XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 E LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 14 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Onori Federica , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RISVOLTI GEOPOLITICI CONNESSI ALL'APPROVVIGIONAMENTO DELLE COSIDDETTE TERRE RARE

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI).
Onori Federica , Presidente ... 3 
Tajoli Lucia , rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza) ... 3 
Onori Federica , Presidente ... 4 
Gili Alessandro , rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza) ... 4 
Onori Federica , Presidente ... 5 
Tajoli Lucia , rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza) ... 5 
Onori Federica , Presidente ... 6 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 6 
Onori Federica , Presidente ... 6 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 6 
Onori Federica , Presidente ... 7 
Tajoli Lucia , rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza) ... 7 
Gili Alessandro , rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza) ... 7 
Onori Federica , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
FEDERICA ONORI

  La seduta comincia alle 11.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI).

  PRESIDENTE. L'audizione odierna reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui risvolti geopolitici connessi all'approvvigionamento delle cosiddette terre rare, l'audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI).
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la professoressa Lucia Tajoli, senior associate research fellow, e il dottor Alessandro Gili, research fellow.
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola alla professoressa Lucia Tajoli affinché svolga il suo intervento. Prego.

  LUCIA TAJOLI, rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza). Grazie. Buongiorno a tutti. Io farò una breve introduzione sul tema, ma poi se ci sono domande o richieste di chiarimento ovviamente va benissimo.
  Il tema delle terre rare è un tema di cui si discute oramai da almeno dieci anni o più, perché si tratta di una serie di elementi – raccolti nella tavola periodica degli elementi chimici – prevalentemente di metalli, che sono sempre stati utilizzati in vari processi industriali, ma svolgono un ruolo cruciale in una serie di processi produttivi di elementi di elettronica di consumo, aerospazio e, in particolare, legati al processo di transizione ecologica, nella produzione di batterie e altri elementi, per esempio delle auto elettriche.
  Quindi si tratta di materiali da sempre utilizzati, ma il cui utilizzo è cresciuto molto, in particolare almeno negli ultimi dieci anni. Si tratta di elementi che in realtà, nonostante il nome fuorviante, non sono così rari. Si tratta di elementi chimici che sono diffusi un po' in tutto il pianeta e nei terreni di tutti i Paesi del pianeta – inclusa l'Italia, peraltro –, ma che ovviamente hanno una concentrazione diversa in diverse parti del mondo.
  La difficoltà nel loro utilizzo è soprattutto legata al fatto che, pur essendo molto diffusi, sono mescolati a molti altri elementi e quindi il processo di estrazione è costoso, complesso e molto inquinante in molti casi. Tipicamente, per estrarre una tonnellata di queste cosiddette terre rare, di questi elementi, è necessario lavorare diverse migliaia di tonnellate di terreno. Quindi il processo è costoso e complesso. Questo è il motivo per cui il loro scambio a livello internazionale non è così diffuso tra tutti i Paesi anche se, come si diceva, moltissimi Paesi li posseggono, perché la Pag. 4loro estrazione è il vero punto, il vero snodo cruciale.
