XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 15 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 4130 ERMINI, C. 40 CIRIELLI E C. 257 FUCCI, RECANTI MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, CONCERNENTI I DELITTI DI TRUFFA E DI CIRCONVENZIONE DI PERSONA INCAPACE COMMESSI IN DANNO DI PERSONE ULTRASESSANTACINQUENNI

Audizione di Daniele Piva, professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Piva Daniele , Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Piva Daniele , Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Piva Daniele , Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Flora Giovanni , Vicepresidente dell'Unione delle Camere penali italiane ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Giustozzi Paolo , componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Vianelli Federico , componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Vianelli Federico , componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Vianelli Federico , componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Vianelli Federico , componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Flora Giovanni , Vicepresidente dell'Unione delle Camere penali italiane ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Piva Daniele , Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Piva Daniele , Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa: AP-NCD-CpE;
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Daniele Piva, professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 4130 Ermini, C. 40 Cirielli e C. 257 Fucci, recanti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di truffa e di circonvenzione di persona incapace commessi in danno di persone ultrasessantacinquenni, di Daniele Piva, professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma, e di Giovanni Flora, Vicepresidente dell'Unione delle Camere penali italiane, accompagnato da Federico Vianelli e Paolo Giustozzi, componenti della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane.
  Darei la parola al professor Piva.

  DANIELE PIVA, Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Quanto tempo ho?

  PRESIDENTE. Di solito, diamo un quarto d'ora. Il nostro limite sono le 14.15, perché iniziano le dichiarazioni di voto in Aula.

  DANIELE PIVA, Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Va benissimo un quarto d'ora, non c'è molto da dire.

  PRESIDENTE. Non so se ci saranno poi delle domande, ma in realtà abbiamo già degli iscritti a parlare. I gruppi sono rappresentati.
  Non voglio rubare tempo, prego.

