XIX Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 E LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 11 ottobre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Onori Federica , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RISVOLTI GEOPOLITICI CONNESSI ALL'APPROVVIGIONAMENTO DELLE COSIDDETTE TERRE RARE
Onori Federica , Presidente ... 3 
Tassan-Viol Federico , rappresentante di ECCO ... 3 
Onori Federica , Presidente ... 8 
Quartapelle Procopio Lia (PD-IDP)  ... 8 
Tassan-Viol Federico , rappresentante di ECCO ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 9 
Tassan-Viol Federico  ... 9 
Onori Federica , Presidente ... 9 
Tassan-Viol Federico , rappresentante di ECCO ... 9 
Onori Federica , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata da Federico Tassan-Viol, rappresentante di ECCO ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
FEDERICA ONORI

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di ECCO.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui risvolti geopolitici connessi all'approvvigionamento delle cosiddette terre rare, l'audizione di rappresentanti di ECCO.
  Ricordo che la partecipazione da remoto è consentita alle colleghe e ai colleghi secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor Carrozza, responsabile relazioni istituzionali di ECCO e il dottor Federico Tassan-Viol, Senior Policy Advisor in materia di diplomazia climatica.
  Ricordo che ECCO, fondato nel 2021, è un think tank indipendente e senza fini di lucro che si occupa di tutti i temi connessi alla transizione energetica e al cambiamento climatico. La sua missione è quella di accelerare l'azione climatica in Italia e nel mondo.
  Considerati i tempi stretti dell'audizione, do subito la parola al dottor Tassan-Viol, affinché svolga il suo intervento. Grazie.

