XIX Legislatura

Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall'insularità

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 11 di Giovedì 14 dicembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lai Silvio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INDIVIDUAZIONE DEGLI SVANTAGGI DERIVANTI DALLA CONDIZIONE D'INSULARITÀ E SULLE RELATIVE MISURE DI CONTRASTO

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.
Lai Silvio , Presidente ... 3 
Prati Sabrina , Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 3 
Lai Silvio , Presidente ... 6 
Prati Sabrina , Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 6 
Lai Silvio , Presidente ... 9 
Prati Sabrina , Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 9 
Lai Silvio , Presidente ... 9 
Prati Sabrina , Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 9 
Lai Silvio , Presidente ... 10 

(La seduta, sospesa alle 14.40, è ripresa alle 14.45) ... 10 

Lai Silvio , Presidente ... 10 
Prati Sabrina , Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 10 
Lai Silvio , Presidente ... 12 
Ghirra Francesca (AVS)  ... 13 
Lai Silvio , Presidente ... 13 
Meloni Marco  ... 14 
Lai Silvio , Presidente ... 14 

Allegato 1: Testo integrale dell'intervento della dott.ssa Sabrina Prati, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ... 15 

Allegato 2: Documentazione depositata dall'ISTAT ... 51 

Allegato 3: Documentazione depositata dall'ISTAT ... 99

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SILVIO LAI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'individuazione degli svantaggi derivanti dalla condizione d'insularità e sulle relative misure di contrasto, di rappresentanti dell'ISTAT.
  Oggi è presente la dottoressa Sabrina Prati, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, accompagnata dal dottor Alessandro Faramondi, dirigente del Servizio statistiche strutturali sulle imprese istituzioni pubbliche no profit della Direzione centrale per le statistiche economiche e dalla dottoressa Anna Villa, ricercatore presso l'Ufficio di presidenza dell'ISTAT.
  A nome di tutti i Commissari do il benvenuto ai nostri ospiti, che ringrazio per la disponibilità a intervenire alla odierna seduta.
  Do quindi la parola alla dottoressa Prati. Prego.

