CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1 agosto 2019
232.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00287 Cappellani: Sul nuovo codice penale introdotto in Brunei.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione,
   premesso che:
    il 3 aprile 2019 il Brunei (Nagara Brunei Darussalam) ha introdotto un nuovo codice penale che prevede un inasprimento delle pene per determinate condotte sessuali e criminali;
    nello specifico, il nuovo codice penale prevede l'entrata in vigore di misure quali la condanna a morte per lapidazione per: atti sessuali consensuali intercorsi tra persone dello stesso sesso, rapporti sessuali extraconiugali, aborto e violenza sessuale;
    il nuovo codice penale prevede, inoltre, l'amputazione di un arto in caso di furto e la pena di morte per blasfemia nei confronti del profeta Maometto, tanto per i musulmani quanto per i non musulmani, inclusi gli stranieri, e si estende ai reati commessi al di fuori del Paese dai cittadini e dai residenti permanenti; anche ai bambini dopo la pubertà, condannati per tali reati, possono essere inflitte le stesse pene degli adulti e, in taluni casi, possono essere sottoposti a fustigazione;
    il nuovo codice penale era stato annunciato per la prima volta nell'ottobre del 2013, attraverso un'introduzione graduale per tre fasi. In quell'occasione il sultano Hassanal Bolkiah affermò che il Brunei sarebbe stato il primo Paese del Sudest asiatico a introdurre la syariah («legge islamica» in lingua malese);
    la nuova legislazione penale si ispira a un'interpretazione sunnita letteralista della shari'a («legge islamica») e si incardina all'interno dell'ideologia ufficiale del sultanato, la Melayu Islam Beraja (Monarchia Islamica Malese), proclamata dal sultano il 1o gennaio 1984, giorno dell'indipendenza del Paese, e basata su tre pilastri: 1) lingua, cultura e usi malesi; 2) norme e valori islamici; 3) sistema di governo sultanale;
    prima dell'introduzione del codice penale basato sulla shari'a, in Brunei l'omosessualità era illegale ed era punibile con pene detentive fino a dieci anni, e le nuove disposizioni sono una palese e flagrante violazione degli obblighi del Brunei derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani, tra cui il diritto alla vita, la libertà dalla tortura e da altri maltrattamenti, la libertà di espressione, la libertà di religione e il diritto alla vita privata, vietati, tra le altre cose, dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, di cui il Brunei è firmatario dal 2015;
    le norme del codice penale andranno a creare discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, come pure discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze religiose in Brunei, dove oltre all'islam, si professa il cristianesimo, il buddismo, l'induismo e diverse religioni indigene, che fino ad ora hanno coesistito pacificamente;
    in Brunei esiste una moratoria di fatto sulla pena di morte e l'ultima esecuzione ha avuto luogo nel 1957. L'attuazione del nuovo codice penale basato sulla shari'a reintrodurrebbe quindi la pena di Pag. 29morte nell'ordinamento, per cui le nuove norme hanno suscitato sdegno a livello della comunità internazionale e messo in atto dei veri e propri boicottaggi nei confronti del Paese anche da parte di investitori privati;
    in Brunei le ultime elezioni si sono tenute nel 1962 e il sultano esercita sia il ruolo di capo di Stato che quello di primo ministro e detiene la piena autorità esecutiva;
    in seguito alle proteste il sultano del Brunei ha annunciato che manterrà la moratoria sulla pena di morte e che questa si applicherà anche alle condanne a morte per lapidazione per l'omosessualità e l'adulterio e ha aggiunto che è intenzione del Paese ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, firmata dal Paese nel 2015,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza affinché il Brunei mantenga la moratoria sul ricorso alla pena di morte quale passo verso la sua completa abolizione;
   a manifestare profonda preoccupazione alle autorità del Brunei per un codice penale basato sulla shari'a e ad assumere iniziative, in coordinamento con i partner UE, affinché si attuino disposizioni che rispettino i diritti umani internazionali e che siano finalizzate a depenalizzare l'omosessualità e a garantire l'effettiva applicazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge e il rispetto dei diritti fondamentali di tutti i cittadini, senza distinzioni di alcun tipo basate su motivazioni quali il genere, l'orientamento sessuale, la razza o la religione;
   ad esprimere profonda preoccupazione per la possibile applicazione del diritto penale ai minori;
   ad adottare iniziative, in coordinamento con i partner UE, affinché le autorità del Brunei rispettino pienamente la libertà di religione nel Paese, come stabilito nella sua stessa costituzione, e consentano la celebrazione pubblica di tutte le festività religiose, compreso il Natale;
   ad incoraggiare le autorità del Brunei a promuovere il dialogo politico con i principali soggetti interessati della società civile, le organizzazioni per i diritti umani, le istituzioni religiose e le organizzazioni imprenditoriali, sia all'interno che all'esterno del Brunei, al fine di promuovere e tutelare i diritti umani nel suo territorio.
