XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 153 di Mercoledì 23 marzo 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, Stefano Masini (gli auditi saranno in videoconferenza) .
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Briziarelli Luca  ... 5 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 6 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 6 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 10 
Nugnes Paola  ... 11 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 13 
Berardini Fabio (CI)  ... 13 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 13 
Berardini Fabio (CI)  ... 13 
Masini Stefano , Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, Stefano Masini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del responsabile area ambiente e territorio di Coldiretti Stefano Masini. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti e dell'abbandono dei rifiuti con particolare riferimento ai flussi illeciti di fanghi prodotti dai depuratori delle acque reflue urbane. Al riguardo la Commissione è interessata ad acquisire dati ed elementi informativi sull'utilizzo dei fanghi come fertilizzanti in agricoltura anche con riferimento alle criticità e a eventuali esigenze normative. Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta quindi invito il nostro ospite a svolgere una propria relazione iniziale e poi eventualmente io e i miei colleghi le faremo qualche domanda specifica o di approfondimento.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Grazie, presidente. Torno a ringraziarla per questa opportunità di essere auditi come Coldiretti su un tema di cospicua rilevanza sia in termini di opportunità – in ragione della sostituzione di fertilizzanti di origine chimica con ammendanti naturali – sia per quanto riguarda la sorveglianza delle modalità di spandimento. Su questi due elementi mi permetto di svolgere qualche breve considerazione avendo già inviato un documento scritto nel quale noi consegniamo più meditate riflessioni che possono eventualmente essere utili al suo lavoro. Soprattutto in questo momento in cui si discute dell'aumento del costo dei fertilizzanti, la valorizzazione di forme di economia circolare – in particolare attraverso il riutilizzo in agricoltura di fanghi, ammendanti e correttivi – può essere un contributo valido alla soluzione dell'approvvigionamento di concimi a un prezzo ragionevole e comunque in quantità disponibili e sufficienti. Da questo punto di vista, accanto ai fanghi oggetto di una risalente disciplina, penso che sia importante anche associare la previsione di impiego, a partire dal prossimo anno, con riguardo alle acque di scarico degli impianti di utilizzo di acque reflue urbane. Credo che l'agricoltura sia responsabilmente impegnata a fare la propria parte nel porsi come adeguato recapito di questi sottoprodotti; tuttavia noi lamentiamo la scarsa considerazione da parte del legislatore nel costruire un'intelaiatura normativa adeguata. Faccio riferimento all'anno di adozione della disciplina in materia di fanghi, il 1992. Ebbene questo decreto legislativo di recepimento di una direttiva appare oggi obsoleto, in relazione anche all'evoluzione in termini di princìpi, misure e strumenti che il codice dell'ambientePag. 4 ha subìto nel tempo. Per cui è apparsa una grave omissione quella del legislatore attraverso la previsione di introdurre una nuova normativa contenuta nella legge di delegazione 4 ottobre 2019, n. 117 per il seguente motivo: dal punto di vista operativo esistono approfondite, numerose e molteplici indicazioni e segnalazioni della Direzione investigativa antimafia che mettono in rilievo la facilità di un impiego non pertinente, o comunque aggirando le modalità previste, con la capacità di inquinare i terreni agricoli. Credo che le ragioni siano contenute già all'interno del disposto normativo. Io chiaramente non voglio dilungarmi perché immagino che siano cose note, ma lo stesso prodotto può essere utilizzato come rifiuto o come ammendante modificando semplicemente il trattamento tecnologico (ad esempio aggiungendo calce e producendo gesso di defecazione). Questo fa sì che un materiale in entrata qualificato come rifiuto sia assolto da qualsiasi onere nelle fasi successive d'impiego. Questo chiaramente rende molto facile l'aggiramento della disciplina e su questa differenza credo che occorra insistere. Se un fango è trattato come rifiuto, noi abbiamo la possibilità di prevedere delle analisi periodiche dei fanghi in ingresso all'impianto che sia autorizzato ai fini dello smaltimento. Abbiamo la possibilità di avere delle analisi almeno trimestrali del fango trattato e le analisi biennali dei terreni che siano utilizzati per la distribuzione. Se invece noi gestiamo attraverso la liquidazione con calce o con acido solforico materiali che assumono natura di correttivi quali i gessi di defecazione, la gestione amministrativa come prodotto esclude la possibilità di controllare. Se noi facciamo caso agli esiti delle operazioni di polizia giudiziaria, ci rendiamo conto anche della facilità con cui sono stati messe a punto condotte frodatorie o comunque determinanti anche un danno ambientale proprio in ragione della mancanza di tracciabilità delle matrici disciplinate dal decreto legislativo 14 luglio 2000, n. 75. In mancanza di un quadro di riferimento certo si moltiplica ancora, nel periodo più a noi vicino, la classificazione di materiali che destano qualche preoccupazione. Faccio riferimento all'ultimo decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali che introduce nell'allegato 1 del decreto legislativo n. 75, nella categoria degli ammendanti, alcuni prodotti ottenuti da digestati da trattamento anaerobico di fanghi agroindustriali. Fin qui l'omogeneità della matrice potrebbe lasciare intendere che si tratta di sottoprodotti utili, ma aggiungendo, in modo indifferenziato, i rifiuti di attività agroindustriale, non è precisata la natura del rifiuto di attività industriale. Mancano elementi di conoscibilità sia per la pubblica amministrazione ai fini dell'effettuazione dei controlli, sia per quanto riguarda l'impiego in agricoltura, anche per verificare la compatibilità della materia prima con la composizione del terreno, la sua tessitura, la capacità di assorbimento delle materie prime. Ci troviamo di fronte a degli elementi d'improprio utilizzo.
  Si può anche aggiungere che qualche regione in effetti ha tentato di intervenire. Ad esempio ricordo, sempre nel periodo più recente, la Lombardia con legge regionale 8 luglio 2020, n. 15 che ha consentito di estendere ai gessi di defecazione, carbonati di calcio da defecazione, le stesse regole di tracciabilità previste in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione. Credo che l'approccio di questa disciplina sia stato accordato al principio di precauzione proprio rispetto al mancato intervento del legislatore nazionale. Tuttavia l'Ufficio legislativo del Ministero della transizione ecologica (MITE) ha emendato con un parere contrario per violazione della competenza regionale questa previsione rafforzativa degli oneri d'intervento. Ricordo ancora una proposta di legge in corso di discussione in Veneto proprio in questi giorni: si escludono i fanghi prodotti all'interno del territorio regionale da qualsiasi onere amministrativo mentre si introducono oneri supplementari per i fanghi provenienti da altre regioni. Questo potrebbe avere una sua logica nel controllare i flussi anche secondo un orientamento legato a pronunce della Corte costituzionale in materia di rifiuti; però non è assolutamente ammissibile deregolamentare i fanghi prodotti a livello Pag. 5regionale. Per questo noi esprimiamo da un lato la disponibilità ad accogliere i fanghi in termini di circolarità perché obiettivamente può essere un'opportunità: laddove sono ben organizzate le filiere di spandimento, gli agricoltori conseguono dei vantaggi e dei benefici economici nella qualità della struttura produttiva. Dall'altro lato sulla bilancia grava la preoccupazione che attualmente noi non abbiamo un tessuto normativo in grado di rispondere a questa preoccupazione. Ci piacerebbe che quando i fanghi circolano magari sono trasportati in un camion – potessero avere una carta d'identità, un formulario d'identificazione. Nell'assimilazione alla gestione dei rifiuti attraverso i sistemi informatizzati occorrerebbe una banca dati parallela dove poter rinvenire tutti gli elementi di conoscenza dalla partenza: dalla fonte, l'origine e la natura del fango – sulla quale credo che occorra migliorare le prestazioni degli stessi impianti di gestione – fino allo spandimento. Quando ci è stato chiesto, abbiamo anche anticipato che sarebbe importante spandere i fanghi con un sistema satellitare di posizionamento globale (GPS) proprio per avere trasparenza nel procedimento e consentire agli organi di controllo di effettuare tutte le loro verifiche necessarie. In caso di mancanza di adesione ai parametri previsti l'agricoltore subisce un danno, rispetto non solo all'inquinamento del terreno con difficoltà di bonifica, ma anche con pregiudizio della commercializzazione dei prodotti. Grazie.

