XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 1 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE EVENTUALI INTERFERENZE STRANIERE SUL SISTEMA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Audizione di Giovanni Fasanella, giornalista e saggista.
Grande Marta , Presidente ... 3 
Fasanella Giovanni , giornalista e saggista ... 3 
Grande Marta , Presidente ... 7 
Cabras Pino (M5S)  ... 7 
Comencini Vito (LEGA)  ... 8 
Grande Marta , Presidente ... 9 
Romaniello Cristian (M5S)  ... 9 
Grande Marta , Presidente ... 9 
Fasanella Giovanni , giornalista e saggista ... 9 
Grande Marta , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giovanni Fasanella, giornalista e saggista.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema delle relazioni internazionali della Repubblica Italiana, l'audizione di Giovanni Fasanella, giornalista e saggista.
  A nome di tutta la Commissione do il benvenuto al dottor Fasanella, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  Il dottor Fasanella, autore di numerosi libri sulla storia «invisibile» italiana, dal 1975 al 1987 ha lavorato nella redazione torinese del quotidiano L'Unità, occupandosi di terrorismo, quindi, nella redazione romana, come giornalista parlamentare e notista politico. È stato «quirinalista» e redattore parlamentare dal 1988 al 2013 per il settimanale Panorama, per poi dedicarsi alla ricerca archivistica sulla storia dell'Italia dal Risorgimento alla caduta della cosiddetta prima Repubblica. È anche sceneggiatore ed autore di documentari, tra i quali quello sulla scoperta del petrolio in Basilicata, sulla formazione del gruppo brigatista rosso di Reggio Emilia e sull'ascesa e caduta di Silvio Berlusconi.
  Ciò premesso, do la parola al nostro ospite affinché svolga il suo intervento.

  GIOVANNI FASANELLA, giornalista e saggista. Innanzitutto buonasera e grazie per questo invito, che ho accettato con grandissimo piacere, perché non vedevo l'ora che il Parlamento italiano, la politica italiana, si occupassero finalmente di questo argomento.
  Prima di venire qui ho sentito l'audio della seduta scorsa. Ho ascoltato con grandissimo interesse la lucidissima esposizione del collega Maurizio Caprara. Ha detto molte cose sulle quali sono totalmente d'accordo, quindi non ci tornerò sopra; poi la domanda che gli ha rivolto – mi pare – l'onorevole Cabras, citando un libro, Colonia Italia, una frase riportata da Francesco Cossiga, citato tra l'altro abbondantemente anche da Caprara. La frase è questa: «Io non mi meraviglierei se un giorno si scoprisse che anche spezzoni di servizi di Paesi alleati avessero potuto avere interesse a mantenere alta la tensione in Italia e quindi a tenere basso il profilo geopolitico del nostro Paese.»
  Questa è una frase tratta da un'intervista che il Presidente della Repubblica emerito concesse alla rivista Limes e che io ho tratto da lì, ma anch'io, essendo stato un giornalista politico/parlamentare – perché adesso mi sono dimesso dal giornale e mi dedico ad altre cose –, ho avuto l'occasione di conoscere e per un certo periodo anche di frequentare, per ragioni professionali, il Presidente Cossiga. Lo conobbi nel 1984, quando lui era Presidente del Senato ed io ero appena arrivato a Roma da Torino ed ero giornalista parlamentare de L'Unità.
  È da allora, dal 1984, che nei conciliaboli, nelle chiacchierate tra il serio e il Pag. 4faceto, Cossiga tirava spesso fuori questa storia degli inglesi, e diceva: «Fasanella, ma quale CIA? Un giorno dovremo parlare degli inglesi.» Si fermava lì e non aggiungeva altro. Ho capito che cosa volesse dire dopo aver conosciuto il presidente della Commissione stragi, Giovanni Pellegrino, con il quale feci nel 2000 un libro pubblicato da Einaudi, Segreto di Stato, in cui Pellegrino faceva il punto dell'inchiesta della sua Commissione, molto amareggiato, perché la Commissione non era riuscita a giungere a un documento conclusivo, però lui riteneva che il buon lavoro svolto non dovesse disperdersi e quindi decise di fare un libro che pubblicammo per Einaudi.
