XIX Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 7 settembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pagano Nazario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI ATTIVITÀ DI RAPPRESENTANZA DI INTERESSI

Audizione di Fulvio Pastore, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (in videoconferenza), di Federica Fabrizzi, professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, e di Laura Lorello, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (in videoconferenza).
Pagano Nazario , Presidente ... 3 
Pastore Fulvio , professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (intervento in videoconferenza) ... 3 
Pagano Nazario , Presidente ... 6 
Pastore Fulvio , professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (intervento in videoconferenza) ... 6 
Pagano Nazario , Presidente ... 6 
Pastore Fulvio , professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (in videoconferenza) ... 6 
Pagano Nazario , Presidente ... 7 
Fabrizzi Federica , professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma ... 7 
Pagano Nazario , Presidente ... 10 
Lorello Laura , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (intervento in videoconferenza) ... 10 
Pagano Nazario , Presidente ... 13 
Colucci Alfonso (M5S)  ... 13 
Pagano Nazario , Presidente ... 13 
Pastore Fulvio , professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (intervento in videoconferenza) ... 13 
Pagano Nazario , Presidente ... 14 
Fabrizzi Federica , professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma ... 14 
Pagano Nazario , Presidente ... 14 
Lorello Laura , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (intervento in videoconferenza) ... 14 
Pagano Nazario , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NAZARIO PAGANO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Fulvio Pastore, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (in videoconferenza), di Federica Fabrizzi, professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, e di Laura Lorello, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (in videoconferenza).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione – nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di attività di rappresentanza di interessi – di Fulvio Pastore, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (in videoconferenza); di Federica Fabrizzi, professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, e di Laura Lorello, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (in videoconferenza). Avverto che i deputati possono partecipare in videoconferenza alla seduta odierna, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il regolamento. Do quindi la parola a Fulvio Pastore, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli, pregandolo di contenere il suo intervento entro dieci minuti.

