XIX Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 5 dicembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELLA MEDICINA DELL'EMERGENZA-URGENZA E DEI PRONTO SOCCORSO IN ITALIA

Audizione di rappresentanti del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS) e del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità).
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 
Compagni Amelia , direttrice del CeRGAS SDA Bocconi School of Management ... 3 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 3 
Fenech Lorenzo , docente presso CeRGAS SDA Bocconi School of Management ... 3 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 7 
Spandonaro Federico , presidente del Comitato scientifico del CREA Sanità ... 7 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 11 
Girelli Gian Antonio (PD-IDP)  ... 11 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 11 
Fenech Lorenzo , docente CeRGAS SDA Bocconi School of Management ... 11 
Cappellacci Ugo , Presidente ... 12 

Allegato 1: Presentazione informatica illustrata dal rappresentante del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS) ... 13 

Allegato 2: Presentazione informatica illustrata dal rappresentante del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità) ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO CAPPELLACCI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS) e del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità).

  PRESIDENTE. La Commissione prosegue le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza e dei pronti soccorso in Italia.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza sia dei deputati che dei soggetti auditi, secondo le modalità stabilite dalla giunta per il Regolamento.
  Partecipano all'audizione odierna Amelia Compagni, direttrice, e Lorenzo Fenech, docente, entrambi del Centro di ricerca sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS) e Federico Spandonaro, presidente del Comitato scientifico del Centro per la ricerca economica applicata in sanità.
  Saluto e ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione. Ricordo che allo svolgimento della relazione, che pregherei di contenere entro i dieci minuti, potranno seguire domande da parte dei deputati e quindi la replica dei soggetti auditi.
  La documentazione acquisita sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e sarà altresì pubblicata sul sito Internet della Camera dei deputati.
  Do quindi la parola ai rappresentanti del CeRGAS. Prego.

  AMELIA COMPAGNI, direttrice del CeRGAS SDA Bocconi School of Management. Vi volevo ringraziare per questo invito a questa audizione. Oggi sentiamo ancora di più la responsabilità di parlarvi e di raccontarvi quello che abbiamo capito dalle nostre ricerche e anche di condividere le nostre riflessioni, visto che siamo in una giornata di sciopero proprio del personale sanitario e tre ore fa Ansa ha detto che c'è un'adesione fino all'85 per cento; quindi sentiamo veramente questa responsabilità.
  Sono qui con il mio collega, Lorenzo Fenech, che ha lavorato su questi temi, quindi lascio la parola a lui per condividere ciò che abbiamo capito e che cosa vorremmo appunto suggerirvi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Prego.

