XIX Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 9 marzo 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 2 

Audizione del Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, Generale C. A. Luciano Portolano (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Minardo Antonino , Presidente ... 2 
Portolano Luciano , Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti ... 2 
Minardo Antonino , Presidente ... 10 
Malaguti Mauro (FDI)  ... 10 
Minardo Antonino , Presidente ... 10 
Chiesa Paola Maria (FDI)  ... 10 
Minardo Antonino , Presidente ... 11 
Mulè Giorgio (FI-PPE)  ... 11 
Minardo Antonino , Presidente ... 11 
Carè Nicola (PD-IDP)  ... 11 
Minardo Antonino , Presidente ... 12 
Bicchielli Pino (NM(N-C-U-I)-M)  ... 12 
Minardo Antonino , Presidente ... 12 
Portolano Luciano , Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti ... 12 
Minardo Antonino , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, Generale C. A. Luciano Portolano ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, Generale C. A. Luciano Portolano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, Generale di Corpo d'armata Luciano Portolano.
  Do il benvenuto al Generale Portolano e ai suoi accompagnatori, Generale di divisione Filippo Gabriele e Tenente colonnello Romano Ventura.
  Dopo l'intervento del Generale Portolano sarà data la parola a un parlamentare per gruppo per un primo giro di interventi e, dopo la replica, potrà avere luogo un secondo giro di domande da parte di altri colleghi che ne facciano richiesta. Chiedo, dunque, ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Grazie ancora, Generale Portolano, per essere qui con noi.
  Concluso il primo giro di audizioni dei Capi di Stato Maggiore delle singole Forze armate, da oggi la Commissione inizia ad ascoltare gli altri vertici militari che ci illustreranno un po' la sintesi dello stato attuale della Difesa del nostro Paese, nonché quelle che possono essere le esigenze da rappresentare a questa Commissione.
  Do adesso la parola al Generale di Corpo d'armata Luciano Portolano per la sua relazione. Prego Generale.

  LUCIANO PORTOLANO, Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti. Signor Presidente e onorevoli deputati buongiorno.
  Sono grato per l'opportunità che mi viene offerta di illustrare le linee programmatiche, mediante le quali, nel corso del mio mandato, intendo perseguire gli obiettivi istituzionali nel rispetto e in armonia con la visione e gli obiettivi politico-militari fissati dal signor Ministro della difesa.
  Quale premessa del mio intervento, intenderei presentare brevemente le prerogative e i compiti di istituto assegnati dal quadro giuridico di riferimento all'area tecnico-amministrativa della Difesa, che possono essere sintetizzati in: politica degli armamenti e attività di procurement; supporto alla politica industriale della Difesa e cooperazione internazionale; ricerca tecnologica e innovazione; direttive applicative per gli affari giuridici economici disciplinari e sociali del personale militare e civile; direttive amministrative contrattuali relative al procurement e al corretto impiego delle risorse; e – da ultimo, ma non in ordine di importanza – gestione del contenzioso.
  In sostanza, l'area tecnico-amministrativa ha due anime: il Segretariato generale della Difesa, con competenze di natura tecnico-amministrativa, giuridica e ordinativa; e la Direzione nazionale degli armamenti che, invece, opera nella sfera tecnico-industriale, con lo scopo di acquisire sistemiPag. 3 d'arma ed equipaggiamenti per le Forze armate, secondo i requisiti dettati dal Capo di Stato Maggiore della Difesa e sulla base delle risorse ed investimenti assegnati, di valorizzare le capacità del comparto industriale della Difesa, anche attraverso accordi e cooperazione internazionale, nonché di garantire il vantaggio tecnologico al nostro strumento militare attraverso continua attività di ricerca e di innovazione.
  Le due anime svolgono compiti istituzionali diversi, ma entrambe convergono verso un unico scopo, che è quello di fornire alle nostre Forze armate tutte le capacità per esprimere uno strumento militare evoluto ed efficace, contribuendo in modo sostanziale alla crescita del Paese e alla sua proiezione e rilevanza in ambito internazionale.
  Ho fatto riferimento a capacità dello strumento militare e, quando si parla di capacità, non si può limitare la visione ai soli sistemi d'arma ma è necessario includere il personale che va gestito e accompagnato lungo tutto il percorso professionale, dall'arruolamento alla quiescenza, come pure le infrastrutture, l'equipaggiamento, la fornitura di servizi e supporti anche giuridici e amministrativi essenziali per il funzionamento dello strumento. Partendo da questa consapevolezza, la mia visione è improntata alla ricerca della massima sinergia con l'area tecnico-operativa, per comprenderne le esigenze capacitive in tutti i settori, e con il comparto industriale della Difesa, il mondo accademico, i centri di ricerca per identificare soluzioni efficaci e innovative. Tutto ciò assicurando il coinvolgimento proattivo nell'ambito delle alleanze di riferimento, così da influenzare e non subire l'evoluzione cui stiamo assistendo in ambito internazionale relativamente agli aspetti della Difesa.
  Detto ciò, prima di passare a illustrare le mie linee programmatiche, vorrei condividere una riflessione sulla necessità, anche per l'area tecnico-operativa, di effettuare una continua analisi della dinamica dello scenario internazionale. Infatti ritengo che, per definire in modo compiuto le azioni e le priorità su cui indirizzare il nostro operato, è necessario comprendere gli effetti strategico-operativi che le dinamiche internazionali determinano sul sistema difesa, inteso complessivamente come strumento militare e comparto industriale.
  Al riguardo, penso che sia evidente a tutti come le attuali dinamiche internazionali si sono inserite, in modo dirompente, in un quadro generale già contraddistinto da sfide e minacce di diversa natura, mettendo in discussione la percezione stessa di sicurezza cui ci eravamo abituati nel post Guerra Fredda. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia potrebbe essere definita come una sorta di inceppamento del meccanismo che, negli anni recenti, aveva posto la globalizzazione e l'interconnessione degli interessi economici, energetici e industriali, quali principali garanzie per la non belligeranza. Uno shock che, unito alla crisi energetica e finanziaria, ha prodotto effetti di second'ordine sia sulla Difesa che sull'industria nazionale. Ed è evidente come le dinamiche internazionali abbiano originato un rinnovato e condiviso interesse in ambito europeo per l'incremento delle capacità militari, funzionali soprattutto – per quanto attiene al nostro Paese – all'assolvimento della prima e seconda missione delle nostre Forze armate, ossia la difesa dello Stato e la difesa degli spazi euroatlantici ed euromediterranei, anche in chiave di deterrenza.
  Dunque i nostri sforzi dovranno mettere in sinergia tre orizzonti temporali: nel breve termine ripianare i sistemi d'arma e le scorte di munizioni ceduti all'Ucraina; nel medio termine colmare i gap capacitivi già esistenti prima della crisi; nel lungo termine sviluppare capacità operative, ossia sistemi, tecnologie, infrastrutture e risorse umane all'altezza delle sfide e degli scenari futuri. E in tale contesto, il settore industriale della difesa in Europa si è trovato a dover fronteggiare un aumento della domanda aggregata, accompagnato dalla richiesta di incremento della velocità di produzione, ma deve anche confrontarsi con la scarsità di alcune materie prime e semilavorati, oltre che con l'incremento dei costi di produzione dovuti all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra l'altro vorrei aggiungere Pag. 4che il conflitto in Ucraina rappresenta per tutta la comunità internazionale una fonte di lezioni identificate e, talvolta apprese direttamente sul campo, avendoci messo di fronte all'importanza del ritorno ai fondamentali di un conflitto, che richiede capacità militari molto più complesse in termini di dottrina, equipaggiamento e addestramento, rispetto a quelle sulle quali ci eravamo concentrati nel lungo periodo caratterizzato dalle operazioni di peacekeeping o di supporto alla pace. E in tale contesto il Segretariato generale della Difesa si sta concentrando su quelle lezioni afferenti al proprio ambito di responsabilità, ossia sugli aspetti di carattere tecnico-industriale.