  FULVIO PASTORE, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (intervento in videoconferenza). Ringrazio il presidente e i componenti della Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati per l'invito a questa audizione.
  Ringrazio i consiglieri parlamentari e la segreteria della Commissione per l'invio dei materiali.
  Saluto e ringrazio i maestri e i colleghi che mi hanno preceduto nelle audizioni e quelli che seguiranno.
  Farò osservazioni disordinate su alcuni punti che ritengo particolarmente rilevanti, approfittando anche del fatto che molti argomenti sono già stati affrontati in modo sicuramente più autorevole da altri relatori. E quindi cercherò di sviluppare delle suggestioni e degli spunti che ho colto, però mi riservo di far avere un testo più organico alla Commissione.
  In primo luogo, si tratta di valutare se sia opportuno o meno apprestare una disciplina legislativa statale per la rappresentanza di interessi e quali obiettivi ci si debba porre.
  In secondo luogo, si tratta di stabilire se la legge statale disponga o meno di una legittimazione a intervenire con una disciplina organica su detta materia, atteso che a seguito della riforma del Titolo V, con il rovesciamento del criterio di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, la competenza legislativa generale residuale è stata conferita alle Regioni.
  Inoltre, si tratta di valutare se sia preferibile introdurre una disciplina legislativa dettagliata della materia o, piuttosto, convenga introdurre una disciplina legislativa Pag. 4a maglie larghe, per lasciare spazio alle numerose altre fonti di produzione del diritto, che nel nostro ordinamento possono incidere sui rapporti giuridici in esame.
  In terzo luogo, appare utile accennare alla questione concernente la individuazione in via legislativa della sede organizzativa alla quale sia preferibile demandare le funzioni amministrative, di controllo e anche di adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori nel caso di accertamento della commissione di illeciti da parte di chi svolge attività di rappresentanza di interessi.
  In quarto luogo, e infine, merita qualche considerazione la natura degli illeciti e delle correlate sanzioni, da prevedere nella disciplina legislativa che si intende apprestare.
  Come è stato già sottolineato in vari interventi, l'ordinamento giuridico italiano è uno dei pochi dell'Unione europea, e più in generale delle democrazie mature, a essere privo di una legislazione statale a carattere generale in tema di rappresentanza di interessi.
  Le ragioni di questa lacuna sono molteplici, prevalentemente di matrice culturale oltre che politica, più che giuridica, ma non è questa la sede per approfondire e analizzare la questione, per quanto interessante.
  La mancanza di una disciplina legislativa della materia ovviamente non vuol dire che in Italia non si sia svolta in passato, e non si svolga nell'attualità, una significativa quanto intensa attività di rappresentanza degli interessi presso le sedi istituzionali e in particolare presso il nostro Parlamento.
  Com'è noto, i rappresentanti dei gruppi di interesse, i cosiddetti lobbisti, sono infatti frequentatori abituali delle sedi istituzionali, alle quali accedono talvolta nella veste di ex parlamentari, tal'altra nella veste di giornalisti accreditati, in altri casi ancora come collaboratori dei politici.
  Del resto la rappresentanza di interessi si rivela spesso utile nei processi decisionali nella misura in cui mette a disposizione dei decisori informazioni, dati e considerazioni pertinenti e talvolta fondamentali sui temi da affrontare, di cui altrimenti non avrebbero avuto conoscenza.
  Assolutamente fuorviante è la constatazione che si possano verificare condotte illecite volte a condizionare processi decisionali a favore di interessi particolari che si pongono in contrasto con interessi pubblici. Tali condotte, infatti, sono già previste e punite, anche penalmente, dall'ordinamento ed esulano completamente dalle questioni affrontate in questa sede.
  In senso opposto neppure si può accedere alla prospettiva, pure fortemente presente in dottrina, che tende a far rientrare la rappresentanza di interessi nella sfera della rappresentanza politica, come se nel momento attuale di crisi della rappresentanza politica e di mancanza di adeguati strumenti di partecipazione politica, la rappresentanza di interessi potesse costituire un succedano idoneo a risolvere eventuali deficit di rappresentatività dell'istituzione.
  La rappresentanza politica, infatti, per definizione ha carattere unitario, poiché è chiamata a perseguire e tutelare l'interesse generale e non interessi particolari, come invece in via preminente avviene per l'attività di lobbying.
  La crisi della rappresentanza politica in Italia si può risolvere o quantomeno alleviare con una riforma del sistema elettorale, con una disciplina legislativa della forma partito che dia finalmente piena attuazione all'articolo 49 della Costituzione, con il rafforzamento degli strumenti della partecipazione politica e soprattutto con la stabilizzazione e razionalizzazione costituzionale della forma di governo parlamentare, non certo puntando su una supplenza della rappresentanza di interessi agli strumenti principali della democrazia.
  Ciò chiarito, per sgombrare il campo da enfatizzazioni eccessive, è altrettanto vero che nelle democrazie che prevedono la disciplina legislativa generale della rappresentanza di interessi l'attività di lobbying è molto più trasparente rispetto a quanto accade da noi. Solitamente in quei Paesi esiste un registro dei lobbisti, i quali sono tenuti a dichiarare per quali gruppi di interesse operano e devono rendicontare le Pag. 5attività svolte, indicando i contatti avuti con i rappresentanti delle istituzioni.
  In quegli ordinamenti, quando si ascolta un'opinione o si prende in considerazione una proposta, o si valutano dei dati, si tiene conto del fatto che quella opinione, quella proposta o quei dati provengono da soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi particolari, e si fa così la giusta tara.
  Da noi, invece, spesso si legge un articolo di giornale, una pubblicazione o si ascolta un'opinione immaginando che siano frutto di un pensiero critico disinteressato, mentre invece magari provengono da chi svolge senza dichiararlo ufficialmente e pubblicamente un'attività di rappresentanza di interessi.
  L'opportunità di disciplinare il fenomeno quindi dipende dall'esigenza di rendere più trasparente un'attività che di fatto viene comunque normalmente già svolta e di renderla nel contempo più funzionale al raggiungimento di decisioni che siano volte a perseguire gli interessi generali.
  Questi obiettivi sono raggiungibili attraverso una regolamentazione giuridica dell'attività di lobbying che la limiti e la controlli, ma soprattutto la indirizzi, prevedendo – più che delle sanzioni – una serie di incentivi e di premialità, affinché essa si svolga in senso virtuoso.
  In una democrazia liberale e matura con la nostra, peraltro, non avrebbe alcun senso introdurre una disciplina restrittiva della rappresentanza di interessi, che preveda requisiti eccessivamente rigidi di accesso per chi volesse esercitare l'attività di rappresentanza di interessi, come sarebbe nel caso si volesse istituire un vero e proprio albo professionale con un esame abilitante, oppure che preveda modalità tipizzate di svolgimento dell'attività di lobbying corredando con gravi sanzioni i divieti di fuoriuscire dai procedimenti standardizzati introdotti, oppure, ancora, sempre a titolo esemplificativo, che pretenda di controllare e sorvegliare contenuti delle comunicazioni intercorse tra rappresentanti di interessi e rappresentanti delle istituzioni.
  In via preliminare, d'altro canto, ci si deve chiedere in questa sede se la legge statale abbia un minimo di titolo competenziale che ne legittimi l'intervento e in caso positivo quale sia la natura di tale competenza.
  I rapporti giuridici ai quali ci si riferisce, quando si tratta di rappresentanza di interessi, hanno sicuramente natura complessa e pertanto rientrano in diverse materie e settori di intervento, alcuni dei quali di competenza esclusiva dello Stato, come ad esempio ordinamento penale, organi dello Stato, tutela della concorrenza, altri di competenza bipartita, come ad esempio formazione professionale e professioni, altri ancora di competenza piena o residuale delle regioni o demandati alla potestà statutaria e regolamentare delle regioni.
  Anche in considerazione della natura complessa dei rapporti da disciplinare sarebbe preferibile prevedere una legislazione statale a maglie larghe, fatta prevalentemente di norme di principio che scendano in dettaglio solo negli ambiti di competenza esclusiva dello Stato, anche per lasciare uno spazio adeguato alle norme giuridiche regionali negli ambiti di competenza delle regioni oltre che per consentire alla normazione secondaria statale – sia regolamenti dell'esecutivo che atti normativi di autorità amministrative indipendenti – di intervenire quando sia opportuno, ma anche per lasciare uno spazio adeguato all'interpretazione giurisprudenziale.
  L'ordinamento giuridico già prevede infatti fonti di produzione del diritto diverse dagli atti legislativi statali, che intervengono avendone titolo competenziale in materia di rappresentanza di interessi, e la legislazione statale de jure condendo quindi dovrà comporsi a regime con quelle fonti del diritto del futuro quadro ordinamentale. Basti pensare alle leggi regionali già esistenti in materia di lobbying, ai regolamenti dei consigli regionali, agli stessi regolamenti parlamentari.
  Un'altra questione sulla quale è utile riflettere è quella concernente l'individuazione della sede organizzativa presso la quale allocare le competenze amministrative in materia, quali, a solo titolo di esempio, tenuta dei registri e di tutta la documentazione di cui eventualmente la legge Pag. 6preveda il deposito da parte degli operatori, rilascio di eventuali autorizzazioni e/o attestazioni previste dalla disciplina, vigilanza sull'attività dei rappresentanti di interessi, contestazioni, accertamento ed eventuale irrogazione di sanzioni in ipotesi di condotte illecite.
  Su questo punto sono state formulate varie ipotesi e innumerevoli altre se ne potrebbero avanzare.
  In questa sede merita considerare brevemente le ipotesi di affidamento delle competenze amministrative in questione a un nuovo organo istituito ad hoc, all'autorità nazionale anticorruzione (ANAC), alla Commissione nazionale per le società e la Borsa (Consob), al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).
  L'istituzione di un nuovo organo ad hoc presenterebbe il vantaggio di poter configurare la nuova struttura organizzativa sulla base delle particolari esigenze emergenti dalla disciplina legislativa de jure condendo, oltre che di poter contare su funzionari e componenti selezionati sulla base di competenze specialistiche e specifiche.
  In senso contrario a questa soluzione si deve considerare che si determinerebbe un ulteriore peso sul bilancio dello Stato e si contravverrebbe alle esigenze di economicità dell'azione amministrativa, oltre ad andare in direzione contraria rispetto all'obiettivo di uno snellimento della macchina amministrativa statale.

