XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 96 di Mercoledì 11 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Audizione di persone e familiari di persone colpite da patologie connesse all'oggetto dell'inchiesta:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Rullo Salvatore  ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Antonaci Salvatore  ... 7 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Antonaci Salvatore  ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Antonaci Salvatore  ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Antonaci Salvatore  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Cipriani Pier Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Cipriani Pier Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Marcolini Marisa  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Marcolini Marisa  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Marcolini Marisa  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Brancaleone Aniello  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Brancaleone Aniello  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Duranti Donatella (MDP)  ... 14 
Brancaleone Aniello  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Brancaleone Aniello  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Brancaleone Aniello  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Felaco Fabio  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Felaco Fabio  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Felaco Fabio  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Felaco Fabio  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Felaco Fabio  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Felaco Fabio  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Felaco Fabio  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Felaco Fabio  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Sadocco Patrizia  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Sadocco Patrizia  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Sadocco Patrizia  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 17 
Tuzzi Alberto  ... 18 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 18 
Tuzzi Alberto  ... 18 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 18 
Tuzzi Alberto  ... 18 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 18 
Tuzzi Alberto  ... 18 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 19 
Tuzzi Alberto  ... 19 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 19 
Tuzzi Alberto  ... 19 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 19 
Duranti Donatella (MDP) , (fuori microfono) ... 19 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di persone e familiari di persone colpite da patologie connesse all'oggetto dell'inchiesta.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio a tutti. Si presenti per piacere e ci dica tutto ciò che occorre.
  Grazie.