  LORENZO FENECH, docente presso CeRGAS SDA Bocconi School of Management. Grazie. Buon pomeriggio a tutti.
  Gentile presidente e gentili componenti della Commissione, i pronto soccorso rappresentano oggi una realtà sotto i riflettori e sotto l'attenzione pubblica, quindi anche delle autorità che ne stanno facendo appunto oggetto d'indagine.
  Stiamo vivendo una situazione insostenibile, le criticità sono effettivamente fisiologiche e hanno radici sicuramente di qualche decennio. Proviamo un po' a sistematizzarlePag. 4 e a offrire anche degli spunti per soluzioni di cambiamento.
  Questo è il quadro macro del pronto soccorso oggi in termini di volumi di accesso (vedi slide n. 3). Abbiamo preso una figura del 2019, perché poi c'è stato il Covid di mezzo con delle distorsioni nei dati. Stiamo parlando di una situazione in cui circa 20 milioni di accessi l'anno confluiscono verso un unico modello di offerta, che è quello appunto del pronto soccorso. Quindi un punto di partenza del nostro ragionamento e un aspetto su cui vogliamo porre l'attenzione è quello dell'elevato accesso in pronto soccorso. Effettivamente si parla anche da molti anni di improprio o evitabile accesso al pronto soccorso.
  Non è facile entrare in questo argomento, anche perché non è agevole quantificare la parte di accesso evitabile in pronto soccorso. Sicuramente dai dati, guardando alcune regioni, almeno il 40 per cento di accessi sono non urgenti o con urgenza minore.
  Dall'altra parte questi accessi generano solo il 13 per cento di ricoveri ma naturalmente se pensiamo a 20 milioni di accessi il 13 per cento determina sicuramente tanti ricoveri. Ma all'interno di questi ricoveri ci sono molti ricoveri legati anche ad accessi ripetuti, che generano per esempio, in ambiti come quelli della medicina generale, il 20 per cento di ricoveri ripetuti in questo tipo di reparto. Quindi è evidente che c'è un'elevata ed eterogenea domanda che accede a un solo servizio che in questo momento è inteso come ospedaliero.
  Non è un problema solo italiano, lo vedremo tra poco, ma queste caratteristiche che sono fisiologiche in questo momento diventano insostenibili perché ci sono effettivamente delle pressioni sia sul lato della domanda che sul lato dell'offerta che fanno passare da un problema cronico del pronto soccorso a un problema acuto. Naturalmente quello che si sta cercando di fare è di evitare che diventi un problema irreversibile e si creino dei circoli viziosi.
  Le pressioni sul lato della domanda sono note, alcune sono strutturali: l'invecchiamento della popolazione, l'aumento dei problemi sociali legati a quelli sanitari, gli utenti nella nostra società che sono sempre più impazienti in un'era in cui tutto è più veloce e più facilmente fruibile. Poi ci sono anche delle esigenze legate al bisogno di risposte più organiche e meno frammentate, quindi l'esigenza di quello che viene detto in gergo one stop shop; poi a cascata naturalmente ce ne sono tante altre, ma queste sono quelle che noi abbiamo sistematizzato sul lato della domanda.
  Sul lato dell'offerta l'invecchiamento della popolazione incide anche naturalmente sull'invecchiamento del personale. Conosciamo benissimo la carenza degli infermieri, senza richiamare i dati, o la crisi della medicina d'urgenza con le borse di studio vanificate e il ricorso crescente al personale esterno. Queste sono solo alcune delle pressioni e delle dinamiche che stanno acuendo il problema del pronto soccorso, che come potete immaginare dai dati (vedi slide n. 4) è effettivamente fisiologico e di sistema.
  Richiamavo precedentemente che non è solo un problema italiano quello dell'elevato accesso al pronto soccorso. Sicuramente i confronti internazionali non sono facili in questo contesto, infatti presentiamo i dati (vedi slide n. 5) non recentissimi di chi ha provato a fare degli incroci in letteratura anche con degli studi recenti, perché l'oggetto pronto soccorso non è standardizzato a livello europeo, quindi non è facile trovare delle metriche o fare dei confronti.
  Però sicuramente vediamo come l'Italia è posizionata un po' più in alto rispetto ad altri Paesi dell'OCSE; quello che possiamo anche vedere è che c'è una certa variabilità tra i Paesi, quindi le determinati sono molteplici e non possiamo banalizzare l'accesso al pronto soccorso solo come il malfunzionamento e il non investimento in altre zone del settore sanitario. L'altro aspetto è che, se in altri Paesi si è lavorato per ridurre e contenere gli accessi in pronto soccorso, esso è contenibile ma non del tutto comprimibile. Quindi rispetto al lavoro che si sta facendo già in alcune regioni, dobbiamo porci degli obiettivi e sapere fin dove possiamo arrivare in questo processo.Pag. 5
  La variabilità la possiamo vedere con dati ancora più robusti quando andiamo a confrontare le regioni (vedi slide n. 6). Ogni volta che guardiamo i dati regionali in tutti i settori della sanità c'è sempre una variabilità interregionale: qui è particolarmente marcata e spiccata. Quello che effettivamente si nota è che alcune regioni, che di solito sono richiamate per essere virtuose dal punto di vista dell'offerta territoriale e per altri elementi dell'offerta sanitaria, in questo caso si posizionano con più elevati accessi in pronto soccorso rispetto a altre (penso al Veneto, alla Toscana o anche alla stessa Emilia Romagna).
