XIX Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 1 febbraio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MADE IN ITALY: VALORIZZAZIONE E SVILUPPO DELL'IMPRESA ITALIANA NEI SUOI DIVERSI AMBITI PRODUTTIVI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Agrinsieme.
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Tinelli Cristina , responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Tinelli Cristina , responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura ... 6 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 6 
Pietrella Fabio (FDI)  ... 6 
Tinelli Cristina , responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura ... 6 
Pietrella Fabio (FDI)  ... 6 
Maerna Novo Umberto (FDI)  ... 6 
Tinelli Cristina , responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura ... 7 
Pierangelini Gianluca , responsabile Ufficio internazionalizzazione Alleanza delle cooperative ... 7 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Giovine Claudio , direttore Divisione economica e sociale di CNA ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Maerna Novo Umberto (FDI)  ... 12 
Giovine Claudio , direttore Divisione economica e sociale di CNA ... 13 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 13 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confartigianato:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 13 
Panieri Bruno , direttore Politiche economiche di Confartigianato ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 16 
Pietrella Fabio (FDI)  ... 16 
Panieri Bruno , direttore Politiche economiche di Confartigianato ... 17 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 18 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confesercenti:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 18 
Messina Vittorio , Vicepresidente nazionale di Confesercenti ... 18 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 19 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti di Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) ... 20 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti di Confartigianato ... 29 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti di Confesercenti ... 159

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Agrinsieme.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Agrinsieme, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi. Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Cristina Tinelli, responsabile relazioni UE e internazionali di Confagricoltura, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  CRISTINA TINELLI, responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura. Grazie. Ringrazio la X Commissione per aver offerto ad Agrinsieme la possibilità di intervenire in merito a questa indagine conoscitiva sul made in Italy e sulla valorizzazione e sviluppo delle imprese italiane nei suoi ambiti produttivi.
  Intanto ricordo che Agrinsieme raggruppa Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari e di fatto rappresenta prima di tutto prodotti agricoli e prodotti dell'agroalimentare, per cui sicuramente per quanto riguarda il nostro comparto, quando si parla di made in Italy e country of origin effect, parliamo sostanzialmente, e in primis, ma non solo, dei nostri prodotti di qualità, dei nostri prodotti ad indicazione geografica.
  Come tutti sanno l'Italia è il primo produttore europeo di prodotti riconosciuti a indicazione geografica. Abbiamo 316 prodotti e 526 riconoscimenti per quanto riguarda il settore del vino.
  Il settore agroalimentare rappresenta circa il 21 per cento del fatturato agroalimentare nazionale e l'export del settore è stato nel 2022 di circa 60 miliardi di euro. Per cui possiamo dire che uno dei principali aspetti che riguarda la valorizzazione dell'impresa, per quanto riguarda il made in Italy, è sicuramente la valorizzazione delle nostre esportazioni.
  I prodotti agroalimentari, ovviamente per la loro natura, sono prodotti che devono essere esportati secondo determinate modalità, non possono avere lo stesso trattamento di export degli altri prodotti. Per cui una delle prime problematiche che noi incontriamo quando esportiamo i nostri prodotti è sicuramente un problema di logistica, cioè la mancanza di infrastrutture, o comunque la non adeguatezza di tutte le infrastrutture presenti sul territorio nazionale, così come anche la possibilità di poter utilizzare delle piattaforme di logistica nazionale e facilitare l'export dei nostri prodotti, soprattutto quelli con shelf life (data di scadenza n.d.r) ridotta. Ovviamente immaginiamo che con l'interventoPag. 4 del PNRR questa situazione potrà essere migliorata, ma ad ora sicuramente è uno dei problemi che le nostre imprese affrontano nell'esportare i prodotti. A volte addirittura alcune imprese per mandare prodotti in Arabia passano dal porto di Anversa o dal porto di Rotterdam, quindi sicuramente non facilita le nostre esportazioni, soprattutto appunto per quanto riguarda i prodotti a shelf life ridotta.
  Un altro aspetto che sicuramente impatta sulla nostra capacità di esportazione riguarda i trattati internazionali che la Commissione europea definisce con i Paesi terzi.
  Importantissima sarebbe secondo noi l'analisi di questi trattati e soprattutto verificare quali sono stati i risultati dell'attuazione di questi trattati che l'Unione europea firma a nome anche degli Stati membri. Soprattutto perché esistono taluni margini di manovra e alcuni Paesi in cui, sebbene ci sia un trattato in essere con l'Unione europea, rimane la possibilità di export ma questa non viene del tutto utilizzata. Stiamo pensando ad esempio al Giappone che è uno dei Paesi con cui l'Unione europea ha, ad esempio, firmato un trattato da pochi anni e che ha ancora una grande potenzialità per quanto riguarda l'export dei formaggi, possibilità che ad ora noi non siamo riusciti a riempire del tutto.
  È fondamentale anche, parlando dei trattati internazionali e della presenza italiana a livello di ambasciate, la possibilità di utilizzare in modo sempre più massiccio le ambasciate come casa degli italiani, come posto in cui possano essere organizzati eventi B2B (Business-to-business) per far conoscere i nostri prodotti nei vari Paesi. Ovviamente ci sono dei mercati che sono già consolidati, ma anche altri che potrebbero essere consolidati, in cui non ci siamo, e che potrebbero essere interessanti per i nostri prodotti. Proprio in questi mercati è fondamentale per noi l'utilizzo e l'aiuto che le ambasciate possono offrire al sistema produttivo nazionale.
  In questo senso importante è anche l'aspetto della formazione degli attaché delle ambasciate. In questo periodo noi stiamo assistendo a una grande presenza, possiamo dire un'ondata, di esperti agricoli che sono stati distaccati dai Ministeri nelle ambasciate, quindi questo ci aiuta perché sono normalmente persone che conoscono il settore. Ma la formazione di queste persone è sicuramente importante, come è importante anche la possibilità di utilizzare anche dei comunicatori locali che possano spingere e far conoscere in modo dettagliato il nostro prodotto. Perché, come è scritto anche nella relazione, il nostro prodotto ha una doppia valenza: ha una valenza di export ma ha anche una valenza di incoming e viceversa. Vale a dire, che per il turista che viene in Italia e prova i nostri prodotti – parlo del turista anche dell'agriturismo, il binomio cibo-turismo, valorizzazione anche del nostro territorio, valorizzazione delle nostre bellezze, opere d'arte e quant'altro – il fatto di poter utilizzare questi due canali, avere dei comunicatori che riescano a far passare ai locali i messaggi nel modo in cui i locali vogliono sentirseli raccontare, e poi anche il fatto che, comunque, il prodotto viene assaggiato, se così posso dire, a livello nazionale può spingere poi il turista che rientra in patria a cercare quel prodotto che ha assaggiato a in Italia. Quindi è sicuramente importante, ed è anche in indicato nella relazione, questo legame tra il turismo, il cibo e l'export dei prodotti agricoli.
  Un altro problema che noi stiamo affrontando a livello di export è la concentrazione dell'export. Insomma, a noi manca questa caratteristica di riuscire ad andare compatti, perché la maggior parte delle volte andiamo frammentati sui nuovi mercati. E questo non fa altro che avvantaggiare la grande distribuzione che, se così posso dire, approfitta di questa nostra frammentazione.
  Sicuramente ci servirebbe anche un maggior coordinamento tra tutte le autorità pubbliche che sono delegate alla promozione e alla soluzione dei problemi legati all'export, per cui non parlo soltanto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), ma anche del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), del Ministero della salute e del Ministero delle imprese e del made in Italy (Mimit), perché di fatto la possibilità di unirsi e affrontare congiuntamente i problemi legati all'export, parlo ad esempio di problemi legati al SPS, accesso a Pag. 5taluni mercati o barriere ad effetti equivalente, possono sicuramente essere risolti attraverso un coordinamento di queste autorità, un confronto con noi e con le autorità preposte.
  Valorizzare anche il nostro sistema fieristico: anche in questo senso noi abbiamo delle eccellenze a livello di fiere nazionali ma è importante anche la nostra presenza sulle maggiori fiere internazionali. E non si parla soltanto di fiere dedicate al food, ma anche di fiere legate alla sostenibilità. Il fatto che comunque i nostri prodotti siano i più sostenibili da tutti i punti di vista, economico, ambientale e sociale, deve essere promosso a livello di Paesi terzi. Perché in questo momento in cui la Commissione europea sta spingendo in modo forte sull'obbligo, sugli oneri che noi abbiamo come produttori di rispettare queste tre condizionalità, è importante che i nostri prodotti siano conosciuti sotto questa veste anche all'estero. Quindi la partecipazione delle nostre imprese non solo ad eventi specializzati di settore, ma anche a eventi attraverso i quali le nostre produzioni possano essere valorizzate.
  Sicuramente poi è importante anche avere un'assistenza dal punto di vista legale perché soprattutto i nostri prodotti DOP e IGP quando vengono esportati vengono copiati. Quindi anche la relazione parla di italian sounding e quello che è legato all'imitazione del prodotto italiano, del prodotto made in Italy.
  Quindi è logico che nel momento in cui noi esportiamo le nostre eccellenze avremmo bisogno anche di avere un'assistenza legale in loco proprio per la lotta alla contraffazione. E se alcuni grandi produttori riescono a garantire questa protezione legale e questa lotta alla contraffazione dei nostri prodotti nei Paesi terzi, alcuni più piccoli invece non riescono. Quindi da questo punto di vista un'assistenza tecnica è sicuramente necessaria.
  Importante è anche riuscire ad avere dei nuovi fondi per aprire nuovi mercati, quindi dei fondi dedicati all'export per l'agricoltura. Come ad esempio la Commissione europea sta in questo momento (usciranno a breve) definendo i bandi per la promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei Paesi terzi, sicuramente sarebbe importante che anche l'Italia riuscisse a dedicare maggiori fondi ai nostri prodotti, proprio per l'esportazione e la valorizzazione dei nostri prodotti che come dicevo prima hanno un impatto positivo anche sulle attività di incoming e di attirare i turisti, piuttosto che altri investitori, nel nostro Paese.
  Importante secondo noi, anche per questa valorizzazione dell'export, andare con un'immagine comune. Sarebbe importante riuscire ad andare nelle fiere anche con stand istituzionali, però avere sempre la stessa immagine: un'immagine evocativa, ne parla anche la relazione, un'immagine che dia l'idea di quello che è il nostro prodotto, ma un'immagine univoca. Cioè tutte le fiere devono avere la stessa immagine, in modo tale che noi siamo riconosciuti immediatamente.
  Altro tema importante dal punto di vista dell'export, ma anche del sostegno delle nostre produzioni, è il tema della formazione e dell'informazione. Dal punto di vista anche dei Paesi terzi del mercato interno è importante che i nostri consumatori conoscano e capiscano il valore del prodotto made in Italy e il valore delle DOP e delle IGP.
  Importante anche fare una campagna di sensibilizzazione contro l'utilizzo di alcune etichettature front of pack, come ad esempio il Nutriscore, che, peraltro, il Maeci e tutto il sistema Italia ha contrastato e continua a contrastare a tutti i livelli, a livello nazionale e soprattutto a livello comunitario e Paesi terzi, proprio perché è importante che i nostri consumatori capiscano quelle che sono le vere proprietà dei nostri prodotti e che possano apprezzarne le qualità.
  Non so, io mi fermerei qui, vedo l'orologio che va avanti però non so esattamente a che punto sono.

