XIX Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 15 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Tremonti Giulio , Presidente ... 3 
Rahmani Taghi , giornalista e attivista per i diritti umani in Iran ... 3 
Tremonti Giulio , Presidente ... 6 
Di Giuseppe Andrea (FDI)  ... 6 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 6 
Lomuti Arnaldo (M5S)  ... 6 
Tremonti Giulio , Presidente ... 7 
Rahmani Taghi , giornalista e attivista per i diritti umani in Iran ... 7 
Tremonti Giulio , Presidente ... 9 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 9 
Rahmani Taghi , giornalista e attivista per i diritti umani in Iran ... 9 
Tremonti Giulio , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIULIO TREMONTI

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Taghi Rahmani, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca - nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni – l'audizione di Taghi Rahmani, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran.
  Grazie per l'opportunità di questo incontro, l'audizione è di grande interesse per la Commissione, grande stima e considerazione per la sua figura. La parola a Lei.

  TAGHI RAHMANI, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran. Buon pomeriggio, illustri membri del Parlamento italiano, spero di riuscire ad illustrarvi brevemente la situazione dei diritti umani in Iran e le difficoltà che il popolo iraniano vive a causa del regime religioso dell'Iran ed instaurare un dialogo costruttivo con voi.
  Siamo di fronte ad un regime iraniano che viola i diritti umani in maniera sistematica.
  Secondo i dati ufficiali, sono state uccise oltre cinquecento persone dall'inizio del movimento «Donna, Vita, Libertà». Inoltre, circa quattrocento manifestanti sono stati colpiti dai proiettili di gomma agli occhi e hanno perso la vista. Secondo le dichiarazioni delle autorità della Repubblica islamica, sono state arrestate migliaia di persone e anche chi è stato successivamente liberato continua ad essere sottoposto a sorveglianza. Le libertà civili pagano un prezzo altissimo. I giornalisti subiscono pressioni per impedire la libera circolazione delle informazioni. In generale, la società iraniana si trova a vivere in una situazione molto critica. Il popolo iraniano non intende più vivere in una Repubblica islamica, in un regime religioso. Il regime, invece, cerca di mantenere la forma di governo dittatoriale utilizzando quale arma la repressione e contando sul proprio potere a livello regionale.
  Ma qual è il rapporto tra questa dittatura e i Governi occidentali ed europei? Noi, esponenti della società civile iraniana e attivisti politici e per i diritti civili, vogliamo che prestiate attenzione su alcuni punti chiave.
  Anzitutto, ritengo che i diritti umani non vengono considerati la priorità dai Governi occidentali nelle relazioni internazionali. Ad oggi, le questioni principali per voi rimangono la sicurezza e il petrolio. Ciò è comprensibile, ma dobbiamo chiederci: è possibile che ancora oggi i diritti umani vengano rispettati solo in alcune regioni del mondo ormai globalizzato? La risposta è no!
  Le società occidentali devono giungere alla conclusione, per garantire la sicurezza in occidente, dopo i fatti dell'11 settembre che hanno rappresentato un Pag. 4campanello di allarme, che non è più possibile in questo mondo essere indulgenti con i regimi, dando priorità alla «stabilità» e al petrolio.
  Oggi ciò che succede nel mondo può essere considerata una minaccia per la sicurezza dei Paesi occidentali. Sento che i politici occidentali per diversi motivi non sono consapevoli di questa realtà. Bisogna che le società occidentali siano più consapevoli e anche voi che siete rappresentanti dei vostri cittadini.
  Il regime iraniano si oppone alla richiesta di democrazia in Iran facendo leva sul proprio potere militare, sull'influenza regionale e sul petrolio di cui dispone creando maggiore destabilizzazione. Le ondate di immigrazione dall'Asia e dall'Africa verso l'Europa provocano grandi problemi. I regimi, come quello iraniano, reprimono i propri cittadini causando situazioni critiche che favoriscono le ondate di immigrazione verso l'Europa, ai danni della democrazia. Perciò, usano questo come uno strumento di minaccia contro i Paesi occidentali.
