XIX Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 7 marzo 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MADE IN ITALY: VALORIZZAZIONE E SVILUPPO DELL'IMPRESA ITALIANA NEI SUOI DIVERSI AMBITI PRODUTTIVI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Unioncamere.
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 2 
Tripoli Giuseppe , segretario generale di Unioncamere ... 2 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Tripoli Giuseppe , segretario generale di Unioncamere ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 

Audizione di rappresentanti della Federazione ANIE:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Iucci Giulio , vice presidente ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Treu Tiziano , presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 10 
Gualaccini Gian Paolo , consigliere coordinatore del gruppo di lavoro PNRR turismo, del CNEL ... 10 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Treu Tiziano , presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) ... 12 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 11.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Unioncamere.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Unioncamere nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIUSEPPE TRIPOLI, segretario generale di Unioncamere. Ringrazio il presidente e la Commissione per averci invitati a partecipare ai lavori che sta sviluppando sul tema del made in Italy, che è un tema centrale ovviamente per l'economia italiana e per le imprese italiane.
  Io vorrei muovere da una considerazione di fondo, cioè che oggi il concetto del made in Italy, nel modo in cui tradizionalmente è stato pensato, va ripensato. Diciamo che da questo punto di vista, questi ultimi anni, in particolare quelli collegati agli eventi che abbiamo vissuto per la pandemia, per la crisi della guerra e la successiva trasformazione di tanti fattori economici, in primis il livello dei prezzi a livello mondiale, ha fatto emergere una serie di fatti tra i quali vorrei sottolinearne qualcuno.
  Anzitutto abbiamo visto che l'export italiano è cresciuto in modo consistente in questi anni e l'export è la chiave di lettura più interessante per valutare il fenomeno del made in Italy. È cresciuto non solo in volumi in modo significativo ma, in questi ultimi anni, sono cresciuti anche i valori medi unitari dell'export italiano, il che vuol dire che ha incorporato più valore ed è stato apprezzato di più. In media il 16,5 per cento in più negli ultimi cinque anni, più della Germania, 13,9 per cento, più della Francia, 14 per cento in più.
  Però, e questa è una conferma di questi anni, proprio nei settori tradizionali del made in Italy la crescita del valore è stata più significativa: nell'abbigliamento è cresciuto del 75 per cento il valore medio, nel settore delle pelli del 67,5 per cento, nel settore del legno del 64,9 per cento. Questo vuol dire che i consumatori di tutto il mondo riconoscono quello che si chiama un premium price, cioè un valore al prodotto italiano per la sua qualità, è quello che si dice tradizionalmente l'italian way of life che è incorporata in essi, e questa è una conferma che è venuta da questi anni.
  Però dicevo che il concetto va un po' ripensato e va allargato. Oggi chi compra i prodotti italiani li compra non solo perché Pag. 3incorporano l'italian way of life, ma perché incorporano tanta innovazione scientifica, tanta innovazione tecnologica, su tutti i settori science based, cioè i settori più innovativi. Per esempio, la crescita dell'export è stata molto significativa, dal farmaceutico, ai chimici, all'ottica, all'ICT (tecnologie dell'informazione e della comunicazione), percentuali che vanno dal 30 al 70 per cento.
  Il green, è un altro valore che viene riconosciuto alle produzioni italiane. Il livello di sostenibilità media della produzione italiana è più elevato di quello delle produzioni di altri Paesi.
  E, terzo elemento che viene riconosciuto in questa fase sempre di più ai prodotti italiani, è l'affidabilità e la sicurezza nel livello dell'alta qualità. Questo è molto importante, perché la trasformazione del commercio internazionale vede molta produzione italiana diventare produzione che viene incorporata in altri beni, prodotti in altri Paesi. L'export dei beni intermedi è cresciuto del 37,8 per cento nel 2022, più di quello dei beni di consumo.
  Ecco, la conclusione che vorrei trarre è questa, il concetto su cui lavorare oggi è quello per cui il made in Italy non coincide con i settori a cui tradizionalmente era associato, le famose quattro A (abbigliamento, arredamento, automotive e agroalimentare), e le F di food fashion forniture.
  Ecco, non è più solo quello il made in Italy. Il made in Italy è una pluralità di settori, di merceologie che vengono riconosciuti e apprezzati dai consumatori e dalle imprese di tutto il mondo. Pensate per esempio alla componentistica dell'automotive, è molto apprezzata dai produttori, è un pezzo di made in Italy.
  Chiudo questa prima considerazione dicendo che da questo punto di vista questo è un punto di forza del settore imprenditoriale italiano.
  Do ancora un altro dato. I primi 50 prodotti che esportiamo nel mondo valgono il 29 per cento del nostro export, per la Germania, la Francia o il Giappone valgono molto di più percentualmente, il che vuol dire che il nostro export riguarda una serie di produzioni di settori diversi, che rendono la nostra economia straordinariamente flessibile e nei momenti difficili più resiliente.