  PRESIDENTE. Se non ha terminato le segnalo che ha ancora qualche minuto per integrare.

Pag. 6

  CRISTINA TINELLI, responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura. Mi sembra di avervi detto un po' tutte quelle che erano le nostre idee, quindi informazioni sull'origine, informare su quelle che sono le origini dei prodotti, contrastare l'italian sounding. Sì, di fatto io penso di avervi detto, bene o male, quelli che sono i nostri punti principali. Poi ovviamente vi invieremo il documento scritto.

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FABIO PIETRELLA. Grazie presidente. Grazie dottoressa per la sua illustrazione. Io sentivo parlare di mercati e di criticità riscontrate nell'export. Avrei piacere di sapere, se può, in quali Paesi si riscontrano più criticità nell'esportazione dei nostri prodotti food, in modo tale da cercare di capire quali azioni si possono fare per agevolare questo percorso di penetrazione dei mercati.
  Poi sentivo parlare di trasversalità sulla sostenibilità. Ritiene sia possibile creare trasversalità anche fra diversi settori? Quindi mi viene in mente nella promozione del settore della moda o del design, che sono un po' il fiore all'occhiello del nostro Paese: se anche i prodotti dell'agroalimentare possono essere messi in una condizione di maggiore valorizzazione in forma trasversale. Grazie.

  CRISTINA TINELLI, responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura. Intanto per quanto riguarda i Paesi, dipende sempre dal prodotto. Noi abbiamo ad esempio alcuni problemi su determinati prodotti, ne parliamo in questo momento che abbiamo in Italia la peste suina africana per cui abbiamo alcuni mercati che non accettano la regionalizzazione, Paesi terzi che non accettano non la regionalizzazione fatta a livello nazionale, per cui abbiamo dei problemi che riguardano le esportazioni verso determinati Paesi, soprattutto Paesi dell'Est. Poi abbiamo anche problemi in effetti sempre legati agli SPS su alcuni prodotti di carne: ad esempio il Vietnam ha dei problemi sull'importazione dei bovini. Insomma, dipende un po' dal prodotto. Poi ovviamente sarà nostra cura, se lei è interessato, farle una lista di quelli che sono i prodotti e i Paesi su cui abbiamo prodotti.
  Alcuni problemi sono anche banalmente, e lo dico senza problema, solamente amministrativi: magari manca un formulario che l'Italia manda in ritardo oppure che non ha ricevuto, che non trova. Insomma, a volte abbiamo problemi legati solo a banali problemi amministrativi, che però non ci permettono di entrare ahimè in alcuni mercati che sono mercati che per noi sono sicuramente interessanti. Sono soprattutto mercati dell'Est.
  Per quanto riguarda la sua osservazione: sicuramente il connubio food moda, food e altre eccellenze nazionali è da sfruttare. Io parlavo di connubio per quanto riguarda la sostenibilità proprio perché è importante che si conosca come i nostri prodotti siano sostenibili: ad esempio la partecipazione a fiere non solo di settore, come potrebbe essere a livello nazionale Ecomondo, che non è una fiera propriamente agricola come potrebbero essere Vinitaly piuttosto che Cibus. È importante, perché è importante che tutti sappiano quanto siamo sostenibili e che siamo i migliori al mondo. E sicuramente il binomio cibo-moda, vino-moda è fondamentale, perché se noi prendiamo tutte le nostre eccellenze e le esportiamo insieme – questo anche per dire la penetrazione massiva, penetrazione compatta nei mercati terzi di tutto il made in nazionale – può solo portare vantaggi a tutto il sistema.
  Non so se ho risposto. Noi abbiamo fatto interventi spesso con cibo-moda, perché è fondamentale.

  FABIO PIETRELLA. Grazie per la sua risposta.

  NOVO UMBERTO MAERNA. Buongiorno dottoressa e grazie per la sua Pag. 7relazione. Lei parlava prima rispondendo al collega del discorso Far East e dei prodotti. Domando: avete avuto in passato, anche recente, il problema del riso, ad esempio la concorrenza a volte non proprio ortodossa che i Paesi dell'Est spesso svolgono nel campo del riso, e l'annosa questione delle quote latte. Se avete quindi qualche richiesta in particolare da avanzare o qualche osservazione da fare.
  Aggiungo ancora una cosa. Lei parlava di legame tra cibo e moda. Io penso che anche il legame tra la qualità del cibo, che i nostri agricoltori sono in grado di offrire ai turisti, io lo legherei anche al discorso degli agriturismi diffusi sul territorio e ai percorsi culturali. Quindi l'abbinamento tra cibo e cultura, oltre che su moda: cultura e moda sono due eccellenze della nostra Nazione, per cui, anche da questo punto di vista, chiedo se avete qualche richiesta e osservazione che possiamo analizzare e considerare. Grazie