  Come si fa a fermarli? Di sicuro la guerra non è una soluzione, la guerra peggiora la situazione. Di sicuro la soluzione non può essere nemmeno che l'Unione europea sanzioni alcuni esponenti del regime iraniano. Tali sanzioni non sono efficaci. La Repubblica islamica ha enormi rapporti economici con la Cina e riesce ad aggirare le sanzioni. Pertanto le sanzioni e i venti di guerra non spaventano la Repubblica islamica. Anzi, i regimi come quello iraniano vengono fortificati nelle situazioni di crisi.
  A mio avviso, occorre che ai Paesi occidentali sviluppino una nuova strategia per aiutare l'instaurarsi della democrazia nel nostro Paese. Una strategia che non sia basata sulle soluzioni immediate e dettate dalle emozioni. La guerra ne è un esempio e non è interesse di nessuno, così come le sanzioni che non hanno una direzione precisa. Voi conoscete delle statistiche che provino l'efficacia delle sanzioni?
  Occorrono strategie politiche durature che vadano nella direzione di rafforzare la democrazia e la tutela di diritti umani in Iran. Ritengo che ciò aiuterà anche i Paesi come il vostro. Probabilmente penserete che, al momento, la vostra sicurezza è garantita. Ritengo che il potenziamento di regimi, come quello iraniano, nelle regioni come l'Asia e l'Africa, sia una minaccia anche per la sicurezza nei vostri Paesi, perché solitamente questi regimi non sono democratici nei propri Paesi e questo crea ondate di emigrazione verso i vostri Paesi dovute a situazioni di criticità che possono sfociare in disordini e guerre civili. Tutto ciò è a svantaggio dell'Occidente. Mi chiedo, quando l'Occidente comprenderà questo pericolo? Non saprei prevedere quando, ma questo pericolo si concretizzerà.
  Allora qual è la nostra richiesta in questo scenario? Anzitutto, che il rispetto dei diritti umani diventi una strategia praticata. Vi faccio un esempio: nel 2019 la Repubblica islamica ha bloccato internet in Iran per più di cinque giorni durante i quali circa 1.500 persone sono state uccise. Questo fatto ha aumentato i flussi migratori verso l'Occidente.
  La Repubblica islamica ha ucciso più di cinquecento persone del movimento «Donna, Vita, Libertà» e ne ha arrestate migliaia. Anche questo ha portato ad una ondata migratoria dall'Iran verso l'Europa. Quali possono essere le nostre richieste? Vi chiediamo di garantire più possibile il libero accesso dei cittadini iraniani ad internet e ai media. Ciò aiuterà la lotta del popolo iraniano per la libertà.
  La Repubblica islamica non ha autorizzato l'apertura dell'ufficio di rappresentanza all'Unione Europea in Iran. Ciò significa che la Repubblica islamica dichiara di voler dialogare separatamente con il Governo tedesco, con il Governo francese, con il Governo spagnolo o quello olandese per poter trarne dei vantaggi. Personalmente vi chiedo di porre, nel momento in cui dialogherete con il regime iraniano, delle condizioni che riguardino il rispetto dei diritti umani come la libertà dei sindacati e la liberazione dei prigionieri politici.Pag. 5
  La Repubblica islamica non permette l'apertura dell'ufficio di rappresentanza dell'Unione Europea per impedire all'Europa di avere una politica comune. Attualmente ci sono molte Ambasciate in Iran, come quella canadese o quella francese. Noi non chiediamo che si interferisca negli affari interni del nostro Paese, ma riteniamo che il vostro sostegno sistematico a tutela dei diritti umani sia anche nei vostri interessi.
  Opponetevi con forza alle condanne a morte emesse dai tribunali della Repubblica islamica. Ponete delle condizioni riguardanti la salvaguardia di diritti umani prima di fornire materiali e merci di cui la Repubblica islamica necessita. Un esempio potrebbe essere che le attività sindacali vengano autorizzate. Inserite nella vostra politica l'empowerment della società civile iraniana, perché una società civile forte si oppone al regime e arriva a controllarlo o a cambiarlo.
