XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULLA POLITICA ESTERA PER L'INDO-PACIFICO

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Giovedì 14 dicembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Formentini Paolo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROIEZIONE DELL'ITALIA E DEI PAESI EUROPEI NELL'INDO-PACIFICO
Formentini Paolo , Presidente ... 2 
Lamperti Lorenzo , giornalista ... 2 
Formentini Paolo , Presidente ... 6 
Porta Fabio (PD-IDP)  ... 6 
Formentini Paolo , Presidente ... 7 
Lamperti Lorenzo , giornalista ... 7 
Formentini Paolo , Presidente ... 8 
Tirelli Franco (NM(N-C-U-I)-M)  ... 8 
Formentini Paolo , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Lorenzo Lamperti, giornalista.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative alla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-Pacifico, l'audizione di Lorenzo Lamperti.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor Lamperti che, tra le altre cose, è direttore editoriale di China Files, piattaforma on line che pubblica anche un mensile incentrato su Cina e Asia, nonché coordinatore editoriale dell'Associazione Italia-ASEAN, che ha l'obiettivo di rafforzare il dialogo, la conoscenza e gli scambi tra il nostro Paese e i partner del Sud-Est asiatico.
  Considerati i tempi stretti, do subito la parola al dottor Lamperti affinché possa svolgere il proprio intervento.

  LORENZO LAMPERTI, giornalista. Ringrazio dell'invito, ovviamente. Mi scuso se ripeterò cose che sono già state dette nelle precedenti audizioni, cercherò di essere abbastanza sintetico per lasciare spazio ad eventuali domande.
  Intanto mi trovo molto d'accordo con l'incipit del programma dell'indagine, che dice appunto che non ci si può dimenticare del ri-orientamento generale delle priorità verso la regione dell'Asia-Pacifico, nonostante la guerra all'Ucraina.
  Anzi, devo dire che stando in Asia regolarmente – mi trovo in Italia un po' per caso – più che un ri-orientamento delle priorità c'è un processo in corso già da molto tempo; anche con l'inizio della guerra in Ucraina, vari attori hanno dato dei segnali sulle priorità strategiche che stanno in quell'area: mi riferisco, per esempio, a numerosi viaggi e visite di componenti del Governo, dell'Amministrazione degli Stati Uniti nei Paesi asiatici subito dopo la guerra in Ucraina, e da lì in poi ancora fino ad oggi.
  Però nell'area ci sono ovviamente interessi variegati che sfuggono un po' alla logica di confronto tra blocchi, questa è una cosa che secondo me bisogna sempre tenere presente.
  Ci sono processi che erano già in corso prima, con la pandemia – mi riferisco in questo caso alla riorganizzazione delle catene di approvvigionamento – e poi con la stessa guerra in Ucraina – e mi riferisco invece qui più ad interessi strategici –, questi processi che erano già in corso in precedenza hanno preso maggiore velocità con questi due grandi eventi che ci hanno interessato a livello globale. Perché, da una parte, ovviamente, gli Stati Uniti hanno più interesse a mostrare presenza, a dare rassicurazione ad alleati e partner nell'area, dall'altra parte, anche la Cina, allo stesso modo, ha interesse a mostrare i propri interessi strategici nell'area.Pag. 3
  Quindi erano cose già in programma, dopo le incertezze degli anni precedenti: con incertezze mi riferisco ad uno sfilacciamento dei rapporti fra Stati Uniti e alcuni Paesi asiatici, in particolare negli anni precedenti alla pandemia.
  I fattori che hanno accelerato questi processi sono, da una parte, anche il timore di un crescente allineamento tra Cina e Russia dopo la guerra in Ucraina: mi riferisco in questo caso soprattutto alla postura di Giappone e Corea del Sud, che ha preso molta più chiarezza rispetto al passato; dall'altra, c'è anche un fattore molto più materiale di approvvigionamento di armi: qui mi riferisco in particolare ad India e Vietnam, che tradizionalmente e storicamente hanno proprio nella Russia il principale fornitore militare e chiaramente, con l'inizio della guerra in Ucraina, la possibilità di Mosca di rifornire questi due Paesi importanti nella regione asiatica è venuta parzialmente meno, quindi ha forzato sia l'India che il Vietnam a cercare alternative; ovviamente in prima fila ci sono gli Stati Uniti, ma non solo.
