XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 1 agosto 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 2 

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Marcello Viola:
Colosimo Chiara , Presidente ... 2 
Viola Marcello , Procuratore della Repubblica di Milano ... 3 
Colosimo Chiara , Presidente ... 8 
Dolci Alessandra , procuratore aggiunto di Milano ... 8 
Colosimo Chiara , Presidente ... 12 
Viola Marcello , Procuratore della Repubblica di Milano ... 12 
Colosimo Chiara , Presidente ... 12 
Storari Paolo , sostituto procuratore di Milano ... 12 
Colosimo Chiara , Presidente ... 15 
Viola Marcello , Procuratore della Repubblica di Milano ... 15 
Colosimo Chiara , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera.

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Marcello Viola.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Viola, che ringrazio, ricordo che l'articolo 1, comma 4, della legge istitutiva della Commissione stabilisce che i rappresentanti dei partiti, delle formazioni politiche, dei movimenti e delle liste civiche che aderiscono alle norme del codice di autoregolamentazione, di cui al comma 1, lettera i) del medesimo articolo, in materia di formazione delle liste delle candidature per le elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali, possono trasmettere alla Commissione, con il consenso degli interessati, le liste provvisorie delle candidature. Per consentire alla Commissione la verifica della sussistenza di eventuali condizioni ostative alle candidature, con riguardo ai nominativi trasmessi nelle liste provvisorie delle candidature, la legge prevede che la trasmissione avvenga entro il settantacinquesimo giorno antecedente alla data stabilita per lo svolgimento delle medesime elezioni.
  Come è noto, la suddetta disciplina, che prevede un procedimento su base volontaria, è stata solo recentemente introdotta nell'ordinamento. Pertanto, anche in vista delle elezioni che si terranno il prossimo ottobre, sottolineo l'importanza di incoraggiarne la più ampia applicazione, in modo da dare sostanza alle finalità sottese a tali disposizioni.
  Al riguardo intendo inviare una lettera ai presidenti dei gruppi di Camera e Senato, nonché alle istituzioni locali interessate dalle consultazioni elettorali affinché vengano adottate le iniziative più opportune. Anticipo che porrò all'ordine del giorno del prossimo Ufficio di presidenza la discussione sul regolamento interno previsto dall'articolo 1, comma 4, della legge istitutiva, concernente la disciplina delle modalità di controllo sulle candidature.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Marcello Viola, che ringrazio per la disponibilità e con cui mi scuso per l'attesa. Il Procuratore è accompagnato dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal sostituto procuratore Paolo Storari, a cui do il benvenuto.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi. In tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv. Prego i colleghi, vista la tempistica dei lavori parlamentari della giornata di oggi, di essere comprensivi sulla modalità che seguirà la relazione del Procuratore, perché, laddove i tempi non ce lo consentissero, sarà probabilmente convocataPag. 3 una ulteriore seduta, tenuto anche conto della disponibilità del Procuratore.
  Do la parola al Procuratore Viola.

  MARCELLO VIOLA, Procuratore della Repubblica di Milano. Grazie presidente. Porgo il mio rispettoso saluto, anche a nome dell'ufficio che ho l'onore di dirigere, a lei e a tutti i componenti della Commissione, senatori e deputati, che ringrazio. Ringrazio altresì per l'attenzione che con questa audizione si è voluto riservare alla Procura di Milano. Sono fermamente convinto della importanza di queste forme di collaborazione istituzionale, tanto più a fronte della gravità assoluta dei fenomeni criminali che siamo chiamati a contrastare. Il presidente diceva prima che mi accompagnano i colleghi Dolci, procuratore aggiunto, e Storari, sostituto procuratore.
  Circa le modalità di svolgimento del mio intervento, cercherò di fare un quadro generale per descrivere il contesto all'interno del quale si collocano le attività della Procura e, se il presidente è d'accordo, chiederò ai colleghi di intervenire di volta in volta o quando sarà necessario per rispondere a domande su specifici temi. Per esempio, la collega Dolci ha la delega per il coordinamento della DDA e si occupa anche del coordinamento delle misure di prevenzione, e quindi quella parte sarà meglio approfondirla con lei, così come alcune tematiche che riguardano le infiltrazioni nel mondo dell'impresa e l'azione di contrasto che la Procura di Milano pone in essere nei confronti dello sfruttamento delle condizioni di lavoro – un fenomeno che a Milano ha assunto grande rilevanza – saranno approfondite dal collega Storari, che è titolare di alcuni dei fascicoli più significativi al riguardo.
  Mi pare opportuno iniziare con una sintetica descrizione dell'organizzazione della DDA di Milano – ufficio, come sappiamo, deputato per legge all'azione di contrasto nei confronti di queste più gravi forme di criminalità – ma anche con la ricognizione della situazione sul territorio, proprio per evidenziare le peculiarità della amministrazione della giustizia nel distretto, illustrando le specificità anche sotto il profilo socio-economico e la relativa realtà criminale. La Procura di Milano è un ufficio assai complesso sotto tutti i profili, ordinamentale, organizzativo e amministrativo, ma è anche chiamata a operare su un territorio parimenti complesso, in una realtà giudiziaria quanto mai attiva e in una città estremamente attiva sul piano delle dinamiche dell'economia. Insisterò su questo tema perché credo che sia impossibile parlare di dinamiche criminali, di criminalità organizzata a Milano, senza approfondire i temi delle connessioni con i più svariati settori dell'economia. Milano in questo senso è una città che, come sappiamo, ha spesso anticipato anche le linee della politica e della economia nazionale.
  Per avere un'idea delle dimensioni e della competenza della Procura distrettuale di Milano, essa si estende a livello distrettuale su un'area che comprende una popolazione di quasi 7 milioni di persone. Questo lo dico anche perché è un dato che stride se messo a confronto con le forze che possiamo mettere in campo. Vi chiedo scusa sin d'ora, ma su questo aspetto dovrò insistere, perché la situazione del nostro ufficio è una situazione che non esito a definire drammatica, sotto mille profili, in particolare quello delle risorse. La DDA patisce, a sua volta, questa difficoltà perché, e di ciò ringrazio i colleghi, si occupa a tempo pieno anche di altre attività che non le competerebbero, perché noi abbiamo il primo dovere di assicurare il funzionamento della amministrazione della giustizia sul territorio, abbiamo – parlo di cose elementari, ordinarie – il dovere di assicurare i turni e la copertura delle udienze, ma, a mano a mano che andrò avanti in questa esposizione, cercherò di dirvi che in qualche misura sacrifichiamo qualcosa rispetto alla mission istituzionale che l'ordinamento ci attribuisce.
  Un dato significativo è che Milano è sede della Borsa Valori, e dunque è riconosciuta come il principale centro finanziario dell'Italia e uno dei più importanti d'Europa. C'è anche da considerare la posizione geografica del distretto, sicuramente privilegiata, e la intraprendenza imprenditoriale dei suoi abitanti che, insieme a questa collocazione, pongono Milano al Pag. 4centro di scenari anche internazionali che la qualificano come una delle città più industrializzate e più intraprendenti in Europa. All'interno della sola area metropolitana, per esempio – fornisco qualche dato – si forma più del 10 per cento del PIL nazionale, risiede il 45 per cento di tutte le imprese esistenti in Lombardia e quasi il 10 per cento di tutte le imprese italiane. A Milano, tra le prime aree al mondo, ma prima in Italia per prodotto interno lordo, c'è il principale polo per gli investimenti stranieri, a Milano ci sono le maggiori attività industriali, commerciali e finanziarie del Paese. Da una parte vi è, quindi, questa attività di impresa, dall'altra vi è l'esigenza di tutela del mercato finanziario e del risparmio collettivo. Tutte attività economiche e finanziarie importanti, la cui tutela viene riservata in via tendenzialmente esclusiva alla Procura di Milano. Pertanto, in un contesto assai difficile e complesso sul piano sociale ed economico come quello illustrato, diventa particolarmente rilevante realizzare un'azione giudiziaria efficiente, di qualità e che dia garanzia di indipendenza anche per potere affrontare e contrastare una sempre più complessa situazione di criminalità economica e finanziaria e per far fronte all'aggressione, che diventa ogni giorno più pressante, della criminalità organizzata.