  Una situazione del genere è molto più vantaggiosa per l'Occidente rispetto ad un accordo transitorio. Voi avete avuto un'esperienza simile con Saddam Hussein in Iraq e anche con Gheddafi in Libia. Alcuni Governi Occidentali hanno avuto rapporti economici con Gheddafi. Oggi il risultato di ciò consiste in tre Governi in un unico Paese e guerra civile. Quel che chiede il nostro popolo non è la guerra, ma la democrazia e non una democrazia importata dall'estero.
  Noi riteniamo che oggi la democrazia sia una questione mondiale anche per mantenere la sicurezza nel mondo occidentale. Servono soluzioni sostenibili e durature e non basate sulle emozioni per i popoli come il nostro. È fondamentale che le vostre società civili e i vostri partiti politici facciano questa richiesta ai vostri Governi. È importante che voi sappiate che la Repubblica islamica ritiene di poter sempre avere l'opportunità di fare accordi con i Governi occidentali successivi a quelli attuali, adottando una sorta di astuzia che non rende strategiche le vostre politiche in difesa di diritti umani.
  La capacità di sfruttare queste lacune è una caratteristica della Repubblica islamica.
  Non vorrei dilungarmi oltre, perciò concludo ribadendo che in questo momento la società iraniana non vuole più l'esistenza della Repubblica islamica, ma mira ad un sistema di Stato basato sulla democrazia e il rispetto di diritti umani. La fine di questo regime è nell'interesse di tutti i popoli del mondo. Inoltre, la nostra società non vuole la guerra, è una società civile in lotta perenne con il regime, anche con il movimento «Donna, Vita, Libertà».
  Qual è il motivo per il quale oggi il mondo si è accorto della brutale repressione della Repubblica islamica? Perché il nostro popolo continua a resistere e la sua è una resistenza forte e reale. Da oltre sei decenni in Iran, circa una volta ogni dieci anni c'è stato un movimento significativo di protesta contro il regime.
  Anche se ancora non siamo riusciti ad ottenere la democrazia resta il fatto che ci sono stati sei importanti movimenti diffusi nel Paese. Oggi il popolo iraniano esprime ancora la volontà di vivere in un Paese democratico. Solo quando un popolo resiste a lungo il mondo si accorge del fatto che un regime ha perso completamente il consenso dei cittadini.
  Il nostro popolo è un popolo che protesta ed occorre che le sue rivendicazioni per il rispetto dei diritti umani vengano sostenute. Vorrei parlarvi in modo chiaro: la nostra richiesta consiste in rafforzamento di diritti umani attraverso una strategia sostenibile e duratura dei Governi occidentali. Ciò può accadere attraverso le pressioni delle vostre società civili rivolte nei confronti dei Governi per quanto riguarda l'instaurarsi della democrazia e della tutela dei diritti umani in Iran.
  Le mie richieste sono chiare e precise, come la possibilità di libero accesso ad internet per gli iraniani e la sensibilizzazione dei Governi occidentali sulla pena di morte in Iran prima di dialogare con il regime sulle sue necessità. Ciò porterà a potenziare la società iraniana. Mi rendo conto che i Governi del mondo agiscono Pag. 6secondo i propri interessi e si pongono dei limiti, ma in un mondo globalizzato non è più possibile che i Paesi democratici possano pensare che la loro democrazia non venga influenzata da quel che succede nei Paesi non democratici.
  L'instabilità in una regione avrà influenza sui Paesi vicini. Pertanto, occorre arrivare ad un accordo a livello mondiale per creare una nuova strategia basata sulla democrazia e sul rispetto di diritti umani in tutto il mondo. Purtroppo, oggi non esiste ancora questa reciproca comprensione tra i popoli.
  Vi ringrazio per l'attenzione e spero di collaborare insieme in questo senso.

  PRESIDENTE. Grazie per quanto ha detto. Ci sono interventi?

  ANDREA DI GIUSEPPE. Grazie, presidente. Grazie per l'intervento. Io ritengo che in questa sala non c'è una persona, non c'è un parlamentare che non abbia a cuore i diritti umani violati dell'Iran. Non è cosa di oggi, purtroppo va avanti da anni ed anni.