  Quindi questa figura ci conferma da una parte che bisogna guardare caso per caso, regione per regione e analizzare le varie determinanti, ma anche che l'elevato ricorso al pronto soccorso non è necessariamente e solamente il risultato del mancato funzionamento del resto del sistema, e chiaramente viceversa.
  Un'analisi dei casi regionali ci ha permesso di ragionare, oltre che sulla questione dell'elevato accesso in pronto soccorso, anche sul fatto che questo accesso è spesso disorganico, dispersivo; c'è un disorientamento della domanda, in qualche modo è come se ci fosse una sorta di anarchia dell'accesso. C'è un elevato tasso di autopresentazione e ci sono spesso utilizzi inappropriati dei canali di accesso, quindi il 20 per cento, per esempio, di codici verdi in una regione come la Lombardia accede attraverso la chiamata al 118. Una volta che si chiama il 118 questo poi deve portare automaticamente in pronto soccorso per approfondimenti e accertamenti. Quindi chiaramente c'è un pezzo che ha a che fare con l'orientamento della domanda, i canali di accesso.
  Poi naturalmente c'è anche la questione della costruzione di alternative. Magari ci sono accessi attraverso il canale del 118 come codici verdi e poi inevitabilmente, se non ci sono altre risposte che il pronto soccorso riesce a offrire in quel momento, sfociano in ricoveri ospedalieri. Quindi abbiamo il fenomeno dei codici bianchi o dei codici verdi che poi vengono ricoverati direttamente in ospedale.
  Questo disorientamento della domanda è in qualche modo accentuato non soltanto dalla mancanza di risposte alternative al pronto soccorso, ma anche da come questi pronto soccorso sono allocati sui territori nel corso del tempo. Il modo con cui sono andati ad allocarsi ha sicuramente seguito logiche di equità, in parte anche di efficienza, ma poi vediamo che il 37 per cento dei pronto soccorso gestisce meno di 20 mila accessi l'anno, che è il minimo per il pronto soccorso perché basti pensare che quando è di primo livello dovrebbe superare almeno i 40 mila accessi l'anno. Quindi sicuramente c'è una dispersione degli accessi anche tra i pronto soccorso e il sistema di offerta dei pronto soccorso va rivista all'interno dei territori. Ci sono delle differenze regionali che bisogna andare ad analizzare e capire.
  Per ragionare in termini propositivi, se questa è la diagnosi di partenza, guardando a cosa stanno facendo altri Stati, un punto di riferimento potrebbe essere la Germania che ha iniziato a lavorare (vedi slide n. 8) sull'orientamento della domanda attraverso l'implementazione del 116117 e lo sviluppo di quello che loro hanno definito l'Outpatient emergency care service, quindi servizi dedicati ai pazienti che hanno bisogno di una risposta di tipo più ambulatoriale, di tipo più territoriale. Naturalmente tutto questo deve essere connesso con il resto del sistema di emergenza che potremmo chiamare tradizionale, ma queste sono sicuramente le due leve principali che hanno portato la Germania ad avere degli accessi contenuti rispetto ad altri Paesi al pronto soccorso ospedaliero.
  È proprio a questo che si ispirano gli interventi di alcune regioni che abbiamo iniziato ad analizzare, le prime sperimentazioni. Abbiamo proposto qui un menù di quelli che sono gli interventi e i pilastri di un possibile cambiamento, che come vedete riguarda poi l'intero sistema di emergenza-urgenza (vedi slide n. 9). Da una parte l'esigenza di separare a monte i flussi, quindi separare meglio il percorso dell'emergenza in senso stretto da quello che può essere l'urgenza minore o addirittura la non urgenza, e a quel punto dedicare un Pag. 6canale di filtro all'urgenza territoriale, che sappiamo essere in fase di implementazione, recentemente per esempio anche in Toscana. Questo primo filtro, che viene definito dagli stessi addetti ai lavori un filtro «laico», può orientare verso tutta una serie di servizi che possono sfociare in un teleconsulto o in una visita domiciliare oppure orientare verso le case di comunità, che devono a quel punto essere dotate di strumentazione adeguata per poter rispondere a quella domanda one stop shop, che comunque c'è, che è difficilmente comprimibile ma può essere meglio incanalabile.
  Dall'altra parte naturalmente c'è il sistema tradizionale di offerta del pronto soccorso e del 118, che ben conosciamo, che non ha bisogno di particolari potenziamenti da questo punto di vista o di innovazioni di servizio; sicuramente c'è bisogno di una razionalizzazione dell'offerta dei pronto soccorso (pronto soccorso inteso come servizio ospedaliero).
