CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 marzo 2019
156.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. C. 1637 Governo, approvato dal Senato.

PROPOSTA DI PARERE

  La II Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il provvedimento in oggetto, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni (A.C 1637);
   rilevato che:
    l'articolo 7 stabilisce le cause di revoca e decadenza dal reddito di cittadinanza, ovvero di riduzione del medesimo, e alcune sanzioni penali in materia, oltre a prevedere alcuni obblighi di comunicazione e di controllo da parte di pubbliche amministrazioni;
    in particolare, il comma 1 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, al fine di ottenere indebitamente il Reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute;
    la disposizione non chiarisce se nella fattispecie delittuosa rientri anche il caso in cui la condotta sia posta in essere allo scopo di conseguire una misura differente da quella effettivamente spettante del beneficio. Tale finalità dovrebbe, invece, essere opportunamente oggetto di una specifica previsione;
    appare, inoltre, opportuno valutare l'entità della pena prevista per tale ipotesi di reato, in considerazione della pena prevista per la fattispecie di cui all'articolo 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);
   rilevato altresì che:
    il comma 3 del medesimo articolo 7 dispone la revoca del Reddito di cittadinanza con efficacia retroattiva, in conseguenza della condanna in via definitiva, o della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per le fattispecie delittuose introdotte dai commi precedenti, nonché per una serie di reati fatti oggetto di puntuale elencazione (si tratta delle medesime fattispecie che comportano, ai sensi dell'articolo 2, comma 58 , della legge n. 92 del 2012, la sanzione della revoca degli eventuali ammortizzatori sociali in favore del condannato). Il beneficio non può essere di nuovo richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna;
    la disposizione andrebbe coordinata con quella di cui all'articolo 2 del provvedimento, che disciplina i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza. In particolare, dovrebbe essere specificato che la sentenza definitiva di condanna (o quella di applicazione della pena su richiesta delle parti) per i suddetti reati non comporta solo la revoca, ma anche la preclusione all'accesso al beneficio in questione;
    dovrebbe, inoltre, essere chiarito se il predetto termine di dieci anni, in conformità con quanto previsto dal successivo Pag. 64comma 11, riguardi la nuova richiesta di accesso al beneficio da parte anche di altri componenti del nucleo familiare;
   osservato che:
    il comma 4 dello stesso articolo 7 stabilisce, ferme restando le previsioni di cui al comma 3, la revoca del Reddito di cittadinanza per i casi in cui l'INPS accerti la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento della domanda ovvero l'omessa comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare. La revoca ha efficacia retroattiva, con il conseguente obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite;
    il successivo comma 5, nello stabilire i casi di decadenza dal Reddito di cittadinanza (di carattere non retroattivo), prevede che tale sanzione si applichi nel caso in cui uno dei componenti del nucleo familiare effettui comunicazioni mendaci, alle quali consegua un beneficio economico in misura maggiore (lettera f);
    la medesima sanzione (decadenza) si applica anche, ai sensi del comma 6, nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU ovvero in sede di altro atto nell'ambito della procedura di richiesta del beneficio, incluse le comunicazioni di cui all'articolo 3, comma 10. In tale ultimo caso, si dispone anche il recupero delle somme corrisposte in eccesso;
    le disposizioni di cui ai commi 5, lettera f) (nella parte in cui si riferisce all'effettuazioni di comunicazioni mendaci) e 6 dell'articolo 7 appaiono, in realtà, già sostanzialmente ricomprese entro le fattispecie delittuose introdotte dai commi 1 e 2 del medesimo articolo, dalle quali consegue non la decadenza, bensì la revoca del beneficio, con conseguente obbligo del beneficiario di restituire, con effetti retroattivi, quanto indebitamente percepito;
   ritenuto, infine, che:
    l'articolo 18-bis – introdotto nel corso dell'esame al Senato – dispone la sospensione del pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia o anticipati, erogati dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, per alcuni soggetti condannati che si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena detentiva nonché per i soggetti evasi o latitanti. Esso disciplina le modalità di adozione dei provvedimenti di sospensione, di comunicazione degli stessi provvedimenti agli enti interessati e di revoca della sospensione. Si prevede l'assegnazione delle risorse derivanti dall'applicazione delle suddette disposizioni al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura nonché agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (comma 5);
    la disposizione del comma 5 è mutuata dall'articolo 2, comma 63, della legge n. 92 del 2012. Si tratta però di un riferimento normativo datato in quanto il «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura», di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, è stato nel frattempo rinominato in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura e dei reati intenzionali violenti» dall'articolo 14, comma 1, L. 7 luglio 2016, n. 122 e poi in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici» dall'articolo 11, comma 4, L. 11 gennaio 2018, n. 4;
    dovrebbe, pertanto, essere valutata l'opportunità di prevedere la riassegnazione delle risorse al «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui Pag. 65all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225»;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2, nel prevedere i requisiti per l'accesso al reddito di cittadinanza, si valuti l'opportunità di specificare che la sentenza definitiva di condanna – così come l'applicazione della sentenza su richiesta delle parti – per i reati elencati al comma 3 dell'articolo 7 del provvedimento, comporta la preclusione all'accesso al beneficio, oltre che la revoca dello stesso con effetti retroattivi, già prevista all'articolo 7;
   b) all'articolo 7, comma 1, si valuti l'opportunità di chiarire se nella fattispecie delittuosa ivi prevista rientri anche l'ipotesi in cui la finalità consista nel conseguimento di una misura differente da quella effettivamente spettante del Reddito di cittadinanza. Si valuti, inoltre, l'opportunità di riconsiderare la sanzione prevista per tale fattispecie delittuosa, in considerazione della pena prevista per la fattispecie di cui all'articolo 316-ter;
   c) all'articolo 7, comma 3, si valuti l'opportunità di chiarire se il termine di dieci anni ivi previsto necessario per accedere nuovamente al beneficio riguardi o meno tutti i componenti il nucleo familiare;
   d) all'articolo 7, comma 5, lettera f), si valuti l'opportunità di espungere il riferimento, tra le ipotesi di decadenza dal reddito di cittadinanza, a quella relativa all'effettuazione di comunicazioni mendaci dirette ad ottenere un beneficio economico maggiore, essendo tale fattispecie già ricompresa nella previsione di cui al comma 2 del medesimo articolo 7. Per le stesse ragioni, si valuti l'opportunità di sopprimere il comma 6 del medesimo articolo;
   e) all'articolo 18-bis, comma 5, si valuti l'opportunità di prevedere la riassegnazione delle risorse al «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225».