(8-00041) «Cappellani».

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ALLEGATO 2

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa su un approccio integrato in materia di sicurezza fisica, sicurezza pubblica e assistenza alle partite di calcio ed altri eventi sportivi, fatta a Saint-Denis il 3 luglio 2016 (C. 1850 Governo).

EMENDAMENTO APPROVATO

ART. 4.

  Al comma 1, sostituire le parole: pari a euro 27.030 a decorrere dall'anno 2019 con le seguenti: valutato in 27.030 euro annui a decorrere dall'anno 2019.
4. 1. Il Relatore.

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ALLEGATO 3

Sugli esiti della missione svolta in Slovenia (29-30 luglio 2019).

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

  La presidente Marta Grande e l'onorevole Filippo Giuseppe Perconti si sono recati in visita, in rappresentanza della Commissione, in Slovenia su invito dell'omologo presidente della Commissione esteri dell'Assemblea Nazionale slovena, Matjaz Nemec. Il programma della visita ha previsto, oltre all'incontro con una delegazione della Commissione esteri slovena, un colloquio con il Segretario di Stato agli esteri, Dobran Bozic, tenutosi presso il Ministero degli esteri sloveno, ed una tavola rotonda con i rappresentanti della Comunità autogestita nazionale e dell'Unione italiana, che si è svolta a Capodistria.
  La visita è stata introdotta da un breafing dell'Ambasciatore d'Italia a Lubiana, Paolo Trichilo, che ha aggiornato la delegazione sull'ottimo stato delle relazioni bilaterali. Il nostro diplomatico ha evidenziato l'esigenza di mettere maggiormente a frutto la particolare sintonia che lega l'Italia alla Slovenia anche in quanto Paese che sintetizza diverse anime della cultura europea: quella slava, quella mitteleuropea e quella latina. La Slovenia si caratterizza, infatti, per essere un Paese che in politica estera condivide l'approccio italiano essendo fortemente ancorato al sistema internazionale multilaterale e ad uno specifico impegno a sostegno dei diritti umani. Nel consesso europeo la Slovenia si è distinta, inoltre, per posizioni non aprioristicamente schiacciate a favore della cosiddetta austerity e per una carica positiva sui temi economici, come attestano le cifre concernenti la performance del prodotto interno lordo. È tuttavia un Paese in cui i redditi delle persone fisiche sono fortemente gravati dal prelievo fiscale e dove il processo di privatizzazione non si è ancora compiuto. La Slovenia condivide con l'Italia il forte sostegno al processo di integrazione europea dei Balcani occidentali ed è impegnata in un delicato negoziato per il superamento delle controversie territoriali con la Croazia, presupposto per l'ingresso di Zagabria nell'area Schengen e nell'OCSE.
  L'incontro con il Presidente della Commissione esteri della Camera bassa slovena, Matjaz Nemec, si è aperto nel segno dell'enfasi al comune impegno per i Balcani, area rispetto alla quale Lubiana si accredita come attore ed intermediario necessario in quanto legato da ottimi rapporti con tutti gli Stati della regione. Il Presidente Nemec ha insistito sull'esigenza di procedere nel percorso di integrazione europea che per la Slovenia rappresenta una questione strategica, anche alla luce del crescente ruolo nella regione di Paesi come la Turchia, l'Arabia Saudita, la Cina, la Russia e il Qatar. Il Presidente Nemec ha anche descritto l'evoluzione della situazione politica interna alla Slovenia passata dalla volatilità dei governi nella fase 2011-2014 ad una ormai consolidata stabilità, frutto di una maggiore prosperità economica. Tale evoluzione sarebbe adesso coronata da un cambio generazionale nella leadership del Paese.