  SABRINA PRATI, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Grazie, Presidente. La ringrazio a nome dell'ISTAT per questo invito che ci dà modo di offrire un quadro dei principali divari che si osservano tra le Isole maggiori, Sicilia e Sardegna, il Sud e il resto del Paese, ponendo particolare attenzione ad alcuni domini specifici che abbiamo immaginato possano essere più di interesse di questa Commissione.
  Parlo delle dimensioni che hanno a che fare con la salute, con l'istruzione e la formazione, con la qualità dei servizi. Non è stato facile predisporre questa relazione perché i giacimenti informativi di cui noi siamo a disposizione sono molto ampi, quindi quello di oggi è – dal nostro punto di vista – un intervento in cui facciamo una prima panoramica e siamo poi a disposizione della Commissione per successivi approfondimenti qualora lo riterrà utile.
  L'analisi di cui espongo sinteticamente alcuni risultati – per questi domini di cui vi parlavo – si basa principalmente sul patrimonio informativo che viene dal sistema di indicatori sul benessere equo e sostenibile (BES). Ci è sembrato, leggendo il mandato della Commissione – ho visto anche gli interventi di alcune delle audizioni precedenti che avete svolto – che questo approccio al benessere equo e sostenibile che punta ad andare oltre anche la dimensione economica del PIL per investigarePag. 4 le dimensioni che riguardano proprio la qualità di vita dei cittadini, potesse essere di particolare interesse per la Commissione.
  Recentemente inoltre l'ISTAT ha fatto un grosso investimento per produrre degli indicatori a livello territoriale più disaggregato, subregionale. Proprio ieri abbiamo diffuso un focus sulla Sardegna, che fa il punto sulla Sardegna, dieci giorni prima l'avevamo fatto sulla Sicilia (sono appunto quei due allegati molto corposi che sono stati trasmessi e che vi lasciamo per la vostra consultazione) dove troverete un patrimonio molto più ricco.
  La rilevanza tra l'altro degli indicatori del BES è nota perché siamo stati uno dei primi Paesi in ambito OCSE ad adottarli anche nei documenti di programmazione economica e finanziaria. Dodici indicatori del BES sono inseriti nel Documento di economia e finanza (DEF) e questo sistema di indicatori ci consente una lettura di ampio respiro dei profili principali di vantaggi e svantaggi delle diverse aree territoriali del nostro Paese.
  Prima di entrare nel merito dei risultati, mi preme sottolineare due aspetti. Il primo è che la ricchezza informativa di cui l'ISTAT dispone è più ampia; il secondo ha a che fare invece con uno degli obiettivi di questa Commissione che è interessata alla stima dei costi che derivano dalla condizione di insularità.
  Rispetto a questo obiettivo, oggi non vi fornirò degli elementi diretti, nel senso che questo patrimonio informativo che cominciamo a condividere con voi ci auguriamo possa essere utile per un'operazione di questo tipo, che però richiede l'identificazione di specifici nessi causali senza i quali le analisi, per quanto ricche come quelle che vi presento, non consentono di arrivare direttamente ad una stima dei costi. Siamo comunque disponibili ad approfondire eventuali richieste più specifiche che dovessero emergere dalla Commissione.
  Prima di entrare nel merito di quanto gli indicatori ci dicono circa gli svantaggi o i vantaggi di benessere delle Isole maggiori, vorrei ricordare alcune peculiarità sia del territorio che della popolazione, perché sono strettamente connesse con le evidenze che vengono dagli indicatori che abbiamo analizzato. È ben nota a questa Commissione l'articolazione territoriale delle Isole maggiori che mostra differenze di rilievo, sia in confronto al resto del Paese che fra le isole stesse. Le nostre analisi territoriali ci consentono di classificare alcuni aspetti territoriali, anche andando al di là di quelle che sono le classificazioni amministrative tradizionali.
  Una classificazione, per esempio, che ci è sembrata interessante per i lavori della Commissione – perché ha in qualche modo un legame con un aspetto di perifericità che può interessare la popolazione che risiede nelle isole – è quella rispetto al grado di urbanizzazione o alle aree interne. Quasi l'85 per cento dei comuni sardi ricade in una classificazione di comune rurale. È una quota molto più alta di quella che si riscontra a livello nazionale, mentre in Sicilia i comuni si distribuiscono quasi equamente fra zone rurali e piccole città e sobborghi.
  In termini di popolazione, quasi il 33 per cento della popolazione sarda vive in zone rurali, una quota che è quasi il doppio della popolazione che vive nelle grandi città. In Sicilia invece la quota di popolazione che vive nei comuni rurali supera di poco il 10 per cento e il restante 90 per cento vive in cittadine, in città grandi o piccoli sobborghi. Queste differenze sono importanti, come vedremo, quando parleremo di alcuni servizi e della loro accessibilità.
  È importante sottolineare anche la geografia rispetto a quelle che l'ISTAT classifica come aree interne, perché l'individuazione di queste aree a livello comunale viene effettuata a partire da una lettura policentrica del territorio, che analizza l'offerta congiunta di tre tipologie di servizi: nell'ambito della salute, dell'istruzione, della mobilità e della loro accessibilità. Quindi la definizione di area interna avviene considerando la distanza di un comune rispetto al comune polo, cioè al centro dell'offerta di questi servizi. Quindi ci sembrava interessante per questa Commissione questo tipo di lettura anche della distribuzione geografica della popolazione. Si tiene conto, Pag. 5in questo criterio di prossimità, per esempio dei tempi di percorrenza stradale per raggiungere il polo, eccetera. In questo modo si evince quanta popolazione vive in una condizione per esempio di perifericità rispetto al comune e a diversi livelli: intermedio, periferico e ultraperiferico.
  Allora, sulla base dei dati dell'ultimo censimento permanente del 2021, risiede nelle aree interne il 22,7 per cento della popolazione italiana, il 32 di quella del Sud (isole escluse) mentre questa quota nelle Isole maggiori è molto più accentuata.
  In Sardegna poco più del 70 per cento del totale dei comuni ricade in area intermedia, periferica e ultraperiferica e qui vive il 36,5 per cento della popolazione. In Sicilia invece, nelle aree interne si colloca al 79,5 per cento dei comuni e poco meno della metà della popolazione. Quindi in sintesi, già tra le due Isole maggiori, che rispetto a questo fenomeno presentano delle peculiarità, in Sicilia il territorio risulta più urbanizzato, ma comunque questo aspetto di urbanizzazione è associato anche a un maggiore svantaggio in termini di accessibilità – rispetto alla Sardegna – anche per aspetti che sono connessi alle caratteristiche morfologiche dei territori e alla distribuzione delle zone montuose, eccetera.
  Le differenze non si limitano, come ben sapete, alla caratteristica del territorio. È ben noto a questa Commissione l'ammontare di popolazione molto diverso tra le due isole; parliamo di 1,6 milioni di abitanti per la Sardegna e 4,8 milioni di abitanti per la Sicilia. Le due Isole maggiori, come del resto tutta l'Italia, hanno sperimentato nel corso dell'ultimo decennio un'importante diminuzione della popolazione. Diminuzione che però, in entrambe le isole, è stata maggiore rispetto a quella media del territorio nazionale. Concorre a questa diminuzione la negativa dinamica sia naturale (quindi il deficit di nati rispetto ai decessi) e soprattutto la dinamica migratoria. Le Isole maggiori, così come il Mezzogiorno, sono interessate da sempre da un fenomeno di depauperamento di popolazione e di capitale umano, che deriva da movimenti migratori sia interni che internazionali.
  Anche dal punto di vista strutturale, cioè della composizione della popolazione per età, ci sono delle differenze tra le due isole e il resto del Paese. È interessante per esempio la misura che viene dal rapporto tra la popolazione con più di 65 anni di età e i giovani con meno di 15 anni di età, quello che i demografi chiamano l'indice di vecchiaia. Ecco, l'indice di vecchiaia della popolazione porta 172 persone di 65 anni o più ogni 100 giovani con meno di quindici anni in Sicilia e ben a 250 in Sardegna. Del resto la Sardegna è nota per la sua longevità, i sardi sono noti per la loro longevità, ma anche per avere una delle fecondità più basse del nostro Paese, inferiore a un figlio per donna. Entrambe le isole presentano valori più bassi della media nazionale di speranza di vita alla nascita, anche se in Sardegna si vive più a lungo, in condizioni migliori di salute della Sicilia. Nel 2022 (ultimo anno in cui l'informazione è disponibile) la speranza di vita alla nascita è pari a 82 anni nel complesso di maschi e femmine in Sardegna e 81,4 anni in Sicilia.
  È interessante, crediamo anche dal punto di vista di questa Commissione, gettare un occhio sul futuro demografico della popolazione. Non sto seguendo direttamente il testo, perché mi veniva più comodo parlare di scenari. Secondo le previsioni che l'ISTAT ha recentemente diffuso sul futuro demografico del Paese, come sapete, nel complesso la popolazione italiana è prevista in diminuzione. Una diminuzione del 4,9 per cento tra il 2022 e il 2042 che potrebbe portare la popolazione italiana dagli attuali 59 milioni a 56,1 milioni. Anche se questo fenomeno di diminuzione della popolazione investirà tutto il Paese, il Mezzogiorno è quello in cui la diminuzione sarà più significativa perché, come ho anticipato, il persistente contributo negativo della dinamica naturale è nel Mezzogiorno meno compensato dai flussi migratori e quindi questo accentua il fenomeno dello spopolamento.
  Negli anni dal 2022 al 2042 il calo sarà pari al 12 per cento, la popolazione del Mezzogiorno scenderà da 19,9 milioni attuali a 17,5 milioni. In particolare in Sicilia Pag. 6è previsto un calo da 4,8 a 4,2 milioni, in Sardegna da 1,6 a 1,3 milioni.
  Questo calo di popolazione, come sapete, si accompagna anche a importanti modificazioni nella struttura per età della popolazione che andranno ad accentuare quell'invecchiamento di cui già parlavamo.

