersione scolastica come si diceva e concentrazione di popolazione residente con livelli bassi di istruzione. E infine ci sono delle fragilità ambientali dovute alle condizioni anche territoriali di molti di questi ambiti che erano un tempo industrializzati, che poi sono stati deindustrializzati, o in cui ci sono larghe sacche di spazi abbandonati, e molto spesso anche con suoli inquinati.
  È chiaro che tutte queste condizioni, che si possono anche declinare in maniera più articolata, e naturalmente il vostro lavoro lo sta facendo immagino, però deve anche tener conto di un altro aspetto, che è un po' la presenza in questi territori anche fragili di risorse locali, di energie locali, che forse vanno anche un po' valorizzate. Proprio perché non necessariamente la periferia è un magma oscuro, ma presenta al proprio interno anche delle possibilità, delle iniziative che vanno in qualche modo appoggiate.
  Una parte della letteratura anche più recente è convinta che il problema delle periferie abbia oggi una valenza prettamente di natura economico sociale, e non soltanto fondamentalmente spaziale. Cioè attenga all'assenza di opportunità di carattere Pag. 8sociale, lavorativo, educativo, prima che la natura degli spazi. Noi in questo crediamo meno, crediamo che naturalmente sono tutti elementi che concorrono alla creazione e alla strutturazione di queste fragilità, però lavoriamo sugli spazi come architetti, come urbanisti crediamo che lo spazio sia un contenuto essenziale delle discipline progettuali.
  Arnaldo Bagnasco diceva che i fatti sociali sono formati nello spazio, quindi che lo spazio abbia una relazione diretta con il nostro modo di stare nelle città, nei territori, e quindi che il contributo che l'urbanistica può offrire è appunto partire dagli spazi, dalla rigenerazione degli stessi, e su questo la proposta poi di legge INU che vi verrà illustrata dal presidente insiste molto. E quindi questo ha poi dei riflessi a tutto campo sia sulle politiche, sulla pianificazione come si diceva, anche sugli interventi progettuali più minuti, dove spesso le condizioni di isolamento, di difficoltà di accesso possono essere in qualche modo affrontate agendo proprio sulla ricucitura di relazioni spaziali, di interventi anche che inseriscano per esempio pluralità di funzioni, o anche usi temporanei per riattivare alcuni di questi ambiti. Lavorare sugli usi, lavorare sugli spazi aperti, sugli spazi comuni, sulle scuole e sulle attrezzature anche sportive.
  Quindi occorre in qualche modo ritornare a questa dimensione dei territori, delle città, e per questo consideriamo centrale, cruciale direi affrontare la questione del disagio abitativo, che è uno degli elementi. Non è l'unico, come abbiamo visto, abbiamo detto che la natura è pluridimensionale, però è uno degli elementi che sicuramente sono più rilevanti in questa epoca, e che va anche ad aumentare. E quindi quello che riteniamo essenziale è ripartire da una convincente politica abitativa, che riconosca la casa come un diritto sociale, che partecipa alla costruzione del benessere del Paese, e che deve Pag. 9continuare ad essere al centro dell'attenzione della politica e di chi pratica l'urbanistica. Lo è al centro dell'attenzione dell'INU, e infatti su questo l'INU avanza anche delle proposte in materia di formazione di un piano casa che possa superare le difficoltà sia quantitative, ma come si diceva anche qualitative del disagio abitativo della popolazione nelle città.
  Ci sono una serie di numeri che presentiamo nella relazione su cui proverei ad andare in maniera un po' più spedita, proprio per lasciare poi più tempo anche alla presentazione della nostra proposta di legge, ma anche alla discussione. Volevo però ribadire alcuni principi, alcune proposte su cui l'INU sta lavorando da tempo, che ha presentato nelle diverse occasioni, al congresso ma anche nei dibattiti che svolge continuamente sulle riviste come ricordava il presidente: in occasione della manifestazione «Urbanpromo» l'ultima discussione è stata fatta proprio nei giorni della settimana scorsa.
  Questo Piano nazionale della casa, lo chiamiamo così per dire che comunque deve ritornare un tema di interesse nazionale. Anche se sappiamo che le regioni in questo hanno un ruolo decisivo, però devono esserci linee guida forti a livello nazionale. E questo deve integrare un investimento sia per riqualificare e potenziare il patrimonio degli alloggi pubblici, per riattivare il fondo sostegno affitti, il fondo per la morosità incolpevole, che oggi sono stati cancellati, ponendo però un'attenzione non solo all'edilizia suolo pubblica, ma anche a quella che chiamiamo ormai come edilizia residenziale sociale e che è destinata a una sfascia di popolazione ancora più estesa di quella più svantaggiata che abita nell'edilizia pubblica, ma che è ancora in crescita proprio perché il mercato, soprattutto nei grandi centri metropolitani. Io lavoro e provengo da Milano, e appunto Milano certamente è una delle città che soffre maggiormente di questa difficoltà a offrire abitazioni a prezzi Pag. 10accessibili, abbordabili, a larga fascia della popolazione, anche che lavora, o che studia, o che cerca di studiare in università.
