XIX Legislatura

Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall'insularità

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 15 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INDIVIDUAZIONE DEGLI SVANTAGGI DERIVANTI DALLA CONDIZIONE D'INSULARITÀ E SULLE RELATIVE MISURE DI CONTRASTO

Audizione in videoconferenza del prof. Aldo Berlinguer, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 3 
Berlinguer Aldo , presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes ... 3 
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 5  ... 8 
Ghirra Francesca (AVS)  ... 9 
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 9 
Meloni Marco  ... 9 
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 9 
Nicita Antonio  ... 9 
Calderone Tommaso Antonino , Presidente ... 10  ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
TOMMASO ANTONINO CALDERONE

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione in videoconferenza del prof. Aldo Berlinguer, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità e sulle relative misure di contrasto, del professor Aldo Berlinguer, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes.
  Do quindi la parola al professor Berlinguer, collegato in videoconferenza, che saluto.

  ALDO BERLINGUER, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes. Presidente, la ringrazio innanzitutto per questa opportunità e questo invito, per poter in qualche modo riferire il nostro punto di vista sul tema dell'insularità e degli svantaggi che ciò comporta per effetto della recente reintroduzione, nella Costituzione, del principio all'articolo 119, sesto comma, principio di insularità che, come sappiamo, era già presente con una formulazione diversa fino al 2001 e che poi è stato espunto con la riforma del Titolo quinto della Costituzione, e che riappare in maniera probabilmente meglio calibrata e precisata nella formulazione attuale.
  Ringrazio anche a nome degli altri collaboratori e colleghi. Noi abbiamo costituito un Osservatorio, come lei ricordava, insieme ad Eurispes sull'insularità, proprio a valle di quella riforma, per cercare di dare un contributo e riempire di contenuti una previsione costituzionale cornice che però necessita, non da oggi tra l'altro, di studi, di approfondimenti e di elementi concreti sui quali fondare non solo le misure che la Repubblica deve adottare per ridurre gli svantaggi della condizione insulare, ma anche per stanziare le dovute risorse.
  Abbiamo quindi riunito i colleghi siciliani e sardi – ma anche di altre regioni, visto che il patrimonio insulare è molto diffuso – economisti, giuristi, ingegneri ed altri soggetti, per avere anche un approccio interdisciplinare su questo tema, non solo giuridico e non solo economico.
  Farei due o tre premesse, se mi consentite, per cercare di focalizzare il tema.
  A fronte della norma che, come sapete, dice sostanzialmente due cose «la Repubblica riconosce le peculiarità delle isole e adotta gli strumenti e le misure atte a rimuovere gli svantaggi della condizione insulare», abbiamo anzitutto un problema che è quello della definizione di «isola». Come sapete, non ne esiste una certa e affidabile, perché quella dell'articolo 121 Pag. 4della Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, intanto non necessariamente si attaglia alla norma costituzionale, che non parla di isole marittime, ma parla di isole tout-court. È una nozione anche abbastanza dibattuta, perché dice che un'isola è una lingua naturale che sopravvive all'alta marea; al terzo comma dice che quegli scogli che non hanno capacità insediativa o vita economica autonoma, non hanno la piattaforma continentale e la zona economica esclusiva, ma non dice che non sono isole. Quindi si tratta di una nozione abbastanza vasta, per non dire vaga, che peraltro non si attaglia alla nostra norma costituzionale.
  Abbiamo una tale vastità di isole nel nostro Paese, non solo marittime, ma anche lagunari, fluviali e lacustri, e nel pesare, nel comprendere e nell'individuare gli svantaggi della condizione insulare, dobbiamo tenere conto di questa eterogeneità.