  Per completare il quadro, sapete bene che la Lombardia si appresta a vivere un'ulteriore, particolare momento storico per la concentrazione di eventi e di investimenti pubblici collegati alla ormai prossima organizzazione dei Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina 2026. Sono già iniziati i lavori. Vedremo se nel prosieguo si potrà approfondire questo profilo. Certamente, se si mettono assieme nella loro oggettiva importanza, sotto i profili che ho illustrato, questi eventi in arrivo, le conseguenze dettate dall'uscita da anni di pandemia che hanno avuto drammatiche conseguenze sul piano sanitario, sociale ed economico e che hanno influito inevitabilmente, insieme ad altri fattori, sui processi evolutivi della criminalità organizzata e comune – criminalità sempre pronta ad adattarsi ai cambiamenti per trarne vantaggio – emerge un quadro sempre più meritevole di attenzione e per certi versi particolarmente preoccupante.
  La Lombardia – e questo è un dato piuttosto noto – è la regione italiana, al di là di quelle del Meridione, in cui sono nate le mafie tradizionali, dove più estesa e preoccupante è la presenza delle mafie italiane, delle mafie tradizionali, ma vi è anche una grande criminalità organizzata dedita al narcotraffico, sovente in collegamento con le mafie tradizionali e vi è una presenza significativa di mafie straniere. Tralascio, perché ritengo non sia questa la sede, alcuni dati che ci hanno creato elementi di preoccupazione in tema di criminalità legata a fenomeni eversivi, che per il momento appunto rimangono fuori da questo quadro, ma che non vanno trascurati anche in relazione all'emergere di nuove pericolose tensioni sociali.
  Altro dato che voglio sottolineare è l'accentuazione a Milano del carattere imprenditoriale di organizzazioni di tipo 'ndranghetista, cosa che ha spinto la Direzione distrettuale antimafia verso la necessità di occuparsi di reati finanziari – questo è un dato ricorrente – caratterizzati dall'aggravante di mafia. Peraltro, in tempi recenti, gli interessi delle organizzazioni mafiose si sono maggiormente concentrati su attività illecite a basso rischio sul piano della sanzione penale ma di grandissimo impatto economico. Cito ad esempio lo smaltimento dei rifiuti e il relativo traffico illecito, specialmente i rifiuti provenienti dall'area campana. La Direzione distrettuale antimafia di Milano ha monitorato senza sosta, attraverso mirate attività investigative, le zone del distretto caratterizzate dalla presenza di criminalità di stampo 'ndranghetista, anche alla luce della circostanza che molti soggetti coinvolti nelle indagini che hanno caratterizzato la prima decade degli anni 2000, soprattutto l'indagine «Crimine-Infinito», seguita dalla collega qui presente, condotta in coordinamento con la DDA di Reggio Calabria, sono stati scarcerati per fine pena, il che ha comportato mutamenti negli equilibri del territorio. Si tratta di un dato preoccupante perché a più di dieci anni dalle precedenti investigazioni si ripropongonoPag. 5 nel contesto territoriale di riferimento le stesse dinamiche criminali, con una accentuazione della capacità di penetrazione nel tessuto economico e sociale e, dall'altra parte, con un maggiore grado di accettazione sociale. L'andamento dei fenomeni criminali nel distretto conferma comunque l'esistenza di un quadro assai composito e variegato di attività criminali organizzate che impattano sui più diversi settori dell'economia e della imprenditoria. In Lombardia agiscono, come dicevo in premessa, tutte le mafie italiane, prima fra tutte la 'ndrangheta e anche quelle comunemente definite «nuove mafie», laddove con questo termine si intendono sovente organizzazioni composte prevalentemente da stranieri, per esempio albanesi, che operano sul territorio in modo invasivo, come gruppi criminali a volte anche estemporanei, seppure organizzati, ovvero, in altri casi, con metodi del tutto assimilabili a quelli delle organizzazioni di stampo mafioso. La presenza in Lombardia di gruppi riconducibili alla criminalità organizzata calabrese in questi anni è stata evidenziata anche dalla individuazione di diverse strutture ordinamentali di 'ndrangheta. Quindi si va anche un po' oltre l'idea che strutture ordinamentali di un certo tipo appartengano soltanto alla realtà delle regioni meridionali perché nel nostro distretto, non dico in Lombardia, sono state rilevate numerose locali di 'ndrangheta, in provincia di Milano. Non ve le cito tutte, ma l'elenco è a disposizione di eventuale relazione scritta o di appunto che potrò lasciare. Andando a memoria, mi pare che siano 25 le locali individuate nel distretto. Altro dato significativo è che si conferma il collegamento tra ciascuna locale lombarda e l'omologa esistente in territorio calabrese, collegamenti che si apprezzano soprattutto nei momenti di difficoltà dell'organizzazione. In tal modo, si conferma l'esistenza di una struttura unitaria della 'ndrangheta, pur nella sostanziale autonomia delle singole articolazioni territoriali. In questo senso si evidenzia pure il rilevante ruolo di Milano e della Lombardia nelle dinamiche e negli interessi della 'ndrangheta al Nord Italia. La DDA è peraltro organizzata in modo tale da adeguarsi alle caratteristiche del fenomeno, perché all'interno della direzione è prevista una ripartizione per aree di competenza territoriale, essendo state le province del distretto divise per gruppi di sostituti la cui composizione numerica, astrattamente congrua rispetto all'esistenza di questi fenomeni sul contesto territoriale e congrua forse nel momento in cui venne stabilita questa modalità organizzativa della DDA, subisce oggi le insufficienze e le gravissime carenze di cui parlavo prima.
  Si conferma nel distretto la operatività di soggetti e gruppi stranieri dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, tratta di essere umani e anche immigrazione clandestina. Particolarmente pervasiva in alcune aree del territorio la presenza di criminalità cinese – che è in grado di esercitare, come si sa, un incisivo controllo sulla propria comunità, fenomeno di per sé difficile da contrastare, – così come della criminalità organizzata albanese. Entrambe queste componenti criminali, quella cinese e quella albanese, sono fortemente radicate nel territorio milanese e continuano a occuparsi prevalentemente del settore del narcotraffico e dello sfruttamento della prostituzione, attuati in forma organizzata spesso in complicità e in concorso con organizzazioni di rumeni, nigeriani o di altre etnie. Caratteristica peculiare di tali forme di criminalità è quella di agire attraverso affiliazioni rinsaldate da comune provenienza geografica: sono organizzazioni difficili da contrastare, estremamente abili nel rivitalizzarsi, nel rinnovarsi, nell'adattare le modalità operative, nella straordinaria capacità di spostarsi sia sul territorio nazionale sia all'estero e soprattutto di rinnovarsi anche nel senso di «rinascere» perché a ogni intervento repressivo fa immediatamente seguito la riorganizzazione di specifiche cellule criminali sul territorio. Anzi, in alcune parti del territorio in particolare, la criminalità albanese sembra aver assunto una forma di monopolio o comunque di preponderanza operativa nella gestione delle attività di distribuzione degli stupefacenti. Questo fenomeno, visto nel suo complesso, sembra quindi descrivere una sorta di controllo di Pag. 6tutta la filiera illecita, dal grande trafficante allo spacciatore di dettaglio. Queste organizzazioni si pongono anche quali realtà criminali autonome operanti nel settore, in grado di interloquire anche con altre organizzazioni criminali ed è un settore in cui si rivela spesso fondamentale, per la dimensione internazionale che assume, la validità delle attività rogatoriali e dei rapporti esistenti con Eurojust ai fini dell'assistenza internazionale.