  Questa analisi ha rafforzato la mia personale consapevolezza sull'importanza di poter contare su sistemi d'arma tecnologicamente avanzati e capacità industriali solide e competitive, a cui si aggiunge la necessità di disporre di una catena di approvvigionamento veloce e sicura. Ad esempio, è evidente come l'invio da parte della comunità internazionale di sistemi d'arma, talvolta superiori a quelli russi per tecnologia e non per numero, abbia consentito di riequilibrare i rapporti di forza inizialmente fortemente sbilanciati a favore di Mosca.
  Altrettanto importante si sta rivelando in Ucraina la sinergia tra Stato e comparto industriale, che ha consentito di mettere a sistema tutte le capacità e le tecnologie della società per supportare le attività operative sul campo. Pertanto, il presupposto fondamentale è la capacità di produzione dei componenti essenziali dei vari sistemi e del munizionamento. Tuttavia, per incrementare tale capacità è necessario soddisfare due condizioni ben prima di un inizio di una qualsiasi crisi o conflitto: la prima è quella di possedere il know-how tecnologico; la seconda si inquadra nella disponibilità di una catena di approvvigionamento certa ed efficace.
  Tracciati i lineamenti generali dello scenario in cui siamo chiamati a svolgere i compiti istituzionali, passo ora a descrivere quali sono gli obiettivi che intendo perseguire e le linee d'azione a esse funzionali, così da contribuire in sinergia con l'area tecnico-operativa al raggiungimento degli obiettivi di livello politico-militare definiti dal signor Ministro della difesa.
  Il primo obiettivo è quello di preservare l'autonomia strategica nella ricerca scientifica e tecnologica. Muoversi in maniera proattiva nel campo dell'innovazione è la chiave per rimanere competitivi e mantenere un vantaggio tecnologico nei confronti di potenziali avversari. Infatti, in un contesto globale altamente competitivo, essere totalmente dipendenti da tecnologie altrui significherebbe accettare il rischio di farsi cogliere impreparati ad affrontare una situazione di crisi qualora ce ne fosse bisogno; ma vorrebbe anche dire subordinare la capacità di difendere gli interessi nazionali alla volontà di coloro che detengono il know-how tecnologico. Pertanto, l'autonomia strategica nella ricerca scientifica e tecnologica deve essere preservata e rafforzata, favorendo un percorso di collaborazioni con altri Paesi, in un contesto in cui l'Italia possa mantenere un ruolo partner capace e fortemente propositivo, e non retrocedere alla mera funzione di cliente.
  Al riguardo voglio ricordare che l'articolo 41 del codice dell'ordinamento militare individua il Segretariato generale della Difesa quale responsabile delle attività di ricerca e sviluppo, oltre che della produzione e approvvigionamento ai sistemi d'arma, e in tale contesto intendo concentrare gli sforzi per il raggiungimento di alcune condizioni decisive.
  La prima è rafforzare la sinergia con il mondo accademico, i centri di ricerca e il comparto industriale, implementando tool e hub dell'innovazione, che possono essere incubatori e acceleratori di idee e che rendano coerente il flusso che va dalla concezione dell'idea all'investimento finale. Quindi valorizzare le piccole e medie imprese e le start-up, che forniscono un contributo rilevante allo sviluppo del pensiero innovativo, facendo in modo che venga agevolata la loro partecipazione nell'ambito dei progetti del Piano nazionale di ricerca militare e dei progetti finanziati dalla Commissione europea e da quelli in ambito Alleanza atlantica. A tal proposito è necessario incrementare la nostra capacità di influenzarePag. 5 i consessi internazionali sull'innovazione, ricercando l'allineamento degli obiettivi definiti in ambito NATO e Unione europea alle priorità stabilite in ambito nazionale. Mi riferisco alle attività svolte nell'ambito della Défense Innovation Accelerator for the North Atlantic (conosciuto come DIANA) e in ambito Unione europea con la European Defence Fund e lo European Defence Innovation Scheme. Quest'ultimo aspetto è molto importante, perché nel suo ambito di applicazione il settore tecnologico-militare costituisce un assoluto amplificatore di influenza sulla scena internazionale, oltre a contribuire all'esigenza di disporre di sistemi pienamente interoperabili, non solo in ambito interforze ma anche internazionale. Inoltre, sarà indispensabile far convergere in modo più deciso i progetti di ricerca con le dinamiche di sviluppo capacitivo dello strumento militare e con quelle di politica industriale della Difesa, concentrando l'attenzione e le risorse su quelle aree in cui siamo consapevoli di avere potenziali gap rispetto alla velocità dello sviluppo tecnologico e, in particolare, mi riferisco all'area cyber spazio e intelligenza artificiale.
  Proprio in merito alla convergenza di ricerca e sviluppo capacitivo, ritengo importante sottolineare come la rapidità dell'evoluzione tecnologica potrebbe offrire soluzioni innovative, e difficilmente prevedibili, tanto radicali da imporre una nuova visione del modo in cui operiamo. Pensiamo ad esempio alla Revolution in Military Affairs, intervenuta nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, durante la quale la ricerca tecnologica e la forte spinta industriale consentirono l'introduzione di perfezionamento di nuove tecnologie tanto dirompenti da rendere obsolete le tecniche, le tattiche, le procedure e gli armamenti utilizzati fino a quel momento.
  Pertanto, se da un lato la ricerca deve supportare lo sforzo capacitivo, dall'altro dobbiamo essere aperti a definire chiaramente i nostri gap capacitivi attraverso un'approfondita analisi delle opportunità offerte dalle tecnologie emergenti. Per questo motivo sarà importante incrementare la sinergia tra tutte le componenti e mi riferisco all'area tecnico-amministrativa, a quella tecnico-operativa, all'area industriale e ai centri di ricerca, prevedendo nuove metodologie di lavoro che favoriscano la rapida condivisione di esigenze, di proposte e opportunità per identificare soluzioni migliori. In altre parole, a mio avviso, il mondo della progettazione e dell'industria della Difesa deve affiancare in presa diretta chi opera sul terreno, dimostrando resilienza e rapidità di adattamento e in molti casi dover precorrere gli accadimenti operativi con una intensa e costante analisi strategica e di scenario.
  Su questo principio si basa il secondo obiettivo che intendo perseguire, ossia attuare processi di procurement efficaci aderenti alle esigenze dell'area tecnico-operativa e flessibili per potersi adattare a uno scenario continuamente mutevole.