  Faccio un esempio concreto. I geografi ci dicono che Venezia è un'isola, sono anzi più isole – lo stesso ci dicono di Chioggia – potremmo dire che sono isole lagunari e quindi forse le teniamo un attimo da parte del novero generale. Però a qualche chilometro a nord c'è Grado, che anch'essa i geografi ci dicono che è un'isola, nonostante appunto tutte queste godano di infrastrutture fisse, abbiano un ponte o più ponti. Se noi inseriamo Grado, Venezia e Chioggia nel novero delle isole, vedete bene che la loro condizione infrastrutturale, demografica, economica, sociale e quant'altro, essendo totalmente diversa da quelle di molte isole marittime che più abitualmente noi frequentiamo – quindi le isole del Tirreno, ma anche le Tremiti dell'Adriatico più a sud – ci proiettano una complessità e una disomogeneità di realtà che davvero si fa fatica a ridurre ad unità per capire quali sono gli svantaggi comuni dell'essere isola.
  Tra l'altro, anche l'ANCIM (l'Associazione dei comuni delle piccole isole che consta di 35 comuni) non comprende queste isole che vi ho citato, che pure sono sotto i 1000 chilometri quadrati di ampiezza, che è il dato che si usa per definire le isole minori e distinguerle dalle due grandi isole maggiori (Sicilia e Sardegna). Quindi c'è un tema definitorio che il Parlamento potrebbe affrontare per dirci, in qualche misura, una volta fatta una ricognizione puntuale, quali sono le isole che meritano della tutela inserita nell'articolo 119 della Costituzione. In buona sostanza l'articolo si ferma a dire isola, poi però può essere il legislatore ordinario che spiega cos'è l'isola. Del resto, altri hanno già tentato di farlo. Mi riferisco in particolare a Eurostat che, come sapete, in uno studio del 1994, The portrait of the islands (cioè il ritratto delle isole), dice seccamente, a fini statistici, che le isole non debbono essere meno distanti di un chilometro dalla terraferma, non devono essere di dimensione maggiore di un chilometro quadrato, devono avere almeno 50 abitanti, non devono avere un'infrastruttura fissa – quindi un ponte banalmente non le renderebbe più isole – e non devono ospitare una capitale europea. L'istituto ha usato questa definizione per circoscrivere il novero delle isole, a fini statistici, ma l'ha utilizzata e l'ha anche un po' motivata. Si tratta ovviamente di una previsione risalente, appunto del 1994, che andrebbe totalmente rivista, ma alcuni di quegli elementi possono offrire un appiglio e un riferimento.
  Le altre istituzioni – mi riferisco per esempio al Comitato economico e sociale – in un parere del 2017, si rifà invece alla definizione di uno studio svolto in Sardegna dal CRENoS, un istituto di ricerca di Cagliari, nel quale si dice che le isole sostanzialmente hanno tre caratteristiche: una dimensione ridotta, sono periferiche e sono vulnerabili. Anche qui però si tratta di riempire queste locuzioni di contenuto.
  La stessa risoluzione del Parlamento europeo del giugno 2022 offre qualche spunto di definizione, individuando il dato comune alle isole nella loro vulnerabilità, che è vulnerabilità climatica, demografica, energetica, infrastrutturale ed altro.
  Quindi c'è un tema definitorio che non è solo, come dire, manieristico o formale, ma è un tema sostanziale, perché avrebbe l'effetto di ampliare o ridurre significativamente la stessa portata della norma costituzionale. Perché dire che le isole sono un Pag. 5numero più ridotto per la loro caratteristica morfologica, intanto significa individuare una peculiarità, ma soprattutto significa proprio delimitare il campo di applicazione della norma costituzionale, che avrebbe degli effetti molto significativi.
  Come sapete, sul discorso degli svantaggi le due isole maggiori, Sicilia e Sardegna, hanno tentato di fare uno sforzo già negli anni scorsi, prima della riforma costituzionale, per individuare gli svantaggi. Si sono affidati la Sardegna a uno studio dell'Istituto Bruno Leoni e la Sicilia all'istituto Prometeia, che ha sostanzialmente ripreso alcuni dei parametri individuati dallo studio dell'Istituto Bruno Leoni. In sostanza, nello studio sardo dell'Istituto Bruno Leoni si sono individuati alcuni parametri: intanto la distanza tra il continente, la superficie regionale, cioè il dato morfologico, poi il dato infrastrutturale (chilometri di autostrade rispetto alla superficie regionale, ferrovie e aeroporti), il dato economico misurato però solo in termini di capitale umano, cioè in particolare guardando all'alfabetizzazione di base della popolazione, e alcuni altri dati di carattere economico, che vanno dal tasso di interesse medio attivo delle banche a livello regionale, alla quota di risparmio nei depositi bancari, all'esportazione o alla spesa pubblica regionale.