Pag. 66

ALLEGATO 2

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni C. 1637 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il provvedimento in oggetto, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni (A.C 1637);
   rilevato che:
    l'articolo 7 stabilisce le cause di revoca e decadenza dal reddito di cittadinanza, ovvero di riduzione del medesimo, e alcune sanzioni penali in materia, oltre a prevedere alcuni obblighi di comunicazione e di controllo da parte di pubbliche amministrazioni;
    in particolare, il comma 1 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, al fine di ottenere indebitamente il Reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute;
    la disposizione non chiarisce se nella fattispecie delittuosa rientri anche il caso in cui la condotta sia posta in essere allo scopo di conseguire una misura differente da quella effettivamente spettante del beneficio. Tale finalità potrebbe, invece, essere opportunamente oggetto di una specifica previsione;
    appare, inoltre, opportuno valutare l'entità della pena prevista per tale ipotesi di reato, in considerazione della pena prevista per la fattispecie di cui all'articolo 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);
   rilevato altresì che:
    il comma 3 del medesimo articolo 7 dispone la revoca del Reddito di cittadinanza con efficacia retroattiva, in conseguenza della condanna in via definitiva, o della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per le fattispecie delittuose introdotte dai commi precedenti, nonché per una serie di reati fatti oggetto di puntuale elencazione (si tratta delle medesime fattispecie che comportano, ai sensi dell'articolo 2, comma 58 , della legge n. 92 del 2012, la sanzione della revoca degli eventuali ammortizzatori sociali in favore del condannato). Il beneficio non può essere di nuovo richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna;
    dovrebbe essere valutata l'opportunità di modificare la disposizione, ampliando il catalogo di reati da cui consegue, in presenza di una condanna definitiva o di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, la revoca del beneficio con effetti retroattivi. La norma andrebbe, inoltre, coordinata con quella di cui all'articolo 2 del provvedimento, che disciplina i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza. In particolare, dovrebbe essere specificato che la sentenza definitiva di condanna per tali reati (o quella di applicazione della Pag. 67pena su richiesta delle parti) comporta la preclusione all'accesso al beneficio in questione. In altri termini, dovrebbe essere ampliato, all'articolo 2 del provvedimento, il novero dei requisiti che cumulativamente concorrono per l'accesso al beneficio, includendovi espressamente anche l'assenza di condanne definitive o di pronunce ex articolo 444 del codice di procedura penale per i reati specificamente indicati;
    sempre in riferimento al comma 3 dell'articolo 7, dovrebbe essere altresì chiarito se il predetto termine di dieci anni, in conformità con quanto previsto dal successivo comma 11, riguardi la nuova richiesta di accesso al beneficio da parte anche di altri componenti del nucleo familiare;
   osservato che:
    il comma 4 dello stesso articolo 7 stabilisce, ferme restando le previsioni di cui al comma 3, la revoca del Reddito di cittadinanza per i casi in cui l'INPS accerti la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento della domanda ovvero l'omessa comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare. La revoca ha efficacia retroattiva, con il conseguente obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite;
    il successivo comma 5, nello stabilire i casi di decadenza dal Reddito di cittadinanza (di carattere non retroattivo), prevede che tale sanzione si applichi nel caso in cui uno dei componenti del nucleo familiare effettui comunicazioni mendaci, alle quali consegua un beneficio economico in misura maggiore (lettera f);