  Ritengo, però, che tutte le nostre buone intenzioni per poter comunicare sempre di più in maniera forte questa violazione quotidiana dei diritti umani, non sia sufficiente. Come diceva Lei, qui deve prendere spazio la pragmatica.
  Sappiamo bene che l'Iran... io l'ho sempre definito – quindi non mi vergogno a definirlo qui – uno Stato canaglia, quindi capisce solamente la forza, non capisce altre parole. Allora, escludendo che ci sia una guerra – perché ci sono due tipi di forza, c'è la forza militare, e la escluderei, anche viste le situazioni, e la forza economica, di pressione –, io ritengo che se l'Europa o tutto il mondo occidentale adottasse per esempio il criterio delle sanzioni secondarie che adottano gli Stati Uniti d'America, nostro principale alleato, allora la pressione economica e di embargo sull'Iran comincerebbe a fare effetto.
  Perché, vedete, l'Iran di fatto non ha delle sanzioni economiche, non ha un embargo, perché quando ci sono le sanzioni primarie o pseudo-primarie europee e quando ci sono le sanzioni secondarie americane, quando l'Europa nel 2021 dice che le sanzioni secondarie non possono essere applicate nel diritto europeo, capite che abbiamo un problema. Perché evidentemente le sanzioni secondarie sono il vero tema e molto probabilmente è la vera leva per poter discutere con forza e far passare tutta una serie di... diciamo cominciare a far evolvere la situazione nella maniera in cui il mondo occidentale, o comunque quello attento ai diritti umani, ha sempre voluto.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Anch'io ringrazio molto l'audito per il contributo. In questa Commissione abbiamo fatto varie iniziative nel corso di questi mesi – anzi, di questo anno e più – per seguire la vicenda delle proteste in Iran, e ringrazio molto anche Shady Alizadeh e Kurosh Danesh, che ci hanno aiutato in tante forme a tenere un rapporto con l'Iran.
  Io ho una domanda molto precisa: qual è l'impatto che avrà e che ha avuto il premio Nobel per la pace a Narges Mohammadi e come possiamo eventualmente anche amplificare questo impatto? Insomma, il premio Nobel è stato estremamente importante, in un momento in cui l'attenzione è comprensibilmente anche rivolta ad altre crisi ha riportato al centro in forma positiva e di grande onore la lotta delle donne e degli uomini dell'Iran, cosa che era stata un po' persa.

  ARNALDO LOMUTI. Grazie, presidente. Mi unisco anch'io ai ringraziamenti per la presenza dell'audito qui, oggi, su un tema così importante, del quale questa Commissione si sta occupando. Non vorrei che la mia domanda desse l'impressione di una nazione che non sa cosa fare, ma vorrei sapere se ci sono dei suggerimenti da parte del nostro audito su quello che potrebbe fare l'Italia – ma in generale l'Occidente – per intervenire nella maniera più incisiva possibile ed essere più attivi su questo tema, che preoccupa molto anche noi.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Se posso, io ho ascoltato con grande interesse il suo intervento e con grande interesse quanto ha detto sulla democrazia come fattore di rivoluzione nel suo Paese, di rivoluzione possibile. Vi porto via alcuni minuti per raccontare come ho visto lo sviluppo della globalizzazione, che è fondamentale credo per capire quello che sta succedendo adesso.
  Nel 1989 cade il Muro di Berlino; nel 1994, a Marrakech, in Marocco, viene firmato il Trattato WTO (World Trade Organization); nel 2001 l'Asia entra nel World Trade, una parte del mondo arabo reagisce in modo opposto; nel 2008 inizia la grande crisi, che è crisi della globalizzazione e non della finanza, e arriviamo ad oggi.
  2001, nell'autunno, torno a quella data: una parte enorme del mondo aderisce al World Trade in modo entusiastico, diciamo tutto il mondo dell'Asia e altri; una quota del mondo arabo reagisce in modo fortemente negativo. Con tutti i grattacieli che ci sono a New York, perché sono state abbattute le Torri gemelle? Perché era World Trade, aveva un valore simbolico. E il senso di quell'atto – lo ricordo bene, perché ai tempi ero Ministro italiano – era la reazione al modello dell'Occidente.