  Questi, che possono essere un po' sommariamente visti come componenti del PIL regionale, sono stati moltiplicati per un coefficiente negativo dato dalla distanza media, in particolare, per la Sardegna, tra Cagliari, Sassari e il continente, e ne è scaturito un coefficiente negativo, meno 11,6, il quale, moltiplicato per la distanza (la distanza media sono 495 chilometri) ha generato questo decremento del PIL in termini di 5.700 euro pro capite, quindi una perdita di PIL regionale annuo stimata – un po' sommariamente come forza che scaturisce da un ragionamento del genere – in 9,5 miliardi di euro.
  La Sicilia ha utilizzato alcuni degli stessi parametri. L'istituto Prometeia è giunto ad una stima di circa 6,5 miliardi di euro di decremento del PIL regionale, come conseguenza della dimensione della condizione insulare. Ha però introdotto due parametri in più, cioè i porti, che mancavano nella previsione e nella visione dell'Istituto Bruno Leoni, e il numero di laureati, quindi ha guardato anche alla formazione terziaria, oltre che primaria e secondaria. In più, si è fatta una sorta di controprova, misurando il costo medio dei trasporti in Sicilia, e si è giunti a una sommaria individuazione che vede il costo del trasporto superiore del 30 per cento rispetto alle regioni del Mezzogiorno e del 50 per cento rispetto alla media italiana, e sulla base di questo si è ritenuto, facendo alcune proiezioni matematiche, che, se in 7 anni vi fosse un allineamento dei prezzi dei costi di trasporto, la Sicilia genererebbe più 6,8 per cento di PIL regionale. Il che in qualche misura corrisponde a quel decremento di 6,5 miliardi che scaturisce dall'analisi precedente, dall'altra metodologia utilizzata.
  Si è utilizzata una serie di parametri sui quali incide la condizione insulare e che, secondo la logica economica della regressione, cioè formule matematiche, che non vi sto adesso – anche perché non sono un economista – a spiegare nel dettaglio matematico, portano sostanzialmente a questo tipo di stima.
  Ora, prima di aprire a vostre considerazioni e domande, magari giudichi lei, Presidente, se fare più giri oppure se io possa o debba proseguire.

  PRESIDENTE. Può continuare, poi se i colleghi avranno delle domande alla fine verranno formulate. Però lei continui nella sua relazione e la completi nei modi e nei termini che riterrà opportuni.

  ALDO BERLINGUER, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes. Aggiungo intanto ulteriori elementi, poi la valutazione la traiamo insieme o comunque la consegno alla Commissione.
  Possiamo calarci su ciò che la Corte costituzionale ha detto a più riprese, in particolare con la sentenza n. 6 del 2019 in relazione alla regione Sardegna, dove veniva tacciata di incostituzionalità una norma, il comma 851 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 (la legge di bilancio per il Pag. 62018), che tra l'altro trattava proprio del ritardo dello sviluppo economico dovuto all'insularità, stanziando delle somme molto ridotte e molto esigue. La Corte costituzionale, che già leggeva il tema dell'insularità prima che venisse introdotto il principio nel 2022, aveva rilevato una violazione del principio di ragionevolezza, banalmente perché quelle risorse erano estremamente esigue, anche rispetto a stanziamenti più cospicui avvenuti in passato, e non se ne spiegava fino in fondo la correlazione con lo svantaggio insulare e di sicuro non erano sufficienti a ripianarlo. Rilevava la Corte una serie di altri aspetti come, per esempio, la violazione del principio di leale collaborazione con la Regione, questo anche in relazione alla specialità dello statuto regionale e, in particolare, agli accordi di finanza pubblica che erano stati siglati con la Regione Sardegna. Aveva rilevato che l'articolo 27 della legge n. 42 del 2009, che è quella norma che, in qualche modo, ha recuperato il principio di insularità espunto dalla Costituzione e lo ha inserito nella legislazione ordinaria come obbligo di perequazione per lo Stato, evidenzia una serie di aspetti da considerare e quindi aveva effettivamente dichiarato l'illegittimità costituzionale di quella norma proprio perché violava tutte queste fattispecie.