  Nell'ambito del procurement militare la sfida che intendo affrontare è quella di riuscire a fornire allo strumento militare le migliori capacità nel più breve tempo possibile e nell'ambito del budget assegnato. Per il perseguimento di questo obiettivo la prima condizione da soddisfare è adottare princìpi agili e flessibili che consentano rapidità di azione e libertà di manovra per mitigare i rischi e sfruttare le opportunità, pur garantendo l'assoluta trasparenza dell'azione amministrativa. Un'ulteriore condizione decisiva è rappresentata dalla crescente esigenza di sinergia con lo Stato Maggiore della Difesa e con le Forze armate, oltre che con il comparto industriale per individuare le capacità e le tecnologie più idonee a soddisfare le esigenze operative. E, in tal senso, la strada intrapresa è quella di implementare, soprattutto per i programmi di maggiore complessità, degli specifici integrated project team, ossia dei gruppi di progetto multidisciplinari che vedono coinvolte tutte le parti dell'area tecnico-amministrativa, tecnico-operativa, industria, centri di ricerca, università, in un forum collaborativo che focalizzi l'attenzione, sin dalla fase concettuale, sulla comprensione delle esigenze operative e delle opportunità tecnologiche e di sviluppo.Pag. 6
  I primi esempi di questo approccio, che intendo estendere ad altri programmi di rilievo, sono relativi allo studio di un elicottero di nuova generazione e al programma per il caccia multiruolo di sesta generazione.
  Tutto ciò è fondamentale per portare avanti il vasto e variegato portafoglio dei programmi già avviati dal Segretariato generale della Difesa: e faccio riferimento a oltre 200 programmi, molti dei quali di particolare complessità e caratterizzati da volumi finanziari di assoluto rilievo, con impatti in termini di sviluppo tecnologico e di ritorni economici e industriali altrettanto ragguardevoli.
  La terza condizione è quella di massimizzare le opportunità che emergono in ambito internazionale, con particolare riferimento a progetti finanziati dal citato Fondo europeo per la difesa (European Defence Fund). Si tratta di progetti che mirano allo sviluppo prototipale di nuove tecnologie e capacità, con fondi tratti dal budget comunitario. I vantaggi possono essere molteplici: da un lato, i costi non ricorrenti relativi alla progettazione e allo sviluppo non ricadono sul bilancio nazionale; dall'altro, il meccanismo stimola la creazione di consorzi industriali che consentono di incrementare il know-how e in cui possono essere valorizzate le eccellenze industriali nazionali.
  Quindi, per supportare con vigore queste nuove iniziative, è necessario che l'area tecnico-amministrativa metta in atto un processo continuo di adattamento in termini di organizzazione di procedure e metodologie di lavoro; e in quest'ottica ho già dato avvio alla costituzione di un gruppo di lavoro specifico per il coordinamento delle attività nazionali relative al Fondo europeo per la difesa, per cogliere ogni opportunità che esso presenta.
  Infatti, ritengo che i consessi nazionali sono volti a facilitare la cooperazione, ma inevitabilmente stimolano dinamiche competitive che, se ben interpretate, possono generare percorsi di crescita delle capacità tecnologiche nazionali e sostenere il posizionamento dell'industria della Difesa italiana nello scacchiere economico globale.
  Su questa prospettiva si innesta il terzo obiettivo, ossia quello di disporre di una base industriale della Difesa competitiva a livello internazionale.
  Nell'affrontare questo argomento richiamo le considerazioni già fatte sul concetto di autonomia strategica quale condizione indispensabile per assicurare l'efficacia e la credibilità militare di un Paese, condizione questa che si raggiunge solo se si dispone di un comparto industriale competitivo e pronto a recepire e condividere le priorità dello sviluppo capacitivo dello strumento militare nazionale. Anche in questo caso, dal mio punto di vista, la strada da percorrere è quella di promuovere l'integrazione di tutti gli attori per condividere e perseguire un'unica visione strategica.
  La prima condizione decisiva, in questo ambito, è il superamento del binomio cliente-fornitore tra Difesa e industria, e in tale contesto la mia intenzione è sfruttare tutti gli strumenti a disposizione, con particolare riferimento al tavolo di coordinamento della politica industriale di cui sono responsabile a livello tecnico. Si tratta di un'iniziativa che non è circoscritta al Ministero della difesa, ma che in una visione strategica del sistema difesa include anche altri Dicasteri, l'industria nazionale e le eccellenze accademiche, e il primo traguardo che intende raggiungere il tavolo tecnico è la definizione di un piano di innovazione tecnologica della Difesa.
  Si tratta della prima espressione di uno sforzo teso a far convergere le prioritarie esigenze di sviluppo capacitivo dello strumento militare nazionale con obiettivi di crescita, di competitività, di innovazione dell'intero comparto industriale della Difesa, incluse le piccole e medie imprese. Precondizioni per il successo dell'applicazione del piano, che sarà completato nei prossimi mesi, saranno l'individuazione delle capacità operative necessarie allo strumento militare e la certezza della disponibilità di adeguati volumi finanziari, resi strutturali nell'arco temporale di riferimento, per rendere credibile e sostenibile il conseguimento degli obiettivi assegnati.
  A tal proposito sarebbe importante definire, così come proposto in questa sede Pag. 7dal signor Ministro della difesa, un nuovo modello di finanziamento del settore d'investimento della Difesa basato su una legge triennale sull'investimento, con una profondità a 17 anni.
  Un altro passo importante per assicurare la competitività della base industriale della Difesa è quello di garantire la catena di approvvigionamento, la cosiddetta security supply. Si tratta di una condizione decisiva che si articola su due aspetti: garantire la disponibilità di materie prime e semilavorati e assicurare la capacità autonoma di produrre componenti essenziali, difficilmente reperibili sul mercato di crisi. Ritengo che fallire su questo aspetto significherebbe vanificare ogni sforzo profuso per preservare l'autonomia strategica e incrementare la competitività dell'industria nazionale.
  La sfida non è semplice, in quanto valutazioni di natura spiccatamente commerciale hanno portato negli anni a perdere alcune capacità produttive a causa di dinamiche di delocalizzazione e di frammentazione dei processi produttivi; e gli effetti di questo approccio si percepiscono solo in situazioni di crisi, quando la domanda aumenta e solo chi possiede capacità produttiva verticale e in house riesce a soddisfarla. Lo abbiamo vissuto durante la pandemia, quando abbiamo toccato con mano le difficoltà legate all'approvvigionamento di dispositivi come ad esempio le mascherine; e lo stiamo vivendo ora con il conflitto in Ucraina, dove la maggiore richiesta di munizionamento ha evidenziato dei colli di bottiglia nel processo produttivo.
  Quindi, consapevoli di questa situazione, abbiamo recentemente avviato un dialogo con l'Agenzia industria e difesa, per mappare le catene di approvvigionamento delle materie prime, dei semilavorati e della componentistica essenziale. Questo ci consentirà di analizzare le potenziali criticità e di elaborare le possibili linee d'azione per assicurare le nostre catene di approvvigionamento.
  Possibili soluzioni potrebbero ricadere in operazioni di reshoring per riportare processi produttivi sul territorio nazionale, ad esempio potenziando stabilimenti della Difesa o prevedendo un coinvolgimento attivo di aziende italiane con adeguata expertise; o in operazioni di friendshoring, attraverso accordi di cooperazione internazionale con paesi partner che offrono garanzie di affidabilità. E nell'alveo di quest'ultima opzione può essere inquadrata l'iniziativa che stiamo discutendo con paesi partner, relativa tra l'altro ai missili per sistema di difesa aerea, non solo per aumentare la capacità di produzione ma anche per assicurare più linee di approvvigionamento necessarie in caso di crisi.