  Ovviamente, i Paesi con territori più grandi sono anche quelli che tendono ad averne la quantità maggiore. In termini di riserve possedute, le stime dell'Ufficio geologico statunitense valutano che la Cina abbia oltre il 40 per cento – come riserve delle terre rare del mondo – seguita poi dagli Stati Uniti, che ne hanno quasi un 20 per cento, e poi altri Paesi. Quindi la quantità di ciascun Paese è anche una questione di estensione territoriale. Però la Cina è il Paese che ne produce, estraendole dalle proprie riserve, una quantità di gran lunga maggiore. Dunque, pur avendone poco più del 40 per cento a livello mondiale, ne produce, a livello di quanto viene effettivamente estratto, oltre il 60 per cento e ne esporta quasi il 90 per cento.
  Come dicevo, questa concentrazione di esportazioni di terre rare da parte di un unico Paese è proprio più legata ad una questione di difficoltà di processare questi elementi più che dalla loro effettiva disponibilità.
  Il problema ha cominciato ad essere dibattuto, come dicevo, proprio nel momento in cui questi elementi sono diventati cruciali nella produzione di beni che sono sempre più usati e sono legati alla transizione ecologica. Quindi si è molto discusso su quanto questi elementi possono anche essere sostituiti, in questi processi industriali, da altri elementi chimici, di più facile estrazione e di maggiore disponibilità.
  Diversi Paesi europei – e anche l'Italia stessa, ovviamente –, che sono molto dipendenti appunto da questa esportazione cinese di materie rare, stanno cercando di mettere a punto strategie di diverso tipo per ridurre questo grado di dipendenza. Questo significa, da un lato, cercare di sfruttare meglio le terre rare che già si hanno, dall'altro, cercare dei sostituti: in diversi istituti di ricerca europei e mondiali si studia quali componenti potrebbero essere utilizzati in questi processi produttivi al posto delle terre rare.
  Un altro elemento cruciale che riguarda l'utilizzo, la disponibilità e la diffusione delle terre rare è la cosiddetta economia circolare. Infatti, le terre rare sono componenti essenziali dell'elettronica di consumo di molti motori e via dicendo, per cui, per esempio, tutti i cellulari che utilizziamo comunemente hanno un contenuto assai elevato di questi materiali, quindi sarebbe molto importante poter riciclare in modo adeguato questi elementi, anche proprio per ridurre la dipendenza dall'estero.
  Quindi, al momento la questione è proprio quella di cercare non tanto di utilizzare queste terre rare presenti nelle diverse aree geografiche, ma usare meglio quelle disponibili, incluso anche questo utilizzo dell'economia circolare e la ricerca di potenziali sostituti.
  È notizia proprio di questi giorni, tra l'altro, che la Cina, considerandole delle materie prime di notevole importanza, ha introdotto ulteriori controlli sulle esportazioni di queste terre rare, di cui ha un grosso controllo sul mercato mondiale. Questo ovviamente ha innescato una serie di timori da diverse parti. Va sottolineato però, come dicevo, che si tratta di un monopolio che probabilmente è destinato a non durare in modo infinito, proprio perché già la ricerca sta proponendo alternative all'utilizzo di questi materiali.
  Io mi fermerei qui a livello di introduzione. Forse il dottor Gili vorrebbe aggiungere qualche cosa, per cui lascerei la parola a lui. Poi se ci sono dei punti o degli aspetti specifici su cui volete ulteriori interventi...