  La vicenda sarda, così come quella siciliana, rispetto al discorso sull'insularità, si arricchisce per la specialità statutaria. Quindi anche qui dobbiamo in qualche modo distinguere i due aspetti, cioè la pura condizione insulare, che riguarda ovviamente anche isole che non hanno lo statuto speciale e non rientrano in regione a statuto speciale, e poi la specialità statutaria di cui invece godono le due grandi isole del Mezzogiorno, Sicilia e Sardegna. Anche perché, appunto, la violazione del principio di leale collaborazione è stata anche di recente, nell'impugnazione dell'ultima legge di bilancio, sempre in Sardegna, sollevata anche per il fatto che tutta una serie di accordi di finanza pubblica, che dovevano generare un tavolo di confronto, non sono stati effettivamente adempiuti, non si sono tenuti gli incontri, non si è lavorato assieme (principio di leale collaborazione) per individuare i costi derivanti dall'insularità e per poterli in qualche modo diminuire, ridurre o arginare.
  Quindi, sempre per l'individuazione di quali sono i parametri cui affidarsi, dinanzi alla lacunosità del quadro normativo, che non ci dice che cos'è un'isola e quali sono le sue peculiarità, ci sono delle indicazioni date dalle istituzioni europee (Comitato economico e sociale, Parlamento europeo, Eurostat). Ci sono le indicazioni fornite da alcuni istituti di ricerca che hanno fatto anche delle previsioni, pur tentando di quantificare questo gap insulare come decremento del PIL regionale, ed una serie di altre indicazioni che vengono da altri indici.
  Un indice che sicuramente noi possiamo valutare e tenere di conto è l'indice di competitività regionale. L'indice di competitività regionale, come sapete, pone Sardegna e Sicilia negli ultimi posti tra le 234 regioni europee, perché la Sicilia è al 219° posto e la Sardegna è al 203°.
  Qui i parametri sono vari: ci sono parametri infrastrutturali, parametri economici, parametri legati all'indice base che contiene i parametri legati alla sanità, ai servizi essenziali, alle infrastrutture; c'è un indice di innovazione, c'è un indice di efficienza e qui, a guardare addentro a questi indici, si notano delle performance che sono effettivamente molto carenti.
  Tra l'altro, la Commissione europea fa anche un raffronto tra le isole con territori consimili, ricavando per essi, dalla loro condizione economico-sociale, anzitutto il PIL pro capite, ma non solo. Qui vediamo che ci sono degli aspetti, in particolare, che in qualche misura si segnalano alla nostra attenzione.
  Il dato meno performante della Sardegna, per esempio, è quello sul livello istituzionale, perché ha il 49,6 per cento rispetto a tutte le altre regioni cosiddette consimili individuate dalla Commissione europea come termine di raffronto (Molise, Lettonia, Canarie, Alentejo, eccetera).
  Sulla Sicilia ci sono dati di sotto performance sui livelli di efficienza, sul numero dei laureati e sull'efficienza del mercato del lavoro. Quindi anche questo è un indice Pag. 7che offre degli appigli per individuare le carenze più evidenti a livello insulare, che potrebbero anch'esse, in certa misura, essere frutto della condizione insulare, ma il problema eziologico è il problema principale.
  Poi abbiamo tutta una serie di altri indici, per esempio sulle performance sanitarie. Segnalo gli studi di demoscopica, che usa otto indicatori (soddisfazione sui livelli sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato di esercizio, disagio economico delle famiglie, speranza di vita, democrazia sanitaria). Purtroppo ambedue le regioni del Mezzogiorno, tra i tre gruppi che vengono individuati (regioni sane, regioni influenzate, regioni malate), stanno nel terzo gruppo insieme ad Abruzzo, Campania e Calabria; mentre le regioni considerate sane, così qualificate testualmente, sono tendenzialmente le regioni del blocco del Centro-Nord.