  DANIELE PIVA, Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Chi vi parla palesemente non rientra nell'ambito di applicazione della fattispecie, sia per i sessantacinquenni sia per gli ottantenni, quindi sono palesemente disinteressato.
  Io ho prodotto una breve memoria, alla quale mi richiamerò, ma della quale vorrei semplicemente sintetizzare alcuni punti chiave per trasmettere la mia opinione sulle proposte di legge.
  Dico subito che di solito sono più affascinato dalla pars construens, e, anzi, direi che spesso le audizioni rimangono un po’ sterili perché si esauriscono in mere critiche. Questa volta, però, dico subito che davvero intravedo soltanto una pars destruens.
  A mio avviso, tutte le iniziative legislative proposte che mirano a inasprire il trattamento sanzionatorio per le truffe a danno di anziani – per adesso, mi riferirò soltanto ad anziani tra i 65 e gli 80 anni, adesso l'età è poco rilevante – attraverso due modalità, e cioè l'introduzione di nuove circostanze o la specificazione di circostanze Pag. 4 già esistenti ovvero l'introduzione di una fattispecie autonoma, sono inutili.
  In sostanza, il sistema vigente di circostanze, ad effetto comune e ad effetto speciale, già ampiamente tutelano gli anziani più dei giovani a fronte di condotte truffaldine. Credo che la prima cosa da fare sia ricostruire il quadro normativo per capire il senso innovativo che avrebbero queste proposte di legge. Se non c'è novum, direi che c'è anche poco di cui parlare.
  Innanzitutto, tutti conoscono le circostanze ad effetto comune, che si riferiscono o a danni di particolare tenuità dal punto di vista patrimoniale, e penso ad anziani indigenti, o a particolari modalità di condotta, come l'abuso di relazioni domestiche di ospitalità e coabitazione, e penso al tema delle badanti, o alla particolare tipologia di condotta truffaldina che consista nell'ingenerare il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell'autorità, che pure si presta molto a questa modalità di truffa a danno di anziani.
  Evidentemente, questa circostanza o è ad effetto comune, quindi semplicemente con il limite di innalzamento della sanzione entro un terzo – mi riferisco a quelle dell'articolo 61, primo comma, n. 7 e n. 11, del codice penale – o è quella già prevista all'articolo 600, secondo comma, del codice penale, che addirittura è ad effetto speciale e porta la pena già ai 5 anni di reclusione, che in sostanza è poi l'oggetto della proposta che si vuole avanzare, cioè innalzare la pena a 5 anni.
  Inoltre, c'è un tema di procedibilità. Anche questo è superato dalla normativa vigente, perché qualsiasi circostanza aggravante già rende punibile d'ufficio la truffa laddove, tipicamente, per l'anziano la querela potrebbe non intervenire o essere tardiva, dopo i tre mesi, per cui è già tutelato.
  Soprattutto, direi che il quadro normativo vigente per la truffa a danno di anziani è ampiamente assorbito da una circostanza già prevista nell'articolo 640, secondo comma, n. 2-bis, che richiama l'articolo 61, primo comma, n. 5. Questa è proprio pensata per chi si approfitta di condizioni di età tali da porre la vittima in una condizione di minorata difesa.
  Ora, io vorrei chiedere al relatore, agli illustri proponenti di queste proposte di legge se non pensino proprio a questa circostanza, cioè a chi in virtù dell'età – si potrebbe discutere se 60, 65, 70, ma è poco rilevante – soffra di una condizione di minorata difesa.
  Se è questo il senso, cioè di chi si approfitti di questa condizione e truffi chi altrimenti, senza versare in quella condizione, si sarebbe accorto dell'inganno, se si pensa a questo, a mio avviso la pena è già quella prevista dei cinque anni; la circostanza effetto speciale c'è già; il delitto è già procedibile d'ufficio; la misura della custodia cautelare in carcere si può già applicare – peraltro qui in controtendenza rispetto all'esigenza di deflazione, che colgo – anche la sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno o all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, è già prevista come facoltà discrezionalmente rimessa al giudice ai sensi dell'articolo 165 del codice penale, quindi, non è che non ci sia.
  Anche in caso di arresto in flagranza – tra l'altro la «flagranza» per una truffa a danno di anziani molto difficile da vedere –, l'arresto facoltativo è già previsto dall'articolo 381 del codice di procedura penale. Questi erano due interventi meramente accessori della proposta di legge dell'onorevole Ermini, in particolare, la più corposa delle tre proposte al vostro esame.
  C'è anche, a dimostrazione che il quadro normativo vigente è assolutamente completo, la circonvenzione di incapace, di cui all'articolo 643 del codice penale, particolarmente oggetto di attenzione della proposta di legge dell'onorevole Cirielli, che mira all'introduzione di una fattispecie sussidiaria rispetto a questa.
  Chi pratica un po’ anche l'esperienza giudiziaria, sa benissimo che, ai sensi del citato articolo 643, per giurisprudenza assolutamente costante – ho citato alcuni tra gli estremi più recenti nella mia memoria – l'incapace non è soltanto chi per il giudice penale soffra di una deficienza psichica, sia interdetto, inabilitato o incapace di intendere Pag. 5 e di volere, ma anche chi si trovi in una condizione di particolare vulnerabilità, che può essere anche, come a me è capitato processualmente, l'età, la solitudine, la sofferenza, l'inquietudine.
  In sostanza, si tratta di una situazione che per il diritto penale rileva in quanto produca un indebolimento delle facoltà psichiche che consentano di captare l'altrui condotta decettiva. Questo è il senso, quindi c'è spazio addirittura per una pena che arriva nel massimo a sei anni di reclusione, procedibile d'ufficio.
  Il diritto vigente consegna al giudice, quindi, ampi strumenti in termini sia di circostanza aggravante ad effetto speciale sia di fattispecie autonoma per tutelare l'anziano, che tra l'altro oggi è appunto (condizione di età) neanche vincolato a una particolare età anagrafica. Sfido a comprendere quando questa particolare tutela dovrebbe sopraggiungere, tanto che abbiamo chi propone i 65 anni, chi gli 80. Si potrebbe proporre 60 anni o 90. È del tutto direi arbitrario, più che discrezionale, riferirsi all'età anagrafica. Il quadro normativo vigente, quindi, è completo e, da questo punto di vista, le iniziative legislative mi sembrano una superfetazione.
  Quanto, però, alla diversificazione tra queste tre proposte di legge, che vanno distinte, intanto vengo a una notazione preliminare sull'utilizzo della circostanza.
  Anzitutto, noto che si tratterebbe di circostanze aggravanti, tutte non escluse espressamente dal giudizio di bilanciamento dell'articolo 69 del codice penale. Questi aumenti sanzionatori che in via – fatemelo dire – anche un po’ simbolica arrivano al destinatario, in realtà, tramite il processo, non sono per niente garantiti. Basta un'attenuante generica, quindi neanche qualificata, ma una qualsiasi attenuante ad effetto comune o ad effetto speciale, per paralizzare, ove ritenuto equivalente o addirittura prevalente sull'aggravante ad effetto speciale, l'aumento sanzionatorio.
  Peraltro, noto che singolarmente si è fatto, cioè non avere escluso dal giudizio di bilanciamento la circostanza, anche per l'altra circostanza a tutela oggi dell'ultrasessantacinquenne, che con il pacchetto sicurezza del 2009 si è introdotto nel caso dell'articolo 628, ultimo comma, del codice penale cioè la rapina. Anche lì sono state introdotte diverse aggravanti, alcune, ma non quella dell'età, escluse dal giudizio di bilanciamento.
  A dimostrazione di che cosa, presidente, secondo me? Che l'età anagrafica della vittima è una circostanza, laddove pure già prevista, come nel caso di rapina, aggravante ad effetto speciale, non ritenuta così particolarmente significativa rispetto ad altre, come anche quelle dell'omicidio stradale dell'altro anno, della legge del 2016, escluse espressamente dal giudizio di bilanciamento.
  Colgo poi l'occasione di questo riferimento all'articolo 628 – ho pensato anche a questo – e lì c'è la circostanza a tutela dell'ultrasessantacinquenne. Uno potrebbe chiedere perché non riportarla allora anche nell'ambito della truffa. Mi sembra, invece, molto più ragionevole che sia prevista nell'ambito del reato di rapina, caratterizzato non da artifici e raggiri, ma da una condotta di minaccia o di violenza sulla persona. Qui, sì, si potrebbe ritenere ragionevole, semmai, che l'età sicuramente ponga in modo automatico, come presunzione assoluta, la persona in una situazione di minorata difesa, come l'articolo 61, n. 5, richiede. Qui avrebbe più senso. A mio avviso, invece, non ha molto senso nel caso della truffa, caratterizzato appunto da meri artifici e raggiri.
  L'altra notazione sullo strumento della circostanza, notazione che secondo me cela addirittura un rischio di illegittimità costituzionale sotto il profilo del principio di personalità della responsabilità penale, è questa: quella dell'articolo 61, primo comma, n. 5, più connessa all'età, oggi è una circostanza che però si riferisce a una condizione di approfittamento delle condizioni della persona, e questo postula da parte del soggetto agente la conoscenza di una situazione di età, quindi la scelta della vittima proprio perché è più debole. C'è, addirittura, la specializzazione di una truffa proprio a danno di anziani. Le vediamo. Sono seriali le truffe a danno di anziani, sempre Pag. 6le stesse. Parliamo, però, di una condizione di assoggettamento che postula la consapevolezza.