  PRESIDENTE. Vent'anni.

  SABRINA PRATI, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ecco è importante, Presidente, che lei sottolinei i vent'anni, perché vent'anni in demografia sono veramente un battito di ciglia, è veramente niente. Per fare degli esempi che ci rendono vicino questo tema, consideriamo che attualmente l'età media alla nascita del primo figlio è intorno a trent'anni. Quindi possiamo considerare una distanza di trent'anni come il passaggio del testimone da una generazione di genitori a quella dei loro figli. Vent'anni è meno di questo, vuol dire che qualunque politica, qualunque azione – volta per esempio ad aumentare la fecondità – interessa giovani che sono tutti già nati, che frequentano ora le nostre scuole. Insomma sono veramente pochi vent'anni.
  Queste trasformazioni demografiche vanno a impattare fortemente anche sulla composizione familiare, su come saranno fatte le famiglie in generale in tutto il Paese. Andremo verso una situazione in cui le famiglie composte da una sola persona saranno sempre più numerose, anche perché questa persona sola spesso sarà una persona anziana.
  Questo fenomeno sarà ancora più accentuato negli scenari in cui – come per la Sicilia e la Sardegna – ci sono già evidenze di invecchiamento della popolazione molto accentuate.
  Passerei a dare alcune informazioni che riguardano più da vicino la sfera economica, alcune indicazioni sul PIL attuale, il PIL ai prezzi di mercato nel 2021. Entrambe le isole, come sapete, mostrano livelli nettamente più bassi rispetto al valore nazionale, ma nel caso della Sardegna il valore, quasi 22 mila euro, è più alto di quello del Sud, circa 20 mila euro; il PIL pro capite sardo è circa il 72 per cento di quello nazionale e poco più del 60 per cento del PIL pro capite del Centro-Nord. Quello siciliano, oltre 18 mila euro, si aggira intorno al 61 per cento del PIL pro capite italiano e al 52 per cento di quello del Centro-Nord.
  La distanza fra le isole è ampia anche e soprattutto rispetto ai livelli occupazionali. Il tema del mercato del lavoro, della sua dinamicità, della sua evoluzione e consistenza è un tema centrale anche per gli aspetti demografici di cui parlavamo prima. Nel 2022 in Sardegna il tasso di occupazione nella fascia di età 20-64 anni è al 58,6 per cento. Oltre 12 punti percentuali in più di quello siciliano (46,2 per cento) e più elevato di quello che si registra nel sud (51,1 per cento), ma decisamente più basso della media italiana 64,8 per cento. Il gap è ancora più accentuato se si considera la componente femminile: in Sicilia lavora una donna ogni tre nella fascia 20-64 anni, in Sardegna si arriva a una su due. Anche per il tasso di occupazione dei giovani tra 15 e 29 anni, che in Italia al 33,8 per cento, il valore osservato in Sicilia è del 20,7 più basso di quello osservato in Sardegna 26,7 per cento.
  Ecco, dopo questo necessario, veramente molto sintetico sguardo ad alcune evidenze del contesto demografico e socioeconomico, entrerei più nel merito di alcuni risultati che vengono dal sistema di indicatori del benessere. Inizierei con alcuni indicatori che misurano aspetti di rilievo dei servizi sanitari e della salute. I servizi sanitari sono caratterizzati, come noto, da differenze territoriali rilevanti in tutto il Paese. Considerando le dotazioni di posti letto e personale medico infermieristico emerge una condizione non omogenea fra le due isole. Nel 2021 in Sardegna sono disponibili 33 posti letto ogni 10 mila abitanti – un livello leggermente maggiore rispetto al dato medio del Sud e dell'Italia – mentre in Sicilia si arriva a 31,2 posti. Per le specialità a elevata assistenza c'è invece un'inversione di tendenza. È proprio Pag. 7la Sicilia con 4,3 posti per 10 mila residenti a mostrare dotazioni superiori rispetto alla Sardegna.
  Nel 2022 il numero di medici specialisti per 1000 abitanti si attesta su valori superiori a quelli osservati per l'Italia e il Sud, in entrambe le isole, con un vantaggio della Sardegna rispetto alla Sicilia. Il contrario invece avviene quando si considera la quota di medici di medicina generale con più di 1.500 assistiti, che in Sicilia è più ridotta. Queste informazioni sono interessanti se lette a corredo con un importante indicatore che analizziamo nel BES, quello che misura la mobilità ospedaliera, perché possiamo immaginare che la condizione di insularità vada a impattare negativamente sulla possibilità per i cittadini di recarsi fuori dalla regione per avere cure specialistiche.
  Sappiamo infatti che la mobilità ospedaliera è soprattutto determinata dalla diversa capacità dei sistemi sanitari regionali di rispondere ai bisogni di cura dei cittadini residenti e solo in parte dovuta a scelte di preferenza personale dei cittadini. Ecco, nel 2021 le dimissioni ospedaliere in regime ordinario per eventi acuti effettuate in regioni diverse da quelle di residenza sono il 7,8 per cento a livello medio nazionale. I due sistemi sanitari regionali delle Isole maggiori registrano invece tassi minori di emigrazione ospedaliera in altra regione. Nel 2021 il tasso di emigrazione ospedaliera in altra regione è pari al 6,2 per cento in Sicilia e al 5,5 per cento in Sardegna.
  Questo dato è interessante anche se letto insieme a quello della quota di persone che rinunciano a cure sanitarie, che è un'informazione che noi rileviamo attraverso le nostre indagini nelle Isole maggiori.
  La quota di persone che rinunciano alle cure socio sanitarie è elevata. Nel 2022 l'indicatore relativo alle rinunce per motivi diversi, che vanno da motivi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio, incluse le lunghe liste d'attesa, per esempio, raggiunge il suo massimo proprio in Sardegna dove arriva al 12,3 per cento della popolazione. In Sicilia, nonostante sia molto più basso, il 7,2 per cento, supera comunque la media nazionale e del Sud che sono rispettivamente del 7 del 6,2 per cento.