  Per fare un po' una breve panoramica di questi interessi variegati: il Giappone sicuramente è il Paese più convinto ed è stato il primo, sostanzialmente, che ha collegato un po' il fronte ucraino a quello asiatico. Il Premier Fumio Kiscida lo disse allo Shangri-La Dialogue – che è il principale forum sulla difesa dell'Asia-Pacifico che si tiene a Singapore ogni anno –, nel giugno 2022 disse che c'era il rischio che l'Asia-Pacifico potesse diventare la prossima Ucraina. Il Giappone sin dall'inizio si è subito mosso per rafforzare i rapporti di natura difensiva, soprattutto con gli Stati Uniti, e anche con la NATO, perché ricordiamo che sia il Premier giapponese che il Presidente sudcoreano negli ultimi due anni hanno entrambi partecipato, per la prima volta, al summit della NATO. Tra l'altro, si era anche parlato della possibilità di aprire un ufficio di collegamento della NATO a Tokyo, cosa che è stata rinviata al 2024.
  La Corea del Sud ha seguito un pochino lo stesso processo che ha vissuto il Giappone, in maniera ancora forse più sorprendente, perché la Corea del Sud ha anche un'altra grande questione, quella con la Corea del Nord. La Cina in questa relazione complicata tra le due Coree – per usare un eufemismo – ha giocato un ruolo anche di mediazione, sostanzialmente ha favorito in alcune fasi anche il dialogo fra le due Coree. Quindi il fatto che la Corea del Sud abbia assunto una postura più alla «giapponese» – possiamo dire così – sulla politica estera ha avuto come riflesso il fatto che la Cina in questo frangente è probabilmente un pochino meno disposta a cooperare con la Corea del Sud per favorire il dialogo con il Nord.
  Qui attenzione a pensare ad adottare una logica a blocchi, nel senso che non è così semplice pensare che ci sia una triade fra Russia, Cina e Corea del Nord. Anzi, a Pechino non sono probabilmente così contenti delle intemperanze di Kim Jong-un e probabilmente non sono così contenti neanche di questo grande avvicinamento che c'è stato fra Corea del Nord e Russia dopo la guerra in Ucraina. Avete visto il viaggio di Kim Jong-un, in Asia si parla molto della possibilità di Putin invece in Corea del Nord: sarebbe veramente un avvenimento storico nel prossimo futuro.
  Il cambio di passo in Corea del Sud è stato favorito anche da elementi contingenti politici, nel senso che nel 2022, poco dopo l'invasione russa, ci sono state le elezioni presidenziali in Corea del Sud e la vittoria del presidente Yoon ha cambiato nettamente la politica estera sudcoreana; questo perché tradizionalmente il Partito democratico, che era al potere fino al 2022, ha una postura più dialogante con il Nord, che si era visto negli anni precedenti che non era servita effettivamente a rilanciare davvero il dialogo fra le due Coree, a parte quella parentesi poi sfumata velocemente con gli incontri di Singapore e Hanoi alla presenza di Donald Trump. Invece, i conservatori hanno una postura meno dialogante con la Corea del Nord, quindi diciamo che sulla vicenda della guerra in Ucraina si è innestato anche un processo di politica interna che ha favorito questo cambio di postura della Corea del Sud, che ha anche avuto il timore di diventare un po' la periferia degli interessi americani in Asia orientale. Questa è una cosa che diversi analisti sudcoreani hanno detto, il fatto di mostrare a loro volta agli Stati Uniti di essere pronti a rafforzare la partnership, e così è Pag. 4stato fatto. Addirittura talmente pronti da operare un disgelo col Giappone, perché ricorderete che c'era stata una guerra commerciale negli ultimi anni fra Giappone e Corea del Sud, per questioni storiche che adesso non abbiamo il tempo di approfondire. Ma lo scorso marzo il Presidente Yoon ha rinunciato sostanzialmente a chiedere dei risarcimenti per le vittime di abusi della dominazione coloniale giapponese in Corea del Sud, pur di operare il disgelo col Giappone; cosa che effettivamente poi è stata suggellata dal summit di Camp David lo scorso agosto fra Biden, Yoon e Kishida.