  FEDERICO TASSAN-VIOL, rappresentante di ECCO. Buongiorno onorevole presidente, onorevoli deputate e deputati. Vi ringrazio per l'invito in audizione e per l'opportunità offertami quest'oggi di esprimermi davanti a voi. Siccome l'introduzione di ECCO – chi siamo – è appena stata effettuata io passerei direttamente al dunque. Sono molto onorato di essere qui a discutere di un tema così cruciale davanti a voi.
  La transizione energetica è indispensabile per permettere all'Italia di rispettare gli impegni europei ed internazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti e dipende essenzialmente dalla nostra capacità di decarbonizzare e di ridurre i nostri consumi energetici. La decarbonizzazione della nostra economia, a sua volta, passa necessariamente attraverso lo sviluppo delle fonti di energie rinnovabili che, assieme all'efficienza energetica, sono uno dei pilastri su cui si basa la strategia europea 2050.
  Le tecnologie per le fonti rinnovabili attualmente dipendono in larga parte dall'utilizzo di materie prime che l'Unione europea classifica come critiche, ovvero dall'elevata importanza economica e la cui produzione è concentrata in un numero limitato di Paesi, da cui essenzialmente dipende il commercio mondiale di questi elementi.
  Fra le materie prime critiche, indicate dalla Commissione come indispensabili per la transizione energetica, rientrano elementi dai nomi noti e meno noti, quali il rame e l'alluminio, necessari pressoché per qualsiasi tecnologia, ma anche il nichel, il litio – un elemento fondamentale per le batterie –, il platino e altri materiali, tra cui le cosiddette terre rare, un gruppo di diciassette elementi essenziali per le turbinePag. 4 eoliche, per le batterie e per l'auto elettrica, quindi per la maggior parte delle tecnologie della transizione.
  Va specificato che le terre rare, malgrado il loro nome, scientificamente non sono terre, ma soprattutto non sono rare. Si tratta di metalli diffusi pressoché ovunque nel pianeta, ma definiti rari poiché la loro concentrazione nel terreno, nella crosta terrestre, è generalmente molto bassa, il che rende difficoltosa un'estrazione efficiente. L'importanza relativa di questi materiali varia in funzione della tecnologia che andiamo ad analizzare. Ad esempio (slide n. 3), per alcune tecnologie della transizione, come il fotovoltaico, l'importanza relativa di queste materie prime critiche è alta soltanto per metalli di uso comune – come i già citati alluminio e rame –, che non è dissimile da un gran numero di altri manufatti industriali di uso comune; per altre tecnologie, invece, diversi elementi sono di importanza molto alta, come le già citate terre rare nell'eolico e nell'auto elettrica, oppure il litio per le batterie.
  In questa tabella dell'Agenzia internazionale dell'energia (slide n. 3) sono indicate in maniera sintetica le principali tecnologie per raggiungere le emissioni zero 2050 e, come potete vedere, ad esempio il segno azzurro indica un'importanza relativamente bassa, mentre con l'intensità di giallo e arancio aumenta l'importanza. Vedete che nel solare fotovoltaico – la prima riga – in realtà di queste materie prime critiche l'importanza relativa è alta soltanto, come già detto, per il rame e l'alluminio.
  È importante sottolineare che la presenza di materie prime critiche in queste tecnologie, rispetto alle tecnologie che andrebbero a sostituire fossili, è molto maggiore. Ad esempio, in un'auto con motore a combustione la quantità di chilogrammi di materie prime critiche è di circa cinque volte inferiore rispetto a quella di un'auto elettrica. Un discorso simile vale anche per la produzione di elettricità: a parità di potenza di generazione, la quantità di materie prime critiche nelle centrali a carbone è inferiore di tre volte rispetto alla quantità presente in una turbina eolica di terraferma. Questa illustrazione (slide n. 4) mostra, anche visivamente, la differenza fra i due tipi di tecnologia.
  Dopo questa breve introduzione sulle materie prime, passerei agli aspetti più pratici della produzione (slide n. 5), perché la produzione di materie prime critiche per l'Italia e l'Unione europea si basa su un numero molto limitato di Paesi, e quasi sempre in altri continenti. Il litio per il suo impiego nelle batterie – che forse è il simbolo di questi materiali, perché è sempre più onnipresente – è per maggior parte estratto in miniere australiane, come potete vedere in basso a sinistra nel grafico, segnato in verde: l'Australia rappresenta all'incirca il 55 per cento della produzione mondiale. Poi anche dalle miniere cilene, che è la parte azzurra, sempre della stessa linea. Il Cile è anche il principale produttore di rame grezzo, con una quota di quasi un terzo della produzione mondiale.
  La Cina, che in questo grafico è segnata molto bene in rosso, è di gran lunga il principale produttore al mondo di terre rare, con il 60 per cento del totale, seguita dagli Stati Uniti, che hanno circa il 12 per cento. In tutto ciò Italia ed Europa sono largamente assenti. Però, ciò di cui bisogna tenere conto quando si parla di geografia delle materie prime non è soltanto la localizzazione dei giacimenti e delle miniere, ma anche la proprietà di queste miniere o comunque i diritti di sfruttamento, nonché ovviamente il luogo in cui questo materiale viene poi trasformato per essere utilizzato dall'industria.
  Ed è da questo punto di vista che il ruolo della Cina salta agli occhi in maniera evidente – nel grafico di destra, come potete vedere (slide n. 5) –, perché è da circa vent'anni che la Cina sta investendo in maniera massiccia per ottenere i diritti di sfruttamento delle miniere di materiali critici in diverse parti del mondo (soprattutto America Latina, Africa e Sud-Est asiatico) per poi raffinare questi materiali sul proprio territorio e riesportarli, anche in Occidente.
  L'industria cinese, contrariamente a quella occidentale, non ha mai smesso di investire nello sviluppo di impianti di raffinazionePag. 5 di questi materiali ed è per questo che la Cina è soprattutto un attore che controlla le filiere, non soltanto la produzione del minerale grezzo. Difatti la Cina rappresenta quasi il 90 per cento della raffinazione mondiale delle terre rare, pur estraendone solamente, per modo di dire, il 60 per cento.
  Per gli altri elementi questo squilibrio del rapporto fra giacimenti e raffinazione è ancora più evidente, perché la Cina rappresenta il 40 per cento della raffinazione mondiale di rame (con soltanto il 10 per cento dell'estrazione di minerali) e quasi il 60 per cento della raffinazione di litio, che però praticamente non estrae, perché viene essenzialmente – come abbiamo visto – dall'Australia; il 65 per cento della raffinazione di cobalto (che è quasi esclusivamente estratto nella Repubblica Democratica del Congo) e via dicendo.
  In questi Paesi Pechino è presente con molte aziende di Stato, spesso in regime concessorio in esclusiva, ed estrae questi minerali per trasferirli presso i poli industriali che si trovano in Cina. È anche importante sottolineare che generalmente le relazioni fra la Cina e i Paesi di estrazione di questi minerali non rientrano in un modello di cooperazione equa, quanto piuttosto si inseriscono e riprendono le dinamiche che tradizionalmente hanno caratterizzato i rapporti tra Occidente e Sud globale e che sono stati spesso definiti come predatori.
  Le imprese cinesi, ad esempio, sono note per una tendenza più marcata, rispetto alle aziende locali o occidentali, alla violazione delle norme ambientali e del diritto del lavoro e sono stati sollevati diversi dubbi sui reali benefici derivanti dagli accordi di estrazioni dei minerali nei confronti della popolazione e dei governi locali. Delle critiche, tra l'altro, sono state anche espresse sulla stampa cinese, sul South China Morning Post, che è molto influenzato dalle istituzioni cinesi.
  Questi investimenti, nella parte più a monte della filiera, garantiscono grande sicurezza negli approvvigionamenti della Cina e hanno permesso a questo Paese di diventare il principale produttore di pressoché tutte le tecnologie per la transizione, anche se in diversi settori deve scontrarsi con la concorrenza di altri Paesi, tra cui alcuni membri dell'Unione europea, come ad esempio la Germania per la produzione di turbine eoliche.
  È appurato che l'Italia e il resto del nostro continente sono ampiamente dipendenti dalle importazioni di queste materie prime critiche. Questa (slide n. 6) è un riassunto delle principali filiere, ma possiamo andare oltre.
  In questa mappa (slide n. 7) potete vedere i principali fornitori dell'Unione europea di materie prime critiche, segnati in verde, con la relativa quota sulle importazioni europee. Però, c'è da sottolineare che questo tipo di dipendenza non rappresenta una novità, perché la maggior parte di questi elementi, queste materie prime critiche, sono di uso comune da moltissimo tempo in ambiti che noi consideriamo ormai fondamentali per la nostra economia e la nostra società.
  Il litio è onnipresente in qualsiasi dispositivo elettronico portatile, da diversi decenni ormai. Altri metalli, come ad esempio il rame, sono materie prime critiche da molto più tempo. Persino le stesse terre rare, benché la loro fama presso il pubblico generalista sia relativamente recente, sono in realtà impiegate da molto tempo in settori industriali tradizionali come l'elettronica – quindi negli ultimi sessant'anni sono di uso comune –, ma anche in processi chimico-fisici della siderurgia o della raffinazione degli idrocarburi. Quindi, la dipendenza dalla Cina per le terre rare non è un fattore di rischio nuovo o improvviso per l'Italia e i suoi alleati.
  Tengo a sottolineare anche che la dipendenza dalle materie prime critiche non ha una direzione univoca, si tratta piuttosto di una rete di scambi globali. La piena indipendenza è impossibile per qualunque Paese. Neppure la Cina, malgrado il suo peso, può reggersi autonomamente sulle sue risorse naturali e rimarrà dipendente dalle importazioni per diversi elementi essenziali della sua industria. Questo tipo di interdipendenza, quindi, limita per certi versi la possibilità che questi flussi, questi Pag. 6scambi, possano essere interrotti per ragioni politiche. Ciononostante, è chiaro che in mancanza di politiche appropriate la nostra dipendenza nei confronti dei Paesi terzi è destinata ad accrescersi di molto. Per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo della mobilità elettrica e delle energie rinnovabili la Commissione europea prevede, ad esempio, che da qui al 2050 la domanda di platino e di elementi affini al platino aumenterà di quasi mille volte, quella di litio di circa sessanta volte, quella di nichel di quindici, quella di terre rare di circa cinque volte e mezzo.
  Una differenza sostanziale è però rappresentata dal fatto che gli impianti a fonte rinnovabile per il loro funzionamento non necessitano di alcun tipo di alimentazione, al di là di quello che per loro natura sfruttano spontaneamente, come la radiazione solare o il vento.