  Seconda considerazione che collego a questa. Allora potremmo dire va tutto bene, è andato tutto bene, sta andando tutto bene? Do due informazioni, che secondo me sono a vostra conoscenza ma le sottolineo, che fanno sorgere qualche riflessione. Intanto il numero delle imprese esportatrici si è costantemente ridotto negli ultimi anni, diciamo che si è ridotto del 3,3 per cento tra il 2016 e il 2019, erano 127.000 e oggi sono 123.000 circa. Ma più in particolare si è ridotto il numero delle piccole imprese, del 4,3 per cento; mentre il numero delle medie o grandi imprese che esportano è cresciuto del 7,7 per cento. Questo ha fatto sì che anche il contributo delle piccole imprese all'export del Paese si è ridotto dal 22 per cento al 20 per cento.
  Perché è importante questo? Per tre considerazioni.
  Primo, perché il bacino delle imprese medio-grandi è costituito dalle imprese piccole: se ci sono meno piccole imprese che esportano ci saranno in futuro meno imprese medie o grandi capaci di interloquire sui mercati internazionali.
  Secondo, c'è un numero di imprese che potrebbero esportare ma che non esportano, che noi sulla base dei nostri studi abbiamo stimato essere tra le 44.000 e le 48.000 unità, il che vuol dire che manca un pezzo di export al nostro Paese. Qual è l'importo che mancherebbe al nostro Paese? Mancherebbe circa un 7 per cento di export in più, tra i 40 e i 44 miliardi, se le imprese che esportavano o che esportano casualmente esportassero stabilmente, e la gran parte sono piccole aziende.
  Infine, un'ultima considerazione, la via dell'export è la chiave per l'irrobustimento aziendale, chi esporta, anche se piccolo, investe di più in tecnologia, in capitale umano, in innovazione, in qualità della produzione, in capacità di certificazione sui sistemi volontari quindi riconosciuti anche all'estero.
  Allora aver perso questa quota di piccole imprese, che erano esportatrici o che oggi non lo sono più o che esportano solo Pag. 4raramente, è una perdita in prospettiva per il nostro Paese, e noi dobbiamo lavorare tenendo conto dell'oggi ma anche di quella che sarà la platea delle nostre imprese che esportano domani.
  E allora mi avvio al punto ultimo che volevo sottolineare, ossia che va un po' ripensata la strategia per l'internazionalizzazione. E io dico questo, l'ICE ha fatto un grande lavoro in questi anni, un grandissimo lavoro, perché non avremmo avuto questi risultati che abbiamo oggi. Però mi permetto di dire che, ovviamente, per le aziende più piccole non c'è la possibilità, la fattibilità di un supporto attivo dell'ICE, come c'è per le aziende che ovviamente esportano di più o che sono di dimensione più grande.
  Questo lavoro di affiancare le piccole imprese nei percorsi dell'internazionalizzazione, fino al 2016-2017, lo facevano le Camere di commercio. In quell'anno fu introdotta una norma che ha immesso un divieto per le Camere di commercio per operare con azioni di promozione diretta all'estero. È una norma che oggi non ha proprio più senso, non ha più senso che il Paese si privi di uno strumento di supporto alle piccole aziende per andare all'estero, aziende che hanno prodotti di qualità e che se aiutate saprebbero bene investire e ben commercializzare con l'estero e che invece non sono supportate per una norma che non ha più senso venga tenuta in piedi.
  Tenete conto che, per esempio, la nostra rete delle Camere di commercio italiane all'estero oggi, con le sue forze proprie e con un piccolissimo contributo dello Stato, supporta per il 95 per cento imprese piccole. Quindi la prima richiesta che faremo, in un'azione di rilancio, è rimuovere questo divieto e sostenere anche finanziariamente lo sforzo che le Camere di commercio possono fare per allargare la platea delle imprese esportatrici verso le piccole imprese.
  Secondo tema è l'italian sounding. Abbiamo recentemente fatto con Assocamerestero, cioè con le Camere di commercio italiane all'estero, una valutazione di quanto vale l'italian sounding. I numeri sono quelli che a volte appaiono e che vengono ancora una volta confermati: sono circa 80 i miliardi di italian sounding nel mondo, in Paesi e in mercati che uno non penserebbe siano quelli in cui il numero dei prodotti dell'italian sounding siano così numerosi. Faccio riferimento al Giappone, al Brasile, alla Germania che è un Paese nel quale l'italian sounding ha uno spazio molto ampio.
  Le Camere italiane all'estero fanno un'azione di supporto in termini di crescita dell'informazione ai consumatori e lo hanno fatto: hanno coinvolto circa 700.000 consumatori. Ma dovrebbe esser fatto molto di più, quello è uno spazio che può essere utilmente recuperato a produzioni autenticamente italiane, fatte in Italia, realmente espressive del made in Italy, ma serve più consapevolezza nei consumatori e quindi più azioni di marketing e informazione.
  E io dico che serve anche una rete di tutela della proprietà intellettuale più ampia di quella che oggi è stata fatta, che già esiste e che l'ICE assicura in una decina di Paesi. I desk per la tutela della proprietà intellettuale potrebbero essere estesi, o potenziati nei Paesi dove già ci sono, affidandone la gestione alle Camere italiane all'estero, e questa è la seconda idea che noi proponiamo.