  Un altro indicatore del sistema BES, che è interessante per valutare situazioni di particolare criticità relativi alla salute della popolazione, è quello della mortalità evitabile. Nell'indicatore di mortalità evitabile si misurano i decessi che potrebbero essere significativamente ridotti grazie alla diffusione di stili di vita più salutari, alla riduzione di fattori di rischio ambientali, nonché grazie a un'assistenza sanitaria adeguata e accessibile. Nel 2020 in Sicilia 18,8 decessi di persone in età compresa tra 0 e 74 anni per 10 mila abitanti, sono avvenuti per queste cause: 2,2 decessi in più ogni 10 mila abitanti rispetto al valore italiano. In Sardegna il tasso è al 17,7 per 10 mila. L'indicatore, come dicevo, è interpretabile come una upcome del funzionamento del sistema nazionale. Può essere comunque scisso in due componenti, in modo da comprendere quanta parte di questa mortalità evitabile poteva essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica, e quella invece trattabile che poteva essere evitata grazie a un'assistenza sanitaria tempestiva ed efficace, inclusa la prevenzione secondaria e i vari trattamenti.
  Con riferimento a questa composizione si osserva un tasso di decessi per cause trattabili maggiore in Sicilia rispetto alle medie di confronto e alla Sardegna. Per quest'ultima invece, il valore è più basso di quello del Sud e in linea con la media Italia. Il dato sardo sulla mortalità prevedibile invece è più critico rispetto alle medie di confronto.
  Tra gli altri domini che potevamo considerare, nell'ambito del degli indicatori del benessere, ci è sembrato che potesse essere di particolare importanza per la Commissione il dominio istruzione e formazione. Com'è noto, l'Italia presenta una situazione di svantaggio, rispetto alla media europea, per molti indicatori sui livelli di istruzione e sul capitale umano che si associano ad elevati tassi di abbandono degli studi e di giovani che non sono inclusi in percorsi lavorativi e/o di studio o di formazione Pag. 8NEET (Not [engaged] in Education, Employment or Training).
  In questo scenario si conferma una condizione particolarmente sfavorevole al Sud e ancora di più nelle isole, seppure con intensità diverse. Seguendo le tappe che scandiscono l'inserimento nei percorsi di istruzione, a partire dalle età più giovani, la Sardegna mostra una condizione migliore di quella della Sicilia. Un primo gap di rilievo riguarda la quota di bambini tra 0 e 2 anni iscritti al nido. Nel 2021 si attesta in Sardegna al 37,3 per cento dei bambini a fronte di un valore del 24,2 per cento in Sicilia. I punti percentuali che separano le due isole sono oltre 13 e il dato sardo è più alto anche in confronto alla media Italia del 29,5 per cento. Nello stesso anno anche la partecipazione al sistema scolastico dei bambini di quattro-cinque anni in Sardegna è più alta che in Sicilia. Entrambe le isole mostrano livelli più alti del valore medio italiano.
  Passando a considerare invece la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma, questa è più bassa nelle isole sia in confronto al dato medio nazionale (63 per cento) sia a quello del Sud (55,8 per cento). La Sardegna si attesta a un 54 per cento superando la Sicilia che sta al 52,4.
  La quota di persone, infine, di 30-34 anni con un titolo terziario (quindi laurea o più della laurea) mostra risultati analoghi. Entrambe le isole sono su livelli più bassi della media nazionale che è al 27,4 per cento, ma in Sardegna, 22,1 per cento, la quota è più alta che in Sicilia che si ferma al 17,8 per cento. Come l'ISTAT ha messo più volte in luce, da ultimo anche in occasione dell'ultimo rapporto annuale, una leva su cui agire per colmare i divari del Mezzogiorno è proprio la valorizzazione del capitale umano. Il contrasto all'abbandono scolastico, alla fuoriuscita di giovani dal mondo dell'istruzione e della formazione, rappresenta una emergenza nel caso della Sicilia, dove le persone di 18-24 anni fuoriuscite precocemente dal sistema di istruzione e formazione sono il 18,8 per cento nel 2022. Questo significa che sono persone che in questa fascia di età hanno conseguito al massimo il diploma di licenza media. È il dato più alto in Italia, è il doppio del target fissato a livello europeo del 9 per cento. In Sardegna questo valore è del 14,7 per cento, in entrambi i casi appunto questi livelli sono superiori alla media nazionale.
  Nello stesso anno divari ancora maggiori si rilevano per la quota di giovani 15-29 anni che non lavorano e non studiano. In Sicilia è la più alta d'Europa, oltre 32 giovani siciliani su 100 in questa fascia di età sono in questa condizione contro il 19 per cento a livello media Italia e il 26,9 per cento del Sud. Questa quota è del 21,4 per cento in Sardegna.
  In Sicilia, inoltre, la percentuale di studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado con competenze sufficienti supera il valore italiano di 18,1 punti per le competenze numeriche, di quasi 13 punti per quelle alfabetiche. In Sardegna le stesse quote sono pari al 55 per cento per la matematica e al 44 per cento per l'italiano, leggermente più bassa del Mezzogiorno. Questo indicatore è molto importante perché va letto insieme al dato di chi possiede almeno il titolo di studio di licenza media e, considerata la dispersione scolastica palese, questa la possiamo considerare una sorta di dispersione scolastica implicita, perché di fatto si arriva a conseguire un certo titolo di studio, ma non se ne hanno le competenze minime di base che a quel titolo di studio dovrebbero essere associate.
  A questi risultati corrisponde la difficoltà del Mezzogiorno nell'attrarre e trattenere i giovani e in particolare quelli più qualificati, come mostrano tutte le analisi che vengono condotte sulla mobilità dei laureati italiani nella fascia di età 25-39 anni. Nel 2021 si registra un saldo nazionale negativo con una perdita verso l'estero di 2,7 laureati (di 25-39 anni) ogni 1000 residenti di pari età e livello di istruzione. Confrontando i dati a livello subnazionale quindi vuol dire che (quando andiamo a livello subnazionale) a queste mobilità con l'estero si aggiunge anche la mobilità interna che porta i giovani dalle regioni del Mezzogiorno a spostarsi verso il Centro e verso il Nord.Pag. 9
  Il bilancio si chiude con forti perdite per il Sud in generale e quello delle Isole maggiori in negativo con un tasso del meno 11,8 per mille in Sardegna e un saldo ancora più consistente, meno 23,5 per mille, in Sicilia. Quindi alle difficoltà di formare adeguatamente sia in termini numerici che qualitativi i giovani, si somma questo fenomeno importante di emigrazione delle persone che hanno acquisito le maggiori competenze.