  Sul terreno economico, il Paese è interessato da significativi flussi turistici in continua crescita, che vedono l'Italia collocarsi al primo posto. Sono importanti anche i risultati conseguiti nel campo dell'agroalimentare e della promozione culturale, come conferma la candidatura di Nuova Gorizia a capitale della cultura nel 2025.Pag. 32
  La Presidente Grande ha ricordato la recente approvazione di una risoluzione sull'integrazione euroatlantica dei Balcani occidentali a conferma del comune impegno nella regione ed è quindi passata a proporre al Presidente Nemec un sostegno al Parlamento italiano per portare al più alto livello europeo la questione connessa alla morte per tortura di Giulio Regeni, originario di una località, Fiumicello, assai cara allo stesso Presidente Nemec. La Presidente Grande ha quindi preannunciato la trasmissione a tutti gli omologhi europei che prenderanno parte, dal 4 al 6 settembre, alla Conferenza interparlamentare sulla PESC-PSDC, di una lettera concernente l'esigenza di porre al centro dell'agenda europea la vicenda Regeni, come pure quella di individuare meccanismi di tutela per tutti i giovani ricercatori europei che, per motivi di carattere scientifico, sono impegnati in aree del mondo instabili o fragili sul terreno delle garanzie su diritti e libertà fondamentali.
  Il Presidente Nemec ha manifestato al riguardo pieno e convinto sostegno incoraggiando la Presidente Grande a ben rappresentare agli interlocutori europei gli elementi salienti e significativi per la politica europea connessi al caso Regeni.
  Nemec ha quindi dato risalto alla questione da lui denominata «tutela dello stato di diritto», dovendosi con ciò intendere la controversia territoriale con la Croazia rispetto alla delimitazione del Golfo di Pirano, da cui dipenderebbe per la Slovenia l'accesso diretto alle acque internazionali. Il colloquio si è quindi concentrato sul tema dell'immigrazione. Il Presidente Nemec ha rappresentato l'esigenza prioritaria di rinforzare la frontiera croato-bosniaca e quella greco-macedone, nonché le ulteriori linee di frontiera lungo la cosiddetta route balcanica, auspicabilmente con il sostegno di FRONTEX e dell'Unione europea nel suo complesso. Ha quindi sottolineato che la Slovenia, a differenza della Repubblica slovacca, non ha posto obiezioni e collabora nella distribuzione di quote di richiedenti asilo e non ha mancato di sollevare critiche nei confronti del gruppo di Visegrad per le note rigidità in tema di politiche europee sull'immigrazione. Ha quindi ricordato che dal 2017 il confine tra Slovenia e Croazia è recintato e presidiato militarmente anche al fine di rassicurare i partner europei, nell'interesse condiviso al mantenimento dell'Accordo di Schengen. Ha anche insistito sull'esigenza di accantonare la proposta di un «muro» tra Italia e Slovenia, trattandosi di una questione che ha destato grande attenzione da parte dell'opinione pubblica slovena e in particolare dalla comunità italiana. Il deputato Perconti ha sottolineato che in Italia si sono ridotti gli sbarchi di migranti clandestini e che, come emerso anche da una precedente audizione del Presidente Fedriga in Comitato Schengen, i rapporti tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia, sono ottimi.
