XIX Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 3 maggio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pagano Nazario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI ATTIVITÀ DI RAPPRESENTANZA DI INTERESSI

Audizione di Giovanna De Minico, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli e di Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma.
Pagano Nazario , Presidente ... 3 
Ceccanti Stefano , professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma ... 3 
Pagano Nazario , Presidente ... 5 
De Minico Giovanna , professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli ... 5 
Pagano Nazario , Presidente ... 7 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Stefano Ceccanti ... 9

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NAZARIO PAGANO

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giovanna De Minico, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli e di Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di attività di rappresentanza di interessi, del professor Stefano Ceccanti che saluto, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, e della professoressa Giovanna De Minico, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli, entrambi in presenza questa mattina.
  Avverto che i deputati possono partecipare in videoconferenza – alcuni di loro sono già collegati – alla seduta odierna secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento.
  Do quindi la parola al professor Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, che dovrà salutarci prima della fine dell'audizione. Prego, professor Ceccanti, a lei la parola.

  STEFANO CECCANTI, professore di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma. Grazie mille. Io ringrazio dell'invito. Faccio qualche breve premessa. Ho comunque inviato un testo scritto che fa fede e che potete diffondere tranquillamente.Io penso questo, come premessa: voi intendete regolare un fenomeno che è fisiologico e non patologico. Questa è la premessa da cui dobbiamo partire. E quindi l'intento del legislatore in questo caso deve essere quello di convincere positivamente tutti gli operatori di questo campo – che in realtà già esiste – ad aderire più per convincimento personale che non per vincolo di legge.
  Il successo di una legge, soprattutto di una prima normativa in materia, è dato dalla capacità persuasiva a entrare nel sistema previsto dalla legge, più che dal timore delle sanzioni. In altro ruolo in questa Commissione, nella scorsa legislatura, ho affrontato insieme agli altri colleghi che allora sedevano qui, un testo che poi fu approvato, come è noto, e fu inviato al Senato. Poi a causa della fine anticipata della legislatura non ha avuto esito. Io penso che quel testo lì, come è riportato anche nelle schede di documentazione, possa essere uno dei punti di riferimento possibili di questo lavoro. Probabilmente il testo andrebbe ulteriormente sfrondato per utilizzarlo come punto di riferimento. Si partì da una cosa molto più elaborata e poi si pensò, proprio come metodo, proprio perché era il primo intervento normativo in materia, di non puntare un qualcosa che volesse risolvere tutto, che fosse omnicomprensivo e definitivo, ma di dare una prima normativa scarna ed essenziale per consentire appunto di fare entrare tutti i soggetti che già esercitano questa attività dentro il sistema. Questo secondo me dovrebbe appuntoPag. 4 essere lo spirito. Io ho seguito lo schema a quattro punti che voi ci avete proposto: ambito soggettivo, modalità di regolazione, autorità di vigilanza e apparato sanzionatorio.
  Per quanto riguarda l'ambito soggettivo, in quel testo, a cui faccio sempre riferimento, c'erano cinque definizioni: rappresentanze di interessi, rappresentanti di interessi, portatori di interessi, decisori pubblici e portatori di interessi pubblici; ovviamente tutte le definizioni sono sempre migliorabili, però partire da quelle cinque definizioni mi sembra più che opportuno. Anche l'idea di avere una lista di esclusioni, che fu decisa allora, mi sembra valida; d'altra parte c'è un po' in tutti gli ordinamenti.