  CRISTINA TINELLI, responsabile relazioni UE e internazionali Confagricoltura. Cominciamo dal riso. In effetti il problema della concorrenza sleale – se possiamo dirlo, noi la consideriamo tale – del riso è un problema che sta rimontando, perché di fatto (come voi sapete) nel 2019 è stata attuata per la prima volta la clausola di salvaguardia per le importazioni di riso da Cambogia e Myanmar. E sicuramente questa clausola di salvaguardia ha funzionato, perché il nostro prodotto è stato venduto a un prezzo superiore e soprattutto è stato venduto a un prezzo di mercato non superiore. Perché comunque la concorrenza di questi prodotti che veniva da questi Paesi era spietata, perché entravano ovviamente a un prezzo di mercato molto inferiore rispetto a quello che era il prezzo di mercato nel nostro riso. Tant'è che è stata attuata questa clausola di salvaguardia.
  Per quanto riguardo il riso, noi come Agrinsieme ma anche come sistema Italia, stiamo spingendo affinché la modifica del regolamento sulle preferenze generalizzate inserisca un meccanismo di automatismo della clausola di salvaguardia. Perché è fondamentale che questa clausola sia attuata automaticamente quando il prezzo del prodotto importato scende troppo al di sotto del nostro prezzo unionale, per cui è fondamentale che questa clausola scatti in modo automatico per prodotti proprio come il riso e lo zucchero.
  Quindi sicuramente da questo punto di vista il Governo italiano si è speso, ma dobbiamo continuare anche perché abbiamo sostanzialmente dalla nostra parte il Parlamento europeo. Per cui sarebbe fondamentale riuscire a far prevalere, tra gli interessi ovviamente enormi che ci sono nella modifica di questo regolamento sulle preferenze generalizzate, anche questa importante problematica che andrebbe a tutelare i nostri produttori di riso in primis.
  Per quanto riguarda poi il connubio tra cibo e campagna, ruralità e agriturismi, noi dobbiamo sicuramente utilizzare il cibo anche proprio per valorizzare i nostri beni culturali. Abbiamo le dimore storiche, abbiamo poi tutte le strade del vino che sostanzialmente fanno conoscere al turista che viene e che entra in Italia il nostro paesaggio e i nostri beni culturali. Abbiamo anche tutta la parte che riguarda i borghi storici, le aree interne che non vengono per niente pubblicizzate ma che attraverso la pubblicità del prodotto può attirare il turista che poi le visita, insomma. È sicuramente fondamentale anche l'aspetto che lei ha sottolineato.
  Per quanto riguarda invece i prodotti lattiero-caseari, se voi permettete lascerei la parola al collega Gianluca Pierangelini perché ha una expertise maggiore per quanto riguarda l'esportazione di questi prodotti.

  GIANLUCA PIERANGELINI, responsabile Ufficio internazionalizzazione Alleanza delle cooperative. Buongiorno a tutti. Ringrazio la collega Tinelli per la relazione. Nel caso specifico l'onorevole faceva riferimento alle quote-latte. Non ravvedo in questo momento un collegamento stretto tra l'annosa questione delle quote-latte con l'internazionalizzazione e con l'export.Pag. 8
  C'è da sottolineare il fatto che sicuramente i formaggi, principalmente i formaggi nel settore lattiero-caseario, sono la categoria più importante per l'export agroalimentare italiano. Noi come produzione nazionale esportiamo all'incirca il 40 per cento di tutto il prodotto realizzato trasformato in Italia e come settore caseario siamo tra i principali esponenti del mondo DOP e IGP. Basti pensare che gran parte dell'export certificato estero è composto dai grandi formaggi Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Mozzarella di Bufala Campana e quant'altro, la lista è lunga.
  Quindi sicuramente qualsiasi supporto a sostegno del settore lattiero-caseario per una maggiore apertura dei mercati internazionali è fondamentale. Lo è anche alla luce di quello che diceva la dottoressa Tinelli prima rispetto alla ricerca di nuovi mercati, mercati sempre più lontani. I prodotti lattiero-caseari, così come gran parte degli altri prodotti agroalimentari freschi, soffrono il problema della shelf life ridotta e quindi hanno bisogno di un maggiore sostegno all'export per raggiungere mercati molto lontani. Pensiamo ai mercati asiatici o del Medioriente che hanno molta domanda rispetto ad esempio alla burrata, alla mozzarella, che però facciamo fatica noi a esportare perché ci sono dei problemi logistici sostanziali.
  Quindi da questo punto di vista il tema della logistica è un tema molto importante. Spero di aver risposto alla domanda.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti di Agrinsieme intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi. Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Claudio Giovine, direttore divisione economica e sociale di CNA. Ricordo che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di dieci minuti circa.