  SALVATORE RULLO. Egregio presidente e onorevoli membri della Commissione, buonasera. Sono Salvatore Rullo, presidente dell'associazione Assodipro.
  Come presidente dell'associazione, vi ringrazio per la possibilità che ci date di intervenire e partecipare ai lavori di questa importante e fondamentale Commissione d'inchiesta sui militari malati e morti a causa di uranio, amianto, vaccini, radon.
  Come abbiamo seguito negli anni scorsi e come ci dicono gli atti parlamentari, questa è la quarta Commissione che si occupa di un tema fondamentale e di argomenti importantissimi per i militari, per le loro famiglie, per il Paese e per l'ambiente. Si tratta di temi e argomenti che secondo noi dovrebbero essere delle priorità in un grande Paese come il nostro, tra i fondatori della Comunità europea e firmatario di trattati internazionali fondamentali sui diritti e le tutele di tutti i cittadini e lavoratori senza distinzione alcuna.
  Registriamo, invece, e temiamo fortemente che lavori importanti, profondi, accurati e documentati di questa Commissione parlamentare si possano concludere senza risultati e, fatto ancor più grave, senza che il Parlamento recepisca e approvi la proposta di legge 3925, che è frutto diretto dei lavori di questa Commissione.
  Denunciamo fortemente il rischio che si possa concludere la legislatura senza che sia stata fatta almeno una legge, in cinque anni, che possa migliorare i diritti e le tutele dei militari.
  Presidente, eravamo presenti circa un anno e mezzo fa, quando lei ha presentato una proposta di legge, e c'era anche l'onorevole Duranti. Quella ci è parsa subito una proposta che cercava di aprire il mondo chiuso dei militari, per cui abbiamo fatto un ragionamento elementare. Già prima di leggerla, vedendo la prima pagina, abbiamo detto «questa è una proposta di legge che è firmata dall'onorevole Scanu e da altri 150 parlamentari» e abbiamo fatto un ragionamento elementare, quasi matematico, dicendo «150 parlamentari sono quasi un quarto di una Camera e rappresentano più gruppi parlamentari», per cui abbiamo pensato che questa proposta in pochi mesi sarebbe diventata legge.
  Purtroppo, a oggi, questo non è accaduto, quindi, con grandissimo rammarico e molta indignazione, osserviamo che il testo, a pochi mesi dal termine della legislatura, rischia seriamente di non essere approvato.
  Sentiamo sempre parlare di specificità, che affiora quando si parla di lavoratori e cittadini in uniforme e che, purtroppo, nella pratica diventa negatività e minorità per Pag. 4quelli che sono i diritti sul lavoro e sulla salute dei militari.
  Ancora una volta, la specificità viene usata per negare diritti e tutele fondamentali ai militari e per tenerli relegati in un mondo chiuso e autoreferenziale che, sulla tutela della salute, com'è emerso in precedenti audizioni e com'è stato evidenziato drammaticamente agli atti di questa Commissione, ha fallito completamente.
  La specificità militare è negatività. La specificità è una non più accettabile limitazione di diritti fondamentali. La specificità-negatività, secondo noi, mette addirittura in discussione l'articolo della Costituzione che recita «l'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», quindi, per noi, presidente e onorevoli membri, la specificità non deve e non può più essere l'equivalenza di un settore lavorativo fatto di cittadini che hanno meno diritti e tutele e che pagano in migliaia, tra malati e morti per esposizione ad amianto, uranio, radon, vaccini eccetera.
  Abbiamo seguito molto i lavori di questa Commissione e siamo stati gli unici – abbiamo un sito di informazione – ad avere un sito che si occupa dei problemi della Difesa. A differenza di altri che, nel titolo, usano i termini «militari», «difesa» o «sicurezza», abbiamo seguito molte audizioni. Abbiamo lavorato il giorno stesso dell'audizione e abbiamo fatto delle accurate sintesi, alle quali abbiamo allegato il collegamento al video della Commissione della Camera per dare la massima informazione possibile.
  Siamo stanchi di vedere che il militare purtroppo faccia notizia se rientra dall'estero vittima da una missione. Siamo sulle prime pagine di tutti i giornali per missioni che sono definite di pace e stabilizzazione oppure, sui giornali, il militare è definito come esportatore di democrazia. Purtroppo, la democrazia viene offesa al nostro interno da questa specificità-negatività, che ci perseguita da anni.
  Siamo stanchi di vedere solo servizi pubblicitari su varie operazioni di sicurezza e difesa, mentre viene occultato quello che è successo ed è stato denunciato qui perché è vergognoso che un militare, abbandonato nel momento della malattia contratta in servizio e, a quanto pare, anche minacciato da superiori, abbia denunciato le sue condizioni per avere visibilità. I militari sono costretti ad arrivare a Striscia la notizia o a programmi del genere.
  Presidente, noi, come Assodipro, facciamo parte di Euromil, un'associazione europea che raggruppa tutte le associazioni e i sindacati militari europei, con circa 500.000 iscritti.
  Posso dire a questa Commissione che solo noi italiani abbiamo il gigantesco dramma di migliaia di militari, tra malati e morti a causa di malattie contratte in servizio, perché in nessun Paese europeo c'è questo fenomeno con i nostri numeri. Per quanto riguarda il personale militare, non ci fa onore avere anche questo triste drammatico primato.
  Come Assodipro, appoggiamo e sosteniamo totalmente la proposta di legge di Scanu e altri e, soprattutto, le linee ispiratrici. C'è bisogno di un'effettiva reale e concreta risposta da parte dello Stato alle drammatiche e dolorose vicende che da lunghi anni i militari subiscono, cosa che troviamo nel testo. C'è bisogno di eliminare zone franche rivelatesi insensibili al rispetto delle leggi e nei luoghi militari deve essere assolutamente perseguita l'osservanza delle disposizioni di infortunistiche e, nel testo, ci sono delle aperture in questo senso.
  È urgente l'esigenza di affidare l'attività di controllo dei luoghi militari a personale di ente terzo per dare una reale vigilanza sul lavoro e la salute dei militari. Secondo me, questo è uno dei punti che crea più problemi. Abbiamo verificato, sia attraverso denunce e interviste sia attraverso quello che abbiamo visto tramite la rete, che ci sono delle forze che non vogliono accettare che il mondo militare si apra al controllo di un ente terzo.
  Per noi, invece, è fondamentale aprire un mondo chiuso e autoreferenziale, dove il controllore e garante della sicurezza non deve avere dipendenza e influenze gerarchiche. Il diritto alla tutela della salute non può essere gerarchizzato perché i diritti non si gerarchizzano, non si comprimono e Pag. 5non si negano, ma, in un Paese democratico, i diritti si estendono.
  Onorevole presidente e membri della Commissione, da anni seguiamo e ci occupiamo di tutti i provvedimenti che riguardano il personale militare e la Difesa. Possiamo dire che mai avevamo assistito a un attacco politico verticistico così duro a una legge che è frutto dei lavori di questa Commissione. Quest'attacco è stato fatto anche con bugie e inesattezze, dette e fatte dire nonché tendenti a far screditare il testo agli occhi del personale.
  In alcuni casi, ci siamo sorpresi e, in altri casi, non ci siamo sorpresi perché ci sono quelli che pensano solo a tabelle con qualche decimale di punto in più o in meno e quelli che si disinteressano totalmente di quasi 350 morti per uranio e migliaia tra malati e morti per uranio amianto e delle cause e omissioni che hanno determinato tali numeri da strage e sono totalmente disinteressati ai diritti complessivi con tutela sindacale sul lavoro e la salute di tutti i militari.
  Eventualmente, presidente, le pratiche pensionistiche per noi vengono assolutamente dopo quello che dovrebbe essere un indispensabile e fondamentale miglioramento di diritti e tutele per i militari perché, se non apriamo una finestra di democrazia e diritti su una casa chiusa, come quella della Difesa e di tutti i luoghi militari, non si risolve e non si migliora nulla.
  Come dicevo, abbiamo assistito da attacchi vergognosi. Lo posso documentare perché, esattamente il 29 luglio, è comparso sulla rete un articolo con questo titolo: «abrogare equo indennizzo e pensione privilegiata, forze armate convocate in Commissione».
  Presidente, secondo noi, in quel titolo ci sono una bugia e un'inesattezza. Nel testo dell'articolo si riportano anche le dichiarazioni di un CoCer che paventava quanto contenuto nel titolo stesso.
  In realtà, constatiamo per l'ennesima volta che trattasi di comportamenti noti di chi, tra vertici e settori politici, si oppone a qualsiasi atto o legge o proposta che possa portare miglioramenti sul campo dei diritti del personale, che si vorrebbe tenere in eterno in un sistema chiuso impermeabile a diritti costituzionali. Per farlo, si usa una presunta rappresentanza militare con un sindacato giallo, quale è nella realtà.
  Per contestare questa legge, si è usato un elemento di distrazione di massa come quello di presunte penalizzazioni su pensioni privilegiate ed equo indennizzo, che sono due temi molto sensibili e personali, per impressionare il personale stesso, sapendo che (purtroppo) molti si informano solo attraverso un titolo e non fanno il minimo approfondimento.
  Bastava e basta, invece, leggere gli atti e i testi ufficiali, che smentiscono la diffusione di bugie e inesattezze, e bastava osservare che, nella relazione allegata al testo, si cita quanto segue: «alla apparente iniquità di trattamento riservato al personale delle forze armate, si può porre rimedio sopprimendo l'equo indennizzo e soltanto l'equo indennizzo e, contemporaneamente, estendendo ad addetti e personale le tutele che sono garantite a tutti gli altri lavoratori».
  La specificità dei militari sarebbe comunque garantita, quindi evidenziamo la prima bugia: non si tocca la pensione privilegiata e, leggendo la relazione, la tutela infortunistica e previdenziale migliora. Per quanto riguarda l'equo indennizzo, nella relazione troviamo nuove modalità, che non penalizzano affatto perché, in alcuni casi, si avrebbero trattamenti più favorevoli.
  Vorrei ricordare alcuni passaggi, che voi avete attraversato e noi abbiamo seguito, perché ci hanno molto colpito, per cui, ancora oggi, ci chiediamo se ci siano inchieste che abbiano approfondito fatti e dichiarazioni che fanno pensare a errori, sottovalutazioni, mancanza di prevenzione e autoreferenzialità dannosa e che andrebbero perseguiti per individuare responsabilità su troppi malati e morti ed eventualmente emanare condanne.
  Ci rifiutiamo di pensare che tutto il lavoro di inchiesta politica si concluda con un nulla di fatto, il sarebbe gravissimo per il Paese, per la politica e per la giustizia.
  Cito a memoria per abbreviare. In questa Commissione sono passati importanti Pag. 6vertici militari, politici e professionisti e ne voglio ricordare alcuni.
  Il generale Magrassi, Segretario Generale del Ministero della difesa, a un certo punto ha smesso di leggere e ha parlato a braccio, cosa che molte volte consente di esprimersi più liberamente. Cito quello che ha detto il generale Magrassi: «di fatto, il rapporto tra lo Stato e il militare, persona chiamata a operare in condizioni al di fuori della normale attività di lavoro, storicamente è sempre stato improntato su un patto: io Stato ti chiedo di svolgere qualcosa che pone a rischio la tua vita e io Stato ti garantisco che, se ti succede qualcosa, mi prenderò cura di te oppure onorerò le tue spoglie e mi prenderò cura della tua famiglia».
  Questo patto è essenziale perché garantisce la fiducia necessaria. Il generale Magrassi conclude questo pensiero dicendo: «c'è qualcosa che rischia di minare questa fiducia che è essenziale». Anche in questo caso, ho fatto un ragionamento elementare pensando: «se lo dice un importante vertice della Difesa, qualcosa si sbloccherà». Questa è la mia dichiarazione del 7 marzo 2016, ma non mi sembra che sia successo nulla.
  Un altro vertice che è passato da questa Commissione è il sottocapo di Stato Maggiore della Difesa Nordio, ascoltato come persona informata sui fatti. Una delle domande che il presidente gli ha rivolto è stata: «generale Nordio, il generale Roberto Comelli ha riferito alla Commissione che sono in corso di definizione dei criteri, alla stregua dei quali deve essere svolta attività di vigilanza nei teatri operativi all'estero e alla stregua dei quali debbono essere individuate le figure di coloro che devono andare nei vari teatri a fare attività di vigilanza, per cui la domanda è: dobbiamo desumere che fino a ora non è stata effettuata attività di vigilanza nei teatri operativi all'estero?». La risposta è: «per quanto io ne sia a conoscenza, credo che non sia stata mai fatta attività ispettiva nei teatri operativi».
  In un Paese normale, presidente, mi sarei aspettato che la precedente e questa dichiarazione comparissero il giorno seguente sui più importanti quotidiani o in qualche tipo di telegiornale e io personalmente avrei titolato: «da anni, da quando facciamo missioni all'estero, non c'è stata nessuna vigilanza sanitaria sui teatri operativi». Tuttavia, sulla stampa non è arrivato nulla.
  Vorrei citare il dottor Guariniello, che è stato ascoltato da questa e altre Commissioni e che è il massimo esperto in Italia su questo tema. Tra le tante cose importanti che ha detto il dottor Guariniello, voglio citarne una: «solo nell'ambito della Marina militare, centinaia di persone risultano decedute o ammalate per patologie asbesto correlate e queste criticità non sono state eliminate, ma sono aumentate per un problema irrisolto: la sicurezza della salute dei militari non ha norme adeguate».
  Detta dal professor Guariniello, questa frase assume un valore ancora più importante del significato stesso.
  Come pubblico ministero, mi sono spesso confrontato, per inchieste, con organi interni militari e questi incontri mi sono apparsi inquietanti.
  Mi sembra che, a oggi, non sia cambiato nulla per quanto riguarda gli organi interni, anche dopo queste importanti dichiarazioni.
  C'è stata anche l'audizione del tenente colonnello medico che ha denunciato in questa Commissione che, per anni, in una base in Kosovo dove sono transitate migliaia dei miei colleghi, è stata usata, come acqua potabile, un'acqua contaminata con ione bromato, che è cancerogeno per l'uomo. Poi, c'era un altro aspetto inquinante derivato da una fabbrica vicina, che inquinava non solo l'acqua, ma anche l'aria.
  Non ho trovato riscontri a queste dichiarazioni e non ho trovato approfondimenti, per cui, casomai, presidente, se ce ne sono, le chiediamo di informarcene. Non abbiamo mai saputo se sono stati fatti immediati accertamenti su questi fatti.
  Accelero per non rubare più spazio. Vorrei evidenziare al presidente e ai membri della Commissione che qui è stato ascoltato anche il CoCer Interforze. Qui, avete avuto la plastica testimonianza evidentissima che i militari non hanno organi di rappresentanza e tutela. Per me, quella è stata una delle audizioni più interessanti Pag. 7perché, a precise domande dei singoli membri, abbiamo trovato i rappresentanti dei cinque CoCer e il presidente che non hanno potuto rispondere. Mi sono entusiasmato quando ho letto la domanda dell'onorevole Lacquaniti «avete avuto pressioni per la vostra attività?». L'onorevole Duranti ha chiesto: «il CoCer Aeronautica ha parlato del Comitato amianto, ce ne può parlare?» L'onorevole Rizzo ha chiesto: «come rappresentanza, avete trattato direttamente questi casi?». L'onorevole Grillo ha domandato: «è sempre il militare che deve dimostrare l'esposizione?».
  C'è tutta una serie di domande per cui mi sono fatto io stesso una domanda, mentre l'ascoltavo: o i membri della Commissione non sanno esattamente che cos'è la rappresentanza militare oppure, in quel momento, stanno pensando di parlare con dei sindacati del personale. Lo dico perché, se dall'altra parte ci fosse stato il rappresentante di un'associazione tedesca che ha potere sindacale con 200.000 iscritti o il rappresentante sindacale dei militari belgi o i rappresentanti sindacali dei Paesi del nord Europa, sicuramente ci sarebbe stata risposta a quelle domande, anzi sarebbe stato chiesto: «presidente e onorevoli membri, vi invitiamo a fare un'inchiesta rapida e veloce perché noi vogliamo giustizia per i nostri morti e i nostri malati».
  La rappresentanza militare da quarant'anni è, invece, la palese dimostrazione, come avete visto qui, di essere un organo inutile nell'effettiva tutela delle cose più importanti sul lavoro e sulla salute.
  In una successiva audizione, ad alcune delle domande che ho citato, è stato replicato: «risponderemo nella prossima audizione». Non ci sono state risposte, anzi è stata buttata lì la frase retorica «nessuno resterà mai solo», per cui quando ho sentito quella frase, ho pensato a noi di Assodipro, che eravamo da soli un mese e mezzo fa davanti alla Camera e, per la prima volta, abbiamo fatto un presidio con i parenti e con le vedove dei militari morti, che erano, non soli, ma solidissimi e abbandonati da anni.
  In un lampo di democrazia, qualcuno ha osservato che purtroppo il CoCer non fa niente perché non ha potere sindacale. Il parlamentare Elio Vito ha detto che, in effetti, c'è bisogno di strumenti di rappresentanza adeguata anche di tipo associativo e sindacale, come lei, onorevole Duranti, sostiene da anni, però probabilmente ci penserà la Corte costituzionale tra qualche mese perché noi siamo arrivati a quel punto.
  Presidente, lottiamo da venticinque anni per più diritti e più democrazia e per avere una rappresentatività sindacale delle forze armate e, tra pochi mesi, ci risponderà la Corte costituzionale, alla quale, tramite il Consiglio di Stato, siamo giunti a chiedere se il negare diritti sindacali violi la Costituzione.
  Come Assodipro, siamo convinti che, se avessimo avuto una rappresentanza di modello sindacale, quello che è accaduto non si sarebbe neanche pensato, presidente, perché è difficile pensare a un comandante che dica ai suoi uomini, com'è stato detto qui, di andare a fare un giro in quella zona contaminata con pantaloncini e canottiera.
  Siamo convinti che i diritti sindacali e la coscienza di tutela vera sul lavoro avrebbero evitato superficialità, disattenzioni, omissioni e gravi inadempienze che hanno causato malati e morti a migliaia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Rullo, per l'importante contributo.
  Ora, se lei lo permette, acquisiamo agli atti la relazione che ha letto. Senza voler coinvolgere i miei colleghi, che ovviamente hanno diritto di pensarla anche molto diversamente da me, visto che lei ha posto retoricamente una domanda, chiedendo se questo nostro – nel senso vero – benedetto Paese fosse un Paese normale, io mi permetto di dare la mia personale risposta: questo non è un Paese normale.
  Chi è iscritto a parlare, per piacere, si sposti di posto e, gentilmente, si presenti.