  In quel libro, per la prima volta, dicemmo che tutto quanto quello che era accaduto in Italia dal 1969 in poi, cioè dalla strage di piazza Fontana in poi, era da leggere nel contesto della guerra fredda; ma non solo, perché molti di quei fatti erano maturati in un altro contesto che non era mai stato esaminato, cioè quello della guerra mediterranea, un contesto nel quale siamo dentro ancora oggi fino al collo. La guerra mediterranea è stata «combattuta tra Paesi amici ed alleati» – diceva Pellegrino – e quindi per questo è rimasta per lungo tempo coperta da un alone di indicibilità, proprio perché era imbarazzante dire all'opinione pubblica che l'Italia da una parte e la Francia e la Gran Bretagna dall'altra si facevano una guerra segreta per il controllo delle fonti energetiche nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Quindi in quel libro, per la prima volta, in forma ipotetica veniva scoperchiato questo secondo contesto.
  Poi ho avuto l'onore di conoscere e lavorare con un altro personaggio che ha avuto un ruolo importante in queste vicende, il giudice Rosario Priore, autore di quasi tutte le inchieste di terrorismo più importanti, da Moro, all'attentato al Papa, a Ustica; anche con lui feci un libro, ed era un libro in cui anche Priore esprimeva tutta la sua amarezza perché non era riuscito a condurre sino in fondo le sue inchieste per gli ostacoli che da più parti erano stati posti.
  Lui volle fare quel libro per ammettere onestamente questo suo limite, ma anche per far sapere all'opinione pubblica quello che aveva intravisto, ma che non aveva potuto provare né scrivere in sentenze giudiziarie. Il libro s'intitola Intrigo internazionale. In realtà l'idea e il titolo provvisorio sul quale si era cominciato a lavorare era Il terzo giocatore, cioè un terzo protagonista esterno delle vicende italiane rispetto ai due grandi giocatori, il blocco americano e il blocco sovietico; un terzo giocatore plurale, perché era costituito da una serie di medie potenze, anche amiche e alleate dell'Italia, che avevano un interesse specifico a indebolire il nostro Paese per le ragioni che ho detto prima, cioè la guerra petrolifera.
  Tra questi Paesi egli indicava in modo particolare la Francia e la Gran Bretagna. Ora, io non sono certamente un anglofilo, ma nemmeno un anglofobo. Sono un giornalista e – vorrei precisare – non uno storico, un giornalista per cui il mio lavoro ha tutti i limiti del genere, ma – se mi permettete – anche tutta la libertà che questo tipo di caratteristica consente. Allora ho cominciato ad approfondire le ricerche su questo delicatissimo argomento sul quale quasi nessuno aveva mai lavorato, finché La Repubblica, primo giornale italiano – credo nel 2008, cito a memoria – pubblicò una bellissima inchiesta firmata da Filippo Ceccarelli, un'inchiesta basata su una serie di documenti inediti scoperti negli archivi di Stato britannici di Kew Gardens da un eccellente archivista, Mario Josè Cereghino, con il quale io ho allacciato un rapporto, un vero e proprio sodalizio professionale e ho prodotto insieme a lui dei libri. Il titolo di quella inchiesta era Il golpe inglese.