  Qui dobbiamo distinguere la definizione politologica dei rappresentanti di interessi, di chi svolge attività di lobbying, dalla definizione giuridica. Per i politologi chiunque incida sulle policies è lobby, indipendentemente dai motivi per cui agisce, e così via. Però – come sappiamo – abbiamo già delle normative o delle tradizioni per cui alcuni di questi soggetti non è opportuno che vadano ricompresi nelle lobby, non perché essere una lobby sia un qualcosa di negativo, ma perché esiste un sistema consolidato. Per esempio esiste un sistema consolidato di rapporti delle realtà sindacali sia col Parlamento, sia con il Governo, che ha una sua dinamica storica ormai stabile. Esiste un modo di rapportarsi delle confessioni religiose col Governo tramite le intese e così via, che è un sistema consolidato. Non avrebbe senso far rifluire queste realtà, che sono già normate a parte, dentro un unico contenitore di rappresentanza di interessi.
  Quanto al secondo aspetto, le modalità di regolazione, individuate allora, consistevano nell'iscrizione obbligatoria a un registro, unitamente al deposito del regolamento e del codice di condotta, legandolo a un incentivo positivo, vale a dire all'accesso a una banca dati con annessa procedura di consultazione. Ora su questo aspetto si discusse. A dire la verità, io ho sempre pensato che quando si crea un incentivo positivo – vale a dire che io ti do la possibilità di accedere a una banca dati, a una procedura di consultazione – dal punto di vista logico ciò sarebbe collegabile a un modello volontaristico piuttosto che ad un obbligo. Tu non dovresti essere obbligato a iscriverti a quel registro, ma ci finisci dentro perché sei incentivato positivamente a fare questa scelta. È vero che, anche sulla base delle schede su cui stiamo lavorando e della normativa comparata, i modelli comparati sono fondamentalmente obbligatori. Però io mi chiedo se, in sede di prima normazione di una materia, non convenga avere un modello un po' più soft che incentivi positivamente e che non sia obbligatorio. Però – lo ripeto – questo è un mio dubbio personale. La scelta fatta allora era diversa, vale a dire iscrizione obbligatoria con incentivo positivo. Non dobbiamo nasconderci una cosa però: quanto all'incentivo positivo, le procedure di consultazione per la costruzione di atti normativi incontrano un problema oggettivo nel nostro ordinamento, vale a dire che noi facciamo normazione con decreti e con una fase emendativa convulsa dei disegni di legge di conversione. È un po' difficile pensare a procedure regolate in cui i soggetti esterni vengono coinvolti in maniera ordinata, perché li dovremmo coinvolgere di notte mentre emendiamo i nostri disegni di legge di conversione. Questo però è un ulteriore argomento a favore di un riordino del modo con cui oggi facciamo normazione, di cui tutti siamo profondamente insoddisfatti. Tuttavia per ora questa insoddisfazione non ha trovato sfogo positivo.
  Passo al terzo punto, relativo all'autorità di vigilanza. La soluzione individuata allora, quella di non creare un'autorità ex novo ma di dar vita a una specializzazione dentro un'autorità già esistente, vale a dire un comitato di sorveglianza presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, mi sembra tuttora sensata per evitare la corsa a creare nuove authority. Tuttavia, rispetto alla composizione ipotizzata allora, che prevedeva la designazione di due magistrati e di un membro del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, non Pag. 5sarebbe male aggiungere anche qualche membro eletto dal Parlamento.
  Quanto al quarto e ultimo punto, relativo all'apparato sanzionatorio, io non sono esperto di sanzioni. Mi preme però ribadire che dobbiamo spingere all'adesione a forme di regolamentazione della rappresentanza di interessi più per convinzione e per incentivo positivo che non per timore delle sanzioni. Poi le sanzioni sono necessarie, perché se la normativa è elusa, aggirata e così via, ci devono essere sanzioni. Se pensiamo però a sanzioni per i parlamentari, il comitato di sorveglianza deve segnalare, ma le sanzioni per i parlamentari dovrebbero comunque spettare al Parlamento. E con questo avrei concluso.