  PRESIDENTE Grazie a lei, passo la parola al senatore Briziarelli.

  LUCA BRIZIARELLI. Una prima considerazione, poi mi riservo di intervenire nuovamente. Intanto vorrei ringraziarla per la chiarezza e la nettezza di alcune delle affermazioni e delle criticità che ha segnalato: questo a riprova della correttezza della scelta dei soggetti da audire e di come farci un'idea complessiva. Gli agricoltori e la qualità dei nostri prodotti sono i primi a essere danneggiati da un eventuale sviamento, forzatura della norma fra una corretta, auspicabile e utile circolarità e una sua fraudolenta e scorretta strumentalizzazione tanto da portare a una serie di illeciti e a tutta una serie di conseguenze. Ritenevo giusto farne menzione visto che Coldiretti, dal presidente Prandini in giù, è spesso netta nelle prese di posizione. Ho una prima domanda. Mi pare di comprendere che a determinate condizioni voi siete favorevoli a un utilizzo dei fanghi in agricoltura purché se ne comprenda la tracciabilità e ci siano garanzie sulla provenienza e sulle quantità utilizzate. Non so se questa può essere una semplificazione eccessiva però vorrei capire. C'è una seconda questione che lei ha già trattato, ma che vorrei rendere più esplicita. Lei ritiene necessario un intervento correttivo e di puntualizzazione relativamente al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, per quanto riguarda la definizione di fanghi provenienti da attività agroindustriale, ce l'ha detto chiaramente. A suo giudizio quale sarebbe la correzione da chiedere e apportare affinché sia possibile perseguire la circolarità dell'utilizzo dei fanghi, ma allo stesso tempo evitare rischi? Terza domanda, Lei faceva riferimento anche all'utilizzo delle acque recuperate in agricoltura, ma non ha approfondito. Vuole dirci qualcosa in più visto al riguardo? Noi non l'abbiamo inserita nell'oggetto stringente dell'inchiesta e dell'audizione però lei ne ha parlato affermando che in un prossimo futuro ritenete utile anche la possibilità di riutilizzo delle acque in agricoltura. Se ci sono rischi, difficoltà e perplessità relativamente ai fanghi, io credo che prima di andare ad aprire in maniera non dico indiscriminata, ma eccessivamente ampia la questione delle acque, forse sarebbe il caso di porsi a monte e non a valle la questione della provenienza e dei livelli di determinate sostanze contenute nelle acque stesse. Per completezza, ma penso che lo sappia già, su una serie di temi il Parlamento si sta muovendo. Da un lato c'è la legge sulle sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) che è incardinata al Senato e rispetto alle competenze di questa Commissione c'è il lavoro per quanto riguarda il settore agricolo e agroalimentare. L'attenzione della Commissione e del Parlamento non si limita all'audizionePag. 6 e all'inchiesta, ma anche alla possibilità di partecipare a livello legislativo a un percorso che è sicuramente fondamentale e che le associazioni di categoria e le associazioni ambientaliste hanno più volte manifestato come necessario.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. A mio avviso il tema dei fanghi è destinato a legarsi – quando entrerà in vigore il prossimo anno il nuovo regolamento in materia di acque reflue – al riutilizzo in agricoltura. Ancora una volta siamo dentro la logica dell'economia circolare attraverso la possibilità di riutilizzo di sostanze che, se opportunamente trattate, possono trovare in agricoltura una valorizzazione. Credo che sia importante mettere in gioco anche un nuovo rapporto tra città e campagna rispetto alla difficoltà di approvvigionamento di acqua per le coltivazioni con il cambiamento climatico che mostra tutta una serie di disagi. Per questo risulta importante garantire un processo qualitativo di destinazione irrigua delle acque delle città in modo da rendere disponibile un quantitativo adeguato e in questo senso la mia era soltanto una previsione di rimando. Allo stesso modo oggi i fanghi – il senatore ha correttamente sottolineato il tema – rientrano in una disponibilità dell'agricoltura a utilizzarli, quando esiste una tracciabilità dei sottoprodotti. Ricordiamo che proprio in queste ore avete approvato in Parlamento – per questo Coldiretti ha sentitamente ringraziato attraverso il presidente Prandini – un importante emendamento sull'equiparazione del digestato. Vale a dire, ancora una volta, che si introduce la possibilità di utilizzare per la fertilizzazione dei terreni – a determinate condizioni che dovranno essere stabilite in un apposito decreto – sottoprodotti provenienti dalla gestione di impianti di biogas e biometano. C'è un percorso, un itinerario, una scelta dell'agricoltura di stare dentro la logica di economia circolare però a determinate condizioni. Nel 2020 e nel 2021 – è stato un lungo percorso – abbiamo lavorato insieme alle amministrazioni delle politiche agricole e dell'allora ambiente su un testo di attuazione della direttiva europea 12 giugno 1986, n. 278 in materia di utilizzazione agronomica dei fanghi. Purtroppo questo lavoro sostanziale e approfondito è stato fatto cadere e non le saprei dire quali siano le ragioni. Forse sarebbe importante riprenderlo e qui troviamo tutte le risposte alle esigenze che noi vorremmo rappresentare, anche a partire dai controlli che non possono essere tuttora affidati al personale delle province. Io credo che da questi dettagli di una normativa antecedente dovremmo trarre delle conseguenze per alimentare una necessaria revisione dalle competenze fino alle sanzioni. Un altro rilievo del Parlamento in questo periodo è l'inserzione dell'ambiente nella nostra Costituzione. Credo che a cascata questo dovrebbe consentirci il recupero di tutte le previsioni – anche sanzionatorie – che non possono essere semplicemente amministrative in caso di violazione della disciplina: si tratta del pregiudizio di beni fondamentali per la collettività che intrecciano spesso ambiente, salute, sicurezza alimentare e tutela dell'integrità sistemica. In quel testo – presidente, magari lei lo rintraccia con facilità, ma sono disponibile a inviarlo – erano state introdotte tutte le misure, soprattutto amministrative, per garantire – alla stregua della disciplina del rifiuto – il controllo della destinazione. Il punto chiave (mi ripeto e mi scuserete) è la derubricazione, al netto di certi procedimenti tecnologici, del fango considerato rifiuto a correttivo cioè ammendante e quindi fertilizzante privo di qualsiasi regolamentazione.
  Questo è un vulnus perché non è consentito più a nessuno verificarne quantità, destinazione caratteristiche, matrici e semplicemente aggiungendo calce o anidride solforosa per caratterizzare come gesso il sottoprodotto.