  Ci sono tutta una serie di altri indici, che potrei segnalare. Non trascurerei, ad esempio, l'indice sulle opere incompiute, quello curato dal Ministero delle infrastrutture. Purtroppo Sicilia e Sardegna la fanno da padrone anche qui: su 379 opere nazionali incompiute, 138 sono in Sicilia e 47 sono in Sardegna e questo ovviamente è un dato che si correla alla qualità dei processi amministrativi, oltre che alle risorse e, quindi, al dato istituzionale in certa misura.
  Poi ci sono dei casi, per esempio, in cui dei deficit, derivanti sicuramente anch'essi dalla dimensione insulare, hanno avuto paradossalmente un riverbero positivo. È il caso dei consumi energetici. In Sardegna, per esempio, il fatto di non essere collegata alla rete del gas naturale ha generato una inclinazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ma soprattutto ai consumi, che rende la Sardegna molto avanti nell'agenda della decarbonizzazione, perché i consumi energetici da fonti rinnovabili, e soprattutto i consumi elettrici, sono straordinariamente più elevati rispetto alla stessa media nazionale.
  Questo, come vedete, è un problema infrastrutturale che ha originato alla fine, per la transizione energetica, quasi un vantaggio competitivo, ma sono un po' anche le vicende della storia che hanno inciso su questo.
  Aspetto magari qualche vostra domanda sul punto, ma vorrei però evidenziare un elemento tra gli altri che mi sembra assolutamente centrale.
  Il problema, come potrete anche voi rilevare, è un problema eziologico, di causalità, cioè quali di questi sintomi di arretratezza nello sviluppo economico di una regione insulare sono effettivamente conseguenza della sua insularità e quali no.
  È una prova di causalità molto difficile da compiere, nella quale anche nell'ambito di alcune ultime riunioni che abbiamo fatto con economisti, ingegneri ed altri soggetti, è emersa una nostra inclinazione che è questa. Tenere distinti due aspetti, quelli che gli economisti chiamano first nature e second nature.
  Per first nature si intende proprio il dato morfologico, che ci consegna una condizione oggettiva. La discontinuità territoriale delle isole non è la discontinuità territoriale delle aree interne, nonostante la politica delle aree interne abbia incluso le isole, come sapete, nel 2022 come 73a area interna, data dai tempi di percorrenza che le isole scontano per raggiungere i servizi essenziali. Ma la discontinuità territoriale delle isole è diversa dalla discontinuità territoriale delle aree montane e interne perché è realizzata da un elemento, l'acqua, sul quale non c'è capacità insediativa ed economica possibile.
  Faccio alcuni esempi che abbiamo condiviso con gli economisti.
  Il gas naturale che arriva in Calabria, e non arriva in Sardegna, arriva in Calabria con una dinamica di distribuzione che, nel suo tragitto, premia e distribuisce la risorsa a vari soggetti che si trovano sul territorio. Quando invece arriva in Sardegna, il gas naturale affronta un viaggio nel quale non c'è distribuzione mediana, non c'è beneficio mediano nel percorso, c'è una vera e propria discontinuità.
  Altro esempio, le ferrovie di un'isola, che non costituendo un nodo ferroviario integrato all'interno di un sistema come quello della penisola, subiscono un grado Pag. 8di rallentamento nell'evoluzione anche perché non incidono sul sistema complessivo e possono in qualche misura rimanere un problema isolato.
  Sul piano economico ci sono studi econometrici, ad esempio facendo il caso dell'Esselunga, che è stato un caso studiato per come questi centri di grande distribuzione alimentare si espandono sul territorio, che evidenziano come l'espandersi progressivamente in un territorio, che non ha il salto di discontinuità marittima, realizza delle economie di scala e di scopo per il fatto che la logistica e la prossimità tra gli stessi centri di distribuzione consentono una riduzione proporzionata dei costi e quindi alla fine margini di ricavo maggiori, rispetto a un salto, che è quello che genera appunto la distanza marittima, che non consente questi spillover, cioè gli effetti di ricaduta nella progressiva espansione economica di questi grandi operatori.