  Non so perché La Repubblica poi non andò avanti. Ci furono delle reazioni scettiche. Ricordo che l'ambasciatore Sergio Romano scrisse sul Corriere della Sera. Sì, ma era una simulazione, cioè era la simulazione di uno scenario, di un colpo di Stato da attuare in Italia nel caso in cui i comunisti a metà degli anni settanta si fossero avvicinati alla stanza dei bottoni. Se La Repubblica avesse continuato le sue Pag. 5ricerche – non lo dico polemicamente, lo dico perché probabilmente si riteneva che non ci fossero ulteriori elementi per approfondire l'argomento –, avrebbe scoperto che il colpo di stato programmato dal Governo britannico nei primi mesi del 1976 era un'opzione A, perché c'era anche un'opzione B, l'appoggio a una diversa azione sovversiva per bloccare la politica di Aldo Moro. Queste cose le abbiamo scritte nei libri. Che cosa fosse la diversa azione sovversiva, quando è uscito il penultimo libro non lo sapevamo.
  Abbiamo fatto ulteriori ricerche, trovato nuovi documenti. Alla fine vi dirò, documenti alla mano, in che cosa potesse consistere questa opzione B, cioè l'appoggio a una diversa azione sovversiva. Con Cereghino – lui è l'archivista e io mi occupo più della costruzione delle ipotesi investigative – abbiamo raccolto, fotografato e fotocopiato migliaia di documenti ufficiali custoditi negli archivi di stato di Kew Gardens, a Londra, ma che nessuno aveva mai consultato. Da queste migliaia di documenti emerge, in modo difficilmente discutibile, il ruolo della Gran Bretagna; un ruolo non solo di influenza, e Maurizio Caprara ha fatto una giusta, intelligente distinzione: sì, è influenza, ma non c'è solo influenza, c'è anche altro, ovvero l'ingerenza per condizionare le politiche degli Stati.
  Dicevo, emerge il ruolo della Gran Bretagna non solo attraverso il soft power, cioè la propaganda occulta per influenzare le élites del nostro Paese e indurle a compiere atti di governo e azioni politiche in funzione della Gran Bretagna. Ora, premetto che gran parte dell'attività clandestina della Gran Bretagna e dei suoi servizi di intelligence è certo che fosse rivolta alla lotta al comunismo. Questo ci può stare, ma nel caso della Gran Bretagna, rispetto agli Stati Uniti, c'è una differenza: che l'azione della Gran Bretagna era rivolta anche contro la politica mediterranea dell'Italia, cioè contro l'attivismo di un Paese sconfitto in guerra, sottoposto a dei vincoli, ma che nel dopoguerra aveva osato risollevare la testa e sviluppare, condurre in quest'area una politica autonoma, sino a diventare una potenza egemone, perché c'è stato un periodo in cui il nostro Paese era egemone in questa area del Mediterraneo ed aveva emarginato la presenza britannica e francese.
  Dopo la concessione dell'autonomia all'isola di Malta, praticamente alla Gran Bretagna era rimasta soltanto la rocca di Gibilterra in quest'area, e dai documenti inglesi emerge tutta l'irritazione del Governo di Londra nei confronti della politica italiana. Quindi, dicevo, soft power, propaganda occulta: io non voglio ricamarci sopra, perché basta citare alcune frasi dai documenti che nei libri prodotti con Cereghino sono citati con tutte le coordinate archivistiche, per cui chiunque voglia andare a controllare se esistono davvero, può farlo. Alcuni documenti sono consultabili addirittura online. Da qui ci si può collegare col sito di Kew Gardens e si possono trovare questi documenti.