  Al contrario di un pannello solare o di una turbina eolica invece, una centrale a gas o a carbone o un'automobile con motore a combustione per svolgere il suo compito necessita di costante alimentazione di carburante e quindi dipende costantemente dalle importazioni di idrocarburi, con le conseguenze che il nostro Paese conosce ormai fin troppo bene.
  Inoltre, la grande differenza fra la dipendenza da idrocarburi e quella da importazione di materie prime critiche estratte dalla natura è nell'impiego degli elementi chimici in questione. Gli idrocarburi sono carburanti che una volta consumati non sono recuperabili, cioè vengono letteralmente bruciati. Le materie prime critiche invece sono trasformate in prodotti finiti e sono per la gran parte riciclabili e riutilizzabili, teoricamente all'infinito. Una cosa che peraltro avviene, da diversi decenni, in larga scala per due materie prime critiche come il rame e l'alluminio.
  Alla luce di questi elementi (slide n. 8), l'Europa e l'Italia dispongono di un certo margine di manovra che, pur nell'impossibilità di eliminare una fisiologica e inevitabile dipendenza dagli scambi globali, permette di aumentare sensibilmente la sicurezza degli approvvigionamenti. Nel 2022 la Commissione europea ha tracciato la via con il Critical Raw Materials Act, che prevede degli obiettivi specifici di estrazione, raffinazione e riciclo domestici in rapporto al fabbisogno, oltre a un tetto del 65 per cento al tasso di dipendenza da un singolo Paese fornitore per ogni determinata materia prima.
  Gli obiettivi quantificati del piano – al 2030 – sono, in proporzione al fabbisogno annuale, un'estrazione di materie prime equivalenti al 10 per cento del fabbisogno, raffinazione al 40 per cento e riciclo al 15 per cento. Considerando che nella maggior parte dei casi i tassi attuali di copertura del fabbisogno sono più vicini allo zero che a questi obiettivi, si tratta di una sfida particolarmente ambiziosa. A livello domestico l'Unione Europea si impegna con il Critical Raw Materials Act a semplificare le procedure autorizzative per l'apertura di nuove miniere, a rafforzare il monitoraggio delle riserve e a sviluppare la circolarità della filiera, sia in termini di eco design dei prodotti – quindi in termini di facilità del loro riciclo – sia migliorando la filiera del riciclo stesso.
  Riteniamo che l'Europa debba sostenere investimenti atti a valorizzare il proprio patrimonio minerario, garantendo il rispetto delle norme ambientali e sociali di cui è per molti versi pioniera e avanguardia a livello globale. Sono proprio queste norme ambientali e sociali - che solo in apparenza possono sembrare delle limitazioni - che possono fare dell'industria estrattiva europea un modello di crescita sostenibile e quindi garantirne il futuro grazie alla sostenibilità economica.
  Un discorso simile vale anche per la raffinazione, con investimenti in impianti d'avanguardia, poiché l'efficienza dei processi di raffinazione e la riduzione dell'impatto ambientale sono due facce della stessa medaglia.
  Infine, seguendo le fasi del ciclo di vita dei prodotti, il riciclo va giustamente inserito fra le priorità della Commissione, perché possiamo veramente definirlo un'estrazione secondaria, visto il potenziale infinito di riutilizzo dei metalli fra cui – ricordiamo – compaiono anche le terre rare, che sono dei metalli.Pag. 7
  L'Italia (slide n. 10) potrà e dovrà avere un ruolo di primissimo piano nello sviluppo delle filiere domestiche. Un primo passo fondamentale, da parte delle istituzioni, è stato il lancio nel 2021 di un tavolo tecnico nazionale – da parte dell'allora Ministero dello sviluppo economico – dedicato alle materie prime critiche.
  Il tavolo tecnico si declina in quattro gruppi di lavoro: analisi dei fabbisogni, coordinato da Confindustria; estrazione, coordinato dall'ISPRA; eco-design coordinato dell'ENEA e riciclo, anch'esso coordinato dall'ENEA. Dal 2023 al tavolo partecipano anche la Presidenza del Consiglio, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, la Commissione europea e altre agenzie dell'Unione europea. Questa strutturazione è pienamente compatibile con la linea del Raw Materials Act.
  Fra le raccomandazioni che riteniamo di fare in termini di estrazione delle materie prime, riteniamo opportuno che Governo e Parlamento svolgano una riflessione sul patrimonio minerario nazionale e incoraggino lo sviluppo di queste risorse, come ad esempio i giacimenti di litio geotermico che si trovano al confine tra Lazio e Toscana. Questi giacimenti, seppur di dimensioni inferiori rispetto alle miniere australiane o cilene, hanno il vantaggio di essere facilmente sfruttabili, per di più in un quadro normativo stringente e all'avanguardia in termini di protezione ambientale, come quello italiano ed europeo.
  Quanto all'industria, l'Italia è uno dei membri dell'Unione europea con il più alto tasso di riciclo dei rifiuti industriali, di efficienza nell'utilizzo delle risorse – in termini di consumi di materiali e PIL – e di utilizzo di materie prime di origine riciclata. L'industria italiana è insomma un modello di circolarità. Ciò è dovuto anche al fatto che, come già detto, siamo un Paese povero di materie prime e abbiamo saputo fare di necessità virtù.
  Quindi è opportuno che l'Italia definisca una strategia per lo sviluppo del riciclo degli equipaggiamenti elettronici, sfruttando l'enorme potenziale offerto non solo dalla nostra industria, ma anche dalle competenze e tecnologie sviluppate da organismi pubblici come l'ENEA. In quest'ambito il tavolo tecnico, appositamente costituito, fornirà un contributo determinante.
  A livello internazionale (slide n. 9) è necessario che gli accordi stretti con i Paesi fornitori vengano stretti con Paesi fornitori affidabili, diversificando per quanto possibile gli approvvigionamenti, per garantire stabilità e sicurezza degli investimenti. Ciò dovrebbe avvenire tramite partenariati strategici anche nell'ambito dell'iniziativa europea che si può considerare rivale alla nuova Via della seta, cioè la Global Gateway, il cui budget è di circa 300 miliardi di euro, ma che attualmente è poco sfruttata.
  La firma annunciata a luglio scorso di un accordo sulle materie prime fra il Cile – grande produttore di rame e litio, come abbiamo visto – e l'Unione europea è uno dei primi risultati notevoli di questo approccio. L'accordo prevede finanziamenti europei per circa 225 milioni di euro per lo sviluppo in Cile della filiera dell'idrogeno e del litio.
  È nostra opinione che l'Europa debba tentare di colmare il divario accumulato con la Cina, tramite una politica attiva di investimenti esteri in estrazione e raffinazione, che però può essere sostenuta solamente se sarà capace di distaccarsi dai modelli predatori che hanno tradizionalmente caratterizzato le relazioni tra Nord e Sud globali.
  L'Europa deve farsi portatrice attiva dei propri valori fondanti e rifiutare il paradigma estrattivista tipico dei secoli scorsi, che ancora adesso è applicabile alle relazioni fra la Cina e i Paesi oggetto dei suoi investimenti.
  In molti Paesi con grandi giacimenti minerali critici la governance del settore minerario è infatti debole e vulnerabile alla corruzione, in parte a causa dell'instabilità politica, ma anche per debolezza e fragilità intrinseche. Senza politiche efficaci e istituzioni ben governate nei principali Paesi produttori sarà difficile ottenere un'espansione efficace e un approvvigionamento stabile. Gli investimenti europei dovranno lasciare alle popolazioni e alle regioni di estrazione e di lavorazione dei minerali anche i benefici di questa attività, non Pag. 8soltanto le esternalità negative, tramite una distribuzione equa dei proventi del commercio globale di materie prime e, ove necessario, assistenza e rafforzamento delle istituzioni pubbliche locali.
  L'Unione europea e i suoi membri devono anche appoggiarsi alle iniziative multilaterali, come ad esempio la Mineral Security Partnership. Questo progetto, che si basa sull'impegno a diffondere le buone pratiche in materia ambientale e sociale, riunisce i paesi del G7, l'Unione europea, l'India, il Giappone, la Corea del Sud e altri Paesi sviluppati e si interfaccia direttamente con numerosi Paesi africani e sudamericani.
  Per i progetti i princìpi guida della partnership affrontano sia la dimensione della responsabilità ambientale – considerando impatti sulla biodiversità, sulle risorse idriche, sull'uso del suolo, sulla qualità dell'aria, sulle emissioni di gas serra e sui servizi eco-sistemici – sia la dimensione sociale. Le comunità locali direttamente impattate dai progetti devono essere coinvolte nei processi consultivi, soprattutto per quello che riguarda le decisioni relative all'uso dei terreni, e devono avere la possibilità di partecipare ai progetti, con benefici commerciali o in termini di posti di lavoro.
  L'Italia (slide n. 11) può farsi portatrice di questi valori, in un'ottica di equità ma anche di pragmatismo. La sicurezza degli approvvigionamenti dipende dalla stabilità e non vi è stabilità senza sostenibilità, ambientale e sociale, oltre che economica.
  Con queste frasi presidente, onorevoli deputate e deputati, concludo la mia presentazione e rimango a disposizione per ogni domanda e chiarimento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie dottor Tassan-Viol. Chiedo alle colleghe e ai colleghi, anche quelli collegati da remoto, se intendano porre domande o svolgere osservazioni.
  Onorevole Quartapelle, prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ho trovato interessante l'audizione, soprattutto per la parte quantitativo-geopolitica. Il messaggio che io ho ricevuto è: possiamo fare qualcosa per essere meno dipendenti dalla Cina nel processare i materiali critici; ovviamente siamo molto più dipendenti dal punto di vista dell'estrazione.
  A questo punto c'è una questione rispetto ai combustibili fossili. I combustibili fossili hanno un effetto fortemente distorcente delle economie dei Paesi produttori, diventano sostanzialmente delle monocolture. Vorrei capire, anche per riallacciarmi alle proposte che voi fate in conclusione, qual è invece l'effetto sulle economie dei Paesi produttori dei minerali rari, nel senso che comunque sono di più, comunque se ne usa in questo momento di meno, comunque si deve pensare a riciclare e riutilizzare.
  Vorrei capire se c'è un vantaggio nell'uso dei minerali rari rispetto ai minerali fossili per quanto riguarda la dipendenza dai Paesi produttori, perché dal punto di vista geopolitico, guardando anche i nomi dei Paesi produttori, ci rendiamo conto che questi hanno avuto per la nostra politica estera un peso molto rilevante. Se invece i minerali rari funzionano in modo diverso, questo ci può forse aiutare in termini di politica estera.