  Se, invece, strutturiamo, come nella proposta di legge dell'onorevole Ermini, la circostanza sulla mera età anagrafica, vale il regime generale delle circostanze, di cui all'articolo 59, capoverso, codice penale, quindi anche per chi ignori per colpa quell'età e non si approfitti.
  Mi chiedo se i due aumenti di sanzione (61, primo comma, n. 5, e circostanza nuova che si vuole introdurre) siano entrambi giustificati. Mi sembrano, invece, profondamente diversi, quindi avrei utilizzato la condizione di approfittamento.
  Quanto sempre alla proposta di legge Ermini, cioè all'introduzione di una nuova circostanza aggravante, oltre alle notazioni che ho già fatto, mi vorrei soffermare proprio sul riferimento all'età.
  Mentre la giurisprudenza si sforza da anni, con riferimento all'articolo 61 primo comma, n. 5, in materia di truffa, a dirci che qui non basta l'età, che può essere qualsiasi età, ma una condizione di minorata difesa, questo è l'effetto della situazione delle condizioni della persona di cui il soggetto si approfitta. Questo è l'effetto qualificante dell'aumento di pena. Stavolta, quest'aumento di pena mi risulta proporzionato eccome.
  Trovo persino incostituzionale e ai limiti della ragionevolezza – è l'articolo 3 della Costituzione che invoco e il principio di uguaglianza – aumentare la pena solo perché il soggetto ha 65 anni. Mi chiedo: che cosa dimostra l'età della persona di 65 anni? Anzi, migliorano le condizioni di vita, aumenta l'età delle persone, aumentano i livelli di cura e di benessere, ma, soprattutto, l'esperienza di per sé è un dato che addirittura agevola la possibilità di comprendere l'altrui condotta truffaldina.
  Di per sé, il dato dell'età, cioè dell'esperienza, è completamente neutro e, semmai, va nella condizione di una minore tutela. Chi è più esperto si può difendere, a dimostrazione del fatto che l'età di per sé non è significativa proprio di niente. Bisogna guardare il livello culturale, la qualifica, l'attività professionale, le condizioni di vita, la famiglia, dov'è cresciuto, il complesso delle condizioni che oggi la giurisprudenza ampiamente valorizza nell'ambito dell'articolo 61, primo comma, n. 5, che è già circostanza ad effetto speciale della truffa nel 640, secondo comma, n. 2-bis.
  Che cos'altro vogliamo aggiungere, se non addirittura una potenziale violazione del principio di ragionevolezza? Guardando la giurisprudenza della Corte costituzionale, trovo che su una circostanza che tutti conosciamo benissimo gli stessi parametri (principio di proporzionalità della pena, principio di personalità e principio di uguaglianza) sono stati invocati per dichiarare illegittimo un aumento di pena connesso alla circostanza, in particolare, dell'articolo 61, primo comma, n. 11-bis, e penso alla clandestinità. La sentenza è la n. 249 del 2010. Come ha ragionato la Corte costituzionale?
  Sappiamo tutti che con una sentenza emessa negli stessi giorni ha salvato il reato di immigrazione clandestina, proprio perché ha ritenuto che lì vi fosse una condotta di permanenza o ingresso illecito nel territorio dello Stato. Quando, però, ha dichiarato illegittimo l'articolo 61, primo comma, n. 11-bis, seppure in questo caso la circostanza si riferisca all'agente, ha utilizzato un argomento. Questa circostanza, infatti, con il reato non c'entra nulla. La truffa dello straniero, del cittadino o del clandestino, è uguale, non aggiunge nulla al disvalore.
  Allora, anche qui mi sembra che la truffa a danno del sessantacinquenne, del sessantaquattrenne o del sessantaseienne, ripeto, prescindendo da condizioni che implichino una situazione di minorata difesa, non aggiunge assolutamente alcunché. Ecco perché l'aumento, a mio avviso, sarebbe irragionevole ed esposto anche a potenziali censure di illegittimità costituzionale.
  Mi chiedo, inoltre, sempre dal punto di vista della legittimità costituzionale, che ne sarebbe dell'articolo 61, primo comma, n. 5. Che ne sarebbe del rapporto tra questa nuova circostanza e quella già prevista? Probabilmente, il giudice ragionerebbe così: se ha più di 65 anni, non mi interessa Pag. 7accertare nient'altro; al di sotto dei 65 anni, invece, dovrei accertare la situazione di minorata difesa.
  Se un giudice accertasse che ho 65 anni e in più verso in condizioni di minorata difesa, dovrebbe applicare tutte e due le circostanze ad effetto speciale, dunque, con il cumulo dell'articolo 63, quarto comma, del codice penale? Arriviamo a una pena completamente sproporzionata, e non mi metto qui a fare riferimento ai delitti puniti con pene del genere che certamente con la truffa non hanno niente a che fare, sono molto più gravi. Mi sembra, quindi, che anche sotto il profilo del ne bis in idem e del potenziale concorso con la circostanza già prevista, siamo messi piuttosto male.
  Quanto alla proposta di legge Fucci C. 257, quella che aggiunge l'inciso «in particolare» all'articolo 640, secondo comma, n. 2-bis, certamente non si espone alle stesse censure secondo me ravvisabili ampiamente nell'introduzione, con la proposta di legge Ermini, di una circostanza autonoma. Mi interrogo, però, sull'utilità.
  Oggi, il giudice, quando accerta una situazione di minorata difesa connessa all'età, non valuta se la persona ha 80 anni, 70 o 60? Certo che lo valuta. Mettere «in particolare» non significa assolutamente nulla, inutile aggiunta di una previsione. Per la mia esperienza a livello professionale, modesta se non altro per la mia età, ho imparato che al giudice avere in mano molti strumenti crea confusione. Se ha uno strumento o due comodi, agibili e funzionali, li usa bene; se ne ha troppi, rischia di incepparsi, e potrei citare tanti esempi, ma per ragioni di tempo mi taccio.
  Vengo alla fattispecie autonoma – sto per concludere – e alla proposta di legge Cirielli C. 40. Questa è una fattispecie pensata rispetto, appunto, alla circonvenzione di incapace, che ha innanzitutto una clausola di sussidiarietà espressa, per cui devo pensare che tutte le volte che c'è l'articolo 643, non scatterebbe questa fattispecie nuova. Perché non scatta?
  Se andiamo a leggere la fattispecie, ci accorgiamo che è praticamente identica alla condotta di abuso, al dolo specifico di profitto, ma prescinde dal compimento dell'atto giuridico dannoso per l'incapace o per altri. È, quindi, una fattispecie connessa alla tutela non tanto del patrimonio, se non nella forma del pericolo della lesione del patrimonio, ma alla libertà di autodeterminazione all'altrui libertà decisionale, libertà psichica.
  Trovo poi, però, che è una fattispecie la cui tutela viene anticipata senza l'atto giuridico dannoso, ma vedo che la pena della reclusione è uguale a quella di cui all'articolo 643 ma la pena della multa è più alta: ma come fa a essere più alta la pena prevista per una fattispecie avamposto rispetto a quella dell'articolo 643, in relazione a cui è dichiaratamente sussidiaria? Il trattamento sanzionatorio mi sembra palesemente irragionevole.
  Aggiungo – pure qui invoco l'esperienza professionale – che, sotto il profilo della determinatezza, la condotta di abuso è un punto interrogativo enorme. È una condotta che richiede un'azione? È una condotta per la quale basta un'omissione? È una condotta a forma libera.
  In secondo luogo, non mi basta l'abuso, ma viene riprodotta anche un'altra espressione molto pericolosa: «condizioni di debolezza o di vulnerabilità». Finché sono utilizzate dal giudice nella motivazione della sentenza per il vecchio articolo 61, primo comma, n. 5, tuttora vigente, mi vanno bene. Quando vengono utilizzate nell'ambito di una fattispecie combinandosi con l'abuso... Io ho controllato l'applicazione e quest'espressione è già prevista nell'ambito del delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù (600 codice penale) o tratta di persone (601), ed è anche definita dall'articolo 90-quater del codice di procedura penale per le modalità di assunzione della prova, ma andiamo a guardare la definizione, indeterminata pure quella, perché dà dei criteri di massima.
  Attenzione, innanzitutto, ai problemi d'indeterminatezza (abuso e condizioni di vulnerabilità); in secondo luogo, ai problemi di ragionevolezza (squilibrio sanzionatorio), e basterebbe un po’ di attenzione per capire che, se è fattispecie che prescinde dal danno al patrimonio, dovrebbe essere punita di meno. Pag. 8
  Facciamo attenzione, e qui concludo, anche a un'inutile duplicazione. C'è il tentativo della circonvenzione d'incapace (articoli 56 e 643 del codice penale): a che cosa serve un'ulteriore fattispecie? Come si combina con il quadro già esistente?
  Ecco perché richiamavo soltanto la pars destruens. Credo che sia l'ennesima iniziativa che al diritto penale non aggiunge nulla e non toglie nulla. Entia non sunt multiplicanda neanche nelle mani di un giudice. Mi sembra, come per altre iniziative di cui ci ritroviamo a parlare nei convegni, per esempio l'omicidio stradale, che ragioniamo di fattispecie che non servono. Più che discutere della bontà del testo, cioè della bontà del contenuto, mi sembra che l'iniziativa dovrebbe cessare qui, perché il quadro normativo è già completo.
  A mio avviso, quindi, la truffa a danno di anziani non è assolutamente tutelata di più e meglio attraverso queste iniziative, che non aggiungono nulla e, se lo fanno, aggiungono problemi di legittimità costituzionale di concorso tra norme. Ho concluso e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Piva.
  Do ora la parola al professor Flora.