  Quindi questa duplice pubblicità di intervento, sia sul fronte del pubblico, recuperando edilizia pubblica, che è un patrimonio esistente importante, sia però lavorando anche ad esempio sul coordinamento di tutti i soggetti del Terzo Settore (fondazioni, cooperative che si occupano di edilizia sociale), o altri soggetti finanziatori che possono intervenire anche in territori del centro e del sud Italia. E quindi lavorare sul recupero di questo patrimonio, direi anche però considerando questa grande opportunità che sono anche le aree, gli immobili dismessi a partire dalle proprietà demaniali. Ci sono tante proprietà demaniali ben distribuite sul territorio, anche in posizione centrale o semicentrale, che forse dovrebbero essere in qualche modo recuperate anche a fini residenziali, magari attraverso bandi competitivi per accrescere sia la qualità in termini progettuali, che anche la capacità di programmazione e di gestione degli interventi.
  Infine – ed è l'unico punto che vorrei affrontare a questo proposito – credo che non sia solo un problema di recuperare o estendere il patrimonio di edilizia pubblica e sociale, ma sia anche necessario riflettere sulle possibilità di intervenire sul patrimonio di alloggi privati inutilizzati, che è uno stock molto consistente. Non è facilmente quantificabile, non abbiamo delle quantificazioni precise, almeno sul territorio nazionale, però sappiamo che esiste questo patrimonio e che questo patrimonio tutto sommato potrebbe diventare anch'esso il motore per un recupero abitativo, che andrebbe in qualche modo sostenuto, sia attraverso una conoscenza più approfondita, sia attraverso l'identificazione di alcune politiche organiche di varia natura (urbanistica, ma anche fiscale), che possano interessare le amministrazioni locali, e che possano in qualche modo aprire Pag. 11al recupero questo stock. Alcune Regioni si stanno muovendo, in alcune situazioni si stanno muovendo le agenzie per la casa, che diventano un punto di incontro fra pubblico e privato, laddove appunto questi alloggi privati non utilizzati, sottoutilizzati possono essere messi a canone concordato per rispondere a delle esigenze di abitazioni con una mobilità più virtuosa fra i due settori. Ma possono esserci forse anche altre esperienze. L'importante io credo sia investire su questo tema in maniera molto rigorosa, ma anche vigorosa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do ora la parola al presidente Talia.

  MICHELE TALIA, presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Grazie. Nella parte conclusiva del contributo che lasciamo alla Commissione io toccherò, come ho detto prima, in prima luogo i contenuti fondamentali della legge di governo del territorio proposta dall'INU con riferimento al tema degli insediamenti periferici. E tre questioni che, a nostro parere, costituiscono in qualche modo le gambe per dare poi implementazione a questa proposta o a qualunque virtuosa operazione che punti, con il supporto dell'iniziativa pubblica, a ridare qualità alle periferie territoriali urbane. Da quanto ha detto la mia collega qualche minuto fa noi consideriamo le periferie con un approccio multidimensionale, e non solo, ma in qualche modo cerchiamo di rimettere in gioco questi territori estesissimi del Paese attraverso un concetto che definiamo di accessibilità universale. Tale, cioè, da legare le questioni della distanza e delle infrastrutture, che erano dominanti nella città industriale dell'800, ma che ora si legano a questioni che riguardano le innovazioni tecnologiche nei trasporti, nelle altre forme di comunicazione. E poi soprattutto nelle stratificazioni che si determinano nella società e nell'economia per effetto Pag. 12delle gerarchie che il territorio esprime, non più in semplici distanze chilometriche, ma come modificazione degli equilibri all'interno delle regioni urbane.
  La prima questione, la legge ha posto, come dicevo, al centro della proposta il tema della rigenerazione urbana e territoriale, ed è una gerarchia di importanza, in qualche modo un'enfasi legata ad alcune considerazioni di natura più generale. Noi riteniamo che in questi territori, di margine fino a un po' di tempo fa, si giochino alcune partite fondamentali che riguardano non solo naturalmente il benessere e la sicurezza dei cittadini, ma anche il successo di alcuni processi di contenimento di consumo di suolo, di contrasto al cambiamento climatico e l'attività di transizione energetica che proprio su questi territori, dove ci sono naturalmente aree libere, o in dismissione può trovare la possibilità implementazione. Il modello normativo a cui abbiamo fatto riferimento con la nostra proposta di legge è in qualche modo definito dai giuristi modello normativo multifunzionale. Nel senso che vuole affiancare alla formulazione dei principi fondamentali e delle regole generali del governo del territorio – così recita il titolo – anche la disciplina di alcuni argomenti di legislazione esclusiva dello stato, nonché l'individuazione di quelle materie in cui la presente legge provvede ad operare una delega, ad emanare i necessari decreti legislativi nell'ambito dei principi e dei tempi ivi definiti.