  ALBERTO ZOLEZZI. Sono contento per alcune cose che ha detto il dottor Masini. Sono contento del confronto e di sentire la parte tecnica di Coldiretti su questioni che politicamente sono portate avanti da tempo. La mancata tracciabilità dei fanghi trasformati in gessi è qualcosa che purtroppo grida vendetta dal punto di vista ambientale e speriamo di arrivarci presto. Io volevo chiederle quante aziende vostre consorziatePag. 7 hanno utilizzato o utilizzano gesti di defecazione o altri correttivi da fanghi e se qualche azienda si è trovata, anche suo malgrado, compresa nello scandalo del cosiddetto VTE. Ci sono 14 regioni che spandono i fanghi in Lombardia e purtroppo è una regione che per motivi produttivi ovvi e per il fatto che si trova anche un po' nel centro ha tutto l'interesse di avere normative chiare di tutela anche perché i prodotti sennò perdono anche il nome. Prima ha fatto riferimento a un decreto ministeriale, mi sembra aver capito, che consente di mescolare rifiuti da attività agroindustriali e volevo capire a quale si riferiva. Lei sa che col decreto semplificazioni del 2021 abbiamo tolto la possibilità di usare i fanghi in due gruppi di correttivi, i gruppi 21 e 22 e adesso stiamo provando a togliere l'utilizzo per il gruppo 23, ma non è facile. In questo modo si possono utilizzare pure i gessi correttivi, ma, come diceva lei, come rifiuti con dei formulari. Le volevo chiedere come responsabile del settore territorio di Coldiretti cosa pensa dell'eutrofizzazione. Vi risulta che sia aumentata di ben nove volte? Le stazioni ipertrofiche in Lombardia sono aumentate dal 2015 al 2019 di nove volte secondo i dati dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA). Lei ha fatto riferimento al digestato e su questo io non concordo, ma lotterò perché venga regolamentato e secondo me non bisogna equiparare digestato e fertilizzante per esempio nelle zone vulnerabili ai nitrati. Lì abbiamo già una situazione ambientale pazzesca che non è solo di eutrofizzazione o di vulnerabilità ai nitrati, ma anche di siccità. Quest'anno la situazione è gravissima e non credo che con i suoi bacini si possa avere acqua per poi gestire i vari i reflui. Io sono contento di quello che ci ha detto oggi, però voglio sapere se Coldiretti ci può dire se – anche in maniera pienamente legale – tende a retribuire i politici che intervengono ai suoi eventi fieristici o ai convegni.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. La ringrazio, mi permetta di partire dall'ultima risposta. Sicuramente no, nella mia militanza in Coldiretti non si è mai verificato che un esponente politico possa aver intrattenuto un rapporto professionale con Coldiretti. La trasparenza dei bilanci è tale che se avesse esigenze diverse rispetto a una semplice risposta, potrebbe verificarne la fondatezza. Io la ringrazio soprattutto per la domanda sull'eutrofizzazione delle acque e la presenza di nitrati sul suolo. Come per altri contributi parzialmente inquinanti dell'agricoltura (mi riferisco ad esempio all'ammoniaca in ragione della delle emissioni dei cicli di allevamento) io credo che se si individua correttamente la fonte, sia possibile intervenire. Il riferimento al digestato è emblematico. Quando si potrà arrivare a definire nel decreto le condizioni di utilizzo del digestato, sarà importante inserire ad esempio l'obbligo di copertura di tutte le vasche. Lei è tra i parlamentari più impegnati nello studio e nell'approfondimento di questi temi e sa che almeno il 30 per cento dell'emissione di ammoniaca è legata proprio alla dispersione nello stoccaggio degli effluenti. Allo stesso modo sarà importante definire l'obbligo d'interramento del digestato per evitare un ulteriore e rilevante contributo emissivo. Per quanto riguarda i nitrati, in molti lavori che come Coldiretti abbiamo tentato di portare all'attenzione della pubblica opinione, c'è qualcosa che manca nella direttiva del 1990. Sono stati adottati in tutte le regioni piani di spandimento, le imprese agricole hanno degli oneri molto stringenti attraverso piani di concimazione in area vulnerabile però in alcune aree non si registra – come lei diceva – una riduzione del carico inquinante e per quale motivo? Noi abbiamo perduto di vista la complessità della soluzione. Non è pensabile che l'Italia sia condannata, ormai in modo ripetuto, per la mancata depurazione delle acque e si consenta lo spandimento delle acque a causa dei mancati depuratori attraverso i canali, gli assi di fiumi senza intervenire. Io non so se sia stato mai fatto l'esercizio di sovrapporre le carte della zootecnia con le carte dell'industria. In alcune aree dove non c'è zootecnia si presentano stazioni in cui nelle acque sotterranee il carico inquinante è molto elevato: l'agricoltura fa la sua parte nell'essere responsabile dell'inquinamento, Pag. 8ma non è la sola. Forse per risolvere in modo definitivo il tema sarebbe importante associare le diverse fonti di produzione dell'inquinamento assegnando a ciascuno obiettivi di riduzione delle proprie emissioni. In ordine inverso – poi magari a disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento perché uno dei temi insomma che più ci preoccupa e grava sul destino della zootecnia – rispondo alla terza domanda. Le nostre imprese sono impegnate in alcune regioni, in particolare del nord, a valorizzare i fanghi. Debbo dire che non abbiamo trovato aziende complici nelle più importanti indagini di polizia giudiziaria che hanno portato a trovare una responsabilità nella facilitazione dell'impiego di queste sostanze. A livello territoriale le federazioni sono ben avvertite dell'importanza, ma anche della seria preoccupazione di evitare fatti illeciti. Il tema riguarda in particolare la Lombardia, il Veneto e l'Emilia Romagna. Ci dovremmo chiedere perché non il sud, ma questo è un problema infrastrutturale perché i fanghi vengono smaltiti ugualmente, magari con modalità diverse, ma forse anche più complesse e con fattori di rischio. In queste tre regioni che ho citato il livello di guardia messo in campo da Coldiretti è assai elevato.
  Credo che si possa piuttosto cercare l'esempio di una collaborazione virtuosa con alcuni operatori del settore che non, tra le nostre aziende, episodi d'illecito o violazione della disciplina.

  PRESIDENTE. Vorrei sapere se è ancora ribadita la vostra posizione di favorire la diffusione della pratica di stabilizzazione che è prevista anche dal Regolamento europeo 5 giugno 2019, n. 1009. Se siete ancora nella stessa posizione per cui è una cosa importante e qual è la vostra posizione sul recupero del fosforo. Sia in questo regolamento, ma anche in Francia e in Germania c'è una tendenza a ridurre l'uso dei fanghi in agricoltura e a recuperare le sostanze preziose. Qual è il vostro punto di vista?

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Sono due aspetti tecnici che chiamano in gioco la ricerca e l'impiego delle migliori tecnologie. La stabilizzazione è una fase fondamentale per il miglior utilizzo, non foss'altro per il disagio delle emissioni; quindi costituisce non solo una buona pratica industriale, ma un onere che deve essere tenuto ben presente nell'organizzazione della fase di produzione. Mi scusi, qual era la seconda domanda?

  PRESIDENTE. Sul recupero del fosforo.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Rispetto a questa vicenda siamo una componente della filiera piuttosto che un acquirente di un prodotto particolare. Dal punto di vista tecnologico sarebbe sicuramente vantaggioso avere disponibilità di singole sostanze da poter utilizzare (sempre in modo adeguato) per il fabbisogno delle colture senza utilizzare quantitativi rilevanti di materiale indeterminato.