  PRESIDENTE. Professor Pastore, la prego di andare verso le conclusioni, gentilmente.

  FULVIO PASTORE, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (intervento in videoconferenza). Sì. Insomma, scarto anche l'ipotesi di conferire questa competenza all'ANAC e alla Consob, perché hanno competenze troppo settoriali.

  PRESIDENTE. Quindi suggerisce piuttosto il CNEL?

  FULVIO PASTORE, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli (in videoconferenza). A mio avviso la soluzione preferibile sarebbe quella di conferire queste funzioni amministrative al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, perché questa soluzione ha il pregio, da una parte, di contribuire a rivitalizzare un organo a rilevanza costituzionale, che nell'intenzione dei costituenti avrebbe dovuto assumere un ruolo da protagonista, e peraltro tiene conto del fatto che il CNEL ha una dotazione organica, una struttura amministrativa e una composizione che potrebbero favorire un proficuo e corretto svolgimento dei compiti in esame. Quindi io personalmente propendo per questa soluzione.
  Per quanto riguarda le sanzioni, io sono contrario assolutamente alla previsione di ulteriori sanzioni penali, anche se in molti ordinamenti (quello francese, quello statunitense, quello inglese, quello tedesco) la legislazione in materia è presidiata da una serie di reati, quindi gli illeciti sono sanzionati penalmente. Però da noi già ci sono fattispecie di reato che possono essere utilizzate per contrastare queste condotte; oltretutto già abbiamo un'esigenza forte di depenalizzazione, di sfoltimento del sistema delle norme penali, quindi scarterei questa ipotesi.
  Ma d'altra parte nemmeno si può accogliere la tesi di chi, in una prospettiva un po' troppo liberista, sostiene che non c'è bisogno di prevedere delle sanzioni giuridiche perché comunque già c'è una perdita di reputazione, nel caso di condotte illecite, per gli operatori professionali della rappresentanza di interessi e c'è una responsabilità politica per i rappresentanti delle istruzioni, quindi non c'è bisogno di sanzione giuridica.
  Secondo me questa soluzione è troppo blanda e si deve ricorrere invece a sanzioni amministrative, che vadano dalle più lievi a quelle più gravi, quindi dalla censura per passare alle sanzioni pecuniarie, alla sospensione, eventualmente anche alla cancellazione dal registro, all'inibizione dall'esercizio della professione, ma solo in casi più gravi.
  Devo dire che auspico che si arrivi finalmente a una legge perché sono diverse Pag. 7le legislature in cui si cerca di raggiungere questo obiettivo senza successo. Ormai sono più di cento le proposte di legge depositate presso le Camere nelle varie legislature, e quindi voglio esprimere un plauso al presidente della I Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati per aver istituito un tavolo tecnico su questo tema, perché mi sembra un metodo proficuo e utile per arrivare finalmente a una soluzione tecnicamente adeguata, ma io spero anche largamente condivisa. Queste non sono materie di indirizzo politico di maggioranza, sono materie nell'interesse generale del Paese, sulle quali è bene che ci sia una convergenza la più ampia possibile tra la maggioranza e le minoranze.
  Ringrazio dell'attenzione e mi scuso per essere stato un po' più lungo rispetto ai tempi assegnati. Rimango a disposizione per rispondere a eventuali quesiti.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Pastore. Grazie anche per i complimenti che mi ha rivolto. Attendiamo ovviamente il suo documento scritto, che immagino lei ci farà pervenire.
  Per eventuali domande, se dovessero esserci, aspettiamo la conclusione delle tre audizioni previste per oggi. La seconda audita è qui al mio fianco, è la professoressa Federica Fabrizzi, associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma. Prego, professoressa, invito anche lei a contenere l'intervento entro dieci minuti.