  La strada che abbiamo scelto è una strada naturalmente complessa, ma a nostro parere è anche una strada obbligata per almeno due motivi. Il primo motivo è che noi ci muoviamo, nel tema del governo del territorio, in un vuoto normativo che dura da più di vent'anni, da quando cioè è stato introdotto questo termine nella riforma del titolo V della Costituzione. Non è solo un problema di vuoto normativo, che comunque è già importante,Pag. 13 è che siccome in natura i vuoti vengono riempiti in questo periodo, mentre lo Stato ha abdicato in modo significativo il suo ruolo, le regioni hanno accumulato una serie di provvedimenti disomogenei, disarticolati, contraddittori, che rendono difficili i rapporti tra gli operatori economici, tra gli stessi cittadini e anche un semplice obiettivo di equità rischia di essere difficilmente raggiungibile spesso tra abitanti distanti solo pochi chilometri uno dall'altro. È un tema importante di cui è opportuno che il Paese si faccia carico.
  Il secondo motivo per cui abbiamo ritenuto fondamentale adottare questo modello normativo è un altro vuoto importantissimo, che è quello della legge urbanistica nazionale, di cui addirittura ho contato ottant'anni di permanenza, pur con moltissime modifiche della legge generale della pianificazione, la 1185. È un problema importantissimo, poi c'è anche il problema degli standard urbanistici, ma quello lo vedremo in seguito. Quindi c'è la necessità di mettere in sintonia soggetti, poteri e istituzioni, cercando di individuare degli obiettivi comuni in modo tale che questa babele urbanistica e amministrativa trovi qualche forma di armonizzazione.
  Da questo punto di vista noi abbiamo individuato – lo accennava il presidente in apertura – alcune questioni che riteniamo fondamentali. Il primo riguarda l'inserimento della rigenerazione territoriale urbana tra le finalità generali della nuova legge. Il motivo per cui ho fatto riferimento prima al contenimento del consumo di suolo, alla lotta al cambiamento climatico e ai temi della transizione ecologica, è anche quello di utilizzare questo territorio marginale come asset strategico per combattere e affrontare queste sfide. Non solo perché sono aree particolarmente trasformabili, su cui questi cambiamenti possono essere effettivamente portati avanti, ma anche perché c'è Pag. 14un'urgenza di natura sociale ed economica di rimettere in circolo delle energie che altrimenti rischiano di essere dissipate.
  Il secondo tema – e lo ripeto rapidamente perché lo abbiamo già accennato – riguarda appunto quello di rivedere radicalmente la normativa in materia di standard urbanistici, materia che è affidata alla competenza esclusiva dello Stato, inserendo dei parametri non più solo quantitativi, ma quali-quantitativi, in cui non si escluda il riferimento alle quantità in gioco per evitare naturalmente che ci siano eccessive sperequazioni nel trattamento e nel soddisfacimento degli obiettivi di benessere dei cittadini, ma c'è la necessità in qualche modo di tener conto dell'esigenza di valutare le prestazioni, e non solo la dimensione fisica dei servizi e delle attrezzature che vengono realizzate nella città in cambiamento, in trasformazione.
  Naturalmente questi temi e gli altri contenuti nella nostra proposta di legge presuppongono un approccio integrato al governo del territorio. Forse è uno dei motivi per cui questo vuoto normativo fa fatica ad essere riempito e l'esigenza di complessità che si manifesta per tenere insieme le varie materie che fanno riferimento al suolo del territorio. C'è bisogno appunto di legare naturalmente le iniziative sui suoli, il controllo delle trasformazioni, quello che rappresenta il bagaglio classico dell'urbanistica, con i temi della mobilità, dell'ambiente, del paesaggio, dell'economia, e non il modello integrato di governo su cui si fa fatica a trovare delle modalità di intervento, in altri termini degli approcci significativi e interessanti.
  Nella legge che noi proponiamo c'è anche l'attribuzione alle aree di riqualificazione urbanistica per i motivi che ho appena citati, lo status di valore di interesse pubblico. Non è solo un fatto terminologico serve a richiamare l'attenzione delle istituzioni su aree che non sono solo aree difficili, aree problematiche,Pag. 15 ma sono cruciali per il cambiamento, la modernizzazione e l'innovazione del nostro Paese.
  Nell'impianto della legge ci sono anche una serie di riferimenti di natura più operativa, concreta, che fanno riferimento naturalmente allo strumento della legge delega. In particolare si prevede l'istituzione di un fondo nazionale per la rigenerazione urbana e territoriale, e si ipotizza che nella legge delega venga attribuita una dotazione finanziaria dedicata all'implementazione del fondo. Inoltre sono fissate nel fondo anche la quota da destinare alla rigenerazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica e sociale, e la quota del fondo destinato a progetti sperimentali o iniziative pilota.
  Per quanto riguarda il tema degli insediamenti di edilizia residenziale riprendo le considerazioni che faceva la mia collega sul piano casa. C'è sicuramente una difficoltà di equilibrare le risorse disponibile e le pratiche messe in campo tra il territorio delle regioni settentrionali del Paese, e alcune realtà centrali, e il meridione che per l'attività non significativa delle fondazioni, e soprattutto per un mercato fondiario, immobiliare molto più pigro fa fatica ad alimentare un canale importante di edilizia a basso costo per le famiglie in difficoltà.