  Chiudo dicendo che i temi chiave per lo sviluppo del made in Italy hanno anche altre caratteristiche. Ci sono temi ulteriori: c'è il tema del brand della tracciabilità, su cui le Camere stanno lavorando sul fronte dell'artigianato, del settore orafo, con il marchio identificativo per l'Italia all'interno della Convenzione di Vienna, sulla tracciabilità della sostenibilità nella nautica, nel calzaturiero, nell'agroalimentare non solo con i prodotti DOP e IGP ma con i 90 marchi collettivi che le Camere di commercio hanno aiutato le imprese a costituire e a promuovere.
  C'è un collo di bottiglia importante per lo sviluppo del made in Italy, che noi segnaliamo da tempo, ed è il bacino delle competenze professionali. Oggi un'impresa, di qualunque settore, soprattutto di quelli più innovativi, fa fatica, in un caso su due, a trovare le competenze professionali.Pag. 5
  Noi stiamo lavorando proprio sui settori tradizionali del made in Italy (della meccatronica, della moda, dell'agroalimentare, della meccanica, del turismo) per costituire un sistema di certificazione delle competenze che aiuti più facilmente le imprese a valutare e a conoscere, anche con sistemi di piattaforma telematica, le competenze professionali che sono disponibili.
  Però questo è un tema chiave del Paese presidente, lo sottolineo. Perché, oltre la carenza di professionalità come lavoratori dipendenti, come collaboratori delle imprese, quello che gli esperti chiamano mismatching, che è particolarmente sentito nel nostro Paese e che dipende da tante ragioni, guardi che c'è un altro aspetto molto delicato: è che il numero delle imprese giovanili è in decrescita negli ultimi anni, e come dicevo per le imprese che esportano vale anche per le imprese tout court...

  PRESIDENTE. Segretario generale la invito, purtroppo, a concludere perché stiamo andando verso i 15 minuti e ci sono anche altri soggetti da audire.

  GIUSEPPE TRIPOLI, segretario generale di Unioncamere. Termino segnalando altri due temi, presidente: il tema della crescita nella cultura digitale delle imprese e nell'aiuto alla transizione ecologica, perché soprattutto l'utilizzo dei requisiti ESG, è un tema che va affrontato per tempo per evitare spiazzamenti che potrebbero realizzarsi all'interno del sistema imprenditoriale, soprattutto delle piccole aziende.
  Io qui mi fermo, faccio avere la documentazione che lei richiedeva facessimo avere anche in forma più estesa. Torno a segnalare soprattutto i punti relativi alla possibilità di espansione sull'attività dell'internazionalizzazione e della commercializzazione, col ripristino delle competenze piene delle Camere sia italiane che italiane all'estero e delle risorse collegate. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il segretario generale di Unioncamere intervenuto per l'esauriente esposizione e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Federazione ANIE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Federazione ANIE nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Giulio Iucci, vice presidente Federazione ANIE, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIULIO IUCCI, vice presidente. Buongiorno, grazie presidente dell'audizione che riteniamo estremamente interessante per il nostro comparto. Parto molto velocemente per rispettare le indicazioni che mi ha dato.
  Noi siamo ANIE, la Federazione che raggruppa i comparti dell'industria elettrotecnica ed elettronica, un mondo che fattura circa 76 miliardi e che sviluppa di questo fatturato un 5 per cento nella ricerca e sviluppo. Abbiamo all'interno 1.500 aziende, di cui circa 1.000, anche un po' di più, sono PMI, quindi siamo molto sensibili ai temi dello sviluppo delle PMI.
  Faccio una veloce premessa.
  La produzione in Italia avviene in un contesto normativo che non sempre in altri Paesi, soprattutto quelli extra UE, troviamo, quindi sia in termini di sostenibilità ambientale, sicurezza dei luoghi di lavoro e costi del personale per la tutela del personale. Questo significa che c'è un rischio continuo di non competitività delle nostre aziende soprattutto sull'internazionalizzazione o sui prodotti made in Italy. Quindi Pag. 6qualsiasi iniziativa in tal senso per noi è ben voluta.
  Vado velocemente sul contesto economico.
  Nell'ultimo biennio abbiamo avuto uno shock imprenditoriale dovuto a due macro temi: quello delle materie prime, quindi sia il problema dell'innalzamento spasmodico dei prezzi delle materie prime, e anche quello del non trovarle sul mercato. Questo ha portato grandi difficoltà nello sviluppo del nostro comparto, ci sono state sicuramente molte iniziative da parte del Governo, anche passato, ma riteniamo che dobbiamo sviluppare ancora di più tutta la parte che riguarda il caro-materie prime, in quanto le iniziative sono state legate solamente a materiali per i lavori pubblici o lista-materiali per il settore costruttivo, mentre tutto il nostro mondo della tecnologia impiega materie prime di diverso tipo che devono essere valorizzate in questo senso.
  Per quel che riguarda, invece, il tema dell'approvvigionamento, noi sappiamo che la Commissione europea dichiara di voler adottare una proposta di legge sulle materie critiche. Questo è un punto molto importante per cercare di ridurre l'eccessiva dipendenza da Paesi terzi, soprattutto fuori dall'Unione europea, e noi riteniamo che sia importante avere un ruolo attivo in questa svolta.