  PRESIDENTE Noi ci stiamo occupando della depurazione delle acque in tutto il territorio italiano e in particolare della Sicilia e a breve faremo una relazione. È ben chiaro come ci sia una difficoltà negli impianti di depurazione. Collego questo tema, seppure in maniera un po' indiretta, alla questione del digestato degli impianti anaerobici. Vorrei sapere qual è la vostra posizione visto che attualmente il rifiuto umido trattato in maniera anaerobica viene visto come l'unica soluzione praticabile rispetto al vecchio metodo del compostaggio e io immagino anche il perché. Non si tratta di un fatto meramente tecnico, ma soprattutto perché si guadagnano tanti bei soldini con la produzione di biogas e di energia mentre con il compostaggio no perché il fine ultimo è il buon vecchio e caro compost. Inoltre questo digestato spesso non è della stessa qualità e non si punta alla qualità perché il vero obiettivo è il business della produzione di energia. Questo digestato spesso lascia un po' a desiderare e soprattutto si produce tanto liquido che poi va anche a intasare il sistema di depurazione delle fogne generando tanti Pag. 9problemi. C'è uno sbilanciamento per cui tutti lodano la gestione anaerobica trattando quell'aerobica come se fosse preistoria e vorrei capire qual è la vostra posizione. Vorrei sapere anche quanto potrebbe essere invece prezioso l'utilizzo di compost come ammendante nei terreni e se c'è invece una sorta di diffidenza – però ci dovrebbe essere a maggior ragione sul digestato – da parte degli agricoltori sul fatto che il materiale proviene dal rifiuto umido.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Signor presidente, per lo sviluppo della filiera biogas e biometano, al di là delle incentivazioni che accompagnano gli investimenti aziendali, Coldiretti è sempre stata favorevole a realizzare, penso che sia agli atti, piccoli impianti al di sotto di 300 chilowatt anche negli ultimi bandi che sono stati rinnovati per trovare soluzione al problema degli effluenti. Per evitare quello che lei correttamente osservava e cioè la difficoltà di spandimento di materiale che non è palabile, ma sostanzialmente si tratta di flussi di acque di difficile gestione soprattutto in alcune aree, la possibilità della gestione anaerobica ha aperto possibilità di trovare una soluzione proprio agli effluenti. Facendo un passo indietro non troppo distante nel tempo la nostra posizione era estremamente contraria allo sviluppo degli impianti di biogas in ragione dell'utilizzo delle cosiddette seconde colture perché riteniamo che l'agricoltura nel nostro Paese debba produrre beni alimentari di qualità e sani in un rapporto di compatibilità ambientale. La produzione di energia è complementare, è un'attività integrativa e il biogas si presenta appunto sotto questo profilo come una tecnologia utile a fornire un reddito aggiuntivo a chi rimane agricoltore. Anche questo è un dato noto: noi abbiamo 1600 impianti di biogas o biometano di origine agricola. Credo che 1500 siano nelle regioni del nord e in particolare ancora una volta in Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte. Questa tipologia di insediamento resta integrativa dello sviluppo dell'agricoltura. Quando noi abbiamo proposto le condizioni di equiparabilità del digestato a fertilizzante di origine chimica, abbiamo sempre chiesto delle condizioni, a partire da un livello di efficienza d'impiego superiore all'80 per cento rispetto alle condizioni di utilizzo e in particolare una percentuale di azoto ammoniacale non inferiore al 60 per cento. Abbiamo chiesto questo perché possa essere utilizzato direttamente dalle piante per favorire il processo di assorbimento. Non è un uso improprio, ma è la sostanziale conclusione di un investimento. Ciò non toglie che in altre situazioni il compost possa ugualmente rappresentare una possibilità d'impiego. Quando non ci sono gli animali che producono effluenti – penso al vivaismo – è chiaro che il recupero di tutta la frazione umida (ramaglie, terricci) si debba prestare alla valorizzazione del compost di comunità. Tutto questo segue sempre una logica di economia circolare che per l'agricoltore ha valore di riduzione dei costi di gestione, sempre evidentemente garantendo la qualità dei materiali impiegati. Credo che non sia da porre in contrapposizione la gestione anaerobica a quella aerobica. Si tratta semplicemente di vederne l'utilità rispetto a delle previsioni aziendali che trovano un'organizzazione diversa, in particolare per l'allevamento e per la coltivazione.