  «L'Italia è l'obiettivo primario delle nostre nuove strategie propagandistiche»: questa è una nota del 1948 dell'Information Research Department (IRD), l'istituto per la propaganda occulta del governo britannico che dipendeva dal Foreign Office. «Il metodo principale da noi adottato consiste nel fornire del materiale concreto alle personalità chiave che operano nei quotidiani, nei sindacati e nei partiti politici, affinché queste utilizzino autonomamente tali informazioni, senza però rivelare che la fonte è britannica»: un altro memorandum dell'IRD del 1949. «In molte parti del mondo la minaccia dell'Eni si sviluppa nell'infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali, a scapito degli investimenti e degli scambi delle imprese britanniche:»: questo è un rapporto del Ministero dell'Energia inglese dell'agosto 1962, pochi mesi prima che morisse Enrico Mattei. A proposito di Mattei, negli archivi britannici esistono centinaia e centinaia di documenti dai quali emerge con estrema chiarezza l'irritazione del Governo inglese nei confronti della politica di Mattei, irritazione che arriva a un certo punto a indurre la British Petroleum a suggerire al Governo inglese – dopo che tutti i metodi di persuasione adottati contro Mattei, le buone o le cattive, non avessero dato risultati – a passare «la pratica alla nostra Pag. 6intelligence»: questo è un documento del 1962. Per carità, io non voglio stabilire nessun rapporto di tipo meccanico di causa-effetto tra questa decisione di passare la pratica all'intelligence britannica e quello che poi capitò pochi mesi dopo a Enrico Mattei. Dopo Mattei, Moro è stato il continuatore della politica mediterranea di Mattei. Di più, è stato l'uomo che ha gestito la politica estera italiana per un decennio, da varie posizioni, e che ha portato l'influenza italiana nel Mediterraneo ai punti più alti, soprattutto dopo il colpo di stato dell'agosto/settembre 1969 che destituì la monarchia filobritannica in Libia e portò al potere il colonnello Gheddafi.
  Tra i tanti libri – qui ci sono molti libri citati con coordinate archivistiche, quindi chiunque può verificare – ce n'è uno del settembre 1969 ed è un memorandum di uno dei funzionari più alti dell'Istituto della propaganda occulta britannica, Colin McLaren, che venne inviato nei mesi precedenti in Italia per valutare come mai la propaganda occulta non avesse dato i suoi frutti, come mai, nonostante gli sforzi profusi, le classi dirigenti italiani continuassero ad accrescere il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo. Conclusione del suo rapporto, cito: «Tutti gli sforzi da noi profusi hanno ottenuto lo stesso effetto di una pallina da ping pong scagliata contro Golia. Forse è arrivato il momento di passare ad altri metodi, e speriamo che il nostro ambasciatore a Roma non abbia da ridire.»
  Quali fossero questi «altri metodi» non lo sappiamo. Non lo sapevamo perché quel documento era oscurato proprio nella parte in cui si parlava di altri metodi. Per capire Moro, e cosa c'entra tutto questo con l'influenza, io vorrei citare Rino Formica, uno degli uomini più lucidi della prima Repubblica. Spero, se posso permettermi di dare un consiglio, che venga ascoltato, perché credo che abbiamo molte cose interessanti da dire. Rino Formica ha scritto, una volta, spiegando perché era impossibile giungere in Italia non solo a una verità giudiziaria, ma anche a una verità storica completa ed esaustiva. E diceva: «Perché la verità storica metterebbe in evidenza la sovranità limitata per interferenze abusive, rivelerebbe episodi di guerra non convenzionale combattuta sul nostro territorio.» Aggiunse Formica: «L'Italia fu terra di guerra fredda accettata.» Ovvio, nella divisione post-Jalta in sfere di influenza del mondo, si sapeva, col senno di poi – e io dico, per fortuna –, che l'Italia doveva stare da quest'altra parte del mondo. Questo, in fondo, era un dato accettato da tutti, perché dall'altra parte i sovietici avevano la loro fetta di mondo in cui potevano fare tutto quello che volevano. Guerra fredda accettata, ma guerra calda subita.