  Sul caro-energia sappiamo perfettamente ciò che è accaduto, sia prima della guerra in Ucraina sia successivamente. Sono state adottate delle misure eccezionali dal Governo molto apprezzate. Riteniamo che sia importante avere anche un'attività a medio-lungo termine soprattutto sullo sviluppo e la promozione delle energie rinnovabili, ma anche sulla riforma del mercato elettrico, come ho sentito molto spesso anche parlarne all'interno di questo Governo, cioè scorporare le rinnovabili dal prezzo del gas.
  Per quel che riguarda la promozione all'utilizzo dell'energia elettrica ovviamente noi continuiamo a chiedere agevolazioni legate a interventi tecnologici, il famoso Bonus tecnologie, soprattutto per quel che riguarda le due transizioni fondamentali gemelle: cioè energia e digitalizzazione.
  Certifichiamo anche problematiche, che abbiamo nel settore, nel reperimento di competenze, soprattutto le nuove competenze legate alla digitalizzazione, ma anche al personale specializzato. Do solo un numero per dare un'idea: noi richiediamo almeno 80.000 diplomati l'anno all'ITS e invece ne abbiamo iscritti 20.000 all'anno, quindi c'è un gap. Questo mismatch tra domanda e offerta è intorno al 45 per cento, questo è un punto molto delicato di nostra grande attenzione.
  Per quel che riguarda il contesto normativo, certifichiamo che ANIE è soggetta a una legislazione comunitaria di armonizzazione all'interno della UE. Noi abbiamo le stesse problematiche, soprattutto per la sicurezza dei requisiti, ma extra UE ci sono delle problematiche di non armonizzazione, quindi si chiede la certificazione di un prodotto di parte terza.
  Per quel che riguarda i nostri prodotti, certifichiamo ed evidenziamo un problema. La nostra legislazione ha severi requisiti per quel che riguarda tutto il mondo dell'economia circolare (quindi ovviamente efficienza energetica, sostanze pericolose da limitare, sostenibilità), non sempre abbiamo questa stessa attenzione dal mondo extra UE e soprattutto le certificazioni alcune volte non risultano veritiere.
  Per quel che riguarda le proposte, valutiamo molto positivamente la certificazione governativa volontaria del made in Italy, questo è un punto di grande interesse per noi, come quella della piattaforma on-line, che possa far valorizzare una vetrina dei prodotti realizzati, anche quelli tecnologici, che possono trovare una grande visibilità. Come anche la necessità di un efficace contrasto all'italian sounding, cioè tutto quello che è il mondo della falsificazione e contraffazione del made in Italy. Quindi in questo senso noi chiediamo una forte sorveglianza delle autorità competenti e il ritiro dal mercato ed eventualmente dei prodotti non conformi.
  Per quel che riguarda l'internazionalizzazione vogliamo citare due punti: la certificazione dei prodotti, soprattutto per quel Pag. 7che riguarda il problema delle PMI, extra UE. Abbiamo forti certificazioni di tutti i prodotti che andiamo a internazionalizzare, si chiede soprattutto per le PMI una possibile agevolazione per il raggiungimento della certificazione di questi prodotti, così come anche contributi ad enti che possono lavorare in tal senso.
  Un altro tema è quello di creare un importante fondo per il finanziamento degli studi di fattibilità per quelli che sono i Paesi in via di sviluppo, questo soprattutto per quel che riguarda le grandi infrastrutture tecnologiche, dove ANIE ha molte aziende su reti ferroviarie, elettriche, idriche, eccetera. In tal senso sappiamo che Francia e Spagna hanno già lavorato in maniera interessante, e questo valorizzerebbe le aziende nazionali sull'internazionalizzazione.
  Per quel che riguarda la parte delle semplificazioni ci sarebbe molto da dire, cercherò di essere il più breve possibile.
  Sugli investimenti pubblici e privati, si deve facilitare il più possibile l'apertura di nuovi cantieri ma anche chiudere i progetti avviati nei tempi previsti dal PNRR; ovviamente si deve quindi incidere sugli oneri e adempimenti che gravano sulle imprese. È stato già fatto molto nelle semplificazioni, crediamo di dover lavorare ancora con maggior decisione in tal senso.
  Anche sulla realizzazione delle infrastrutture e sull'edilizia pubblica e privata c'è un tema molto importante, sempre sui due temi, quello della digitalizzazione e della riqualificazione energetica. Ovviamente, in tal senso, questi due settori noi riteniamo che debbano avere, per esempio quello della digitalizzazione, un indice di digitalizzazione per un incentivo fiscale più semplice. Noi proponiamo un Bonus tecnologia che possa avere un 65 per cento su tutte quelle che sono le tecnologie abilitanti il green.
  Ovviamente vi è anche tutta un'altra serie di semplificazioni sui contratti pubblici. Sicuramente la riduzione dei tempi, le procedure di affidamento diretto; però bisogna anche sgravare le imprese da tutta una serie di ingiustificati e inutili appesantimenti burocratici nel partecipare alle gare: andrebbe quindi snellita e semplificata tutta la procedura.
  Anche sul tema della riduzione dei contenziosi bisogna trovare a nostro avviso un maggiore equilibrio nella fase di contrattazione con l'ente appaltante, soprattutto sull'aspetto prezzi. Ribadiamo che non è molto importante per noi andare sugli indici ISTAT, perché gli indici ISTAT non hanno all'interno, come ho già avuto modo di dire, una serie di materie prime che sono di nostro utilizzo, quindi va rivisto con maggiore attenzione questo aspetto.