  PRESIDENTE. Non c'è rivalità, ma ho fatto questa domanda apposta perché è noto che c'è una sproporzione e adesso c'è una corsa all'anaerobico che è solo un fatto di speculazione e business.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ne approfitto perché è una relazione a cui teniamo particolarmente. Le faccio una domanda più diretta sulla gestione anaerobica, ma mi riferisco ai rifiuti e non alla matrice agrozootecnica. Mi pare di capire che per voi spandere digestato da rifiuti – mi riferisco frazione organica dei rifiuti solidi urbani – sia un limite e che preferiate spandere digestati agrozootecnici e non digestati da rifiuti. Tornando invece alle matrici agrozootecniche le chiedo se state notando qualche problema d'impronta idrica, sempre riferendoci al discorso degli smaltimenti vari. Gli impianti a biogas si saranno evolutiPag. 10 da quando li ho visitati l'ultima volta quattro anni fa, ma mi risulta che quando devono gestire matrici agrozootecniche abbiano una necessità di diluizione importante. Gli impianti che si costruivano tra il 2010 e il 2012, da un megawatt pressappoco, bevono anche un milione di metri cubi di acqua tra acque verdi e acque blu insomma e sono tanti. Volevo capire se oggi con questa siccità, si sta iniziando ad affrontare il problema per una gestione adeguata dei reflui anche nel caso di matrici in ingresso agrozootecniche e non da rifiuti.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. La domanda è impegnativa. C'è un ordine di priorità che lei ha colto in base al quale noi vorremmo utilizzare matrici aventi una origine agrozootecnica o agroindustriale. Il digestato da rifiuti obiettivamente è un'alternativa che non abbiamo mai preso in considerazione, almeno fino adesso. La richiesta che abbiamo sempre fatto parte dalla stalla e ha un'origine certa. Faccio ammenda di non essere un agronomo, ma uno dei problemi più impegnativi per una gestione sostenibile dell'agricoltura nei prossimi anni è legata alla sostituzione dei fertilizzanti di origine chimica, uno degli obiettivi della comunicazione europea che disegna lo scenario della nuova politica agricola. L'uso ripetuto di concimi chimici senza rotazioni obiettivamente impoverisce il territorio e l'impoverimento è accentuato chiaramente da fenomeni di siccità per cui ci troviamo di fronte a delle situazioni emergenziali. Credo che non possa sfuggire l'esigenza di avviare anche iniziative di ricerca e di sperimentazione in campo. Il suolo agricolo ha una sua destinazione primaria alla produzione di alimenti. Signor presidente, non voglio sviare il ragionamento, ma in questo Paese abbiamo dieci milioni di ettari di superficie e più o meno cinque milioni di ettari di seminativi. Se noi utilizziamo il territorio per mettere i pannelli fotovoltaici, per permettere torri eoliche e per espandere il digestato da rifiuti, probabilmente dovremo rinunciare a un patrimonio agroalimentare che ha una forte identità. Questa è una decisione che deve essere affrontata nelle sedi competenti in modo assolutamente ponderato.

  PAOLA NUGNES. Io ho ascoltato fino adesso, ma visto dove si è diretta la discussione, sono stata sollecitata proprio per questa tendenza di trasformare gli agricoltori in produttori di energia o comunque di altro. Ho due domande. Se l'incentivo che ricevono gli impianti di biomassa potesse essere attribuito anche al compost da gestione aerobica, mi chiedo quale sarebbe la scelta dell'agricoltore e se lei di questo ha il polso della situazione. Io sono molto preoccupata soprattutto per questa accelerazione, anche giusta e condivisibile, sulle rinnovabili che stiamo avendo per l'agrifotovoltaico di cui abbiamo pareri contrastanti soprattutto per la possibilità dei terreni... Neanch'io sono un agronomo, ma non tutte le colture possono essere compatibili con il fotovoltaico e quindi mi chiedo quanto i terreni verranno penalizzati da questo. La regola generale è quella di un 10 per cento di terreno ad agrifotovoltaico mentre nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) questo limite non è dato per i progetti da presentare e quindi volevo conoscere la posizione di Coldiretti.