CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 26 marzo 2019
164.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00183 Comencini: Sul riconoscimento reciproco in materia di conversione delle patenti di guida tra Italia e Russia.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
  premesso che:
   per i titolari di una patente di guida non comunitaria è possibile guidare veicoli cui la patente abilita fino ad un anno dalla data di acquisizione della residenza;
   il Governo ha concluso nel corso del tempo una serie di accordi con diversi Stati per il riconoscimento e la conversione reciproca della patente;
   la conversione senza esami è possibile solo qualora la patente estera sia stata conseguita prima di acquisire la residenza in Italia;
   la conversione senza esami è possibile qualora il titolare della patente sia residente in Italia da meno di quattro anni al momento della presentazione della domanda, mentre chi è residente da più di quattro anni dovrà sostenere l'esame di revisione;
   non possono essere convertite patenti estere ottenute per conversione di altra patente estera non convertibile in Italia;
   il Governo ha già concluso accordi di riconoscimento reciproco in materia di conversione delle patenti di guida con alcuni Paesi dell'ex Unione Sovietica;
   gli esami di teoria e di guida della Federazione Russa sono molto simili a quelli che si tengono in Italia e la segnaletica stradale verticale e orizzontale della Federazione Russa è pressoché identica a quella presente nel codice stradale italiano,

impegna il Governo

   ad adottare le iniziative necessarie ad avviare le procedure per la definizione di un accordo con la Federazione Russa sul riconoscimento reciproco in materia di conversione delle patenti di guida, in modo da facilitare la vita degli italiani residenti in Russia e dei russi in Italia.
(8-00020) «Comencini, Sabrina De Carlo, Formentini, Grimoldi, Billi, Caffaratto, Coin, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Ribolla, Zóffili».