  In questo percorso, soprattutto quello di innovazione sul territorio, che è il cantiere di lavoro su cui alcune regioni si stanno lanciando, abbiamo iniziato a vedere delle prime sperimentazioni. Sicuramente la telemedicina in Lombardia ha avuto nelle sue sperimentazioni in Valtellina dei risultati interessanti, così come anche l'introduzione dei centri per l'assistenza all'urgenza (i CAU) in Emilia Romagna.
  È chiaro che questa può essere una mappatura che ci può guidare nei percorsi e nelle traiettorie che le varie regioni e i vari territori affronteranno, ma chiaramente ognuno, a seconda delle proprie determinanti e delle proprie caratteristiche, sfrutterà i servizi che sono più adeguati rispetto alle peculiarità di quel territorio e anche ai punti di forza e di debolezza. Sappiamo che la Lombardia punterà un po' di più sulla telemedicina di quanto non lo faccia l'Emilia Romagna; l'Emilia Romagna è avvantaggiata, già da tempo stava trasformando i pronto soccorso in punti di primo intervento e quindi valorizzerà di più la parte della prossimità e delle case di comunità.
  Volendo quindi sintetizzare, le tre traiettorie di cambiamento (vedi slide n. 10) sono: lo sviluppo di servizi per orientare la domanda – 116-117, i punti unici di accesso (PUA), anche le stesse centrali operative territoriali (COT); lo sviluppo di servizi alternativi (telemedicina d'urgenza e i CAU); e la razionalizzazione dell'offerta attuale, quindi concentrare la casistica.
  Naturalmente nel fare questo lavoro delicato di razionalizzazione dell'offerta del pronto soccorso bisogna comunque tener conto e non banalizzare l'ambito dei vincoli dettati dalle zone disagiate e naturalmente dai criteri dell'equità. Quindi anche in questo caso non bisogna farlo in maniera lineare ma bisogna lavorare tenendo conto anche dei vincoli che ci sono da questo punto di vista.
  Dalla revisione della geografia dei servizi noi segnaliamo alcune opportunità e dei rischi, naturalmente. Partiamo dalle opportunità. L'opportunità è quella di valorizzare e migliorare la gestione del personale dedicato all'emergenza-urgenza, perché facendo la revisione della geografia dei servizi è possibile focalizzare il personale specializzato nella medicina d'urgenza nei DEA di I e di II livello, quindi valorizzando gli studi e la scuola di specializzazione; dall'altro è possibile gestire meglio il personale esterno delle cooperative. Dai nostri studi emerge come le cooperative, se ben gestite, possono essere parte della risposta.
  Dobbiamo fare dei ragionamenti di breve periodo e di lungo periodo. È difficile in questo momento procedere a una «demonizzazione» della cooperativa: bisogna ragionare rispetto alle risorse in questo momento presenti nel SSN che, opportunamente allocate, magari in determinati servizi e non nei servizi iperspecialistici, e adeguatamente governate, possono essere di supporto nel dare delle risposte.
  Poi ci può essere un ragionamento più di lungo periodo. Si possono valorizzare le guardie mediche, che in realtà sono medici di continuità assistenziale e personale infermieristico, aggregandolo nelle case di comunità e dotandoli delle opportune strumentazioni diagnostiche. La strumentazione diagnostica naturalmente è fondamentale; avere soltanto gruppi di medici o di infermieri senza la diagnostica a supportoPag. 7 significa semplicemente incanalare dei pazienti che poi andranno in pronto soccorso per delle risposte.
  Per quanto riguarda invece i rischi, quello da evitare in primis è quello dell'effetto moltiplicativo, cioè è importante lavorare su tutti e tre i «cantieri» prima illustrati. Se non lavoriamo sulla razionalizzazione dei pronto soccorso rischiamo di creare tanti canali, tanta domanda e tanta offerta, e questo può creare effetti moltiplicativi e distorsivi sulla domanda.
  C'è bisogno di un cambio culturale: la domanda urgente non si può sindacare, non si può mettere in discussione, altrimenti si banalizza e non ci si lavora. Invece bisogna passare dal concetto di inappropriatezza della domanda a quello dell'offerta, che invece è nell'oggetto concreto di lavoro.
  Bisogna tener presente – su questo punto esortiamo un po' tutte le forze in campo – che questo è un processo lento, che richiede sicuramente molta pazienza: non esistono soluzioni magiche, bisogna dare risposte al sistema e bisogna dare anche il tempo però al sistema di trasformarsi. Ci sono delle implicazioni che hanno a che fare con i cambiamenti di abitudini delle persone, alle quali bisogna comunicare la nascita di nuovi servizi, per esempio, il fatto che per accedere a questi servizi bisogna prima chiamare il numero telefonico, eccetera. Bisogna formare il personale e naturalmente continuare a realizzare gli investimenti necessari. Abbiamo visto dalle regioni che questo è un processo differenziato, quindi sicuramente la politica e il Ministero possono predisporre il quadro di riferimento, poi dovranno essere le regioni e le aziende sanitarie ad adottare delle soluzioni che devono essere sistemiche.
  Con questo io concludo il mio intervento e vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, professore. Do ora la parola a Federico Spandonaro, in rappresentanza di CREA Sanità.