  FEDERICA FABRIZZI, professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, Grazie presidente, grazie anche agli onorevoli deputati. Innanzitutto desidero ringraziare per questo invito a contribuire alla riflessione in merito a un tema che trovo particolarmente rilevante, quello appunto di una possibile regolamentazione della rappresentanza degli interessi. Ed è quindi per me un onore provare a dare un contributo che porti a raggiungere questo importante obiettivo.
  Non credo sia necessario che io torni a ribadire quanto già autorevolmente è stato detto dai colleghi che mi hanno preceduta, e che voi avete avuto occasione di audire nel corso di questa indagine conoscitiva, ossia come sia essenziale provvedere a regolamentare questo ambito, che non solo costituisce un cospicuo settore economico professionale, ma che soprattutto ha profili direttamente riconducibili al tasso di democraticità del Paese.
  Questo lo ha già detto in maniera molto chiara e autorevole il collega Petrillo, da ultimo anche in un editoriale comparso sulla rivista Federalismi, in cui ha scritto: «Nei sistemi democratici, in cui il pluralismo è elemento indefettibile, l'attività di lobbying non solo appare legittima ma è essa stessa indice di democraticità del sistema».
  Quindi è evidente quale sia la ragione che spinge, e deve spingere il legislatore a dettare regole per un'attività che nei fatti (come abbiamo anche già sentito dal professor Pastore) esiste da tempo ma che non ha ancora trovato un'adeguata disciplina.
  Peraltro sappiamo anche bene che una sollecitazione a regolamentare questo ambito arriva anche dal livello sovranazionale. È uno di quei casi in cui si suol dire che ce lo chiede l'Europa, però mi sento di dire che è un «ce lo chiede l'Europa» che condividiamo pienamente, che certamente non subiamo, ma che invece è un'esigenza assolutamente condivisa.
  Credo però che sia essenziale che questa Commissione e il Parlamento tutto si interroghino sulla ratio della legge che ci si accinge eventualmente ad approvare, nel senso che la finalità che la disciplina deve avere, lo spirito con cui viene approvata una disciplina in questa materia è fondamentale perché in questa occasione, credo forse più che in altre circostanze, la valenza culturale – uso un termine pesante – dell'intervento normativo è secondo me particolarmente significativa.
  Questa è la ragione per cui nel mio breve intervento, per cercare di stare nei tempi che mi sono stati dati, non mi soffermerò su tutti i profili e i nodi – che sono numerosi, articolati, anche complessi – che questa eventuale legge dovrà sciogliere. Ciò anche in considerazione del fatto che c'è un Pag. 8tavolo di lavoro tecnico che sta lavorando su questi profili o sta tentando di proporre alcune soluzioni per sciogliere questi nodi. Io vorrei limitarmi a dare tre indicazioni che riguardano la ratio della legge e poi soffermarmi invece soltanto su un profilo concreto, quello dell'eventuale autorità chiamata a vigilare in questo ambito.
  Quanto alla prima questione, a mio modo di vedere una legge sul lobbyng deve innanzitutto mirare a sgomberare il campo da quell'alone di illiceità che avvolge l'attività della rappresentanza degli interessi e che fa sì che nell'opinione pubblica comune questa sia irrimediabilmente accostata all'idea di corruzione.
  Deve essere chiaro invece, a mio parere, che quello che il legislatore intende fare non è evitare fenomeni corruttivi, cioè non stiamo parlando di un intervento che introduce nuove fattispecie di reato, né tantomeno di un intervento che intende dare copertura legale a un'attività che resta borderline. Non è questo. Deve essere piuttosto chiaro che, al contrario, l'approccio è un approccio costruttivo di regolazione di un settore e di un elemento salutare e fisiologico del dibattito e del confronto, attraverso quindi l'apertura e l'ascolto di tutte le posizioni e di tutte le esigenze e gli interessi coinvolti in una decisione, e non (ripeto) di repressione di un fenomeno invece patologico.
  Per fare questo è assolutamente necessario sottolineare come il fine dell'intervento deve essere ricercato nell'obiettivo di migliorare la qualità della decisione pubblica.
  Quindi, lo scopo della legge deve essere senz'altro quello della trasparenza, però della trasparenza intesa nel senso di conoscibilità e accessibilità. Per questo prima parlavo di operazione culturale, perché io credo sia necessario scardinare un po' quell'idea di fondo che esiste e che declina il principio di trasparenza nella nostra legislazione quasi esclusivamente in chiave difensiva, per risolvere un fenomeno patologico, quindi appunto il fenomeno corruttivo – e non invece in una visione positiva.
  Quindi rendere trasparente l'attività di lobbying deve significare dare corpo a principi costituzionali consolidati, quali il buon andamento della pubblica amministrazione, l'imparzialità del decisore pubblico, la pubblicità dei processi decisionali, l'uguaglianza dei diversi portatori di interessi.
  L'ottica dovrebbe essere questa, vale a dire la trasparenza intesa proprio come diritto d'informazione nella nota duplice accezione di diritto di essere informati, con il decisore politico che deve poter conoscere tutte le implicazioni che una decisione involve e quindi acquisire tutte le informazioni necessarie, e diritto di informare il cittadino, che deve sapere quali sono stati i processi che hanno condotto all'approvazione di una decisione, quindi chi è intervenuto. Ecco, se questa è l'ottica che viene sposata, chiaramente si tratta di attuare un principio costituzionale e un valore costituzionale, quello appunto della trasparenza letta nei termini descritti. Ma come tutti i valori costituzionali deve essere contemperato con altri princìpi, anch'essi costituzionalmente garantiti, primo fra tutto il principio della rappresentanza politica, e il divieto di mandato imperativo per gli eletti. Ma non solo.
  Quindi sotto questo profilo a mio parere è evidente che l'intervento legislativo non potrà in alcun modo intaccare la discrezionalità politica rimessa in capo al decisore, che è l'unico a cui compete la scelta finale, della quale si assumerà naturalmente anche la responsabilità.
  Così come non ha senso ingessare l'operatore economico con una disciplina che voglia procedimentalizzare eccessivamente ed inutilmente, allo stesso modo non è pensabile vincolare il decisore politico, evidentemente.
  Questo è dunque il secondo profilo su cui voglio richiamare l'attenzione: la regolamentazione deve essere una regolamentazione leggera, snella direi, e occorre resistere alla tentazione di eccedere negli obblighi, nelle previsioni e persino nella trasparenza.