  PRESIDENTE. Grazie professoressa Tajoli. Certo, chiedo al dottor Alessandro Gili se vuole prendere la parola ad integrazione di quanto ha esposto finora.

  ALESSANDRO GILI, rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza). Grazie innanzitutto. Forse un'integrazione per quanto riguarda la riduzione del rischio geopolitico derivante da queste terre rare e materie critiche.
  Come abbiamo visto, a livello internazionale continuano ad aumentare le partnership e la ricerca di accordi per arrivare a delle forniture congiunte, degli approvvigionamentiPag. 5 congiunti di terre rare. Nell'ultimo G7 in Giappone è stato elaborato un piano in cinque punti, con l'obiettivo di prevedere tra le economie più industrializzate l'offerta e la domanda a lungo termine per queste materie critiche, sviluppare le risorse e una supply chain condivisa per le materie critiche, aumentare il riciclo e condividerne le capacità tra i Paesi membri. Così come promuovere l'innovazione per promuovere il risparmio di tali minerali critici e, come diceva la professoressa Tajoli, individuare delle innovazioni che possano, anche attraverso un product designer e l'economia circolare, determinare svolte nel consumo di tali minerali critici trovandone alternative.
  Soprattutto – ultimo punto importante –, aumentare la resilienza in caso di shock improvvisi alle supply chains in questo senso. Questo è ancora più importante in un contesto internazionale in cui vari Paesi – come abbiamo visto recentemente, il Cile – stanno adottando politiche protezionistiche per nazionalizzare la loro industria, nel caso del Cile il litio. Nel caso del Cile si prevede che le nuove estrazioni, le nuove ricerche e le nuove aziende che saranno sviluppate per quanto riguarda il processing dovranno seguire il modello delle public private partnership, quindi con lo Stato sempre in maggioranza in tali sviluppi di prospettive.
  Ultima cosa, la prospettiva dei Paesi in via di sviluppo. I Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli ricchi di terre rare, stanno cercando di aumentare la loro partecipazione nelle cosiddette attività downstream, cioè aumentare la loro partecipazione nelle attività a più alta remunerazione lungo la catena del valore. Quindi gli export ban in questo caso sono considerati dai Paesi in via di sviluppo uno strumento per favorire maggiori investimenti e attrarre industrie, non solo nel mining, ma anche nel processing delle materie critiche. Dunque questo è un tentativo da parte dei Paesi in via di sviluppo, che però richiede infrastrutture adeguate e ovviamente anche la capacità di rete, per esempio energia, perché il processo è molto energivoro, quindi questa è una limitazione importante anche per gli obiettivi di questi Paesi.
  Mi fermerei qui, ovviamente siamo disponibili per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie mille anche Lei, dottor Gili. Chiedo alle colleghe e ai colleghi, anche collegati da remoto, se intendono porre domande o svolgere osservazioni, in assenza delle quali vi ringrazio ancora per la vostra presenza oggi e per aver preso parte ai lavori di questa indagine conoscitiva, che in questa Commissione sono iniziate alcune settimane fa.
  Due curiosità che mi piacerebbe porre alla vostra attenzione.
  Il primo è se ci sono partner internazionali – proprio alla luce di questi aspetti, tra cui tendenze a politiche protezionistiche, anche nella forma di expert banning – che secondo voi meritano particolare attenzione, per l'Italia e per l'Europa in generale, quindi partner con cui cominciare a dialogare per eventuali accordi commerciali di estrazione, di processing, come era stato detto.
  Proprio ieri, a livello di Parlamento europeo e presidenza spagnola del Consiglio si è giunti ad un accordo di massima rispetto alla pianificazione relativa all'aumento dell'approvvigionamento di materie prime strategiche. Questo è un accordo di massima, quindi chiaramente andiamo incontro a tutti i tempi che questo tipo di ratifiche e decisioni hanno.
  Volevo sapere se secondo voi i tempi e i contenuti di questo accordo sono consoni al tipo di sfida che abbiamo di fronte, oppure che tipo di limiti intravedete e in quel caso che strategie pensate possano essere utili per superare questi limiti. Grazie.