  PRESIDENTE. Professore, la ringrazio tanto, innanzitutto per la snellezza. Si vede che lei, avendo toccato in prima persona le Istituzioni, avendone fatto parte, ha una visione molto completa. E credo che in questa indagine conoscitiva il suo ruolo sarà determinante.
  Prima di passare ad eventuali domande – vedo che ci sono colleghi collegati da remoto – lascerei la parola alla professoressa De Minico, che può accomodarsi al mio fianco, prendendo il posto del professor Ceccanti, se possibile. Giovanna De Minico è professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli. Anche lei fa parte del gruppo di costituzionalisti che mi sta affiancando nell'elaborazione dei risultati di questa indagine conoscitiva che spero, entro l'estate, possa produrre un progetto di legge. Prego professoressa, a lei la parola.

  GIOVANNA DE MINICO, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli. Grazie presidente. Grazie onorevoli per l'ascolto. Per me è un onore e ovviamente un piacere ascoltare dopo le vostre domande.
  Vorrei fare una piccola introduzione – ma sarò sintetica, non preoccupatevi – sul confronto tra la rappresentanza di interessi e la rappresentanza politica. Ciò non in ragione di un'assonanza verbale tra le due rappresentanze ma perché esse hanno un minimo comune denominatore. Diciamo che si incontrano sul terreno del rendere presente ad un atto un soggetto che non voglia o non possa essere presente. Quindi in che modo? Entrambe sono forme di interposizione di persona, vale a dire che si crea un diaframma tra chi è presente e chi dovrebbe essere presente. Le similitudini però iniziano e finiscono qui, e questo perché le due rappresentanze attengono a libertà fondamentali diverse
  La rappresentanza politica raccoglie le tensioni, le idealità, le domande che vengono dagli elettori e poi le mescola, le combina, per dar vita, per disegnare un progetto politico nel quale l'uomo non è preso in considerazione per una sua semplice manifestazione, come frazione, ma è preso in considerazione come persona nella sua integrità costituzionale, come uomo economico, come uomo politico, come uomo sociale, vale a dire che è la globalità della persona a essere presente nel progetto di governo della cosa pubblica. Questo per la rappresentanza politica. E da qui derivano una serie di conseguenze nella rappresentanza politica.L'atto non è imputabile a nessuno dei due, ma è imputabile a un soggetto terzo che è appunto il Parlamento. Ancora, l'interesse che il rappresentante fa valere certamente – non sto a dirlo a voi – non è l'interesse del rappresentato – è questa la ragione del libero mandato – ma è l'interesse della Nazione; e quindi indicazioni, suggerimenti non creano un vincolo giuridico nei confronti del rappresentante con la conseguenza che il suo mandato e i suoi atti rimangono fermi, proprio perché ci stiamo muovendo su un terreno pubblicistico.
  La rappresentanza di interessi, oggetto invece di questa audizione e poi ci auguriamo di un futuro atto normativo, è una sorta di rappresentanza negoziale: dobbiamo ben inquadrarla nell'ambito del diritto privato. Ci stiamo muovendo quindi su un altro terreno: si fanno valere interessi personali, tant'è vero che alcune proposte di legge delle precedenti legislature la definivano proprio in negativo, non nel senso che è un'accezione negativa ma nel senso che non aveva a che fare con l'interessePag. 