  SALVATORE ANTONACI. Sono Salvatore Antonaci, papà di Andrea Antonaci, deceduto il 12 dicembre del 2000. Fra poco saranno passati diciassette anni, senza arrivare a una conclusione, per quanto ci riguarda. Pag. 8
  Vorrei raccontare la storia di quando Andrea si è malato, che rimarca quanto ha letto il precedente audito.
  Andrea è partito il primo settembre del 1998 perché aveva firmato una dichiarazione e avrebbe fatto quattro mesi di missione a Sarajevo. Invece di quattro mesi, Andrea si è trovato a fare sei mesi. A dicembre, prima di Natale, è rientrato per fare gli auguri. Come si usa nelle missioni, i militari rientrano due o tre giorni per stare con la famiglia e ritornano alla base.
  Andrea è venuto il 14 dicembre e, poi, è rientrato a Sarajevo.
  Nei primi giorni di gennaio già ci accorgemmo dalle telefonate che Andrea tossiva, ma non si sapeva di che cosa si trattasse. Ingenuamente gli ho detto «perché non passi in infermeria per vedere se ti possono aiutare a trovare qualche cosa?» e lui «ma ti danno un'aspirina e poi ti mandano al lavoro».
  Purtroppo, questa situazione è continuata finché, dopo sei mesi, il primo marzo, Andrea è rientrato in Italia ed è andato nella caserma in cui svolgeva il suo lavoro. Il colonnello gli aveva prenotato una visita di controllo all'ospedale militare di Firenze. Il 15 marzo, che c'era il giorno della prenotazione per la visita, Andrea si presenta e non trova il medico per fare il controllo.
  Questo ha creato una sensazione di un abbandono per il ragazzo. Siamo andati avanti finché è arrivato il 13 giugno, quando Andrea ha cominciato ad avere problemi più grossi.
  La settimana successiva, il 19 giugno, Andrea si presenta all'ospedale di Firenze...

  PRESIDENTE. Siamo nel 1999.

  SALVATORE ANTONACI. Nel 1999. Consideri che la data del primo marzo si riferiva al 1999.
  Dopo il controllo, il medico gli dice «sembra che tutto vada bene», però, visto che Andrea era anche diminuito di peso parecchio e si sentiva debole, gli ha anche detto «facciamo una radiografia e vediamo che cosa succede».
  Facendo questa radiografia, si riscontra una massa che era una cosa normale. Allora, hanno deciso di ricoverarlo e hanno cominciato a fare gli accertamenti, prendendo un po’ di materiale per analizzarlo. Dall'esito, si è riscontrato un linfoma non Hodgkin, quindi il ragazzo, che stava lavorando, si è preoccupato, anche perché, dopo sei mesi, praticamente, gli veniva tolto pure lo stipendio. Andrea ha chiesto il riconoscimento di causa di servizio.
  La causa di servizio è stata riconosciuta e non è stato precisato che si trattava di linfoma non Hodgkin, ma, addirittura, di stress. Non so se un ammalato di tumore possa avere nel riconoscimento, come causa di servizio, lo stress.
  Siamo andati avanti con le cure, perché, poi, Andrea si è dovuto ricoverare, facendo due cicli di chemio e, poi, la radioterapia, finché, il 14 giugno del 2000, al controllo, dopo l'ultima radioterapia, si vede che questo linfoma si era ricostituito. A questo punto, Andrea ha perso un po’ la fiducia.
  Il 4 novembre mi spinge con forza a fare una petizione al procuratore Intelisano, per cui io, spinto da mio figlio, aspettavo qualche risposta, che non è mai arrivata. Ancora oggi aspetto qualche notizia perché non ho ricevuto mai niente.
  Dopo alcuni contatti, Andrea voleva fare una dichiarazione per dire allo Stato che c'era qualcosa che non andava nelle missioni, quindi ha fatto vedere la sua condizione di ammalato per far capire che stava male e stava per morire. Infatti, il 13 novembre, questa dichiarazione è passata su Striscia la notizia.
  Siamo andato avanti, però, quando hanno visto questa trasmissione, è successo che qualcuno...

  PRESIDENTE. Mi scusi, signor Salvatore. La interrompo per cercare di inquadrare la situazione.
  Preso atto del fatto che nessuno si occupava di lui, Andrea ha ritenuto di doversi rivolgere alla redazione della trasmissione Striscia la notizia, giusto? Andrea è andato in televisione...