  Una delle questioni che abbiamo pensato importanti da affrontare riguarda anche il tema del progetto, di come cioè la pianificazione nel campo delle implementazioni si affida a metodologie che hanno bisogno di essere innovate. Qui procedo molto rapidamente, è un tema che andrebbe sviluppato in modo più adeguato, ma è evidente che nella rinascita dei tessuti dei territori periferici le pratiche urbanistiche degli ultimi anni indicano una direzione di marcia che è interessante seguire. Faccio riferimento in particolare alla riscoperta del quartiere, al tentativo di superare la frammentazione a cui spesso giustamentePag. 16 si fa riferimento quando si descrivono le criticità di questi territori.
  All'interno di questi modelli e di questi approcci, vale a dire la rinascita o la riconfigurazione del quartiere, il modello che si è affermato negli ultimi anni è quello della città dei quindici minuti. Il tentativo, cioè, di ridurre la pendolarità, la gravitazione sulle aree centrali al fine di migliorare l'equilibrio insediativo, e soprattutto rafforzare i processi identitari degli abitanti che riconoscono il proprio territorio e ne immaginano un futuro in cui collocare il proprio destino, le istituzioni che li rappresentano. C'è, in altri termini, in questa semplice operazione concettuale, e in alcuni casi anche progettuale, la possibilità di trovare delle misure con cui ridurre la polverizzazione che la crescita urbana ha prodotto negli ultimi trenta, quaranta, cinquant'anni, a seconda dei contesti, che ha comportato perdite di identità e di comprensione del proprio destino.
  Naturalmente una questione da non sottovalutare nell'implementazione di questo progetto e di qualunque progetto si faccia carico della rinascita delle periferie, è quello di superare il deficit di apparati pubblici che possono interpretare e implementare le nuove politiche. È un tema ampiamente dibattuto perché costituisce una spina nel fianco nella realizzazione del PNRR, ma qualunque politica pubblica si trova oggi a dovere fare i conti con un personale sottodimensionato dal punto di vista delle quantità, e spesso anche delle qualità. Naturalmente è possibile prevedere, anzi è doveroso prevedere innovazioni importanti nei processi di trasformazione del Paese, ma queste innovazioni debbono essere comprese e praticate da una nuova generazione di tecnici, di amministratori, di professionisti. È un tema che l'università naturalmente dovrebbe aiutare ad affrontare, ma che lo Stato non può ignorare.Pag. 17
  Uno degli altri settori su cui, diciamo, operare per quanto riguarda questo deficit conoscitivo è quello di affidare allo Stato un ruolo importante per l'acquisizione e la generalizzazione del sistema di conoscenze sull'assetto del territorio e sul suo cambiamento. Anche su questo abbiamo inserito un articolo specifico della legge perché diciamo alcune economie di processo possono essere ricondotte a questo ruolo che può essere utilizzato, dovrebbe essere utilizzato non solo per la valutazione delle politiche pubbliche e la elaborazione di scenari tendenziali necessari quando si propone un cambiamento, ma anche per effettuare un monitoraggio delle politiche che vengono adottate e realizzate, e all'ultimo per effettuare una valutazione degli esiti, senza i quali il dibattito politico rischia di essere inadeguato e insufficiente.
  È opportuno, in altri termini, che un Paese che si appresta a spendere quote rilevanti di denaro pubblico, spesso anche in prestito, debba prepararsi ad effettuare non solo degli importanti investimenti cognitivi nella fase di implementazione, ma anche dei bilanci che ci consentano di apprendere dal nostro presente e qualche volta anche dal nostro passato.
  L'ultimo tema – e mi scuso per aver preso troppo tempo – è quello del coinvolgimento degli abitanti delle periferie in processi che puntano all'aumento del miglioramento del loro benessere. Naturalmente prima che i risultati di queste politiche possano manifestarsi sarà necessario aspettare degli anni, e quindi è opportuno che nei provvedimenti, nelle politiche che vengono messe in cantiere ci sia lo spazio per un maggiore coinvolgimento degli abitanti non solo nell'apertura dei processi partecipativi, ma anche nei processi decisionali che riguardano la loro esistenza quotidiana.
  Questo è un tema importante, che viene riproposto ogni volta che si fa un nuovo strumento di pianificazione, ma che Pag. 18comporta naturalmente delle scelte impegnative per la pubblica amministrazione e per le istituzioni. Quello, cioè, di coinvolgere gli abitati di un territorio in cui si interviene nelle fasi precoci in cui il progetto viene elaborato. Spesso la partecipazione avviene in una fase ormai matura, quando il piano e il progetto è già definito, e sono necessarie competenze specialistiche per potere intervenire a favore o in contrasto alle scelte che vengono effettuate. Ebbene la partecipazione, se può e deve essere utile, ha la necessità di intervenire in una fase in qualche modo preventiva.