  Riteniamo inoltre che un'altra semplificazione importante sia quella che viene dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC). In questo senso, questo già prima del conflitto, era un obiettivo che era stato fissato, con un raggiungimento per le rinnovabili fino al 55 per cento. È evidente che nei prossimi otto anni questo raggiungimento è molto sfidante e molto complesso, quindi riteniamo che occorre semplificare ancor di più, cosa che è già stata fatta nei decreti semplificazioni e, in ultimo, PNRR del 24 febbraio, però i tempi restano lunghi e bisogna attuare e facilitare questo processo.
  Non ultimo parlerei della digitalizzazione. L'indice DESI (indice dell'economia e della società digitale), che la Commissione europea fa ogni anno sullo stato di digitalizzazione, attesta il 18° posto dell'Italia su 27 Paesi (in precedenza era al 25°), quindi quasi fanalino di coda. Diciamo che lo vogliamo interpretare come un processo virtuoso.
  Sicuramente l'introduzione del Piano Transizione 4.0 ha creato un volano di crescita importante. Riteniamo che debbano essere destinate maggiori risorse per la Transizione 4.0, soprattutto per il mondo delle PMI i livelli di incentivi dovrebbero essere almeno pari a quelli del 2022 e restare per qualche anno al fine di facilitare soprattutto le PMI che sono il nostro tessuto più importante. Ovviamente ragionando non solo sul 4.0 ma su quello che è l'abbinamento che avviene nel 5.0, cioè la transizione gemella del digitale ed ecologica.Pag. 8
  Questo delta diventa importante da colmare e sarà una sfida per il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Federazione ANIE intervenuto per l'esauriente esposizione e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Tiziano Treu, presidente del CNEL e a Gian Paolo Gualaccini, consigliere coordinatore del gruppo di lavoro PNRR turismo del CNEL, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie professor Treu, è un piacere audirla.

  TIZIANO TREU, presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Anche per me tornare qui dopo un po' di tempo.
  Noi naturalmente presenteremo dei documenti, perché ne abbiamo più di uno, anche con l'aiuto dei nostri esperti, per dire che CNEL si è sempre occupato di politica industriale da anni e ritiene che più che mai in questo momento sia un punto centrale per l'Italia, oltre che per il made in Italy, quindi daremo una serie di testi. Io sintetizzo, come lei ha richiesto presidente.
  Innanzitutto diciamo che, nonostante il contesto turbolento, l'Italia nelle sue produzioni industriali in particolare si è difesa bene e anche gli ultimi dati indicano un'eccezionale performance: perché il 10,5 per cento di crescita in due anni di cui si parla, un export di più 9 per cento e rotti – poi altri dati li troverete nella documentazione che trasmetteremo –, sono una performance eccezionale, la migliore in Europa. E non è solo dovuta al Superbonus, perché i dati che abbiamo rilevato, e sono concordi, dicono che il Superbonus ha contribuito per circa l'1,4 per cento.
  Quindi, questa è la prima affermazione che noi riteniamo importante e l'abbiamo divulgata.
  E queste aree di eccellenze italiane riguardano sia i settori che vengono considerati emblematici del made in Italy (la moda, l'alimentare, l'agroindustria, le pelletterie, le calzature, il turismo di cui parlerà il collega Gualaccini), ma in realtà va sottolineato che noi siamo eccellenti anche a livello internazionale nei vari tipi di meccanica, di macchinari anche di precisione, negli stessi strumenti di trasporto, pensiamo alla grande capacità di produzione delle nostre ferrovie, e da ultimo il farmaceutico, che sta diventando un settore di eccellenza mentre non lo era fino a poco tempo fa.
  Questo è un dato che forse non si conosce, noi abbiamo guadagnato posizioni in particolare nell'export nonostante tutte le turbolenze come dicevo, anzi nonostante la domanda globale sia molto altalenante.
  In realtà, questo è un punto che sottolineiamo, la domanda mondiale in quest'ultimo periodo ci ha favorito proprio perché ha spinto in particolare in settori dove noi abbiamo un vantaggio competitivo, che non sono poi tutti i settori, molti però sono importanti. Quindi questa è la premessa.
  La prima indicazione che noi diamo di policy, perché credo che si chieda anche questo (noi abbiamo esperti ma abbiamo anche le parti sociali presenti, le quali sono molto attente su questo punto), la prima cosa da sottolineare è che anzitutto bisogna difendere quello che abbiamo, queste eccellenze, ed evitare che la transizione, che pure è importante, transizione ecologica soprattutto, metta a rischio alcune delle nostre produzioni. Qui la cosa particolarmentePag. 9 eclatante negli ultimi tempi è l'auto, conoscete la polemica evidentemente: che bisogna rendere compatibile l'obiettivo della transizione green con, però, appunto una difesa e dare il tempo perché sia possibile riconvertire tutto. Questo dell'auto in particolare ma anche la siderurgia. Quindi questo lo diciamo perché c'entra anche con il made in Italy, perché prima di tutto è la difesa.