  LUCIA TAJOLI, rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza). Faccio io un primo intervento, poi - come prima - se il dottor Gili vuole integrare...
  Intanto credo che su questi temi sia fondamentale una cooperazione a livello europeo. Come veniva già ricordato, si tratta di approvvigionamenti che hanno elevati Pag. 6costi, se si tratta di estrarre queste terre rare si tratta di avere dei costi elevati, un uso energetico piuttosto intensivo e così via, si tratta quindi di averne anche una disponibilità che possa essere in qualche misura condivisa, nel senso che nelle varie fasi del ciclo produttivo ci possono essere delle discontinuità nei termini della richiesta e dell'utilizzo. Dunque operare su una scala abbastanza ampia è sicuramente cruciale e quindi credo sia assolutamente fondamentale trattare il problema da un punto di vista europeo.
  Questo anche perché nei settori in cui le terre rare sono maggiormente utilizzate esistono delle catene produttive europee – nessun Paese europeo produce in modo autonomo e indipendente –, tutta la filiera di molti dei beni che utilizzano più intensivamente queste terre rare, pertanto è assolutamente cruciale, credo, operare in modo da gestire la capacità di approvvigionamento e le forniture per l'intera filiera, che va vista a livello perlomeno europeo. Questa è la prima considerazione importante.
  In più, evidentemente la scala europea consente più facilmente di avere possibili accordi con i Paesi che possono fornire questo tipo di terre rare. Come sappiamo, l'Unione europea ha già moltissimi accordi commerciali con diversi Paesi; nell'ambito di questi accordi commerciali, politiche protezionistiche - incluse restrizioni alle esportazioni - normalmente non sono consentite, sarebbero violazioni dell'accordo stesso, quindi questo per i Paesi – con molti dei quali, appunto, già esistono accordi commerciali – rassicura, diciamo così. Questo è vero, per esempio, per una parte dell'America Latina o per altre parti del mondo.
  È chiaro che non esistono, in questo momento, per mille ragioni, accordi commerciali con quello che abbiamo detto è il principale esportatore di queste terre rare, che è appunto la Cina. Ma io credo che questa è una strategia però di breve e medio periodo, quella appunto di assicurarsi un approvvigionamento da altri Paesi. Credo che sia ancora più importante, in vista di un uso che sarà sempre più intensivo di questo tipo di materiali in molte produzioni, assicurarsi, attraverso la ricerca, di avere dei materiali sostituti e di attivare in modo ancora più intensivo la possibilità di estrarre questi materiali dai beni che non sono più in uso, attraverso il riciclo. Questo credo che sia estremamente importante in un'ottica di medio-lungo periodo.

  PRESIDENTE. Grazie mille, dottoressa. Due domande, la prima dall'onorevole Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento in videoconferenza). In parte la professoressa Tajoli ha già risposto. Cioè, è chiaro che noi abbiamo un problema strategico di modalità di approvvigionamento, c'è una competizione chiara con la Cina, che si trova in una situazione simile a quella dell'Unione europea, cioè mentre negli Stati Uniti una parte delle terre rare, dei materiali strategici, sono... esistono dei giacimenti negli Stati Uniti, mentre Cina e Unione europea non hanno in questo momento giacimenti.
  Quindi volevo capire che cosa ne pensavano gli auditi della possibilità di riprodurre una strategia cinese, che è una strategia molto diversa da quella degli accordi commerciali dell'Unione europea, cioè una strategia di acquisizione di miniere o di giacimenti in Paesi terzi. Che tipo di implicazioni, dal punto di vista delle relazioni internazionali, questo comporta? Perché basarsi solo su una strategia di carattere commerciale è chiaramente più debole rispetto a una strategia più diversificata come quella cinese.
  In parte la professoressa ha risposto dando una risposta di carattere industriale, però a me interessa anche capire che cosa si pensa rispetto alla strategia cinese.

  PRESIDENTE. Grazie. Se è d'accordo, lascerei anche al collega Formentini di formulare la sua domanda, così che poi gli auditi possano provare a rispondere in maniera cumulata.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie presidente. Ringrazio gli auditi. Io vorrei porre Pag. 7una domanda con riferimento ai tempi, quei tempi che ci siamo dati per la transizione verde, una transizione verde che – è evidente – senza le terre rare cinesi non potrà rispettare i tempi che ci siamo dati.
  Essendo però la situazione – ad oggi, prima dell'incontro a San Francisco tra Biden e Xi Jinping – di forte competizione con la Cina, questo cosa potrebbe comportare? Dovremmo smantellare interi settori industriali per mantenere e rispettare i tempi?
  Mi rendo conto che è una domanda complessa, però vedo che voi stessi avete detto che le possibili soluzioni sono a medio-lungo termine, mentre noi ci siamo dati dei tempi molto più stretti. L'Unione europea ha annunciato un club per le materie critiche con partnership internazionali, in realtà ne sapremo qualcosa di più a fine mese con la COP 28 a Dubai. Voi avete già delle indiscrezioni? Come vedete questa proposta annunciata?

  PRESIDENTE. Prego.

  LUCIA TAJOLI, rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza). Lascerei la parola adesso al dottor Gili, per alternarci un po' su questo.