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Senatrice, grazie a lei. Per quanto riguarda gli incentivi allo sviluppo d'iniziative energetiche in agricoltura noi abbiamo sempre tenuto fermo il duplice requisito che debba essere assicurata la connessione soggettiva e oggettiva con la conduzione dell'azienda. Questo significa che a produrre energia deve essere lo stesso operatore agricolo impegnato nell'attività di coltivazione e di allevamento e che la produzione di energia deve essere integrata in termini di compatibilità aziendale per lo svolgimento delle attività. Questo perché è risultato spesso evidente – soprattutto nell'installazione di pannelli fotovoltaici a terra, oggi nella forma economicamente più moderna dell'agrivoltaico – che sono state multinazionali a investire sul territorio. Quell'investimento non ha nulla a che fare con la promozione dell'attività agricola. La dimensione dell'impiantoPag. 11 è molto importante per caratterizzare lo sviluppo di un'agricoltura sostenibile. Se non al di là del limite della superficie che già si presta – in una Commissione che studia i fenomeni illeciti – già con il 10 per cento sono l'opera soggetti per frazionare le superfici aziendali. Per cui dopo aver fatto un primo investimento di 10 ettari in un'azienda di 100 è chiaro che rimane la superficie residua, si costituiscono società plurali e su quelle superfici che rispondono a una ragione sociale diversa si determinano analoghi investimenti. Credo che bisogna fare molta attenzione, se guardiamo al territorio agricolo, alla dimensione dell'impianto e alla possibilità che sia lo stesso agricoltore a realizzarlo. Sull'agrivoltaico tra l'altro noi oggi abbiamo, accanto al solare a terra, due definizioni a mio avviso improprie. Una è risalente al Piano nazionale di ripresa e resilienza e non ancora definita attraverso la previsione del bando. Un'altra, secondo il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, avente caratteristiche costruttive diverse. Un'ulteriore tipologia di agrivoltaico, fuori dalle previsioni del piano, accanto al fotovoltaico a terra che rischia sicuramente di prestare il fianco all'occupazione di suolo agricolo. Noi abbiamo espresso delle preoccupazioni anche perché credo che sia importante conoscere il territorio. Come Coldiretti abbiamo stipulato delle convenzioni, in alcune regioni, con le associazioni dei produttori di cave per cui rispetto a territori abbandonati è stato possibile già avviare delle forme di recupero energetico e agricolo. Lo sviluppo della produzione di miele e la presenza di alveari – e sappiamo quanto le api possono essere utili a un modello di agricoltura sostenibile – è perfettamente compatibile, ma non quando noi interrompiamo la continuità di un territorio all'interno magari di aree a denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica tipica (IGP) che ci regalano prodotti che hanno un valore importante del made in Italy. È mancata la pianificazione tra aree idonee e non idonee per cui ci siamo spesso trovati a presentare ricorsi, ma non rispetto a investimenti energetici legati a comunità e alla valorizzazione dell'autoconsumo perché questo è il destino dell'agricoltura. Non bisogna mettere a disposizione risorse per una produzione esterna, ma ridurre i costi di produzione e rendere accessibile il cibo attraverso delle economie interne. Purtroppo si sta verificando il contrario mentre biogas o biometano sono energie tipicamente integrate in un'azienda agricola così come gli impianti di biomasse. Nei cinque milioni di boschi che noi abbiamo penso che non sia ancora sufficientemente sviluppata la selvicoltura cioè tagli forestali per mettere a disposizione biomasse e realizzare impianti di teleriscaldamento: in Italia sono attivate 130 reti ed è un numero a mio avviso non sufficiente. Questa sarebbe una forma energetica anche in grado di svilupparsi nelle regioni del sud, sempre però avendo come protagonisti gli agricoltori per rendere multifunzionale il proprio processo produttivo. Io insisto sul compost. Il presidente giustamente sottolineava la non rivalità ed è una forma molto importante di recupero di tutti i sottoprodotti di origine vegetale. Dobbiamo però capire che quando ci sono gli animali produciamo effluenti che debbono essere gestiti correttamente per evitare quei problemi di percolazione e di inquinamento da nitrati a cui faceva riferimento l'onorevole Zolezzi. Se invece un'impresa ha una destinazione selvicolturale è chiaro che ci spostiamo in altri ambiti di investimenti.