  GIOVANNI FLORA, Vicepresidente dell'Unione delle Camere penali italiane. Innanzitutto, porgo un ringraziamento da parte dell'Unione delle Camere penali italiane alla presidente, che ci fa l'onore di invitarci per esporre i nostri punti di vista sui progetti di legge in discussione.
  Credo che una prima considerazione di carattere generale dovrebbe essere scontata da parte dell'Unione delle camere penali: abbiamo sempre detto che non è un metodo legislativo condivisibile quello di legiferare sull'onda emotiva di fatti che, certo, suscitano inquietudine, ma spesso non consentono di calibrare l'intervento in modo ragionato e da rendersi conto esattamente di quali sono anche i contraccolpi sistematici che questo comporta.
  So che è difficile. Riformare la parte speciale è la cosa più difficile. Potremmo provare a farlo per settori, e prima o poi credo che ci dovremmo mettere mano se la situazione politica diverrà un po’ più tranquilla di quella un po’ irrequieta di questi nostri tempi tutti particolari.
  Un'altra notazione di carattere generale riguarda la sospensione condizionale subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili stabilite nella sentenza. Come diceva prima il collega Piva, certamente il giudice può già farlo. Nella proposta di legge più articolata sarebbe obbligatorio, ma a questo punto ci si potrebbe chiedere perché per questo reato e non, per esempio, per il furto in abitazione. Legiferare con paraocchi un po’ troppo spessi impedisce poi di vedere profili d'irragionevolezza. Ci si potrebbe chiedere, allora, come mai per il furto in abitazione, anch'esso un reato gravissimo...
  Forse, e mi piace lasciare traccia di quest’input agli atti della Commissione, potrebbe essere opportuno, allorquando si va a rivedere il sistema sanzionatorio, il sistema penitenziario e così via, decidere che cosa fare della sospensione condizionale: per esempio, limitare la sospensione condizionale semplice, pur lasciando al giudice la possibilità di integrare con degli obblighi la pena sospendibile fino a un anno; quando sia, invece, compresa tra un anno e due anni, allora subordinarla sempre a determinati adempimenti. Questa potrebbe essere un'idea per rimpolpare un po’ il vuoto della sospensione condizionale. Procedere, però, così, per singole tipologie di reato, senza una visione complessiva, dal nostro punto di vista, è sconsigliabile.
  Quanto alle singole iniziative, ha già detto bene, a nostro parere, il professor Piva. Sicuramente il sistema già consente una tutela più che adeguata. Mi rendo conto, però, che ci sia quest'esigenza di dare una risposta a fatti che indubbiamente creano inquietudine. Oltre alla pars destruens, l'Unione delle camere penali si permette un piccolo suggerimento, nel caso in cui si voglia proprio in ogni modo e in ogni caso addivenire a un inasprimento sanzionatorio con riguardo a determinati fatti, e poi vi dirò quali.
  Per quanto riguarda la proposta di legge A.C. 40, a iniziative dell'onorevole Cirielli, Pag. 9a me pare, francamente, una fattispecie costruita intorno a una condotta, che in realtà solitamente è una modalità della condotta – l'abuso è una modalità della condotta, non una condotta – e che, sganciata dall'effetto economico dannoso, com'è nella circonvenzione, ne fa una fattispecie a tutela eccessivamente anticipata legata al dolo specifico.
  Inevitabilmente, da un lato, si riprodurranno tutte le polemiche che accompagnarono il vecchio abuso d'ufficio. C'erano anche altre ragioni politiche, per carità, del controllo della magistratura sulla pubblica amministrazione, ma in linea di principio il problema si ripropone. Abbiamo, infatti, una condotta di abuso di condizioni non perfettamente in linea con quel principio di tassatività e determinatezza che, se Dio vuole, la Corte costituzionale in un'ordinanza del 2017, di cui non ricordo più il numero, sul caso Taricco, ha riaffermato con decisione, che suona anche come un invito al legislatore a rispettare finché possibile questo principio, che, invece, non mi pare sufficientemente rispettato.
  Dicevo, quindi, dell'anticipazione della soglia di punibilità. C'è poi una sovrapposizione che non si capisce bene se sia parziale o totale con il tentativo di circonvenzione. Sinceramente, mi pare una proposta che non merita di essere portata avanti, proprio per quei vizi che già ha denunciato prima bene il professor Piva. Se vogliamo, possiamo aggiungere queste ulteriori connotazioni che ci siamo permessi di fare.
  Noi abbiamo preparato anche alcune paginette scritte, ma magari ci riserviamo di apportare qualche modifica se ci sarà un dibattito – almeno teniamo conto anche del dibattito che si svolge in questa sede – per perfezionarle, ma saranno mandate in giornata. Non credo che ci metteremo più del pomeriggio di oggi per mandarle alla Commissione. Questa proposta, per più di una ragione, oltre a essere a rischio di incostituzionalità, porrebbe francamente dei problemi interpretativi difficilmente superabili. Penso che se ne possa fare a meno.
  Quanto alla proposta del deputato Fucci, è già stato detto che qui ci sarebbe una presunzione assoluta di particolare debolezza, di particolare vulnerabilità del soggetto che ha compiuto gli anni 80, ed è accodata alla modifica dell'articolo 640, comma 2-bis, che è del tutto inutile a parere dell'Unione delle camere penali. Si direbbe «in particolare se il fatto è commesso in danno di persona che abbia compiuto l'ottantesimo anno di età», e qua i casi sono due.
  Nel primo, si ritiene che non sia una presunzione assoluta, che va accertato di volta in volta se l'ultraottantenne è in condizioni di debolezza. Apro una piccola parentesi.
  Le cronache ci consegnano episodi di ultraottuagenari, anche donne, che sono riusciti a mettere in fuga coloro che tentavano truffe, circonvenzione ai loro danni e furti. In certe situazioni, più che la truffa, infatti, oserei dire che è un vero e proprio furto in abitazione. Quando si entra, infatti, carpendo il consenso, la giurisprudenza è ferma nel dire che si tratta di un furto in abitazione.
  Se è una presunzione, è a rischio di irragionevolezza; se non è una presunzione, è inutile. Mi pare che quest'iniziativa legislativa possa essere in nessun modo portata avanti, tanto più che si riproporrebbero tutti i problemi di eventuali confini con la norma sulla circonvenzione di incapace, che quasi sempre rischierebbe – uso un termine atecnico – di «mangiarsi» la fattispecie aggravata.
  Una particolare considerazione merita, naturalmente, la proposta di legge C. 4130, a firma dell'onorevole Ermini e di altri deputati. Anche in questa proposta di legge si punta su una circostanza aggravante, soggetta però a bilanciamento delle circostanze, che non può che essere discrezionale e che comporta che questa particolare efficacia repressiva della norma possa essere svilita nel caso concreto, in danno di persona ultrasessantacinquenne.
  Indipendentemente da fatti personali, che naturalmente in questa sede non possono trovare ingresso, però valgono un po’ le stesse considerazioni che si facevano con l'ultraottantenne, forse direi qui a maggior ragione. Anche dal punto di vista statistico, Pag. 10dire che per l'ultrasessantacinquenne, con le attuali aspettative di vita, con tutto quello che sappiamo, c'è una presunzione di particolare vulnerabilità potrebbe essere irragionevole. Se così non è, la norma è inutile.
  Sostanzialmente, quindi, siamo d'accordo sulle critiche finora mosse e sulla non necessità di nuovi interventi. I colleghi diranno qualcosa sulla parte processuale, ma è già stato accennato dal professor Piva e la posizione dell'Unione è sulla stessa linea di quella del professor Piva: è inutile aumentare le ipotesi di restrizione prima del processo.
  Io mi sono anche posto questo problema: se proprio volessimo rafforzare la tutela, come si potrebbe fare? Mi veniva in mente questa possibilità: costruire una sorta di aggravante complessa che modifichi leggermente l'articolo 640, primo comma, numero 2, del codice penale «se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità».
  Che cosa ci consegnano i fatti che accadono? Una realtà dove molto spesso, più che ingenerare nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario, si instilla fittiziamente il dovere di adempiere a un obbligo di solidarietà familiare.
  Noi penseremmo, ma ripeto come soluzione subordinatissima, a costruire una fattispecie aggravatrice, se vogliamo sottratta al giudizio di bilanciamento, unendo le due ipotesi, cioè l'ipotesi dell'articolo dell'640, comma 2, n. 1, aggiungendo le parole «o di dover adempiere a un obbligo di solidarietà familiare», e l'articolo 640, comma 2-bis: quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui all'articolo 640, comma 2, n. 1, e 640, comma 2-bis, aumenterei eventualmente la pena del minimo, che potrebbe essere da 2 a 5 anni, sottratta al giudizio di bilanciamento.
  In questo modo, penso che sarebbero soddisfatte quelle esigenze di tutela che in questi disegni di legge, in modo secondo me tecnicamente discutibile, come dal punto di vista politico-criminale, arrivano un po’ dalla comunità sociale e di cui certamente bisogna tener conto, poiché non possiamo proprio ignorarle del tutto.
  In questo modo, si costruirebbe una circostanza aggravante senza snaturare i rapporti con l'articolo 643, che sono chiarissimi nella giurisprudenza – i rapporti tra la truffa aggravata e la circonvenzione d'incapace sono ormai costruiti in modo sufficientemente solido – eventualmente sottratta al giudizio di bilanciamento, innalzando i limiti minimi di pena, anziché da 1 a 5 anni, da 2 a 5 anni quando ricorrono congiuntamente queste due ipotesi.
  Per la mia parte, ho finito. Credo che i colleghi vogliano aggiungere qualcosa per la parte processuale.