  Questo approccio contribuirà anche al raggiungimento di un'altra condizione che definisco decisiva, ossia quello di tutelare e incrementare asset e know-how strategici. In tale contesto, il supporto al comparto industriale della Difesa passa attraverso due distinte linee d'azione: la prima è la diligente applicazione della golden power per evitare tentativi di penetrazione di attori stranieri, attività che non deve essere confusa con la giusta ricerca di joint venture industriali tesa all'integrazione delle capacità produttive. Al riguardo evidenzio che il numero delle istruttorie per l'applicazione del golden power è notevolmente incrementata negli ultimi tre anni: solo per dare qualche dato, nel 2022 sono state esaminate 69 istruttorie, a fronte delle 37 registrate nel 2020 e 31 nel 2019.
  La seconda linea d'azione è legata alla necessità di promuovere una visione di più ampio respiro, tesa a cogliere ogni opportunità di crescita offerta dalla cooperazione industriale. Quindi, il nostro approccio è teso a ricercare il miglior equilibrio tra le dinamiche di protezione esercitate attraverso il golden power e i processi di integrazione industriale volti a far crescere la competitività in ambito internazionale.
  Infatti, difficilmente una singola nazione europea avrà la capacità di sviluppare in autonomia un vantaggio tecnologico e capacitivo che risulti competitivo in tutti i domini e per tutte le piattaforme, e per tale ragione è necessario adottare un approccio pragmatico volto a valorizzare le nostre eccellenze industriali, riconosciute a livello mondiale, e promuovere, per i settori in cui siamo meno competitivi, percorsiPag. 8 di integrazione con quelle realtà industriali che hanno già un consolidato vantaggio tecnologico in ambito internazionale. Solo in questo modo ritengo che sarà possibile restare competitivi in ambito globale, sfruttare le economie di scala, ottenere una maggiore integrazione, interoperabilità dei sistemi d'arma, incrementare il know-how tecnologico e preservare i livelli occupazionali.
  Sempre con l'intento di promuovere le eccellenze nazionali in ambito internazionale, intendo perseguire un'altra condizione, ossia sostenere e incrementare le opportunità di export. Questo è un aspetto importante, in quanto tre quarti del fatturato del nostro comparto industriale sono legati proprio all'esportazione. È chiaro l'interesse dello Stato, e in particolare della Difesa, a far sì che le aziende nazionali abbiano successo nel mercato internazionale, così da consolidare le proprie capacità produttive e continuare a investire adeguatamente nella ricerca, sviluppando sistemi allo stato dell'arte che soddisfino le esigenze operative delle nostre Forze armate. E in questo contesto, uno degli strumenti normativi più promettenti per offrire l'opportunità di business all'industria della Difesa nazionale, sono gli accordi government to government.
  Tali accordi sono strumenti di politica industriale, che consentono la fornitura di beni e servizi da Stato a Stato, ma hanno anche una valenza politica che mira a rinsaldare i rapporti tra Stati contraenti e una funzione strategica, in quanto permettono di avviare programmi di cooperazione su piattaforme comuni e consolidare partnership che generano interoperabilità in campo ingegneristico, operativo, addestrativo, logistico e manutentivo. Inoltre questi accordi permettono all'industria di focalizzarsi su programmi di lunga durata, consentendo di investire maggiormente nelle fasi successive alla produzione, grazie alla certezza della richiesta di aggiornamento, di ammodernamento e supporto logistico degli equipaggiamenti venduti, mantenendo attiva la filiera industriale anche nel post vendita.
  Solo nell'ultimo periodo si sono concretizzati accordi G to G con l'Austria, per 36 elicotteri multiruolo, con la Slovenia, per un velivolo da trasporto C-27J, e tale formula è talmente valida che Austria e Slovenia stanno valutando la possibilità di utilizzare questo meccanismo anche per la fornitura di altre piattaforme e di servizi per il supporto logistico. Altri accordi di questo tipo potrebbero essere avviati nel prossimo futuro con altri Paesi tra cui Romania, Bulgaria, Montenegro e Brasile. È anche da notare che molte volte la coesione politica generata dal G to G può produrre effetti positivi in altri settori, stimolando iniziative che ricadono – ad esempio – in cooperazione business to governement o business to business.
  Queste considerazioni sono state alla base dell'attività, che si è svolta a Roma il 25 ottobre, per avviare un dialogo diretto tra le aziende per la difesa italiana e quella austriache ed esplorare opportunità di cooperazione industriale. Similari iniziative sono state discusse anche con la Corea del Sud e il Montenegro e saranno promosse in tutte le occasioni possibili.
  Tuttavia, come è facilmente intuibile, tutti questi impegni comportano un incremento degli sforzi a essi associati e la necessità di rivedere la struttura organizzativa del Segretariato generale, pensata prima che venissero avviate tutte queste iniziative. Ritengo che la soluzione da ricercare sia nella realizzazione di strutture a geometria variabile, indirizzate a supportare la specifica esigenza con risorse umane tratte dall'area tecnico-amministrativa e, ove necessario, con il contributo delle Forze armate.
  Parlando di risorse umane mi ricollego ad altri due obiettivi di fondamentale importanza per l'area tecnica-amministrativa, che riguardano il personale.
  Il primo è quello di assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici. Al riguardo desidero sottolineare il mio impegno a favore del personale militare e civile finalizzato alla piena valorizzazione del fattore umano, unico e insostituibile elemento propulsivo di qualsiasi iniziativa e progetto. In tale ambito, però, è da Pag. 9sottolineare la particolare carenza organica di personale civile nell'ambito del Dicastero. In questo periodo storico, infatti, la Difesa soffre di carenze di personale civile senza precedenti a causa dei blocchi delle assunzioni degli anni passati per il contenimento della spesa pubblica e del raggiungimento dell'età pensionabile da parte di corpose aliquote di personale assunto negli anni Ottanta.
  Ad oggi, ad un volume organico complessivo di 27.900 unità di personale civile per tutta la Difesa, si conta una forza effettiva pari al 54 per cento. Per tali ragioni nel corso dell'ultimo anno, grazie al supporto assicurato dal Gabinetto del Ministro della difesa, è stata impressa una decisa accelerazione all'avvio di procedure assunzionali, mediante la pubblicazione di bandi di concorso e lo scorrimento delle graduatorie ancora valide ricorrendo, ove possibile, anche a quelle di altri Ministeri. Ho inteso infatti sfruttare da subito il budget assunzionale disponibile derivante dai pensionamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni e, grazie a questa azione, sono state assunte 229 figure professionali, a cui si aggiungeranno nei prossimi mesi ulteriori 709 figure tra dirigenti, funzionari, assistenti tecnici e amministrativi; inoltre, nel 2023 saranno pubblicati almeno due bandi già autorizzati per l'assunzione di oltre 2.100 civili della Difesa.
  Ma raggiungere l'obiettivo di assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici richiede il verificarsi di tre condizioni: la prima è mantenere costantemente aggiornato il censimento quantitativo e qualitativo delle professionalità necessarie, anche in considerazione dei prossimi pensionamenti; la seconda, ottimizzare le procedure concorsuali per renderle più veloci e competitive sul mercato del lavoro; e, in ultimo, sarà necessario continuare nei prossimi anni con lo stesso impulso impresso alle assunzioni di personale civile e sfruttare l'intero budget assunzionale assegnato. Infatti, solo continuando con questo trend saremo nelle condizioni di garantire un volume organico pari a 20.000 unità, a partire dal primo gennaio 2025, che è il volume previsto dalla legge n. 244 del 2012.