  Dicevo di Moro. Arrivo alla conclusione. Il golpe inglese: sono veramente decine i documenti esaminati, nei primi sei mesi del 1976, dal Governo britannico, anzi da una Commissione segreta del Governo britannico formata da quindici membri (per metà altissimi funzionari del Ministero della Difesa, per l'altra metà altissimi funzionari del Foreign Office, il Ministero degli Esteri): i progetti di colpo di Stato in Italia vengono discussi con gli Stati Uniti d'America, con la Germania e con la Francia, cioè tra i quattro Paesi considerati i più influenti dell'Alleanza atlantica. Ma gli Stati Uniti nel 1976 bocciarono l'ipotesi di un golpe militare in Italia. C'è una sinistra molto forte, ci sono delle organizzazioni sindacali molto radicate, e non è solo una sinistra comunista, ma è anche una sinistra socialista, laica, cattolica. Ci sarebbe una reazione. La reazione porterebbe al bagno di sangue e il danno di immagine per l'Alleanza atlantica sarebbe enorme. La Germania si associò alla posizione del Governo americano; la Francia di Giscard d'Estaing, invece, aderì subito con grande entusiasmo. Però, di fronte alle perplessità degli Stati Uniti e della Germania, il piano A, cioè il colpo di Stato militare da attuare in Italia per bloccare la politica di Aldo Moro, venne accantonato. Ma c'era il piano B, come dicevo prima, cioè l'appoggio a una diversa azione sovversiva. Non trovammo, allora, questo documento. Cereghino non trovò questo documento, ma dopo ulteriori ricerche abbiamo trovato una serie di documenti – qui abbiamo preparato una sintesi – sulla riorganizzazione dei servizi segreti clandestini della Gran Bretagna nell'immediato Pag. 7 dopoguerra e abbiamo ricostruito tutto il dibattito che comincia nel 1944 e si conclude nel 1948 con delle decisioni. Ebbene, tra le operazioni illegali, clandestine, di guerra non ortodossa da compiere in Italia c'era la corruzione, corrompere gli elementi ostili agli interessi britannici (primo passo). Se questo tentativo fosse fallito, si sarebbe passati alla minaccia e all'intimidazione, anche inviando pacchi bomba. Se anche questo tentativo fosse fallito, si sarebbe passati al sequestro di persona e all'eliminazione fisica degli elementi ostili, nell'ambito delle operazioni di annientamento selettivo dei nemici degli interessi britannici. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso agli interventi e alle domande dei colleghi. L'onorevole Cabras chiede di intervenire. Invito gli altri gruppi a iscriversi, intanto.

  PINO CABRAS. Avevo chiesto a nome del gruppo del Movimento 5 stelle l'audizione del dottor Fasanella perché è molto in tema rispetto a questa indagine conoscitiva e completa un quadro, perché il rischio, nella vulgata sulle ingerenze straniere presenti in questo periodo, è che ci possa essere qualcuno di molto diverso dall'ambiente italiano, qualche potenza d'oltremare molto lontana, e che non ci sia invece una storia, una profondità di ingerenze che hanno innanzitutto una base documentale accertata.
  I suoi libri sono stati illuminanti da questo punto di vista, perché hanno aperto uno squarcio chiarissimo e ormai incontrovertibile su effettive ingerenze che sono avvenute nella storia e poi permette davvero l'approfondimento in un arco temporale che non si limita a quello della cronaca dettata da altre esigenze, da elementi politici contingenti. In Italia, in effetti, c'è stata questa influenza ambivalente, importantissima, del Regno Unito. È stata importantissima anche per la stessa formazione dell'Italia unitaria questa partecipazione diplomatica militare, di ambiente, di formazione, di influenza da parte del Regno Unito, ed è continuata per un arco ormai plurisecolare, perché ci sono testimonianze ormai chiare del ruolo sui giornali, sulla stampa, addirittura di giornalisti a libro paga. Lo stesso Mussolini, per una fase della storia, è stato a libro paga dei servizi britannici come informatore, come agente di influenza. Lo stesso delitto Matteotti può essere letto in una chiave sorprendente, diversa, grazie a queste scoperte recenti. Tutto l'arco delle decisioni che si sono succedute dagli anni Settanta in poi viene investito da una luce diversa se si guarda all'influenza di un alleato amico come la Gran Bretagna, un Paese vicino per molti valori, per comunanza, e con cui avremo eterna amicizia, ma che è anche una grande potenza che vuole influire sulle vicende mediterranee a suo modo, con le influenze moderne che ci aiutano proprio a capire come possono funzionare le ingerenze a questi livelli.