  PRESIDENTE. Do ora la parola all'avvocato Paolo Giustozzi.

  PAOLO GIUSTOZZI, componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane. Ovviamente, non ripeterò le considerazioni, che condividiamo, del professor Flora e del professor Piva. Farò una notazione sugli interventi prospettati a livello processuale, sui quali esprimiamo criticità per le ragioni di carattere direi sistematico che sono prima state accennate dal professor Flora.
  Rendere una fattispecie più grave rispetto alle altre, rendendola atipica sotto il profilo della modalità sanzionatoria, francamente esiste nell'ordinamento, ma non c'è una ragione per doverlo fare. Allora, da domani cominceremmo con: perché il furto no? Perché un altro reato no?
  Un po’ populisticamente, ponendosi questa domanda retoricamente, perché mai il Parlamento dovrebbe trattare le vittime di altri reati peggio di quanto non tratti gli anziani? I giovani abusati non sono meritevoli di tutela alla stessa maniera? Si può consentire che il giudice non subordini la sospensione della pena, lasciando libero sostanzialmente il reo di compiere altri reati – così si dice nella vulgata – quando, invece, per chi lo commette ai danni di anziani questo pericolo non sussiste? Questa è la prima obiezione, ed è un'obiezione appunto sistematica e di politica criminale.
  La seconda che ci permettiamo di esprimere è di carattere più tecnico. La giurisprudenza Pag. 11 direi prevalente, per quello che siamo riusciti a comprendere, sull'applicazione pratica dell'articolo 165, prevede un dovere del giudice di valutare la capacità economica del reo. A fronte di una conclamata impossibilità di adempiere, si porrebbero dei problemi più complessi, e quindi sta prevalendo questa linea d'interpretazione, che ovviamente affonda le sue radici nel principio di ragionevolezza, nel principio di uguaglianza e, soprattutto, nel principio richiamato dal professor Piva di personalità della pena.
  Ponendo troppi vincoli alla decisione dei giudice, il quale possiede quegli strumenti ed è assolutamente in grado di applicarli purché motivi la sua decisione, creiamo le basi per una disparità di trattamento Sarebbero, infatti, applicabili ai casi in cui non dovrebbero essere applicati ove, ragionando, il giudice valuti che, invece, ha di fronte un soggetto che merita una sospensione condizionale senza limiti.
  Queste sono le brevi considerazioni, quasi ovvie alla luce dell'applicazione di questi istituti, che peraltro per l'appunto, essendo già previsti dall'ordinamento, ci fanno semmai porre il problema, nel momento in cui il legislatore sente la necessità di intervenire per modificarli, del perché non vengano applicati. Noi abbiamo esperienza di avvocati e non abbiamo conoscenza di giudici così «buoni» – perdonate il termine – non c'è questa benevolenza così generalizzata da richiedere un intervento che vada a limitarla o a vincolarla.
  Evidentemente, è il frutto di un giudizio di merito e delle circostanze di fatto che porta a non applicare quelle disposizioni facoltative che l'articolo 165 consente al giudice di applicare quando vuole. Abbiamo esperienza quotidiana di applicazione di questa fattispecie, ove appunto si capisce che potrebbe portare dei frutti.
  Sulla capacità di deterrenza di una misura del genere mi permetto di esprimere le mie personalissime valutazioni. Io non credo che chi si occupa in maniera seriale di queste attività criminali possa recedere dai suoi propositi. La sospensione condizionale è una misura che esiste già nella previsione dell'affidamento in prova, per esempio, quello della riparazione ove possibile. Anche lì, ovviamente, è parametrata, in base sia quantitativa sia sui tempi, alle condizioni economiche in quel caso del reo, del condannato. È chiaro che il giudizio sulla personalità non può essere limitato e sottratto, perché neutralizzerebbe il principio rieducativo della pena. Queste sono le considerazioni che credo debbano essere fatte.
  Allo stesso modo, sull'articolo 380 ho poco da aggiungere. Le considerazioni sono più o meno le stesse. Mi sembra che si vada anche qui a creare un vincolo, blindando un po’ la decisione del giudice.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Giustozzi.
  Do ora la parola all'avvocato Federico Vianelli.