  Secondo, noi riteniamo che ci sia da rafforzare il nucleo delle imprese competitive italiane, che sono appunto presenti in tutti questi settori, ed estendere la loro capacità produttiva. Perché noi obiettivamente abbiamo dei limiti alla nostra capacità competitiva – questi sono i due dati che vengono dalle nostre ricerche – soprattutto per la debolezza delle piccole imprese, sotto molti aspetti. Quando abbiamo, come adesso, un salto tecnologico, che non è più una crescita incrementale come poteva essere negli anni passati, in cui bastava in qualche modo rincorrere, qui occorre veramente essere all'altezza dei salti tecnologici, e qui le piccole imprese fanno fatica e sono anche poco presenti, c'è un numero insufficiente di queste imprese come esportatrici. Quindi queste sono due aree da rafforzare.
  La vera sfida, lo diciamo dappertutto ma lo sottolineo, è che ci sia una capacità di innovazione all'altezza di queste sfide globali e che questa sia diffusa. Quindi il problema del trasferimento tecnologico, perché soprattutto nelle piccole imprese abbiamo una bassa capacità di rinnovarsi e basso contenuto tecnologico in generale.
  Quindi questa è la raccomandazione fondamentale, vale per tutti quei settori che ho indicato, anche per quelli che sembrano meno tecnologici, perché anche il turismo, di cui parlerà adesso il collega, una volta poteva essere casareccio ma adesso deve essere tecnologico.
  Ci sono degli esempi molto virtuosi anche da diffondere, per esempio i tedeschi hanno i Fraunhofer (società per lo sviluppo della ricerca applicata che raccoglie 60 istituti di scienza applicata, N.d.R.), che sono delle strutture storiche, però anche noi abbiamo degli esempi di trasferimento tecnologico a livello di area territoriale, con l'Emilia, degli esempi di patto territoriale per il trasferimento tecnologico proprio nelle aree di eccellenza del nostro sistema, quindi mi sembra di doverlo ricordare.
  Altre indicazioni da sviluppare. Un'esigenza che indicano tutte le nostre rilevazioni è quella di fare un più forte coordinamento sia orizzontale, cioè fra diverse istituzioni, che si occupano per esempio di commercio con l'estero, sia verticale tra Stato, regione e Unione europea. Questo coordinamento, che è sempre stato necessario, lo deve essere di più ora che c'è una crescente interdipendenza tra i vari fattori.
  Il PNRR, sono le ultime due osservazione che faccio, ha degli strumenti, oltre che delle risorse, i contratti di sviluppo per le filiere strategiche sono da sottolineare, da rafforzare, e noi qui suggeriamo anche di correggere qualche area di intervento. Soprattutto perché il PNRR indica di destinare non solo il 40 per cento delle risorse al Mezzogiorno, ma anche appunto di avere politiche, in questo caso industriali e nei settori che ho detto, che riducano il divario territoriale.
  Questo è un punto da sottolineare, perché alcuni degli strumenti del PNRR, per esempio il Fondo Transizione 4.0, non ha vincoli territoriali.
  Ultime due osservazioni. La crisi energetica ovviamente riguarda tutti questi settori, più quegli energivori, meno magari quelli della moda, dove pure noi siamo presenti: lì occorre ovviamente non solo accelerare investimenti in fonti alternative ma anche darsi una maggiore autonomia produttiva in questi settori.
  Questo è l'ultimo punto che anche l'Europa ha messo sotto i fari ultimamente, perché noi Europa dipendiamo ancora in modo drammatico da Paesi terzi. In particolare – cito gli ultimi dati – segnalo la posizione della Cina per tutte le tecnologie abilitanti per la transizione, in particolare nel solare dove detiene una dominanza del 90 per cento. Quindi o l'Europa recupera questo o non siamo autonomi. Infatti l'ultima indicazione europea, che dice appunto che questi sono sforzi da fare in ogni Paese ma in connessione con un piano europeo, Pag. 10le ultime indicazioni del Piano del 2020 europeo, e anche le ultime indicazioni del commissario Von Der Leyen, sono appunto per una nostra strategia industriale europea che non è contrastante con le vocazioni individuali dei Paesi, ma è il rafforzamento del quadro, se non si fa questo anche le singole realtà nazionali rischiano di essere soffocate.
  L'ultima cosa. Siccome noi abbiamo dei problemi di competitività, ricordo a questa Commissione che da tempo il CNEL ha raccomandato che l'Italia attui una raccomandazione europea sul Comitato nazionale per la produttività. Esiste in tutti i Paesi, questa raccomandazione europea non è attuata in Italia, è l'unico Paese, e noi da anni abbiamo proposto al MEF degli ultimi due o tre Governi, dovunque e comunque sia collocato – noi pensavamo potesse essere collocato al CNEL ma anche se lo si colloca in un'altra situazione va bene – questa istituzione del Comitato nazionale per la produttività è importante perché si uniscano le conoscenze e gli sforzi per migliorare la produttività del sistema.
  Io credo di essere stato esattamente nei dieci minuti e quindi se permettete lascerei spazio per un breve intervento di Gian Paolo Gualaccini sul turismo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie professor Treu. Prego.