  FEDERICO SPANDONARO, presidente del Comitato scientifico del CREA Sanità. Anche io desidero ringraziare la Commissione a titolo personale e da parte del Centro per l'attenzione verso il nostro lavoro.
  CREA lavora ormai da circa 25 anni, è nata dentro Tor Vergata. Noi, come forse la Commissione sa, tendenzialmente facciamo analisi delle politiche sanitarie partendo da dati quantitativi. Devo dirvi che sul discorso del pronto soccorso i dati quantitativi, come in parte hanno già efficacemente descritto i miei colleghi, non sono moltissimi, tra l'altro non siamo riusciti ad avere il «Flusso EMUR», che è in questo momento la base più importante. Abbiamo altri flussi dal Ministero ma ovviamente mancando quello è difficile fare delle analisi quantitative. Quindi abbiamo preparato qualche suggestione sulla base di quelle che sono in generale le nostre attività, un po' di contorno se volete. Mi sembra che molte (ma adesso condividerò qualche slide) confermino gli obiettivi e l'oggetto che si è dato la Commissione con questa indagine conoscitiva.
  Credo che il punto di partenza (ma anche questo è già stato in qualche modo detto) è il sovraffollamento; ovviamente è multifattoriale, bisogna guardare sia dal lato dell'offerta che quello della domanda. Noi, facendo leva su quelle che sono le indagini che abbiamo condotto ultimamente, volevamo concentrarci su tre problemi: uno è quello dell'incentivo alle vocazioni, il secondo è il dimensionamento, più qualche nota rapida sul boarding. Dall'altra parte credo che l'orientamento della domanda, il filtro di accessi inappropriati sia l'altro elemento assolutamente chiave per dare una risposta al problema.
  Sul primo punto volevo darvi un'anticipazione su una survey che pubblicheremo nel rapporto che verrà presentato a gennaio (vedi slide 3). È una survey che abbiamo fatto insieme alla FNOMCeO, a cui hanno risposto quasi 900 medici. Sostanzialmente abbiamo chiesto cos'è che non andasse.
  Abbiamo estratto per questa occasione le risposte di quelli che operano in una struttura dove è presente un pronto soccorso (ho poco tempo, ovviamente avete le Pag. 8slide, ma aggiungo che faremo avere domani anche una nota scritta a corredo delle slide).
  È chiaro che le cose le conosciamo, queste survey servono un po' ad accoppiarci un numero; è abbastanza evidente che una carenza di personale comunque c'è. Il 93 per cento dei partecipanti alla nostra survey hanno dichiarato di percepire una carenza di personale, e per quanto questi siano dati percepiti, credo che sia difficile ignorarli.
  Quasi il 60 per cento sostanzialmente sta pensando di trasferirsi, un 10 per cento addirittura già si sta muovendo. Le ragioni per le quali c'è questa disaffezione sono due: da una parte la parte retributiva e dall'altra anche condizioni di lavoro che specialmente nei pronto soccorso sono particolarmente stressanti e quindi sono un disincentivo non solo a partecipare ai bandi delle scuole di specializzazione ma anche ad accettare di andare a lavorare nei pronto soccorso, specialmente nelle condizioni attuali.
  Ci siamo spinti oltre, abbiamo cercato di capire quale può essere un impegno del nostro Servizio sanitario nazionale per risolvere il problema e abbiamo chiesto a chi rispondeva quanto si aspetterebbero potesse essere una rivalutazione della loro retribuzione. Come vedete (vedi slide 6), quasi un 20 per cento, prudentemente, chiede una rivalutazione del 20 per cento, ma c'è anche un 20 per cento che parla del 40/60 per cento. Se moltiplichiamo questo per i numeri del servizio si capisce che è un problema non da poco e che non si può agire solo sul lato delle retribuzioni ma anche, in generale, sull'organizzazione del lavoro.
  Molti hanno lamentato l'impossibilità di conciliare gli impegni lavorativi con la vita quotidiana, tanto che solo la metà consiglierebbe il lavoro ai giovani che devono intraprenderlo.
  Quindi direi che questo è un aspetto assolutamente chiave, perché al di là dell'organizzazione dei pronto soccorso se non avremo sufficienti risorse umane per popolarli sarà difficile adeguare l'offerta, che certamente è uno dei problemi che abbiamo davanti.
  Peraltro, l'anno scorso abbiamo fatto una survey sui direttori generali insieme a Federsanità e questo problema era già uscito fuori. I direttori generali ci segnalavano l'esigenza di avere un approfondimento sulla definizione delle dotazioni organiche, ivi comprese quelle dei pronto soccorso, e di introdurre incentivi in generale per poter ricollocare il personale o comunque promuovere la mobilità, specialmente verso tutte quelle aree, di cui il pronto soccorso è certamente un esempio, che sono meno attraenti. Dichiaravano apertamente che avrebbero preferito poter mantenere le procedure di acquisizione più leggere in deroga, che erano state usate durante la pandemia, anche perché avevano bisogno di poter dare incentivi per trovare persone per l'area dell'emergenza-urgenza. Quindi è sicuramente un problema che anche a livello aziendale è molto sentito.
  Sull'appropriatezza vado veloce (vedi slide 8) perché è già stata trattata. C'è sicuramente un problema di inappropriatezza, ancorché è un po' difficile effettivamente quantificarlo. La nota positiva è che la quota di ricoveri medici che passano al pronto soccorso è in aumento. Questo tutto sommato è fisiologico perché in realtà un ricovero medico non dovrebbe essere un ricovero di elezione. Viceversa abbiamo anche un aumento della quota di ricoveri chirurgici che passa per il pronto soccorso; ovviamente c'è di mezzo anche il Covid che distorce i risultati e potrebbe essere questa la causa, però è un fenomeno da monitorare perché potrebbe effettivamente essere un indicatore di inappropriatezza.