  CLAUDIO GIOVINE, direttore Divisione economica e sociale di CNA. Grazie presidente. Ringrazio lei e gli onorevoli membri della Commissione per avere invitato CNA a partecipare a questa indagine conoscitiva sul made in Italy.
  Abbiamo già depositato una sintetica nota sul significato del valore del made in Italy, che confidiamo possa fornire utili elementi di conoscenza e riflessione per la Commissione.
  La stessa forza evocativa della bellezza e dello stile di vita italiano sono gli elementi, come sappiamo, che accompagnano la qualità e l'unicità dei prodotti italiani, che quindi diventano icone riconoscibili e richieste dai consumatori di tutto il mondo. Ma al tempo stesso sappiamo quanto questi siano invidiati e copiati dai produttori sempre di tutto il mondo.
  Vorrei quindi occupare i pochi minuti a mia disposizione per aggiungere alcuni elementi e alcune informazioni che possono completare la disamina del tema e provare a rispondere sinteticamente ai tanti interrogativi che la Commissione ha posto in merito ai diversi aspetti oggetto dell'analisi.
  Vorrei quindi seguire un pensiero che parte da un ragionamento su chi realizza i prodotti del made in Italy, come favorire lo sviluppo di queste imprese coinvolte nella produzione, come promuovere il brand, il marchio, made in Italy e come proteggerlo.
  Innanzitutto, sulla realizzazione del marchio dei prodotti è evidente che se ricomprendiamo nella classica divisione le attivitàPag. 9 produttive e quelle che ricadono nella definizione dei prodotti made in Italy (cioè l'alimentare, l'arredo, l'abbigliamento, la meccanica, l'automazione e l'artistico), operano in Italia oltre 155 mila imprese. Quelle che hanno una dimensione piccola o piccolissima, cioè al di sotto dei 50 dipendenti, sono ben il 97 per cento del totale. E questi contribuiscono al 41 per cento del valore aggiunto e al 46 per cento dell'occupazione. Nell'alimentare, nel tessile e nell'abbigliamento, nella pelletteria, le imprese artigiane peraltro ne costituiscono la grande maggioranza e danno lavoro a più di un terzo degli occupati totali.
  I dati anche sull'export italiano confermano quanto sia importante il contributo che i produttori del made in Italy forniscono alla nostra bilancia commerciale. Di circa 500 miliardi più di 211 sono proprio realizzati dai prodotti che vengono da questi comparti e il valore delle nostre esportazioni, quindi delle 4A, realizzato dalle imprese con meno di 50 dipendenti è oltre il 25 per cento.
  In altre parole parlare del made in Italy significa parlare di piccola e media impresa, di artigianato, di esperienza, di tradizione e di competenze.
  Vengo alla seconda questione. Quindi se questa è l'area su cui bisogna dedicare attenzione, quali sono gli strumenti, le politiche necessarie a favorire lo sviluppo delle imprese che partecipano a questo contesto?
  Bene, dicevamo in gran parte, proprio anche per la dimensione delle imprese che abbiamo visto prima, è proprio all'iniziativa e alla capacità delle stesse che è affidata la responsabilità di realizzare e continuare a trasformare il valore e quella che è la tradizione e l'immagine del nostro Paese, tradurla in beni che si riescono a vendere all'Italia e all'estero con grande successo. Ma è evidente che se queste imprese posseggono nella loro capacità individuale tanti elementi di forza, è altrettanto vero che è un universo che presenta fragilità. In parte sicuramente riconducibile alla grande frammentazione del sistema produttivo italiano, ma in gran parte, non meno importante, a quelli che sono i fattori di contesto in cui queste imprese sono chiamate a operare.
  Vorrei quindi soffermarmi ad analizzare alcuni punti di debolezza sui quali credo che è necessario che la politica economica e industriale si impegni, perché aiutando lo sviluppo di queste imprese si migliora nel complesso il potenziale di crescita dell'Italia, la nostra bilancia dei pagamenti, la nostra occupazione, il nostro valore aggiunto.
  Bene, credo che la piccola dimensione delle imprese che partecipano alla valorizzazione dei prodotti made in Italy non possa essere considerata un difetto da correggere. Perché è proprio grazie alla loro capillarità sul territorio, all'unicità delle lavorazioni, alle creazioni che si superano con quelli che sono i prodotti di massa standardizzati, che si possono produrre ovunque nel mondo a bassi costi, e si tiene alta la qualità, la tradizione che fa del prodotto italiano uno dei brand più importanti a livello mondiale.
  Bisogna piuttosto lavorare per rendere più facile la vita a queste imprese. E qui si apre una lunga serie di questioni a voi nota ma che non mi esimerò dal richiamare sinteticamente.
  La prima questione che ci preme richiamare è la difficile e complessa relazione con le amministrazioni pubbliche, amministrazioni pubbliche che troppe procedure e troppo ingombranti obblighi impongono a queste imprese.
  Ricordo solo, tanto per citarne una, che per avviare una falegnameria in Italia bisogna rispettare 78 adempimenti con tanti centri diversi di responsabilità amministrativa che complicano terribilmente la vita delle imprese.
  Apprezziamo l'iniziativa che ha assunto il Governo con la funzione pubblica in questi giorni per provare a disboscare e semplificare, e daremo tutto il necessario e opportuno aiuto e sostegno a un processo volto a operare nell'aiutare le imprese a districarsi in quella selva di norme e adempimenti che rende la vita oltremodo complessa.
  Pensiamo ad esempio a cosa accade nel settore dell'alimentazione, in cui norme Pag. 10sanitarie, indicazioni di origine, etichettature ambientali, imballaggi impongono un quadro veramente complesso, onerosissimo, in particolare per quella tipologia di impresa a cui facevo riferimento prima, le imprese più piccole che sono quelle che tengono alto il nostro brand nazionale.
  Non solo. Per facilitare questo mondo bisogna rendere più agevole, più efficace e più funzionale l'accesso alle reti informatiche in tutto il Paese, perché proprio la distribuzione capillare che richiamavo prima fa sì che sia necessario connettere anche i soggetti più piccoli, distanti nel territorio, che rappresentano gli elementi distintivi di ogni singola parte del nostro Paese rispetto al mondo.
  Il tema dell'accesso alle reti sta diventando la questione focale su cui richiamo la vostra attenta vigilanza.
  Altrettanto e non meno importante in questo periodo è il tema della ricerca di personale specializzato, che paradossalmente è in una fase in cui non ancora viviamo elementi di forte rallentamento. Ma la principale preoccupazione, al di là di un aumento dei costi, è proprio la difficoltà di trovare personale che abbia competenze in materia di produzione nel quale anche la parte di intervento manuale è per noi determinante.
  Stiamo lavorando anche qui proficuamente col Ministero del lavoro sulle politiche attive, sulle riforme degli istituti, però crediamo che avvicinare i giovani al lavoro di impresa debba essere un obiettivo per il Paese da perseguire nel suo complesso, migliorando quindi non solo i percorsi di istruzione specialistica ma agendo anche sul versante culturale, per restituire il valore, un valore sociale, anche al lavoro manuale.
  Vi ricordo che l'artigianato è l'unico tipo di attività nelle quali mani, testa, intelligenza e creatività sono chiamati a convivere in ogni momento e ad attivarsi. Bisognerebbe forse lavorare di più per rendere consapevoli le nuove generazioni che bisogna avere una grande considerazione e attenzione proprio di questo tipo di mestiere.
  Altra esigenza: dobbiamo facilitare l'accesso al credito a queste imprese, perché lavorare nel made in Italy significa fare investimenti, comprare materiali, cosa che oggi è sempre più complessa per le imprese più piccole. In una fase in cui l'aumento dei tassi, l'utilizzo anche di valutazioni basate sulla VSC, sulla regolamentazione dei rischi bancari, propongono sempre più una dicotomia nell'assegnazione di credito tra imprese più grandi, più strutturate e imprese di minori dimensioni.
  Questa per noi è una questione fondamentale affinché tutto il comparto possa essere adeguatamente accompagnato, ottenendo credito anche per importi ridotti senza eccessive complessità.
  Bisogna aiutare le imprese nel ridurre stabilmente i costi dell'energia. La transizione ecologica impone anche qui nuove sfide, come quella dei rifiuti, ma il tema dell'energia rappresenta per noi una di quelle questioni sulle quali le piccole imprese non possono e non devono solo essere aiutate ma possono contribuire a ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese rispetto alle fonti fossili.
  È da tempo che insistiamo, e non mancherò di farlo anche adesso, sulla necessità di aiutare le imprese a dotarsi di impianti fotovoltaici.
  Le imprese che producono made in Italy hanno superfici che possono essere utilizzate per impiantare sistemi fotovoltaici, per ridurre stabilmente i costi, cosa che sarebbe possibile se ci fosse l'intervento dello Stato ad adiuvandum che ne faciliti l'inserimento, che elimini i residui vincoli di natura ambientale che spesso queste incontrano, ma in particolare che renda possibile più profittevole l'investimento in tempi brevi.
  Dobbiamo anche facilitare le imprese nella transizione digitale. Prima parlavo di reti, ma sappiamo bene che le sfide interessano anche i processi organizzativi, il dialogo con gli altri colleghi e comparti della produzione, quindi è necessario che la transizione al digitale delle imprese venga favorita e sostenuta.
  In generale crediamo che si debba ritornare a valorizzare quel concetto di filierePag. 11 manifatturiere, filiere produttive, che non sono state oggetto negli ultimi anni di politiche industriali adeguate, volte alla formazione e all'innovazione in un quadro organico. Ci siamo un po' dimenticati di quelli che sono gli elementi che connotano il nostro contesto produttivo, che invece ne hanno rappresentato per decenni l'anima forte che ha garantito lo sviluppo del Paese.
  Quindi rilancio anche di una politica distrettuale che potrebbe preludere all'uso di collaborazioni, di aggregazioni, di messa in rete tra imprese, indispensabili per contenere e contrastare le dinamiche globali della produzione del mercato.
  Vorremmo inoltre infine ragionare anche di concorrenza. Produrre non basta, bisogna distribuire. Le nostre produzioni trovano spesso nella grande distribuzione un fattore di ostacolo.
  Non approfondisco in questa sede ma invito anche qui la Commissione a una riflessione importante nelle relazioni che esistono tra piccole produzioni e grande distribuzione.
  Vengo alla terza questione: come possiamo promuovere il made in Italy nel mondo.
  È chiaro che il nostro made in Italy si inserisce in un contesto mondiale particolarmente competitivo, dove abbiamo avuto modo di vedere con grande soddisfazione nel tempo consolidarsi una capacità delle nostre imprese, direi quasi sorprendente, nel superare distanze geografiche, difficoltà di lingue e culture. Oggi riescono a esportare in tutto il mondo anche in Paesi apparentemente geograficamente molto distanti e lontani.
  Alla loro intraprendenza però, alla capacità individuale delle storie dei singoli imprenditori, è necessario che si affianchi in maniera sistemica un supporto per l'ingresso nei mercati e il consolidamento della presenza delle imprese italiane su questi mercati. Non basta essere bravi a raggiungere un posto, bisogna essere anche aiutati nel far sì che la propria presenza prosegua nel tempo.
  Allora abbiamo bisogno di sistemi di promozione commerciale, sia attraverso i canali più tradizionali (penso alle fiere, agli incontri business media, alla ricerca di buyer), ma anche valorizzando al meglio quelle che sono le piattaforme digitali e la possibilità di incrocio tra domanda e offerta siano sempre più orientate ad accompagnare coloro che hanno minore esperienza di mercati ma maggiori potenzialità di crescita.
  Altrettanto va detto sulle soluzioni assicurative di rete commerciale, sul sostegno agli investimenti che devono essere orientati sempre più a misura di piccole e medie imprese. A questa pratica l'assistenza commerciale peraltro va accoppiata l'assistenza in materia di certificazioni, norme doganali, tutela di marchi, questioni fondamentali per riuscire a vincere la sfida della sfida globale.
  Il numero di piccole imprese nel comparto della manifattura possono aumentare e con loro l'Italia può aumentare sensibilmente la quota di fatturato che viene realizzato all'estero. Oggi solo un'impresa su tre, nella fascia fino a 50 dipendenti, nei settori tipici del made in Italy (mi riferisco all'alimentare, abbigliamento, arredo) realizza una parte del fatturato all'estero non superiore al 25 per cento.
  Ecco, noi pensiamo che altre due imprese su tre possono essere accompagnate fuori e che la quota realizzata all'estero possa passare da 25 più in alto.
  Questo richiede uno sforzo concentrato su questo segmento, sul quale immaginiamo che le istituzioni italiane e gli enti preposti possano orientare sempre più la propria iniziativa.
  L'ultima questione che sottopongo alla vostra attenzione è come va protetto il nostro prodotto made in Italy. Qui la faccenda è complessa e non ci sono soluzioni facili a portata di mano.
  Da sempre la forza evocativa del made in Italy ha generato un processo imitativo di contraffazione molto diffuso, che danneggia non solo i produttori ma fornisce informazioni ingannevoli ai consumatori, anche ai più avvertiti.
  Sappiamo bene che l'apposizione del marchio made in, così come è stato regolamentato dalla Commissione europea, non rappresenta di per sé una tutela efficace e Pag. 12sufficiente, né consente di valorizzare al meglio quelle produzioni che sono state concepite, realizzate, progettate nel nostro Paese.
  Le esperienze più significative a cui guardiamo sempre con attenzione sono quelle del mondo dell'agroindustria, agroalimentare, nei quali i marchi IGP e DOP hanno rappresentato un ancoraggio forte per riuscire a inquadrare il prodotto in un contesto geografico e un determinato disciplinare che ne segue la sua realizzazione.
  Comprendiamo che questo è un modello non facilmente replicabile ed esportabile negli altri contesti, ma nondimeno stiamo convintamente partecipando ai lavori che a livello europeo si stanno sviluppando sul nuovo Regolamento europeo sulle IG no Food. Nell'intenzione del legislatore europeo tali regole dovrebbero potersi applicare a tutti i prodotti, non solo artigianali ma anche industriali.
  Noi stiamo lavorando e confidiamo che questo possa avere almeno per i prodotti dell'artistico italiano, dalla ceramica al vetro e ad altri prodotti minori, una sua applicazione che possa effettivamente dare visibilità, corretta informazione e pienezza nella comunicazione della storia del prodotto, dei materiali utilizzati e della sua realizzazione.
  Altrettanto complesso però capiamo che è anche il contrasto all'italian sounding, che tocca non solo prodotti alimentari, laddove l'utilizzo di immagini, di colori, di marchi gioca con la provenienza italiana inducendo anche qui il consumatore in errore.
  È necessario un contrasto più efficace, anche laddove i trattati tra Unione europea e altri enti mondiali hanno avuto scarsa applicazione, però riteniamo che il contrasto all'italian sounding debba essere perseguito con maggior forza in tutto il mondo.
  Chiudo. Ci piacerebbe un marchio volontario che possa accompagnare i prodotti che hanno veramente le caratteristiche complete del prodotto italiano. Sappiamo che questo è un percorso complesso, contrastato fortemente a livello europeo e anche nel nostro Paese. Però come artigianato e come piccola impresa voi sappiate che noi siamo disponibili a ragionare sulla creazione di un marchio, sulla sua tutela, la sua applicazione, perché crediamo fortemente – come ho cercato di rappresentare sinteticamente – che nella misura in cui i prodotti del made in Italy e le imprese che concorrono a realizzarli oggi rappresentano una quota importante dell'economia italiana, noi crediamo che si debba ancora e si possa ragionevolmente e responsabilmente farsi carico della loro tutela della loro produzione e dello sviluppo di tutti i comparti interessati nell'interesse collettivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NOVO UMBERTO MAERNA. Buongiorno. Grazie presidente. Ho qualche considerazione. Lei ha esposto alcune problematiche che sono molto comuni, che sono condivisibili e sono, dal punto di vista pratico, evidenti.
  Voi garantite la capillarità sul territorio e la tradizione anche italiana, quindi tutto ciò richiede il miglioramento di alcune situazioni. Sicuramente la relazione con la pubblica amministrazione e la burocrazia. Come lei ha anticipato, questo Governo è impegnato in tal senso e credo che sia un'azione assolutamente necessaria, non solo per il vostro comparto.
  Personale specializzato: io lo aggiungerei anche alla formazione e a favorire il ricambio generazionale per garantire la continuità dell'attività. La formazione è fondamentale anche per evitare magari che qualcuno si improvvisi parrucchiere, idraulico o falegname senza avere la dovuta preparazione e conoscenza, quindi una questione di qualità del servizio offerto.
  L'accesso al credito è fondamentale. Energia: già la legge di bilancio approvata recentemente va in tal senso ad aiutare imprese e famiglie.
  Sulla concorrenza io credo che si debba lavorare sulla qualità, ma torniamo al discorso di prima.
  Una domanda sulla protezione, non so se sia inerente o no ma credo sia anche una Pag. 13questione di brevetti. Io credo che una piccola impresa non sia in grado oggi di affrontare la burocrazia necessaria per brevettare un prodotto.
  Infine non ho capito bene, lei ha parlato di marchio volontario, ho capito bene? Mi è sfuggita un po' questa osservazione. Grazie.