  GIAN PAOLO GUALACCINI, consigliere coordinatore del gruppo di lavoro PNRR turismo, del CNEL. Grazie. L'attenzione del CNEL sul turismo c'è sempre stata in questa consiliatura, ci sono stati una serie di documenti con varie proposte, parto dal documento (un testo di osservazioni e proposte) che presentammo presso la vostra analoga Commissione del Senato, il 21 ottobre del 2020, quindi ancora nel mezzo della vicenda pandemica. Già allora noi chiedevamo un sistema unitario di governance, perché all'epoca non c'era ancora istituito il Ministero del turismo, le competenze erano divise tra vari ambiti, poi ci fu appunto l'istituzione col Governo Draghi del Ministero del turismo, si chiedeva un'attività promozionale unitaria e coordinata.
  Il CNEL fece delle proposte in questa materia, che vennero poi prese in considerazione dall'allora Ministro Garavaglia e sono diventate l'hub del turismo digitale, che è uno dei tasselli dell'investimento che il PNRR prevede per il turismo. Cioè, un punto unico dove ci fosse una piattaforma web che consentiva l'integrazione di tutto l'intero ecosistema turistico, composto dagli operatori, dagli stakeholder, da tutte le istituzioni, un punto unico di accesso di domanda e offerta. Non è mai esistito, adesso con il PNRR si sta lavorando in questa direzione.
  Poi si parlava, all'epoca, anche della destagionalizzazione dei flussi turistici, anche puntando a ridefinire i calendari scolastici, per risolvere il problema dell'overtourism, quindi dividere diversamente le presenze.
  Tutte queste cose, queste e altre, sono state poi oggetto di un rapporto che il CNEL ha istituito con il Ministero del turismo, prima con il Ministro Garavaglia e adesso con il Ministro Garnero Santanchè. Tant'è che nel luglio scorso ha siglato un accordo interistituzionale con il Ministero del turismo, con lo scopo di mettere in primo piano le risorse del PNRR per il turismo – non sono una cifra elevatissima, parliamo di 2,4 miliardi, sono una linea di riforma, la riforma delle guide professionali e tre linee di investimenti: appunto l'hub del turismo digitale, i fondi per le imprese e Roma Caput mundi – però noi avevamo messo a tema nell'accordo con il Ministero un'attenzione particolare, che come CNEL abbiamo avuto sul PNRR, che riguardava la coerenza del lavoro che si faceva nel PNRR con le tre clausole sociali cosiddette: cioè il raggiungimento dell'obiettivo del 30 per cento dell'occupazione giovanile, il 30 per cento dell'occupazione femminile, quindi la riduzione del divario di genere, e il 40 per cento di investimenti nel Sud. Quindi noi stiamo lavorando insieme al Ministero del turismo attuale affinché nei loro investimenti queste tre clausole sociali possano essere tenute in considerazione, questo riguarda il turismo ma riguarda anche tutti gli altri settori, il CNEL ha posto l'accento su queste tre clausole sociali.Pag. 11
  Ci sembra che non solo ma soprattutto per il turismo potrebbe essere un salto in avanti in grado di creare anche occupazione più stabile, più definita e comunque un'occupazione di qualità, e stiamo lavorando insieme al Ministero. Questo in estrema sintesi.

  PRESIDENTE. Grazie infinite. Chiedo se ci siano richieste di intervento. La parola all'onorevole Pavanelli.

  EMMA PAVANELLI. Grazie presidente.
  Sono contenta che finalmente si riconosca che le politiche portate avanti dai precedenti Governi, soprattutto dall'ex presidente Conte con Transizione 4.0, piuttosto che il PNRR e soprattutto il Superbonus hanno portato avanti, e stanno ancora portando avanti, l'economia del Paese. Oggi abbiamo un'ulteriore conferma della bontà delle politiche espansive che hanno prodotto un indotto abbastanza importante, non solo grazie al Superbonus ma anche a Transizione 4.0 come ricordava anche lei. Perché se le piccole e medie imprese di tutta Italia hanno potuto rinnovare non solo magari i macchinari ma anche tutta la parte della digitalizzazione, per essere più competitivi è stato reso possibile anche da un provvedimento veramente aperto a tutti, non solo ai grossi gruppi, non solo alle medie imprese, ma anche proprio ai piccolissimi. Sicuramente ha dato anche la possibilità a queste imprese di poter ripartire con una marcia un pochino più aggiornata, e sappiamo bene che il nostro Paese ha bisogno di tanto aggiornamento anche tecnologico.
  Io volevo solo fare una domanda. Lei diceva che l'Italia da una parte ha una grande capacità tecnologica e innovativa, e lo vediamo anche con grandi innovazioni che altri Paesi europei ci invidiano, soprattutto per quanto riguarda le molte politiche connesse alla transizione ecologica e alla transizione energetica.