  Le numerose indagini hanno delineato un quadro in cui l'attività delle mafie, che continua in maniera incessante, conferma l'esistenza di gravi meccanismi di infiltrazione nel tessuto economico della regione che si sono sviluppati a tal punto da dover indurre a chiedersi se in alcuni casi abbia ancora senso parlare di semplici infiltrazioni o non debba invece ritenersi di essere di fronte a presenze ormai strutturate, stabili e consolidate. Suscitano preoccupazione e allarme in questo senso alcuni frequenti segnali di cointeressenza, a volte anche di saldatura, fra criminalità organizzata e alcuni delimitati settori dell'economia, a volte – come emerso dalle indagini – con il coinvolgimento di imprenditori e di professionisti, peraltro anche in relazione alla vulnerabilità di alcuni settori commerciali, per esempio quello della ristorazione, alberghiero e della distribuzione commerciale che hanno creato condizioni favorevoli al subentro nelle compravendite di importante liquidità mafiosa.
  Un dato estremamente sintetico relativo alla dimensione quantitativa del lavoro della DDA. Negli ultimi anni le nostre iscrizioni sono pressoché raddoppiate: nell'arco dell'ultimo triennio sia con riferimento ai procedimenti contro noti sia con riferimento a quelli contro ignoti, abbiamo sostanzialmente raddoppiato il carico, ma a ciò fa riscontro il sottodimensionamento della forza lavoro della DDA. Nell'organico dell'ufficio – e torno ai dati che fornivo all'inizio a proposito delle dimensioni e dell'importanza del territorio, e di entità degli affari oggetto di investigazione – devo dirvi che vi è già un sottodimensionamento palese, perché soltanto dodici magistrati fanno parte dell'organico della DDA. Nell'ultimo periodo, in conseguenza del progressivo assottigliarsi delle risorse generali nell'ufficio, siamo soltanto a nove sostituti in grado di occuparsi di queste indagini della DDA. Andiamo avanti grazie alla disponibilità degli altri colleghi dell'ufficio e di tutto un meccanismo di applicazioni e co-assegnazioni che ci consente di affiancare a un magistrato della DDA un magistrato della Procura ordinaria. A fronte di una accresciuta complessità dell'azione giudiziaria sottolineo la progressiva riduzione delle risorse. Non voglio tediarvi con numeri né fare la parte di chi si lamenta – non sono aduso a serie di lamentele, ho sempre cercato di utilizzare le risorse che ho avuto a disposizione, si lavora punto. Dico però – questo forse è l'aspetto che può essere di interesse della Commissione nella valutazione della capacità di approccio e di contrasto del fenomeno – che questa gravissima situazione in cui versa l'ufficio e che è stata reiteratamente segnalata al Ministero e al Consiglio superiore della magistratura per carenze che riguardano i magistrati, i magistrati onorari, il personale amministrativo – siamo ormai a percentuali di carenza di circa il 24-25 per cento dei magistrati e il 30 per cento abbondante di personale – non consente ai sostituti di avere la possibilità di occuparsi in maniera efficace delle indagini, sacrificando quello che dovrebbe essere il «core business» della Procura, cioè quello di poter condurre indagini di livello elevato, di assolvere alla missione istituzionale dell'ufficio e potere fare fronte adeguatamente a questi fenomeni criminali nuovi, socialmente assai allarmanti.
  Faccio un breve passaggio sulle indagini in materia di stupefacenti, poi chiederò anche ai colleghi di intervenire per parlare di altri settori, comprese la materia dei fallimenti e quella delle infiltrazioni in genere. Dicevo prima che l'attività prevalente, dal punto di vista dei commerci illeciti delle associazioni, è quella del commercio delle sostanze stupefacenti che costituisce una delle ragioni di maggiore allarme sul territorio. Per quanto si tratti di attività criminali efficacemente contrastate dalle investigazioni della polizia giudiziaria e della Pag. 7Procura, ha assunto una diffusione capillare e un volume di affari di entità assolutamente ragguardevole, soprattutto laddove si pensi al sensibile aumento del consumo di cocaina, in specie fra le fasce più giovani, al significativo incremento di droghe cosiddette pesanti, che appare in ulteriore crescita con una incidenza criminale che assume – anche a questo ho fatto cenno prima – rilevante gravità anche per effetto del coinvolgimento, accanto alla grande criminalità organizzata, di tipo «classico», di una molteplicità di forme associative criminali anche non organizzabili, riferite a soggetti ancora non riconosciuti come mafiosi. A Milano in questo senso si realizza un incrocio fra domanda e offerta a livelli altissimi ed è soprattutto la 'ndrangheta a gestire questo traffico internazionale di stupefacenti su vasta scala che da sempre le consente introiti enormi, costantemente riciclati e reimpiegati in lucrose attività economiche. La DDA, in continuità con le materie più tipiche e consolidate, ha focalizzato l'attenzione investigativa sul contrasto agli stupefacenti con particolare riferimento ai territori della cintura sud occidentale dell'area metropolitana e ai quartieri della città tradizionalmente più sensibili al fenomeno dello spaccio. Alcune di queste indagini hanno peraltro disvelato la presenza sul territorio di articolate organizzazioni transnazionali dedite all'importazione dal Sud America di grosse quantità di stupefacenti.