  SALVATORE ANTONACI. La sera del 13 novembre, la dichiarazione è andata in onda, quindi tutti hanno cominciato a sentire Pag. 9 un po’ di malumore e qualcuno ha cercato di contattarlo perché uno dei superiori dell'Esercito voleva parlargli. Non so quali erano gli scopi, però sta di fatto che, il 4 dicembre, lui era già molto malato e che, il 5 dicembre, ha fatto la TAC, da cui risultava che era quasi guarito. Andrea aspettava l'esito di un esame sulle cellule staminali per il trapianto, però, dopo il 5 dicembre ha cominciato a peggiorare, per cui l'hanno dovuto ricoverare.
  Andrea è stato ricoverato in terapia intensiva, dove è rimasto per due giorni. Il 12 dicembre Andrea è deceduto e non ha fatto in tempo ad avere notizie.
  Il giorno successivo, l'attuale Presidente della Repubblica, che era allora ministro, ha detto candidamente che non poteva essere stato l'uranio, considerata la zona in cui ha operato lui. Poi è stato anche detto che lui non ha operato nelle zone inquinate, ma era stato solamente in ufficio.
  Tuttavia, lui ha partecipato alla ricostruzione dell'università di Sarajevo. Per fare la ricostruzione, non penso lui andasse a passeggio, ma penso che, per vedere com'era formato il materiale, a contatto con la polvere, abbia avuto la possibilità di inquinarsi. Di sera, ritornava in ufficio per fare i calcoli statici per la ricostruzione.

  PRESIDENTE. Signor Salvatore, lei stava facendo cenno al fatto che, dopo aver rilasciato l'intervista a questa trasmissione, Andrea sarebbe stato contattato da alcuni superiori per complimentarsi per il coraggio?

  SALVATORE ANTONACI. Non lo so.

  PRESIDENTE. Sono passati diciassette anni. A oggi, lei sta ancora aspettando che le venga resa giustizia.

  SALVATORE ANTONACI. Per due volte il giudice ci ha dato ragione e, adesso, ci hanno mandato in Cassazione.

  PRESIDENTE. C'è stato un ricorso in Cassazione da parte del ministero...

  SALVATORE ANTONACI. In merito, posso citare un proverbio...

  PRESIDENTE. Non fa niente...

  SALVATORE ANTONACI. Non lo ricordo...

  PRESIDENTE. Non si preoccupi. Suo figlio Andrea è mancato, purtroppo, circa diciassette anni fa e lei ancora non ha avuto il riconoscimento che le leggi italiane dovrebbero garantire perché la Difesa si è appellata fino alla Cassazione, giusto?

  SALVATORE ANTONACI. Sì.

  PRESIDENTE. I colleghi vogliono porre domande?
  In effetti, è chiaro quanto sia dolorosa la storia che ci ha proposto, per cui porre domande è quasi imbarazzante.
  Non so se vuole aggiungere qualcosa che le è venuta...

  SALVATORE ANTONACI. In questi anni, ho partecipato spesso a trasmissioni televisive e, quando venivo da Lecce a Roma, sul treno incontravo ragazzi che erano stati in missione. Allora gli chiedevo: «quando rientrate, vi chiamano a fare la visita di controllo?». Uno di questi ragazzi ha detto: «ci siamo presentati alla Mandelli, però ci hanno chiesto che cosa eravamo andati a fare».

  PRESIDENTE. Le vorrei fare un'altra domanda, che, alle orecchie delicate e puritane di alcuni, potrebbe sembrare scandalosa e che le pongo come mi viene: in tutti questi anni, lei ha vissuto la presenza dell'amministrazione della Difesa come un pezzo dello Stato e un brandello di bandiera italiana amica oppure l'ha sentita ostile?

  SALVATORE ANTONACI. Per me, quella era ostile perché, se non fosse stata ostile, non si sarebbe ancora avvalsa della possibilità di andare avanti con le cause e con tutto il resto, una volta riconosciuti la malattia e il disagio di tutti quanti, anche perché ci sono altri ragazzi.

  PRESIDENTE. Signor Salvatore, la ringraziamo molto per questa sua dolorosa testimonianza e speriamo che le cose, come Pag. 10la civiltà dovrebbe suggerire, vadano nel verso giusto.
  Si accomodi il prossimo audito e si presenti, per piacere.

  PIER PAOLO CIPRIANI. Buonasera a tutti sono Cipriani Pier Paolo, fratello del maresciallo Cipriani Luciano.
  Luciano è deceduto esattamente l'8 gennaio del 2016. Dieci giorni fa, finalmente, dopo varie richieste, la Commissione si è pronunciata, dicendo ancora una volta che non c'è dipendenza da causa di servizio.

  PRESIDENTE. Mi scusi. Le chiedo una cortesia, anche se è estremamente doloroso farlo.
  Per qualche minuto, ci ricostruisce la situazione, in modo tale che la Commissione possa sapere esattamente che tipo di servizio ha svolto e quando non si è ammalato suo fratello.

  PIER PAOLO CIPRIANI. Luciano ha partecipato a tutte le missioni, da quella in Kosovo a quella in Afghanistan e in Albania, per cui le ha fatte tutte, per periodi più o meno lunghi. In qualità di maresciallo dell'Aeronautica militare, lui prestava servizio l'aeroporto con diverse mansioni.
  Sicuramente i contatti che lui ha avuto con le polveri sono stati tanti, oltre a tutto il resto, presidente.
  La cosa triste della storia del mio fratello è che il decorso della malattia è stato brevissimo.

  PRESIDENTE. Quando si è ammalato suo fratello?

  PIER PAOLO CIPRIANI. La sua diagnosi è stata fatta a maggio del 2014.

  PRESIDENTE. Qual è diagnosi fatta?

  PIER PAOLO CIPRIANI. È stato diagnosticato un blastoma, un tumore che colpisce il cervello, già al quarto grado, quindi abbiamo visto un uomo di 46 anni che, nell'arco di pochissimo tempo, è passato da un militare e da qualcuno che stava servendo il suo Paese a qualcosa di indescrivibile.
  Penso che un po’ tutti i familiari abbiano avuto questa triste esperienza, ma quello che mi premeva dire è che, in questo brevissimo lasso di tempo, la cosa difficile è stata costituita principalmente da un fatto.
  Sto cercando un aggettivo preciso per rappresentare esattamente la mia sensazione perché sento sempre dire «abbandonati» o «lasciati soli» e sento tante cose, ma il mio è più un sentirsi traditi perché, come diceva prima il rappresentante di Assodipro, c'è un patto.
  Ci è stato insegnato fin da piccoli che pacta sunt servanda, quindi se manca quello, manca l'origine. Servire lo Stato significa essere orgogliosi e stare in piedi sugli attenti sotto la bandiera ed è qualcosa in cui si crede e in cui si cresce, quindi, per questo patto, uno sente un tradimento.
  Questo è l'aspetto che veramente mi premeva farvi presente perché ci siamo trovati a non sapere che cosa fare. È stato talmente devastante e talmente forte il tumore che ha colpito Luciano che il tempo era pochissimo e dovevamo prendere delle decisioni importantissime in pochissimo tempo, quindi non c'è stata possibilità.
  Ci siamo rivolti anche per avere delle cure all'estero, che sono state negate, per cui siamo dovuti andare in tribunale...

  PRESIDENTE. Vi siete rivolti autonomamente e non sostenuti dall'amministrazione della Difesa?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Non sostenuti dall'amministrazione.

  PRESIDENTE. Come familiari.

  PIER PAOLO CIPRIANI. Come familiari, perché, come vi ripeto, purtroppo, il tempo era brevissimo. Di fronte a questi tipi di tumore, bisogna agire rapidamente e agire secondo le cose che in quel momento conoscevamo e che ci davano maggiore speranza. In Italia, non c'era questa possibilità di cura.
  Ecco perché ci siamo attivati in cento modi e abbiamo fatto di tutto per cercare di accelerare...

Pag. 11

  PRESIDENTE. Avete chiesto alla Difesa di venirvi incontro e di mettersi a disposizione perché suo fratello potesse avere le possibili cure anche all'estero?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Come le ripeto, presidente, non c'è stata la disponibilità e neanche il tempo perché ci hanno detto: «per la diagnosi e per quanto abbiamo potuto informarci, se è fortunato, forse Luciano vive sei mesi e, se è fortunatissimo, cinque anni».

  PRESIDENTE. Quanto tempo fa è mancato suo fratello?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Esattamente l'8 gennaio del 2016, mio fratello è deceduto.

  PRESIDENTE. Immagino abbiate presentato domanda per il riconoscimento...

  PIER PAOLO CIPRIANI. Abbiamo presentato le varie domande e, come dicevo all'inizio, dieci giorni fa è arrivata la risposta: non c'è dipendenza da causa di servizio.