  I due Presidenti si sono quindi confrontati su ulteriori tematiche quali, in particolare, i rapporti con la Russia, la crisi libica, quella mediorientale e gli sviluppi della politica estera europea. Il Presidente Nemec ha dato conto del tradizionale ottimo ma bilanciato rapporto tra Lubiana e Mosca, nel contesto di una politica estera fortemente ancorata al sistema di alleanze euroatlantiche. La Presidente Grande ha da parte sua illustrato la politica estera italiana, oggi segnata da una maggiore disponibilità al dialogo con Mosca, pur nella considerazione della distanza che sussiste tra i due Paesi su importanti dossier di politica estera. Questo approccio inclusivo è utile e necessario per qualunque Paese ambisca a svolgere un ruolo di mediatore per la soluzione di crisi internazionali. La Presidente Grande ha quindi sottolineato che occorre lavorare ad una visione di insieme e ad una politica estera comune valorizzando best practice come il JCPOA, che rappresenta un modello a suo avviso spendibile anche per la crisi libica. Il Presidente Nemec ha chiesto chiarimenti sulla posizione italiana rispetto al riconoscimento della Palestina, tema assai avvertito in Slovenia dove tale riconoscimento è stato compiuto, come anche in Svezia. La Presidente Grande, nel rappresentare che il tema non è in cima all'agenda di politica estera italiana, ha Pag. 33descritto il quadrante libico come tema prioritario per l'Italia, che lavora a promuovere il dialogo tra le parti, secondo le linee concordate in sede europea, auspicando al contempo un maggiore ruolo da parte di Bruxelles. Conclusivamente la Presidente ha invitato la Commissione esteri slovena a recarsi in missione a Roma, prendendo atto della richiesta del collega Nemec per il completamento del gruppo di amicizia in sede UIP.
  La delegazione ha quindi incontrato il Segretario di Stato Dobran Bozic con cui sono stati affrontati i temi dell'integrazione dei Balcani occidentali, della promozione delle relazioni bilaterali, dell'immigrazione, della tutela delle minoranze, oltre che al caso Regeni.
  Il Sottosegretario Bozic ha posto subito la questione della tutela della minoranza slovena in Italia, dando atto del prezioso lavoro svolto dall'Italia ed auspicando che la riduzione del numero di parlamentari non incida sulla tradizionale presenza di un parlamentare italiano espressione della minoranza slovena. Sui Balcani Occidentali ha rappresentato il forte sostegno all'apertura del negoziato quanto meno con la Macedonia del Nord, a fronte delle emergenti difficoltà per l'Albania. In generale occorre investire maggiormente nella regione, soprattutto per garantire lavoro ai giovani e maggiori infrastrutture. Nell'impegno ad un sostegno incondizionato all'Italia sul caso Regeni, Bozic ha auspicato che l'Europa possa portare una propria posizione comune presso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e, in generale, l'avvio di una iniziativa europea per la tutela dei ricercatori europei. Sull'immigrazione il Segretario di Stato ha ricordato la cooperazione slovena nella missione Mare Nostrum e il forte sostegno ad un approccio europeo, divenuto ormai imprescindibile. Confermando la collaborazione con la Croazia per la tutela dei confini dell'area Schengen, Bozic ha richiamato la collaborazione italo-slovena per il pattugliamento misto alla luce di crescenti flussi provenienti dalla Bosnia Erzegovina. Rispetto alla crisi del 2015 ha sottolineato il nesso tra emergenza migratoria e organizzazioni criminali transnazionali che hanno alimentato quei flussi e fenomeni connessi, a partire dal traffico internazionale di organi. Alla domanda della Presidente Grande concernente la presenza di foreign fighters sloveni in area siro-irachena, il Sottosegretario ha riferito di tre o quattro casi nel contesto di una forte campagna di reclutamento che ha preso di mira per lo più la Bosnia Erzegovina per il tramite di imam radicalizzati e in forza di promesse economiche allettanti. Certamente oggi per la Slovenia non è possibile impedire in astratto il ritorno di propri connazionali ad oggi ancora trattenuti dalle autorità irachene.
  Bozic ha poi auspicato che non si giunga ad una chiusura del confine con l'Italia e che si intensifichi il dialogo europeo a livello sia bilaterale sia multilaterale, scongiurando che nella percezione dei cittadini europei, soprattutto se giovani, Bruxelles possa diventare una nuova Belgrado. La Presidente Grande nel ricordare che l'Unione interparlamentare terrà proprio in Serbia in ottobre un suo importante appuntamento, ha dato conto dell'eventuale impegno del Governo e del Parlamento italiano ad individuare soluzioni al fenomeno dell'immigrazione clandestina, anche attraverso un maggiore ricorso ai corridoi umanitari, strumento valido per la distinzione tra migranti illegali e profughi. L'Ambasciatore Trichilo ha sulla questione riferito la cifra di circa 2 mila persone giunte legalmente in Italia da Libia, Siria e Libiano.