  Vorrei ora ampliare il ragionamento all'esistenza di specifici collegamenti e connessioni fra le diverse organizzazioni criminali. Ne approfitto per rilevare – per quello che è possibile dire in questa sede perché si tratta in parte di investigazioni tuttora coperte dal segreto – che recenti indagini in corso hanno reso possibile evidenziare convergenze di interessi delle tre principali organizzazioni criminali di stampo mafioso nelle attività di riciclaggio. Abbiamo quindi connessioni che riguardano il settore di base, che è quello del traffico di stupefacenti, ma abbiamo elementi che ci inducono a pensare a connessioni anche ad altri livelli, e con riferimento ad altre attività, per esempio, come dicevo, quella del riciclaggio. Il che risulta particolarmente allarmante perché permette la creazione e il successivo consolidamento in reti criminali trasversali fra le diverse organizzazioni, estendendo il raggio d'azione criminale anche su contesti territoriali nuovi, fino a quel momento non ancora interessati dalla presenza mafiosa. Ripeto, nel territorio della Lombardia e nel Milanese ad oggi è molto più importante la presenza della 'ndrangheta, tanto che qualcuno ha parlato apertamente di un fenomeno di colonizzazione. Abbiamo anche rilevato che molti dei soggetti accusati di reati di questa natura, anche di tipo associativo, sono di origine calabrese, ma nati in Lombardia, quindi di seconda generazione. Tuttavia, queste strutture trasversali, cui facevo cenno, oltre a favorire l'occupazione di nuovi territori, ci danno la conferma che operano soprattutto attraverso i collegamenti con la criminalità siciliana in primis, ma anche con quella campana, con creazione di sinergie tra le diverse organizzazioni assolutamente pericolose. Fin qui avevamo registrato soltanto forme di collaborazione più o meno estemporanee, a volte anche più o meno durature, fra le varie organizzazioni che a loro volta erano antagoniste nella spartizione del territorio di fette di mercato in materia di stupefacenti. Recenti evidenze delle investigazioni hanno invece rivelato l'esistenza di accordi, anche stabili e duraturi, fra le diverse componenti – quelle che ho detto: calabrese, siciliana e criminalità di stampo camorristico – di un sistema di cointeressenze, di rapporti fra gruppi, a volte disomogenei, ma comunque associati attraverso l'apporto comune di capitali, la predisposizione di mezzi, la messa a disposizione di risorse umane, la costituzione di società, tutti elementi funzionalmente aggregati dal fine comune di trarre profitto da molteplici attività, apparentemente lecite in taluni casi, che costituiscono la fonte delle entrate di queste organizzazioni criminali. Si tratta di dinamiche mafiose che, operate in una costante azione illecita spesso di basso profilo e di impatto limitato, definiscono tuttavia un network criminale evoluto, espressione di un sistema di tipo, non voglio dire «confederativo »,Pag. 8 ma sicuramente rivelatore dell'esistenza di accordi che si saldano su interessi concreti. Al di là degli accordi di tipo ordinamentale o di tipo operativo o di tipo confederativo, come ho detto prima, queste mafie si incontrano su interessi concreti: laddove si tratta di fare affari queste mafie si incontrano, essendo chiaro a tutti che è molto più produttivo un sistema in cui si sta in pace rispetto a un sistema in cui si sta in guerra, attirando l'attenzione dell'azione repressiva dello Stato. Uno dei settori in cui si raffinano questi rapporti, e torno alla premessa, è proprio quello del narcotraffico. Cito a tale riguardo – sono recenti vicende giudiziarie di diretta competenza delle procure distrettuali di Milano e di Reggio Calabria – la emissione di misure cautelari di cui da poco abbiamo depositato gli atti, per traffici di cocaina di dimensioni enormi in cui alcuni soggetti di estrazione soprattutto camorristica svolgevano funzioni di brokeraggio anche per conto della 'ndrangheta. Sono stati sottoposti a misura cautelare da parte nostra una quarantina di soggetti, altri da parte di altre procure, effettuati sequestri importanti e soprattutto le investigazioni hanno dato la conferma della centralità del mercato milanese, vero e proprio epicentro per la importazione e per la distribuzione dello stupefacente, con la riprova del radicamento storico su quel territorio di soggetti provenienti dalla Calabria, in questo caso da Africo, e di una rete relazionale coltivata nel corso di decenni che ha consentito loro di divenire importante punto di riferimento di organizzazioni criminali che controllano tutte le più importanti aree di commercio della città.
  Passerei a rilevare che, al di là di questa premessa che riguarda importanti traffici in materia di sostanze stupefacenti, la tipologia degli affari trattati alla DDA conferma la crescita del fenomeno con decisa emersione di sodalizi criminali nell'ambito economico e imprenditoriale. Avevo citato prima i traffici di rifiuti e le intestazioni fittizie. Abbiamo effettuato contestazioni di aggravante di tipo mafioso anche in riferimento a reati di bancarotta, di frode fiscale e di truffa ai danni dello Stato. È sicuramente significativo il numero di procedimenti iscritti per reati a connotazione economico-finanziaria. In particolare, l'evoluzione della presenza di queste organizzazioni nel sistema economico, come avviene in territori come quello di interesse, caratterizzati da un tessuto imprenditoriale ed economico fortemente sviluppato, è andata proprio verso la assimilazione dell'impresa mafiosa ai fenomeni di criminalità economica già esistenti.
  Prima parlavo dei nessi diretti con le acquisizioni investigative in materia di fallimenti. Il problema è alla nostra attenzione da tempo. Con la collega Dolci, che ha curato personalmente questo aspetto, si è raggiunta un'intesa con il tribunale fallimentare. Adesso ve ne parlerà perché è una cosa piuttosto interessante. Abbiamo un protocollo che ci consente di monitorare in maniera costante l'evoluzione e le dinamiche che riguardano i fallimenti. Questo protocollo consente a noi di monitorare e al tribunale di comunicarci informazioni praticamente in tempo reale. Se il presidente è d'accordo, lascerei la parola alla collega Dolci per illustrare questo aspetto.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Dolci.

  ALESSANDRA DOLCI, procuratore aggiunto di Milano. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio anch'io per questa prima importante occasione di confronto. Come diceva poc'anzi il Procuratore della Repubblica, la DDA di Milano in questo momento si occupa soprattutto di reati a connotazione economica e, credetemi, per me questo aspetto è un po' «stupefacente» perché io mi occupo di antimafia nel distretto della Procura della Repubblica di Milano da 25 anni e devo dire che ho colto in pieno la mutazione genetica delle organizzazioni mafiose che insistono sul territorio.
  Intendo svolgere una brevissima rappresentazione diacronica della presenza delle mafie nel distretto della Lombardia occidentale. Sono presenti da cinquant'anni soprattutto singoli nuclei di 'ndranghetisti. Negli anni '70-'80, come tutti voi ricorderanno, si occupavano di gravissimi reati: Pag. 9sequestri di persona a scopo di estorsione, traffici di stupefacenti, vi erano numerosissimi omicidi. Ricordo che a metà degli anni Ottanta colpiva il dato numerico: 150 omicidi nella sola area milanese e chi di voi è milanese si ricorderà che c'erano i morti per strada. Era quindi una mafia veramente a connotazione violenta. Passiamo al 2010, con l'indagine «Infinito-Crimine». Una mafia ancora a connotazione violenta e quindi una serie numerosissima di episodi di estorsione, ma accanto alle estorsioni cominciamo a evidenziare numerose fattispecie di bancarotta fraudolenta, con imprese sostanzialmente infiltrate dalle famiglie calabresi e cannibalizzate. Nella provincia di Lecco abbiamo avuto tutta una serie di fallimenti che hanno portato a un «buco» cioè a un passivo insinuato di oltre 50 milioni di euro. Nel 2010 istituiamo il cosiddetto monitoraggio dei reati spia, ossia tutti quei reati come la busta con il proiettile recapitata all'amministratore pubblico o all'imprenditore, la ruspa che va a fuoco nel cantiere. Reati che segnalano la presenza delle organizzazioni mafiose. Anche qui dati numerici allarmanti: nell'arco di tre-quattro anni, nella sola provincia di Como, le segnalazioni ammontavano al numero di 462. Si trattava quindi di una mafia, soprattutto di stampo 'ndranghetista, che si faceva sentire pesantemente sul territorio. Il monitoraggio peraltro ci serviva per dare una lettura aggregata di una serie di dati che altrimenti non avrebbero portato a soluzioni investigative. Ve ne faccio un esempio: nella zona di Giussano e Seregno si sono verificati molteplici episodi di esplosione di colpi d'arma da fuoco in danno di locali pubblici, tipicamente di bar. L'idea che ci eravamo fatti era che vi fossero sottese richieste estorsive nei confronti dei negozianti, il cosiddetto «pizzo» nei confronti dei commercianti. Non era così, ce l'ho già spiegato perfettamente un collaboratore di giustizia, Antonino Belnome, il quale ci ha detto che al Nord la 'ndrangheta non fa estorsioni a tappeto per la semplice ragione che delle vittime lombarda non si fida, perché sono capaci di andare a denunciare. Quindi estorsioni sì, ma solo significative nell'ordine di centinaia di migliaia di euro in danno di imprenditori di origine calabrese. Le esplosioni dei colpi d'arma da fuoco in realtà avevano un movente diverso rispetto a quello estorsivo, cioè erano la mancanza di rispetto dei commercianti, e questo vi fa capire quanto sia pregnante la presenza della 'ndrangheta in una parte del nostro territorio. In un caso il collaboratore ci ha spiegato che da anni andava con i suoi uomini in un bar senza pagare le consumazioni. Improvvisamente il titolare ha esibito loro lo scontrino e: «Questa, dottoressa, era una tagliata di faccia che non ci potevamo tenere, era una mancanza di rispetto nei miei confronti, quindi ho detto ai miei uomini di punire il titolare del bar facendo esplodere nottetempo una raffica di mitra contro le vetrine». Questo non accadeva a San Luca, ad Africo, a Platì, accadeva a Giussano, provincia di Monza e Brianza. Stesse dinamiche per esempio si sono presentate in un contesto un tempo particolarmente industrializzato, nel settore dei mobilifici, mi riferisco alla realtà di Cantù, una cittadina in provincia di Como di 50 mila abitanti. Anche in questo caso gruppi di giovani calabresi percuotevano senza motivo giovani locali negli esercizi pubblici del centro della città e anche in questo caso il movente era quello di aggiudicarsi i servizi di sicurezza di quei locali.