  FEDERICO TASSAN-VIOL, rappresentante di ECCO. Tradizionalmente, le relazioni con i Paesi produttori si configurano – specialmente per quello che riguarda la Cina, in Africa e in Sud America – in maniera tradizionale, ovvero estrattivista. Ci sono stati molti problemi anche in Cile con il rispetto dei diritti dei lavoratori. È per questo che l'Unione europea, i Paesi del G7 e altri Paesi del mondo, hanno creato questa Mineral Security Partnership, che appunto fissa dei criteri di sostenibilità sociale, ambientale e – ovviamente – economica molto stretti.
  Gli investimenti permetteranno di creare una ricchezza che poi dovrà essere redistribuita. Infatti, la parte di governance, sia nel Raw Materials Act sia nella Mineral Security Partnership, è molto forte ed è una parte estremamente politica e istituzionale. L'occidente dovrà sostenere le istituzioni locali e permettere che i profitti di queste materie prime possano essere reinvestiti localmente per la crescita economica locale,Pag. 9 a differenza di quello che succede con il petrolio e altri idrocarburi, che molto spesso - troppo spesso - arricchiscono solo una piccola élite che è al potere da decenni.
  Quindi la sua domanda è assolutamente sul punto e ovviamente è al centro delle politiche sia comunitarie sia della Mineral Security Partnership.