  Il modello della globalizzazione, unico nella storia, primo nella storia dell'umanità, è il mercato sopra e gli Stati sotto, il mercato sopra e le società sotto. Il Presidente Obama, nel suo insediamento alla presidenza, dice: «non abbiamo il passato, abbiamo solo il futuro». Questa era l'ideologia della globalizzazione.
  Mi ricordo molto bene tutti quegli anni, la fine della storia, una parte del mondo non accetta l'automatico del «mercato sopra gli Stati». Il mercato è una componente di un mondo più complesso, che contiene però anche gli Stati, le società, la politica, le tradizioni, e questa è l'essenza di quello che è stato allora con tanti errori fatti da allora.
  Il presidente Biden dice a Tel Aviv: «non fate gli errori che abbiamo fatto noi dopo l'11 settembre, abbiamo demolito quattro Stati e abbiamo pensato che fosse sufficiente sostituirli con una striscia». C'è una certa differenza tra States e stripes.
  E ho notato che Lei dice: «è un pericolo per l'Occidente un regime come quello dell'Iran»; credo che sia così, perché non è solo l'Iran come ai vecchi tempi, c'è la Russia, ci sono altre potenze, ci sono altre prospettive. Tra l'altro è un grande Stato con grandi risorse economiche, che è un fattore non marginale.
  Allora, tornando all'essenziale, la democrazia: l'essenza della democrazia è che la democrazia non è un McDonald's. La democrazia non si esporta. E questo è scritto molto bene nella Carta atlantica, all'articolo 4 c'è scritto che la democrazia parte dal basso e non dall'alto. Quindi la democrazia in un Paese come il vostro è certamente un elemento fondamentale, di progresso in generale, ma credo anche di difesa dell'Occidente.
  Quindi tutto quello che si può fare, Lei ha detto internet o quanto altro, ma certamente è fondamentale per il bene del vostro popolo, ma anche per il bene dell'Europa, e non solo. Quindi certamente tutto quello che dobbiamo e possiamo fare nella logica che Lei ha espresso con grande efficacia e con grande moralità.

  TAGHI RAHMANI, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran. Vi ringrazio ancora per questa opportunità, inizio a rispondere dall'ultima domanda.
  Ovviamente, ripeto, sappiamo che la guerra non è mai una soluzione, abbiamo visto l'Afghanistan, abbiamo visto la Libia. È vero: globalizzazione non significa unificare il mondo. Noi vogliamo far parte del mondo globalizzato, noi viviamo in un mondo che non abbiamo scelto. Il pericolo è che gli interessi economici abbiano la meglio sulle società civili, almeno questo succede da noi. Chi detiene il potere economico e militare colpisce la società civile iraniana.
  Narges Mohammadi è un'attivista per i diritti delle donne. Noi riteniamo che gli interessi economici non debbano avere la priorità. Nel mondo globalizzato i Governi devono creare un equilibrio tra quelli che sono gli interessi economici e le richieste Pag. 8delle società civili, altrimenti si crea una situazione che non conviene a nessuno.
  In questo quadro, esiste un Paese come la Repubblica islamica dell'Iran, che è un Paese importante dal punto di vista geopolitico; quello che succede in Iran può influenzare la politica del mondo. Noi stiamo lottando per la democrazia in Iran e lo vogliamo fare dal basso, rafforzando la società civile iraniana, le richieste del popolo iraniano. Siamo sicuri che il popolo iraniano riuscirà a rovesciare il regime iraniano senza una rivoluzione.
  In Iran ci sono le elezioni, ma non c'è mai stata un'elezione libera in Iran perché la società civile non è mai stata forte, i sindacalisti non sono mai stati forti, non sono riusciti a diventare forti. Anche adesso la situazione non è cambiata moltissimo, ma i Governi occidentali che vivono nelle democrazie devono capire come comportarsi. Ovviamente abbiamo visto la guerra in Afghanistan cosa ha provocato. Non sto parlando di teorie complottistiche, vediamo la realtà dei fatti, gli errori commessi in Afghanistan, perciò la democrazia deve partire dal basso. È necessario l'empowerment della società civile, la libera circolazione delle informazioni.