  Quello che rileva è appunto la discontinuità data da questi lunghi tratti di mare, dove il mosaico si interrompe e i costi salgono in relazione a questo, e non c'è possibilità di riassorbirli in economia di scala e di scopo.
  Dico questo perché in molti studi si tenta in qualche modo di individuare questo first nature, distinguendolo da tutta la parte che riguarda i servizi che il sistema pubblico rende al cittadino. Perché se il sistema pubblico, faccio per dire, non funziona bene sul tema sanitario, sul tema dell'istruzione primaria e secondaria, questo non è detto che dipenda, e non è ben facile capire in che misura dipenda, dalla condizione insulare. È un tema di second nature, cioè di ciò che in qualche modo l'agire umano, anche per propri meriti o propri demeriti, contribuisce a realizzare su un territorio.
  In questo campeggia il famoso studio di Robinson e Monroe, un economista e un sociologo, che, come sapete, hanno scritto del perché alcune nazioni falliscono e altre no e hanno evidenziato che il tema primario sia la qualità delle istituzioni pubbliche e private. Quindi non il dato demografico, non il dato ambientale, non il dato infrastrutturale come elementi primari, ma il dato delle istituzioni non solo pubbliche, ma anche private, se sono estrattive o se sono inclusive, cioè se realizzano a beneficio di molti o realizzano a beneficio di pochi. Questo è proverbialmente il loro messaggio in quel famoso saggio.
  Se ne deve anche un po' tener conto, perché ci sono isole come Malta o come le Baleari che, nell'indice di competitività regionale, sono ben più avanti rispetto alle nostre e quindi, in qualche misura, ci consegnano il tema del se e quale condizione insulare vivono rispetto alla condizione insulare che noi attribuiamo come fattore di generazione di problemi e di svantaggi nel nostro circondario, nella nostra esperienza.
  Potrei fare riferimento anche a tutta un'altra serie di dati che vanno dal PIL pro capite, dove peraltro la Sardegna e la Sicilia non sono allineate perché, come sapete, la Sicilia è penultima con 17.400 euro e la Sardegna viaggia su 21.300. La popolazione è radicalmente diversa e quindi anche la densità demografica: si va dai 65 abitanti per chilometro quadrato in Sardegna ai 186 della Sicilia. Quindi vedete bene che, appunto, se riuscissimo a individuare questo first nature, cioè tutti gli elementi oggettivi, compresa la distanza, e pesare quelli con la mano sinistra (la dico così un po' brutalmente), tenendo poi una riflessione ulteriore sugli altri elementi di antropizzazione e di qualità delle istituzioni, di qualità delle infrastrutture, eccetera, forse saremmo nella direzione giusta. Perché altrimenti si rischia di fare un coacervo di riflessioni che intrecciano anche problematiche diverse e che non restituiscono un nesso di causalità limpido, o quantomeno plausibile, tra la genesi del problema e le sue ricadute. Mi taccio qui per il momento.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Immagino che lei farà avere alla Commissione un suo scritto, in modo tale che possiamo renderci conto in maniera ancora più approfondita delle sue articolate osservazioni. Ha destato la mia attenzione l'eziologia, che a me pare forse l'argomento più importante. Perché un discorso è che la Sicilia o la Sardegna, faccio l'esempio delle isole maggiori, rimangano o siano indietro perché – faccio solo un esempio – hanno Pag. 9una scadente classe politica, un altro conto è che lo sono per fatti strutturali. Quindi dobbiamo cercare di capire, con il lavoro della Commissione, come, dove e quando intervenire alla fine di tutte le audizioni.
  Detto questo, passo la parola all'onorevole Ghirra, che si è prenotata e intende formulare delle domande.

  FRANCESCA GHIRRA. Buon pomeriggio a tutte e a tutti. Ringrazio il professor Berlinguer per aver accolto il nostro invito a partecipare a queste audizioni. Mi scuso, purtroppo non ho il dono dell'ubiquità. Oggi sono stata convocata in contemporanea nella Giunta per il Regolamento e nella Commissione trasporti di cui faccio parte, quindi ho cercato di seguire, seppur non dall'inizio, l'audizione. Mi fa piacere che anche il Presidente abbia chiesto una copia della relazione che è stata fatta dal professor Berlinguer.