  SIMONE BILLI(intervento in videoconferenza). Io ringrazio il nostro audito e volevo chiedere, nello specifico, in riferimento all'Ungheria, che vuole diventare il più grande produttore di batterie al litio europeo, loro dicono entro il 2031. Questo grazie soprattutto alla loro politica proattiva per cercare investimenti dai produttori asiatici – in particolare la Cina – e quindi anche sfruttando le relative filiere. Stanno già appunto installando attività e industrie di questo tipo nel loro territorio.
  Inoltre, ho letto diversi articoli dove dicono che si vogliono servire anche di miniere di litio o materiali vari simili nei Paesi confinanti, in particolare Repubblica Ceca: non so cosa ne pensate voi, cosa ne pensa ECCO e se state seguendo questa cosa. Grazie.

  FEDERICO TASSAN-VIOL. Dunque, per quello che riguarda le miniere, e quindi l'estrazione, io ho precisato che l'Europa è largamente assente, ma non del tutto. Per alcuni materiali, non necessariamente legati direttamente alla transizione, di queste materie prime critiche l'Europa ha già una produzione che copre il 100 per cento del fabbisogno, come ad esempio di alcuni metalli che vengono prodotti nelle miniere spagnole; oppure dell'afnio, che è un materiale utilizzato nei reattori nucleari: l'80 per cento del fabbisogno europeo è prodotto in Francia, da miniere francesi; oppure il gallio, che è un'altra materia prima critica, che è estratta in Germania e copre circa il 40 per cento del fabbisogno (35 per cento); o in Finlandia, dove si estrae il germanio, che è una materia prima critica rara e le miniere finlandesi coprono circa il 50 per cento del fabbisogno europeo.
  Quindi, in realtà, l'Europa ha dei giacimenti che può sfruttare, ma questi non saranno assolutamente sufficienti per assicurare il fabbisogno, specialmente per quello che riguarda le materie prime critiche per la transizione. Quindi diciamo che sogni autarchici non sono realizzabili in maniera facile, quanto meno non per tutta la filiera.