  Il Sottosegretario ha quindi affrontato il tema delle minoranze, che devono essere considerate come un prezioso asset per le relazioni tra i due Paesi, entrambi impegnati nel miglioramento degli strumenti normativi ad hoc. L'Ambasciatore ha riferito di un elemento nuovo rappresentato dalla mobilità di italiani che hanno di recente fissato la propria residenza in Slovenia, fenomeno di cui ha dato conto il Comitato consuntivo sugli italiani all'estero. Sulla questione è in atto un dialogo tra i due Governi. Ultimo tema del colloquio è stato il richiamo alla collaborazione tra Forze armate italiane e slovene nell'ambito Pag. 34della brigata Multinational Defense Force, che rappresenta uno strumento utile per affrontare emergenze analoghe a quella del 2015.
  La delegazione si è quindi trasferita a Capodistria per un incontro con la Comunità italiana rappresentata dall'Unione italiana e dalla Comunità autogestita nazionale (CAN).
  I rappresentanti dei connazionali in Slovenia hanno dato conto dell'attivismo della nostra minoranza, impegnata nella conservazione della cultura e della lingua italiana in Slovenia. Ne è emersa la centralità delle istituzioni scolastiche e l'esigenza di mettere a sistema i vari attori istituzionali nell'attuazione della «Strategia culturale», per la quale la Comunità intende chiedere fondi maggiori rispetto a quelli percepiti negli ultimi quindici anni. La radio e la televisione italiana sono veicoli essenziali, divenuti più incisivi grazie all'avvento del satellite che consente la trasmissione dei programmi anche in Istria e in Italia. È altresì emerso che lo Stato sloveno ha di recente elargito 900 milioni di euro per un triennio per la realizzazione di progetti in campo imprenditoriale. La Comunità ha registrato passi avanti del Governo sloveno per la tutela dell'istro-veneto come lingua e per il progetto di un archivio della Comunità italiana. È quindi intervenuto il deputato al Parlamento sloveno che rappresenta la minoranza italiana, l'onorevole Ziza, che ha ricordato le basi giuridiche internazionali concernenti la Comunità italiana in Slovenia, menzionando il doppio diritto di voto di cui sono titolari i nostri connazionali. A livello di legislazione interna sono essenziali gli articoli 11 e 64 della Costituzione slovena che contemplano, tra l'altro, la necessità di una consultazione della Comunità in caso di modifiche costituzionali rilevanti. L'onorevole Ziza ha quindi sollevato tre questioni su cui ha chiesto l'attivazione della Commissione: 1) l'esigenza di istituire un tavolo di lavoro tra i due Ministeri degli esteri, le diverse Comunità autogestite e con la stessa Commissione parlamentare per l'incremento dei fondi, ad oggi fissati in 264 mila euro annuali, per la diffusione dei programmi satellitari e del canale RT1 Capodistria, al fine di raggiungere gli esuli italiani residenti in Friuli Venezia Giulia; 2) sul tema del riconoscimento dei titoli universitari italiani in Slovenia, si richiede maggior dialogo affinché anche il Provveditorato sloveno, come quello di Trieste, si assuma responsabilità su studenti italiani che vogliano stabilirsi in Slovenia. Sulla questione è stata invocata la figura di un consulente pedagogico, utile a definire testi e programmi concordati. Anche su questo tema occorrerebbe un tavolo di lavoro; 3) occorre intervenire sul tema del bollino autostradale introdotto nell'ambito della riforma del sistema tra Slovenia e Croazia affinché sia garantita la gratuità della tratta tra Monfalcone e Rabuiese, conformemente all'articolo 5 del Trattato di Osimo sulla libertà di circolazione. Occorre un intervento della Farnesina nella considerazione che la Slovenia paventa rivendicazioni da parte di altre minoranze e del settore turistico.
  La Presidente Grande e il deputato Perconti hanno dato ampia disponibilità a sostenere le istanze della comunità italiana.