  Altro obiettivo tende, invece, alla tutela e valorizzazione del personale e al miglioramento dei processi di gestione delle risorse umane e, in questo ambito, forniremo il nostro contributo per ricercare le migliori soluzioni e per dare concreta attuazione alla specificità militare, sia per l'adeguamento del sistema pensionistico sia in materia di tutela legale.
  Abbiamo inoltre dato avvio a un tavolo tecnico per meglio regolamentare l'istituto del transito nei ruoli civili del personale militare non più idoneo al servizio militare incondizionato, con l'intento di rendere il meccanismo efficace per i singoli e sostenibile per le Forze armate.
  Invece, per perseguire il miglioramento dei processi di gestione delle risorse umane, stiamo procedendo con una spinta digitalizzazione della gestione documentale e stiamo ricercando procedure sempre più veloci per la trattazione delle pratiche del contenzioso.
  Chiudo con un argomento che riguarda le infrastrutture militari, ossia il sesto obiettivo, che è quello della valorizzazione ed efficientamento energetico del patrimonio immobiliare. Direi, preliminarmente, che l'ammodernamento del patrimonio infrastrutturale della Difesa deve essere considerato un elemento imprescindibile nell'ambito del processo di sviluppo capacitivo, che va inteso come prodotto di fattori che lo influenzano e non come somma di essi.
  In questo ambito ho individuato tre condizioni da perseguire.
  La prima è legata al completamento di grandi progetti curati dalla direzione dei lavori e del Demanio, che puntano alla riqualificazione e all'ammodernamento infrastrutturale delle basi militari di tutte le Forze armate (mi riferisco a Caserme Verdi, Basi Blu, Aeroporti Azzurri, incluso l'ospedale Celio).
  La seconda è diretta alla razionalizzazione e alla valorizzazione delle infrastrutture non più in uso. Ad esempio, in tale quadro, dal 2012 ad oggi, sono stati venduti quasi 1.300 immobili residenziali, che hanno Pag. 10generato proventi per circa 190 milioni di euro; inoltre, lo scorso dicembre è stata avviata la vendita di quattro immobili di pregio, per un valore totale stimato superiore a 10 milioni di euro.
  La terza e ultima condizione è quella indirizzata alla ricerca e implementazione di soluzioni funzionali volte a ridurre il footprint energetico delle basi militari, facendo ricorso anche ai fondi resi disponibili dal programma di riqualificazione energetica della pubblica amministrazione centrale.
  Dunque queste sono le linee programmatiche lungo le quali intendo procedere, che sono sintetizzate e schematizzate in un modello di disegno strategico che evidenzia gli obiettivi, gli effetti, le linee e le azioni necessarie al loro conseguimento, così da rendere chiara ai miei collaboratori la strada da percorrere e le priorità su cui concentrarsi in maniera sincronizzata.
  Vi ringrazio per l'attenzione e sono a disposizione per rispondere alle vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie Generale Portolano per la sua relazione e per la presentazione informatica che ci ha lasciato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione odierna (vedi allegato). Passiamo adesso agli interventi dei colleghi. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Malaguti. Prego.

  MAURO MALAGUTI. Grazie presidente.
  Ringrazio il Generale Portolano e gli altri ufficiali che ci hanno dedicato questa mattinata. Io auspico che quel 2 per cento di investimenti nella Difesa sul PIL – frutto dell'accordo fatto nel 2014, quindi non da questo Governo ma dai Governi precedenti, e che purtroppo non è mai stato rispettato (perché siamo credo all'1,38) – sia raggiungibile il prima possibile. Oggi, infatti, siamo ancora abbastanza indietro sia a livello di organico che di armamenti rispetto agli altri Paesi della NATO.
  La domanda che vorrei fare è la seguente: non voglio sapere che cosa avete dato o che cosa darete all'esercito ucraino perché credo che siano notizie riservate, però le chiedo se secondo Lei sarebbe possibile questa cosa. Noi abbiamo dei Leopard 1 che sono carri obsoleti e, fortunatamente, inutilizzati: credo siano stati tolti anche gli oli per questioni ambientali. Se questi carri venissero attrezzati, magari con una torretta a porcospino utile contro velivoli leggeri e i droni, secondo lei sarebbe possibile attrezzare un battaglione per fornirlo all'esercito ucraino? Questa è la domanda che le vorrei fare.

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Chiesa. Prego onorevole.

  PAOLA MARIA CHIESA. Grazie presidente. Buongiorno a tutti.
  Grazie signor Generale per avere illustrato in Commissione Difesa le linee programmatiche, ma grazie anche perché quando era precipitata la situazione a Kabul grazie a Lei si è potuto formare un corridoio e sono state messe in salvo più di 5.000 persone. Quindi, davvero grazie da parte mia e da parte del mio gruppo.
  Io ho ascoltato il suo intervento e ho pensato che dal 24 febbraio del 2022 la pace in Europa non è più scontata, la nostra libertà non è più scontata; volevo chiedere come vede il futuro della guerra in Ucraina.
  Poi, lo diceva anche il collega, noi abbiamo inviato armi all'Ucraina con sei decreti, il cui contenuto è stato ovviamente secretato. Poiché continuiamo a inviare armi, le volevo chiedere come facciamo, secondo lei, a ripristinare queste dotazioni, anche perché le nostre scorte man mano vanno a diminuire.
  Altra domanda: dopo anni che abbiamo parlato di missioni a supporto della pace, adesso torniamo a parlare di missioni di combattimento. Volevo chiedere appunto qual era la sua prospettiva in tal senso.
  Poi, quali sono i gap dello strumento militare che dovrebbero essere colmati con priorità? In particolare, 20.000 civili entro il 2025: secondo lei è davvero raggiungibile questo traguardo e in che modo?
  Infine, secondo lei, è necessario modificare gli armamenti delle nostre Forze Pag. 11armate in vista di un sistema di difesa europeo?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. È iscritto a parlare l'onorevole Mulè. Prego onorevole.

  GIORGIO MULÈ. Grazie presidente.
  Grazie al Generale Portolano per l'ordine nella sua relazione e, soprattutto, per la visione che ci ha consegnato.
  Signor Generale, io vorrei provare a focalizzare l'attenzione sulla componente corazzata dell'Esercito. Lo dico perché il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Serino, nella sua audizione ci ha consegnato un quadro abbastanza devastante dal mio punto di vista, dal momento che ha certificato come l'ultima progettualità risalga agli anni Ottanta, quando erano previsti 200 Dardo e 200 carri Ariete, peraltro mai ammodernati e mai rivisti, quindi vittime di una grave obsolescenza non soltanto logistica ma anche di tipo strutturale.
  Il Generale Serino ci ha detto che, in una fase di transito tra tecnologie che si stanno presentando sul mercato, l'intento era quello di favorire l'acquisizione di carri già in uso e, quindi, affidabili e dotati di una catena di supporto logistico che faceva riferimento ovviamente a Paesi della NATO e dell'Unione europea. Peraltro, a domanda secca, con risposta secca, il Generale Serino ci ha detto che il livello di efficienza si attesta al 60 per cento, cosa che può sembrare tanto, ma può sembrare in realtà pochissimo, soprattutto se «spacchettiamo» il 60 per cento dell'intero livello di efficienza ed entriamo più nel particolare, ma forse non è il caso. Quello che mi interessa è focalizzare l'attenzione sulla componente corazzata, perché ci ha parlato di un lavoro in corso con il Segretario generale per vedere come portare il know-how, il lavoro e la tecnologia in Italia, quindi è un punto fondamentale sulla proiezione che deve avere l'Italia in un momento così delicato.