  PRESIDENTE. Grazie. Non ci sono altri interventi. Farei io una domanda. Innanzitutto un ringraziamento a ECCO per la presenza e al dottor Tassan-Viol per il suo intervento.
  Ho trovato molto interessante il passaggio sul modello sostenibile, quindi in qualche modo su un cambio di paradigma per quanto riguarda la collaborazione o cooperazione tra Paesi; quindi Paesi estrattori, Paesi produttori e chiaramente Paesi che poi hanno bisogno di questi materiali per la loro produzione interna.
  È molto interessante il passaggio in cui si spiegava che ci sarà bisogno di essere competitivi rispetto al modello che si propone, perché il modello di sfruttamento che prima era attribuibile forse quasi completamente ai rapporti di forza che intercorrevano tra Occidente e altri Paesi, ora intercorrono invece anche tra potenze – non le chiamiamo più emergenti, perché ormai sono emerse evidentemente – però tra Paesi che potrebbero ancora andare sotto l'ombrello di Sud globale e altri Paesi sempre del Sud globale.
  Come a dire, possono emergere nuovi Paesi, nuove potenze, ma i rapporti di forza possono rimanere ancora gli stessi, quelli che conosciamo. Quindi in questo contesto è importante essere in grado di proporre un modello di cooperazione che sia competitivo e che Lei ha chiamato sostenibile. Quindi ero curiosa di sapere se ci fossero degli esempi-studio, dei casi concreti di collaborazione, che secondo il vostro punto di vista potrebbe rientrare in questo nuovo paradigma che ci auspichiamo avvenga per il futuro. Grazie.