  I diversi rappresentanti della Comunità italiana presenti all'incontro hanno quindi preannunciato la trasmissione di ulteriore documentazione a sostegno di quanto rappresentato.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-01934 Andrea Romano: Sull'arresto a Londra di Julian Assange.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La revoca dell'asilo politico a Julian Assange da parte delle Autorità di Quito – e il suo successivo, immediato arresto l'11 aprile 2019 da parte del Regno Unito, sulla base di una richiesta di arresto formalizzata da parte svedese (per un procedimento relativo a due separate accuse di aggressione a sfondo sessuale e stupro) – ha posto fine al lungo periodo di stallo iniziato nel giugno 2012, quando l'interessato aveva avanzato richiesta di protezione internazionale – ottenendola – presso l'Ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove ha risieduto da quella data e fino ai più recenti sviluppi.
  La vicenda rileva in primo luogo da un punto di vista giudiziario e di cooperazione giudiziaria tra Stati. In particolare, gli ultimi passaggi giudiziari riguardano la condanna – pronunciata da una Corte londinese il 1o maggio – a 50 settimane di detenzione per aver violato i termini del rilascio su cauzione; la decisione della Procura svedese il 13 maggio di riaprire il caso per stupro; l'incriminazione da parte delle Autorità statunitensi in base all’Espionage Act, sulla base di 17 capi d'accusa che potrebbero portare a una condanna fino a 170 anni di detenzione. Lo scorso 13 giugno il Governo Britannico ha dato il nulla osta alla richiesta di estradizione statunitense, su cui adesso dovrà pronunciarsi, probabilmente non prima del febbraio del prossimo anno, un tribunale britannico (la richiesta di estradizione svedese è stata invece sospesa da una successiva pronuncia di secondo grado).
  La notorietà di Assange è naturalmente legata alla vicenda della piattaforma WikiLeaks, ma la sua figura resta controversa. I suoi sostenitori individuano nella sua attività un contributo alla libertà di informazione e alla trasparenza rispetto alle decisioni dei Governi: tra le altre cose, rivendicano il contributo che le rivelazioni del sito avrebbero fornito a movimenti democratici – inclusa l'originaria primavera araba tunisina – e la circostanza che documenti pubblicati sulla piattaforma siano stati utilizzati, con successo, a sostegno di cause per la difesa dei diritti umani in molti Paesi. Al contempo però la figura di Assange e la piattaforma WikiLeaks restano inestricabilmente legati alla pubblicazione di parte della mole di documenti forniti dall'ex militare e attivista Chelsea (Bradley) Manning, tra cui circa 500 mila documenti militari dai teatri iracheni e afgani; e circa 250 mila dispacci del Dipartimento di Stato statunitense. È sulla pubblicazione di questi documenti che si basa il procedimento giudiziario avviato dagli Stati Uniti nei suoi confronti.
  A questa attività di denuncia – o di mera pubblicazione, in omaggio al principio di trasparenza e diritto di informazione – i detrattori di Assange oppongono non solo, e non tanto, l'accusa di spionaggio, quanto soprattutto dubbi circa le motivazioni dello stesso Assange e in merito alla possibilità che egli possa essere stato strumentalizzato – e quanto inconsapevolmente – da alcuni Stati, in particolare la Russia. Quest'ultimo aspetto – al vaglio della magistratura americana – è prepotentemente emerso in occasione della campagna presidenziale USA 2016, quando WikiLeaks pubblicò decine di migliaia di messaggi mail sottratti agli account di dirigenti del Partito Democratico.Pag. 36
  Oltre alle accuse relative alla presunta matrice russa delle operazioni di hackeraggio ai danni del Partito Democratico USA nel 2016, anche la pubblicazione da parte della piattaforma WikiLeaks nel giugno 2015 di circa 500 mila dispacci del Ministero degli esteri saudita è stata ricondotta da alcuni analisti a un'operazione di intelligence iraniana.
  Rimangono dunque ancora diverse zone di ombra in merito all'effettiva provenienza e alle fonti delle informazioni pubblicate, tenuto anche conto che il software di WikiLeaks apparentemente non consentirebbe di verificare l'identità di chi abbia inteso caricare anonimamente dei contenuti. Si tratta peraltro di una mole cospicua di informazioni che nel corso degli anni ha riguardato anche grandi conglomerati finanziari (inclusi bilanci non ancora resi pubblici), bozze di accordi di commercio internazionale o documenti ufficiali di governo, senza possibilità materiale di selezione e finendo in molti casi per diffondere anche informazioni di carattere privato e personale, che in nessun modo potevano ritenersi avere un interesse pubblico.