  Vi ho fatto un brevissimo riassunto del quadro, dello stato dell'arte. È mutato. Pochissime segnalazioni dei reati spia provenienti dal nostro monitoraggio, si contano sulle dita di una mano. Dato degli omicidi: nel corso dell'indagine «Infinito-Crimine», cinque dei miei indagati – credo che fossero qualche centinaio in tutto – oggetto di intercettazioni, sono stati vittima di omicidio, i cui autori peraltro sono stati disvelati grazie ai collaboratori di giustizia. Da allora nessun omicidio di stampo mafioso, nessuno. Anche quello che abbiamo ipotizzato in epoca relativamente recente, occorso a Corsico, apparentemente non è riferibile a organizzazioni di stampo 'ndranghetistico. Questo per dirvi che la strategia è cambiata. Ancora sull'indagine «Infinito»: siamo stati bravi e fortunati, abbiamoPag. 10 monitorato 24 summit di 'ndrangheta. Avete presente quei summit della iconografia classica in cui si ritrovano in circolo e pronunciano formule rituali? Generalmente si trovavano in locali pubblici che ovviamente la sera del summit erano chiusi, e facevano capo a soggetti calabresi. Li abbiamo videoregistrati. Ora summit di 'ndrangheta zero. Che cosa ci dice un recente collaboratore? «Abbiamo imparato la lezione, quindi niente più riunioni, se proprio dobbiamo ancora trovarci secondo gli schemi classici, le facciamo nel corso di matrimoni e funerali perché lì la giustificazione ce l'abbiamo per trasmetterci le cosiddette ambasciate». Non si parla più in macchina perché una parte delle conversazioni captate, che sono state alla base del processo, lo erano state a bordo di autoveicoli. I telefoni cellulari si lasciano a casa quando si deve parlare di cose importanti. Quindi una serie di strategie assolutamente elusive di attività investigative, ma soprattutto il diktat che, a parer mio, viene dalla Calabria è: ricorso alla violenza solo se e quando è estremamente necessario. Qui dovrei citare le parole di un indagato che in un'intercettazione appunto ha detto: «Siamo cattivi solo quando lo dobbiamo essere, quando è necessario, perché altrimenti noi siamo persone normali». Tendono quindi a presentarsi come persone normali. Questo spiega perché non abbiamo più reati spia. Abbiamo invece bancarotte, bancarotte fiscali, bancarotte per distrazione, creazione di fittizi crediti d'imposta – con l'«ecobonus» potete immaginare, e anche con i vari decreti emessi a seguito dell'emergenza Covid – abbiamo intestazioni fittizie, abbiamo iscritto, credo ormai decine di fascicoli, per il 512-bis. Tutte queste imprese sono ovviamente intestate a prestanome, tant'è che, facendo una battuta, io spesso dico che esiste un albo nazionale dei prestanome tenuto in certi studi professionali.
  Si riscontra dunque una accentuazione della vocazione economica che si sposa con il bisogno di evasione fiscale di una certa parte della nostra imprenditoria lombarda, ahimè. Si incrociano da un lato interessi di organizzazione di stampo mafioso – il Procuratore ha citato la 'ndrangheta, ma anche Cosa nostra e la camorra – dall'altro abbiamo una imprenditoria «fuorilegge» che significa che è un'imprenditoria che non tende a rispettare le regole della libera concorrenza e a tenere comportamenti fiscalmente corretti. Questi interessi si incrociano e abbiamo quindi investigazioni che ci portano a disvelare una serie di fatti reato a connotazione prettamente economica. È un fenomeno che ci mette in difficoltà perché abbiamo imprenditori vittime che però diventano spesso conniventi e complici dei mafiosi, abbiamo imprese mafiose che sono imprese di servizi. Da un lato abbiamo questo imprenditore che sostanzialmente fiscalizza la prevaricazione e quindi riscontriamo tangenti coperte da fatture fittizie – pago ma abbatto il costo della mazzetta – e già questo porta l'imprenditore vittima a non avere un gran motivo di denunciare. Non solo, ma l'impresa mafiosa che mi ha imposto le sue prestazioni mi rende anche una serie di servizi, mi fornisce dei beni a basso costo, perché naturalmente l'impresa mafiosa non sostiene i costi della legalità: non paga le imposte, non paga i contributi previdenziali. L'impresa committente, tutto sommato, ragionando secondo logiche di convenienza, non è portata a denunciare la presenza dei mafiosi perché da un lato paga la tangente ma la fiscalizza e la scarica nei costi, dall'altro ha una serie di prestazioni a prezzi decisamente favorevoli e questo le consente magari di stare nella sua fetta di mercato in posizione di leader, creandosi quindi una posizione di vantaggio rispetto ad altri suoi concorrenti.
  Se voi riflettete su questo sistema, capite che il quadro generale porta ad affermare che sono violate le regole della libera concorrenza e ne ha certamente un danno la collettività, perché non vengono pagate le imposte e non vengono pagati i contributi previdenziali. Non solo, spesso e volentieri le maestranze dell'impresa mafiosa provengono dal Paese d'origine e questo naturalmente ne rafforza il prestigio.
  Questo ci ha portato ad adottare un protocollo d'intesa con le sezioni fallimentari dei tribunali del distretto per sensibilizzare i curatori fallimentari – parlo ancoraPag. 11 di fallimento, ma in realtà il termine tecnico, come tutti sappiamo, è liquidazione giudiziale. Abbiamo stipulato questo protocollo con i procuratori e le sezioni fallimentari del distretto affinché i curatori fallimentari segnalino alcuni indicatori di anomalia, nei fallimenti di cui si occupano, che possano testimoniare della presenza di organizzazioni mafiose, per esempio il repentino trasferimento della sede sociale in località del Sud e la presenza di certi professionisti. Apro una parentesi sui professionisti. Sottolineavo prima la mia lunga esperienza soprattutto in materia di 'ndrangheta, e devo dire che i miei abituali indagati di solito non sanno cosa sia una fattura. Quando ci troviamo di fronte ad articolati sistemi aziendali che creano fittizi crediti d'imposta, li commercializzano, fanno indebite compensazioni, ecco tutto questo naturalmente è orchestrato da abili professionisti che con la loro capacità professionale supportano le organizzazioni mafiose. Un protocollo d'intesa, come dicevo, con i curatori fallimentari significa che in presenza di determinati indicatori di anomalia che abbiamo elencato nel protocollo medesimo, essi facciano una segnalazione al Procuratore della Repubblica territorialmente competente e che quindi una struttura della Guardia di finanza, diretta dalla DDA, analizzi queste liquidazioni giudiziali al fine appunto di verificare la sottesa presenza di organizzazioni mafiose e soprattutto di poter dare un quadro aggregato di certi fenomeni. Ci siamo recentemente occupati, in un'indagine che ha riguardato soprattutto il territorio comasco, di una organizzazione di stampo 'ndranghetista insistente sulla provincia di Como che ha «orchestrato», portando a compimento, credo 20-25 fatti di bancarotta fraudolenta, a mezzo di operazioni dolose, quindi bancarotte cosiddette fiscali e bancarotte per distrazione. Potete immaginare il danno arrecato ai creditori di tutte queste imprese che in realtà sono state in buona parte cannibalizzate da soggetti riferibili alla criminalità di stampo 'ndranghetista.