  PRESIDENTE. Su quale base è stata fatta questa affermazione?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Dalla biopsia sulla parte di tumore che sono stati in grado di togliere, anche perché era talmente complicata la cosa che non è stato possibile toglierlo più di tanto.
  Da parte della dottoressa Gatti, che, se non sbaglio, è stata più volte sentita in altre audizione, è stato chiaramente periziata la presenza di metalli che sono stati l'origine e la causa, però, a quanto pare, ancora non c'è la possibilità...

  PRESIDENTE. Hanno ritenuto di dover indicare dal loro punto di vista le cause presunte della malattia di suo fratello?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Nella perizia veniva detto che quei materiali sono metalli pesanti e che non c'era una via differente se non quella dell'inalazione, quindi la presenza era certa ed era sicura, però ancora non...

  PRESIDENTE. Mi scusi se le pongo questa domanda, ma le assicuro che non lo faccio per stupida curiosità.
  Lei ricorda quali fossero i metalli pesanti che sono stati trovati nel corpo di suo fratello?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Ce n'erano tanti e le sigle non sono la mia materia. Tra gli altri, se non ricordo male, c'era il piombo e c'era ferro e c'erano altri metalli, ma anche altre sostanze che sinceramente adesso non sono in grado di...

  PRESIDENTE. Comunque, si trattava di metalli pesanti, quindi dieci giorni fa è stato disposto il mancato accoglimento dell'istanza.
  Lei vorrebbe rivolgere una domanda alla Commissione?

  PIER PAOLO CIPRIANI. Sì.

  PRESIDENTE. Prego.

  PIER PAOLO CIPRIANI. Ancora una volta, ci troviamo costretti a chiedere alla giustizia di pronunciarsi per definire un diritto, come se il potere dello Stato al quale è demandata altra cosa fosse il sostituto del potere politico. Questa cosa dà fastidio perché questo manca: il fatto di non avere ancora un riferimento normativo preciso.
  Ho usato nel nostro primo incontro la parola «abbraccio», ma non so se lei lo ricorda, perché penso che questo voglia un familiare per sentirsi in qualche modo instradato: il fatto di ammettere l'esistenza di un problema e dire «si tratta di un nostro soldato e di un nostro militare, per cui dobbiamo dargli un ventaglio ampio di possibilità, dalla cosa più semplice...».

  PRESIDENTE. Sa perché non c'è la risposta? Perché non dovrebbe esistere neppure la domanda. La ringraziamo tanto.
  Si accomodi, signora, prego. Per piacere, si presenti.

Pag. 12

  MARISA MARCOLINI. Sono Marisa Marcolini, madre di Saviantoni Valerio, nato il 25 gennaio 1978 e deceduto il 18 febbraio 2011 per linfoma di Hodgkin. Si è parlato di uranio, di radon, di tante cose, ma non si è parlato degli effetti che possono avere le onde elettromagnetiche.
  Mio figlio è stato chiamato, ritenuto idoneo e ha prestato servizio militare nel reggimento trasmissioni Abetone. Dormiva, mangiava, faceva turni...

  PRESIDENTE. Quando, signora, questo? Lo ricorda?

  MARISA MARCOLINI. Nel 1998, dal 24 giugno del 1998. Mangiava, dormiva, praticamente viveva lì, senza alcuna protezione, senza niente. Ha finito di fare il servizio militare ed è tornato in famiglia.
  Nel 2002 gli viene diagnosticato un linfoma di Hodgkin. Curato, portato, radioterapie, chemioterapie. È stato un calvario di 11 anni. Dopodiché, è deceduto.
  Abbiamo fatto una domanda normale...

  PRESIDENTE. Scusi, signora, in che anno è deceduto suo figlio?

  MARISA MARCOLINI. Nel 2011. Diagnosticato nel 2002, è deceduto nel 2011.
  Abbiamo fatto la prassi normale. Chiaramente, non è stata riconosciuta come causa di servizio. Adesso abbiamo presentato un ricorso. Mi dicono che c'è poca letteratura in questo campo di onde elettromagnetiche, però abbiamo visto che ci sono tante ripercussioni sui militari. Mio figlio ha prestato servizio militare nel reparto trasmissioni sotto antenne abbastanza potenti. Gli viene diagnosticato un linfoma e mi dicono che non è una causa di servizio. Io mi chiedo come questo sia possibile.

  PRESIDENTE. Signora, lei diceva che suo figlio è mancato nel 2011.

  MARISA MARCOLINI. Sì, è esatto.

  PRESIDENTE. La prima risposta?

  MARISA MARCOLINI. Nel 2002.

  PRESIDENTE. No, non mi sono spiegato. La prima risposta del Comitato di valutazione.

  MARISA MARCOLINI. Io l'ho fatta... neanche ci pensavo. Guardi, glielo dico. L'ho fatta nel 2013, una cosa di questo genere. Neanche mi ricordo.

  PRESIDENTE. E la risposta è stata che questa fattispecie – chiamiamola così – questa malattia, per chiamarla con il nome giusto, non risulta nella letteratura...

  MARISA MARCOLINI. No, praticamente non ci sono abbastanza... Chiaramente, mi sono fatta poi... il giudice ha nominato un CTU. Io ho nominato... noi abbiamo di famiglia un CTP. La risposta del CTU è che non c'è causa. Me l'ha data l'altro giorno. Vediamo di fare un'altra relazione.
  A questo punto, una persona, se non ci sono studi, che cosa deve fare per farsi... cioè, per avere giustizia? Che cosa deve fare, io mi chiedo? Non lo so.

  PRESIDENTE. Lei ha presentato, immagino, ulteriore ricorso a questa...

  MARISA MARCOLINI. Sì, abbiamo fatto ricorso e in base a questo il giudice, ripeto, ha nominato... Così stanno le cose. Adesso a novembre vediamo quello che potrà accadere... che accadrà.

  PRESIDENTE. Il CTU verrà pagato dalla Difesa o lo dovrebbe pagare lei? Non le hanno detto?

  MARISA MARCOLINI. No, di pagamento non mi hanno detto niente. Chiaramente, il CTP... Per una cosa...

  PRESIDENTE. Quindi, naturalmente, lei, per far valere le giuste ragioni, non solo della famiglia, ma anche della memoria di suo figlio, ha dovuto...
  Prenda un po’ d'acqua. Se vuole, sospendiamo per qualche minuto.

Pag. 13

  MARISA MARCOLINI. No, va bene, tanto ogni volta è così.
  Ecco, questo è quanto.

  PRESIDENTE. Purtroppo, non ha avuto nessun tipo di accompagnamento – chiamiamolo così – dal punto di vista, intendo dire, della sensibilità umana e professionale, niente. Purtroppo, niente.

  MARISA MARCOLINI. Assolutamente nulla. Niente, niente, niente. Questa è la cosa che forse dispiace... Niente, è come se non fosse accaduto nulla. Questo è quanto.

  PRESIDENTE. Ci sono domande? Signora, è stata talmente netta che le domande proprio non... Vuole aggiungere qualche altra parola?

  MARISA MARCOLINI. No, nient'altro. Vorrei un po’ di giustizia, soltanto questo.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signora, per essere venuta qui in Commissione.
  Visto che lei è vicino, si accomodi lei e si presenti, per piacere.

  ANIELLO BRANCALEONE. Buonasera. Sono Brancaleone Aniello, fratello di Alfonso Brancaleone. Mio fratello era un militare, un caporal maggiore scelto dell'Esercito, che è deceduto nel 2012, a dicembre 2012, dopo tre anni di malattia. Aveva una leucemia linfoblastica acuta.
  Aveva 14 anni di servizio e ha partecipato a varie missioni. È stato in Albania, in Kosovo. L'ultima missione che è rientrato nel 2005, un po’ prima che poi scoprisse la malattia, che è il 2005, dall'Iraq è rientrato. Ha fatto anche vari poligoni in Sardegna, Capo Teulada, Salto di Quirra. Poi è stato anche in Giordania. Non si è fatto mancare niente.
  A mio fratello quello che gli è stato riconosciuto soltanto in vita, perché poi dopo a noi non è stato riconosciuto niente.

  PRESIDENTE. Ci faccia capire.

  ANIELLO BRANCALEONE. Gli è stato riconosciuto il 35 per cento di vittima del dovere e l'equo indennizzo. Comunque, dopo quattro anni e mezzo si è fermato...