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ALLEGATO 2

Risoluzione n. 7-00209 Suriano: Sul riconoscimento del genocidio yazida.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
  premesso che:
   gli Yazidi sono un'antichissima popolazione presente soprattutto nell'area mesopotamica e sono considerati «kuffar», infedeli, dai fanatici terroristi visto che la loro religione è una sorta di sincretismo nato dal contatto e dalla contaminazione di diverse religioni, compresi il cristianesimo e l'islam. Essi parlano, inoltre, il curdo ed evitano i matrimoni misti. Nei loro confronti è stato posto in essere un programma di eradicamento mirato e sistematico in quanto gruppo etnico;
   il 3 agosto 2014 i combattenti del Daesh, nel momento culminante della loro politica di espansione territoriale, penetrarono nei luoghi dove vive la maggioranza degli yazidi nel mondo. Si tratta del territorio del Sinjar, nel nord dell'Iraq e al confine con la Siria;
   quello stesso giorno i militanti dell'Isis massacrarono più di 3000 esseri umani, tra cui molti anziani, e rapirono poco meno di 7000 donne e bambini per ridurli in condizioni di schiavitù;
   due settimane dopo l'assalto di Daesh veniva rinvenuta la prima fossa comune che rivelò al mondo questo genocidio;
   oggi, dopo la caduta delle roccaforti Daesh in Siria (Raqqa) e in Iraq (Mosul), molti degli yazidi fuggiti all'estero stanno rientrando nei loro luoghi d'origine ma sono tanti gli sfollati di Ninive e Sinjar che vivono ormai da cinque anni nei campi profughi nel Kurdistan iracheno;
   molti di loro continuano a vivere nel territorio di Shengal nell'Iraq nordoccidentale vicino al confine con la Siria, nonostante qui abbiano subito esecuzioni di massa e siano stati costretti a sopravvivere oppressi da una crudele sofferenza psicologica permanente, in questo luogo gli yazidi vogliono continuare a esistere;
   secondo dati recenti, mancano ancora all'appello più di 3000 prigionieri dell'assalto dell'agosto del 2014 e, nelle ultime fasi di liberazione delle sacche resistenti del Daesh nelle roccaforti della Siria nord-orientale, si continuano a fare macabri rinvenimenti. Nel mese di febbraio è stata scoperta l'ennesima fossa comune di civili yazidi intrappolati nell'assedio. «Il Daesh sta usando gli yazidi rapiti come scudi umani» ha riferito Nadia Murad, insignita del Premio Nobel per la Pace 2018;
   le Forze Democratiche Siriane (SDF) hanno fornito prove fotografiche di questo genocidio ancora in corso e hanno pubblicato immagini di bambini liberati. Daesh ha provato a cancellare il loro senso di appartenenza all'etnia curda addestrandoli in campi speciali all'interno del programma «Cuccioli del Califfato» per farli diventare soldati e kamikaze; oggi purtroppo non parlano più nemmeno la loro lingua madre;Pag. 43
   secondo un recente rapporto dell'organizzazione non governativa Human Rights Watch, «i crimini dello Stato islamico contro la minoranza yazida proseguono e restano ampiamente impuniti». Sono ancora tante le donne vittime di abusi sessuali continui e ripetuti. Molte di loro vengono addirittura vendute come schiave;
   secondo i dati diffusi dall'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), il mercato della schiavitù sessuale può aver tristemente inciso per 21 milioni di dollari sulle casse dell'economia del Califfato. Allo stato attuale, per Daesh ridare la libertà a queste donne ha un prezzo che va da 20.000 a 30.000 dollari e, con quasi 3000 donne ancora nelle mani del Califfato e una crisi interna all'organizzazione terroristica, il rischio concreto è che questa tratta possa essere intensificata per finanziare la guerra;
   l'articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948, di cui anche Siria e Iraq sono parte, dice che la sussunzione della fattispecie genocidiaria è legata a una precisa ratio di sterminio anche solo di una parte di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso;
   nel settembre 2017 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione n. 2379, che istituiva un team investigativo per aiutare il governo iracheno a raccogliere, conservare e analizzare le prove dei crimini commessi dai combattenti del Daesh, e di fatto quindi anche con riferimento al genocidio yazida;
   la stessa Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria si è espressa sull'intera vicenda utilizzando il termine «genocidio yazida»;
   la richiesta avanzata anche da Nadia Murad è quella di impegnare le Nazioni Unite affinché mandino osservatori in Iraq fra gli Yazidi in modo da creare le condizioni per farli rientrare nei territori d'origine in sicurezza perché «senza protezione internazionale non c’è certezza che il terrorismo e il genocidio non tornino»;
   a livello internazionale, alcuni governi (tra cui quelli di Canada, Australia, Francia, Kuwait, Norvegia, Germania e Grecia) hanno dato il loro supporto con politiche di reinserimento nei territori d'origine dopo aver avviato programmi di protezione nei relativi Paesi;
   Human Rights Watch sostiene, inoltre, che i processi in corso per crimini commessi contro gli yazidi sono destinati a un nulla di fatto e gli imputati sono principalmente accusati di «appartenenza, supporto o assistenza allo Stato islamico». Il rischio è quindi che le prove del genocidio possano «perdersi, nel tempo, nelle fosse comuni che le autorità locali tardano a portare alla luce» e nella debole efficienza del sistema giudiziario iracheno;
   alcune organizzazioni non governative sostengono che le autorità irachene non stiano proteggendo adeguatamente le fosse comuni rinvenute dal 2014, nonostante una specifica legge lo imponga, e questo rende difficile rintracciare e identificare le persone scomparse,

impegna il Governo

   ad assumere iniziative per sensibilizzare la comunità internazionale sui crimini di cui in premessa e per valutare le modalità più opportune per riconoscere ufficialmente il genocidio yazida;
   a farsi promotore in seno alle Nazioni Unite e in ambito europeo di iniziative volte a giudicare i crimini relativi al genocidio yazida e garantire piena giustizia alle vittime;
   ad assumere iniziative, nei consessi internazionali, affinché le violenze sessuali perpetrate durante i conflitti di guerra vengano punite come crimini di guerra; Pag. 44
   a monitorare le attività del team investigativo attivato nel 2017 con la risoluzione n. 2379 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU;
   ad assumere le iniziative di competenza affinché si creino le condizioni per accelerare le procedure per il riconoscimento dei corpi rinvenuti nelle fosse comuni e per il censimento delle persone ad oggi presenti nei campi profughi in modo da avere contezza dei possibili sopravvissuti al genocidio.
(8-00021) «Suriano, Sabrina De Carlo, Cappellani, Ehm, Olgiati, Romaniello, Perconti, Siragusa».