  Dei libri di Fasanella colpisce molto anche proprio la descrizione di un ambiente diffuso di influenza nei confronti dell'Italia attraverso la stampa, attraverso una certa organicità. Questo non ricordo di averlo letto in uno dei suoi libri, ma mi aveva colpito, a suo tempo, vedere che uno dei primi direttori de L'Unità – il giornale per il quale ha lavorato Fasanella –, nel dopoguerra era stato prima il direttore dell'ANSA, e si era occupato dell'epurazione degli elementi fascisti all'interno della più importante agenzia di stampa italiana ed era un signore britannico che si chiamava Ralph Merrill. Renato Mieli era un signore britannico che si chiamava anche Ralph Merrill. È sorprendente che Togliatti avesse voluto una figura che sapeva essere di un campo potenzialmente nemico, però questo nell'ambito delle influenze reciproche tra grandi potenze è anche normale.
  Mi viene in mente il progetto Enigma in cui lavorava Turing. C'era un agente sovietico, e lo sapevano tutti. Era, anzi, uno strumento per scambiarsi delle informazioni in un campo potenzialmente avverso, anche per rassicurarlo. È una realtà che non si può espungere dalla storia italiana. Ci sono stati questi precedenti importantissimi sui quali si ha una documentazione nel momento in cui avviene la desecretazione dei documenti, quindi la declassificazione, Pag. 8 ed è qualcosa che è attuale anche oggi. Dobbiamo pensare in un'ottica in cui i nostri partner, i nostri amici, sono persone molto interessate alle vicende italiane e quindi questo dovrebbe essere interessante per fare la ricerca in ogni direzione, e non soltanto in alcune.

  VITO COMENCINI. Innanzitutto ringrazio il dottor Fasanella per questa audizione molto interessante e direi quasi da pelle d'oca per quello che ha esposto, ovviamente considerando che i suoi libri sicuramente contengono cose ancora più preziose e interessanti. Mi ha fatto molto riflettere quello che è stato detto, anche se da un certo punto di vista, di fatto, lo ritengo un filone della nostra storia italiana, perché se andiamo un po' più indietro nella storia, alla stessa Unità d'Italia, per quanto i libri di storia sul Risorgimento abbiano raccontato delle cose molto fantasmagoriche, di fatto, se dietro non ci fosse stato l'aiuto a Garibaldi di qualcuno, in particolar modo sempre da parte della Gran Bretagna, non si sarebbe riusciti a fare quello che è stato fatto. Sono dati di fatto molto interessanti, perché riconducono a tutto questo filone e mi ha fatto venire in mente alcuni libri – non del dottor Fasanella, che non ho ancora avuto occasione di leggere – che ho letto, in particolar modo un libro di Wilbur Smith: è un autore che apprezzo molto, che scrive romanzi, quindi in realtà non sono fatti di storia, ma ce n'è uno molto interessante in cui parla dello Zimbabwe, del Sudafrica, quindi della rivoluzione comunista o comunque della rivoluzione contro coloro che avevano governato fino allora, della ribellione verso i bianchi che opprimevano le persone di colore in quei Paesi. A un certo punto, in Zimbabwe, in questa storia, c'è la possibilità che prenda il potere una rivoluzione marxista molto estremista, però dietro, di fatto, c'è comunque la Gran Bretagna che decide chi far prevalere in questa guerra e chi far vincere, in modo da evitare che sia il più estremista a vincere. Chiaramente questo è un romanzo, però quello di cui ha parlato Lei, invece, appartiene a storie realmente successe in Europa.
  Qualche anno fa, poi, ho avuto occasione anche di leggere e di conoscere di persona, prima che scomparisse, il generale Amos Spiazzi e quindi anche tutta la questione famosa di Gladio e di tutto quel periodo. C'era la paura dell'invasione sovietica e c'era, di fatto, una preparazione a un'opposizione attraverso anche una guerra «non regolare» nei confronti di un'eventuale invasione sovietica. Sono cose che effettivamente sono state o preparate o comunque ipotizzate in maniera reale.