  PRESIDENTE. Perdoni, giusto per capire. Il meno 57 laureati ogni mille abitanti comprende i 12 laureati in meno per mille in Sardegna e i 23 in meno per la Sicilia. Quindi vuol dire che su 57 laureati che emigrano dal sud, per andare all'estero, 35 sostanzialmente sono tra Sicilia e Sardegna. I due terzi, il 60 per cento di quelli che vanno via, sono di Sicilia e Sardegna. Va letto così questo dato.

  SABRINA PRATI, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. No, perché il Sud non comprende Sicilia e Sardegna.

  PRESIDENTE. Quindi comunque tutto il Sud allora ne perde il 57. Le due isole che rappresentano una quota ne perdono almeno 35. Benissimo, grazie.

  SABRINA PRATI, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In questa panoramica un po' a macchia di leopardo su diversi argomenti, tanto appunto come dicevo, per dare un'idea in questo tipo di lettura delle potenzialità che può offrire per i lavori della Commissione, abbiamo considerato alcuni indicatori della qualità dei servizi.
  Un tema importante per tutto il Paese, ma anche e soprattutto per le isole, è quello dell'efficienza delle reti idriche, anche in ragione della continua maggiore esposizione al rischio di siccità e desertificazione legate ai cambiamenti climatici. Noi sprechiamo tantissima acqua, questo è noto a livello generale come Paese. Nel 2020 la dispersione di acqua potabile dalle reti di distribuzione dei comuni isolani è pari al 52,5 per cento dell'acqua immessa nella rete in Sicilia, al 51,3 per cento in Sardegna, superiore alla media nazionale del 42,2 per cento.
  Nel 2022 in Sicilia il 32,6 per cento delle famiglie ha denunciato inoltre irregolarità nella distribuzione dell'acqua, oltre a un triplo di quanto avviene a livello medio generale, mentre in Sardegna sono il 10,7 per cento delle famiglie che hanno avuto questo tipo di problemi.
  Un altro aspetto che abbiamo pensato potesse essere interessante riguarda la produzione di energia, la transizione alle energie rinnovabili.
  La Sicilia mostra uno svantaggio rispetto alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili molto evidente sia rispetto al resto del Sud – nel 2021 l'indicatore si ferma al 28 per cento dell'energia elettrica consumata – in Italia questo indicatore invece arriva al 35,1 per cento in media. In Sardegna la produzione da rinnovabili invece è più alta, ma questo è noto anche per la mancanza di gas metano. Su questi divari va detto, rispetto al resto dell'Italia, che pesa molto il fatto che in queste regioni non si può attingere alle fonti idroelettriche che rappresentano una parte importante delle rinnovabili in altre aree del Paese.
  Ma è sul fronte della dotazione di infrastrutture di trasporto che, com'è noto, le due isole presentano enormi svantaggi. Considerando congiuntamente la densità delle reti di trasporto ferroviaria e stradale, in termini di chilometri di estensione per 100 chilometri quadrati di superficie, la Sicilia appare quella con una maggiore infrastrutturazione in termini di strade e ferrovie rispetto alla Sardegna.
  Nel 2020 in Sicilia si registrano 5,3 chilometri di rete ferroviaria ogni 100 chilometri quadrati di superficie, un valore che è in linea con quello nazionale del Sud e più alto di quello sardo che invece si Pag. 10ferma a 1,8 per cento chilometri quadrati. Tuttavia le dotazioni non rappresentano di per sé un indicatore di qualità.

  PRESIDENTE. Abbiamo problemi con l'impianto audio. Sospendiamo per cinque minuti la seduta così verifichiamo questa problematica.

  La seduta, sospesa alle 14.40, è ripresa alle 14.45.

  PRESIDENTE. Ci scusiamo per l'inconveniente, soprattutto con la dottoressa, riprendiamo da dove aveva interrotto. Prego.