6 pubblico. Non c'è la esibizione di un interesse che abbia una dignità di tipo sociale. Può non essere un interesse riferito a un individuo, può essere riferito a un gruppo di soggetti, ma comunque non assurge a dignità di interesse pubblico. Da qui discendono una serie di conseguenze che riguardano l'atto del rappresentato, a partire in questo caso dal vincolo di mandato. Ma soprattutto, quello che a me interessa sottolineare riguarda la non fungibilità dei due istituti: l'uno non sta in luogo dell'altro. Quindi, va benissimo valorizzare la rappresentanza di interessi – e ora mi soffermerò sul perché di questa valorizzazione –, ma che sia ben chiaro che essa non vuole essere una sostituzione o un'ennesima messa da parte, nell'angolo, della rappresentanza politica. Anzi la rappresentanza di interessi andrà disegnata per valorizzare la rappresentanza politica, ancorché non si sostituisce. Quindi vediamo brevemente come si può farlo.Io non ho ancora note scritte da consegnarvi, ma lo farò prima possibile: ho soltanto i miei bruttissimi appunti presi con la mia pessima grafia. Vediamo allora come si potrebbe disegnare, prendendo ovviamente anche spunto dal lavoro che è stato già fatto perché nulla va buttato a mare, tutto può ben essere utilizzato.
  È necessaria e opportuna questa legge? È ovviamente opportuna. Perché è opportuna? Perché qualunque atto normativo che fa emergere alla luce del sole un fenomeno esistente – noi stiamo positivizzando qualcosa che esiste – ha certamente un elemento di positività che in primo luogo è quello della trasparenza. Ma qui il valore in gioco, a mio giudizio, non è solo quello di una piena disclosure. Certamente questa c'è, ma si tratta di uno dei valori. Io vedo un valore finale che è maggiore, vale a dire un bene sullo sfondo che è maggiore. E qual è? Attraverso la rappresentanza di interessi si introducono nell'istruttoria legislativa gli interessi nostri, gli interessi dei regolati. Quindi, essa serve a dare completezza all'istruttoria, ma non obiettività, perché entrano interessi di parte. Questo va detto subito. E soprattutto la rappresentanza di interessi non è sostitutiva – tengo a questo punto – dell'interesse pubblico. Perché l'interesse pubblico non è un'operazione aritmetica, non è l'addizione di tanti interessi, è una rilettura e rielaborazione degli interessi di parte, quindi anche di questi, ma alla luce dell'interesse pubblico che fa da supremo, non da tiranno, da supremo. Quindi l'obiettivo è quello di contribuire, i singoli contribuiscono all'istruttoria pubblica. È un aiuto, è una mano, è un rapporto ancillare, e tale deve rimanere. Allora, opportuna la legge.
  Come disegnare questa rappresentanza di interessi? Io non voglio entrare nello specifico e nelle tecnicalità: vale a dire per esempio il registro come lo facciamo, o il registro non lo facciamo. Io sarei per una maggiore libertà, per una maggiore flessione delle forme: che si faccia il registro ma non obbligatorio. E soprattutto che non sia obbligatorio per il Parlamento attingere soltanto dal registro, perché il Parlamento rimane il dominus dell'istruttoria. Quindi, se c'è, il registro attinge, ma ci si può anche rivolgere a soggetti fuori dal registro. E rispetto a ciò l'esperienza americana qualche indicazione interessante ce la suggerisce.
  In secondo luogo, cosa rendiamo pubblico? Abbiamo detto che vogliamo fare emergere alla luce del sole un fenomeno che era come un fiume carsico. La prima legge americana si chiamava Lobbying act. Lobby deriva da un termine latino e indica il corridoio, vale a dire gli incontri che avvenivano nel segreto delle stanze.Invece noi vogliamo muri di vetro. Allora, cosa fare emergere? Certamente – come proponevano i precedenti progetti di legge, apprezzabilissimi, cui ho dato uno sguardo – chi è il lobbista e chi è il cliente che sta dietro il lobbista. Ma la domanda qui la pongo io a voi. Vi basta? Basta avere la visualizzazione di questi due soggetti per capire bene di che interesse stiamo parlando? Secondo me ci vuole un qualche cosa in più, occorrerebbe capire chi finanzia quel cliente. La Costituzione nell'articolo 21 ha avvertito l'esigenza di rendere pubblici i mezzi di finanziamento della stampa periodica. E