  Da questo punto di vista la Corte costituzionale, nella sentenza n. 20 del 2019, ha detto in modo assolutamente cristallino, peraltro sindacando una previsione contenuta nel decreto legislativo cosiddetto anticorruzione,Pag. 9 che esiste anche un pericolo di opacità per trasparenza: quando si eccede nella richiesta di pubblicazione di dati, il risultato finale potrebbe essere quello per cui nella mole di dati non si trovi quello che effettivamente invece è necessario conoscere.
  Quindi, il pericolo di opacità per trasparenza secondo me va tenuto presente, nel momento in cui appunto si deve pensare a una disciplina che necessariamente sia non eccessivamente imbrigliante, diciamo così.
  La terza raccomandazione è una diretta conseguenza di quanto detto fin qui. Non immaginerei un apparato sanzionatorio, ma piuttosto un sistema premiale, ad esempio con canali preferenziali di accesso per i soggetti portatori di interessi che hanno le caratteristiche per iscriversi a un registro pubblico, che quindi rispondono ai requisiti soggettivi ed oggettivi previsti, e che spontaneamente decidono di iscriversi.
  Se assumiamo questo approccio, secondo le tre indicazioni che mi sono permessa di fornire, a mio parere risulta anche più facile individuare quello che dovrebbe essere il soggetto chiamato a vigilare sulle previsioni contenute nella legge, perché anche questo dipende strettamente dalla ratio con cui si è inteso intervenire.
  Da questo punto di vista (come ricordava anche il collega Fulvio Pastore) innanzitutto occorre decidere preliminarmente se sia preferibile l'istituzione di un'autorità ad hoc, nuova, appositamente creata per rispondere ai compiti eventualmente previsti dalla legge.
  Questa ipotesi presenta oggettivamente, a mio modo di vedere, più svantaggi che vantaggi, perché se è vero che un'autorità nuova avrebbe la possibilità di essere costruita secondo gli espressi criteri previsti dalla legge, però è anche vero che la concreta istituzione potrebbe rallentare molto il processo attuativo. Oggettivamente l'istituzione di una nuova autorità potrebbe comportare tempi lunghi, ci sarebbe certamente un aggravio di spese per le casse dello Stato e soprattutto questo sarebbe anche in qualche modo contraddittorio rispetto a un'esigenza che ormai è sentita da anni, vale a dire quella di non moltiplicare gli organismi e le sedi, incluse quelle del mondo delle authority.
  Quindi, se questa premessa è valida, è al mondo degli organi già esistenti che occorre rivolgere lo sguardo per individuare quello che meglio potrebbe rispondere allo scopo.
  Se, come abbiamo detto, il fine ultimo dell'intervento normativo non è quello di prevenire fenomeni corruttivi, né di affrontare la regolazione dell'attività di lobbying con intenti punitivi, nel panorama delle autorità amministrative esistenti io credo che l'ANAC non sia la risposta più opportuna, perché il coinvolgimento dell'Autorità nazionale anticorruzione avrebbe l'inevitabile effetto di associare l'attività di rappresentanza degli interessi a un'attività dai profili potenzialmente illeciti, da controllare e non semplicemente da regolamentare. Certamente tra le competenze dell'ANAC c'è anche quella di promuovere la trasparenza, ed è evidente che questo elemento nella legge spicca come principio guida. Però, come dicevo prima, va un po' scardinato questo collegamento, a mio modo di vedere, tra trasparenza e anticorruzione.
  Può essere valutata con maggiore attenzione l'ipotesi di scegliere l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che avrebbe l'indubbio vantaggio di ricondurre la regolazione della rappresentanza degli interessi nell'ambito delle lecite attività commerciali: si tratta di un elemento indubbiamente presente se solo si tiene conto del giro di affari che l'attività di lobbying muove. Nella regolazione della rappresentanza degli interessi vi è inoltre un importante profilo di tutela della concorrenza e della parità di accesso al decisore pubblico, che ben potrebbe sposarsi con la mission dell'Antitrust, perché come sappiamo tra le competenze affidate all'Antitrust vi è la tutela della concorrenza, la tutela del consumatore, il conflitto di interessi, il rating di legalità.
  Occorre tuttavia valutare l'estensione dell'ambito soggettivo che noi vogliamo individuare nella legge: se l'intervento normativo porterà all'attribuzione della qualifica di soggetti portatori di interessi soltanto a Pag. 10operatori economici e a coloro che per professione esercitano la rappresentanza di istanze di altri, allora forse l'Antitrust ha un senso. Ma se, come io credo sarebbe auspicabile, il profilo soggettivo va allargato, ipotizzando il coinvolgimento anche di associazioni di categorie, ordini professionali, rappresentanze di sindacati, allora è evidente che in quel caso Antitrust è soluzione troppo restrittiva. Presidente, mi avvio a concludere.
  Quindi in questo senso aderisco anche io all'ipotesi di affidare eventualmente al CNEL, al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la tenuta del registro.
  Questo per una serie di considerazioni che sono abbastanza evidenti: il rilievo costituzionale dell'organo a cui ci riferiamo nonché il fatto che proprio a livello di Costituzione è previsto che il CNEL abbia potere d'iniziativa legislativa: quindi, nel processo di produzione delle norme: anche sotto il profilo che stiamo trattando, la soluzione avrebbe un senso. E se è vero che il CNEL non è un'autorità amministrativa indipendente, a mio parere tuttavia la composizione che è fissata nella legge 30 dicembre 1986, n. 936, può essere comunque elemento di garanzia.
  Tra le ipotesi che sono state avanzate per regolamentare questo ambito, si faceva riferimento a una possibile tenuta del registro o presso la Presidenza del Consiglio oppure presso il Parlamento. Nel rapporto presentato da Italia Decide nel 2019 si sottolineava come fosse inevitabile che il registro fosse tenuto dallo stesso Parlamento, e questo in ragione dell'autonomia dell'organo di cui parliamo.
  Questa è certamente un'obiezione da non sottovalutare, ma che a mio parere potrebbe essere superata costruendo (sotto il profilo soggettivo e oggettivo e delle sanzioni, che appunto non dovrebbero esserci) una legge che non vada a interferire, diciamo così, con il profilo sottolineato nel rapporto di Italia Decide.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa Fabrizzi.
  Do la parola alla professoressa Laura Lorello, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo.
  Professoressa Lorello, prego anche lei di contenere il suo intervento entro dieci minuti. Spero che stia nei tempi.