  PRESIDENTE. Scusi, è stata comunque individuata una correlazione, un nesso di causalità fra il lavoro...?

  ANIELLO BRANCALEONE. Sì, è stato riconosciuto come vittima del dovere, ma al 35 per cento.
  Mio fratello è stato tre anni ammalato. Dopo due anni circa dalla malattia ha avuto una remissione provvisoria ed è rientrato di nuovo in servizio. Poi ha avuto una recidiva e a dicembre è mancato.

  PRESIDENTE. Dopodiché?

  ANIELLO BRANCALEONE. Dopodiché, la famiglia non ha avuto assolutamente nessun punto di riferimento. È stata abbandonata a se stessa proprio. Noi non sappiamo ancora tuttora. Parliamo con qualcuno e sappiamo che forse c'è qualcosa che possiamo attingere, forse c'è qualcosa che possiamo ancora avere. La famiglia non ha avuto niente. All'inizio c'erano solo i colleghi di mio fratello, ma solo per affetto e basta, insomma. Poi siamo stati abbandonati da tutti.

  PRESIDENTE. Probabilmente hanno mandato la corona.

  ANIELLO BRANCALEONE. Sì, quello sì. Almeno quello sì.

  PRESIDENTE. Quindi, avete avuto la corona.

  ANIELLO BRANCALEONE. Come no.

  PRESIDENTE. Continui, per piacere, ad esporre. Quindi, avete presentato istanze. Ve le hanno respinte?

  ANIELLO BRANCALEONE. Abbiamo presentato istanza tramite la caserma di mio fratello, perché era l'unico punto di riferimento, ma, a quanto pare, nemmeno loro sanno più di tanto. Noi qualche informazione la dovevamo prendere da Internet Pag. 14e andavamo dal maresciallo che in quel momento era di servizio: «C'è questa cosa che forse possiamo fare. No, forse vi tocca, forse non vi...». Comunque stiamo in alto mare. Penso che uno Stato che abbandona così, dopo che uno è morto per la Patria, per quello che ha giurato... penso che è una vergogna proprio.

  PRESIDENTE. Quindi, a distanza di cinque anni dalla morte di suo fratello, non avete ancora avuto neppure accesso agli atti?

  ANIELLO BRANCALEONE. No. Sinceramente, siamo all'oscuro... qualche cosa che sappiamo la sappiamo perché domandiamo a qualcuno che ha avuto la nostra stessa causa, insomma, perché altrimenti nessuno ci accompagna, nessuno ci dà un punto di riferimento. Non sappiamo nemmeno a chi chiedere. L'unico punto di riferimento è la caserma. Nemmeno loro poi sono formati per questa cosa.

  PRESIDENTE. Certo.
  Ci sono domande?

  DONATELLA DURANTI. Solo per avere un chiarimento ulteriore, quindi, alla morte di suo fratello, tutto quello che era stato riconosciuto prima non è stato esteso poi ai familiari?

  ANIELLO BRANCALEONE. No, non è stato esteso niente ai familiari, niente, zero.

  PRESIDENTE. È stato praticamente – mi dispiace dover ricorrere a queste forme di ironia noir, potremmo chiamarla – stabilito un principio che da vivo era più ammalato di quanto non lo fosse da morto.

  ANIELLO BRANCALEONE. Comunque, questo era mio fratello.

  PRESIDENTE. È un nuovo canone scientifico sul quale lavorare.
  Grazie molte.

  ANIELLO BRANCALEONE. Un'altra cosa, una cosa gravissima. Siccome poi nella stessa caserma di mio fratello, che è quella di Nocera Inferiore, dove c'era anche Attianese, che è deceduto ultimamente, abbiamo avuto già una causa così... una cosa così e ancora non riconoscono, ancora siamo in alto mare...

  PRESIDENTE. Neanche per Antonio Attianese, purtroppo, è stato riconosciuto niente, però è arrivata la corona anche lì.
  Grazie molte.
  Prego, chi deve intervenire? Si accomodi, prego.

  FABIO FELACO. Buonasera a tutti. Presidente, buonasera. Buonasera ai membri di questa Commissione. Io sono Fabio Felaco, figlio di un maresciallo aiutante dell'Aeronautica militare finito il 9 agosto 2014. Sono passati da poco tre anni. Ciò che ha colpito papà è un mesotelioma pleurico per esposizione da amianto.
  Ringrazio il presidente e la Commissione per questo nuovo invito, dopo l'incontro già di luglio scorso a cui ho avuto il piacere e la fortuna di partecipare. C'è anche oggi, come allora, un po’ di imbarazzo, purtroppo, nel riascoltare... Mi sarei augurato magari le stesse testimonianze di luglio. Purtroppo, oggi, con dispiacere per le persone qui presenti, ascolto nuove testimonianze, sicuramente drammatiche, di cui mi dispiace.
  Papà è finito... il mesotelioma è stato diagnosticato per caso nel corso dell'anno 2012-2013. Dico «per caso» perché era asintomatico. Non c'era sintomatologia. Per caso perché lui, un po’ anche per la vita militare che ha fatto, era uno sportivo e, quindi, era sempre in movimento, sempre in attività. Per un trauma è uscito fuori questo. È partito tutto da un piccolissimo versamento pleurico, che è rimasto tale sino praticamente a pochi mesi prima del decesso, per i controlli che abbiamo svolto.
  A seguito di un istologico fatto all'ospedale di Napoli Monaldi dal professor Curcio è stato ampiamente diagnosticato – prima c'era un'asintomatologia della malattia – in uno stadio molto avanzato, estesissimo a livello della corteccia pleurica. Quindi, ci avevano già detto che c'era poco da fare. Pag. 15
  Ci avevano dato, dalla conoscenza, a seguito di un consulto al professor Tirelli... Il professore, mi ricordo bene, guardando una foto di mio padre, disse: «Un anno e due mesi, un anno e tre mesi» – papà è finito dopo un anno, due mesi e nove giorni – con un fare anche molto diretto, che io apprezzo personalmente in molti medici, perché l'approccio umano può restare, ma poi non si va oltre.
  La mia esperienza è sicuramente un'esperienza molto recente, di pochi anni, purtroppo, rispetto a chi sento qui da diverso tempo. Avevamo fatto partire l'istanza per il riconoscimento della richiesta dei benefici per le vittime del dovere poco dopo il decesso di mio padre, istanza rispetto alla quale non avevamo avuto notizie, se non a seguito dell'ottimo lavoro svolto dalla procura di Padova a seguito di un'indagine partita proprio in concomitanza con la scoperta della malattia di papà.
  Fui contattato dalla procura. Qui c'è uno dei massimi esponenti, sebbene in veste di consulente, il dottor Guariniello. Mi fu chiesta la possibilità di spedirgli del materiale e io lo feci con molta tranquillità. Vedevo, anzi, uno sforzo teso ad accertare una verità.
  Ho avuto anche la trasmissione da parte della procura della relazione, di una perizia, di un elaborato peritale importante, nel quale rientra anche la posizione di mio padre come persona, per le mansioni operative che svolgeva, esposta al rischio dell'amianto per il tipo di mansioni che lui aveva come aerosoccorritore e incursore dell'Aeronautica militare.
  Grazie all'intervento anche, insieme a me, dell'ottima collega Sadocco, che mi affianca, rappresentante anche dell'associazione Assodipro, di cui prima abbiamo ascoltato il grande presidente, proprio qualche giorno fa abbiamo avuto una comunicazione da parte del ministero sulla disposizione – hanno fatto richiesta – di rapporti formativi per capire un attimino quali erano le mansioni svolte da mio padre durante...

  PRESIDENTE. Non avevate già chiarito quali fossero le mansioni svolte da suo padre?

  FABIO FELACO. Questo è già agli atti della procura dell'inchiesta di Padova, della perizia, dell'elaborato peritale.

  PRESIDENTE. Quindi, come mai hanno avuto bisogno di una...?

  FABIO FELACO. Presidente, questa sua giusta osservazione mi apre il dubbio che spero di non ritrovarmi mi auguro non qui, perché spero che i lavori di questa Commissione siano finiti prima e con risultati positivi – me lo auguro, anche se la strada sembra abbastanza difficile da percorrere – ma tra qualche anno con gli esiti diffusi di cui ho sentito parlare.

  PRESIDENTE. Scusi, c'è già stato un primo pronunciamento o non ancora?