  Altro tema su cui magari sarebbe opportuno un futuro confronto è quello dei controlli antimafia, tenuto conto delle emergenze rappresentate dal PNRR e da Milano-Cortina, tema su cui in Procura abbiamo spesso riflettuto e che in buona parte non riguarda in realtà l'attività di contrasto. Faccio un'altra battuta, ovvero che, quale rappresentante di un organo della repressione, credo moltissimo nella prevenzione. Qui viene in gioco il ruolo delle prefetture, il ruolo della documentazione antimafia e tutta la disciplina che riguarda le white list, la prevenzione collaborativa, questo nuovo strumento nelle mani delle prefetture per sanare imprese che presentano un occasionale pericolo di infiltrazione. Faccio questa riflessione, che può essere anche considerata una provocazione. Siamo sicuri che questi controlli siano efficaci in concreto o siano soltanto controlli cartolari? Perché mai alcune delle imprese di cui ci siamo occupati nella indagine comasca erano beatamente nelle white list? È chiaro che il mafioso in questo momento difficilmente intesterà a sé medesimo piuttosto che ai propri prossimi congiunti le quote sociali. Come possiamo verificare che imprese mafiose non locupletino almeno una parte delle somme che saranno stanziate per il PNRR o per Milano-Cortina? Rendendo efficaci i controlli. I controlli sulla carta lasciano il tempo che trovano, perché è tutto perfetto. Allora occorrono controlli sul campo. Le prefetture hanno la possibilità, attraverso i gruppi di interforze, di accedere ai cantieri. Ma quanti accessi fa ciascuna prefettura? Non per cattiva volontà ma perché non hanno personale. Se vogliamo fare veramente un'azione di controllo efficace, rafforziamo gli organici delle prefetture, creiamo presso le prefetture delle professionalità, perché se la prefettura deve gestire la prevenzione collaborativa (articolo 94-bis del testo unico antimafia) essa è dotata di personale che possa effettivamente dare conto che l'azienda abbia adottato un adeguato modello 231 idoneo a evitare infiltrazioni mafiose e che abbia comunicato tutti gli atti di rilevanza economica superiori a una certa soglia? L'altro aspetto singolare di questa norma è che essa prevede che il prefetto possa nominare uno o più esperti, fino a un massimo di tre, tratti dall'albo degli amministratori giudiziari,Pag. 12 quindi anche le prefetture si rivolgono all'amministratore giudiziario, le cui spese ovviamente sono a carico del contribuente. Sono aspetti su cui riflettere. Noi, per stimolare le imprese ad adottare adeguati modelli 231, usiamo, credo più di altre direzioni distrettuali, quanto previsto dall'articolo 34 del testo unico antimafia, di cui parlerà il collega Storari. Eventualmente in un momento successivo riferirò anche sui traffici di droga, altro tema su cui c'è molto da dire.

  PRESIDENTE. Do la parola al Procuratore Viola.

  MARCELLO VIOLA, Procuratore della Repubblica di Milano. Ricollegandomi a quanto detto dalla collega, questo diverso modo di atteggiarsi della criminalità mafiosa sul distretto mi ricorda mie precedenti esperienze siciliane relative a un certo mutamento di strategia in alcune parti del territorio – sono stato procuratore a Trapani – in cui si puntava proprio all'acquisizione di forme di «consenso sociale», utilizzando la violenza in maniera molto più chirurgica di quanto non succedesse a Palermo in quegli anni. Il consenso era acquisito tramite la messa a disposizione di posti di lavoro e la realizzazione di fonti di ricchezza che andassero bene per tutti, proprio per evitare di attirare la inevitabile reazione dell'apparato dello Stato, con una trasformazione della cosca mafiosa in una sorta di agenzia di servizi che metteva a disposizione sul territorio beni e servizi illegali laddove ve ne fosse domanda, quindi droga e prostituzione, come abbiamo detto, investendo in proprio, creando nuove imprese e anche inserendosi in aziende già radicate. Condivido pienamente la questione che riguarda i reati spia: eravamo abituati a cercare gli omicidi o gli incendi, adesso cerchiamo i reati fiscali e fallimentari. Nell'ambito di più ampie indagini di criminalità organizzata, abbiamo individuato politiche di riduzione dei costi attraverso il sistematico sfruttamento dei lavoratori e siamo intervenuti – adesso ve ne parlerà in dettaglio il collega Storari, che è titolare dei principali fascicoli in materia – per cui credo di poter dire che la Procura di Milano stia imponendo un «metodo», che mi permetto di definire virtuoso, delineando un modello, con una certa innovazione nell'interpretazione della norma, andando oltre le posizioni della stessa giurisprudenza, ma raggiungendo risultati assolutamente utili ai fini del contrasto di questo sistematico sfruttamento dei lavoratori attraverso la costituzione di cooperative di comodo. Se il presidente è d'accordo, lascerei la parola al collega Storari.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Storari.

  PAOLO STORARI, sostituto procuratore di Milano. Buonasera a tutti e grazie dell'attenzione. La nostra attività è iniziata analizzando il fenomeno dei serbatoi di personale che sono tendenzialmente imprese cooperative o S.r.l. che non hanno alcuna struttura e che si mettono ad affittare manodopera a grandi imprese. Non si tratta di un fenomeno nuovo. Se ne occupò già la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni dei lavoratori in Italia, istituita nel 1955, e recentemente un'altra Commissione parlamentare si è concentrata sul fenomeno delle cooperative spurie. Tutto questo potrebbe sembrare cosa al di fuori della competenza della Direzione distrettuale antimafia. Purtroppo non è così, nel senso che abbiamo visto che vi sono numerose occasioni in cui queste cooperative sono totalmente in mano alla criminalità organizzata. Per darvi un'idea del fenomeno – le indagini sono già state oggetto di discovery – vi fornisco i nominativi di imprese che si avvalgono, più o meno consapevolmente, di cooperative in mano alle organizzazioni mafiose perché queste ultime offrono, per evidenti ragioni, prezzi estremamente competitivi sul mercato. TNT, multinazionale che si occupa di trasporti. La Fiera di Milano: si è attestato che sostanzialmente in Fiera l'attività di smontaggio degli stand era in mano a soggetti che versavano denaro a famiglie mafiose di Pietraperzia. Spumador, società di beveraggio: tutti gli appalti della logistica e dei trasporti erano in mano a organizzazioni Pag. 13'ndranghetiste. Schenker, multinazionale tedesca, stessa cosa, aveva rapporti con un soggetto che era stato condannato per 416-bis e che si avvaleva dei parenti come intestatari di queste imprese. GLS, altro colosso della logistica, addirittura aveva come fornitori la famiglia mafiosa dei Maiolo, famiglia mafiosa abbastanza nota a Milano, più volte condannata per fatti di 'ndrangheta. Recentemente in un deposito di Esselunga vi erano problemi con le maestranze che si rifiutavano di lavorare, rivendicando migliori condizioni salariali. Sono arrivati i cosiddetti responsabili. I «responsabili» è gente che picchia i lavoratori. Fratelli Beretta, stessa cosa. Naturalmente, non parlo di indagini in corso su altre multinazionali che hanno questo tipo di rapporti, a meno che non si intenda segretare. Quali sono i dati di sintesi che emergono da questa attività investigativa? Innanzitutto, e mi ricollego a quello che diceva il Procuratore Viola, forse la metafora dell'infiltrazione oggi non è più adeguata. L'infiltrazione dà l'idea di un agente esterno «cattivo» che agisce su un ambiente pulito. No, oggi probabilmente penso di non sbagliarmi dicendo che non è la criminalità mafiosa che conforma e modella la criminalità economica, è la criminalità economica che conforma e modella la criminalità mafiosa. Vale a dire che queste cooperative spurie in mano alla 'ndrangheta non si comportano tanto da 'ndranghetisti, si comportano come operatori commerciali illegali con una riserva di