    la medesima sanzione (decadenza) si applica anche, ai sensi del comma 6, nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU ovvero in sede di altro atto nell'ambito della procedura di richiesta del beneficio, incluse le comunicazioni di cui all'articolo 3, comma 10. In tale ultimo caso, si dispone anche il recupero delle somme corrisposte in eccesso;
    le disposizioni di cui ai commi 5, lettera f) (nella parte in cui si riferisce all'effettuazione di comunicazioni mendaci) e 6 dell'articolo 7 sembrerebbero già ricomprese entro le fattispecie delittuose introdotte dai commi 1 e 2 del medesimo articolo, dalle quali consegue non la decadenza, bensì la revoca del beneficio, con conseguente obbligo del beneficiario di restituire, con effetti retroattivi, quanto indebitamente percepito;
   ritenuto, infine, che:
    l'articolo 18-bis – introdotto nel corso dell'esame al Senato – dispone la sospensione del pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia o anticipati, erogati dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, per alcuni soggetti condannati che si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena detentiva nonché per i soggetti evasi o latitanti. Esso disciplina le modalità di adozione dei provvedimenti di sospensione, di comunicazione degli stessi provvedimenti agli enti interessati e di revoca della sospensione. Si prevede l'assegnazione delle risorse derivanti dall'applicazione delle suddette disposizioni al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura nonché agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (comma 5);
    la disposizione del comma 5 è mutuata dall'articolo 2, comma 63, della legge n. 92 del 2012. Si tratta però di un riferimento normativo datato, in quanto il «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura», di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, è stato nel frattempo rinominato in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura e dei reati intenzionali Pag. 68violenti» dall'articolo 14, comma 1, della legge 7 luglio 2016, n. 122 e poi in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici» dall'articolo 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4;
    dovrebbe, pertanto, essere valutata l'opportunità di modificare la disposizione, facendo riferimento alla corretta denominazione del predetto Fondo;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 7, comma 1, si valuti l'opportunità di chiarire se nella fattispecie delittuosa ivi prevista rientri anche l'ipotesi in cui la finalità consista nel conseguimento di una misura differente da quella effettivamente spettante del Reddito di cittadinanza. Si valuti, inoltre, l'opportunità di riconsiderare la sanzione prevista per tale fattispecie delittuosa, in considerazione della pena prevista per la fattispecie di cui all'articolo 316-ter;
   b) all'articolo 7, comma 3, si valuti l'opportunità di ampliare il catalogo di reati da cui consegue, in presenza di una condanna definitiva o di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, la revoca del beneficio con effetti retroattivi. Conseguentemente, si valuti l'opportunità di prevedere all'articolo 2 del provvedimento, tra i requisiti necessari per l'accesso al beneficio, l'assenza di condanne definitive o di sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti per tali reati. Sempre in riferimento al comma 3 del medesimo articolo 7, si valuti, infine, l'opportunità di chiarire se il termine di dieci anni necessario per accedere nuovamente al beneficio riguardi o meno tutti i componenti il nucleo familiare;
   c) all'articolo 7, comma 5, lettera f), si valuti l'opportunità di espungere il riferimento, tra le ipotesi di decadenza dal reddito di cittadinanza, all'effettuazione di comunicazioni mendaci dirette ad ottenere un beneficio economico maggiore, considerato che tale fattispecie sembrerebbe già ricompresa nelle previsioni di cui al comma 1 dello stesso articolo. Per analoghe ragioni, si valuti altresì l'opportunità di sopprimere il comma 6;
   d) all'articolo 18-bis, comma 5, si valuti l'opportunità di sostituire le parole: «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, e dell'usura di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225» con le seguenti: «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225».