  Altro Paese che ha subìto dalla guerra in Ucraina una grande svolta sono le Filippine. Anche qui stesso discorso: sia guerra in Ucraina sia questione interna, perché ci sono state le elezioni nel maggio 2022 e dal Presidente precedente Duterte, che aveva una postura molto filocinese, è arrivato invece Marcos, che ha riportato un po' all'ovile statunitense la postura di Manila; ci sono stati vari accordi, apertura di basi militari filippine a truppe statunitensi nella parte settentrionale dell'arcipelago, quindi quella più vicina allo stretto di Taiwan. A questi accordi la Cina ha risposto intensificando la presenza nelle acque contese, perché sappiamo che ci sono varie dispute territoriali nel Mar Cinese meridionale; la disputa in questo momento più calda è proprio quella fra Cina e Filippine, avrete sentito sicuramente negli scorsi mesi vari episodi di confronto, navi dall'una e dall'altra parte nei pressi di questi atolli contesi nel Mar Cinese meridionale.
  In questo scenario poi ci sono Vietnam e India che hanno una postura un pochino diversa, nel senso che entrambi hanno dispute territoriali con la Cina, entrambi hanno però anche rapporti profondi con Pechino. D'altra parte, anche Giappone e Corea del Sud hanno rapporti profondi con Pechino a livello commerciale; India e Vietnam non solo a livello commerciale: l'India, come sappiamo, fa parte sia del gruppo BRICS, insieme alla Cina, sia dello SCO, che è l'Organizzazione della cooperazione di Shanghai che ha sede a Shanghai, città cinese, di cui fanno parte Cina, Russia, India e una serie di Paesi dell'Asia Centrale. Nello stesso tempo, fa parte del QUAD, che sappiamo essere un po' il primo tentativo di NATO asiatica, anche se il Ministro degli esteri cinese l'ha definita all'inizio come una «spuma marina». Effettivamente, fino ad ora, probabilmente proprio per le titubanze indiane, questo progetto è rimasto un po' sotto alle aspettative che avevano gli Stati Uniti all'inizio, proprio per questo c'è stata anche una moltiplicazione di iniziative, ad esempio AUKUS, con Regno Unito e Australia.
  Quindi sia India che Vietnam si sono effettivamente rivolte con maggiore decisione che in passato agli Stati Uniti dal punto di vista della fornitura di armi. Però, anche qui, attenzione a pensare che siano Paesi pronti ad essere «arruolati», anche perché poi siamo sempre più attenti – come forse è normale che sia – a quello che succede in ambito occidentale. Mi riferisco, per esempio, a quello che è successo in questi giorni: c'è stata una visita di Xi Jinping, il Presidente cinese, in Vietnam, di cui probabilmente noi abbiamo parlato poco, ne abbiamo invece parlato tanto tre mesi fa quando c'è stato Joe Biden in Vietnam; sembrava che improvvisamente il Vietnam si scoprisse quasi un alleato degli Stati Uniti.
  La realtà ovviamente è un pochino più complessa, i rapporti sono più variegati e sfaccettati di così, quindi è vero che i Paesi asiatici cercano da un certo punto di vista una tutela a livello difensivo e di sicurezza, ma dall'altro non vogliono probabilmente imbarcarsi in un confronto tra blocchi o in un confronto aperto con la Cina, quindi sono restii a partecipare ad iniziative che vengano percepite come ostili o comunque di contenimento nei confronti di Pechino.
  Su quello che può succedere attenzione anche agli sviluppi politici di questi Paesi, perché sappiamo che la postura sia della Corea del Sud sia delle Filippine dipende molto da chi c'è al Governo: nel 2027 si tornerà a votare in entrambi i Paesi, è ancora lontano però bisogna tener presente che le cose possono cambiare.