  FEDERICO VIANELLI, componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane. Ringrazio, innanzitutto, dell'invito, ma non vorrei ripetere ringraziamenti già fatti da chi mi ha preceduto molto più autorevolmente. Sarò estremamente sintetico.

  PRESIDENTE. Oggi stiamo facendo un'eccezione. Di solito, parla un solo rappresentante per ciascun soggetto audito. Il tempo c'è.

  FEDERICO VIANELLI, componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane. Sarò rapidissimo, e la ringrazio ancora, presidente, perché articolatissima è stata la disamina del professor Piva, altrettanto quella del professor Flora.
  Io ho due notazioni velocissime, con riferimento in particolare, presidente, alla proposta di legge C. 4130, che ella ben conosce essendo il secondo firmatario.
  Sull'articolo 165 non ripeterò quanto è stato ben detto e meglio di me sicuramente. Fin d'ora, sottolineerei il profilo di possibile incostituzionalità dell'automatismo dell'obbligatorietà, con riferimento al parametro all'articolo 3, con riferimento ai non abbienti. È evidente che il giudice, che adesso ha un potere discrezionale ampissimo, Pag. 12 ma che può adeguare alla situazione concreta la fattispecie astratta, si troverebbe in grande difficoltà laddove non vi sia la capacità economica di soddisfare l'adempimento. Mi si potrebbe obiettare che potrebbe adeguare, ma dal mio sommesso punto di vista un vulnus costituzionale, con riferimento in particolare all'articolo 3, si potrebbe porre.
  Per quanto concerne poi gli aspetti più squisitamente processuali e veramente in estrema sintesi, ovviamente anche accogliendo l'invito del presidente, mi consenta di dire che siamo a un caso classico di schizofrenia legislativa. La legge n. 47 del 2015, tutta la legislazione volta ad arginare, mi consenta di dire, l'abuso dello strumento della custodia cautelare in carcere – i dati sono sotto gli occhi di tutti, tema caro all'Unione delle camere penali italiane... Allora, mi consenta, presidente, a maggior ragione evidentemente non può esserle sfuggito.
  Non è l'unica firmataria, e poi la proposta di legge è un pacchetto, che però si può anche scindere, credo. Ripeto che ritengo che pensare proprio dichiaratamente di aumentare la pena in forza di quella circostanza davanti all'effetto speciale per poter fruire di un allargamento della custodia in carcere, sia uno strumento del tutto sbagliato. Torniamo, infatti, a una visione sbagliata, carcero-centrica, che è esattamente il contrario – ecco perché schizofrenia legislativa – di certi provvedimenti. Lei ha appena citato la legge n. 47 del 2015. Ce ne sono altri, anche in materia di diritto penale sostanziale, e pensiamo alla tenuità del fatto e ad altro, e c'è una contraddizione veramente in termini.
  Al di là dei profili di incostituzionalità sopra richiamati, anche quest'allargamento delle maglie della custodia cautelare in carcere – qui si parla di carcere, nemmeno di misure diverse, ma di custodia carceraria – è l’extrema ratio per fattispecie che, come bene ha detto l'avvocato Giustozzi poco fa, possono trovare peraltro un argine in altre fattispecie.