  CLAUDIO GIOVINE, direttore Divisione economica e sociale di CNA. Grazie presidente. Rispondo volentieri e in particolare colgo due sollecitazioni: la prima, sul tema del ricambio o meglio della continuità dell'impresa. Non mi sono soffermato, ma è una questione focale in un sistema in cui non solo la tradizione e il saper fare italiano debba essere mantenuta facilitando la trasmissione d'impresa.
  Sappiamo che a livello fiscale oggi c'è una sostanziale neutralità nella trasmissione d'impresa all'interno del nucleo familiare: dovremmo facilitare anche la possibilità di accesso a soggetti terzi, in particolare ai lavoratori che hanno contribuito a sviluppare l'impresa, questione particolarmente sentita nel mondo artigiano e anche l'acquisto da parte di altri.
  Questo è un tema che dobbiamo affrontare sul fronte non solo fiscale, proprio per far sì che non si disperda quella capacità, quella tradizione e quell'importanza di un sistema produttivo nazionale.
  Sulla questione dei brevetti ho parlato molto sinteticamente della tutela all'estero e non solo. La questione dei brevetti non rappresenta solo un costo per le imprese, in parte sostenibile, ma è la efficacia della loro tutela che diventa particolarmente gravosa. Specie in un contesto mondiale il difendere un brevetto depositato può essere un'operazione molto difficile, in particolare nella fase in cui ci sono molti Paesi interessati a utilizzare idee progettuali, disegni delle nostre imprese: la tutela in giro per il mondo può essere particolarmente onerosa. Sarebbe necessario, e chiudo, anche un accompagnamento, un sostegno ai costi che le imprese devono mantenere nel momento in cui sono chiamate a tutelarsi rispetto all'utilizzo improprio dei propri marchi e dei brevetti anche sui mercati internazionali.
  Chiudo con ultimissima questione, la formazione. Certo, la formazione e le competenze. È evidente, ho detto: noi dobbiamo lavorare non solo su quel fronte, ma «non solo» vuol dire anche lavorare sempre più nell'avviare un percorso formativo negli istituti tecnici superiori, gli istituti di livello post scuole superiori, proprio per avvicinare sempre più alle lavorazioni delle imprese artigiane e piccole imprese nel mondo del made in Italy. Questo è un aspetto che all'interno dell'ITS e degli IFTS dobbiamo sviluppare maggiormente per garantire un maggior accesso dei giovani a queste valutazioni.
  Un'ultima cosa: marchio volontario. Volontario perché chiaramente sappiamo che non si può imporre, purtroppo, un marchio obbligatorio sui prodotti del made in Italy. Però sul marchio volontario, ripeto, si può fare qualcosa. Immaginando che questo si collochi in un contesto di promozione e non già di obbligo, e che possa però essere accompagnato da un sistema di verifica e di controllo da parte di un sistema nazionale che ne garantisca la qualità, il rispetto e la validità a tutti i mercati.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confartigianato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Confartigianato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi. Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in Pag. 14modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Bruno Panieri, direttore politiche economiche di Confartigianato, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di dieci minuti circa. Prego, dottor Bruno Panieri.