  FABIO FELACO. Non ancora.

  PRESIDENTE. Hanno chiesto comunque di conoscere questi elementi relativamente al lavoro svolto, benché comunque nel fascicolo fossero certamente presenti.

  FABIO FELACO. Credo fogli matricolari di mio padre, i servizi e le mansioni svolte negli anni. Credo sia un dato documentale abbastanza acquisibile. È un muoversi di un'amministrazione che...

  PRESIDENTE. Esiste comunque un fascicolo, credo di aver capito, che, ahinoi, riguarda anche suo padre presso la procura della Repubblica di Padova, giusto?

  FABIO FELACO. Sì, a seguito anche della spedizione da parte mia del materiale (cartelle cliniche dove lui ha fatto l'istologico, dove è stato ricoverato, chemio, radio), lui è rientrato nell'elaborato peritale. Ci sono degli esiti nell'elaborato abbastanza, purtroppo, favorevoli, devo dire, ai fini di un eventuale riconoscimento dei benefici per l'istanza alle vittime del dovere. Poi chi vivrà vedrà, come si suol dire.
  Quello che volevo confermare nelle parole di prima che ho sentito pronunciare da lei è che effettivamente, nell'agire di questo contraddittore, che può essere l'amministrazione Pag. 16 militare o il ministero, si coglie da parte dell'altro contraddittore, in questo caso noi, un certo distacco, una certa freddezza dei rapporti.

  PRESIDENTE. Freddezza o anche ostilità, qualche volta? Non lasciate usare solo a noi queste parole, perché noi poi passiamo per essere degli agit prop, dei rivoluzionari e magari anche dei nemici dello Stato. A noi è risultato, purtroppo, di aver verificato molte volte ostilità. Allora, lo dica chiaramente: solo freddezza o anche ostilità?

  FABIO FELACO. Anche ostilità e mi viene confermato, purtroppo, da quello che mi sono sentito raccontare oggi ai lavori di questa Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie, intanto.
  I colleghi hanno piacere di porre qualche domanda? Grazie, avvocato.

  FABIO FELACO. Grazie a voi.

  PRESIDENTE. Prego, si accomodi. Si presenti, per piacere, anche se non è la prima volta che l'ascoltiamo. Avrei dovuto dire, per ragioni di ospitalità, che abbiamo il piacere di ascoltarla, però, francamente, mi sono fermato prima, perché vorremmo sentire cose di diverso tenore. Grazie comunque per essere qua.

  PATRIZIA SADOCCO. Grazie a voi per avermi invitato. Sono l'avvocato Sadocco Patrizia. Faccio parte di Assodipro della sezione di Padova, ma mi stavo chiedendo che contributo potrei dare a questa Commissione. In realtà, avete sentito moltissime persone, avete sentito familiari, avete sentito tantissime persone. Quello che vorrei testimoniare è la prospettiva, il punto di vista di un professionista che assiste le famiglie nei procedimenti penali, perché so che vi siete occupati a lungo delle vittime del dovere e so che vi siete occupati del risarcimento dei danni.

  PRESIDENTE. Noi ci siamo incontrati anche a Padova, se non ricordo male.

  _______ (fuori microfono). In prefettura.

  PATRIZIA SADOCCO. Esattamente. Voi sapete che a Padova vi sono i procedimenti dell'amianto negli aerei, di cui parlava prima l'amico e collega Fabio Felaco. C'è il procedimento Monte Venda per il radon. C'è il procedimento penale – c'è stato – Marina 1, c'è Marina 2, ci sarà forse Marina 3. Ci sono i procedimenti dei vaccini. Quindi, forse ho pensato che dire due parole su quello che io penso e su come sto vivendo il penale poteva essere utile alla Commissione.

  PRESIDENTE. Quindi, lei ci sta offrendo, e di questo la ringraziamo, uno spaccato della situazione di cui ha contezza che riguarda praticamente ciò che si sta svolgendo presso la procura di Padova. È così?

  PATRIZIA SADOCCO. Esattamente. Non farò una ricostruzione dei processi, perché voi avete come consulente il dottor Dini, che è il magistrato che ha seguito le indagini, avete il prezioso contributo del dottor Guariniello, molto qualificato, e avete il dottor Negrisolo. Quindi, non starò a ricostruire i procedimenti, perché vi farei solo perdere tempo.
  Quello che io cerco di trasmettervi – non è neanche facile – è la paura e la preoccupazione che suscita il procedimento penale inevitabilmente in chi è coinvolto in questi procedimenti penali. Mi sento libera di dire queste cose perché, essendo professionista, in realtà sono libera di dirlo in questo senso, perché devo rendere conto solo ai miei assistiti, che vi assicuro la rabbia che hanno dentro. A volte, molto spesso, uno va nel penale proprio per la rabbia che sente dentro, perché ha più senso di giustizia.
  Faccio una premessa. Quando un assistito viene e chiede che differenza c'è tra penale e civile, gli si dice «Quando non paghi un debito è civile, quando succede qualcosa di grave è nel penale». Sembra che in questi settori gravissimi, perché per l'uranio si parla di 7-8-10.000 morti e ammalati, in Marina militare so che sono arrivate oltre il migliaio le persone individuate e in Monte Venda sono anche lì Pag. 17centinaia, sembra quasi che non si possa parlare. Sembra di parlarne come se fosse la strage di Ustica, nel senso di dire che è una follia pensare di andare nel penale. In realtà, io ritengo che siano cose gravissime, che devono andare nel penale.
  Da quello che a me risulta – non so se sbaglio – non credo che ci siano condanne penali contro i vertici militari in Italia, da quello che mi risulta, da quello che so. Da quello che mi risulta non c'è un procedimento per l'uranio impoverito. Non mi risulta che ci sia un procedimento penale per l'uranio impoverito. Poi, se sbaglio... non posso sapere tutto quello che c'è. Che però sia in piedi non credo, perché comunque del processo Marina militare se ne parla, del procedimento radon se ne parla.
  Nonostante ci siano stati magistrati molto coraggiosi e molto preparati ad avviare queste indagini, sono magistrati isolati, completamente isolati, perché a Padova la situazione, dal mio punto di vista, è preoccupante. C'è stato grande entusiasmo per l'avvio dei procedimenti penali, però c'è un ispettore che se ne occupa, perché, lo sapete bene, non c'è un pool di polizia giudiziaria. C'è un dottore che se ne occupa. Ci sono due magistrati, di cui uno è stato trasferito, che se ne occupano.
  Non c'è nessuna condanna definitiva contro i vertici militari. Il procedimento Marina 1 è preoccupante, onorevole Scanu. Perché? Perché c'è stata un'assoluzione in primo grado sulla base di una teoria scientifica che non è mai esistita. C'è stata una sentenza in Corte d'appello sulla base di una prescrizione che non è mai esistita. La Corte di cassazione ha detto: «Basta, finiamola. Non è mai esistita questa teoria scientifica della dose killer. Non è vero che c'è stata prescrizione». Ha rispedito alla Corte d'appello e la Corte d'appello ha di nuovo fatto una sentenza di assoluzione. Ora le parti civili vogliono fare ricorso in Cassazione, ma pare che il Procuratore generale non ne voglia sapere. Così come un processo radon...
  Quello che sto cercando di trasmettere è che sembrano procedimenti penali che non andranno da nessuna parte. Io capisco bene dove finiscono le competenze della politica e dove iniziano quelle della magistratura, però la mia proposta alla Commissione, se può essere un consiglio, è cercare di creare un gruppo di lavoro, perché sono migliaia, migliaia e migliaia i morti e gli ammalati. Voi lo sapete molto più di me.
  Adesso io non voglio paragonare la cosa come il pool di Mani pulite, però, voglio dire, quando si vuole fare un gruppo di lavoro di medici, polizia giudiziaria e magistrati che lavora, non importa dove sia questo gruppo di lavoro. Credo di sapere perché sull'uranio impoverito non ci sia un procedimento penale, perché credo che l'unica competente potrebbe essere solo la procura di Roma e capisco che non può avviare un procedimento penale di questo tenore. Questo credo io, perché i morti ci sono, gli ammalati ci sono. È possibile mai, per una cosa così grave...?
  Cerco di stringere, perché mi rendo conto dei tempi. Prima che mi dimentichi, vorrei fare una produzione a questa Commissione e anche un omaggio.
  A Padova è stato pubblicato questo libro, Navi di amianto. È la ricostruzione di tutti i procedimenti penali relativi alla Marina militare. I giornalisti, con cui io collaboro, Lino Lava e Giuseppe Pietrobelli, mi hanno pregato di dare una produzione alla Commissione, un omaggio per il lavoro svolto. Qui c'è una ricostruzione dettagliata di quelle che sono le bonifiche, di quella che è la ricostruzione del procedimento.
  Non so se sono riuscita a trasmettere... è singolare che non ci siano condanne ed è singolare l'atteggiamento dei giudici. È lodevole l'atteggiamento di quei giudici e di quei magistrati che hanno portato avanti le cose. Io non lo so se questa Commissione potrà in qualche modo non dico interferire, perché mi è molto chiaro – lo ribadisco – qual è l'ambito politico e l'ambito penale, però non credo che debba essere così sottovalutato oppure dire «Tanto, penale... non saranno mai capaci di fare niente». È deludente per un giovane professionista ed è deludente per le famiglie.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato. Credo che ciascuno dei presenti abbia avuto modo di cogliere dall'intervento dell'avvocatessa Pag. 18una preoccupazione viva e forte, in altri tempi si sarebbe detto vibrante.
  Ci sono altri interventi? Si accomodi, prego.