  PRESIDENTE. Non so dove è inserito.

  FEDERICO VIANELLI, componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane. L'ho letto nella presentazione.

  PRESIDENTE. È inserito tra le deroghe anche questo, ma dove c'è l'automatismo dei tre anni di pena irrogata.

  FEDERICO VIANELLI, componente della Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane. Leggevo con inquietudine: «È appena il caso di osservare che l'aumento di pena massima a cinque anni di reclusione, per effetto della nuova circostanza aggravante ad effetto speciale rende possibile l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere».
  È questo che mi ha destato preoccupazione e inquietudine, perché ripeto che va in controtendenza rispetto a quello che di buono, poco o tanto che sia, è stato fatto finora.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.
  Mi dispiace anche personalmente che non ci sia il relatore, che tra l'altro ci teneva moltissimo ad essere presente, essendo avvocato. Viene anche lui dalle Camere penali.
  Prima di dare la parola ai colleghi, pongo un tema.
  Ho apprezzato molto anche lo sforzo. Ognuno ha la propria ottica dal punto di vista professionale. Ci tengo a sottolineare che sono una seconda firmataria. Ci sono tantissimi deputati firmatari. È una proposta di cui è relatore e primo firmatario, l'onorevole Ermini. Credo che questa proposta voglia cogliere un fenomeno, non un'emotività. Non tutto quello che viene scritto dal legislatore lo è perché c'è un'emotività in corso. Questo è un po’ un motivo dominante degli interventi che si stanno facendo e che molte volte si fanno dalla dottrina, dalle Camere penali, dall'Associazione nazionale magistrati. La politica criminale spetta, appunto, al legislatore, al Governo, e deve tener conto anche di fenomeni sociali emergenti e che non hanno un'adeguata tutela.
  Ora, il vostro intervento a me, come presidente, che oggi sostituisco il relatore, Pag. 13ma anche perché di solito sono molto attenta a tutte le osservazioni che arrivano, sollecita un approfondimento di quest'indagine conoscitiva, che proporrò al relatore e alla Commissione, ossia di effettuare un monitoraggio sul Lazio – siamo un bacino variegato e ampio, che può darci una risposta – per verificare questi fenomeni, chiamati in maniera semplificante truffe agli anziani. Ci si ricomprendono poi vittime cosiddette vulnerabili, che hanno una specifica definizione che deriva dalla direttiva europea che abbiamo attuato.
  I processi ci sono? Che fine fanno le indagini? Che fine fanno i giudizi? Quanta applicazione reale c'è dell'articolo 165? Non si tratta – avvocato, mi permetto di contraddirla – di un giudice benevolo. Non c'è un giudice buono o benevolo. Di fronte all'imputato c'è una vittima, quindi ci vorrebbe un giudice che, caso per caso, concretamente, sappia in maniera attenta, non negligente o veloce o altro, applicare la pena più proporzionata e adeguata anche sotto questo profilo, che, peraltro, abbiamo inserito nella corruzione, nei reati contro l'ambiente, cioè in reati a cui teniamo, particolarmente odiosi, come linea di politica criminale.
  La pena sospesa, molte volte data per chiudere un processo dagli attori del processo, non soddisfa, non può soddisfare. È vero che c'è l'indagato non abbiente, che però può essere sottoposto anche a effettuare lavori di pubblica utilità. C'è poi la vittima che rimane veramente non abbiente.
  Ho colto la parte propositiva da parte del professor Flora e un po’ meno da parte del professor Piva, ma leggerò con attenzione i suoi scritti, perché forse lì si riesce a capire che c'è magari una parte di costruzione delle proposte. Non è possibile che ogni volta i parlamentari propongano qualcosa di assurdo. Il parlamentare svolge il suo ruolo e tiene conto anche di alcune esigenze concrete, reali, che esistono nella società.
  Cercheremo di cogliere l'aspetto costruttivo, almeno per quanto mi riguarda, e di approfondire. La domanda che rivolgo, anche se ho fatto una premessa troppo lunga, è: come mai se gli strumenti ci sono – questo è un po’ il denominatore comune degli interventi – sia processuali sia penali, questo tipo di delitti molto odiosi di fatto non viene adeguatamente perseguito? Non si percepisce la risposta sanzionatoria.
  Su questo mi aspetto, magari non oggi, se ritenete, anche che facciate una riflessione ulteriore – non abbiamo il provvedimento calendarizzato immediatamente in Aula – se avete qualche suggerimento in più, per far fronte a un fenomeno che io credo esista.
  Mi scuso per la lunghezza. Faccio come se avessi parlato anche per il relatore, oltre che come presidente.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Ringrazio gli auditi, che abbiamo chiamato per l'esigenza di fornire una risposta ai tanti firmatari di questa proposta di legge – mi dispiace molto che non ci siano – tecnico-giuridica. Com'è successo alla proposta di legge Fiano sui crimini nazifascisti, anche il Movimento 5 Stelle sente come odiosi tali crimini e i crimini di truffa nei confronti delle persone più deboli, quindi è ovvio che lo spirito e l'obiettivo sono sicuramente nobili e vengono sentiti molto dalla società.
  Credo, però, che il legislatore, presidente, un po’ per rispondere anche al suo intervento più di natura politica, non debba per forza, per arrivare a un obiettivo, scrivere le leggi pur di scriverle. Credo che debba scrivere leggi che stiano in piedi, almeno parzialmente. Avrete, in questi casi, sempre il nostro appoggio, perché crediamo che, se ci sono delle ragioni valide, si debba collaborare costruttivamente. A me in primis, però, che tendo a essere un po’ equilibrato, come lei, quando mi ritrovo a leggere, molto spesso, anche per la prima volta, questi testi, un po’ le braccia cadono, ma secondo me c'è sempre tempo per ragionare costruttivamente e per ulteriori indagini, per verificare la situazione.
  Io sono favorevole ad allargare la conoscenza di quest'ambito, ma non credo che questo possa rilevare dai dati freddi dell'applicazione delle procure, delle Forze di Pag. 14polizia. Secondo noi, infatti, questo della truffa è un problema che va proprio nei meccanismi delle attività di Polizia, nel fatto che molto spesso queste persone capiscono e vengono a conoscenza della truffa quando ormai è troppo tardi – molto spesso, non si arriva neanche al processo, non tanto alla punizione – e anche che molto spesso si è al limite tra truffa e non truffa.
  Gli strumenti inseriti in questa proposta di legge, oltre a essere già presenti, dal mio punto di vista non sarebbero risolutivi neanche se aumentati. Bisogna studiare magari con le Forze di polizia. Forse l'unica risposta che si può dare dal punto di vista punitivo, presidente, è alzare le pene, ma in modo proporzionato, tutte rispetto a quest'ambito. Gli strumenti ci sono, alziamo le pene. Questa è forse, secondo me, l'unica risposta sanzionatoria che in questo momento si potrebbe dare, se si vuole darla. Se si vuole lasciare così e fare queste modifiche, a mio parere è meglio forse fermarsi prima. Ripeto che, secondo me, le motivazioni per cui non si arriva a un'effettiva ed efficiente copertura e sanzione di questi fatti, certamente non fanno arrivare a una soluzione.
  Detto questo, visto che le proposte sono piccoli atti, credo che gli auditi abbiano detto tutto quello che c'era da dire, analizzando perfettamente, per filo e per segno, tutte le proposte e tutti i punti. Dal mio punto di vista, non ho nessun quesito da porre, se non auspicare che non si vada avanti per forza, ma ci sia una riflessione approfondita su quello che vogliamo fare, premesso che la materia è molto delicata e importante dal punto di vista tecnico-giuridico.
  Dal punto di vista di valore, dal punto di vista politico, mi permetto sommessamente di dire che credo sia accettabile cercare di far fronte se la situazione normativa è quella attuale.