  SABRINA PRATI, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dunque proseguo con altre informazioni che riguardano le disparità di accesso ad alcuni servizi di base. Abbiamo preso in considerazione, per esempio, la quota di famiglie che dichiarano difficoltà mediamente alta o molto alta a raggiungere alcuni servizi. In generale si rileva un quadro di maggiore difficoltà in Sicilia rispetto alla Sardegna. In particolare solo l'8,1 per cento delle famiglie sarde dichiara di avere difficoltà nel raggiungere le farmacie sul territorio, mentre questa quota raggiunge il 20,4 per cento, contro il 14 per cento della media nazionale, in Sicilia.
  Denunciano difficoltà a raggiungere un Pronto soccorso il 43,9 per cento delle famiglie sarde rispetto al 55,3 per cento di quelle siciliane, ma la media italiana è molto alta, circa il 50 per cento. Altri servizi invece denotano minori difficoltà, come il servizio reso da Polizia e Carabinieri.
  Tra i servizi di pubblica utilità livelli di accesso e tempi di attesa del servizio sono anch'essi molto diversificati. Per esempio, abbiamo preso in considerazione le persone di 18 anni e più che si sono recate nell'anno 2022 presso una ASL. In Italia questo fenomeno ha riguardato poco meno del 40 per cento degli abitanti, nelle isole la situazione è molto differenziata. In Sicilia si è recato presso una ASL almeno una volta nel corso del 2022 il 29,8 per cento degli utenti, in Sardegna il 39,1. Gli utenti però che si sono recati in questi servizi lamentano spesso tempi di attesa ben superiori ai 20 minuti, con valori più elevati nel Sud e nelle isole. In Sardegna i valori sono leggermente inferiori a quelli del Sud e sono lamentati tempi lunghi di attesa dal 64,8 per cento del delle persone che ne hanno usufruito, dal 60 per cento in Sicilia.
  Ancora alcune indicazioni che riguardano le difficoltà di collegamento e la soddisfazione per i servizi di trasporto. L'indagine «Aspetti della vita quotidiana» ci permette di valutare queste valutazioni fatte dai cittadini a livello regionale. Ecco, nel 2022 poco più del 30 per cento delle famiglie italiane lamenta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici nella zona di residenza. Il disagio aumenta nelle regioni del Sud, sono il 41,7 per cento dei cittadini a lamentare queste difficoltà. Nelle Isole maggiori ci sono situazioni diverse, la Sicilia con il 37,5 per cento di famiglie che dichiara difficoltà di collegamento con i mezzi, si colloca tra le regioni in cui il problema dell'accessibilità dei servizi è più avvertito. Migliore è la situazione della Sardegna, dove soltanto una famiglia su quattro lamenta le stesse difficoltà, dato che avvicina la regione sarda alle regioni che hanno minore svantaggio da questo punto di vista.
  Per quel che riguarda l'utilizzo dei servizi, i dati mostrano però che la quota di utenti dei mezzi è molto diversa in Sicilia e in Sardegna rispetto alla media nazionale, così come è diversa tra le due isole la valutazione sulla qualità dei servizi di trasporto. Decisamente peggiore in Sicilia, rispetto alla media nazionale, più spesso in linea col dato nazionale e in alcuni casi migliore, in Sardegna. L'utenza del treno – ovviamente dipende dalla disponibilità del mezzo – è molto vario tra le due regioni, ma soprattutto gli utenti lamentano grosse difficoltà relative alla frequenza delle corse, alla velocità delle corse e, in alcuni casi, anche al costo del servizio, con livelli di insoddisfazione generalmente molto più elevati nelle isole rispetto al resto del Paese. In Pag. 11generale il giudizio sulla qualità del servizio ferroviario è decisamente peggiore nelle isole.
  La qualità del trasporto pubblico urbano è considerata nel complesso meno soddisfacente rispetto a quella di altri servizi di trasporto e raggiunge i livelli più bassi in Sicilia, che si colloca in fondo alla graduatoria delle regioni per livello di gradimento rispetto a tutti gli aspetti che sono stati considerati. Ben oltre il 60 per cento degli utenti si dichiara insoddisfatto per la comodità di attesa alle fermate, la pulizia delle vetture, il costo del biglietto; oltre il 50 per cento valuta negativamente tutti gli aspetti del servizio ad esclusione della velocità delle corse e con differenze nette rispetto sia alla media nazionale, sia al Sud. Un po' più positivi i giudizi espressi in Sardegna, dove un aspetto considerato problematico dalla maggior parte dei residenti è la comodità di attesa alle fermate, il 50 per cento sono insoddisfatti, pullman e corriere per il trasporto extra urbano sono stati utilizzati almeno una volta da poco più del 10 per cento dei residenti siciliani di almeno 14 anni di età in un anno, in Sardegna dal 15,7 per cento.
  Questo è un dato in linea col dato nazionale e del Sud, anche in questo caso la valutazione però della qualità del servizio, in entrambe le isole, è peggiore rispetto alla media nazionale, di nuovo per la comodità di attesa alle fermate e anche su altri aspetti che riguardano soprattutto la possibilità di un collegamento con altri comuni che è ritenuta peggiore rispetto ad altri territori del Paese.
  Con questa panoramica che viene dal sistema BES mi fermo qui. Abbiamo allegato alla relazione due corposi approfondimenti che riguardano nello specifico la Sicilia e la Sardegna e siamo a disposizione, qualora aveste domande e curiosità anche successivamente, a rispondere alle vostre esigenze.
  Per questa relazione volevo invece dare alcune evidenze in merito ad alcuni aspetti economici del sistema produttivo e di impresa. Secondo il sistema informativo Frame SBS territoriale, i cui ultimi dati purtroppo sono relativi all'anno 2020, il 19,3 per cento del valore aggiunto di industria e servizi nel Mezzogiorno è realizzato in Sicilia. La Sardegna ha un peso economico minore con un valore pari all'8,1 per cento. Queste incidenze si riducono se si considera il solo comparto industriale, rispettivamente al 16,1 per cento e al 6,9. Nel complesso, la produttività nominale del lavoro nelle Isole maggiori, misurata dal valore aggiunto per addetto, è pari a 29,9 mila euro in Sicilia e 30,8 mila euro in Sardegna. Valore inferiore sia al dato medio nazionale, 44,5 mila euro, sia a quello del Mezzogiorno 31,8. Inoltre sulla base delle informazioni che possiamo desumere dal Sistema integrato lavoratori occupati indipendenti, nelle Isole maggiori il numero di imprenditori ogni mille abitanti è inferiore al valore medio nazionale, 143,8 imprenditori per 1000 abitanti nel 2021. La Sardegna presenta un indice di densità pari a 125, che è più elevato dei 103 della Sicilia.
  In Sardegna questi indicatori differiscono a livello provinciale e vi abbiamo fornito alcune informazioni anche al dettaglio provinciale. Nelle isole, e più in generale nel Mezzogiorno, la percentuale di imprenditori che hanno avviato un'attività nei settori ad alto contenuto tecnologico e conoscitivo, si attesta su valori tra i 5 e 7 punti percentuali, inferiori rispetto alla media nazionale che è del 30,8 per cento. Alcuni di questi indicatori, riferiti per esempio alla città di Palermo, ci parlano del 26,1 per cento di imprenditori che hanno avviato un'attività ad alto contenuto tecnologico e conoscitivo, al 25,4 per cento per Sassari, al 31,5 per cento per Cagliari. Questo indicatore è importante perché sappiamo essere associato a importanti sviluppi in termini evolutivi e di produttività del settore.
  Evidenti divari si registrano anche per la percentuale di imprenditrici, che è pari in Sardegna al 31,1 per cento – più alta rispetto al Mezzogiorno e alla media nazionale – mentre in Sicilia questa quota scende al 28,7 per cento. Rispetto al dato medio nazionale la presenza di imprenditori stranieri, che è l'8 per cento a livello medio nazionale, risulta decisamente più contenuta nel Mezzogiorno, 4,9 per cento. Pag. 12In Sicilia la quota imprenditoriale straniera si attesta al 4,6 per cento – la quota più elevata si registra nella provincia di Agrigento – e la Sardegna registra una percentuale di imprenditori stranieri pari al 4,3 per cento.
  Un dato positivo è che gli imprenditori siciliani sono mediamente più giovani in confronto al dato medio nazionale, 11,4 per cento e di ripartizione. Il 14,4 per cento ha infatti meno di 35 anni, una quota che supera il 15 per cento in alcune province come Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Enna. In Sardegna gli imprenditori under 35 rappresentano il 10,4 per cento degli imprenditori, Nuoro è la provincia con la quota di imprenditori più alta, 11,5 per cento.
  Il 27,2 per cento degli imprenditori siciliani possiede almeno una laurea triennale, un valore pressoché simile a quello medio nazionale e del Mezzogiorno. In Sardegna si registra una quota di imprenditori laureati pari al 24,7 per cento, la provincia con imprenditori più istruiti è Cagliari il 33,1 per cento.
  La seconda edizione della rilevazione multiscopo sulle imprese, i cui primi risultati sono stati presentati proprio nel novembre scorso, offre alcune interessanti indicazioni sui principali ostacoli alla capacità competitiva riscontrate dalle unità economiche nel corso del 2022 e sulle potenziali specificità rilevate dalle regioni meridionali.
  Per le imprese del Mezzogiorno i divari maggiori con i valori medi nazionali si osservano per la mancanza di risorse finanziarie. Il 28 per cento delle imprese dichiara la presenza di tale ostacolo contro il 23,7 per cento del totale delle imprese italiane. Il contesto socio ambientale poco favorevole denunciato dal 21,2 per cento nelle imprese del meridione rispetto al 17,2 per cento della media Italia e la carenza di infrastrutture, 5,6 per cento nel Mezzogiorno e 3,3 per cento nella media Italia. Al lordo delle diverse caratteristiche strutturali delle regioni insulari, Sicilia e Sardegna risultano allineate al resto del Mezzogiorno, con maggior difficoltà riscontrate a causa del deficit infrastrutturale. La difficoltà nel reperire personale, in generale e di tipo qualificato, sembra colpire soprattutto le imprese sarde.
  Un quesito della rilevazione multiscopo ha chiesto anche di indicare le principali difficoltà incontrate nell'avviare relazioni con altre imprese o enti, nel corso dell'anno 2022. La ridotta dimensione aziendale, che costituisce la causa più diffusa sia in Italia sia nel complesso del Mezzogiorno, è indicata dall'11,3 per cento delle imprese sarde e dal 7,7 per cento di quelle siciliane. Le difficoltà legate alla localizzazione dell'impresa assumono un peso particolarmente rilevante per le aziende sarde, con una percentuale più che doppia rispetto al dato nazionale.
  Il 7,8 per cento delle imprese in Sardegna dichiara di avere difficoltà nell'avvio di relazioni con altre imprese o enti legata a questa motivazione, contro il 3,6 per cento in Italia, il 5,3 del Mezzogiorno e il 5,6 della Sicilia.
  Presidente, mi fermerei qua. Nella relazione che abbiamo inviato trovate anche alcune caratteristiche dell'impatto del turismo sulle Isole maggiori.