io qui farei un parallelo. Quando bisogna capire di che colore è Pag. 7l'idea che si sta rappresentando, bisogna capire chi ci mette i soldi. Quindi io farei anche un po' di luce sul piano delle risorse. Poi ci sono le sanzioni, ma io non sono molto appassionata al discorso sanzionatorio perché secondo me le leggi si fanno non con le sanzioni, ma piuttosto invece con i premi. Chiaramente qui il premio è evidente: coloro che partecipano hanno accesso alla banca dati e a tutta la documentazione, per poter godere di partecipazione consapevole, con cognizione di causa.
  Passo all'ultimo punto, e poi mi taccio. Come ho detto, vedo questa rappresentanza funzionale ad un'istruttoria pubblica completa. Allora essa deve essere la più completa e diffusa possibile. E – è sempre così – la completezza in diritto non è data dal semplice fatto che i soggetti iscritti nel registro o comunque esponenziali di un interesse significativo entrino nell'istruttoria. Questa è la mera titolarità del diritto di partecipare.Passiamo dalla titolarità del diritto all'effettività del diritto, perché è quando il diritto è effettivo che possiamo dire di avere un diritto, non quando ne abbiamo l'astratta titolarità. Cosa fare per renderlo effettivo? E su questo ancora una volta l'esperienza americana, ma anche quella inglese, sulle autorità indipendenti ci fa luce sul punto. Voi pensate a un piccolo gruppo che ha un interesse da far valere. Tuttavia, se non ha fondi per fare le ricerche, come fa a rendere la sua rappresentazione credibile come quella del gruppo grande che ha disponibilità di fondi? Quindi, qui io immagino non dico fondi pubblici ai soggetti – perché si danno poco ai partiti, figuriamoci – ma condizioni di effettiva partecipazione e quindi anche di accesso, per esempio alle strutture tecniche di Camera e Senato, per consentire ai gruppi piccoli, quelli che altrimenti non avranno chance, di concorrere ad armi pari con il gruppo grande. Questo rende la partecipazione equilibrata e diffusa. Cosa rimane al Parlamento? Tutto, il Parlamento può farli entrare come non farli entrare, può prendere dall'elenco come pescare fuori. È chiaro tuttavia che, se tali soggetti entrano nell'istruttoria legislativa, non possiamo dire che nulla è accaduto, come se non fossero entrati. C'è un elemento di novità, e forse dovrebbe avere un riflesso. Questo però – semmai se ne parlerà insieme nell'ottimo tavolo istituito dal presidente – attiene all'integrazione della legge con un momento motivazionale. È vero, la legge è atto politico per eccellenza e non va motivato, ma se elementi terzi entrano nella procedura legislativa, voi ne dovete tener conto, altrimenti è un pezzo di teatro. E se ne dovete tener conto, occorre che ci sia anche una risultanza delle ragioni.Liberissimi voi di non seguire le indicazioni, ma perché non le avete seguite? Accade già con le autorità indipendenti che hanno ormai procedimenti partecipati: loro motivano le ragioni per cui non hanno dato ascolto a quel soggetto e ne hanno seguito un altro. Quindi lo spatium deliberandi del decisore politico – tengo a chiarirlo – rimane integro, intatto, è soltanto sostenuto dall'ingresso dei terzi per rendere la legge meno odiosa, nel tentativo di avvicinare regolati e regolatori.
  D'altro canto non bisognerà tirarli per la giacchetta, il rischio della cattura c'è tutto. Per questo motivo, a mio giudizio, le rappresentanze di interessi dovrebbero entrare in un'istruttoria e rimanere fuori, nel rapporto uno a uno. Secondo me, si porrebbe anche un problema, di riserva di regolamento, di equiordinazione di tutti, di visibilità dell'apporto, forse attraverso una motivazione. Certamente, si tratta di una legge utile che sta accanto ad altre proposte che andrebbero fatte per rivitalizzare la rappresentatività del Parlamento.