  ALESSANDRO GILI, rappresentante dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) (intervento in videoconferenza). Riguardo alla prima domanda, di certo una strategia unicamente di tipo commerciale forse non è sufficiente nel medio periodo.
  Abbiamo visto come all'interno, per esempio, del Global Gateway – l'iniziativa di investimenti globali dell'Unione europea da 300 miliardi di euro, con il sostegno finanziario della Banca europea per gli investimenti – una parte consistente di questa strategia riguarda il Global Gateway for Africa: 150 miliardi dei 300 miliardi previsti sono destinati all'Africa.
  All'interno del piano per l'Africa e, ovviamente, anche lungo l'individuazione di alcuni corridoi strategici, è previsto che vi siano investimenti anche nello sviluppo di progetti di mining nei Paesi dell'Africa subsahariana, in particolar modo, per favorire lo scambio tra Unione europea e Paesi africani e creare delle value chains resilienti per quanto riguarda anche le catene del valore che riguardano la green transition.
  Discorso simile è quello che si è elaborato durante il vertice a luglio tra Unione europea e America Latina, in cui sono stati definiti alcuni progetti per lo sviluppo di mining e anche di processing nei Paesi dell'America Latina, anche con joint ventures tra aziende europee e aziende locali. Quindi questo è il primo approccio che l'Unione Europea si sta dando per cercare di avere anche delle equity stakes in progetti presenti all'estero per quanto riguarda l'estrazione e il processing dei minerali critici.
  Per quanto riguarda invece il discorso del club delle materie critiche, è sicuramente un elemento fondamentale, anche per raggiungere maggiori economie di scala. Sicuramente è un elemento che sta replicando delle considerazioni che sono state sviluppate in diversi fora, sia nell'ambito del G20 – come abbiamo detto prima nell'ambito del G7 – sia nell'ambito dell'Unione europea, che sta sviluppando l'idea di acquisti congiunti per le materie critiche, in particolare quelle strategiche.
  È notizia di ieri, se non sbaglio, che il primo accordo tra Parlamento europeo e Consiglio sulla proposta della Commissione per quanto riguarda le materie critiche prevede, per esempio, anche l'aumento della quota del riciclo sulle materie critiche dal 15 al 25 per cento.
  Anche qui si pone sempre un problema tra medio e lungo termine e breve termine. Perché ovviamente questo aumento del target per il riciclo si scontra anche con elementi di tipo industriale, cioè molte delle installazioni che verranno poste in essere per quanto riguarda le tecnologie critiche verdi andranno a fine vita, secondo i dati per esempio dell'Irena, a metà del 2030. Quindi questo target, che è previsto invece per il 2030, sconta – possiamo dire – una carenza di materiali per il riciclo che siano disponibili nel breve termine.Pag. 8
  Dunque, forse i target dell'Unione europea al 2030 sono raggiungibili più in là nel tempo, soprattutto per quanto riguarda il riciclo, considerando anche questo aumento del target.
  Per quanto riguarda la produzione interna, un target del 10 per cento al 2030, come è stato previsto dalla Critical Raw Material Act è senza dubbio un obiettivo ambizioso, che però anche lì sconta degli elementi di opposizione politica interna ai Paesi dell'Unione europea per la costruzione di nuove miniere e soprattutto degli elementi di natura ambientale, che prevedono di verificare la compatibilità di nuove estrazioni con la normativa ambientale dell'Unione europea. Anche queste sono delle questioni che dovranno essere risolte.
  Abbiamo visto, per esempio, che le nuove scoperte non mancano, come abbiamo visto in Svezia, dove c'è stata recentemente una nuova scoperta del più grande bacino di terre e minerali critici in Europa, che potrebbe fornire importanti risorse critiche per l'Unione europea. Ma anche qui bisogna verificare la sostenibilità economica del progetto, così come le considerazioni di natura ambientale e l'opposizione o meno delle comunità locali.

  PRESIDENTE. Grazie mille per i vostri interventi e per le vostre risposte. Se non ci sono altri interventi e altre domande, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.