  Poi, signor Generale Portolano, una curiosità sul fatto che ciò che definiamo oggi è destinato a entrare in uso tra 10, 15, 20 anni, rispetto a scelte che sono però di tipo geopolitico industriale e di difesa e che interpellano direttamente anche delle scelte di tipo politico. Lei accennava a due programmi che mi hanno incuriosito: il primo su uno studio di un elicottero di nuova generazione, e volevo chiederle se ci può dare degli elementi in più anche rispetto al tipo di partnership industriale che si delinea; il secondo programma, sempre di futura realizzazione ma già portato all'attenzione dei decisori politici, riguarda l'aereo multiruolo di sesta generazione. Può dirci qualcosa anche sull'utilità e sull'entità delle ricadute industriali per il Paese che lei ritiene questi due programmi possono avere?
  Grazie Generale.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola adesso all'onorevole Carè.

  NICOLA CARÈ. Grazie presidente. Buongiorno a tutti.
  Generale, io ho avuto modo di conoscerla nella visita che abbiamo fatto alla base di Gibuti; è stata veramente un'esperienza eccezionale, anche perché è stato aperto e ci ha spiegato tutte le operazioni delle missioni all'estero in maniera particolare e molto concreta.
  Lei sa che io sono stato eletto nella circoscrizione estera e tutte le volte che vado all'estero, parlo moltissimo a tutti e con le nostre aziende italiane. Mi ha incuriosito molto il dato, che Lei ha riportato nelle linee programmatiche, riguardo all'export della nostra industria della difesa: i tre quarti della produzione della nostra industria della difesa sono, infatti, proiettati verso l'estero.
  Io mi chiedevo, perché molte nostre aziende, grandissime aziende, a volte si lamentano che non si faccia squadra all'estero, nel senso che dobbiamo andare come team Italia mettendo insieme la parte diplomatica, la parte politica e, soprattutto, la parte militare. Alcune volte la parte militare è presente, altre volte la parte politica, la parte diplomatica effettivamente è sempre presente perché è nei luoghi. Io mi chiedevo come possiamo noi preparare una strategia che ci possa in qualche modo identificare come una squadraPag. 12 Paese? Lei sa bene che la Francia e la Germania, da questo punto di vista, si presentano in maniera compatta su tutti i settori. Anche perché le nostre industrie, come Lei ha giustamente sottolineato, sono veramente all'avanguardia e quindi dobbiamo in tutti i modi far sì che queste possano essere messe in condizione di competere con le altre industrie internazionali. Per questo io ho ascoltato con molta attenzione il reshoring, che mi sembra molto appropriato per garantire la funzionalità di questa azienda. E poi friendshoring è eccezionale perché effettivamente tutte le nostre industrie stanno in qualche maniera entrando in una partnership internazionale, però alcune volte c'è questa lamentela. Il governement to governement è molto importante; credo che sia molto importante anche il business to business o business to governement e vorrei, anche da quel punto di vista, chiederle per quanto riguarda la strategia del cyber perché è importante anche questo.
  Io sono al corrente che nel cyber defence non siamo molto avanti negli studi e nella preparazione, non fa parte delle nostre direttive lo studio, la preparazione sul cyber tech. Credo che la prevenzione sia la cosa migliore e, quindi, prevenire un attacco forse è meglio che pensare soltanto a difenderci. Ecco, da questo punto di vista noi abbiamo una strategia ben precisa, abbiamo delle linee ben precise per il futuro?
  Grazie Generale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Bicchielli.
  Prego onorevole.

  PINO BICCHIELLI. Grazie presidente.
  Grazie Generale. In questi giorni Noi abbiamo ascoltato i responsabili della Difesa del nostro Paese e quello che emerge è una vetustà e obsolescenza del nostro parco strumentale. Non abbiamo armi in grado di essere realmente impiegate sul campo di battaglia, sicuramente a ragione, soprattutto, dell'ipofinanziamento che c'è stato a partire dal 2012.
  Ci sono, però, due cose che io non ho ben inteso, sicuramente è responsabilità mia, e riguardano il fatto che io credo che il legislatore debba fare la sua parte. Lei ha detto che la sovranità tecnologica è fondamentale in un comparto come quello della Difesa e il rapporto con la politica industriale del Paese è essenziale, ma allora – secondo Lei – non è necessario, proprio perché è importantissimo avere un perimetro finanziario e temporale nel momento in cui si progetta, si pensa e si costruisce un'arma, creare dei tavoli permanenti tra mondo della difesa e mondo dell'industria che si occupano proprio di questo? Perché il fatto che ogni volta bisogna iniziare un percorso ex novo secondo me rallenta.
  Nell'audizione di ieri ci hanno spiegato quanto è importante la velocità nella decisione, perché ormai la tecnologia la fa da padrona, quindi bisogna essere in grado di pensare, ideare e costruire un'arma in tempi brevissimi.
  Poi anche a Lei, come ho fatto anche agli altri, volevo domandare una sua opinione sul caccia di sesta generazione visto che ne ha parlato. Purtroppo, noi vediamo due cordate: una europea e un'altra è la nostra che vede impegnate insieme Inghilterra, Italia e Giappone. Sono due cordate che stanno lavorando nella stessa direzione e che rischiano, secondo il mio modestissimo parere, di non arrivare a compimento. Oltretutto ieri abbiamo anche scoperto che, forse, un caccia giapponese deve essere diverso da un caccia europeo. Questo era un punto che mi mancava e che ieri ce l'hanno spiegato, quindi vorrei avere anche su questo la sua opinione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre richieste di intervento do la parola al Generale Portolano per poter rispondere alle vostre domande. Prego.

  LUCIANO PORTOLANO, Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti. Grazie. Provo a rispondere velocemente a tutte le domande.
  Cominciamo dal 2 per cento del PIL e devo dire che, ho preso nota, l'invasione russa oltre a risvegliare le coscienze dei Paesi ottimisti ha evidenziato essenzialmentePag. 13 due tipologie di problemi: il primo da ravvisarsi nella scarsa capacità di schierare immediatamente forze pronte in caso di crisi in qualunque fianco (adesso parliamo del fianco orientale); il secondo è la scarsa qualità di armamenti attualmente disponibili di cui abbiamo parlato a lungo e di cui Capi di Stato Maggiore di Forza armata hanno già espresso perplessità. Entrambe le problematiche, dal mio punto di vista, sono il frutto di anni di scarsi investimenti.
  L'obiettivo del budget al 2 per cento consentirà sicuramente di mitigare questa criticità e parlo di mitigazione come forma alternativa o temporanea di risoluzione di un problema. Però dobbiamo ricordare che il livello di spesa per la Difesa degli Stati membri dell'Unione europea alla fine della seconda guerra fredda si attestava al 2,5 per cento del PIL, quando la minaccia russa era sensibilmente inferiore a quella di oggi e la Cina non era neanche lontanamente la potenza militare di questo tempo.
  Poi, sempre parlando del 2 per cento del PIL, non si tratta solo di potenziare la parte investimento perché l'operatività della Difesa non dipende esclusivamente dalla disponibilità di mezzi e sistemi d'arma, ma anche dalla loro manutenzione, dal supporto logistico, dalle infrastrutture necessarie, nonché dal personale che deve essere formato e costantemente addestrato all'impiego di sistemi sempre più coerenti. Per cui la risoluzione del 2 per cento è uno strumento che consentirà di permettere le criticità che oggi viviamo a seguito dell'evoluzione nel tempo del quadro geopolitico.