  A tale proposito torna alla mente il concetto di capacitazione che è stato introdotto molti anni fa dall'economista e filosofo indiano Amartya Sen. Da questo concetto lo sviluppo può essere inteso come un processo di espansione delle libertà reali godute dall'essere umano. Da questo punto di vista quindi è necessario che l'individuo non solo divenga oggetto dell'attenzione del potere pubblico e delle iniziative che vengono messe in campo, ma venga messo nelle condizioni reali di sviluppare la propria capacità di scelta, di decisione, di partecipazione. Con la capacitazione, appunto, che fa in modo che vengano espresse in forme più diverse la cittadinanza attiva e la possibilità dei cittadini di partecipare, in modo consapevole, alle scelte di governo della città e del territorio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie presidente Talia, e grazie anche alla professoressa Pogliani per la relazione, che è ricca di spunti di riflessione. Talmente ricca che io credo dovremo avere poi degli altri momenti di incontro per approfondire tutta una serie di temi che sono stati citati. In parte alcuni approfondimenti, per come ho capito, sono già contenuti nella relazione che acquisiremo agli atti della Commissione. Passerei ora la parola ai colleghi che vogliano porre delle domande, a cominciare dall'onorevole, e architetto, Iaria.

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  ANTONINO IARIA. Ringrazio veramente i relatori per questa panoramica su un argomento che tra l'altro a me è molto affine e di cui condivido tutto quello che avete detto, anche perché per la mia esperienza da ex assessore all'urbanistica di Torino ho avuto a che fare con tutte le problematiche e le possibilità che avete citato. È per questo che tra l'altro in questa Commissione uno degli aspetti interessanti è che si analizzi finalmente il tema della rigenerazione urbana nell'ottica di recupero del degrado delle periferie. Uno dei temi che sta venendo fuori è quello che, giustamente, avete detto voi, il fatto che non ci sia un dibattito nazionale sulla nuova legge sull'urbanistica e consumo di suolo insieme, perché sono molto legati. Il fatto che ogni regione legiferi la sua propria legge urbanistica regionale, fa sì che è difficilissimo magari in alcune regioni recuperare degli spazi dismessi, di qualità proprietà. Giustamente lei ha citato il Demanio che ha tantissime proprietà, ma anche i comuni stessi. È difficilissimo, per le regole di un piano regolatore magari vecchio, con delle ingessature complesse, fare in modo che ci sia un operatore, pubblico o privato, che possa riuscire a recuperare questi spazi. E questi spazi molte volte sono nelle periferie, periferie centrali o meno, ma sono spazi che possono creare anche questi punti legati molto anche all'interesse pubblico, come avete giustamente detto voi, che possono andare a creare anche un servizio per la famosa città quindici minuti, di cui tutti parlano. La città quindici minuti funziona bene se recuperi uno spazio importante, piccolo o grande, all'interno di un quartiere degradato che dia anche dei servizi, ma dia anche attività economiche.
  Da questo punto di vista devo dire che nel caso di Torino, dove avevamo un piano regolatore vecchio, abbiamo provato e adesso è in corso ancora una discussione sulla revisione, una delle possibilità – e arrivo alla domanda – è utilizzare delle Pag. 20deroghe. Una deroga che abbiamo utilizzato spesso è la deroga ex legge 106, il Decreto Sviluppo. La deroga prevedeva che un'area dismessa in degrado che abbia un interesse pubblico poter derogare ai dettami del piano regolatore, in modo da recuperare questi spazi. E qui molte volte ci sono gli operatori privati che chiaramente fanno l'offerta per poterlo fare. Questa cosa funziona, e ha un limite. Funziona perché permette alle amministrazioni comunali per poter in tempi brevi approvare un progetto di recupero, anche appunto in deroga al piano regolatore.
  Questo appunto, dicevo, funziona, però qual è il suo limite? Il limite è che facendo interventi spot si dovrebbe avere, o non si riesce, magari in molti casi viene un po' messa da parte una visione complessiva. Noi a Torino abbiamo tentato di dare degli indirizzi, in modo da avere una visione complessiva di stampo urbanistico per indirizzare l'approvazione in consiglio comunale di questi interventi, però chiaramente è sempre tutto borderline. Nel senso che un comune non ha la stessa capacità legiferatoria di uno Stato, di una regione. E faccio proprio questa domanda: per riuscire ad aiutare, con una specie di indicazione nazionale, e non legata a ogni comune, o a ogni regione, la possibilità di recuperare facilmente questi spazi del demanio eccetera, per dare anche impulso all'imprenditoria privata, in cui però uno dei vincoli può essere l'aumento dell'interesse pubblico, dei servizi di interesse pubblico in convenzione, appunto per dare aiuto alla città. Penso all'emergenza abitativa, studentati convenzionati, servizi di prossimità eccetera, eccetera. Questo, secondo voi, potrebbe essere un primo passaggio che andrebbe a creare un primo viatico, anche per fare una discussione più ampia sulla modifica della legge regionale? Perché si potrebbe anche testare se funzionano o meno questo tipo di proposta urbanistica.Pag. 21
  L'altra questione è sul consumo di suolo. Il consumo di suolo va legato enormemente alla pianificazione urbanistica, anche perché noi parliamo di consumo di suolo e chi è contrario si incatena davanti a un prato che poi magari viene costruita un'area che viene cementificata, non conoscendo che nei piani regolatori esiste tantissimo suolo che si dice prenotato. Cioè suolo che può essere cementificato, ma adesso non viene fatto solo per motivazioni economiche. Quindi anche da questo punto di vista l'approccio (e devo dire che adesso ci sono mille leggi dal punto di vista del consumo di suolo) aiuterebbe a fare in modo che ridurre il consumo di suolo andrebbe a indirizzare gli investimenti sul recupero degli edifici esistenti. Questo è un primo aspetto. L'altro aspetto è che il consumo di suolo però chiaramente deve essere anche legato a posizioni estreme. Consumo di suolo zero o consumo di suolo a dismisura. E questo, secondo me, si può fare solamente, come ha detto giustamente lei, se si lavora sugli standard qualitativi, e non solo quantitativi. Perché se uno mette uno standard qualitativo anche che l'eventuale consumo di suolo previsto venga anche utilizzato con un recupero non monetario, ma di standard qualitativi o di recupero di suolo consumato da un'altra parte andrebbe chiaramente ad aiutare questa cosa. Però stiamo divagando. Io parlerei ore di questo argomento, però giustamente il presidente mi redarguisce.