  Ecco, dobbiamo pensare alla possibilità di non rimanere con il freno a mano e invece di essere anche noi innovativi, di cercare di fare impresa anche noi su quanto riguarda tutte queste novità tecnologiche e innovative, contemporaneamente a tutto il settore ecologico ed energetico di rinnovabile. Io credo che in realtà il nostro Paese, piuttosto che di rimanere con il freno a mano, dovrebbe cercare di puntare a una visione strategica – non oggi dal punto di vista politico di un Governo piuttosto che di un'amministrazione comunale o regionale, ma bensì con una visione unitaria di impresa innovativa – per i prossimi 5, 10, 20 e anche oltre vent'anni. Perché in realtà le imprese, gli imprenditori, l'industria sono spesso molto più avanti rispetto alla politica. E, tornando al discorso delle automobili a cui lei faceva riferimento, io temo che se il nostro Paese non vada un pochino oltre, cercando di aiutare le imprese a fare transizione ecologica e tecnologica, e far sì che abbiamo poi su tutto il territorio italiano anche le infrastrutture, in questo caso per le auto elettriche ma possiamo anche ampliare il discorso per molte altre tematiche, rischiamo che quando sarà il momento le imprese avranno fatto quella conversione alle auto elettriche e il nostro Paese non sarà pronto perché sarà rimasto con il freno a mano.
  Pertanto va bene proteggere il nostro made in Italy, lo dobbiamo fare, ma contemporaneamente dobbiamo spingere le nostre imprese a essere più innovative e ad andare verso la transizione ecologica. Non è tenendo il freno a mano che potremo pensare a un futuro radioso per il nostro Paese, altrimenti le quote di mercato le prenderanno le imprese estere, verranno qui e faranno quegli investimenti che noi non abbiamo voluto fare, e le nostre imprese rimarranno indietro finché alla fine chiuderanno.
  Pertanto io credo che bisogna sempre stare attenti a tenere sempre il freno a mano, perché sappiamo che anche il settore automotive in Italia...

  PRESIDENTE. Onorevole Pavanelli, la domanda è chiarissima, ci ha dato anche la sua risposta, adesso ascoltiamo la risposta del professor Treu.

  EMMA PAVANELLI. No, volevo solo dare un parere non solo personale ma anche Pag. 12politico, di una visione che è molto più grande dell'Italia, e che è bene comunque guardare oltre e non rimanere al palo perché alla lunga ne va di mezzo in realtà il nostro Paese in maniera negativa. Grazie.

  PRESIDENTE. Professor Treu, prego.

  TIZIANO TREU, presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Grazie. Sono assolutamente d'accordo, non a caso abbiamo finito, anche nei documenti, con una visione almeno europea, ma è l'Europa che deve diventare un attore competente e competitivo nel contesto globale. Quindi la visione globale è assolutamente necessaria, così come la visione di lungo periodo.
  Anzi, io, che sono più vecchio di molti di voi, credo che in questo periodo noi siamo fortunati, perché abbiamo per la prima volta in modo così chiaro quattro anni davanti, e speriamo che il metodo PNRR, non il PNRR ma il metodo, continui anche oltre, come ha richiesto il Parlamento europeo. Quindi noi abbiamo davanti una prospettiva di medio periodo, cosa che spesso in passato non abbiamo avuto.
  Ho letto una cosa tra le nostre carte, la vedrete, che la cosa interessante è che il Piano nazionale non solo dà risorse, dà una prospettiva di medio periodo e quindi noi dobbiamo mettere tutto in questa direzione, ma anche che dà fiducia. Implicitamente è un messaggio di fiducia nella capacità dell'Italia di fare questo tipo di percorso. E la fiducia è tutto.
  L'altro giorno c'era un intervento di un economista, Giavazzi, molto noto e anche piuttosto ruvido nel suo modo di intervenire, io lo conosco molto bene, il quale ha detto: «Guardate che la fiducia è fondamentale. Gli economisti, anche i più econometrici, hanno capito che non è solo una questione di numeri nella crescita, è anche una questione di fiducia e di aspettative». Quindi assolutamente d'accordo.
  No, altro che freno a mano, qui c'è l'acceleratore, naturalmente con la frizione insieme. Adesso non si usa più perché è tutto automatico, anche il cambio, ma comunque...
  Questo discorso che noi dobbiamo fare la transizione – quella ecologica in particolare, quella digitale – guardate che va avanti da solo, ma salvaguardando e aiutando le imprese come ha detto lei a fare la transizione. Perché altrimenti, se non si aiuta a farla, ci saranno morti e feriti. È chiaro, l'auto e la siderurgia sono settori energivori, e quindi lì è particolarmente grave, ma anche i settori meno energivori, quelli della moda, dell'agroindustria, eccetera, se non vengono aiutati...
  E dico l'ultima cosa, perché non l'ho detta ma c'è nei nostri documenti. Se noi facciamo investimenti X in ricerca e sviluppo, dobbiamo fare investimenti X doppio in formazione.
  Magari una volta vi mandiamo i nostri risultati, abbiamo lavorato un anno su questa faccenda dei mismatch di cui parlano tutti i giornali.
  Il fatto che manchino decine e centinaia di migliaia di persone non è una cosa che è capitata per caso, è perché per molti anni noi, ma anche altri Paesi, non abbiamo investito sulle skill del futuro, la scuola. Quindi è fondamentale, questo rientra nel discorso che abbiamo fatto, non solo investimenti in infrastrutture materiali e immateriali ma anche nelle persone.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti del CNEL intervenuti per l'esauriente esposizione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.25.