  L'altra domanda era relativa alla possibilità di fornire carri armati all'Ucraina. Io dico, tenuto conto dei pacchetti di forze che sono state concesse dall'Italia, che oggi l'Ucraina accoglierebbe ogni altro sforzo teso ad incrementare le proprie capacità. Il vero moltiplicatore di forza è rappresentato da sistemi d'arma tecnologicamente avanzati che hanno dimostrato di garantire un vantaggio decisivo per riequilibrare i rapporti di forza e, parlando dei carri armati, io penso che nel conflitto ucraino questi abbiano dimostrato l'alta valenza operativa delle forze corazzate, l'elevata mobilità e il grado di protezione che sono capaci di offrire.
  I Leopard già dismessi nel nostro Esercito, pur non essendo tecnologicamente all'avanguardia, comunque potrebbero risultare efficaci per alcuni tipi di operazioni offrendo, tra l'altro, quella mobilità e adeguata protezione che in un momento dello sviluppo delle operazioni belliche in Ucraina, ritengo sia necessario.
  Poi c'era una domanda relativa alle prospettive in merito al futuro. Dal mio punto di vista, ritorno al concetto di sostegno all'Ucraina, ritengo che la scelta dell'Italia e della comunità internazionale di fornire un supporto di tipo militare all'Ucraina sia uno sforzo indispensabile per porre le basi alla risoluzione del conflitto. E dico anche perché. Il nostro supporto è diretto a chi sta combattendo una guerra di difesa, una guerra di necessità in risposta ad una guerra di aggressione voluta dalla Russia. Concettualmente ritengo che bisognerebbe ricordare che un aggressore non è disposto al dialogo e nemmeno al compromesso fin quando non comprende l'impossibilità di raggiungere quegli obiettivi che si era prefissato prima del conflitto. Quindi, il presupposto fondamentale per dialogare è la volontà dei due contendenti di farlo. Per cui le volontà mutano in base alle dinamiche del campo di battaglia e in funzione dei rapporti di forza che si palesano e determinano il peso negoziale dei due contendenti nella trattativa politica che conclude le ostilità. Pertanto, dal mio punto di vista, il conflitto in Ucraina terminerà quando le dinamiche del campo di battaglia avranno imposto il cambio di postura dell'aggressore, aprendo la possibilità ad un nuovo confronto politico. Per questo ritengo che il sostegno all'Ucraina è uno sforzo indispensabile per porre le basi alla risoluzione del conflitto. Però vorrei aggiungere una cosa: allo stesso tempo ritengo sia opportuno, oltre che continuare a supportare l'Ucraina, continuare ad avviare un pensiero, un'attività di possibile pianificazione, a quello che potrebbe essere lo scenario post conflict e pianificare tutte quelle attività di Pag. 14supporto e sicurezza che, dal mio punto di vista, saranno necessarie in quella delicata fase.
  L'altro aspetto è relativo alle scorte. È un argomento su cui stiamo lavorando ed è una criticità che non riguarda soltanto il nostro Paese, ma tutto il mondo occidentale in supporto, ecco perché io ho parlato delle sovrapposizioni di tre momenti: ripianare le scorte depauperate a seguito del supporto all'Ucraina; ripianare le scorte che erano necessarie per i livelli standard necessari a garantire difesa e sicurezza in funzione delle quattro missioni assegnate; infine pianificare le scorte per futuri scenari e sviluppi del quadro geopolitico e geostrategico.
  Oggi l'industria è in grado di garantire ritmi produttivi che sono tarati per soddisfare la domanda tipica di una soluzione di pace. Sono ritmi che dovranno essere rivisti per sopperire alle esigenze legate all'eccezionalità del momento, però io ritengo anche che, prima di chiedere alle nostre industrie di incrementare le linee di produzione, sarebbe necessario identificare il nostro livello di ambizione con una visione strategica a medio e lungo termine. Questo servirà a fornire le necessarie certezze, anche contrattuali, a supporto di investimenti necessari per aumentare la produzione.
  Inoltre, ne ho fatto cenno durante il mio intervento, dobbiamo lavorare per assicurare quella catena di approvvigionamento poiché senza materie prime o semi lavorati ogni sforzo per incrementare la capacità produttiva sarebbe assolutamente vano.
  La domanda relativa al world fighting. Parlare oggi di world fighting dal mio punto di vista vuol dire includere tutti i domini nell'ambito delle operazioni. Oggi si parla molto di joint and old main operations. Quello che, dal mio punto di vista, vorrei evidenziare è che dobbiamo sempre ricordare che le nuove minacce non sostituiscono mai quelle precedenti, ma si sommano a quelle aumentando esponenzialmente la complessità degli scenari. Quindi ritengo che sia importante focalizzarsi sull'opzione più onerosa, che è il world fighting, poiché è più semplice operare uno scale down dal world fighting verso il peacekeeping piuttosto che fare uno scale up come ci troviamo oggi a dover sostenere dopo anni di operazioni di stabilizzazione e di mantenimento della pace.
  Mi sono segnato capacity building e capacity training, avendo trascurato per troppo tempo soprattutto una componente del multi-domain che è stata fortemente impegnata in queste operazioni. Mi riferisco alla componente terrestre e, in particolare, alla necessità di ammodernamento delle piattaforme da combattimento. Questo perché proprio le forze terrestri sono state quelle più impegnate in operazioni di peacekeeping e a supporto delle Forze di polizia sul territorio nazionale focalizzando l'attenzione essenzialmente sulla terza e quarta missione, quando io nell'introduzione ho parlato invece della necessità di porre oggi il focus, dalle lezioni apprese in Ucraina, sulla prima e seconda missione.
  Quanto al personale civile, le 20.000 unità sarebbero nel mio libro dei sogni; ad oggi la forza effettiva di tutto il personale civile della difesa è di 15.000 unità, il 54 per cento del totale complessivo organico. Fino a dicembre 2024 la previsione dei pensionamenti è pari a 1.165 unità, che porterebbe la consistenza organica a 13.800 unità. Quindi, scenderemo ancora di più, determinando una carenza superiore alle 6.000 unità. Il piano triennale del fabbisogno 2021/2023, già autorizzato, prevede 2.430 assunzioni, mentre quello 2022/2024, in fase di autorizzazione, 2.230 più o meno. Se metto a sistema tutti questi dati per arrivare a 20.000 serviranno ulteriori 1.400 assunzioni, che saranno indicate nel prossimo piano triennale del fabbisogno. Naturalmente è un trend che bisognerà mantenere con volontà da parte dell'area tecnico amministrativa attraverso PERSOCIV, ma in un contesto molto più ampio che investe anche tutta la parte nazionale.
  Per fare questo voglio evidenziare (e mi riferisco a PERSOCIV in particolare, la Direzione generale per il personale civile) che è necessario colmare al più presto le vacanze organiche, perché questo potrebbe creare forti criticità alla gestione di enti con forte prevalenza della componente civilePag. 15 ma le cui attività (credo che sia stato già esposto dai Capi di Stato Maggiore di Forza armata) oltre che sull'area tecnico operativa hanno impatto anche sull'area tecnico amministrativa. Mi riferisco, per esempio, all'Arsenale di Taranto o, per l'area tecnico amministrativa, al Poligono sperimentale di Nettuno. Una spinta è necessaria sia dalla parte del settore Difesa, sia in un complesso molto più ampio nazionale.