  Ritengo molto interessante quello che Lei ha detto sulla questione delle fonti energetiche e della guerra mediterranea e sul fatto che queste riportano a un filone di storia, però mi piaceva anche capire nell'attualità quanto, ad oggi, quello che è accaduto nel passato, cioè queste influenze straniere che hanno cercato di entrare negli interessi italiani sulle questioni energetiche, sono entrate ed entrano oggi quotidianamente. Vedasi, ad esempio, la questione turca, con Cipro, dove Eni subisce la prepotenza turca, l'Unione europea subisce la prepotenza turca; in Libia è evidente che la Turchia cerca di espandersi, e quanto, quindi, oggi la Turchia diventi sempre più un Paese influente nell'area mediterranea e non solo, perché sappiamo come in Austria, Germania e così via, di fatto, porti avanti un altro tipo di influenza, comunque molto pesante e importante; e quanto al contempo lo sia quella cinese, perché anche la Cina è un Paese che sta adottando un certo tipo di espansionismo da questo punto di vista, più che energetico comunque di investimenti importanti, in particolar modo sulla questione dei porti – quindi parliamo sempre di Mediterraneo e di questioni strategiche – e quindi quanto, ad oggi, ci siano altri ruoli strategici.
  Tornando, invece, alla questione della Gran Bretagna, mi piacerebbe capire, secondo Lei, quanto la Gran Bretagna aveva questo ruolo chiaramente strategico, importante, forte a livello europeo, per non dire mondiale, prima di entrare nell'Unione europea, quanto è stata indebolita dal fatto di essere stata nell'Unione europea e quanto oggi può recuperare questo ruolo di influenza o comunque strategico Pag. 9importante, perché se è uscita dall'Unione europea l'ha fatto sicuramente anche per recuperare sovranità e forza rispetto agli altri Paesi. Quindi è interessante capire ad oggi se la Gran Bretagna, rispetto a quello che Lei ha descritto, ha ancora questo ruolo sicuramente importante.
  Riprendo una domanda che avevo fatto la settimana scorsa, sempre nell'ambito di questa indagine conoscitiva, alla dottoressa Zafesova, sulla questione delle personalità multinazionali, quindi persone giuridiche o persone fisiche, grandi imprenditori intesi come magnati o comunque che hanno una disponibilità economica immensa. Vorrei sapere se anche questi possono comunque creare un'influenza o un'interferenza negli interessi di un singolo Paese. Facendo anche nomi e cognomi, si discute spesso della figura di George Soros o di Bill Gates, in questi mesi per la questione dei vaccini, ma non solo, ovviamente. Quindi vorrei capire anche questo, perché rappresenta una questione che ritengo molto importante, da approfondire e che finora non è mai stata posta, invece, come riflessione.
  Infine, faccio un rilievo: mi spiace che il Partito democratico in generale, da parte maggiormente di sinistra, non sia qui in questa audizione quando sono loro stessi che hanno chiesto questo tipo di audizioni e questo tipo di indagine conoscitiva. Questo mi lascia qualche riflessione in più. Grazie.

  PRESIDENTE. Solo per dovere di cronaca, credo che siano in Aula perché oggi c'è il Presidente del Consiglio al question time. Infatti qualcuno si è dovuto allontanare. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Romaniello.

  CRISTIAN ROMANIELLO. Buongiorno, dottor Fasanella. La ringrazio per la Sua esposizione. Io sono stato Suo lettore, quindi anche per il libro che ho avuto il piacere di leggere Le faccio i miei migliori complimenti, per quanto umili. Volevo farLe una domanda precisa, in realtà, che riguarda quella Commissione segreta nel Regno Unito di cui parlava. Lei ha detto, se non ricordo male, che si trattava di funzionari del Ministero e non di politici. È possibile che ci siano strutture profonde che assumano decisioni di questa rilevanza senza alcun controllo politico? Non c'era nulla di politico, quindi nessuna rappresentanza dei cittadini, dietro decisioni di questo tipo? Nelle nostre strutture interne non c'è stato modo di rilevarle e detenerle in misura importante?