violenza. Però questo è importante: ripeto, la mafia non la fa probabilmente da padrone perché si comportano esattamente come altre cooperative spurie. La seconda cosa altrettanto importante che ha comportato una sorta di «rivoluzione» nei modelli sia investigativi sia di prevenzione e repressione è questa: il committente, cioè l'Esselunga della situazione, non sempre è in dolo. Naturalmente banalizzando, l'amministratore delegato di Esselunga non sa di avere la 'ndrangheta dentro, però il problema è che si disinteressa di chi ha dentro, cioè è mosso solo ed esclusivamente da una logica di costo: «tu mi offri meno, io do l'appalto a te». Di fronte ad atteggiamenti di questo tipo, per cui si esternalizza parte della propria attività, mettiamo tutta l'attività di logistica e anche l'attività di sorveglianza sui cantieri, nel momento in cui lo si fa, sostanzialmente ci si disinteressa di chi si ha in casa. Quali sono dunque le modalità di reazione più adeguate? Qui gli strumenti classici del concorso esterno non reggono più, perché non c'è dolo in quanto non si sa chi si ha in casa. Allora si è iniziato a pensare in un modo diverso. Il problema non è tanto di sanzionare l'amministratore delegato di Esselunga, il committente o chi ha rapporti diretti con questi soggetti. Il problema non è disposizionale, cioè di attribuire una responsabilità a Tizio, ma un problema situazionale, cioè di modificare gli strumenti organizzativi dell'impresa. Come diceva il Procuratore, farò anche degli esempi. L'impresa deve essere in grado di adottare moduli organizzativi diretti a evitare non solo che i propri dipendenti commettano reati, ai sensi della legge n. 231 del 2001, ma anche che i propri fornitori non commettano reati. Presa consapevolezza che non si può andare a controllare 300 multinazionali, perché i mezzi non sono sufficienti, allora si responsabilizza il committente dicendo: «Attenzione, tu sei responsabile di chi hai in casa», e si individuano strumenti, che poi brevemente indicherò, per responsabilizzare il committente. L'ottica, ripeto, è cambiata totalmente. Non siamo più interessati – perdonate l'espressione, adesso sto banalizzando – ad attribuire una responsabilità a qualcuno perché se non si cambia il contesto, se non si cambiano i modelli organizzativi, cambia la persona, ma la situazione è destinata inevitabilmente a replicarsi, perché una persona sola non può far nulla. Il messaggio che arriva, ed è stato recepito perfettamente dalle grandi imprese, è stato questo: «Attenzione, devi occuparti anche dei tuoi fornitori». Questo va in linea con una recente proposta dell'Unione europea sulla due diligence sulle catene di valore. L'Unione europea ha in campo una direttiva in cui sostanzialmente si dice che le imprese di una certa dimensione – sopra i 10 mila dipendenti – devono esercitare una due Pag. 14diligence, ovvero un osservatorio sulla catena dei fornitori, per cui non possono più permettersi che i propri fornitori sottopaghino i lavoratori, non possono più permettersi che i loro fornitori non paghino i contributi ai lavoratori, non possono più permettersi che i loro fornitori non paghino l'IVA. Tali imprese sono dotate degli strumenti per effettuare i controlli, attraverso moduli organizzativi che, ripeto, consentono un'ampia selezione dei fornitori. Il messaggio che viene dato ha una certa tecnicalità su cui non intendo tediarvi. Anzitutto le grandi imprese sarebbero tenute a mettere a posto il passato. Mettere a posto il passato in questo caso ha voluto dire che, grazie alla tematica delle fatture soggettivamente inesistenti, nell'ultimo anno e mezzo la Procura di Milano ha recuperato circa – non sulla carta, ma soldi veri – 300-400 milioni di euro da queste multinazionali, che pagano immediatamente, perché si rendono conto di tali problematiche. In secondo luogo, si avrebbe una internalizzazione dei dipendenti. Le catene delle cooperative in Esselunga e in tutte le altre imprese sono scomparse. Oggi, anche qui mal contate, sono state internalizzate 11 mila persone, che vuol dire – e questo francamente è motivo di vanto per la Procura di Milano – 11 mila famiglie sistemate, non costrette a passare ogni due anni da una cooperativa all'altra perché falliscono e si perde il lavoro. Questo è francamente motivo di grande soddisfazione per noi. Come dicevo: si internalizza, si mette a posto il passato pagando, si adotta un modello organizzativo adeguato su cui si possa effettuare un controllo, si sistemano tutte le cooperative e sostanzialmente noi garantiamo, non dico l'impunità, ma un'uscita onorevole. L'idea di fondo in tema di responsabilità delle persone giuridiche – perché di questo stiamo parlando, delle grandi organizzazioni – è che non si può dire a un imprenditore di questo livello: «Tu paghi 100 milioni di euro, spendi 30 milioni di euro per tutta la tua organizzazione che va cambiata, assumi 4 mila persone e poi ti do la sanzione», perché se no c'è qualcosa che non funziona, e ovviamente bisogna incentivare. Attraverso un uso sapiente delle misure di prevenzione, attraverso decreti di archiviazione 231 su cui DHL è tipica per queste situazioni, si è garantita una situazione di internalizzazione, rilegalizzazione, ma soprattutto si è garantito che, in determinati contesti, gli 'ndranghetisti o la criminalità mafiosa vengano confinati nell'ambito delle attività illecite tradizionali, si impedisce, e questo grazie all'opera fattiva della multinazionale, che questo soggetto, il fornitore, continui a operare in questo ambiente perché per Esselunga un milione di appalto dato a soggetti della 'ndrangheta è nulla – un milione per Esselunga è veramente come 50 euro per le persone normali – ma per la 'ndrangheta avere un milione di euro, sono soldi veri. Si tratta allora di confinarli attraverso questi strumenti.
  Tutto questo potrebbe apparire fuori dalla tematica, però queste costruzioni comportano secondo me almeno due innovazioni fondamentali. La prima è che per fare queste indagini servono, perdonatemi l'espressione cruda, pochi carabinieri, molta più Agenzia delle entrate e INPS, che diventano corpi assolutamente fondamentali, perché le banche dati e le analisi di rischio che sa fare l'Agenzia delle entrate che ha professionalità eccezionali, nessun altro le fa. Stessa cosa per l'INPS che ha una tecnicalità che sicuramente i corpi di polizia tradizionali non hanno, ma perché non è nel loro DNA. La seconda cosa è che bisogna iniziare a pensare che la stessa persona in contesti diversi si comporta in maniera diversa, vale a dire che occorre puntare sui modelli organizzativi delle imprese, non sulla responsabilità individuale, ma sulla responsabilità situazionale. Tutto quello che vediamo nel mondo della logistica voi lo parametrate a paro a paro in alcune indagini in materia di vigilanza. A Milano abbiamo fatto un'indagine di questo tipo un po' di tempo fa con la collega Dolci, in cui c'erano addirittura i vigilantes che stavano al tribunale di Milano e il titolare dava soldi alla famiglia catanese Laudani. Su questo stiamo ancora lavorando e andando avanti perché, oltre al dato che è stato riconosciuto anche giudizialmente che vi sono numerose imprese che si occupano di Pag. 15sicurezza – quelle che vedete fuori dai supermercati e dalle farmacie, che sottopagano il lavoratore a 4 euro l'ora, cosa che trovo quasi vergognosa – esiste qualche tematica di infiltrazione, chiamiamola impropriamente così, oppure non è che la criminalità organizzata si appropria anche di questi settori? Qui mi fermo perché le indagini sono in corso. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Storari. Comunico ai membri della Commissione che, vista l'interessante audizione e visto però anche l'andamento dei lavori di Camera e Senato, procederei a far concludere il Procuratore Viola e ad aggiornare la seduta per gli interventi dei colleghi, in modo che si possa sviluppare meglio quanto emerso. Do la parola al Procuratore Viola.