  Un altro aspetto interessante – e che potremmo forse proporre anche come Commissione – potrebbe essere modificare la legge Tognoli, che obbliga a fare un tot di parcheggi interrati, un tot di metri quadri per parcheggi, per garage a fronte di un'edificazione, e molte volte impedisce di recuperare degli spazi. A Torino c'è stato un caso di uno studentato, è stato molto complesso riuscire ad ottemperare al discorso della legge Tognoli che impedisce di recuperare gli spazi perché questo Pag. 22standard adesso, per alcune tipologie edilizie, è assolutamente anacronistico. Uno studentato non ha bisogno di due o tre piani di garage, e questo è un costo in più, ma più che altro consumo di suolo, e più che altro anche lentezza nel poter approvare il recupero di questo spazio. Quindi, secondo me, e lo chiedo anche a voi come esperti, molto più esperti di me, se lavorare come Commissione a una proposta di deroga per la rigenerazione urbana puntando moltissimo sul recupero e interesse pubblico potrebbe funzionare, in attesa che si apra una discussione chiaramente molto complessiva sulle leggi urbanistiche. E oltre agli standard qualitativi e quantitativi che aiuterebbero molti comuni a fare delle operazioni, se noi dedicassimo anche questo piccolo passaggio sulla legge Tognoli che in certi casi effettivamente è anacronistica. Mi scuso, però io devo andare di là a votare, mi dispiace ma ascolterà la vostra risposta in videoconferenza. Mi perdonerete, ma noi abbiamo tutte le Commissioni in contemporanea. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al collega Iaria. La parola al collega De Maria.

  ANDREA DE MARIA. Grazie. Prima due considerazioni e poi avrei anch'io una domanda. La prima considerazione è questa, e seguivo un po' alcune cose che ho sentito dire dalla professoressa, che condivido. Mi pare che l'impostazione è un po' condivisa da tutta la Commissione, che appunto è una Commissione che prima di tutto si deve occupare delle condizioni di degrado delle periferie, quindi come affrontarle, come migliorare le condizioni d'essere, è quella di un insieme di interventi coordinati fra loro. Quindi pare che tutti noi pensiamo che qualità urbana, coesione sociale e investimenti sul welfare, controllo del territorio e contrasto all'illegalità debbano stare dentro un progetto unico di azione sulle periferie. Su Pag. 23questo credo ci sia un orientamento condiviso. Devo dire tutte le audizioni, le presenze che si fanno, anche la Commissione che facemmo due legislature fa ci portano sostanzialmente su questa convinzione.
  Il secondo tema che volevo dire era questo, la vostra relazione per noi è veramente oro diciamo, perché uno degli obiettivi della Commissione è costruire anche qualche proposta di legge che sia trasversale ai gruppi parlamentari, e quindi sia anche più agevole nel percorso di approvazione. Qui devo dire che lavoriamo, al di là appunto dei ruoli di Maggioranza e Opposizione, in un clima di grande impegno comune, di grande condivisione. Un'interlocuzione sulla vostra proposta di legge, anche per l'autorevolezza che rappresentate, secondo me è molto interessante per noi, perché noi sostanzialmente dobbiamo produrre una relazione finale che dà atto delle audizioni, delle missioni sul territorio. E poi fondamentalmente se riuscissimo a produrre qualche proposta di legge sottoscritta da tutti i componenti della Commissione potrebbe essere anche un modo poi di dare concretezza al lavoro di questa Commissione.