  In Giappone c'è un Governo in questo momento in forte crisi, proprio oggi è stato annunciato un rimpasto importante per uno scandalo legato al finanziamento dei partiti e lo stesso Premier Kishida non è assicurato che sia Premier ancora per molto tempo, nel Pag. 5senso che nell'autunno del 2024 il Partito liberaldemocratico, che governa quasi ininterrottamente il Giappone da decenni, ha le elezioni interne per il suo leader e questo scandalo di finanziamento dei partiti chiaramente non è un punto a favore per Kishida.
  Poi ci sono le elezioni di Taiwan, che si svolgono il 13 gennaio, quindi manca poco meno di un mese. Sono elezioni molto importanti, perché anche qui i candidati hanno posizioni veramente diverse rispetto ai rapporti con la Cina continentale. In particolare, da una parte, c'è il Partito progressista democratico, che è al potere dal 2016, il suo candidato in questo momento probabilmente è favorito perché l'opposizione va divisa con due candidati, e una sua ipotetica vittoria chiaramente proseguirebbe questo momento di tensione tra le due sponde dello Stretto; anche se c'è una piccola variazione possibile, nel senso che la figura del candidato Presidente è percepita come un pochino più radicale da Pechino, ma – devo dire – non solo da Pechino. Egli sta facendo una campagna elettorale tutta votata a dire sostanzialmente che lui è assolutamente in continuità con la Presidente uscente Tsai Ing-wen, però effettivamente in passato rilasciò dichiarazioni abbastanza forti. Insomma, è una figura probabilmente meno prevedibile rispetto invece alla Presidente Tsai.
  All'opposizione, invece – in questo momento, secondo nei sondaggi – c'è il candidato del Kuomintang, che invece è un Partito cinese a tutti gli effetti, nel senso che è il Partito che fu di Chiang Kai-shek, giusto per intenderci, ed è un partito che ha una posizione molto più dialogante con Pechino, anzi in caso di vittoria porterebbe ad un netto ribilanciamento dei rapporti di Taipei con Washington e Pechino.
  Poi abbiamo un terzo candidato – adesso non mi dilungherei troppo su questo – che anch'egli ha una posizione più dialogante rispetto alla maggioranza attuale. Quindi, rispetto agli scenari che ci possono essere, attenzione anche a quello che può succedere a livello politico all'interno dei vari Paesi.
  C'è poi un altro elemento, secondo me, da tenere in considerazione, che ha un influsso per esempio su Indonesia e Malesia, che sappiamo essere Paesi a maggioranza musulmana: è quello che sta succedendo fra Gaza e Israele in questo momento, è un punto che probabilmente porta questi Paesi a sentirsi vicini alla posizione della Cina in questo momento, bisogna tenere presente anche aspetto. Perché sappiamo che Pechino propone la soluzione dei due Stati già da tanto tempo, lo ha fatto anche subito dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e poi sulla reazione di Israele su Gaza. L'Indonesia non ha neanche rapporti diplomatici con Israele. Questi Paesi, su un'altra crisi globale che ci tocca in questo momento, si sentono più vicini alla posizione cinese.
  Altra dinamica che sta accadendo, da segnalare, secondo me è il fatto che dopo il summit di San Francisco fra Xi Jinping e Joe Biden del 15 novembre la Cina ha riavviato il dialogo con Giappone e Corea del Sud. Questo forse è un elemento che ci è un po' sfuggito, ma c'è stata una ministeriale tra i Ministri degli esteri di Pechino, Tokyo e Seul: si sono incontrati a Busan, che è la seconda città della Corea del Sud, un paio di settimane fa; è il primo incontro di questo tipo che si svolge dopo quattro anni ed è avvenuto proprio due-tre giorni dopo il lancio del primo satellite-spia da parte di Pyongyang, quindi anche il tempismo mi sembra interessante da segnalare.