  PRESIDENTE. Ho visto che c'era un segnale di intervento, e quindi do la parola al professor Flora.

  GIOVANNI FLORA, Vicepresidente dell'Unione delle Camere penali italiane. Sarò velocissimo.
  Se vogliamo fare un monitoraggio sul territorio, credo che l'Unione delle camere penali, con i suoi soci sparsi su tutto il territorio nazionale, possa dare una mano.

  PRESIDENTE. Se ci sono dei monitoraggi anche da parte vostra sul territorio nazionale, ben vengano. Non è calendarizzato in Aula a brevissimo e non abbiamo interesse a chiudere per forza un provvedimento se non è utile. Cerchiamo, però, di ragionarci un po’ tutti in maniera oggettiva.

  DANIELE PIVA, Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Presidente, intervengo solo per dire che, naturalmente, l'esigenza di rispondere a questi fenomeni è condivisa anche da chi vi parla, ma talmente condivisa che il quadro normativo già risponde. Non volevo essere frainteso nel non cogliere l'esigenza. Se il fenomeno c'è, a mio avviso trova già risposta.
  Per quanto riguarda il monitoraggio, sicuramente è un'iniziativa utile. Ho, però, le stesse perplessità che ho sentito dall'onorevole Ferraresi. Io credo che dai dati (truffa a danno di, punizione, pene e così via) ricaviamo ben poco. Tra l'altro, vale il mio argomento: sono tutti reati ai quali magari si fa fronte con una pena che è già aumentata ai sensi delle circostanze vigenti. Quello che ci arriva è un dato di fenomeno, ma poi bisognerebbe ragionare a mio avviso se questo fenomeno trovi già adeguata risposta, e secondo me la trova già.
  Quanto alla pars construens, ragioniamo sui minimi, ma questo è un ragionamento complessivo.

  PRESIDENTE. Lo abbiamo fatto anche per il furto in abitazione, nel senso che è ancora al Senato, perché sui minimi contiamo. A me sembra – è una mia valutazione, ma penso che non sia solo mia – che aumentare il minimo della pena, più che il massimo, consente di dare un segnale di maggiore attenzione anche al giudice.
  Normalmente, come sa chi ha fatto questo mestiere, da quando si finisce, si parte dal minimo, si va ancora più sotto, poi ci Pag. 15sono le prevalenti, e quindi si arriva poi a pene spesso inadeguate al fatto. La pena deve essere proporzionata alla gravità del fatto. Quello è un punto forse un po’ delicato. Vediamo se è questo il punto o se, come diceva l'onorevole Ferraresi, c'è un'inadeguatezza di intervento a monte dato il fenomeno.

  DANIELE PIVA, Professore di diritto penale commerciale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Probabilmente, anche la prescrizione è un problema. Arrivano tardi, e quindi si prescrivono, quindi neanche si inizia il processo.

  PRESIDENTE. Vediamo. Abbiamo chiamato in audizione anche il presidente Fumu, che si occupa della sezione penale della Corte di cassazione. Cercheremo di verificare. Voi ci avete fornito ulteriori spunti di riflessione e di approfondimento.
  Dicevo, professore, che potete mandarci questo documento delle Camere penali, non oggi, ma alla luce di una riflessione ulteriore. Intanto, ci sono le trascrizioni, che vi manderemo perché le visioniate. Sapendo poi quando c'è il termine per gli emendamenti, nel caso potreste anche mandare il testo. Lo dico anche al professore. Vediamo come andremo avanti. Lo scopo delle audizioni è anche quello, appunto, di creare un rapporto di collaborazione con il legislatore.
  Ringrazio molto i nostri ospiti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.