  La domanda è relativa al tema dell'efficacia degli strumenti pubblici sulla rigenerazione urbana e la promozione della qualità urbana. Ora oltre a ragionare sul futuro a me interessava sapere se voi avete riflettuto un po' sugli strumenti finora messi in campo. Per esempio io lavorai abbastanza al bando periferie che fu fatto due legislature fa, e quello l'ho sempre considerato un esempio virtuoso perché cercava di avere un approccio trasversale, valorizzava molto il ruolo degli enti locali dentro un lavoro di indirizzo nazionale, ma ha valorizzato molto il ruolo degli enti locali. Io mi sono sempre fatto questa idea. Però mi interessava sapere da voi in questa sede, o in altre occasioni, questo aspetto, e cioè rispetto agli strumenti pubblici finora messi in campo, parlo proprio degli strumenti di finanziamentoPag. 24 in questo caso, non legislativi, proprio strumenti che mettono in campo risorse finanziarie pubbliche per interventi di qualità urbana, in particolare nelle periferie, che magari ne muovono anche altri, perché un altro aspetto positivo del bando periferie è che ha poi mosso risorse degli enti locali, perché era un meccanismo sostanzialmente di cofinanziamento. Capire tra questi strumenti quelli che a vostro avviso hanno funzionato meglio e quelli che hanno funzionato meno bene, penso che sia un altro degli elementi su cui, come Commissione, dobbiamo riflettere.

  PRESIDENTE. Grazie al collega De Maria. Io aggiungo solo una riflessione lampo sul fatto che – essendo nella prima fase della legislatura – l'obiettivo che ci potremmo porre, ma questo è un ragionamento interno alla Commissione, è quello di portare avanti ciò che l'onorevole De Maria indicava. Io credo che ci siano le condizioni per farlo. Solo una piccola cosa, voi dal 28 novembre al 2 dicembre avete un evento importante su Napoli mi sembra.

  MICHELE TALIA, presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Lo abbiamo rinviato, stiamo pensando ad aprile 2024.

  PRESIDENTE. Questo è un aspetto per noi interessante, che fa parte in maniera anche formale di un approfondimento che fa questa Commissione, ossia quello di fare anche una panoramica che riguarda soluzioni adottate in altri contesti europei. Sulla cornice internazionale l'INU ha sempre avuto una proattività molto spiccata. E quindi per noi è interessante – ne abbiamo parlato in diversi momenti – avere una visione magari su alcune formule, alcune idee che sono state applicate con successo nei contesti di altri Stati, pur essendo, lo abbiamo detto in tutte le salse, ogni situazione legata a delle specificità. Lascio ora la parola al presidente Talia.

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  MICHELE TALIA, presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Vorrei ringraziare in primo luogo l'interesse e l'attenzione che abbiamo raccolto in questa audizione. E anche un interesse a riprendere in altri momenti una discussione che qui è già stata sicuramente di grande interesse.
  All'indomani del nostro congresso, il trentunesimo, quando avevamo presentato non l'articolato della nostra proposta di legge ma gli indirizzi generali, avevamo inviato all'VIII Commissione di Camera e Senato una richiesta di incontro e di audizione. A questo punto devo dire non ci fu una risposta: ci piacerebbe – ora che naturalmente abbiamo anche dei materiali più maturi e che saranno ulteriormente raffinati nei prossimi mesi – avere un'interlocuzione.
  La questione della Biennale degli urbanisti, che era l'evento a cui faceva riferimento il presidente, è stata rinviata per motivi organizzativi, ma come forse sapete, o comunque sicuramente sa il presidente, è riferita al tema dell'inclusione sociale nelle aree urbane. E quindi è evidente il collegamento, la liaison tra l'ambito di interesse della Commissione e l'attività della Biennale. Io registro con molta attenzione questo interessamento, e ci saranno spero le condizioni per mettere a sistema queste conoscenze che riusciremo ad acquisire il prossimo aprile.
  Torno molto rapidamente alle questioni che sono state sollevate, tutte molto interessanti, dall'onorevole Iaria, dall'onorevole De Maria e dallo stesso presidente. Per quanto riguarda le questioni, numerose, poste dall'onorevole Iaria c'è una prima questione di carattere diciamo pure culturale che in realtà rende per gli urbanisti, o per lo meno per l'INU il tema della deroga non particolarmente affine al nostro tipo di attività e di intervento. Questo non vuole dire che le questioni però specifiche che l'onorevole Iaria ha toccato non siano oggetto di interesse, anche perché a mio parere ci sono deroghe e deroghe. Pag. 26Riteniamo deroghe da contrastare, per esempio, la generalizzazione che è stata fatta dal piano casa in molte realtà regionali, che a partire da un incremento di volumetria ha significato una messa in qualche modo in stato di accusa di molte previsioni urbanistiche che in qualche modo ostacolavano quel tipo di aumento della pressione insediativa. E anche, diciamo, la possibilità che viene ventilata in molti casi l'affidare alla 380, Testo Unico sull'edilizia, il compito di affrontare questioni urbanistiche più specifiche costituisce un limite a mio parere. Come era un limite il tentativo ormai che risale al passato. Adesso non vorrei sbagliare il nome, ma era mi pare Catania che aveva proposto una legge sull'incremento di suolo a partire dai suoli agricoli. E quindi dalla protezione dei suoli agricoli dall'invasione della città. C'è quindi la necessità, a mio parere, per il consumo di suolo, per la rigenerazione urbana e per le altre questioni che abbiamo toccato, di utilizzare al massimo quell'approccio integrato a cui abbiamo fatto riferimento.