  PAOLA NUGNES. La ringrazio, sono veramente molto d'accordo con lei. Sono soddisfatta, grazie.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusate, ho il computer che funziona male. Vorrei sapere qualcosa di più sull'impronta idrica degli impianti con le matrici zootecniche. A lei risulta, dottor Masini, qualche problema legato a questa necessità di diluizione? Adesso con la siccità c'è qualche problema per gli impianti a biogas dei vostri consorziati? Mi risulta che bisogna mescolare molto e quindi le chiedo se adesso questa siccità stia dando problemi anche in quel senso.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. ObiettivamentePag. 12 non saprei darle una risposta adeguata o fondata perché non ho ascoltato di problemi nell'alimentazione degli impianti di biodigestione da parte d'imprenditori con i quali magari normalmente ci confrontiamo. Per le esigenze di cura e valorizzazione degli impianti, quindi obiettivamente non saprei dirle. Però possiamo avviare una riflessione a questo riguardo.

  PRESIDENTE. Bene, non vedo altre richieste d'intervento per adesso. Per concludere considerando che ci sono varie differenze anche normative tra le regioni, vorrei sapere se dal suo punto di vista ci sono delle regioni che regolamentano meglio l'utilizzo in agricoltura dei fanghi con la distribuzione sul terreno oppure no. Per quanto riguarda i controlli non so se ho capito male prima, ma diceva che probabilmente c'è una tendenza anche dei vostri associati a non voler essere troppo controllati. Ho capito male o sbaglio? Infine siamo tutti concordi che il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, sia vecchio e vada rivisto, anche alla luce delle nuove direttive europee, quindi secondo lei quali sono le cose fondamentali che andrebbero modificate e introdotte?

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, No, signor presidente. Non siamo resistenti all'esercizio dei controlli, anzi. Credo che lo dimostri la storia più recente di Coldiretti che lavorare in una fondazione con la complicità delle autorità giudiziarie e di polizia giudiziaria all'approfondimento dei problemi che accompagnano la gestione dell'agricoltura. Mi riferivo al fatto che la disciplina attuale esonera l'organizzazione dei controlli adeguati e predispone delle sanzioni che non sono sufficienti a esercitare un effetto di deterrenza. Credo che questo sia l'elemento sul quale noi abbiamo insistito quando ci siamo messi a lavorare con le amministrazioni delle politiche agricole e dell'ambiente in materia di revisione. Mi sono permesso di lasciare alla vostra attenzione anche una legenda riassuntiva delle priorità rispetto alle quali occorre intervenire. Credo che una su tutte sia fondamentale ed è la gestione informatizzata dei dati. Credo che oggi non sia difficile poter creare delle banche dati che consentano di avere la piena conoscenza del processo di produzione di fanghi riportando ad unità la categoria.
  C'è una direttiva europea che costruisce la categoria degli ammendanti quindi non possiamo intervenire con l'elisione di un precetto europeo. Però quando noi duplichiamo il fango dal gesso ammendante, dobbiamo introdurre delle rigorose forme di controllo e questo è il vulnus principale. Andando a vedere le principali operazioni di controllo e contrasto ci siamo sempre trovati di fronte ai gessi di defecazione. Chi disciplina meglio? Questa è una domanda difficile, presidente. La competenza sarebbe dello Stato, ma quando alcune regioni – prima facevo riferimento alla Lombardia – hanno tentato di migliorare la produzione, è stata dichiarata non legittima la previsione d'intervento. Io credo che occorra recuperare un tavolo di lavoro presso il MITE, d'intesa con le politiche agricole e sentita la Conferenza Stato-regioni, per costruire un pacchetto di regole moderno, adeguato e capace di rispondere a quello che abbiamo oggi tentato di rappresentare: l'utile contributo dei fanghi. Io ho imparato moltissimo andando a visitare alcuni impianti e vedendo le procedure fino all'interramento in campo del materiale. Ci si convince che questa possa essere veramente un'opportunità in un momento di accentuata difficoltà, ma per crederci occorre essere rigorosi su tutte le modalità, anche se non sono sicuramente improprie, nella gestione dei terreni.