  BRUNO PANIERI, direttore Politiche economiche di Confartigianato. Grazie presidente. Grazie onorevoli della Commissione per averci voluto ascoltare in audizione.
  Cercherò di seguire il suo invito a sintetizzare il contenuto di un documento ampio, che credo vi sia già stato trasmesso dalla mia organizzazione e che credo sia stato messo a disposizione degli onorevoli parlamentari.
  «Gli italiani seppero con l'imprenditorialità, con la laboriosità, con lo studio nelle scuole e nelle botteghe produrre cose che piacquero al mondo, seppero aggiungere valore alle risorse primarie di cui l'Italia scarseggiava».
  Sono le parole dello storico dell'economia Carlo Maria Cipolla, che meglio di altri seppe descrivere il made in Italy come innegabilmente parte integrante della nostra identità culturale e della nostra storia. Non sono parole retoriche dire che il made in Italy è un modo di vivere, di pensare, di credere, di agire, di intraprendere, di produrre, di modificare il mondo intorno a noi, di conquistare il mondo intorno a noi. Non soltanto un prodotto bello e ben fatto, ma un vero e proprio ecosistema da valorizzare e salvaguardare come centrale all'interno delle nostre politiche industriali.
  Il made in Italy si basa su uno stretto rapporto fra imprese e territorio. L'imprenditoria italiana tradizionalmente sappiamo che è caratterizzata da un connubio di vita e lavoro, persona e organizzazione, fantasia e creatività, unite da un'efficienza e da una flessibilità che consentono un continuo adeguamento alle richieste del mercato. Di questo mondo è protagonista principale l'impresa diffusa, la micro impresa, la piccola impresa, l'impresa artigiana.
  Quello che caratterizza il made in Italy è anche il gusto, il gusto italiano, ovvero la capacità di aggiungere l'utile al bello. In tal senso possiamo affermare che il made in Italy non è soltanto un prodotto creato in Italia ma un modo di vivere, uno stile di vita italiano che si diffonde sempre più nel mondo.
  Secondo gli apprezzamenti del consumatore i prodotti italiani sono apprezzati non solo per le caratteristiche qualitative, ma soprattutto perché riescono a incorporare un'esperienza emozionale che è un fattore caratterizzante, che ha un ruolo fondamentale per il mantenimento della competitività del prodotto made in Italy.
  Le imprese artigiane in Italia sono un milione e 300 mila e danno lavoro a oltre 2 milioni e 600 mila addetti tra titolari, collaboratori, lavoratori e dipendenti. L'artigianato, come è noto, è presente in tutti i settori manifatturieri e di servizio. L'artigianato italiano è protagonista e sta vivendo una seconda vita di trasformazione, che è in grado di rigenerare i mestieri tradizionali adeguandoli costantemente ai cambiamenti che il mercato richiede. Ma ancor di più che l'artigianato, il valore artigiano scorre nelle vene di oltre 4 milioni di micro e piccole imprese italiane che danno lavoro a più di 10 milioni di addetti, che sono la vera anima del made in Italy.
  Le micro imprese italiane sono un terreno fertile per il capitale umano giovane e per l'impresa femminile, sono un luogo di integrazione per gli stranieri, sono un presidio economico e sociale fondamentale contro il declino delle nostre aree interne e montane. Sono depositarie di storia, arte e cultura, come accade nelle 288 mila imprese artigiane addette all'artigianato artistico.
  Il valore artigiano anima anche l'impegno green, lo sforzo verso la transizione verde: 99 mila piccole imprese e 304 mila addetti nelle filiere delle energie rinnovabili; oltre 490 mila imprese addette alle filiere dell'installazione di impianti e dell'edilizia; oltre 70 mila imprese nella mobilità sostenibile e in generale più del 60 per cento delle piccole imprese e delle micro imprese, attiene il rispetto dell'ambientePag. 15 e delle politiche green come fondamentali per l'esercizio della propria attività.
  Le micro imprese sono protagoniste essenziali delle politiche a chilometro zero, dell'approvvigionamento nelle filiere corte.
  In una recente ricerca del Censis «L'Italia tra dieci anni», l'importante istituto di ricerca italiano afferma che le imprese artigiane creano non soltanto valore economico ma anche sociale, perché praticano nel concreto sostenibilità e innovazione tecnologica operano come attori vitali delle comunità, creano occupazione, promuovono coesione e inclusione sociale. Insomma, garantiscono nel complesso la buona qualità della vita degli italiani.
  Le imprese artigiane e le micro imprese hanno saputo prima e meglio di altri affrontare la sfida di nuovi valori, con particolare riferimento alla sostenibilità in senso ampio e alla capacità di innestare nella propria attività di impresa, dalla produzione al rapporto con il mercato, le opportunità offerte dal digitale.
  Nelle parole del Censis viene rimarcato il fatto che tutto questo deve essere sostenuto con interventi che facciano del sistema di impresa diffusa di territorio il cuore per la nuova politica industriale. Per questo abbiamo apprezzato le misure contenute nella legge di bilancio, a proposito ad esempio dell'inserimento e della creazione del Fondo per il made in Italy, che assume il carattere di un contenitore stabile di programmi e progetti che consentono di adattarsi, a seguito poi di quelli che saranno i provvedimenti attuativi, alle necessità dei comparti produttivi seguendo le specifiche esigenze di ogni singola filiera.
  Così come abbiamo apprezzato l'istituzione del Fondo per la sovranità alimentare, destinato a sostenere tutti quegli interventi a tutela e valorizzazione del cibo italiano.
  Da questo punto di vista un primo richiamo lo facciamo al fatto che purtroppo quel provvedimento non prende in considerazione la manifattura agroalimentare di prossimità e considera soltanto la filiera agroalimentare. Ecco, dal nostro punto di vista questo errore a nostro avviso deve essere corretto, riferendosi correttamente, come già fa la legge n. 61 del 2022, anche ai prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e a quelli provenienti dalla filiera corta.
  Per quanto riguarda l'export sappiamo come nel 2021 questo abbia superato, per quanto attiene l'apporto delle micro e piccole imprese, del 7,5 per cento i livelli prima della pandemia. Per questo riteniamo che bisogna concentrarsi sul sistema della micro e piccola impresa con risorse dedicate a carattere continuativo e strutturale: ne sono state un esempio di successo il voucher digitale e il temporary export manager, così come il bonus export digitale. Tutti strumenti che andrebbero riproposti, a nostro avviso, in una logica appunto di continuità e di strutturalità, così come riteniamo che almeno il 50 per cento delle risorse stanziate per il sostegno all'export debba essere orientato e dedicato al sistema delle piccole imprese.
  Da ultimo servirebbe, sempre per l'export, la specializzazione di un soggetto pubblico dedicato in modo particolare ai meccanismi di incentivazione e di agevolazione del sistema dell'impresa diffusa di territorio.
  Qualche considerazione sulla regolamentazione del made in Italy. Ecco, noi siamo stati sempre molto perplessi rispetto a provvedimenti normativi di regolamentazione che rendano riconoscibile il prodotto italiano. Noi riteniamo che individuare in modo regolamentare il made in Italy e i prodotti del made in Italy possa rischiare di fissare uno standard minimo che rischia di dequalificare le produzioni.
  La risposta secondo noi deve essere di tipo organizzativo e di servizio, valorizzando le scelte imprenditoriali verso l'innovazione, verso la qualificazione dei prodotti, soprattutto verso l'orientamento dei consumatori, in una logica di rete e in una logica di ecosistema, per esempio attraverso la valorizzazione dei sistemi di tracciabilità delle merci.
  Altro discorso invece riguarda il marchio «cento X cento fatto in Italia». Riteniamo che questo potrebbe essere uno strumento obiettivamente utile a salvaguardia Pag. 16dell'origine dei prodotti, per garantire al consumatore che i prodotti siano realizzati integralmente nel nostro Paese, ovviamente come marchio volontario che le imprese possono impiegare nei loro processi commerciali.
  Non è una novità che uno dei fronti principali per la valorizzazione e la salvaguardia del made in Italy sta nella lotta alla contraffazione e nelle politiche di contrasto al fenomeno. Da questo punto di vista noi riteniamo che ci sia molto da fare ancora per l'orientamento del consumatore e per l'educazione della domanda, cercando di spostare l'attenzione del consumatore su quei prodotti che sono difficilmente aggredibili dalla contraffazione proprio perché incorporano quei valori di ecosistema di cui ho parlato in premessa.
  Il commercio dei beni contraffatti è qualcosa che fa molto male al mercato ma fa molto male anche l'economia dello Stato. Rappresenta ovviamente un illecito, contribuisce al dilagare della criminalità, concorre all'evasione fiscale, alimenta il lavoro nero, costituisce un potenziale pericolo per la salute e l'incolumità dei consumatori. Per questa ragione riteniamo che debba essere contrastato fortemente il fenomeno, non debba essere sottovalutato come spesso nell'opinione collettiva e nel sentire comune è fatto.
  Un elemento particolare e specifico della contraffazione è il cosiddetto italian sounding. Questo fa malissimo a quelle che sono le specificità dei nostri prodotti di made in Italy, soprattutto quando questi vengono imitati in modo grottesco e goffo da parte di competitor che evidentemente cercano di puntare sul costo piuttosto che sulla qualità del prodotto.
  Il fenomeno è particolarmente sentito nel tessile, abbigliamento, calzature e nell'agroalimentare, ma tocca anche il settore cosmetico, piuttosto che l'occhialeria, piuttosto che il settore casa dove la contraffazione è presente nella produzione di rubinetti, articoli per doccia, raccorderie, che risultano contraffatti e soprattutto risultano spesso contaminati da alti valori di piombo e cromo oltre le soglie tollerate dalla legge, quindi gravemente tossici per l'uomo.
  Siamo consapevoli che, per fare in modo che questo fenomeno possa essere contrastato, i consumatori debbano assumere piena consapevolezza delle conseguenze devastanti che il fenomeno produce. È necessario informarli e sensibilizzarli, soprattutto promuovendo campagne di comunicazione sui danni economici e sui rischi che corrono acquistando merci contraffatte.
  L'ultima parola la vogliamo riservare all'Infrastruttura nazionale per la qualità. La Infrastruttura nazionale per la qualità è uno strumento essenziale per la salvaguardia delle specificità produttive nel nostro Paese e comprende i sistemi di certificazione accreditata, i sistemi di normazione e standardizzazione normativa, i sistemi di vigilanza del mercato. Serve sempre più rafforzare una politica coesa e una politica complessiva che coordini le attività di tutti i soggetti che sono coinvolti nella Infrastruttura nazionale della qualità, questo a tutela e a salvaguardia del controllo del mercato non soltanto per gli aspetti appunto più immediatamente legati all'immagine dei prodotti, ma quelli più immediatamente legati alle caratteristiche qualitative.
  Per questo riteniamo che debba essere garantito un controllo al 100 per cento delle certificazioni rilasciate da sistemi non accreditati dal nostro Ente unico di accreditamento.
  Io ho terminato e sono disponibile per la Commissione, per le vostre eventuali domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FABIO PIETRELLA. Grazie direttore Panieri. Ho letto con attenzione le sue argomentazioni. Io ho tre considerazioni/domande da farle, le chiedo di essere molto sintetico anche se sono molto importanti.
  Riguardo il tema del Fondo sul made in Italy, quali possono essere le proposte di Confartigianato riguardo l'attivazione di questa implementazione.Pag. 17
  Poi ho letto una certa criticità riguardo il Fondo della sovranità alimentare, che attiene al momento solo la filiera agricola e andrebbe, secondo la vostra posizione, «traslato», insomma che tenga conto anche della trasformazione manifatturiera. Qualche considerazione in questo senso per noi è molto gradita.
  Ultimo punto riguardo alla contraffazione e alla tracciabilità, qual è la posizione di Confartigianato riguardo l'etichetta parlante o comunque un sistema di blockchain per la tracciabilità dei prodotti. Grazie.