  È stato stabilito che nel 2024 ci sarà il primo summit trilaterale, quindi con Xi Jinping, il Presidente sudcoreano Yoon e il Premier giapponese Kishida; ancora non c'è una data, ma ci sarà nel corso del 2024. Quindi anche questa è una dinamica che ancora una volta ci dice che la realtà è un pochino più sfaccettata di quello che ogni tanto sembra emergere e sembra appunto puntare a un confronto tra blocchi.
  Queste sono dinamiche da tenere sotto osservazione: anche questo viaggio - di cui ho parlato prima - di Xi Jinping in Vietnam, ha riaffermato sostanzialmente i rapporti tra Pechino e Hanoi, che dopo il viaggio di Biden sembrava un pochino pronta a schierarsi dalla parte degli Stati Uniti, almeno così era stato descritto. Anche perché ci sono delle dispute territoriali anche fra Cina e Vietnam e c'è una lunga storia di rapporti controversi tra i due Paesi.Pag. 6
  A livello di presenza europea, penso che questa sia ben vista nell'ottica di cui abbiamo parlato finora: per diversificare i rapporti, per avere più attori, tutta questa serie di Paesi vedono probabilmente di buon occhio una maggiore presenza europea, tenendo presente, però, che la maggior parte di questi non intendono farsi arruolare in iniziative di confronto con la Cina o con chiunque altro. Però, soprattutto a livello multilaterale – mi riferisco in questo caso all'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico, appunto l'ASEAN – anche a livello europeo penso che ci siano spazi di una maggiore collaborazione, che sia vista in maniera positiva.
  Poi, a livello di iniziative diplomatiche anche sul fronte cinese, sul piano della postura estera, giustamente si parla molto quando ci sono esercitazioni militari o manovre di vario tipo: segnalo che la Cina ha alzato un po' il tiro della presenza diplomatica mi sembra, nel senso che dopo essere stata ambigua, comunque poco compresa, sulla guerra in Ucraina, su quanto sta accadendo invece a Gaza ha assunto una posizione molto più chiara sin dall'inizio, ed è una posizione che comunque trova un riscontro verso vari Paesi.
  Qual è l'interesse principale a livello diplomatico cinese? È stato detto in tante sedi e tante volte: è quello di porsi un pochino a capofila del cosiddetto Sud globale. L'abbiamo visto in varie iniziative, per esempio sui BRICS, dove ha spinto molto per un allargamento. Sappiamo che ci sono nove Paesi che entreranno nella piattaforma dal 1° gennaio, anche se l'Argentina dopo le ultime elezioni non so esattamente come si concilino le cose. Insomma, la Cina si propone un po' come garante di stabilità verso tutta una serie di regioni, compresa quella del Medio Oriente, dei Paesi arabi e islamici, a cui la Cina si è rivolta da subito dopo gli attacchi di Hamas, ospitando a Pechino i Ministri degli esteri di sei Paesi a maggioranza musulmana, inviando un proprio rappresentante nella regione, insomma si è fatta un po' portavoce dei Paesi a maggioranza musulmana sulla questione palestinese.
  Questo è un altro elemento comunque da tener presente, cioè il fatto che anche se magari a Paesi europei o comunque occidentali può sembrare una cosa lontana o strana, in realtà anche a livello diplomatico, e non solo attraverso l'utilizzo della presenza fisica di navi o jet nel suo vicinato, la Cina ultimamente ha fatto comunque segnare dei punti a livello diplomatico presso tutta una serie di Paesi, questa è una cosa di cui bisogna tenere conto.
  Sono disponibile per le domande.

  PRESIDENTE. Se ci sono delle domande, visti i tempi stretti...Do la parola all'onorevole Porta, del PD.

  FABIO PORTA. Ringrazio il dottor Lamperti per l'esposizione completa ed interessante. Ringrazio anche il presidente, perché ci dà la possibilità di occuparci di un'area del mondo non soltanto interessante, ma centrale e strategica, e farlo in un momento in cui tra crisi in Medio Oriente e guerra in Ucraina ci distrae ulteriormente da altre aree centrali, credo che sia importante per questa Commissione.
  Volevo soltanto farle una domanda e così magari chiederle di approfondire, se vuole, un Paese che non ha toccato.