  PRESIDENTE. C'è una domanda che mi viene in mente, anche dopo aver guardato una puntata di Report. Un agricoltore riceve questi fanghi che, come dice lei, spesso non sono tracciati e quindi non sa che cosa stia mettendo sul proprio campo. Qual è il suo atteggiamento? Mostra diffidenza? Abbiamo visto come tanti agricoltori non si siano neanche posti il problema per risparmiare. Gli hanno offerto condizioni vantaggiose e hanno messo sul proprio terreno sostanze che è impossibile da controllare. Qual è l'umore degli agricoltori e i timori?

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  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Chi accetta lo spandimento di questi materiali – tra l'altro ci sono fasce multicolori che rendono immediatamente visibile l'impatto, una prevalenza di colore nero su quello bruno del terreno – non compie solo una passiva accettazione, ma condivide un progetto di spandimento illecito. Non c'è nulla da fare: purtroppo in alcune situazioni anche gli agricoltori sono stati protagonisti di associazioni con un disegno di perseguimento di reati ambientali. Un agricoltore non spande sul terreno materiale, se prima non ha la certezza delle caratteristiche di quel materiale. Come Coldiretti da tempo insistiamo con degli opportuni momenti formativi proprio su questa esigenza di informazione e di consapevole attenzione.
  Ci possono essere conseguenze anche in termini di reputazione dell'area. Oggi noi sappiamo che produrre qualità significa costruire una reputazione sul territorio. Se un territorio perde l'immagine d'identità e di patrimonio distintivo per caratterizzarsi per modalità criminali, i prodotti perdono riconoscibilità sul mercato e caratteristiche competitive e qualitative. C'è una strategia individuale, ma occorre mettere in campo anche una strategia collettiva rispetto a queste occasioni. Nella difficoltà di tener conto dei costi di produzione e dell'aumento dei fattori d'investimento, anche gli agricoltori non debbono poter rinunciare alla loro responsabilità.

  PRESIDENTE. Al di là dei controlli che spesso sono difficili, lei ha detto che avete fatto formazione per sensibilizzare i vostri consociati. Avete mai pensato a mettere in piedi una sorta di vostro protocollo interno? Non so come sia tecnicamente fattibile, ma magari un vostro consorziato quando riceve questo digestato, potrebbe fare un'analisi in più e comunicarla a voi. Delle procedure sarebbero fattibili?

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Sì, presidente. In alcune circostanze abbiamo realizzato dei protocolli con i soggetti interessati alla produzione quindi è una modalità che può essere estesa, in attesa che sia colmata la lacuna normativa.

  FABIO BERARDINI. Professore, io volevo chiederle una cosa tornando proprio sulla questione della lacuna normativa. Per quanto riguarda l'intervento legislativo fatto dalla regione Lombardia noi abbiamo avuto un primo intervento che era stato fatto, poi c'era stata l'impugnazione per conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale e poi un secondo intervento della regione in materia. Io le chiedo se avete avuto modo di analizzare in maniera più compiuta questo intervento normativo e capire se questo intervento poteva essere esteso a livello nazionale. Qui si parla di un conflitto di attribuzione però la tematica dei controlli è stata introdotta, anche in maniera abbastanza analitica, dalla regione Lombardia. Io le volevo chiedere un commento più specifico su questo testo.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Si riferisce alla legge 15?

  FABIO BERARDINI. Sì, poi come successivamente modificata a fine anno.

  STEFANO MASINI, Responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Sì, modificata in ragione delle obiezioni formulate dall'amministrazione e dall'Avvocatura di Stato. Credo che quell'intervento sia stato importante recuperando un contenzioso non risolto. Prima ancora noi avevamo avuto il decreto Genova e ancora una volta l'avvio di un contenzioso aperto da una serie cospicua di comuni, proprio in Lombardia, sui limiti di idrocarburi così come computati nel decreto. Sentenza poi confermata dalla Corte di cassazione accanto anche a un intervento del Consiglio di Stato. Ci troviamo di fronte a un conflitto interpretativo abbastanza ampio tra Stato e regioni e tra orientamenti della giurisprudenza, in particolare per quanto riguarda i limiti dei materiali. Io penso che quell'intervento della Lombardia ci sia stato dopo che era stata sviluppata una comunicazione molto incisiva sullo scandalo dell'utilizzoPag. 14 di fanghi a Brescia. La regione ha tentato di correre ai ripari, sicuramente forzando l'articolo 117 sulle proprie competenze in materia di tutela dell'ambiente. Però a mio avviso si sarebbe dovuto leggere quell'intervento in termini di supplenza, almeno fino ad agganciarsi al successivo intervento di legge statale, piuttosto che non rimuoverne le conseguenze. Quel provvedimento a me sembra importante perché ha alimentato l'interesse di una regione a formulare delle previsioni di chiusura di alcuni varchi per l'utilizzo improprio di fanghi; poi invece ci si è trovati nelle condizioni di ritirare il provvedimento e di cambiarne le disposizioni. Resta, lo abbiamo detto più volte, la questione dei gessi di defecazione e l'esigenza di una riformulazione migliorativa della disciplina. O lo facciamo a livello nazionale oppure consentiamo che le regioni (soprattutto quelle regioni dove si pone il problema che sono quelle del centro-nord) possano intervenire.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Non ci sono altre richieste d'intervento. Io ringrazio il nostro ospite. Oggi abbiamo iniziato questo percorso sui fanghi che è abbastanza impegnativo e complesso e speriamo di arrivare a una relazione di sintesi finale che possa essere utile agli addetti ai lavori, ma soprattutto al Parlamento per poter porre rimedio ad alcune lacune. Io ringrazio nuovamente tutti tutti e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.