  LAURA LORELLO, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (intervento in videoconferenza). Cercherò di farlo.
  Innanzitutto volevo ringraziare il presidente e i componenti della Commissione Affari costituzionali per questo coinvolgimento. Ringrazio in particolare lei, presidente, per avermi voluto inserire nel tavolo di lavoro, e anche i collaboratori e i funzionari parlamentari che hanno agevolato il mio lavoro attraverso il materiale che gentilmente hanno voluto fornirmi.
  Mi scuso di essere collegata da remoto, ma impegni familiari mi hanno praticamente impedito di poter essere in presenza, cosa che invece avrei volentieri fatto anche io.
  Nel tempo che è stato a me assegnato, dividerò il mio intervento in due parti. In una prima parte accennerò in termini molto generali ad alcune delle esigenze che rendono non solo opportuno ma direi anche necessario l'intervento di disciplina normativa della rappresentanza degli interessi.
  Nella seconda parte mi soffermerò su alcuni punti rilevanti che ho colto nell'analisi della normativa regionale, che è la parte a me assegnata all'interno del gruppo di lavoro coordinato dalla professoressa Anna Maria Poggi.
  Come già i miei due illustri colleghi hanno evidenziato, la prima esigenza è quella di dare trasparenza e pubblicità all'attività di lobbying, un'attività che come è stato detto si svolge in ogni caso.
  L'associazione tra attività di lobbying e corruzione, o comunque il dato negativo che avvolge l'attività di lobbying, è evidente nel fatto che delle sette regioni che hanno adottato una legge in materia ben sei titolano la loro disciplina normativa facendo riferimento proprio alla trasparenza e alla legalità dell'azione amministrativa e dell'azione politica in generale. Dico questo per dare conferma a quanto detto in precedenza dai due colleghi.Pag. 11
  Le leggi della Regione Lombardia e della Regione Puglia coinvolgono il responsabile regionale anticorruzione nell'accertamento delle violazioni, delle prescrizioni legislative e nell'erogazione delle sanzioni.
  Un'altra esigenza di grandissimo rilievo è che una legge che disciplina la rappresentanza di interessi è una legge che valorizza la partecipazione. Il valore della partecipazione si trova variamente declinato all'interno del testo costituzionale, ma innanzitutto lo possiamo ritrovare nell'articolo 2 della Costituzione, che come è noto introduce il principio del pluralismo, valorizzando appunto la partecipazione dell'individuo e il suo momento partecipativo come fase di affermazione e sviluppo della sua personalità. Ma anche il secondo comma dell'articolo 3, nell'individuare le tappe che conducono all'eguaglianza sostanziale, fa riferimento alla partecipazione.
  Se però dobbiamo parlare di partecipazione nel processo di decisione, un contributo di rilievo l'ha fornito la Corte costituzionale nella sentenza n. 379 del 2004, relativa proprio all'introduzione della partecipazione dei portatori di interesse nel processo di decisione pubblica, sia legislativa che amministrativa, della Regione Emilia Romagna.
  In questa decisione la Corte costituzionale ha sottolineato l'importanza della partecipazione di interessi come strumento perché il decisore pubblico possa acquisire gli interessi in modo completo. In sostanza, la Corte costituzionale, come già accennava il collega Pastore, non ignora il fatto che i partiti politici, che sono quei canali a cui i costituenti hanno assegnato in via prioritaria il compito di esprimere le istanze della collettività, si pongono in una situazione di difficoltà, se non di vera e propria crisi, perché la frammentazione e la complessità delle società moderne non permettono una rappresentazione all'interno del Parlamento di tutti gli interessi che possono essere coinvolti in una decisione pubblica. Dunque, la Corte vede nella partecipazione dei portatori di interesse proprio lo strumento attraverso cui supplire alle eventuali carenze che la rappresentanza politica inevitabilmente presenta.
  Certo, in questa decisione la Corte (come è stato detto prima di me) è perfettamente consapevole della differenza tra rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi, la seconda essendo solo parziale e settoriale. Si tratta di un tema su cui ha fortemente insistito anche la professoressa De Minico nella sua audizione. Tuttavia, questo non esclude che la rappresentanza di interessi possa fungere da supporto e da ausilio alla normale attività rappresentativa dei partiti politici.
  Da questo punto di vista, se così è – e anche questa è una suggestione che è stata sollevata dalla professoressa De Minico - è necessario che gli interessi chiamati a partecipare, gli interessi che accedono attraverso i portatori, siano proprio davvero tutti gli interessi.
  In questo senso è interessante una previsione contenuta in un disegno di legge della Regione Friuli-Venezia Giulia, che stabilisce che chi svolge attività in forma professionale di rappresentanza di interessi debba destinare una quota del proprio tempo, in base alla propria attività, a rappresentare gli interessi dei soggetti economicamente più deboli e che quindi non possono permettersi, come diceva la professoressa De Minico, di ricorrere a chi professionalmente svolga rappresentanza di interessi.
  Un altro elemento interessante, che la collega Fabrizzi ha evocato, sono le sollecitazioni provenienti dall'Unione europea. La Commissione, nella sua relazione sullo Stato di diritto in riferimento all'Italia, che è stata oggetto di analisi in una delle ultime riunioni grazie al professor Bilancia, ha proprio affermato come lo Stato di diritto richieda per la sua completa attuazione anche (in riferimento al nostro Paese) l'introduzione di una disciplina normativa in materia di rappresentanza di interessi.
  Il valore dello Stato di diritto è centrale nel sistema unionale – come sappiamo –, non solo perché ce lo dice l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea ma perché è un principio che guida l'azione delle istituzioni comunitarie. Questa centralità si è però accresciuta grazie all'adozione del regolamento sulle condizionalità economiche Pag. 12nel 2020, che come è ben noto fa dello Stato di diritto uno degli elementi che vanno assicurati per garantire gli equilibri finanziari dell'Unione europea. Nella stessa relazione – e ciò fa premio al presidente Pagano per la sua iniziativa – la Commissione esprime interesse per l'attività che in questo momento si sta svolgendo presso il nostro Parlamento.
  Per quanto riguarda invece le sollecitazioni che ho ricavato dall'analisi della normativa regionale, dagli statuti, dai regolamenti dei consigli regionali e soprattutto dalle leggi delle sette regioni (che sono Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Puglia e Toscana) sono emersi alcuni elementi che potrebbero anche essere oggetto di interesse in vista dell'adozione di una normativa di livello statale.
  Intanto, richiamo la definizione in senso molto ampio del decisore pubblico, che non si limita ai componenti del consiglio e della giunta ma che viene estesa in maniera notevole nei confronti di tutti coloro i quali appartengono all'amministrazione regionale, con l'obiettivo di intercettare l'attività di rappresentanza degli interessi presso i diversi soggetti nei confronti dei quali si può svolgere. C'è poi una elencazione vastissima dell'attività di lobbying, che viene minuziosamente descritta, anche qui nell'ottica di intercettarla nella sua ampiezza.
  Le regioni poi hanno optato tutte per un sistema di regolazione che prevede l'istituzione di un registro, talora un doppio registro presso giunta e consiglio. L'unica regione che non si esprime in maniera diretta su questo aspetto è l'Abruzzo.
  Un altro aspetto importante è il momento dell'apporto dei portatori di interessi, che è il momento dell'istruttoria legislativa, dunque la fase in cui si discute e si definisce il contenuto del provvedimento legislativo della regione.
  Questo è un aspetto interessante perché se si riflettesse a livello nazionale, certo sarebbe necessario valutare un intervento sui regolamenti parlamentari, ma è lì che l'attività di rappresentanza degli interessi va collocata.
  Un ulteriore aspetto riguarda il tracciamento della pubblicizzazione. Se è vero che tutte le regioni affidano ai rappresentanti di interesse la presentazione di una relazione annuale, è anche vero però che in due casi (si tratta della Regione Puglia e della Regione Emilia Romagna) si prevede che sia lo stesso decisore pubblico a tenere un'agenda pubblica, in cui dare conto annualmente di tutta l'attività di lobbying che è stata svolta con i relativi soggetti e degli oggetti della rappresentanza di interessi.
  Questo mi sembra un aspetto interessante, perché da una parte permetterebbe all'attività di lobbying di uscire da quel velo di opacità o da quella valutazione negativa di cui prima si parlava e d'altra parte renderebbe un po' più responsabile il decisore pubblico verso l'esterno.
  Un'ultimissima considerazione riguarda la previsione presente in tutte le leggi regionali di dare conto, nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, dell'apporto dei rappresentanti di interessi, dichiarando che tipo di apporto vi è stato e in che misura esso è stato tenuto in considerazione. Si tratta di una sorta di motivazione dell'atto legislativo, che consente al decisore pubblico di rendere noto all'esterno il percorso che lo ha condotto a quella decisione.
  Nel nostro sistema a livello nazionale non esiste una previsione che stabilisca che la legge va motivata, ma sappiamo bene come questa sia la regola all'interno dell'Unione europea, quindi anche qui forse qualche spunto di riflessione c'è. Tra l'altro, la motivazione dell'atto rappresenta non solo uno strumento per dare trasparenza e pubblicità, ma anche una sorta di documento attraverso cui il decisore pubblico si rivolge ai destinatari (quindi cittadini ed elettori) dando loro contezza delle ragioni del suo percorso di decisione, e quindi alla fine legittimando la decisione stessa.
  Questa mi sembra una considerazione interessante, specie in un contesto in cui la centralità del processo decisionale normativo è assunta dal Governo e in cui si denuncia una marginalizzazione del Parlamento, che forse anche attraverso questo strumento potrebbe riprendersi il ruolo che la Costituzione gli affida.Pag. 13
  Spero di essere rimasta nei dieci minuti e ringrazio per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Cara professoressa Lorello è stata eccezionale, ha sforato di soli 10 secondi. Se fossero tutti come lei saremmo a cavallo. Ovviamente scherzo. La ringrazio tanto invece del suo apporto, anche di quello che sta dando nel tavolo tecnico insieme alla professoressa Poggi.
  Do quindi la parola all'onorevole Alfonso Colucci, al quale chiedo a chi dei tre docenti di diritto costituzionale che abbiamo oggi con noi intenda rivolgere la domanda.