  Tutto ciò premesso, lasciatemi concludere rilevando come anche alcuni analisti critici di Assange abbiano sollevato dubbi sulla legittimità della sua incriminazione, come complice di Chelsea Manning, sulla base della normativa denominata Espionage Act. Pur rimettendo ovviamente ogni valutazione alla competente magistratura statunitense, si segnala che si tratta della prima volta che l’Espionage Act viene utilizzato nei confronti di un editore, che sarebbe dunque protetto dalla libertà di stampa e – negli USA – dal Primo Emendamento. Peraltro, nessuno degli organi di informazione statunitensi che ha ripreso i contenuti di WikiLeaks è stato, del resto, incriminato.

  «Tengo a chiarire che il Ministro non ha alcuna necessità di approvare o non approvare le dichiarazioni di un sottosegretario, che riflettono la sua personale visione e quella del suo movimento di riferimento, ovvero il Movimento 5 stelle».

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-01268 Scalfarotto: Sulla procedura di nomina di un giudice italiano presso il Tribunale dell'Unione europea.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le questioni alle quali fa riferimento l'On. interrogante sono pubbliche e note da mesi. Nel merito, l'unica cosa oggettivamente vera è che il Governo abbia deciso di adottare una nuova procedura di selezione, competitiva e trasparente, per individuare i candidati italiani alle due posizioni di giudice del Tribunale Ue per il mandato che decorre dal 1o settembre.
  In precedenza, tali designazioni erano sempre state effettuate in maniera assolutamente discrezionale dal Governo in carica e peraltro, contrariamente a quanto affermato, non sempre conducevano a una conferma del giudice in scadenza di mandato, desideroso di restare in carica.
  Il Ministro ha già chiarito di ritenere le accuse incomprensibili e diffamatorie e di respingerle come frutto di un fantasioso processo alle intenzioni. Di certo affermazioni gravi, anche perché provenienti da una persona che dichiara di essere uno dei candidati nella procedura di selezione, all'epoca ancora in corso. Anche per questo motivo sfugge la logica delle insinuazioni: come può chi si è validamente candidato, con altri, a una selezione aperta, sostenere che questa è stata bandita allo scopo di escluderlo ?
  Va anche ricordato che l'altro giudice italiano in scadenza di mandato, ha espresso la sua «più ferma disapprovazione» e la sua «più totale dissociazione» dall'iniziativa del collega, come riportato dalle agenzie stampa.
  Con riguardo alla procedura di cui trattasi, va precisato che le materie relative all'Unione europea, incluse le designazioni di membri italiani delle sue istituzioni, rilevano delle competenze della Presidenza del Consiglio, ai sensi della legge n. 400 del 1988 e come ulteriormente precisato dalla legge n. 234 del 2012.
  Con DPCM del 3 ottobre 2018, è stata avviata la selezione dei candidati giudici del Tribunale UE, per mezzo di un bando, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 2018 e pubblicizzato anche sui siti internet della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli affari esteri.
  Con successivo DPCM dell'11 dicembre 2018, è stata istituita una Commissione istruttoria di cinque membri di alto profilo istituzionale e scientifico: presieduta dal Presidente del Consiglio di Stato e composta dall'Avvocato Generale dello Stato, da un Presidente di sezione della Corte Suprema di Cassazione, da due Professori ordinari di Diritto dell'Unione europea.
  La Commissione ha approfonditamente valutato i curricula dei 50 candidati, che hanno risposto al bando, e ha poi sottoposto all'attenzione del Presidente del Consiglio dei ministri una rosa di nomi.