  L'onorevole Mulè parlava del gap dello strumento militare e ritorno a quello che ho detto prima. Lo strumento militare è efficace (questo l'onorevole Mulè me lo ha sentito dire quando era sottosegretario alla Difesa) quando nell'ambito del joint and all-domain tutti i domini sono in grado di operare sinergicamente. Infatti, sottolineo spesso che la capacità integrata multi dominio non è la somma di singoli addendi, ma è un prodotto di capacità. Quindi, nell'ambito del multi dominio, la principale necessità oggi, tenuto conto che si tratta non di una somma ma di un prodotto, è dal mio punto di vista, la componente terrestre con particolare riferimento ai mezzi delle forze pesanti. Oggi li chiamiamo Infantry FightingVehicles, una volta si chiamavano veicoli da trasporto e combattimento. Una volta erano i carri armati, oggi sono diventati Main Battle Tanks con un'evoluzione che va da Infantry Fighting Vehicles verso AICS Armor Infantry Combat System, oppure se parliamo di carri armati si va verso il Main Ground Combat Systems. Si tratta di sistemi di sistemi a cui dobbiamo guardare per il futuro anche perché oggi la minaccia sul campo di battaglia prevede l'impiego di droni, di Loitering Munitions, di capacità di sistemi e armi controcarro che devono essere fortemente contrastate nell'ambito del moderno campo di battaglia.
  Su questo consentitemi di ricordare le mie esperienze da ex comandante che ritengo importanti. Questa è una responsabilità sì verso il Paese, ma è un dovere nei confronti delle nostre donne, dei nostri uomini che questi sistemi devono impiegare negli scenari futuri.
  Adesso parlo da Direttore nazionale degli armamenti e do una risposta che un po' include alcune delle domande che mi sono state fatte. Tutto il mio supporto affinché lo sviluppo di questi programmi assicuri percorsi di crescita e di competitività della base industriale della Difesa. Questa è la risposta che mi sento di dare.
  L'onorevole Mulè ha parlato anche di gaps nell'ambito degli Infantry fighting vehicles, della capacità di colmare tale gap con i CV 90 eccetera. Il problema è all'attenzione del Ministro della difesa, che sta valutando tutte le opportunità con il focus principale di colmare rapidamente i gaps di cui abbiamo parlato. Contemporaneamente ai gap fillers che sono stati individuati e che saranno individuati sulla base anche delle decisioni dell'autorità politico militare, stiamo anche lavorando per individuare quei criteri a cui dovranno rispondere le Piattaforme Next Generation. Ecco perché parlavo di Infantry fighting vehicle guardando al futuro AICS o main battle tank e al futuro Main Ground Combat Systems. Comunque assicuro nuovamente che tutti gli aspetti di carattere industriale per garantire la partecipazione italiana, il ruolo italiano e le eccellenze italiane nell'ambito dello sviluppo di questi programmi sono all'attenzione e costituiscono elementi di valutazione.
  Per quanto riguarda il GCAP, il programma si inquadra dal mio punto di vista, e non solo dal mio punto di vista, in un modo complementare a quello che è l'F-35 assetto di quinta generazione, che dovrebbe essere sostituito poi nel tempo con capacità sicuramente superiori. La scelta di aprire una collaborazione con il Regno Unito e con il Giappone si spiega con il fatto che i tre Paesi sono tre Paesi che impiegano l'F-35 e, quindi, hanno una base comune di conoscenza su cui impostare un programma di sesta generazione.
  L'iniziativa del GCAP comunque è aperta a potenziali partner in ambito europeo che restano per noi un riferimento anche per affinità di obiettivi strategici nel medio e lungo termine, senza dimenticare però che oggi si parla moltissimo di Mediterraneo allargato e, quindi, la cooperazione internazionale deve essere orientata ad assicurare ad Pag. 16ogni progetto la soluzione più adeguata oltre che in termini capacitivi soprattutto dal punto di vista tecnico operativo e nel quadro della politica geostrategica, anche come possibilità di acquisizione know-how tecnologico massimizzando il ritorno industriale.
  Questo accordo inizialmente solo con il Regno Unito, ma vedeva anche la Svezia con un ruolo minore, si inquadra nelle sinergie già esistenti tra i due Paesi già partner nei programmi Tornado ed Eurofighter a cui si aggiungono poi forti legami industriali assicurati da Leonardo e MBDA. La partecipazione del Giappone, invece, conferisce una solidità a una visione strategica, quella cui facevo riferimento prima in maniera molto superficiale e rapidamente; credo che sarà un argomento che sarà trattato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, una visione strategica sugli obiettivi di lungo tempo abilitando un ruolo di primo piano dell'Italia nelle interlocuzioni con uno degli attori più importanti dell'Indo Pacifico. Quindi apre opportunità industriali e tecnologiche estremamente vantaggiose ed offre una maggiore sostenibilità finanziaria al programma.
  Il new generation fast helicopter è un argomento del quale con l'onorevole Mulè abbiamo parlato e discusso in diverse sedi. Si tratta di nuovi elicotteri che vanno ad inserirsi (siamo in una fase di studio) in un campo di battaglia joint, in un contesto all-domain, che onestamente al momento vedo come elemento complementare all'elicottero tradizionale avanzato tecnologicamente. Si pone come un anello di congiunzione tra lo sviluppo nel campo aereo della quinta, sesta generazione e l'impiego dell'elicottero all'interno di un battlefield che prevede operazioni in profondità, operazioni a contatto, operazioni nell'ambito delle retrovie, con delle minacce tradizionali a cui si aggiungono le minacce derivanti dai nuovi sviluppi della tecnologia.
  Esistono diverse iniziative: c'è il new generation rotorcraft, l'european new generation rotorcraft technology, il new generation fast helicopter che si inserisce nell'ambito del programma Future Vertical Lift Sikorsky, quindi, attualmente stiamo analizzando quelle che sono le opportunità da cogliere alla luce delle prioritarie esigenze delle nostre Forze armate nel quadro del sempre joint e multi dominio.
  L'altra domanda era sulla necessità di fare squadra. Onestamente sono d'accordo con l'onorevole Carè su quella che è la situazione attuale, ma questa è una delle linee, uno degli obiettivi che intendo raggiungere attraverso delle condizioni. Uno degli strumenti che, dal mio punto di vista, potrebbe essere efficace per creare sintonia, sincronismo, ma soprattutto percorrere una linea comune per il raggiungimento unitario a livello nazionale degli obiettivi, è proprio il tavolo di coordinamento della politica industriale che, come ho detto in sede di audizione, è volto alla definizione di un piano di innovazione tecnologica della Difesa. Un tavolo a cui partecipa non solo la Difesa con l'area tecnico-amministrativa, tecnico-operativa, ma partecipano diversi Dicasteri, centri di ricerca, industrie e rappresentanti dell'industria per individuare quella via comune che ancor di più ci renda sistema Paese agli occhi della comunità internazionale, rendendoci ancor più efficaci di quanto non siamo adesso. Un esempio di squadra in tal senso è stato fatto in Brasile nell'approccio con la difesa le Forze armate brasiliane, sostenendo l'industria sia dal punto di vista politico militare che dal punto di vista tecnico militare (è cosa che ormai è su tutti i giornali) nell'acquisizione del Centauro 2.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altre richieste di intervento, ringrazio ancora il Generale Portolano per questa importante opportunità di confronto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.50.

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ALLEGATO

Presentazione informatica illustrata dal Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, Generale C. A. Luciano Portolano.

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