  Più che una domanda volevo fare una riflessione. Presidente, stiamo facendo questo ciclo di audizioni estremamente interessanti, ma contemporaneamente stiamo entrando in sessione di bilancio. Ne stavo parlando anche con il vicepresidente Silvio Lai ieri in aula. Ci chiedevamo se fosse possibile, anche alla luce di tutti questi dati che stanno emergendo dalle Commissioni, che peraltro sono sovrapponibili in alcuni casi, soprattutto per quanto riguarda le quantificazioni e gli svantaggi economici derivanti dall'insularità, iniziare a fare lavorare gli uffici sulle relazioni che sono arrivate e la Ragioneria dello Stato, in modo da poter quantificare delle somme che la Commissione potrebbe proporre in sede di finanziaria come stanziamenti per colmare il divario che segna le isole, così come prevede l'articolo 119 della Costituzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ne prendiamo atto, mi sembra una buona idea, anche se purtroppo, non per fatti imputabili ai lavori della Commissione, ma per un dato cronologico, siamo, tra virgolette, attivi soltanto da un mese, e quindi i dati che abbiamo ricevuto e recepito possono essere insufficienti. Evidentemente è una buona idea proprio per le ragioni che avevo appena accennato qualche minuto fa, cioè perché questa Commissione ha l'ambizione di cercare di risolvere qualche problema. Quindi mi pare una buona idea, ne prenderemo atto e stiamo prendendo appunto della sua osservazione. Ci sono altri colleghi che intendono intervenire? Mi dicono il senatore Meloni. Prego, senatore.

  MARCO MELONI. Siamo io e Nicita insieme in Senato.

  PRESIDENTE. Buonasera, senatore Nicita. Prego.

  ANTONIO NICITA. Perché adesso siamo in sessione di bilancio. Intanto ringrazio per questa relazione perché mi pare che metta esattamente una serie di punti molto importanti per quello che ci siamo detti in Commissione e più volte l'ha ripetuto anche il presidente in altre occasioni. La costruzione di indicatori fa vedere più il tema della discontinuità territoriale come un effetto, oltre che come una causa, ma anche come un effetto in sé, di un'arretratezza più diffusa, cioè non è semplicemente una condizione di insularità rispetto al resto del continente, ma evidentemente – soprattutto adesso mi riferisco alle due grandi isole – a un tema anche di strutturale arretratezza interna, quindi di mancato sviluppo e di mancate relazioni. Quindi tutta la serie di indicatori, che adesso venivano citati, vanno in qualche modo messi in relazione al fatto che la mancata continuità territoriale alla fine ha finito anche per creare all'interno delle stesse aree (pensiamo a tutte le vicende dei trasporti e di offerta di servizi essenziali) un elemento strutturale di arretratezza.
  Da questo punto di vista, diventa secondo me interessante distinguere quello che può essere un elemento di arretratezza strutturale da colmare di per sé, da quelle che sono invece le misure classiche di abbattimento dei costi incrementali della mancata continuità territoriale. Quindi tendenzialmente tutto il tema che riguarda il trasporto merci e il trasporto persone deve Pag. 10essere un ragionamento un po' più generale.
  La domanda che volevo fare, anche per cercare di dare concretezza alla nostra analisi sulla costruzione degli indicatori, è questa. È stato approvato nella prima Commissione, in relazione al disegno di legge Calderoli, un principio rispetto al quale anche ai fini della individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), quando mai si dovesse arrivare a quel tipo di riforma, in ogni caso con riguardo alle condizioni di insularità, i LEP vanno specificati tenendo conto di questo elemento.