  La nostra società civile ha bisogno delle organizzazioni civili dei diritti umani. Narges Mohammadi dice: «Non serve a niente se sarò libera ma non potrò avere le mie organizzazioni per i diritti di genere e i diritti umani. Preferisco tornare in carcere se non posso essere libera di far sentire la mia voce».
  Perciò è fondamentale diventare la voce degli attivisti. Il premio Nobel, che è un premio molto prestigioso – il più prestigioso – dà la possibilità a chi lo vince di avere una voce forte, come è successo con Shirin Ebadi. Non era mai successo che in un Paese due donne vincessero il premio Nobel. Significa che c'è un popolo in Iran che può fare sentire la propria voce, ha bisogno di far sentire la propria voce. Ora, la vincitrice di questo premio deve essere sostenuta per poter far sentire la voce della società civile iraniana, altrimenti non servirà a niente questo premio. In questo momento Narges si trova in prigione e si rifiuta di portare il velo obbligatorio, ha seri problemi di salute ma non viene portata in ospedale semplicemente perché rifiuta il velo. In Iran la vita umana per la Repubblica islamica non ha nessun valore. Narges ritiene che il velo obbligatorio sia uno strumento di oppressione per le donne iraniane.
  In Iran le donne all'università superano di gran lunga gli uomini, ma in Iran le donne non possono diventare né Presidente della Repubblica, né Ministro, né giudice: sono molti i lavori a cui non possono accedere, è per questo che combattono gli attivisti per i diritti di genere.
  Noi vogliamo che voi siate la voce delle donne iraniane, vogliamo che i Governi occidentali parlino di questi temi. In un mondo globalizzato non si può soltanto avere un atteggiamento diplomatico e politico, spesso le società civili dei Paesi nella nostra regione non sono rappresentate dai loro Governi, i Governi prendono in ostaggio la popolazione.
  Ovviamente, non bisogna andare lì con le armi e con gli eserciti: abbiamo visto cosa è successo in Afghanistan. Ma nemmeno con le sanzioni americane, si è creata un'oligarchia in Iran che è il nucleo forte che sostiene Khamenei e che ha guadagnato miliardi e miliardi aggirando le sanzioni. L'Iran non è un Paese che entra in crisi con le sanzioni. Il Presidente Biden, per poter vincere le elezioni, chiude gli occhi di fronte alla violazione delle sanzioni. Vede che gli Iraniani stanno vendendo il petrolio, gli Americani lo sanno che gli Iraniani stanno vendendo il petrolio, arricchendo l'oligarchia; invece bisogna premere affinché la società civile e le organizzazioni civili diventino forte.
  Come possiamo insieme collaborare per rafforzare la società civile iraniana in modo che combatta il regime? Noi abbiamo avvocati, cineasti, artisti, sindacalisti, moltissimi sono in prigione solo perché hanno espresso un parere contrario alle politiche del regime. Dobbiamo aiutarli ed essere la loro voce e far sì che la vittoria avvenga attraverso loro e attraverso il popolo iraniano.Pag. 9
  Ci aspettiamo che Paesi come i vostri, che sono riusciti a conquistare la democrazia, possano capire le richieste della società civile in Iran e possano capire che la democrazia deve esistere in tutto il mondo, non possiamo pensare solo alla democrazia nei nostri Paesi ma bisogna pensarla a livello globalizzato.
  I Governi occidentali non devono pensare che la priorità sia acquistare in un momento di crisi energetica il petrolio dall'Iran o da altri Paesi che violano i diritti umani, questo non porterà alla sicurezza e alla stabilità. Bisogna pensare ai diritti umani, bisogna dare priorità ai diritti umani.
  Con questo approccio si possono dare degli aiuti specifici, con una strategia specifica, per rafforzare le società civili in questi Paesi come l'Iran. Bisogna portare il focus sulla violazione dei diritti umani e condannarli, in modo che le società civili si rafforzino. E quando si dialoga con regimi come la Repubblica islamica bisogna dare la priorità a quella che è la tutela dei diritti umani; purtroppo, fino a oggi non è stato così. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie per questa opportunità di incontro.