  PRESIDENTE. La relazione è assolutamente stimolante. Mi sembra che ci siano dati molto importanti, peraltro saranno tutti pubblicati in allegato al resoconto stenografico e messi a disposizione di tutti i Commissari.
  Quindi intanto la ringrazio. Non so se ci sono da parte dei colleghi collegati delle domande o delle richieste di approfondimento, immagino di sì. Tuttavia ci sono certamente una quantità di dati che andrebbero metabolizzati e su cui avviare una riflessione.
  Intanto a me viene in mente un elemento che prevale sugli altri, cioè le isole soffrono di più del resto del Mezzogiorno e di più del resto d'Italia. Questo elemento vale per le infrastrutture, vale per la soddisfazione rispetto ai servizi, vale per la maggioranza delle dotazioni anche sociali, ovvero l'effetto che si ha sulle persone in termini di istruzione, per esempio.
  Non credo a una distinzione sulla qualità intellettuale dei sardi o dei siciliani rispetto al resto d'Italia, però il fatto che Pag. 13esista un così basso livello di istruzione, peraltro avendo livelli alti nella pre-istruzione scolastica perché Sardegna e Sicilia hanno livelli elevati sia nei nidi, in particolare la Sardegna, ma poi aumentano entrambi invece sul quarto e quinto anno che è la scuola materna, così si chiamava perlomeno quando ero giovane. Ciò significa che il percorso pre scolastico non ha delle condizioni negative rispetto al resto d'Italia. Invece quello che succede è che dopo i 14 anni si ha una dispersione scolastica elevata, elevatissima in Sicilia, e poi un effetto drammatico sulle competenze del Programme for International Student Assessment OCSE-PISA, sia quelle linguistiche che quelle di italiano e di matematica e quindi, alla fine, la carenza logico-matematica. È evidente che c'è un tema di influenza durante il periodo scolastico, probabilmente legato alle infrastrutture di accesso alle scuole perché le scuole ci sono per tutti, a qualcosa che andrebbe esaminato, che poi porta Sicilia e Sardegna ad avere una condizione di disagio evidentemente maggiore rispetto al resto.
  In questa Commissione si è fatta una lunga discussione su quale fosse alla fine il risultato al quale arrivare e ci siamo detti che un tema fondamentale è dimostrare scientificamente un divario tra le Isole maggiori sicuramente, poi andiamo su quelle minori, e il resto del sistema continentale.
  C'è un dato che alla fine lei ha detto, l'ultimo che riguarda il tema imprenditoriale, ovvero la capacità di connessione con le altre imprese. Questo è un altro degli effetti dell'insularità, e tra l'altro maggiore in Sardegna che in Sicilia, che indica il fatto che la dimensione della popolazione costituisce un effetto sulla capacità di connessione delle imprese e sulla capacità di fare sistema, rispetto alla dimensione della popolazione. Quindi quando cerchiamo degli elementi quasi scientifici, che poi possono essere un elemento sul quale confrontarci con le istituzioni nazionali ed europee rispetto a un disagio che deve essere colmato in termini di infrastrutture sociali e civili e di regole differenti per colmare questo gap, ci date un quadro che sembra confermare in tutto una differenza insulare, anche all'interno della dimensione delle isole.
  L'unico elemento che vedo di positivo, al di là dell'effetto dell'età e del fatto che abbiamo una longevità elevata (perché l'età media non è un elemento di favore ma la longevità c'è) è il fatto che mi pare di aver visto – non so se confermate anche voi – che le infrastrutture sanitarie in Sardegna siano più elevate. Ma, nonostante la quantità di posti letto maggiore, gli effetti sulla qualità della salute non sono migliori. Come dire che quelle infrastrutture colmano una differenza che sarebbe ancora peggiore se non ci fossero e se fossero sulla media del Paese o addirittura del Mezzogiorno. Ecco, però sono osservazioni generali, non so se qualche collega ha qualche domanda specifica. È evidente che dobbiamo riflettere su come sistematizzare queste proposte, su come leggere i due volumi sul BES che ci avete donato ed è un un dono molto gradito perché diventano le basi scientifiche su cui lavoriamo come Commissione. Temo che dovremo rivederci. Adesso vediamo se i colleghi, Ghirra e Meloni in particolare, hanno qualcosa da chiedere all'ISTAT o qualche domanda di chiarimento ulteriore, altrimenti ci fermiamo qui, ringraziando i nostri ospiti. Prego, onorevole Ghirra.