  PRESIDENTE. Benissimo. Grazie, professoressa De Minico. Prima di rivolgermi ai colleghi, per eventuali domande volessero porgere al professor Ceccanti e alla professoressa De Minico, desidero esprimere a titolo personale – e immagino a nome di tutti i componenti della Commissione – il cordoglio al collega Alessandro Colucci, in quanto purtroppo questa notte è venuta a mancare la sua mamma.
  Detto questo, mi rivolgo ai colleghi presenti e a quelli collegati da remoto e chiedo se intendono rivolgere domande ai due professori oggi presenti in audizione sull'indagine conoscitiva in materia di rappresentanza di interessi. Mi pare che non vi Pag. 8siano richieste. Autorizzo quindi la pubblicazione della documentazione depositata dal professor Ceccanti in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) e quindi dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.30.

Pag. 9

ALLEGATO

Professor Stefano Ceccanti

Audizione alla Commissione Affari Costituzionali

Roma, 3 maggio 2023

  1. Intervento

  In generale inviterei a non cestinare il lavoro svolto in questa sede nella precedente legislatura, che può costituire per alcuni aspetti uno dei possibili punti di riferimento. Partirò quindi da esso anche per esporre alcune delle ragioni di allora che furono, credo, ben meditate da tutti.
  Caso mai, trattandosi di un primo intervento organico in materia, mi preoccuperei di non eccedere in questa fase in normative troppo dettagliate, e quindi inviterei a rivedere quel testo o qualsiasi altro senza pretese di pretendere di risolvere tutti i problemi in questa fase, necessariamente sperimentale.

  Seguirò brevemente lo schema in quattro punti proposto dalla Commissione:

   A. Ambito soggettivo

   B. Modalità di Regolazione

   C. Autorità di Vigilanza

   D. Apparato sanzionatorio

  A. Mi sembra che l'idea di partire dalle cinque definizioni di allora, che possono essere sempre migliorate nel merito, fosse un buon punto di partenza: rappresentanza di interessi, rappresentanti di interessi, portatori di interessi, decisori pubblici e portatori di interessi pubblici. Anche l'idea di avere una lista di esclusioni mi sembra tuttora valida: essa serviva a distinguere la più ampia definizione politologica di lobbisti (tutti coloro che convergono nel premere sui decisori pubblici per incidere sulle policies) da una giuridica ben più delimitata (non avrebbe senso inserire soggetti già regolati o comunque coinvolti per altra via specifica come sindacati e confessioni religiose).
  B. La modalità individuate dal testo Camera consistevano in sostanza nell'iscrizione obbligatoria ad un registro da parte dei lobbisti, unitamente al deposito del proprio regolamento e del codice di condotta con un incentivo positivo, ossia l'accesso ad una banca dati sui provvedimenti normativi in corso di predisposizione, collegato a una procedura di consultazione in cui essere coinvolti. A dir la verità l'idea di un incentivo positivo, di un beneficio che si riceve con l'iscrizione, banca dati e connessa partecipazione a consultazioni, sarebbe più logicamente collegabile ad un modello di registrazione non obbligatoria ma volontaria, che forse sarebbe più adatta ad una prima disciplina della materia sin qui non normata. Forse varrebbe la pena di considerarePag. 10 anche questo modello alternativo. L'idea di registro obbligatorio si collega logicamente meglio a quello di sanzioni negative. Ovviamente c'è un problema nell'ipotesi di incentivo positivo, al netto dell'obbligatorietà o meno del registro: le modalità attuali della nostra legislazione (decreti ed emendamenti ai decreti) sono per lo più non compatibili con procedure regolate di consultazione e questo richiama ad alcune esigenze di riforma di sistema, note da tempo ma sin qui non realizzate.
  C. La soluzione individuata di non creare un'Autorità ex novo, ma di dar vita a una specializzazione dentro un'Autorità già esistente (un Comitato di Sorveglianza presso l'Autorità della Concorrenza e del mercato) mi sembra tuttora sensata, anche se si potrebbe calibrare meglio la composizione, prevedendo anche membri eletti dal Parlamento.
  D. Su questo aspetto mi limito a un ragionamento sistematico: se si mantiene l'obbligatorietà del registro, il quadro di sanzioni proposto allora appare un buon punto di riferimento; se invece si optasse per un modello volontaristico andrebbe ridotto al minimo perché esso sarebbe collegato all'incentivo positivo. Infine una sottolineatura: le eventuali sanzioni per i parlamentari dovrebbero comunque essere decise dalla Camera di appartenenza, sia pure dopo segnalazione dell'autorità competente.