  Volevo anche segnalare che ovviamente non possiamo trascurare il fatto che, al di là di tutto, il problema del pronto soccorso è anche di quello che c'è sopra al pronto soccorso, noi siamo un Paese (mi scuso ma ho qualche problema di comparazione sui dati) che in Europa ha il minor tasso di ospedalizzazione in acuzie, che vuol dire anche pochi letti. Pochi letti vuol dire che è difficile far transitare il paziente e questo certamente allunga in maniera significativa i tempi di permanenza in pronto soccorso. Pag. 9Al solito le cose non si possono vedere solo su un pezzetto, ma è inutile intervenire sul pronto soccorso se non agiamo anche sui punti di «sfogo» dei pronto soccorso, che sono evidentemente i reparti.
  Nelle linee di indirizzo ministeriali in realtà troviamo standard di indicatori di monitoraggio assolutamente adeguati e condivisibili, però ci sembra che il problema sia, come spesso succede nei sistemi complessi e nel nostro sistema sanitario ancor più frequentemente, la cogenza di tutto questo, quanto in realtà gli indirizzi sono applicati.
  Ho l'impressione che quello che manca è un sistema di incentivi e disincentivi che rendano cogenti le linee d'indirizzo. Le linee di indirizzo rischiano di essere quelle classiche norme – ne abbiamo una lunga sequela nella storia del nostro Servizio sanitario nazionale – che rimangono lì senza che nessuno le applichi mai.
  Per esempio, mi chiedo se il sistema di garanzia dei LEA non possa dare un aiuto: per esempio attualmente ci sono solo degli indicatori sulla quota di codici bianchi e verdi che evidentemente riguardano esclusivamente il filtro sul territorio, ma incentivano poco le regioni a investire di più, o a investire meglio, se vogliamo, sull'organizzazione dei pronto soccorso. Ci sono delle persone che credono molto al fatto che se si pubblicano gli esiti di quello che si fa, questo comporta anche un controllo dal basso da parte della popolazione. Fa un po' ridere che abbiamo una norma che dice che entro quattro ore dovremmo riuscire a dimettere dal pronto soccorso anche i codici bianchi, che naturalmente rimangono lì ben più di quattro ore. Se forse pubblicassimo i tempi di permanenza reali per codice e li rendessimo pubblici questo sarebbe un forte incentivo per le Regioni a investire di più.
  Molto interessante, e sicuramente anche coerente con altri modelli che ci hanno fatto vedere i colleghi, è il discorso di integrare la parte ospedaliera dell'emergenza-urgenza con quella pre-ospedaliera; ovviamente bisogna stare molto attenti all'integrazione perché il rischio è che due percorsi non cuciti in maniera corretta determinino un nuovo collo di bottiglia, invece che un vantaggio.
  Il tempo stringe moltissimo, volevo però parlare due secondi anche della parte della domanda, perché ovviamente c'è bisogno di un dimensionamento dei pronto soccorso, ma prima di fare un dimensionamento corretto bisogna capire qual è la quota di domanda che veramente vogliamo soddisfare, qual è la quota inappropriata che bisognerebbe trovasse un'altra soluzione.
  Volevo ricordarvi un'altra survey che abbiamo fatto l'anno scorso su un campione rappresentativo della popolazione italiana (vedi slide 11-13). Sostanzialmente abbiamo chiesto «cosa ti piace e cosa non ti piace del Servizio sanitario nazionale?». La risposta è ovvia: per non dire sempre quello che non va, tutto sommato la qualità dei medici e dell'assistenza è assolutamente promossa e il problema del Servizio sanitario nazionale sono le liste d'attesa.
  Io credo, per deformazione professionale da economista, che la gente in qualche modo agisce in maniera razionale, cioè gran parte dell'inappropriatezza del pronto soccorso secondo me è, banalmente, un modo per evitare di aspettare tempi che non sono evidentemente ritenuti congrui anche per le prestazioni non urgenti. Quindi se vogliamo rispondere al problema dei pronto soccorso dobbiamo anche trovare un modo per risolvere il problema delle liste d'attesa.
  In generale quello che non piace ai cittadini è tutto ciò che ha a che fare con loro tempo; credo che una delle cose che manca nel nostro sistema sanitario sia il diritto al rispetto del proprio tempo, non c'è mai neanche nei documenti relativi all'umanizzazione. Bisogna stare anche attenti al fatto che la domanda non è una; è un po' un vizio del sistema sanitario quello di pensare sempre che c'è un'unica risposta per una domanda unitaria e omogenea. Ma non è così, in realtà si vede quasi sempre che ci sono almeno due segmenti di domanda: uno più autonomo legato di solito a una maggiore istruzione e quindi spesso a un maggior reddito – e se vogliamo anche il fatto che sia più riferito al Nord lo conferma – che chiede fondamentalmente Pag. 10più efficienza e tempi più veloci. Invece c'è un'altra utenza che si affida di più e che magari nota più i problemi di comfort, anche perché al Sud ne ha di meno. È chiaro che la risposta, se vogliamo intercettare questa domanda e renderla più appropriata, non può essere unitaria, ha bisogno di risposte mirate rispetto alle sue caratteristiche.