  È un emendamento che è passato all'unanimità, quindi rappresenta tutte le forze politiche, e allora mi chiedevo se riusciamo a fare in qualche modo un passaggio nel citare alcuni di questi indicatori anche in relazione al discorso dei livelli essenziali delle prestazioni e quindi far parlare un po' queste due questioni, sia quella di first nature, sia ovviamente tutte quelle che sono le conseguenze che ne derivano. E anche capire come, e poi è il tema fondamentale del futuro, cercare anche di invertire, al di là di tutto questo, il tema del grande spopolamento delle due isole, perché comunque quello è un flusso che, finché non sono ridotti i divari, continuerà a crescere sia sotto il profilo delle competenze che sotto il profilo dell'erogazione di alcuni servizi.
  Quindi la mia domanda è proprio se riusciamo a fare un po' questo collegamento anche in relazione ai livelli essenziali delle prestazioni.

  PRESIDENTE. Prego, professore.

  ALDO BERLINGUER, presidente dell'Osservatorio permanente sull'insularità dell'Eurispes. Mi pare un esercizio assolutamente utile, anche perché lo richiede la stessa Costituzione nei rapporti tra gli articoli 116 e 119. Il 119 nel frattempo è mutato, è stato reinserito il principio di insularità e quindi di esso bisogna tener conto nelle varie direttrici normative che l'ordinamento assume. Mi pare che sullo stesso solco si possa porre anche l'emendamento, se non ricordo male proprio a firma del Presidente, intorno a una sezione dedicata alle isole all'interno del piano strategico della Zona Economica Speciale (ZES) Sud, al fine di individuare, anche lì, nell'ambito di questa ZES unica molto ambiziosa che guarda a tutto il Mezzogiorno, una specificità insulare che richiede risposte calibrate sulle isole stesse; quindi anche per quanto attiene sia i crediti d'imposta e quant'altro elargito dalla ZES, ma soprattutto guardando anche ad investimenti specifici che riguardano appunto le isole. Così anche in relazione alla politica infrastrutturale complessiva.
  Insomma, è chiaro ed evidente che la realizzazione di un ponte come quello previsto per la Sicilia ha un effetto in termini di riduzione degli svantaggi derivanti dall'insularità – su questo non credo vi sia dubbio – semmai si tratterà di pesarlo. Alcuni economisti siciliani dubitano che abbia tutto quel peso che, forse ottimisticamente, gli vorremmo ascrivere, atteso che la continuità non si realizza con i mercati di riferimento solo con la Calabria, quindi poi ci sono delle ulteriori distanze da colmare, ma di sicuro una riduzione degli svantaggi il ponte lo realizza. È più difficile fare a questo punto il ragionamento sulla Sardegna, dove bisogna invece probabilmente investire sulle connessioni varie. Però, ecco, sicuramente i due fronti si parlano da vicino, LEP e la cornice del principio di insularità.
  Con riferimento a quello che diceva il Presidente poc'anzi, inoltre, mi sento di chiosare in questi termini. Distinguere proprio first da second nature, nel valutare le cause degli svantaggi che derivano da questa condizione, è un esercizio molto utile anche per capire come risolverli, cioè non solo quanto destinare e su quali settori in particolare, ma anche come elargire le risorse. Perché è chiaro che, se la macchina amministrativa, faccio un esempio, risulta sclerotizzata, sarebbe come versare nuovo sangue in un sistema vascolare sclerotizzato che non riesce a utilizzare quel sangue e quindi a realizzare la spesa. Non a caso le opere incompiute ci dicono proprio questo, e non solo le opere incompiute, ma pure una certa disponibilità finanziaria che alcune regioni, in particolare quelle insulari del Mezzogiorno, hanno e che non Pag. 11riescono in qualche modo a sfruttare. Quindi, quando dovremo pensare a come risolvere I problemi, ci dovremmo ancor di più porre il tema di distinguere, perché altrimenti rischiamo di ampliare la patologia e non in qualche modo di curarla, aumentando il flusso di risorse che però non ha output, non riesce a raggiungere i target beneficiari e gli obiettivi che sono stati prefissati. Quindi è assolutamente necessario, concordo.

  PRESIDENTE. Mi pare che non c'è nessun altro collega che intende intervenire, quindi professore la ringraziamo. Le raccomandiamo di inviarci questo suo scritto, che per noi è certamente utilissimo anche per le ragioni evidenziate dall'onorevole Ghirra. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.