  FRANCESCA GHIRRA. Buongiorno Presidente. Buongiorno alla nostra ospite e grazie per questa dettagliata relazione. Mi scuso perché non avevo ricevuto il documento e quindi stavo cercando di guardarlo mentre lei parlava. Mi ripropongo di esaminarlo con più attenzione e quindi invito il Presidente eventualmente a poter formalizzare un dossier di risposta o eventualmente poterla riavere in Commissione per analizzare nello specifico alcune tematiche che sono emerse oggi. Credo che questa, come diceva il Presidente, sia una base scientifica di rilievo su cui fare delle riflessioni e delle proposte normative per superare gli svantaggi dell'insularità che caratterizzano la Sardegna e la Sicilia. Mi riservo di fare domande in un tempo successivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Senatore Meloni, prego.

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  MARCO MELONI. Anch'io semplicemente per ringraziare, perché è stato un intervento molto interessante e associarmi a quello che diceva la collega Ghirra, nel senso che vorrei studiare nel dettaglio quanto è contenuto nei documenti che ci avete trasmesso qualche decina di minuti fa.
  Se potessimo avere nuovamente la vostra disponibilità, certamente può essere utile fare, in qualche misura, se non un dibattito, perlomeno un confronto avendo a disposizione qualche elemento in più e un minimo di tempo per conoscere meglio e studiare meglio il contenuto della relazione.
  Quindi sono intervenuto essenzialmente per salutarla e ringraziarvi per la per la presenza anche da parte mia – come fanno certamente tutti i colleghi – e per rimandare ad una prossima occasione una possibilità di confronto più compiuto. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie senatore. Io non ho altre richieste per cui mi fermerei qui, nel senso che ringrazio la dottoressa Prati e i colleghi che l'hanno accompagnata che sono sicuramente con lei autori di questo prezioso dossier.
  Proporrò in Ufficio di presidenza, chiudendo questa seduta, che ci ritroviamo per una seduta quasi seminariale, perché mi pare che siamo di fronte a dati che per noi è importante strutturare, in modo che anche il percorso di approfondimento con altre audizioni, possa essere supportato nei quesiti che poniamo (anche alle diverse parti dello Stato) dall'utilizzo dei dati che ci date e che sono notevolmente recenti. Stiamo parlando di dati del 2022 sostanzialmente, forse solo una parte dell'indagine che riguarda le imprese è precedente, comunque stiamo sempre parlando di questi ultimi due anni di lavoro.
  Quindi dichiarerei conclusa l'audizione. Ringraziamo i nostri ospiti per la partecipazione a questa nostra indagine conoscitiva e ci rivedremo sicuramente presto. Grazie ancora per il lavoro che avete fatto.

  La seduta termina alle 15.10.

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ALLEGATO 1

Testo integrale dell'intervento della dott.ssa Sabrina Prati, Direttore della Direzione centrale per l'analisi e la valorizzazione nell'area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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ALLEGATO 2

Documentazione depositata dall'ISTAT.

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ALLEGATO 3

Documentazione depositata dall'ISTAT.

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