  In generale, – volevo sapere se Lei è d'accordo – su una tendenziale regressione democratica di tutta l'area negli ultimi anni, che in maniera diversa ha coinvolto anche Paesi che noi storicamente eravamo abituati a chiamare – e chiamiamo ancora oggi – come la più grande democrazia del mondo, come la stessa India, che però negli ultimi anni ha avuto un po' un rafforzamento di alcune tendenze autoritarie. Quindi non mi riferisco ai Paesi comunisti, che hanno una loro specificità che conosciamo bene – il Vietnam, la Cina, il Laos –, ma altre realtà, per esempio quella della Thailandia – della quale ci siamo anche occupati con alcune interrogazioni –, che hanno avuto una preoccupante regressione, con tutto il balletto che c'è stato dopo le ultime elezioni, anche qui il ritorno e il rafforzamento del Governo dei militari.
  Quindi Le volevo chiedere se Lei concorda con questa interpretazione, con questa tendenza, e cosa pensa rispetto all'India, in particolare al caso della Thailandia, e se Pag. 7questo in qualche maniera incide o avrà delle conseguenze rispetto al ruolo della Cina e quindi degli equilibri più generali dell'area e dei suoi rapporti anche con l'Italia e l'Europa.

  PRESIDENTE. Non c'è nessun altro collega che vuol fare domande. Ringrazierei per quanto abbiamo potuto ascoltare, l'intervento era molto ricco di spunti. Forse avremo la fortuna di ascoltare anche l'Ambasciatore italiano in Thailandia la prossima settimana e questo arricchirà ovviamente la nostra indagine conoscitiva. Grazie davvero, lo faccio prima del suo secondo intervento.
  Noi ben sappiamo che è un'area cruciale per il futuro non solo di quell'area stessa, ma delle nostre democrazie e del mondo in generale.
  Molto interessante quanto ci ha detto sulle possibili interazioni a livello geopolitico tra il conflitto in Medio Oriente e l'orientamento di questi Paesi: ne abbiamo avuto prova perché, fortunatamente, abbiamo incontrato varie delegazioni e in particolare faccio riferimento a quella indonesiana, che ci ha tenuto molto a rimarcare il sostegno alla Palestina.
  Abbiamo però incontrato più volte anche delegazioni vietnamite e, oltre a denunciare l'assertività cinese, hanno di fatto anche concordato – ma lo si accennava – con quella che è la dottrina americana del free and open Indo-Pacific.

  LORENZO LAMPERTI, giornalista. Su questo il Vietnam ha da sempre un bilanciamento molto forte, quindi era inevitabile che dopo il passo di ospitare Biden...Vedere il Presidente degli Stati Uniti entrare nella sede del Partito comunista vietnamita, magari fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile, quindi questo dà la misura di quello che diceva Lei.
  Dall'altra parte, però, il Vietnam ha tenuto subito a rassicurare la Cina, ospitando Xi Jinping, del fatto che l'avvicinamento o comunque l'elevazione dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti non corrisponderà a creare una separazione nei confronti della Cina.
  È una postura diversa quella delle Filippine, che sono state molto più assertive, stanno cercando di far rispettare quelli che ritengono essere i loro diritti sul Mar Cinese meridionale; è vero che anche il Vietnam lo sta facendo, magari in maniera un pochino più silenziosa.
  Per quanto riguarda, invece, la regressione democratica, sull'India mi sembra innegabile che negli ultimi anni ci sia stata questa tendenza. Proprio nei giorni scorsi, tra l'altro, è stata espulsa dal Parlamento un'importante deputata dell'opposizione, ci sono anche qui le elezioni in vista, con il Premier Modi che cerca un terzo mandato, che appare abbastanza scontato, però anche qui ci sono vari indicatori che ci dicono quello che ha detto giustamente Lei; nel senso di blackout elettrici, spegnimenti di internet per evitare l'organizzazione di proteste; nel 2020-2021 ci sono state varie proteste soprattutto dei contadini per la riforma agraria del Governo indiano, c'è stata la questione dell'autonomia del Kashmir che è stata revocata, proprio l'altro giorno la Corte suprema indiana ha confermato questa mossa, quindi con una minoranza musulmana che si sente ovviamente discriminata. Anche la legge sulla cittadinanza è stata riformata qualche anno fa dal Governo Modi ed è stata molto criticata anche su questi aspetti.