  Al Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 sono stati infine scelti, tra i profili preselezionati dalla Commissione istruttoria, la prof.ssa Ornella Porchia e il prof. Roberto Mastroianni da proporre come candidati italiani per il successivo vaglio dell'apposito Comitato di cui all'articolo 255 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea. Quest'ultimo (composto da 7 personalità scelte tra ex membri della Corte di giustizia e del Tribunale UE, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza, uno dei quali è proposto Pag. 38dal Parlamento europeo), dopo apposita audizione dei due candidati l'8 giugno scorso, ha successivamente fornito il prescritto parere sull'adeguatezza dei candidati, per consentire alla Conferenza dei Rappresentanti dei Governi degli Stati UE di deliberarne la formale nomina. Da notare che il Comitato ex articolo 255 TFUE ha costantemente ribadito di apprezzare l'esistenza di procedure di selezione a livello nazionale.
  Ricordo, infine, che nell'osservanza dell'articolo 17 della legge 234/2012, le competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato possono chiedere l'audizione dei due giudici neonominati.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-02573 Quartapelle Procopio: Sull'arresto del giornalista russo Ivan Golunov.

TESTO DELLA RISPOSTA

  I profili controversi connessi alla vicenda di Ivan Golunov – arrestato lo scorso 7 giugno con l'accusa di possesso e spaccio di sostanze stupefacenti – hanno da subito innescato un'importante mobilitazione a favore del giornalista sia da parte di utenti internet (russi e non solo), sia di quotidiani di rilievo nella Federazione Russa, quali Kommersant, Vedomosti, RBK, come peraltro ricordato dall'interrogante.
  L'inconsistenza di prove a carico del Sig. Golunov, unitamente alla summenzionata rilevanza mediatica del caso, hanno consentito il rilascio del giornalista quattro giorni dopo il suo arresto, lo scorso 11 giugno.
  Sin dalle sue prime battute, abbiamo seguito il caso con estrema attenzione, sulla base delle informazioni fornite dall'Ambasciata d'Italia a Mosca e dagli organismi internazionali competenti.
  Il Governo italiano, in linea con gli impegni derivanti dalla risoluzione sulla sicurezza dei giornalisti e degli operatori dei media adottata da questa Commissione lo scorso 15 gennaio, è particolarmente attivo sul tema, nella consapevolezza della preoccupante frequenza con cui essi sono vittime di atti intimidatori e violenze in tutto il mondo.
  Di tale messaggio ci facciamo portatori sia nei canali di dialogo bilaterali, sia come membri dell'Unione europea e nelle principali organizzazioni regionali e internazionali competenti, nelle quali non manchiamo di promuovere e sostenere ogni iniziativa internazionale utile per la protezione e la sicurezza dei giornalisti.
  In particolare, in ambito ONU continuiamo a co-sponsorizzare, a cadenza biennale, le risoluzioni sulla sicurezza dei giornalisti presentate in Assemblea Generale (da ultimo adottata a dicembre 2017) e in Consiglio Diritti Umani (approvata lo scorso settembre).
  Ricordo inoltre il nostro impegno sul tema in ambito OSCE, ove assicuriamo costante sostegno al Rappresentante Speciale per la libertà dei media, carica attualmente ricoperta dal francese Harlem Désir. Proprio lo scorso 7 giugno, il Rappresentante Speciale si è pronunciato con una dichiarazione pubblica in merito al caso del Sig. Golunov, seguita da una lettera al Ministro degli esteri Lavrov del 10 giugno. In entrambi i messaggi, è stata espressa forte preoccupazione per la situazione di detenzione del Sig. Golunov e l'auspicio della conduzione di investigazioni chiare e trasparenti. Tale vicenda è peraltro confluita nel rapporto del 4 luglio scorso del Rappresentante Speciale, presentato al 1234o Consiglio Permanente dell'OSCE e sostenuto da tutti gli Stati membri dell'UE con una dichiarazione a 28.
  La nostra azione di sensibilizzazione sul tema è forte anche alla luce della Decisione sulla sicurezza dei giornalisti, approvata al Consiglio Ministeriale OSCE di Milano (6-7 dicembre 2018) nell'ambito della Presidenza italiana di turno dell'Organizzazione. Tale documento, adottato su nostro impulso, riconosce l'importanza del giornalismo d'inchiesta e i rischi ad esso connessi, esortando tutti gli Stati parte a condannare attacchi ai giornalisti, con un'attenzione particolare al lavoro condotto dalle giornaliste donne.