  ALFONSO COLUCCI. Grazie presidente. Lascio a lei la decisione su chi debba assumere la risposta, se l'uno, l'altro o tutti e tre.
  Mi trova alquanto perplesso l'idea che l'atto normativo possa ricevere o necessitare una legittimazione ulteriore di quanto già non abbia ex se quale atto prodotto dall'organo legislativo competente, che sono le due Camere. Se da un onere di motivazione si volesse trarre un motivo di legittimazione ulteriore dell'atto, questo davvero mi sembra introdurrebbe maggiori problemi di quanti non se ne vogliano risolvere. Se diversamente invece la funzione fosse esclusivamente di trasparenza, ma fosse a monte dell'atto normativo e attenesse al processo decisionale del singolo (deputato o senatore o comunque eletto), allora il conto sarebbe secondo me diverso.
  Ma ciò posto, questa è una mia osservazione, non so se la professoressa Lorello vorrà su questo interloquire ulteriormente.
  Mi interessava molto sollecitare la riflessione che i professori hanno svolto sulla natura amministrativa delle eventuali sanzioni e sull'organo deputato eventualmente ad attuarle. E, dunque, mi pare ci sia, almeno da parte del professor Pastore e della professoressa Fabrizzi, una convergenza sulla indicazione del CNEL.
  Volevo chiedere ai professori se loro ritengano che, in considerazione del disposto dell'articolo 99 della Costituzione che assegna attualmente al CNEL esclusivamente funzioni di consulenza, a loro avviso l'esperimento di questa soluzione comporti anche necessità di modifica costituzionale. E se inoltre, o anche in alternativa secondo la loro competente valutazione, debba procedersi esclusivamente a una revisione della legge n. 936 del 1986.
  È evidente che rimettere la decisione a un organo terzo, parlo dalla prospettiva delle aule parlamentari, rimanda naturalmente ad un problema di autodichia. Questo credo che debba essere affrontato con molta attenzione e molta prudenza, essendo questa una delle guarentigie costituzionali a presidio della funzione legislativa.
  Quindi l'idea di avocare a un organo terzo decisioni, sia pure di natura amministrativa e comunque una funzione di controllo e di vigilanza che può avere anche un effetto politico, credo debba essere oggetto di una profonda riflessione da parte nostra.
  Volevo chiedere, in questa logica, se loro abbiano valutato la possibilità di avvalerci dello strumento che è stato previsto dal decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, che è la Commissione di controllo e vigilanza sui partiti politici.
  Diciamo che questa Commissione, che pure è inserita all'interno dell'organizzazione parlamentare, non è sicuramente un organismo politico e dunque non esprime alcuna forma di autodichia, visto che i provvedimenti sono evidentemente impugnabili davanti al tribunale amministrativo regionale, all'autorità amministrativa. Mi domando quindi se questo non sia un organo che noi con le opportune modificazioni possiamo in qualche modo valorizzare in questo processo.
  Grazie per le illustrazioni e per le risposte.