  La questione sulla legge Tognoli sicuramente merita una revisione per la questione che ha toccato l'onorevole, e anche per altre questioni. È necessario non tanto invocare lo strumento della deroga, quanto la necessità di aggiornare il più possibile quelle leggi che tra l'altro vengono utilizzate spesso in modo anche un po' pigro da parte dei progettisti, e a volte anche dalle amministrazioni, che utilizzato per esempio gli standard o le previsioni, i provvedimenti, tipo la legge Tognoli, come in qualche modo una procedura obbligata, anche quando è possibile affrontare le questioni con una visione più aggiornata dei problemi.
  Per quanto riguarda, invece, l'intervento dell'onorevole De Maria sicuramente il coordinamento degli interventi è una questione che ci sta a cuore. Poi magari su questo la professoressa Pogliani potrà intervenire adeguatamente. NaturalmentePag. 27 anche gli strumenti che sono stati utilizzati in passato non per questo sono da superare con altri provvedimenti. Da questo punto di vista credo che il bando periferia, o altre forme di investimento pubblico che si potranno prendere in esame, credo sono tanto più efficaci quanto più assumono il modello della gara del concorso, e tanto più riescono a coniugare diverse forme di finanziamento. Da questo punto di vista si riesce ad avere una maggiore massa di manovra, quindi una incentivazione della capacità di finanziamento degli interventi, e un coinvolgimento dei differenti stakeholders. Questo è sicuramente un obiettivo da conseguire anche a prescindere dall'approvazione di una legge quadro sul governo del territorio.
  L'ultima considerazione a tale riguardo è proprio il modello che noi abbiamo adottato, quello cioè che ho definito prima multidimensionale. Noi speriamo, e in qualche modo lavoreremo perché quella legge possa essere considerata nel suo complesso. Però naturalmente i vari punti che tocca la legge sono in qualche modo utilizzabili come riferimento per nuovi interventi normativi. Quindi, diciamo, il tema ha la necessità, in caso non ci fossero le condizioni per rimodulare e rimodellare il governo del territorio, di strumenti e interventi ad hoc. Nel 1995, parecchi anni fa, l'INU aveva formulato un'altra proposta, tipo quella che noi adesso stiamo discutendo, con profonde differenze, perché allora non c'era stata ancora la riforma costituzionale, e quindi si parlava esclusivamente di pianificazione urbanistica. Il tema riguardava essenzialmente i suoli e il suo regime. Ebbene quella legge non è stata poi discussa, anzi non è stata approvata in Parlamento, ma ha costituito il modello per la legislazione di numerose regioni italiane, che hanno utilizzato il modello a due componenti (piano strutturale e piano operativo) che si trova, o si è trovato, prima di ulteriori innovazioni, in molte realtà regionali italiane. Quindi c'è sicuramentePag. 28 la possibilità, in un modello multidimensionale anche di individuare le questioni che per semplicità, per fattibilità politico-amministrativa possono essere messe in pole position.

  LAURA POGLIANI, componente del consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Aggiungerei un punto solo in risposta, in commento all'osservazione che faceva l'onorevole De Maria sulla questione dell'efficacia degli strumenti di finanziamento. In effetti abbiamo provato anche un po' a cercare di capire la loro effettiva capacità di volano, questi finanziamenti pubblici come volato per una riqualificazione più estesa, e anche il coinvolgimento di altri soggetti e altri investimenti, privati in primo luogo. Io tendo un po' a sottolineare questo aspetto però, bando periferie certamente, anche i PINQuA da questo punto di vista sono stati interessanti. I PINQuA poi confluiti nel PNRR. Penso che però guardando un po' i PINQuA, quello di cui si è molto discusso, e c'è stato anche molto dibattito tra noi urbanisti su questo, è che a differenza di quello che cercavamo di dire – cioè l'idea di una politica organica anche multidimensionale – alla fine i PINQuA si sono rivelati molto legati alla dimensione strettamente edilizia. Recuperare e fare anche nuovi interventi di edilizia pubblica, o comunque recuperare l'esistente. E quindi da questo punto di vista è certamente un approccio interessante. Però tutto l'aspetto sociale che era, invece, uno degli elementi qualitativi è stato un po' trascurato soprattutto negli effetti. Per cui credo che le esperienze dei bandi vada valorizzata, però forse bisogna tenere conto di questa multidimensionalità dell'approccio, organicità di un approccio anche nei requisiti posti alla fase dei bandi, e poi nelle modalità di valutazione degli stessi. Quindi forse rivedere un po' la struttura può essere importante. Grazie.

  PRESIDENTE. Io rinnovo i ringraziamenti, il contributo che avete dato ai nostri lavori è stato molto interessante e molto Pag. 29utile. Vi do già l'appuntamento a presto, perché credo che abbiamo toccato tanti aspetti che già nei prossimi mesi andranno rivisti insieme, anche per avere degli aggiornamenti. Quindi anche a nome della Commissione vi rinnovo tutta la disponibilità ad interagire. Grazie ancora, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.