  È interessante notare che quando abbiamo chiesto ai cittadini italiani se sarebbero stati disposti a investire un po' dei loro soldi per qualche cosa in particolare, sulle liste d'attesa hanno detto di sì, tutto il resto lo vogliono ma lo vogliono gratis. Sulle liste d'attesa già lo fanno, perché ormai è in continuo aumento l'erogazione privata, e quindi questo è un settore sul quale probabilmente qualcosa si può fare. Quindi le liste d'attesa sono assolutamente la cosa più importante.
  Come si può agire per cercare di orientare la domanda? Dal punto di vista normativo certamente ci sono delle cose sulle quali il Sistema si deve interrogare. Credo che esista anche una norma (non ne sono proprio certissimo) per quando le liste di attesa sono troppo lunghe: dopo un certo tempo ci dovrebbe essere un diritto a un'assistenza rimborsabile diretta, che non è mai stato utilizzato e che sarebbe, da un punto vista finanziario, disastroso per il sistema sanitario rendere disponibile a tutti. Però certamente prevedere un'attesa massima è sicuramente una delle cose che più riuscirebbe a ridurre la pressione sui pronto soccorso.
  Oggi sempre di più viene dato un appuntamento magari in un'altra provincia della stessa regione; questo, in una fase in cui dichiariamo il diritto alla prossimità, non mi sembra una cosa che possa funzionare. Credo che nel sistema di garanzia dei LEA manchi qualche cosa che monitori il rispetto dei tempi massimi di risposta del sistema nei confronti dei cittadini. Se si riuscisse a far qualcosa, ciò ovviamente sgraverebbe il pronto soccorso.
  C'è poi tutta la parte delle azioni manageriali. C'è una partita di cui forse non si parla più, ma di cui si è dibattuto per parecchio tempo, relativa al rapporto fra produttività degli ambulatori e servizi dell'intramoenia. Bisognerebbe di nuovo parlarne visto che l'intramoenia continua a crescere e questo è un altro settore sul quale c'è poca trasparenza.
  Inoltre se vogliamo intercettare pazienti nelle case delle comunità bisogna che siano veramente aperte 24 ore su 24. Da studi fatti sulla guardia medica emerge che le chiamate si concentrano fino alle 24, quindi almeno fino alle 24 bisognerebbe garantire delle risposte adeguate.
  Ovviamente il 118, la guardia medica, la continuità assistenziale, più correttamente, deve fare filtro e il filtro funziona solo se agisce a livello domiciliare; se la gente esce da casa a quel punto molto probabilmente proseguirà per il pronto soccorso dell'ospedale.
  Ovviamente possono aiutare anche tutte le forme di telemedicina e di telemonitoraggio dei più fragili. Anche qua, avendo i dati si potrebbero identificare i frequent user e trovare il modo di monitorarli a domicilio cercando di evitare il ritorno continuo al pronto soccorso.
  Da ultimo vorrei segnalare che la compartecipazione è un altro modo di governo della domanda e in questo caso è il disincentivo: cioè l'incidenza del ticket sul pronto soccorso (vedi slide 21), è totalmente difforme fra una regione e l'altra. Sarebbe molto interessante approfondire se le regioni che lo hanno previsto più alto, o che comunque lo chiedono in maniera più cogente, effettivamente sono riusciti a ottenere un risultato o meno con questa leva. Siccome le politiche vanno sempre misurate sulla loro capacità di essere efficaci, abbiamo un dato ma non abbiamo un'analisi sul ritorno di tutto questo. Spero di essere stato abbastanza nei tempi.
  Facendo una riflessione finale: credo che manca un'analisi quantitativa propedeutica ad agire in maniera informata, credo che sarebbe urgente che i dati che ci sono fossero resi più disponibili per poter fare qualche analisi. Noi ovviamente come Centro ci offriamo qualora ci sia la disponibilità del dato.
  Credo che sia importante che nel sistema degli incentivi e disincentivi, quindi Pag. 11dei rapporti fra il livello centrale regionale e aziende, ci si concentri di più su tutto ciò che può incentivare aziende e regioni ad avere più attenzione per certi segmenti, nel nostro caso il pronto soccorso. Il fatto che queste siano aree considerate strategiche ma poi non ci siano indicatori di monitoraggio nei LEA mi sembra onestamente segnalare una poca attenzione. Quindi sicuramente sono importanti i sistemi di monitoraggio e andrebbero rafforzati. Di indicatori nelle linee di indirizzo ce ne sono tantissimi e assolutamente condivisibili, ma poi in realtà non sono elaborati.
  Come dicevo prima un altro punto di attenzione è l'integrazione fra fase ospedaliera e preospedaliera e, all'interno di questo, il rapporto fra 118 e continuità assistenziale, che onestamente non ho visto molto ricucito.
  Ovviamente c'è all'interno dei pronto soccorso anche un problema di rapporto con i servizi specialistici, perché il pronto soccorso se non ha la disponibilità dei servizi specialistici diventa semplicemente una sala d'attesa e quindi non riesce a risolvere il problema. Questo è certamente un punto fondamentale, come anche la disponibilità dei letti per quello che dicevo prima.
  Da ultimo ricordo che è essenziale, per risolvere il problema del pronto soccorso, agire a monte e a valle: da una parte trovare il modo di incentivare i professionisti dell'emergenza-urgenza a continuare a fare con passione questo lavoro, perché se no avremo un problema di shortage, dall'altra affrontare il tema delle liste d'attesa in modo organico perché quella credo sia la fonte principale di inappropriatezza degli accessi.
  Io vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Ringrazio entrambi per il prezioso contributo e chiedo se vi siano deputati che intendono intervenire. Prego, onorevole Girelli.