  PRESIDENTE. Io direi che, salvo la prima parte che non era proprio una domanda, sulla seconda mi pare che il professor Pastore, oltre che la professoressa Fabrizzi, possa rispondere sulla questione dell'intervento sul CNEL e sul quesito posto dall'onorevole Colucci. Prego, professor Pastore.

  FULVIO PASTORE, professore di diritto costituzionale presso l'Università Federico II Pag. 14di Napoli (intervento in videoconferenza). Farei un accenno anche alla domanda che riguarda la motivazione dell'atto legislativo. Ovviamente la motivazione non è prevista, ma si può ricostruire dall'intento del legislatore, attraverso un esame dei lavori parlamentari.
  È chiaro che molto spesso le disposizioni legislative approvate sono frutto di una sintesi, per cui ci sono parlamentari o gruppi che approvano una disposizione perché danno un certo significato normativo a quelle disposizioni, altri magari gli attribuiscono un significato diverso, quindi è anche difficile ricostruire in maniera unitaria la motivazione. Tuttavia si tratta di un aspetto problematico. Per quanto riguarda il CNEL – come ricordato molto bene dalle colleghe prima di me –, si tratta di un organo a rilevanza costituzionale. E gli organi a rilevanza costituzionale, a differenza di quanto accade per gli organi costituzionali – come il Parlamento, come il Governo, come la Corte costituzionale – sono previsti dalla Costituzione, che però devolve al legislatore il compito di disciplinare in via prevalente quelli che sono i meccanismi costitutivi e le attribuzioni dell'organo. Mentre per gli organi costituzionali la Costituzione non deve limitarsi a prevedere, ma deve anche disciplinare in via prevalente i meccanismi costitutivi e le relative attribuzioni, per quanto riguarda gli organi a rilevanza costituzionale come il CNEL questi sono previsti dalla Costituzione ma la Costituzione devolve al legislatore il compito di disciplinare in misura prevalente attribuzioni e meccanismi costitutivi.
  Per cui è chiaro che le funzioni espressamente previste dalla Costituzione sono intangibili per il legislatore, ci mancherebbe; però nulla osta alla possibilità che il legislatore conferisca a questi organi ulteriori attribuzioni non già previste dal testo costituzionale.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Chiedo alla professoressa Fabrizzi se voglia aggiungere qualcosa sul tema, in particolare sul CNEL

  FEDERICA FABRIZZI, professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma. Molto sinteticamente. Di recente, nel 2018, il CNEL ha provveduto alla riforma dei regolamenti interni. In quell'occasione il presidente Treu ha motivato la modifica di questi regolamenti, nei quali sostanzialmente il CNEL assume un più marcato ruolo consultivo e di interlocutore competente e qualificato, con queste parole che vi leggo rapidamente: «La funzione fondamentale di operare come struttura di razionalizzazione dei rapporti tra le forze sociali e il potere politico e come luogo di confronto-incontro sui grandi temi economici e sociali del Paese, un luogo istituzionalmente garantito e arricchito dalla presenza delle maggiori organizzazioni rappresentative della società civile e da esperti scelti per la loro competenza.».
  Questo per dire che secondo me la configurazione e la missione del CNEL ben può rientrare in questo quadro che stiamo descrivendo e non occorrerebbe intervenire sul testo costituzionale.
  Certamente si potrebbe ipotizzare invece un intervento puntuale sulla legge, anche eventualmente con riferimento al profilo della composizione, questo sì.

  PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Lorello, che intende intervenire.

  LAURA LORELLO, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Palermo (intervento in videoconferenza). Volevo soltanto chiarire che si parlava di motivazione e di legittimazione tra virgolette, perché è ovvio che il legislatore è legittimato a priori. Semmai un percorso che dia atto della partecipazione dei rappresentanti di interessi e del loro contributo può rendere trasparente e più chiaro, nei confronti di chi è il destinatario di quella decisione, quali siano stati i percorsi seguiti.
  Sul CNEL vorrei fare solo una battuta: all'interno del nostro gruppo queste perplessità sono emerse, ma anch'io concordo con quello che hanno detto i colleghi, cioè sul fatto che il legislatore ordinario possa poi intervenire.
  Tra l'altro all'interno del nostro gruppo si è anche evidenziata la possibilità che il Pag. 15CNEL sia semplicemente un soggetto chiamato a verificare la regolare tenuta dei registri, e quindi il rispetto delle previsioni, segnalando a chi poi invece effettivamente tiene il registro (penso alla Camera dei deputati) eventuali violazioni, per cui per l'eventuale irrogazione di sanzioni sarebbe il soggetto che tiene il registro a intervenire e non il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

  PRESIDENTE. La ringrazio professoressa Lorello, anche per aver chiarito l'aspetto relativo all'autodichia.
  A questo punto non posso che dire grazie al professor Pastore, alla professoressa Fabrizzi, alla professoressa Lorello per l'audizione odierna, ma anche per l'attività che stanno svolgendo. È al lavoro un tavolo che comprende tanti costituzionalisti. Devo quindi ringraziare i presenti per l'opera che stanno svolgendo. Sarà prezioso conoscerne poi i risultati finali.
  Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.