  BRUNO PANIERI, direttore Politiche economiche di Confartigianato. Grazie presidente. Onorevole Pietrella, per quanto attiene all'indirizzo del Fondo made in Italy. Come dicevo nel mio breve intervento, ma come scriviamo anche nella relazione, noi l'abbiamo apprezzato particolarmente perché fissa un punto fermo di attenzione alle politiche del made in Italy. Direi che dà significato al cambiamento di nome del Ministero, che adesso si chiama Ministero per le imprese e per il made in Italy.
  Questo per noi è molto rassicurante, proprio perché concentra l'attenzione del Governo sulla problematica che abbiamo cercato di descrivervi. Le risorse al momento stanziate evidentemente sono risorse esigue e tengono conto dei vincoli di bilancio che avevamo nell'organizzazione dell'ultima legge finanziaria. Però questo può diventare un elemento importante che dà continuità a una serie di interventi di promozione, valorizzazione e salvaguardia del made in Italy, che noi riteniamo possano essere oggetto di una politica definita di orientamento e di indirizzo di uno specifico fondo. Non quindi interventi spot o frastagliati in mille rivoli e in mille incentivi, ma concentrati in un contenitore di politica industriale che si chiama Fondo per il made in Italy.
  Stessa cosa vale per il Fondo della sovranità alimentare, che come lei ha giustamente rilevato (e ho fatto presente nella mia relazione) purtroppo ha il limite in questo momento di essere riservato alla sola filiera agricola. Noi dobbiamo invece immaginare la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione del cibo italiano fortemente integrata con la prima trasformazione e il manifatturiero di prossimità a chilometro zero. È una componente essenziale della qualità e della caratteristica del cibo italiano, per cui riteniamo che correttamente, come ha già fatto una legge dello Stato, la legge n. 61 del 2022, che reca norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, ha contemplato non soltanto la filiera agricola ma ha preso in considerazione anche la manifattura e la trasformazione agroalimentare.
  Da questo punto di vista serve una modifica normativa, perché evidentemente la legge è stata emanata con questa limitazione, e noi auspichiamo che anche negli indirizzi che voi potrete dare a termine di questa indagine conoscitiva, di questo aspetto si possa fare tesoro ed eventualmente suggerire al Governo o al Parlamento stesso un intervento correttivo che reintegri la prima trasformazione nell'ambito della filiera.
  L'ultima domanda sulla politica di contrasto alla contraffazione. Ci vedono assolutamente favorevoli all'introduzione dell'etichetta parlante, alla introduzione di strumenti che consentano al consumatore di capire che cosa ha di fronte quando manipola e considera l'acquisto di un prodotto, soprattutto di tutti quei prodotti che hanno poi influenza o possono avere comunque conseguenze negative rispetto alla sua salute. E quindi da questo punto di vista tutto ciò che aiuta gli imprenditori a dire come fa le cose e al consumatore a capire come l'imprenditore le fa, e quindi a capire che cosa ha di fronte, per noi è benvenuto.
  Dobbiamo però stare attenti a fare in modo che queste cose avvengano nel mercato e con processi di accompagnamento dei sistemi produttivi. Sono cose che, per quanto riguarda le micro e piccole imprese, devono essere fatte in una logica di comparto, in una logica di integrazione e di cooperazione interaziendale. Le filiere devono potersi parlare e da questo punto di vista purtroppo dobbiamo rilevare come tentativi, anche coraggiosi e interessanti che nel passato sono stati tentati, alla fine sono stati abbandonati e questo evidentemente a detrimento di quello che poi è Pag. 18un'esigenza, che noi appunto sosteniamo da tempo, di valorizzazione della dichiarazione delle caratteristiche del prodotto verso i consumatori.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Confartigianato intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Confartigianato (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Confesercenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Confesercenti, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi. Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Vittorio Messina, Vicepresidente nazionale, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di dieci minuti circa.