  PRESIDENTE. Mi sembra non ci siano altri interventi, per il momento. Do la parola al nostro ospite per la replica. Prego.

  GIOVANNI FASANELLA, giornalista e saggista. Le risposte sono rapidissime. Innanzitutto, per quanto riguarda il Partito democratico, dispiace anche a me. Oltretutto, essendo la parte politica alla quale io mi sento più vicino, mi dispiace davvero che non ci sia nessuno di loro ad ascoltare. Fuori ho incontrato l'onorevole Fassino: si è scusato, ha detto che andava via perché doveva sentire Conte; però ci sono gli altri. Mi dispiace, perché penso che anche al PD studiare questa materia potrebbe far bene.
  Per quanto riguarda il ruolo della Gran Bretagna oggi, se dovessi risponderLe in base alle reazioni nei confronti del mio lavoro, direi che sicuramente in molti settori ha ancora un'influenza notevole in Italia, sia nella politica, sia nell'economia, sia nel mondo dell'informazione; però credo che abbia combinato insieme ai francesi un po' di pasticci. Qui, però, devo limitarmi nell'esprimermi, non avendo dati e non essendo arrivata la mia ricerca sino ai giorni nostri. Io non posso fare altro, se volete, che darvi appuntamento tra qualche anno, quando i documenti che abbiamo già individuato saranno desecretati sul periodo relativo al 1992-1993 fino ai primi anni 2000; allora ne potremo riparlare. Mi pare, comunque, che si possa dire abbastanza tranquillamente che le cosiddette «primavere arabe», sulle quali ormai il giudizio è quasi unanime, lungi dal portare libertà e democrazia in queste zone caldissime del Mediterraneo, in realtà, in alcuni casi, sono state operazioni decise unilateralmente da Gran Bretagna e Francia, come in Libia, in funzione dei loro interessi nazionali contro Pag. 10gli interessi italiani, costringendo, oltretutto, il nostro Paese a parteciparvi praticamente con una pistola puntata alla tempia. Il risultato di quelle «primavere arabe» è sotto gli occhi di tutti. C'è una gran confusione, non hanno portato a una stabilizzazione democratica di quell'area, anzi, hanno portato all'esatto contrario di quello che si voleva ottenere: destabilizzazione, frammentazione, con in più il fatto che si sono inseriti in questa zona del mondo nuovi giocatori che stanno soppiantando, mi pare di capire, la stessa Francia e la stessa la stessa Gran Bretagna, perché tanto io purtroppo considero l'Italia molto debole. Se non fosse per la presenza dell'Eni e delle sue strutture in alcune zone, io credo che noi saremmo stati completamente gettati a mare. Invece, dobbiamo assistere allo spettacolo di una Turchia, di una Russia e di una Cina che fanno in quest'area tutto quello che vogliono.
  Più in là di questo, francamente, non mi sento di andare, perché dovrei esprimere soltanto opinioni, ma credo che le mie opinioni in questa sede non interessino a nessuno.
  I funzionari e la politica: è un tema molto delicato, io non voglio entrarci troppo dentro. Posso, però, dire che in quel caso erano funzionari che agivano su input politico, cioè su input del Governo britannico. Se poi il Governo britannico all'epoca rispondesse ad altri input, ad altre indicazioni, io questo francamente non lo so, ma la Commissione era una Commissione governativa istituita sulla base di una decisione del Governo. Non so se ho risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Penso di sì. Se non ci sono altre domande, io concluderei qui l'audizione ringraziando il dottor Fasanella per il suo contributo. Ricordo ai colleghi che alle 16.45 ci vediamo nella nuova aula dei Gruppi per il proseguimento dell'attività sulle missioni internazionali.

  La seduta termina alle 15.50.