  Sulla Thailandia, in realtà, il risultato dopo le elezioni è stato un po' un compromesso, nel senso che sappiamo che c'è stato il golpe militare nel 2014, il potere è in mano ai militari, si è votato lo scorso maggio, il partito che era arrivato primo, che era veramente molto progressista nel suo programma, non gli è stata data la possibilità di governare per una legge elettorale piuttosto... Insomma, formare un Governo è parecchio complicato se non si ha il via libera del Senato a nomina militare. Però, c'è in questo momento un Governo comunque civile, il secondo partito arrivato alle elezioni in questo momento sta governando col placet comunque dell'establishment, ovviamente è lo stesso partito che ha subito due volte un golpe militare in passato, quindi per questo dico che comunque si tratta di un compromesso rispetto alla situazione che era precedente a maggio e poi al risultato che si è visto.
  A differenza del passato non si sono viste, però, grandi manifestazioni di massa, protestePag. 8 o quant'altro, forse a segnare anche un pochino di disillusione in questo momento nel sistema politico tailandese.
  Segnalerei sotto questi aspetti anche la vicenda del Myanmar: sappiamo che ormai sono tre anni di golpe, c'è stata tra l'altro un'escalation dei combattimenti proprio nelle scorse settimane. Perché ci sono vari gruppi etnici armati, ribelli che solitamente hanno sempre agito un po' come satelliti autonomi e che invece hanno trovato per la prima volta, alcuni di essi, una forma di coordinamento contro l'esercito golpista e questo ha messo in grande difficoltà l'esercito nelle scorse settimane. Sul Washington Post addirittura si riportavano le parole di chi diceva che il Governo militare potrebbe avere i mesi contati. Non sono abbastanza dentro le vicende birmane per poter dire se questa è un'affermazione che ha un senso, però negli scorsi giorni intanto ci sono stati degli incontri, dopo tanti scontri ci sono stati degli incontri fra il Governo centrale e alcuni degli esponenti di questi gruppi, favoriti anche qui dalla Cina, che anche in questo caso sta giocando un ruolo di mediatrice tra le parti.
  La Cina ha tantissimi interessi in Myanmar, perché oltre alle risorse minerali molto importanti che ha il Myanmar rappresenta un po' un corridoio per aggirare il cosiddetto «dilemma», lo Stretto di Malacca sostanzialmente, perché porterebbe direttamente sull'Oceano Indiano. Quindi la Cina ha interesse al fatto che in Myanmar ci sia comunque stabilità.
  Anche qui prima del golpe si era magari scritto sul ruolo della Cina: la Cina ha interesse a che il suo vicinato sia stabile, quindi io non credo che la Cina sia dietro a tentativi di colpi di stato o quant'altro, piuttosto stia dalla parte di chi pensa che possa garantire stabilità. Quindi se sarà il regime militare o se sarà una compartecipazione tra regime militare golpista e forze ribelli o quant'altro, agirà di conseguenza.

  PRESIDENTE. Grazie mille per quanto ci ha detto.
  Accennava prima all'Argentina, abbiamo anche un nostro eletto all'estero, il collega Tirelli, che magari ci vuole dare conferma della situazione geopolitica attuale. E Porta, certo, non volevo scordarmi, però guardavo Tirelli perché so che ha a cuore...Magari se può dire qualcosa sulla volontà di non aderire ai BRICS.

  FRANCO TIRELLI. Il nuovo Governo è diverso da quello precedente. L'Ambasciatore di Cina ha parlato con il Presidente e con la Ministra degli affari esteri, l'intenzione non è rifare tutto nuovo, però stanno facendo una negoziazione per continuare i lavori con la Cina, non uguale come prima e non con ingresso nei BRICS, la decisione c'è stata.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.