  ALBERTO TUZZI. Grazie. Chiedo scusa perché è un po’ scorretto sul piano etico, essendo intervenuto già il presidente dell'associazione, che intervenga anche il vicepresidente.

  PRESIDENTE. Se magari facciamo una cosa veloce, l'ascoltiamo volentieri.

  ALBERTO TUZZI. Mi hanno colpito alcune sue affermazioni, che condivido pienamente. Anzi, tra l'altro – chiedo scusa – vi posso dare una relazione di un avvocato di Treviso che il 28 ottobre partecipa a un convegno a Torino sempre su queste tematiche e, siccome apprezza la sua iniziativa e ovviamente di tutta la Commissione...

  PRESIDENTE. Grazie. La leggerò con grande interesse. Ringrazi l'avvocato da parte della Commissione.

  ALBERTO TUZZI. Non vi nascondo che mi sono commosso, quando ho sentito alcune testimonianze. Mi sono commosso perché non è solo l'età e i capelli bianchi, ma sentire certe problematiche per chi, come me, si batte per i diritti dei militari dal 1975... Sono 42 anni che io cerco di portare nella condizione militare una difesa minima dei propri interessi, ovviamente come operativo che non c'entra niente, ma nella propria personalità del proprio status e della propria salute.
  Devo dire che le battaglie fatte allora, con i Militari Democratici, di cui ero uno dei rappresentanti nazionali, illustrano al Parlamento quella famosa legge del 1978, Norme di principio sulla disciplina militare, che fu un'ottima legge, ma come partenza, però, perché, per la prima volta, hanno stabilito dei princìpi sulla disciplina.
  È una legge che, sotto certi aspetti, ha anche sconvolto – diciamo così – il diritto costituzionale, perché la Costituzione prevedeva la libertà... Non c'è un articolo della Costituzione che prevede limitazioni di associazioni e di sindacati per i militari, come per i magistrati e per qualsiasi cittadino lavoratore.
  Per i militari quest'anomalia è stata inserita con la legge n. 382 del 1978. Noi allora dicemmo subito... fummo molto critici nei confronti della legge. Riconoscemmo anche che era una legge nuova, che imponeva non solo alcuni princìpi fondamentali, ma ci dava la pari dignità, che era fondamentale. Qualcuno qui ne sa qualcosa. Ci dava la disciplina consapevole, che era importantissimo, cioè partecipare alle azioni di comando, quindi non più...
  Quando ci fu poi, ovviamente, quella sentenza costituzionale, rimanemmo tutti sconcertati, ma non perché ci hanno detto di no al sindacato – non c'entra niente – ma perché ci sentimmo offesi. Noi dicemmo: «Noi siamo dei professionisti. È stata una scelta di vita», come anche dei giovani che, poverini, sono morti. «Perché dice che io lavoro solo se qualcuno mi controlla gerarchicamente e mi dice...? Io ho scelto questa professione».
  Tralascio questo aspetto. Veniamo all'associazione, brevemente. Lei ha affermato, giustamente, che i vertici militari hanno paura. Presidente, non so quanti parlamentari lei si ricorda del 1978...

  PRESIDENTE. Ho sviluppato il concetto...

  ALBERTO TUZZI. Prima dell'emanazione della legge dieci generali scrissero all'allora compianto Presidente Pertini: «Se passa questa legge, ci dimettiamo. Ti ricordi? Queste paure le hanno sempre avute le gerarchie militari. Perché hanno queste paure? Perché all'interno, purtroppo, hanno un controllo sulla vita del militare».
  Quindi, questo intervento di questa Commissione – lei in prima persona, presidente, ma tutta la Commissione – che cerca di portare all'esterno una branca che è importantissima, che è quella della salute, non può che essere accolto con applausi e con encomi, perché tutto ciò che si riesce a portare fuori, ovviamente sempre tralasciando la parte operativa, che non c'entra nulla, ma tutto il resto, tutto ciò che si può portare fuori, è benvenuto. Pag. 19
  Noi, come associazione, purtroppo qualcosa facciamo, ma più di tanto non si può dare consulenze, l'avvocato... Diamo anche dei contributi di solidarietà terreni, cioè concreti, monetari. Abbiamo aiutato e stiamo aiutando qualche vedova, qualche parente di militare deceduto. Certo, non sono grosse cifre, qualche migliaio di euro, però fanno piacere.
  Diamo una mano perché noi, essendo un'associazione senza fini di lucro, accediamo al 5 per mille e con il 5 per mille facciamo questa solidarietà, che serve, se non altro, a portare un po’ su...

  PRESIDENTE. Non dovrebbe mai esserci bisogno di questo tipo di sostegno in un Paese normale.

  ALBERTO TUZZI. Purtroppo, il Paese non è tanto normale. Condivido anche quell'altra sua affermazione.
  Vi do questo, vi ringrazio e vi incito a proseguire e ad andare avanti, anche se ho forti dubbi che questa legge veda la luce in questa legislatura.

  PRESIDENTE. Non smettiamo di sperare.

  ALBERTO TUZZI. È dal 1975 che frequento questi palazzi. Speriamo di farlo ancora.

  PRESIDENTE. Grazie molte.
  Abbiamo concluso, mi pare. Io vi ringrazio a nome di tutta la Commissione, anche a nome di alcuni colleghi che non hanno potuto prendere parte alla seduta perché voi sapete che oggi si voterà la fiducia in ben due passaggi. Hanno già iniziato da dieci minuti. Si vota la fiducia per chi la volta, giusto? Mi pare che la collega Duranti volesse sottolineare questo.

  DONATELLA DURANTI, (fuori microfono). Volevo dire che sono già lì...

  PRESIDENTE. Sì.
  Chiudo con una considerazione che ho fatto in apertura. Poi mi sono accorto che c'era il microfono spento, quindi la ripropongo perché comunque vorrei che rimanesse agli atti.
  Questi nostri incontri, che per voi sono dolorosi, ma che per noi non sono certamente piacevoli, noi vi assicuriamo che non saranno inutili, anche perché delle cose che ci avete detto anche stasera rimarrà traccia e nulla sarà tralasciato.
  Naturalmente, abbiamo la piena consapevolezza del fatto che il nostro lavoro si concluderà, se ci verrà data la proroga, alla fine di questa legislatura e temo – colleghi, è la prima volta che lo dico – che questa non sarà l'ultima Commissione. Abbiamo iniziato con questa speranza, con la volontà forte di ottenere ciò di cui il nostro Paese ha bisogno, cioè una legge che dia queste risposte per gli eventi tragici che si sono verificati e agisca in maniera tale da non permettere che se ne verifichino di nuovi.
  Il Parlamento ha ancora ritenuto, a distanza di un anno e mezzo da quando abbiamo presentato questa legge, di non doverla considerare meritevole di essere portata in Aula e di essere votata. Lascio a voi il giudizio su questo tipo di atteggiamento. Nondimeno, però, fino all'ultimo giorno noi ci proveremo con tutte le nostre forze, anche a vostro nome.
  Grazie. La seduta è tolta. Ricordo ai colleghi che domattina alle 8.30 abbiamo un'altra seduta e poi l'Ufficio di presidenza. Buonasera a tutti.

  La seduta termina alle 16.05.