  MARCELLO VIOLA, Procuratore della Repubblica di Milano. Intendo fare cenni ad altri settori di cui non abbiamo parlato, che rivestono forse non l'importanza di quello di cui si è fin qui detto, ma che hanno comunque un loro rilievo. Uno è quello dell'azione di contrasto finalizzata al traffico illecito di rifiuti che costituisce un settore criminale irresistibile per la criminalità organizzata perché, come dicevo prima, l'ho definito a basso rischio, da una parte, ma con altissimo margine di utile e l'allargamento di una notevolissima rete relazionale, dall'altra. Lo dico anche per segnalare l'adozione da parte nostra di un protocollo di coordinamento per le indagini sui delitti ambientali insieme alla Procura generale e a tutte le altre procure del distretto. Questo è un tema su cui si potrà tornare per approfondire, adesso mi limito a farne un sintetico cenno.
  Altro tema delicato, quantomeno per la sua risonanza mediatica, è quello che hanno fatto emergere alcune attività di indagine che riguardavano contesti più ampi di criminalità organizzata. Si tratta dei rapporti non occasionali tra esponenti delle tifoserie organizzate di squadre di calcio e soggetti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso, e in analoghi contesti fra tifoserie e gruppi eversivi. Il fenomeno infatti non riguarda solo la criminalità organizzata ma anche gruppi eversivi che operano sul territorio nazionale, con profili di infiltrazione delle tifoserie e, in alcuni più limitati casi, delle stesse società, con attività delittuose di controllo del territorio in maniera concreta. Parlo di controllo dei parcheggi, di controllo dei biglietti, di controllo delle attività di ristorazione a margine. A Milano peraltro c'è stato anche un omicidio che si colloca in un contesto di illegalità diffusa, al di là della collocazione in contesti di criminalità organizzata. Le curve in realtà sono sicuramente un fenomeno complesso e anche questo è un profilo che va assolutamente monitorato. Ricordo, e immagino che lo abbia detto il Procuratore nazionale, che la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo ha costituito un apposito tavolo di riflessione su questo punto, che mira all'acquisizione di notizie su tali attività criminali, monitoraggio continuo che ha visto coinvolte tutte le procure nazionali. Si tratta peraltro di un fenomeno non nuovo. Ricordo che me ne ero già occupato a Palermo più di dieci anni fa. Il mondo dello sport, e il mondo del calcio in particolare, attira molto gli interessi di varia natura da parte della criminalità organizzata.
  Vorrei chiudere facendo un cenno alle attività di contrasto e al metodo che ha adottato la Procura di Milano, in particolare individuando, con il coordinamento diretto della collega, due distinte direttrici. L'una che ha portato a investigare su appartenenti a famiglie di 'ndrangheta che erano già stati oggetto di indagine negli anni precedenti. Si era parlato prima di processi importanti – e questo è un fenomeno che riguarda l'associazione mafiosa anche in altre parti del territorio. Ricordo sempre, per parlare della mia esperienza, soggetti che, dopo dieci anni di carcere fatto senza approcci di tipo collaborativo, uscivano rafforzati dalla detenzione e si rimettevano a operare sul territorio. Il nostro è un metodo consolidato di investigazione che cerca di analizzare le condotte di questi soggetti, rimasti nell'ombra, ovvero, come nel caso che dicevo, tornati in circolazione.
  La seconda direttrice invece, particolarmente interessante, costituisce un po' la sintesi di quello che abbiamo detto prima, con Pag. 16interessi specifici sotto due diversi profili. Uno oggettivo, cioè i fenomeni investigati attengono a tutte e tre le consorterie criminali principali, e anche ad altre, particolarmente a quella siciliana oltre a quella calabrese. L'altro profilo è di prospettiva e concentra l'attenzione su questi fattori di contesto che consentono alle mafie di operare in territori certamente diversi da quelli di origine e tradizionali. In questo senso, vi sono state delle conseguenze che sono la conclusione logica di ciò che dicevano prima i colleghi, quindi contestazione di numerosi reati economici satellite, non solo quindi i reati tributari, che sono i più visibili. Le necessità investigative che riguardano i collegamenti e la professionalità delle agenzie di contrasto: il collega Storari ha fatto riferimento alla Agenzia delle entrate, ma noi in Procura a Milano cerchiamo di appoggiarci a CONSOB, a Banca d'Italia e di coinvolgere l'INPS e l'Agenzia delle entrate, perché siamo consapevoli che per affrontare oggi questi fenomeni criminali non bastano le conoscenze tradizionali, non basta il pur qualificatissimo apporto delle forze dell'ordine tradizionali, ma abbiamo bisogno sempre di più di competenze specialistiche. Cerchiamo di affinare i collegamenti fisiologici, ma indispensabili e che a volte vengono trascurati, con altre Direzioni distrettuali antimafia, in particolare con quelle calabresi. Spesso passiamo attraverso la DNA o utilizziamo anche contatti diretti. Cerchiamo di tenere un filo costante proprio per evitare non dico frizioni, non è questo il problema, ma per far sì che non vi siano mancanze e difetti di coordinamento che sarebbero dannosi per le indagini. Cerchiamo di migliorare i rapporti di cooperazione internazionale. La Procura di Milano, in particolare, ha un canale direttissimo con le autorità giudiziarie svizzere, tenuto conto dell'esistenza di fenomeni criminali che viaggiano sul confine e in questo senso il rapporto con la Svizzera, che ha portato alla costituzione di squadre investigative comuni, si è rivelato di particolare importanza. Abbiamo cercato e cerchiamo di concentrare l'attività investigativa su soggetti anche esterni al sodalizio mafioso, e in particolare su quelle figure di esperti che forniscono competenze e conoscenze di cui il mafioso è inevitabilmente poco dotato. Infine, abbiamo concentrato l'attenzione, ed è un po' quello che diceva il collega Storari, ma non solo lui, ai profili occupazionali delle imprese che hanno avuto rapporti con esponenti mafiosi. Abbiamo molto valorizzato e continuiamo a valorizzare gli strumenti investigativi offerti dal Testo unico antimafia, in particolare quelli previsti dagli articoli 34 e 34-bis.
  Vi ringrazio per l'attenzione e rimaniamo ovviamente a vostra disposizione per qualunque approfondimento.

  PRESIDENTE. Procuratore, siamo noi a ringraziarla perché credo che questa sia stata un'audizione veramente utile sia per capire il fenomeno della migrazione delle mafie sia di quella che la dottoressa ha chiamato «mutazione genetica». Penso che sia opportuno, visti gli spunti e le necessità della Commissione, immaginare strumenti che possano supportarvi nei protocolli di cui avete parlato e nei modelli organizzativi, senza aver paura di fermare importanti investimenti economici di cui abbiamo bisogno. Vi chiederò la disponibilità a tornare con questa stessa squadra, che mi è sembrata ben equilibrata e competente per capire i meccanismi, il prima possibile, ovviamente concordando l'agenda, in modo che i commissari possano farvi alcune domande e voi possiate approfondire alcuni temi. Grazie per il lavoro fin qui svolto e per il quadro che ci avete reso.

  La seduta termina alle 15.20.