  VITTORIO MESSINA, Vicepresidente nazionale di Confesercenti. Onorevole presidente, onorevoli componenti della Commissione buongiorno e grazie per avere coinvolto in questa vostra indagine conoscitiva sul made in Italy la Confesercenti.
  Io cercherò di incentrare il mio intervento, e cercherò di restare sui tempi, sul turismo che è per sua natura un settore trasversale all'intera economia e costituisce la prima vera porta di accesso per promuovere il made in Italy e le sue eccellenze.
  Si viene in Italia perché l'Italia è il Paese della moda, si viene in Italia per l'immenso patrimonio agroalimentare, perché in Italia si mangia bene. E gli ultimi dati ufficiali confermano questa nostra affermazione perché nel quadriennio 2015-2019 il settore dei viaggi ha generato un saldo positivo, tra import ed export, di 76 miliardi e mezzo. Un dato importante che assume una maggiore importanza se lo si paragona ad altri comparti, ad altri settori tradizionali del nostro import ed export italiano. E mi riferisco all'abbigliamento, che genera nello stesso periodo un saldo positivo di 44 miliardi e mezzo; o i mobili, altro comparto tradizionale che invece nello stesso periodo ne genera 37 miliardi e mezzo. Per non parlare dell'agroalimentare che invece chiude con un saldo negativo di 29 miliardi.
  Nel periodo di riferimento, quindi in questo quadriennio, il settore turistico ha contribuito per il 34 per cento al saldo della bilancia commerciale, generando come dicevo un saldo di 76 miliardi e mezzo su un totale di 238 miliardi.
  Poi c'è stata la crisi pandemica, crisi pandemica che è intervenuta in Italia, è intervenuta in tutti gli altri Paesi europei e nel mondo. E nonostante ciò il comparto del turismo, secondo i dati più recenti, ha chiuso il 2022 sfiorando i 400 milioni di presenze, quindi determinando un più 38 per cento rispetto ai risultati che avevamo raggiunto nel 2021.
  Il comparto determina questo trend positivo grazie al ritorno delle presenze dei turisti stranieri, che sono tornati in Italia seppur con ancora limitate presenze da parte degli extra europei, molti gli europei, ma che hanno certamente dato un grande valore.
  Appare chiaro quindi in questo contesto che l'Ho.Re.Ca e le professioni turistiche con il loro lavoro fanno crescere il prestigio del brand Italia, l'economia del nostro Paese. Allora noi, che operiamo nel comparto del turismo, possiamo definirci dei veri e propri ambasciatori dell'Italia nel mondo; e il sistema turistico si conferma, adesso proprio nell'era post-Covid, quando stiamo ancora cercando di uscire da questa crisi devastante, la prima voce dell'export, la principale leva della promozione del made in Italy.
  Noi riteniamo l'avvio dell'indagine che oggi voi state portando avanti un'ottima iniziativa, un'iniziativa importante per dare un nuovo impulso a questo comparto che riteniamo rappresenti e abbia la stessa e la Pag. 19pari dignità del commercio, la pari dignità dell'artigianato e dell'agricoltura.
  Noi speriamo che a seguito di questi incontri il Governo intervenga e metta mano alle grandi riforme, mi riferisco alle riforme del fisco, del mercato del lavoro e soprattutto della sburocratizzazione, quindi alla semplificazione e alla regolamentazione.
  Soprattutto noi ci aspettiamo che venga messa in campo una strategia nazionale di investimenti che siano mirati alla valorizzazione del brand Italia; e il recovery plan è un'occasione per noi imperdibile per ricostruire il sistema Italia, per cercare di creare delle condizioni di competitività che si rivolgano e coinvolgano tutte le imprese.
  Vedete, noi abbiamo la necessità che si operi un riposizionamento del sistema Paese ma soprattutto del sistema e dell'offerta turistica, e in questo senso occorre un grande investimento per la riqualificazione degli aeroporti, per la riqualificazione del sistema ferroviario. Noi nel turismo portiamo sempre un esempio della tratta che collega Trapani con Ragusa, in Sicilia, che si percorre in 13 ore con tre cambi, e parliamo di circa 400 chilometri.
  Quindi gli obiettivi da perseguire sono certamente il rafforzamento della competitività delle imprese, investendo sulla riqualificazione e sul miglioramento dello standard dell'ospitalità. Perché, vedete, il patrimonio alberghiero italiano non ha uguali, sia alberghiero che extralberghiero: sia come numero – è numericamente più elevato rispetto a tutti gli altri Paesi – che, soprattutto, per quanto riguarda il numero dell'ospitalità e degli alberghi a cinque stelle, di lusso.
  Questo eccessivo numero che fa dell'Italia la prima per accoglienza, certamente determina un aspetto negativo che è quello dell'eccessiva lentezza del sistema ad adeguarsi, a migliorarsi, a riqualificarsi rispetto a un prodotto, che è quello del brand Italia, che invece necessita di riposizionare e avere l'offerta, soprattutto turistica, sempre all'avanguardia.
  Abbiamo anche la necessità che vengano sviluppati nuovi processi della brand identity, che siano volti a migliorare la qualità dei servizi con una digitalizzazione a 360 gradi e una riqualificazione dei prodotti e dei servizi, che devono collocare il comparto un passo più avanti.
  Dobbiamo procedere a un'analisi attenta di quelli che sono gli scenari futuri, per poterli interpretare ed essere veramente autentici interpreti del cambiamento, prima che questo intervenga.
  Un ultimo aspetto che ci preme di più è quello di armonizzare le leggi regionali sul turismo. Proprio perché il settore turismo è trasversale le leggi regionali sono altrettanto non trasversali – ma veramente entriamo in un ginepraio –, tanto che spesso vengono a mortificare, vengono a limitare lo sviluppo del brand Italia, lo sviluppo di quello che deve essere il made in Italy.
  E quindi concludo, per restare nei tempi e per raccogliere l'invito dell'onorevole presidente di sintetizzare il documento (che depositeremo agli atti).
  Noi vogliamo ancora una volta segnalare come Confesercenti che riteniamo positiva l'istituzione del Comitato made in Italy nel mondo e anche l'incontro che c'è stato il 26 gennaio dove si è discusso dei prossimi incontri, il Giubileo 2025 e anche la candidatura di Roma ad Expo 2030.
  Ecco, questi sono elementi importantissimi di promozione del made in Italy dove dobbiamo porre tutta la nostra attenzione, perché ad esempio Roma Expo 2030 significa non solo riaffermare la centralità della nostra capitale, ma anche e soprattutto riaffermare la centralità di tutta l'intera penisola italiana rispetto a tutti i nostri altri competitor. Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento da parte dei membri della Commissione, ringrazio il rappresentante di Confesercenti intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Confesercenti (vedi allegato 3) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

Pag. 20

ALLEGATO 1

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

ALLEGATO 2

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32

Pag. 33

Pag. 34

Pag. 35

Pag. 36

Pag. 37

Pag. 38

Pag. 39

Pag. 40

Pag. 41

Pag. 42

Pag. 43

Pag. 44

Pag. 45

Pag. 46

Pag. 47

Pag. 48

Pag. 49

Pag. 50

Pag. 51

Pag. 52

Pag. 53

Pag. 54

Pag. 55

Pag. 56

Pag. 57

Pag. 58

Pag. 59

Pag. 60

Pag. 61

Pag. 62

Pag. 63

Pag. 64

Pag. 65

Pag. 66

Pag. 67

Pag. 68

Pag. 69

Pag. 70

Pag. 71

Pag. 72

Pag. 73

Pag. 74

Pag. 75

Pag. 76

Pag. 77

Pag. 78

Pag. 79

Pag. 80

Pag. 81

Pag. 82

Pag. 83

Pag. 84

Pag. 85

Pag. 86

Pag. 87

Pag. 88

Pag. 89

Pag. 90

Pag. 91

Pag. 92

Pag. 93

Pag. 94

Pag. 95

Pag. 96

Pag. 97

Pag. 98

Pag. 99

Pag. 100

Pag. 101

Pag. 102

Pag. 103

Pag. 104

Pag. 105

Pag. 106

Pag. 107

Pag. 108

Pag. 109

Pag. 110

Pag. 111

Pag. 112

Pag. 113

Pag. 114

Pag. 115

Pag. 116

Pag. 117

Pag. 118

Pag. 119

Pag. 120

Pag. 121

Pag. 122

Pag. 123

Pag. 124

Pag. 125

Pag. 126

Pag. 127

Pag. 128

Pag. 129

Pag. 130

Pag. 131

Pag. 132

Pag. 133

Pag. 134

Pag. 135

Pag. 136

Pag. 137

Pag. 138

Pag. 139

Pag. 140

Pag. 141

Pag. 142

Pag. 143

Pag. 144

Pag. 145

Pag. 146

Pag. 147

Pag. 148

Pag. 149

Pag. 150

Pag. 151

Pag. 152

Pag. 153

Pag. 154

Pag. 155

Pag. 156

Pag. 157

Pag. 158

Pag. 159

ALLEGATO 3

Pag. 160

Pag. 161

Pag. 162