  FEDERICO TASSAN-VIOL, rappresentante di ECCO. Grazie per la domanda. Poiché la strategia europea è nata relativamente da poco, il primo esempio che abbiamo a disposizione – che per ora è Pag. 10anche l'unico – è l'accordo che è stato firmato a luglio tra la Presidente Ursula von der Leyen e il Presidente cileno per quanto riguarda lo sfruttamento delle miniere di litio cilene. È un accordo che prevede investimenti europei per diverse centinaia di milioni di euro – circa 225, se non erro – e si tratta di investimenti di fondi europei che vengono investiti sul territorio cileno per garantire che in Cile – che non è un Paese emergente, perché comunque è un Paese moderno e sviluppato da moltissimi decenni – le comunità locali e l'industria cilena possano beneficiare di questo tipo di relazione.
  Secondo me questo è un passo, è la direzione in cui bisogna andare perché i rapporti di forza... È molto più importante avere delle relazioni basate sugli scambi commerciali, sul soft power che non sul monopolio e su un atteggiamento predatorio, come ad esempio stanno facendo altri Paesi.
  Quindi, secondo me l'esempio che mi permetto di citare è proprio questo, perché è l'applicazione diretta e pratica dei princìpi che, tra l'altro, sono anche i princìpi fondatori dell'Unione europea perché sono i concetti di rispetto dei diritti ambientali e sociali delle persone, oltre che degli scambi commerciali.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora i nostri ospiti per il loro contributo e per la documentazione, che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

Pag. 11

ALLEGATO

Pag. 12

Pag. 13

Pag. 14

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21