  Per inciso: la democrazia è una cosa fondamentale, credo che sia la cosa più temuta dalle dittature, e questo lo indica la storia. Nella storia del nostro Paese la democrazia si è sviluppata in progressione, più o meno ci ha messo un secolo.
  Al principio del Novecento le donne non votavano, nell'Occidente evoluto. Poi hanno votato, poi hanno anche avuto cariche pubbliche, ma di fatto ancora venti-trenta anni fa le donne non avevano cariche pubbliche; le hanno conquistate progressivamente.
  Quindi, dato che la democrazia è fondamentale, quantità necessarie e non assolute di democrazia, per cominciare.

  PAOLO FORMENTINI. Se posso, intanto esprimo anch'io massima solidarietà, lo abbiamo fatto anche con atti parlamentari e continueremo a seguire da vicino e a sostenere la lotta per la democrazia dell'opposizione iraniana.
  Volevo fare una domanda specifica: quanto vi preoccupa l'alleanza che si è creata tra Iran, Cina e Russia? In particolare, vedete questo modello di controllo totale che cerca di applicare il regime come ispirato al controllo che la società cinese, il regime cinese, sta applicando? Vedete uno scambio di metodi e tattiche di controllo?

  TAGHI RAHMANI, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran. La scelta di Khamenei, che lui chiama lo «sguardo verso l'Oriente», è una strategia della Repubblica islamica. Ma il popolo iraniano resiste di fronte a questa strategia del leader supremo.
  Gli ultraconservatori, il nucleo più vicino a Khamenei, non si fidano dei Russi, nemmeno loro, hanno brutti ricordi; perché i Russi due secoli fa hanno conquistato una parte del territorio iraniano e nella memoria storica del nostro popolo, e anche in molti del regime, i Russi non sono affidabili. Ma Khamenei continua ad avere questa strategia di apertura nei confronti della Russia e della Cina.
  Per quanto riguarda la sicurezza, devo dire che la Repubblica islamica non ha bisogno di imparare dai cinesi o dai russi, perché sono decenni che rafforza le organizzazioni dell'intelligence e delle forze repressive; anche prima della rivoluzione in Iran c'era una forza repressiva forte.
  La questione è la seguente: se i Governi occidentali dimenticano la resistenza del popolo iraniano potrebbe esserci una sorta di delusione da parte del popolo iraniano stesso. Se il popolo iraniano pensasse che il mondo non lo sostiene, non lo considera, potrebbe rimanere deluso. Nessuno chiede che Khamenei venga sanzionato, perché sappiamo che non funziona, servono strategie pragmatiche.
  Parliamo del premio Nobel: questo può essere uno strumento per parlare sempre di più della pena di morte in Iran, della situazione delle organizzazioni dei diritti umani in Iran. Qualunque cosa succeda in Iran influenzerà tutta la regione. È un Paese ricco di risorse e ha una posizione geopolitica importante, con una vasta popolazionePag. 10 giovane. Questo Paese ha un ruolo importante nella regione.
  È per questo che un regime antidemocratico in Iran non vede gli interessi del mondo e, al contrario, un regime democratico può fare gli interessi del mondo intero.
  Noi sappiamo che le guerre non possono mai importare la democrazia, la democrazia deve nascere dalla società civile. Io sono d'accordo con Lei, presidente, la democrazia non può nascere in una notte e non può essere esportata; ma noi vogliamo avere il diritto di scegliere, ogni essere umano nasce libero e ha il diritto di potersi esprimere.
  Io sono stato in prigione per quattordici anni, semplicemente per aver scritto degli articoli critici nei confronti del regime. Mia moglie perché è in prigione? Perché semplicemente fa una forma di disobbedienza civile nei confronti delle leggi ingiuste in Iran. Molti miei compagni e amici sono stati uccisi o sono in prigione.
  Non chiediamo molto. La Repubblica islamica non vuole nemmeno dare un minimo di diritto di espressione al popolo iraniano. Vi ringraziamo e vi chiediamo di mettere in campo strumenti per impedire al regime iraniano di continuare in questa politica repressiva e liberticida. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Molte grazie a Lei e buona fortuna. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.