  GIAN ANTONIO GIRELLI. Proprio una domanda velocissima, mi riferisco soprattutto all'intervento del dottor Fenech. Volevo capire meglio il rapporto tra medicina territoriale e accesso al pronto soccorso, perché confesso che in regioni dove c'è una capillarità di presenza delle case della salute mi aspetterei un dato inverso, cioè meno accesso al pronto soccorso. Non ho capito bene la possibile spiegazione di questo fatto e volevo chiedere se poteva ripetermelo.

  PRESIDENTE. Prego.

  LORENZO FENECH, docente CeRGAS SDA Bocconi School of Management. Ringrazio per la domanda perché naturalmente tutti ce la siamo posta.
  In parte c'è il fenomeno strutturale di offerta che genera la domanda, cioè in qualche modo se ho sia l'offerta di pronto soccorso che un'offerta territoriale potrei comunque accedere a entrambe, non è detto che una escluda l'altra.
  La riflessione che ci fa fare quel dato – che è però un dato del 2019 e quindi non registra ancora le trasformazioni che stiamo vivendo adesso, perché stiamo iniziando a monitorare le sperimentazioni – e che un po' effettivamente i vasi comunicano, c'è un trasferimento, però non ci sono ancora dati aggregati che ci confermano questo percorso. Forse ce lo confermano di più magari per la Germania, dove effettivamente una volta che hanno costruito l'alternativa ci sono stati meno accessi al pronto soccorso ospedaliero.
  La cosa su cui stiamo stressando l'attenzione è che una maggiore presenza sul territorio non garantisce un minor ricorso al pronto soccorso. Non è detto che più sanità in elezione garantisca meno accessi al pronto soccorso. C'è comunque un'urgenza percepita in qualche modo, che ha a che fare con esigenze di risposta, come vi dicevo prima, magari anche one stop shop per avere tutto il percorso, non solo per avere una risposta ma avere anche un elemento diagnostico eccetera.
  Quindi servono delle risposte dell'urgenza sul territorio, non basta fare la Casa della salute e mettere insieme i medici di medicina generale, bisogna fare dei protocolli e dei percorsi per l'urgenza territoriale, quindi formare il personale. Per questoPag. 12 abbiamo parlato di una trasformazione che richiede tempo, perché c'è una competenza che è maturata all'interno dei pronto soccorso, anche nel gestire quei codici minori e quelle urgenze differibili, che adesso sul territorio non è presente. Quindi, anche se iniziamo a strutturare il servizio non è detto che le persone ci vadano, perché dobbiamo anche formare il personale e costruire tutto l'insieme degli elementi che compone il servizio. Spero di avere chiarito meglio.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta i nostri ospiti, anche per le presentazioni informatiche che ci hanno illustrato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati), e dichiaro conclusa l'audizione odierna.

  La seduta termina alle 14.55.

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ALLEGATO 1

Presentazione informatica illustrata dal rappresentante del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS).

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ALLEGATO 2

Presentazione informatica illustrata dal rappresentante del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità).

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